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il n uovo g iornale Inserto a “il Nuovo Giornale” - Settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio - N° 24 di giovedì 22 giugno 2017 Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46 art. 1), comma 1, CN/PC Aut. Trib. di Piacenza n°4 - giugno 1948 4 LUGLIO PIACENZA FESTEGGIA IL SUO PATRONO SPECIALE S.ANTONINO Settimanale della Diocesi di Piacenza Bobbio

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1948 4 LUGLIO

PIACENZA FESTEGGIAIL SUO PATRONO

SPECIALE S. ANTONINO

Settimanale della Diocesi di PiacenzaBobbio

DITORIALEE

C elebrare la festa del nostro patronovuol dire fare memoria e aprirci al futu-ro. Sant’Antonino ci viene in aiuto perdirci che non possiamo pensare soloall’oggi e ai problemi della vita di ognigiorno, perché rischiamo di restare in-trappolati in queste questioni, fino aperdere la nostra serenità e la nostrainteriorità. Ci dice anche che non pos-siamo pensare di ritrovare la fiducia ela speranza vivendo la festa come eva-sione e dispersione, come avviene nelcosiddetto tempo libero, spesso occa-sione di fuga, di stordimento. Nella fe-sta del patrono della nostra città e del-la nostra comunità, possiamo ritrovarela gioia di riconoscerci come personeche desiderano un rinnovamento inte-riore e collettivo.

Oggi è quanto mai necessario fare memoria per-ché è forte la crisi della memoria. Non è solo una cri-si quantitativa, per il continuo ampliarsi di eventi im-portanti, ma è crisi soprattutto qualitativa, cioè perdi-ta del senso e del valore della memoria. Tuttavia sap-piamo bene che la storia è fondamentale. Lo è per lasocietà civile, bisognosa di ricuperare tutto il valoredella sua storia. Lo è in particolare per il cristianesi-mo, che è anzitutto storia di salvezza. Anzi, il cristia-nesimo è salvezza che si fa nella storia e attraverso lastoria: la vita cristiana si fonda sull’evento fondativoche è alla sua origine, e cioè il mistero della Pasquadel Signore Gesù, la sua morte e la sua risurrezione.

Quando la piccola comunità cristiana di Piacen-za ha scelto Antonino, primo martire della città, co-me suo patrono, ha visto in lui la luce e a forza dellaPasqua: con la sua fede professata fino al martirio,Antonino continua a manifestarci la sua fiducia nelSignore e la sua adesione a Cristo Salvatore. E con-tinua a indicarci la meta del cammino di ogni cri-

stiano, quella patria eterna che è neiCieli e alla quale ciascuno di noi può edeve ambire, in qualunque stato e con-dizione di vita.

La memoria cristiana guarda avantie genera il futuro. Fare memoria dellaPasqua del Signore dischiude il futuroper noi. Ciò che è avvenuto per il Si-gnore Gesù, avviene e avverrà ancheper noi: la sua Pasqua diventa la no-stra Pasqua.

Vorrei in particolare che prestassi-mo attenzione al fatto che Antoninoera un giovane che, grazie alla fedenel Signore, ha saputo guardare avan-ti. Sarebbe veramente bello che la figu-ra di questo nostro giovane testimonedella fede risplendesse di più davanti

agli occhi dei nostri giovani. Papa Francesco ha indetto un Sinodo dedicato ai

giovani. Ci interroghiamo su come tutti noi adulti –dai genitori agli educatori alla comunità cristiana -accompagniamo e aiutiamo i giovani perché possa-no riconoscere e accogliere la chiamata all’amore ealla vita in pienezza. Nello stesso tempo il Papa e,insieme a Lui, tutti noi, Chiesa di Piacenza-Bobbio,chiediamo ai giovani stessi di aiutarci a trovare ilmodo più concreto e più efficace per annunciare lagioia del Vangelo, per apprezzare e stimare il donodella vita. Desideriamo ascoltare le aspirazioni deigiovani e intravvedere il mondo di domani che civiene incontro.

È una sfida di grande importanza: la nostra Chie-sa e la nostra città, con le diverse espressioni asso-ciative, culturali e educative, possano lavorare insie-me per dare vita a un “progetto giovani” nel nomedel nostro patrono, il giovane sant’Antonino.

† Gianni Ambrosiovescovo di Piacenza-Bobbio

EDITORIALE ......................................................................................................................... pag. 1L’ANTONINO D’ORO 2017

“Siamo servi inutili”. La vita di un vescovo in Vaticano .................. pag. 3Il presidente dell’ufficio del lavoro che si occupa anche di santi pag. 4L’“Antonino d’oro” dal 1986 allo scorso anno .................................... pag. 7

MANIFESTAZIONI ANTONINIANE 2017Musica, cultura e arte per celebrare il Patrono................................... pag. 8

LE MOSTRE FOTOGRAFICHELa basilica in bianco e nero con le foto di Giuseppe Balordi ..... pag. 9

NEI CHIOSTRI DELLA BASILICAIn mostra anche i gioielli ispirati alle antiche miniature................... pag. 11

TESTIMONI: PADRE CARLO CASALONE“La fede è diventata un peso che ci rovina la vita?” ......................... pag. 15La vocazione nata da obiettore a Villapizzone ..................................... pag. 17

PIACENZA IN NUMERIUna città che invecchia e fa meno figli (stranieri compresi) ...... pag. 21

LA CHIESA NELLA CITTÀ

“Il mondo va avanti per l’intercessione dei cristiani”........................ pag. 24IL PATRONO DI PIACENZA

Antonino: un laico con il coraggio di testimoniare la fede ........... pag. 25ILVANGELO NELLA VITA

Come Antonino, laici nel mondo ................................................................ pag. 27I RESTAURI IN CORSO

L’interno della chiesa torna e risplendere............................................... pag. 35Un lavoro di squadra per un’opera destinata a durare nel tempo pag. 37

LA PARROCCHIA

Il profumo della Provenza serve a fare del bene .............................. pag. 39La mia prima “prima confessione”............................................................... pag. 40La Prima Comunione vissuta da una mamma ..................................... pag. 42Abbiamo accompagnato i nostri figli alla Cresima............................. pag. 43Una bella gita a Como per incontrare suor Stellanna .................... pag. 44

Sommario

FARE MEMORIA CI AIUTA A GUARDARE AVANTI

1

Foto di copertina: basilica di Sant’Antonino.

SPECIALE S. ANTONINO

Il vescovo mons. GianniAmbrosio. (foto Sir)

2 SPECIALE S. ANTONINO

IL DIO IN CUI CREDOEssere cristiani oggi

Coordina l’incontro Barbara Sartori

in collaborazione con:

Dialogo con

PADRE CARLO CASALONEGesuita, medico e docente della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli

Piacenza, Sala dei Teatini Via Scalabrini 9Lunedì 3 luglio ore 21

Intervento musicale della Sunday Orchestra

giudice alla Rota e che è diventatoarcivescovo, commentava: se siamoservi, a qualcosa serviremo!

— Lei ogni anno d’estate tornanella sua Viserano. Che cosarappresenta per lei?

Sono figlio di contadini. In que-sto ambiente ho imparato le coseessenziali della vita. Mio nonno Pie-tro, che faceva parte della Confrater-nità del SS. Sacramento, non man-

cava mai a messa. Mia nonna Pri-mina era una donna dolce e pazien-te; da lei ho imparato, non ti dicocon quali storpiature, le litanie cherecitava sempre alla fine del rosario.Il mio grazie va a mio padre Arman-do, che era un contadino - è mortonel ‘94 a 78 anni - e a mia mammaPrimina che ora ha 96 anni.

— Com’era la vita in parrocchiain quegli anni?

Sono molto grato al parroco concui sono cresciuto, don Dante Gros-setti. Venne parroco a Viserano nel’42. Mi ha battezzato e mi ha ac-compagnato fino alla prima messa.Era una persona semplice e prepa-rata culturalmente. Aveva unosguardo sempre orientato al futurodella Chiesa. Subito dopo il Conci-lio, che diede il via alla riforma li-turgica, nella chiesa di Viserano,che è ottagonale, fece collocare l’al-tare addirittura al centro della chie-sa per favorire la partecipazionedella gente. E anche nella liturgiadella Parola, faceva leggere le lettu-re in italiano, mentre lui sottovocele diceva in latino.

L’A

3SPECIALE S. ANTONINO

iamo servi inutili”: davvero rivolu-zionario il motto scelto dal vesco-vo Giorgio Corbellini, piacentinodi Viserano di Travo, che il 4 luglioriceve il Premio Antonino d’Oro al-le celebrazioni per il Patrono diPiacenza nell’omonima basilica. Aconsegnarlo il vescovo mons.Gianni Ambrosio e il presidentedel Capitolo dei Canonici, donGiuseppe Basini. Mons. Corbellini,classe 1947, prete dal ‘71 e vesco-vo dal 2009, svolge un ruolo deltutto particolare. Lavora in Vatica-no come presidente dell’Ufficio dellavoro e della Commissione disci-plinare della Curia romana. èmembro della Congregazione delleCause dei Santi e insegna dirittodello Stato della Città del Vaticanoalla Pontificia Università Latera-nense, dove si è laureato in “utro-que iure”.

— Mons. Corbellini, come si ve-de la Chiesa dal Vaticano?

Ne cogli i problemi e le questio-ni in un orizzonte più ampio, cheabbraccia il mondo intero. Quelloche occorre è non far venir mai me-no lo spirito di servizio. Papa Fran-cesco insiste su questo: si lavoraper la Santa Sede non per una rea-lizzazione umana, ma per un desi-derio di servizio autentico.

Chi ti guarda da fuori, ritieneche lavorare qui sia una situazionedi privilegio. Il Vaticano però è unposto come gli altri. Non è il Para-diso né la sua anticamera. Dovec’è l’uomo ci sono tante cose posi-tive e anche i limiti che ciascunoporta con sé.

— Come ha scelto il suo mottoepiscopale? è un vero program-ma di vita...

Ho scelto alcune parole del Van-gelo di Luca: “Servi inutiles su-mus”. Gesù diceva ai suoi apostoli:“quando avete fatto tutto quelloche dovevate fare, dite: «siamo ser-vi inutili»”. Voleva sottolineare chenella vita tutto è grazia, tutto è undono. Quando morirò, vorrei chealla messa venga letta proprio que-sta parola. Siamo veramente serviinutili: un amico sacerdote, che era

“S“SIAMO SERVI INUTILI”. LA VITADI UN VESCOVO IN VATICANO

Sopra, mons. Corbellini intervienein piazza San Pietro a Roma; a lato, un suo primo piano in uno scatto di Carlo Mistraletti.

NTONINO D’ORO 2017

4 SPECIALE S. ANTONINO

— Come nacque la decisione di en-trare in Seminario?

È stata un’idea che avevo in testafin da bambino piccolo. Iniziai ad an-dare a catechismo ancor prima diaverne l’età. Nel ’50-’51 a Viserano sisvolse la Missione campestre; nellazona in cui abitavo venne a predicaredon Giovanni Lusardi, arciprete di Ol-gisio. Lui capì questa mia intenzione e

disse ai miei geni-tori di mandarmiin Seminario, e co-sì accadde.

In prima mediaal Seminario ve-scovile eravamo in34. Di tutti questisiamo diventatipreti in due, io edon GiuseppeFrazzani. Qualcu-no uscì anche do-po 15 giorni; c’erachi sentiva la tri-stezza della lonta-nanza dei proprigenitori. Il mio pri-mo prefetto fu donGiuseppe Calama-ri.

Ero un bambi-no molto timido.Le mie prime diffi-coltà le incontraiin latino con

mons. Ponzini - avevo 4 dopo il primoquadrimestre - e in matematica conmons. Bozzuffi. Ma durante le vacan-ze di Natale don Grossetti mi fece dueo tre ore di lezione di latino, e al rien-tro, al primo compito in classe presi10. Dalle medie passai poi al liceo einfine al Collegio Alberoni nel ‘66.

Ho vissuto anni lieti, in un climapositivo. Certo, erano anni non faciliper lo studio. Uscivamo dal Concilio enon valevano più i vecchi libri. I pro-fessori ci inondavano di fotocopie...

— Che cosa significava diventareprete per allora?

Ero attratto dall’idea di rendere unservizio alla Chiesa. Non ho mai avu-to grandi crisi. Ho cercato sempre difare il mio dovere pur con tutti i mieilimiti.

A Borgotaro, dove andai appenaordinato, portavo la comunione ai ma-lati, giravo per la benedizione delle fa-miglie, ero disponibile per le confes-sioni... Non mi si addiceva forse tantola vita di oratorio tra i ragazzi, anchese i campeggi li ho sempre seguiti mol-to volentieri. Con l’arciprete don Ma-rio Burlini ci integravamo bene. DonMario faceva una vita austera, era unpo’ come don Grossetti. La vita mi hainsegnato questo: ad avere il necessa-rio e nulla più del necessario.

— Come avvenne il passaggio daBorgotaro a Roma?

GLI INCARICHI A ROMA

Mons. Corbellini dal luglio 2009è presidente dell’Ufficio del Lavorodella Sede Apostolica. È stato ordi-nato vescovo da Benedetto XVI il12 settembre dello stesso anno nel-la basilica di San Pietro; insieme alui divenne vescovo anche mons.Pietro Parolin, oggi cardinale e Se-gretario di Stato vaticano.

L’UFFICIO DEL LAVOROL’Ufficio di mons. Corbellini ha il

compito di sviluppare la normativache regola il lavoro dei dipendentidel Vaticano, di esaminare i possi-bili contenziosi tra dipendenti eAmministrazioni e di promuoverela formazione professionale e uma-na dei dipendenti stessi.

L’Ufficio del Lavoro è nato nel1988 con la Costituzione apostolica“Pastor Bonus”. Giovanni Paolo IIlo volle per risolvere i problemi cheerano sorti agli inizi degli anni ‘80con il personale vaticano. C’eranosituazioni di grande disparità tra levarie amministrazioni; e il Papavolle che ci fossero trattamentiidentici con gli stessi diritti e dove-ri. La sede dell’Ufficio è in via Con-ciliazione 1, di fronte al PalazzoPio dove ha sede la Radio Vatica-na.

LA COMMISSIONE DISCIPLINARE

Mons. Corbellini è anche presi-dente della Commissione discipli-nare della Curia Romana. Questoorganismo è chiamato a decideresu richiesta scritta dell’autoritàcompetente dei singoli Enti, sullalegittimità e la congruità della san-zione disciplinare proposta dall’Au-torità dell’Ente quando si tratta del-la sospensione, dell’esonero e dellicenziamento del dipendente.

LA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Come membro della Congrega-zione delle Cause dei Santi, mons.Corbellini è già intervenuto diversevolte con il compito di offrire allaCongregazione una relazione sullevirtù teologali e sugli eventuali mi-

racoli compiutiper interces-sione di perso-ne per le qualiè stata avviatala causa dibeatificazione.In questi gior-ni si sta occu-pando dellacausa di beati-ficazione dellaspagnola Pau-la de Jesús GilCano, fonda-trice di un or-dine religioso.Pochi mesi faaveva seguitoda vicino lacausa della te-desca ClaraFey, fondatriced e l l ’ I s t i t u t odelle Suore delPovero Bambi-no Gesù(1815-1894).

All’interces-sione di ClaraFey è stata at-tribuita la gua-rigione di una bambina nata nel2007 in condizione gravissime. Lamadre era stata colpita da un’emor-ragia intrauterina della madre acausa della quale il feto era rimastoper quasi 40 minuti senza sangue esenza ossigeno. La madre si affidòa Clara Fey e la bambina, in statovegetativo, si riprese in modo in-spiegabile.

Mons. Corbellini nell’85 ha con-seguito la laurea in “utroque iure”alla Pontificia Università Latera-nense. Dall’ottobre dello stesso an-no ha iniziato il suo servizio pressola Santa Sede, prima al PontificioConsiglio per i testi legislativi, poial Governatorato fino a diventarneil vicesegretario generale. All’Uni-versità Lateranense, dove si è for-mato, insegna Diritto dello Statodella Città del Vaticano.

Nel 2014, dopo l’arrivo di papaFrancesco, è stato per alcuni mesianche presidente ad interim del-l’Autorità di informazione finanzia-ria della Santa Sede.

Mons. Corbellinicon BenedettoXVI durante l’or-dinazione episco-pale nel settembre2009.

IL PRESIDENTE DELL’UFFICIODEL LAVORO CHE SI OCCUPA

ANCHE DI SANTI

5SPECIALE S. ANTONINO

Il vescovo Manfredini, che mi ave-va ordinato nel 1971, insisteva perchétutti studiassimo dopo essere diventatisacerdoti. Chi si dirigeva verso Bolo-gna, chi a Roma. Io mi resi disponibileper diritto canonico. Nel ‘72 mi eroiscritto con don Groppi alla Latera-nense; frequentai per due giorni, poialtri due giorni verso Natale, e infinelasciai di fatto gli studi dedicandomi atempo pieno alla vita pastorale in par-rocchia. Nell’81 Manfredini mi invitòa riprendere gli studi e così scesi dinuovo a Roma. Era il 25 ottobre: miaccompagnarono Renzo Corbelletta(oggi “don” anche lui; a quel tempoaveva un negozio di ottica a Borgota-ro, ndr) e l’insegnante Rita Feci.

Al mio posto a Borgotaro andò donGigi Bavagnoli. Rimasi 15 giorni alCollegio Leoniano, poi fui chiamato avivere in una parrocchia. Chiesi amons. Bruno Bertagna, che era di Bor-gotaro e lavorava in Segreteria di Sta-to; lui ne parlò all’Università e la vocegiunse a mons. Antonio Nicolai, dapoco nominato parroco a S. Lucia,una comunità di 12mila abitanti nellazona dello Stadio Olimpico. Ci incon-trammo e io, che ero abituato a viverein una parrocchia, iniziai la mia vita eil mio ministero a S. Lucia. Al mattinoero a scuola e al pomeriggio studiavoe aiutavo in parrocchia. Ho vissuto lìfino al ‘93 quando mi trasferii in Vati-cano, all’ultimo piano dell’edificio del-l’ex S. Uffizio. Con questa parrocchia,nei limiti del possibile, collaboro anco-ra oggi.

— A Roma come si è trovato?Bene, molto bene. Con molti com-

pagni di studi nacque una bella amici-

zia. Con alcuni siamo ancora in con-tatto. Dopo un anno di studi di dirittocanonico, passai a “Utrumque Ius”,disciplina che unisce al diritto canoni-co anche lo studio del diritto romano edel diritto comparato. Al termine, inun anno di lavoro di nuovo a Borgota-ro, preparai una tesi sul Sinodo dioce-sano, nella quale veniva presentatal’evoluzione storica di questa istituzio-

ne e la normativa canonica vigente.Erano gli anni in cui, con il nuovo Co-dice di diritto canonico del 1983, si ri-svegliava questa esperienza di parteci-pazione della gente alla vita dellaChiesa. Anche a Piacenza con Manfre-dini si iniziava a parlare di questa pos-sibilità che poi si realizzò alla fine de-gli anni ‘80 con mons. Mazza. La tesifu molto apprezzata e venne anche

“Il conferimento del premio - ha spiegato don Giuseppe Basini a nomedel Capitolo dei Canonici di sant’Antonino - vuole essere un segno di stimae di gratitudine nei confronti di un piacentino che ha saputo accogliere lavocazione presbiterale e viverla con gioia, passione, intelligenza e fedeltà”.

“Nella sua testimonianza di vita ritroviamo anche i tratti che Papa Fran-cesco ha indicato per tracciare il profilo dei vescovi da lui desiderati: «sianopastori vicini alla gente, padri e fratelli, siano miti e misericordiosi; amino lapovertà interiore, come la libertà per il Signore e anche esteriore come sem-plicità e austerità di vita, che non abbiano una psicologia da «Prìncipi»”.

“Monsignor Corbellini infatti, pur ricoprendo da molti anni importanti edelicati ruoli in vari uffici della Santa Sede e a livello accademico, non hamai rinunciato al suo impegno pastorale a diretto contatto con la genteche ancora oggi continua in particolare nella parrocchia di Santa Lucia inRoma. Molto forte anche il suo legame con la nostra Chiesa piacentina do-ve più volte torna volentieri per amministrare il sacramento della confer-mazione o per condividere altri momenti liturgici legati alla vita del presbi-terio e delle comunità parrocchiali. Inoltre, da coloro che lo conoscono piùda vicino, sono apprezzate la sua vivacità intellettuale, la simpatia, l’atten-zione umana nei confronti di tutti, l’attaccamento alle sue origini contadi-ne e la sua capacità di tessere rapporti autentici di amicizia”.

“Pur conoscendo la sensibilità di monsignor Corbellini e la sua ritrosiaad accettare onorificenze personali, abbiamo ritenuto opportuno chiederglidi accogliere questo riconoscimento per esprimere il nostro sincero apprez-zamento nei confronti della sua persona e del prezioso servizio, libero e di-sinteressato, (come ben espresso nel suo motto episcopale «Servi inutilessumus») svolto a favore della Sede Apostolica e della nostra Chiesa dioce-sana”.

LE MOTIVAZIONI DEL PREMIO 2017

Mons. Corbellini con la sua famiglia alla prima messa il 18 luglio 1971 e, nella foto di Sergio Amici, durante una recen-te celebrazione nella nostra diocesi.

6 SPECIALE S. ANTONINO

7SPECIALE S. ANTONINO

Il premio “Antonino d’Oro” è stato istituitonel 1986 dal Capitolo della basilica anto-niniana ed è patrocinato dalla FamigliaPiasinteina. È assegnato, alternativamen-te, ad un ecclesiastico e ad un laico.

1986: dott. Piero Castignoli, studiosodi S. Antonino.

1987: card. Agostino Casaroli, segre-tario di Stato di Giovanni PaoloII.

1988: prof. Ferdinando Arisi, criticod’arte.

1989: card. Luigi Poggi, nunzio apo-stolico in Italia.

1990: dott. Francesco Bussi, espertodi musica.

1991: mons. Antonio Mazza, vescovodi Piacenza dal 1983 al 1994.

1992: prof. Alessandro Beretta An-guissola, medico e scienziato.

1993: card. Ersilio Tonini, arcivesco-vo emerito di Ravenna.

1994: prof. Luigi Rossi Bernardi,scienziato.

1995: mons. Carlo Poggi, vescovo diFidenza.

1996: prof. Alberto Spigaroli, presi-dente dell’Ente per il restauro diPalazzo Farnese.

1997: mons. Luciano Monari, vesco-vo di Piacenza-Bobbio dal 1995al 2007.

1998: Adelia Firetti, fondatrice Istitutosecolare missionarie scalabrinia-ne.

1999: padre Gherardo Gubertini,fondatore Casa del Fanciullo.

2000: avv. Corrado Sforza Fogliani,presidente del Comitato esecuti-vo della Banca di Piacenza.

2001: mons. Luigi Ferrando, vescovodi Bragança (Brasile).

2002: ing. cav. Aldo Aonzo, imprendi-tore.

2003: mons. Piero Marini, vescovo.2004: comm. Luigi Gatti, imprendito-

re. 2005: padre Sisto Caccia, superiore

degli Scalabriniani di Piacenza.

2006: dott. Gianfranco Agamenno-ne, medico chirurgo.

2007: don Luigi Mosconi, missionariopiacentino in Brasile.

2008: Dina Bergamini, direttrice di-dattica.

2009: mons. Gianni Ambrosio, vesco-vo di Piacenza-Bobbio.

2010: Paolo Perotti, scultore.2011: don Giorgio Bosini, fondatore

dell’Associazione “La Ricerca”.2012: Umberto e Giulia Chiappini,

primi presidenti della Caritas dio-cesana.

2013: mons. Antonio Lanfranchi, ar-civescovo di Modena.

2014: Luigi Menozzi, educatore e pio-niere dello scoutismo a Piacenza.

2015: madre Anna Maria Canopi,monaca benedettina, fondatriceed abbadessa del monastero“Mater Ecclesiae” sull’isola diSan Giulio.

2016: Giancarlo Bianchini, presidentedell’associazione As.So.Fa..

LA STORIA

L’“Antonino d’oro” dal 1986 allo scorso anno

pubblicata nella collana dell’Univer-sità.

Mons. Castillo Lara, salesiano ve-nezuelano, poi cardinale dall’85, pre-sidente della Commissione per l’inter-pretazione del Codice di diritto cano-nico, voleva rinnovare l’organismo dalui guidato inserendo anche nuoveenergie. Gli furono suggerite una deci-na di persone, fra cui il sottoscritto.Scrisse al Vescovo per prospettargliquesto nuovo impegno, e così avven-ne. Il vescovo Mazza quasi mi spinge-va a dire di no, ma io gli dissi: «lo dicalei». Le cose poi andarono diversa-mente e a giugno ‘85 il segretario dellaCommissione per l’interpretazione delCodice - che oggi si chiama PontificioConsiglio per i testi legislativi -, il futu-ro cardinale Herranz, mi comunicòche la Segretario di Stato aveva auto-rizzato la mia assunzione. Io gliespressi ancora i miei dubbi, ma lui midisse che ormai dovevo accettare. èstata un’esperienza molto bella. Ca-stillo era una persona amabilissima.

— Qual era il suo compito in quellavoro?

A Roma arrivavano continuamentedomande per capire i problemi e le si-tuazioni alla luce del nuovo Codice dapoco uscito. La prima lettera che esa-minai veniva dalla Francia e chiedevase le bambine potevano fare le chieri-chette.

Il lavoro più impegnativo fu la rea-lizzazione dell’indice analitico e dellefonti del Codice, un lavoro a cui il car-dinale lavorava personalmente insie-

me a me e a un domenicano america-no, padre Fox. La nostra sede era inpiazza Pio XII, dove via Conciliazionesi allarga per poi confluire in piazzaSan Pietro.

Nel ‘92 poi passai al Governatoratocome capo dell’Ufficio legale su richie-sta del card. Castillo Lara. Il Governa-torato, di cui sono poi diventato vice-segretario generale, ha il compito difar funzionare la complessa macchinadella Città del Vaticano, dai Musei aiGiardini vaticani, della manutenzionedegli impianti e delle strade alla Gen-darmeria e alle Poste.

— Quali sono gli orari delle sue

giornate?Mi alzo alle 5 e mezzo, alle 7 meno

un quarto celebro la messa dalle suoreOrsoline Figlie di Maria Immacolata diVerona, e poi mi dedico ai diversi in-carichi.

— Tante cose sono cambiate per Leida quegli inizi. Come imposta i suoirapporti di lavoro?

Cerco di essere rispettoso delle per-sone e di realizzare rapporti positivi; avolte serve sdrammatizzare tante si-tuazioni. Spesso noi uomini gonfiamoi problemi, anziché risolverli. Ci di-mentichiamo di essere “servi inutili”...

Davide Maloberti

Mons. Corbellini nelle scorse settimane nella chiesa di San Giorgio Piacentinoper la celebrazione della Cresima. (foto Sergio Amici)

ANIFESTAZIONI ANTONIANE 2017M

8 SPECIALE S. ANTONINO

ono numerose le inizia-tive culturali e musicalipromosse dalla parroc-chia di S. Antonino edal Comune per la fe-sta del Patrono.

Si inizia mercoledì28 giugno in piazzaSant’Antonino con il“Festival Internazio-nale dei Giovani” alleore 21: canti e danzedel folklore internazio-nale in collaborazionecon l’associazione OKClub. Giovedì 29 alleore 21, sempre nellapiazza della basilica,“La pröva generala”,commedia brillantein tre atti di Emilio Ca-glieri e Gabriele Nitidicon la filodrammatica“Turris”. L’evento è incollaborazione con la“Famiglia Piasinteina”.Sabato 1° luglio sul sa-grato della basilica alle21 concerto “Note d’e-state” con il Coro delGaep. Anche questoevento è in collabora-zione con la “FamigliaPiasinteina”. Musicaancora protagonista domenica 2 lu-glio nella basilica di Sant’Antonino:alle ore 21.15 concerto della BandaPonchielli diretta dal maestro IvanoFortunati.

Lunedì 3 luglio alle ore 21 nellaSala dei Teatini in via Scalabrini 9,serata “Il Dio in cui credo. Esserecristiani oggi”. Interviene padreCarlo Casalone, gesuita, medico edocente della Pontificia Facoltà Teo-logica dell’Italia meridionale di Na-poli. Coordina Barbara Sartori. Nelcorso della serata, interventi musica-li della Sunday Orchestra.

Martedì 4 luglio, nelle vie del cen-tro dalle ore 7 alle 24 torna la tradi-zionale Fiera di Sant’Antonino. Nelchiostro della basilica, alle ore 15,16, 17 e 21, visite guidate alla mo-stra “Ars illuminandi”, esposizionedi manoscritti e gioielli ad essi ispi-rati; inoltre alle ore 16, visita guidataal Museo Capitolare. Nei chiostri

della basilica dal 28 giugno al 4 lu-glio si potranno inoltre visitare lamostra fotografica “La basilica diS. Antonino” a cura di GiuseppeBalordi e “Antonino d’Oro e din-torni” di Carlo Mistraletti. In piazzaCavalli il giorno del patrono alle 21torna “Piacenza nel cuore”, rasse-gna della canzone dialettale piacen-tina con Marilena Massarini (in casodi maltempo, nel salone di PalazzoGotico).

LE CELEBRAZIONI DEL SANTODomenica 2 luglio alle ore

20.30 celebrazione eucaristica in ba-silica, Lunedì 3 messa prefestiva delPatrono alle ore 18.

Il 4 luglio, alle 6.30 Lodi mattuti-ne, benedizione della lavanda e co-lazione insieme; messe alle ore 8 e9; alle 10 concerto della Banda Pon-chielli che da piazzale Genova arri-

verà in piazza S. Anto-nino. Alle 10.45, acco-glienza delle autorità ealle 11 messa solennepresieduta .dal vescovomons. Gianni Ambro-sio, con offerta del ceroin onore del Patrono econsegna dell’onorifi-cenza “Antonino d’Oro2017” a mons. GiorgioCorbellini. Alle 18, se-condi vespri e messavespertina.

LA LIRICA PROTAGONISTA

La festa patronale èanche occasione pervalorizzare la culturamusicale legata all’ope-ra lirica.

La chiesa di S. Ago-stino sullo StradoneFarnese (ore 21.30)ospita due appunta-menti con la produzio-ne del Centro MusicaleTampa Lirica Piacenza.Venerdì 30 giugno vain scena “Il Trovato-re” di Giuseppe Verdicon l’Orchestra sinfoni-

ca delle Terre Verdiane e il coro delMunicipale di Piacenza. Dirige il m°Stefano Giaroli. Regia, scene e co-stumi di Artemio Cabassi. Lunedì 3luglio è la volta della “CavalleriaRusticana” di Pietro Mascagni conl’Orchestra sinfonica delle Terre Ver-diane e il coro dell’Opera di Parma.Dirige il m° Stefano Giaroli. Regia,scene e costumi di Artemio Cabassi.

Al termine dell’estate, sabato 9settembre alle 21.15, in piazza S.Antonino, appuntamento con “Ilbarbiere di Siviglia” di GioacchinoRossini. Regia e azione coreograficadi Giuseppina Campolonghi e Ric-cardo Buscarini. Scene Chiara Lodo-lo e Lorenzo Vigevani; costumi di Ar-temio Cabassi. Il maestro Jacopo Ri-vani dirige l’Orchestra “EnsambleOpera Italiana Chamber” e Coro liri-co di Bergamo. Produzione: Amicidella Lirica di Piacenza (biglietto eu-ro 20 – euro 15 per i soci).

SSopra, nella foto di Mistraletti, un momento del “Festival in-ternazionale dei Giovani”; sotto, nella foto di Pagani, la tra-dizionale fiera.

MUSICA, CULTURA E ARTEPER CELEBRARE IL PATRONO

9SPECIALE S. ANTONINO

N

E MOSTRE FOTOGRAFICHELLA BASILICA IN BIANCO E NEROCON LE FOTO DI GIUSEPPE BALORDIon ci pensa un attimo Giu-seppe Balordi, piacentino,classe ‘44, e alla domandase sia fotografo per passio-ne o professione risponde:“decisamente per passione!Se facessi il fotografo dimestiere, dovrei fotografareciò che mi chiedono gli al-tri, invece in questo modoscelgo io che cosa ritrarre”.

Quest’anno la scelta ècaduta proprio su S. Anto-nino: “la Basilica ha sem-pre accolto tutte le mie mo-stre, perciò questa volta hodeciso di non limitarmi aesporre nei suoi ambientima di renderla soggetto del-le mie fotografie”.

Saranno circa 36 quelleesposte nei chiostri di S.Antonino dal 28 giugno al10 luglio. Ad essere immor-talata non è la sola chiesa,ma anche la vita che scorreal suo interno: “ho cercatodi cogliere anche coloroche abitano la Basilica e larendono viva, coloro che cilavorano e ogni giorno sidanno da fare per mante-nerla così com’è”.

LA SCOPERTA DEL“NOTO”. La mostra è il ri-sultato di un lavoro lungo eaccurato, iniziato due annifa. A richiedere molto tem-po è soprattutto la fase disviluppo, che Giuseppe Ba-lordi realizza in prima per-sona. “Non utilizzo mac-chine digitali, vado ancorain giro con la mia Nikonanalogica.”. Una macchinad’altri tempi, come d’altritempi è la scelta di svilup-pare le foto in bianco e ne-ro: “trovo che abbiano unfascino particolare, di cuiquelle a colori sono prive;riescono a creare un’atmo-sfera diversa. Inoltre co-stringono l’osservatore a un piccolo sforzo perché l’im-magine non gli viene consegnata subito nella sua inte-rezza, ma una parte ne rimane nascosta e va integratacon la fantasia o l’osservazione diretta”.

E proprio in questo pic-colo sforzo sta la bellezzadella mostra: perché forni-sce allo spettatore la possi-bilità di rapportarsi in modonuovo a qualcosa di noto. Ilbianco e nero, infatti, gli im-pone di tornare a guardare ilcontesto reale da cui è trattala foto per andare a indivi-duarne i colori; così come lascelta di inquadrare un par-ticolare gli chiede di osser-vare una volta ancora tuttala chiesa alla ricerca di quelpreciso soggetto. Ed eccoche, così facendo, ci trovia-mo a riscoprire la Basilicacome se fosse la prima vol-ta, a meravigliarci di frontea una bellezza che nel tem-po è divenuta così familiareda scomparire, quasi, sottolo sguardo distratto del pas-sante abitudinario.

“Il bianco e nero inoltre– aggiunge Giuseppe Balor-di – ha il potere di spogliareogni cosa del superfluo.Sembra quasi di vedernel’anima”.

UNA PASSIONE LUN-GA UNA VITA. Sono piùdi quarant’anni che Giusep-pe Balordi si esprime trami-te la sua macchina fotogra-fica e, a chiedergli del per-ché ha iniziato, subito ricor-da l’apporto fondamentaledella moglie: “non avrei maipotuto dedicarmi a unapassione che mi impegnacosì tanto tempo, se nonavessi avuto chi, a fianco ame tutti i giorni, la condivi-desse”. Ed è ancora benlungi dallo smettere. Al con-trario, porta avanti la suapassione con entusiasmo ededizione, anche perché –ci confida – “fin tanto chefotografo mi sembra di noninvecchiare mai”.

Da fine giugno, poi, nel Portico del Paradiso in basili-ca, torna anche l’attesa mostra di Carlo Mistraletti “Anto-nino d’Oro e dintorni”.

Federica Villa

Una delle immagini della mostra fotografca di Giu-seppe Balordi. Sotto, da sinistra, Giuseppe Balordi eCarlo Mistraletti.

10 SPECIALE S. ANTONINO

A

EI CHIOSTRI DELLA BASILICANIN MOSTRA ANCHE I GIOIELLIISPIRATI ALLE ANTICHE MINIATURE

11SPECIALE S. ANTONINO

sfogliare i corali contenuti nell’ar-chivio capitolare di S. Antoninol’occhio rimane colpito dalla bril-lantezza della foglia d’oro e dai vi-vidi colori delle miniature che or-nano quelle antiche pagine. Nonstupisce perciò che la mostra cheli vedrà esposti nei chiostri dellabasilica in occasione della festapatronale si chiami “Ars Illumi-nandi”: l’espressione latina cheindica l’arte miniatoria ne cogliebene, infatti, la capacità di darevita, luce e colore alla pagina.

NUOVE CREAZIONI ORAFEMa gli eccezionali corali anti-

chi di S. Antonino non sono l’uni-ca attrattiva della mostra: accantoa essi saranno esposti i gioiellicreati per l’occasione dal maestro orafo Gian-ni Bergonzoni e dalle sue allieve BarbaraGraviani, Giorgia Nani e Costanza Zaghis. Sitratta di produzioni originali, ispirate alle mi-niature e alle scritture contenute nei coralistessi e in altri documenti d’archivio risalential periodo medievale.

Abbiamo chiesto alla dottoressa Anna Ri-va, archivista presso l’Archivio di Stato e re-sponsabile dell’Archivio capitolare di S. Anto-nino, come sia nata l’idea di questa mostra:“l’archivio di S. Antonino è un patrimonio cit-tadino che merita di essere valorizzato. Ab-biamo pensato di mostrare al pubblico questimagnifici corali realizzati tra la fine del Quat-trocento e l’inizio del Cinquecento accostan-doli a gioielli contemporanei nati dall’estro edalla maestria di Gianni Bergonzoni e delle

sue allieve, che hanno avutomodo di osservare da vicinoquesti antichi documenti”.

NELLA BOTTEGA DEL MINIATORE

Inoltre la mostra prevedeanche la ricostruzione dell’a-telier di Giorgio da Muzzano,il miniatore che decorò tutti ediciannove i corali di S. An-tonino. “Sarà molto suggesti-vo – ci spiega Anna Riva –perché abbiamo ricostruito ilsuo atelier esattamente dovesi trovava all’epoca: infatti,per tutto il tempo in cui la-

Sopra, un corale con Sant’Antonino in una miniatura.Sotto, bracciale alla schiava con decorazione ispirata alla miniatura a lato.

Il monogramma di Ugo re d’Italia, tratto da un documento dell’archivio, e ilciondolo in argento realizzato da Gianni Bergonzoni.

12

vorò ai corali, gli venne riservata unastanza che si affacciava sui chiostri del-la basilica”. E proprio sull’attività diGiorgio da Muzzano Anna Riva e Patri-zia Vezzosi stanno realizzando un arti-colo che a breve verrà pubblicato sulBollettino Storico Piacentino. “Questamostra nasce come un’anteprima dellaricerca che stiamo conducendo: proce-dere a una schedatura analitica del cor-pus dei corali è fondamentale perché ciconsente di conoscere a fondo e quindiconsegnare alla città questi documentidi impareggiabile valore, ma anche per-ché ci consente di proteggerli. A metàdegli anni Novanta, infatti, dall’archiviosono state rubate due miniature, perciòè bene documentare con precisione tut-to ciò che conserva”.

L’ARCHIVIO CAPITOLARE DI S. ANTONINO

Al di là delle iniziative particolari peril 4 luglio, la dottoressa Anna Riva spe-cifica che, grazie alla dedizione dellostaff, composto da archivisti professio-nisti che prestano il loro servizio gratui-tamente, l’archivio è aperto tutti i ve-nerdì dalle 9 alle 12.30. “Siamo moltoimpegnati anche a interagire con lescuole: ad esempio insieme all’Archiviodi Stato teniamo un laboratorio dal tito-lo “Fatti non foste a viver come bruti”per mostrare agli studenti su quali ma-

noscritti studiavano i loro coetanei me-dievali. È importante far conoscere allacittà un patrimonio documentario comequello contenuto nei nostri archivi eper farlo si passa anche dalle scuole”.

IL TESORO DELLA BASILICAUn’ultima domanda sorge sponta-

nea: perché decorare così finemente unlibro come il corale, che doveva servireai soli cantori rimanendo invisibile, na-scosto com’era dall’altare, al resto deifedeli? “Questo è vero – ci spiega AnnaRiva – ma per la basilica era comunqueuno sfoggio di ricchezza: si trattava dimostrare, anche attraverso lo splendore

di questi documenti, la propria impor-tanza all’interno del contesto cittadino.Anche i corali, insieme agli arredi sacri,andavano ad arricchire il suo tesoro erealizzarli era un vero investimentoeconomico”. Un investimento impe-gnativo, dunque, ma che ci consegnaoggi, dopo più di cinque secoli, operelibrarie che sono, al pari di quelli creatidal maestro Bergonzoni per la mostra,veri e propri gioielli.

La mostra, che rimarrà apertasoltanto il 4 luglio, prevede visiteguidate alle ore 15, 16, 17 e 21; alle16 si terrà anche una visita guidatadel museo della basilica.

Federica Villa

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13SPECIALE S. ANTONINO

14 SPECIALE S. ANTONINO

15SPECIALE S. ANTONINO

“I

ESTIMONI: PADRE CARLO CASALONET“LA FEDE È DIVENTATA UN PESO CHE CI ROVINA LA VITA?”l Vangelo è una buona notizia perme?”. È su questa sottolineatura -“per me” - e non su una conoscenzateorica del catechismo che si giocala “partita” della fede. Altrimenti, latentazione è di trasformare il Vange-lo in legge e, dunque, in un peso in-sopportabile.

“Il Dio in cui credo. Essere cri-stiani oggi” è il tema a partire dalquale si snoderà l’incontro di lunedì3 luglio con padre Carlo Casalone,gesuita, medico, esperto in temibioetici e docente alla Pontificia Fa-coltà teologica dell’Italia meridiona-le di Napoli. A Piacenza è stato ospi-te di Cives. Ora torna per la serataalla Sala dei Teatini (ore 21) nell’am-bito delle celebrazioni antoniniane.

— Padre Casalone, viviamo untempo di grande disorientamento.Anche il concetto di “identità” èdiventato fluido. Sant’Ignazio co-sa direbbe all’uomo e alla donnadi oggi per ritrovare il senso delproprio essere nel mondo?

Sant’Ignazio più che dire qualco-sa proporrebbe a ciascuno di entra-re nel proprio mondo interiore e didiventare consapevole di quanto viaccade. Cioè non procederebbe sulpiano delle parole, ma sul piano del-l’esperienza vissuta.

È stata la sua più geniale inven-zione, molto valida oggi, perché diparole siamo più che mai saturi:puntare non su “prediche”, ma su

“esercizi”. Cioè su un percorso inte-riore che consente di entrare più inprofondità nel proprio cuore. E lì siscoprono paure e disagi, ma ancheslanci di gioia e di generosità. Fa-cendo attenzione a queste emozionie confrontandole fra loro si impara adistinguere quelle velenose, chemortificano la vita nostra e altrui, daquelle che conducono al bene e cor-rispondono al nostro desiderio piùautentico di vita.

Così si impara il linguaggio concui Dio parla, che è un linguaggio digioia, come ci dice spesso papa

Francesco. Certo questo camminorichiede disponibilità a fare silenzio.Può sembrare faticoso, soprattuttoall’inizio, ma poi si raffina la nostracapacità di ascolto e migliora laqualità delle relazioni con gli altri: leparole diventano più profonde econvincenti, gli incontri più acco-glienti e significativi.— Secondo lei quali sono i tempidella vita in cui oggi è più urgen-te la presenza di cristiani cheportino, come ci invita il Papa, la“gioia del Vangelo”? E con qualestile?

Padre Carlo Casalone,medico, durante

un incontro a Civesall’Università Cattolica

di Piacenza.

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10-11-12 settembre FATIMA

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Centenario dell’apparizione della Madonna di FatimaULTIMI POSTI DISPONIBILI

16 SPECIALE S. ANTONINO

Anzitutto occorre fare esperienza delVangelo come di una buona notizia perme, e non in generale. Cioè non basta“conoscere” i contenuti del catechismo.Anche i demoni nei racconti evangelicidicono a Gesù: “sappiamo chi sei, ilsanto di Dio” (cf Mc 1,24). Però per loroquesta notizia è una rovina: “Sei venutoa rovinarci?”. Ecco, dobbiamo porci se-riamente questa domanda: se per casola nostra fede non sia per noi un peso,qualcosa che non favorisce la vita, mala carica di obblighi che alla fine ci ro-vinano la vita. Il rischio di trasformareil Vangelo in legge èsempre in agguato, unerrore che S. Paolonon si stanca di de-nunciare e di correg-gere. Occorre semprevivere una conversio-ne e lasciarsi liberaredalla Parola di Dio: labattaglia fondamenta-le è dentro di noi. Daqui scaturiscono unaserenità e una paceche consentono di in-dividuare dove e co-me renderne testimo-nianza.

Lei sottolinea mol-to opportunamente lostile: possiamo dire lecose più sacrosante,ma se il tono della vo-ce è aspro o presun-tuoso il nostro discorso avrà effetti con-trari a quelli sperati.

Quanto agli ambiti in cui si sente ilbisogno di un impegno serio sono mol-ti: le disuguaglianze crescono sempre dipiù, la violenza si scatena anche in for-me poco appariscenti, ma non menotossiche delle guerre manifeste, abbia-mo problemi di sicurezza e siamo tenta-ti di risolverli con i muri, ma l’unica viaè trovare modi di alimentare la fiducia.Si tratta di costruire una società apertae inclusiva. Lo stile poi indica che tuttipossiamo fare qualcosa anche a partiredalle scelte più semplici quotidiane. Peresempio il modo in cui facciamo la spe-sa o i mezzi di trasporto che utilizzia-mo hanno un impatto sull’ambiente esappiamo ormai che l’ecologia integraleè una nuova forma in cui si presenta lagiustizia e tocca la nostra responsabilitàper la vita di tutti gli uomini.

PERCHÉ CREDERE IN GESÙÈ UN BENE ANCHE “SOCIALE”— In una società ipertecnologica èancora ragionevole credere in GesùCristo? O, dice qualcuno, chi credenon sa stare al passo coi tempi?

Alla fine dello scorso millennio sipensava che il diffondersi della scienzaavrebbe portato al disincanto del mon-do e alla secolarizzazione: la religioneavrebbe dovuto scomparire o essere re-

17SPECIALE S. ANTONINO

legata nella vita privata, un fatto intimi-stico della coscienza individuale.

Negli ultimi anni abbiamo visto chela situazione è molto più variegata. Lereligioni hanno assunto un nuovo ruolonella sfera pubblica. Ma non tutte, so-prattutto quando danno origine a dege-nerazioni problematiche o violente, fa-voriscono una convivenza più umana.In questo contesto la persona e il mes-saggio di Gesù Cristo mi sembranoquanto mai attuali. Ci offrono deglispunti per cogliere il senso della nostravita non solo sul piano personale, maanche sociale.

Pensi come certi brani evangelici ocerti gesti liturgici mettono in questionecriteri che diamo per scontati: prendia-mo la parabola del povero Lazzaroescluso dalla tavola imbandita del riccoche banchetta lautamente vestito diabiti griffati o la celebrazione dell’euca-ristia, in cui il Signore stesso si fa paneda condividere con tutti.

— Lei è medico. La sua vocazionenei Gesuiti è maturata “attraverso”questa formazione scientifica o “no-nostante” questa formazione?

Senz’altro “attraverso”. E per dueragioni. La prima è collegata ai limitidella scienza. Mentre studiavo all’uni-versità mi dicevo: di informazioniscientifiche ne abbiamo molte, ma ilproblema è che non sono ben gestitené ben distribuite. È un problema disaggezza e di coscienza: a questo vo-glio dedicarmi.

La seconda è che la scienza mi hafatto conoscere meglio la natura e daqui è cresciuto il mio desiderio di cono-scere meglio il Creatore.

TERAPIE E LIBERTÀ DI CURA— I progressi della scienza hannopermesso molte conquiste nella curae aperto altrettanti interrogativi. Fi-no a quando è umanamente ed eti-camente giusto appoggiarsi a quan-to la medicina offre?

Il criterio fondamentale per l’impiegodei ritrovati della medicina è il consensolibero e informato della persona malata.Ce lo ricorda non solo la nostra Costitu-zione (articoli 13 e 32), ma anche il Ca-techismo della Chiesa Cattolica. In rife-rimento alle fasi conclusive della vita, il

Padre Carlo Casalone nasce a LaSpezia il 22 novembre 1956. Cono-sce la Compagnia di Gesù prima at-traverso le riviste “La Civiltà Cattoli-ca” e “Aggiornamenti Sociali” e poidirettamente frequentando la comu-

nità di Villapizzo-ne (Milano) perun collegamentodi servizio algruppo scout cuiappartiene e suc-c e s s i v a m e n t eprestandovi il ser-vizio civile, dopoil conseguimentodella laurea inMedicina e Chi-rurgia. Proprio inquel periodo gli sipresenta l’occa-sione di speri-mentare gli Eser-cizi Spirituali nel-la vita corrente ematura la voca-

zione nella Com-pagnia di Gesù.

Il 19 dicembre1984 entra in noviziato a Genova.Compie gli studi di Filosofia alloScolasticato di Napoli e di Teologia

a Bruxelles, e continua gli studi inTeologia morale a Roma presso laPontificia Università Gregoriana, ri-siedendo prima al Collegio Bellarmi-no (1990-1992) e alla Civiltà Cattoli-ca (1992-1995) e poi a San Fedele aMilano (dal 1995), dove comincia ascrivere sulla Rivista “AggiornamentiSociali”. Viene ordinato sacerdote aRoma il 27 giugno 1992.

Nel 2001, considerato il suo im-pegno e interesse nel campo dellabioetica, riceve dal Vaticano la no-mina a Consultore del PontificioConsiglio Pastorale della salute. Nel2004 diventa superiore della parroc-chia “San Fedele” di Milano. A que-sto impegno si aggiungono la vicedi-rezione di “Aggiornamenti Sociali” el’insegnamento all’Istituto “Arrupe”di Palermo. Dal 2008 al 2014 è statoProvinciale d’Italia della Compagniadi Gesù e dal 2009 al 2015 delegatodel Padre Generale della Compa-gnia di Gesù per la rivista “La Ci-viltà Cattolica”. Dal 2013 è presi-dente della Fondazione Carlo MariaMartini e dal 2014 membro del con-siglio direttivo della rivista “Rasse-gna di teologia”. È docente alla Pon-tificia Facoltà teologica dell’ItaliaMeridionale.

LA VOCAZIONE NATA DA OBIETTORE A VILLAPIZZONE

LA COMPAGNIA DI GESÙ

Un dipinto raffigurante Sant’Igna-zio di Loyola.

18 SPECIALE S. ANTONINO

Ha iniziato nel 1934 trasformando pomodori. E oggi, giunta alla quarta generazione, Steriltom srl continua a farlo. Il mercatonon è più quello piacentino e del Nord Italia, ma il mondo intero.«Dove c’è una pizza, c’è Steriltom» dice con orgoglio Dario Squeri, ad dell’azienda e anche presidente di Pomorete, la prima filiera italiana del pomodoro che riunisce in una Rete 16 aziende.La forza della tradizione,portata avanti dalla famigliaSqueri, ha fatto conoscere sui mercati il pomodoropiacentino («il più buono del mondo» dice Squeri) tantoche oggi l’azienda è leader in Europa per la polpa di pomodoro e i preparati per pizzerie e ristoranti.Strettamente legati all’aziendasono gli agricoltori checoltivano la materia prima. Dario Giuseppe, il nonno di Dario,inventò la polpa: perché non dare alle casalinghe e a chi cucina un pomodoro già tagliato e pronto da utilizzare, si chiese? E da qui iniziò la produzione di polpa. Non solo. Squeri inventòanche la prima macchina per tagliare il pomodoro a pezzettini.Oggi, Steriltom non solo continua a produrre polpa, ma la innova.

E sul mercato sono arrivati la polpa bio e quella fatta con il pomodoro lungo tipo Roma.L’azienda trasforma ogni anno 200mila tonnellate di pomodoro,per lo più proveniente dalle province di Piacenza e di Parma (che insieme producono circa il 40% del pomodoro da industria

in Italia). Il fatturato è di 56 milioni di euro, il 70% del quale provenientedall’export, e conta 400dipendenti tra fissi e stagionali.Steriltom è specializzata nella polpa e nei preparati per pizza - nei settori food service e horeca - ed èimpegnata nell’innovazione di prodotto, con nuove varietà di pomodoro per dare più gustoe freschezza alla pizza.L’innovazione riguarda anche il packaging, con i prodotti

venduti in “bag in box” rigorosamente sterile.La famiglia Squeri, con il fratello Alberto e il figlio Alessandro, han come obiettivo il mondo. Oggi i Paesi raggiunti sono 78, tra cui i nuovi arrivati Viet Nam e Thailandia, insieme con Messico e Islanda. Forte, inoltre, la presenza in Europa, Stati Uniti, Australia e Asia.

“Trasformiamo pomodoro da quattro generazioni”

aGGiUnGeRe 

"Steriltom partecipa alle principali fieredel food, nazionali e internazionali."

19SPECIALE S. ANTONINO

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Catechismo conferma quanto il Magisteroaveva già affermato in precedenza: “Le decisio-ni devono essere prese dal paziente” (n. 2278).

Naturalmente questa posizione di rispettodella volontà del malato esclude qualsiasiabbandono terapeutico, mantenendo saldol’obbligo di accompagnarlo e di essergli vici-no perché la sua libertà sia debitamente so-stenuta. La libertà infatti non si esercita inmodo astratto, avulso dalle circostanze con-crete in cui è inserita: occorre tenere presentie controbilanciare i rischi dei condiziona-menti culturali e della fatica psicologica. Frai condizionamenti metterei anche una conce-zione della libertà di tipo individualista, mol-to diffusa, che la riduce ad autodetermina-zione, e una visione che trascura gli aspettirelazionali, che rendono responsabili dellapropria vita nei confronti degli altri. L’accer-tamento della volontà dei pazienti in questesituazioni è quindi un percorso delicato, allostesso tempo necessario e laborioso.

— Ogni volta che i media sollevano uncaso (penso a dj Fabo e alla scelta delsuicidio assistito), la politica si divide suuna legge sulle dat, che resta nel limbo fi-no al caso successivo. Secondo lei unalegge è indispensabile? O rischiosa?

Una legge può essere di aiuto se assolveal compito di fissare le pratiche che vannoescluse, che secondo me sono da una partel’eutanasia e dall’altra l’accanimento tera-peutico. Inoltre essa può offrire gli strumentiper affrontare un percorso decisionale in cui

sono coinvolti diversi soggetti. Tra questil’ammalato ha una posizione centrale, comegià detto, ma anche molto fragile. Per cui èimportante sostenerlo e accompagnarlonell’esercizio della sua libera responsabilità.

IL “CASO” DI TOTÒ RIINA MALATO— Si è molto parlato di Totò Riina, cheperaltro già da alcuni mesi vive, in regimedi 41 bis, non in carcere ma in una stan-za dell’ospedale Maggiore di Parma. Co-me si concilia il rispetto alla fase più fra-gile della vita di una persona con la giu-stizia nei confronti delle vittime del maleche questa persona ha causato?

Da quanto leggo, Riina ha ancora una po-sizione riconosciuta nell’ambito della orga-nizzazione mafiosa. Mi sembra che il criteriodebba essere quindi soprattutto di impedire ildanno che egli può ancora compiere se tra-sferito in una situazione di minore controllo.Infatti Riina non ha mai dato segno di rico-noscere il male che ha compiuto né si è maireso disponibile a collaborare per combattereil crimine. Inoltre, occorre tenere presentinon solo gli effetti operativi, ma pure quellisimbolici. La mafia è molto attenta ai segnalicomunicativi, anche indiretti o impliciti: ogniattenuazione della vigilanza potrebbe essereletta come un cedimento da parte delle istitu-zioni. Questo non toglie che a Riina vadanoofferte tutte le cure necessarie a cui ha piena-mente diritto.

Barbara Sartori

20 SPECIALE S. ANTONINO

overnare una città vuol dire anchetener conto della sua composizioneanagrafica. Ma questa attenzionevale pure per il sistema scolastico,sanitario, previdenziale, e perfinoper il mondo ecclesiale che è calatonella realtà.

Ad ogni presentazione del Rap-porto Istat si grida all’allarme “in-verno demografico”: i morti supera-no i nati, le generazioni non si rin-novano, l’età media si fa semprepiù avanzata. Si aprono nuove sfi-de e la programmazione di un in-tervento capace di dare risposte ef-ficaci non è più rinviabile. I temidel sostegno alla natalità, dellapromozione della conciliazione la-voro-famiglia, delle agevolazioni al-le coppie con figli non in terminiassistenzialistici ma in un’ottica disviluppo, così come l’appoggio aquei nuclei familiari che si prendo-no cura di anziani e persone fragiliper età o disabilità, sono aspettiche nell’agenda del nuovo sindacodeve essere tra le priorità.

La festa del patrono è allora oc-casione per dare un’occhiata ai nu-meri che caratterizzano Piacenza,tra ombre demografiche e qualchepiccolo lume di speranza.

IN VENT’ANNI, DIMEZZATO IL NUMERO MEDIO DI FIGLI

In vent’anni, a Piacenza il nu-mero medio di figli per donna si èdimezzato. Il crollo è coinciso conl’arco temporale 1975-1995 ed èstato frenato per un bel pezzo dallacomponente immigrata. Ma le cosestanno cambiando.

A livello nazionale l’Istat ha cal-colato 17mila nati in meno nel2015. Se – sempre tenendo davantii dati dell’ultimo Rapporto dell’Isti-tuto nazionale di statistica – siguarda al tasso di fecondità delleitaliane e delle immigrate, balzaall’occhio, per la prima categoria,una diminuzione che scava ancorpiù il divario (da 1,34 figli in medianel 2008 a 1,27 nel 2015), e, per laseconda, un vero e proprio crollo(da 2,65 nel 2008 a 1,94 nel 2015).Quanto all’età media delle donne

al momento del parto, per le italia-ne siamo a 32,3 anni nel 2015(erano 31,7 nel 2008) e per le im-migrate a 28,7 anni (nel 2008 era27,5).

Piacenza fa eccezione? Per il2015 – rileva l’Annuario statisticocomunale – si è avuto lo stesso nu-mero di nati del 2014, 866, un ri-sultato migliore di quello naziona-le. Piu� alto della media italiana e�anche il tasso di fecondita� totaleche si e� attestato a 1.50. Sono valo-ri lontani dal livello 2 (il numero difigli che ogni donna dovrebbe ave-re affinché� una generazione sosti-tuisca la precedente) ma lontanianche da quello di poco superioreall’1 registrato in citta� alla fine de-gli anni ’90. Benché in flessione, èil contributo degli immigrati a se-gnare l’andamento della popolazio-ne urbana e a lasciarne un’impron-ta duratura per il futuro: dei 4.380piacentini con meno di 5 anni,1.588 (il 36.2%) e� straniero resi-dente. Se considerassimo i bambinicon un solo genitore straniero - cheacquisiscono la cittadinanza allanascita - la percentuale sarebbe unpo’ più alta.

QUALCHE MATRIMONIO IN PIÙ E BOOM DI DIVORZI

Sempre rifacendosi all’ultimoAnnuario statistico comunale pre-sentato a dicembre 2016, sul frontefamiglia, si assiste a un lieve ritor-no dei matrimoni, soprattutto civili(il 69% di quelle celebrati nel 2015,percentuale maggiore della mediaregionale del 62% e italiana del45%).

Nel 2015 a Piacenza si sonosposate 248 coppie, 10 in più del-l’anno precedente. Ma sono au-mentate di molto le sentenze di di-vorzio - da 86 nel periodo 2011-2014 a 156 – per merito soprattuttodelle nuove leggi che hanno svelti-to le procedure e portato alla con-clusione molte Il 31.5% dei matri-moni vede almeno un coniuge stra-niero, quattro volte su cinque sitratta di un matrimonio misto traun coniuge italiano e uno stranie-ro, mentre relativamente pochi so-no i matrimoni tra stranieri. La pre-valenza di matrimoni con almenouno sposo straniero e� nettamentesopra la media regionale (20%) eriflette sia la forte presenza di stra-

IACENZA IN NUMERIPUNA CITTÀ CHE INVECCHIA E FAMENO FIGLI (STRANIERI COMPRESI)

21SPECIALE S. ANTONINO

Nella foto di Cravedi, piacentini in piazza Duomo.

G

22 SPECIALE S. ANTONINO

nieri residenti, sia il fatto che molti diloro sono nel nostro paese ormai damolti anni.

1 CITTADINO SU 12 HA PIÙ DI OTTANT’ANNI

Il saldo naturale (la differenza tranati e morti) e� negativo dal 1974. Unsaldo migratorio positivo – anche diitaliani che arrivano a Piacenza da al-tri Comuni - ha permesso alla città dichiudere il 2015 in sostanziale pareg-gio (-78 abitanti).

Se fossero nati i 197 bambini chein quell’anno non hanno visto la luceper la scelta di ricorrere all’interruzio-ne volontaria di gravidanza - i datifanno riferimento a donne residenti aPiacenza - il saldo sarebbe potuto es-sere positivo. La maggioranza degliaborti si concentra nella fascia d’età25-29 anni (44), 35-39 (39) e 20-24(39).

Il 2015 e� stato caratterizzato dauna mortalita� elevata sia a livello na-zionale e regionale (+10,3% per en-trambe) che locale (9% per i maschi e15% per le femmine). Questo fenome-no – si legge nell’Annuario statisticocomunale – non dipende da un peg-gioramento della salute dei piacentini.C’è la generazione dei “grandi anzia-ni” nati negli anni Venti arrivate alla

conclusione naturale della vita, o do-vuta al virus influenzale particolar-mente aggressivo di quell’anno. “Unapopolazione in cui la mortalità� speci-fica dei novantenni ha un impatto ap-prezzabile sulla mortalità� generale – silegge nell’introduzione all’Annuario -e� una popolazione fortunata, in cui lamaggior parte delle persone gode di

lunga vita. Ma e� anche una popola-zione anziana: a Piacenza un cittadi-no su quattro ha piu� di 65 anni e unosu dodici piu� di 80”.

A segnalare il progressivo invec-chiamento della popolazione è anchel’innalzamento dell’età media dei resi-denti: nel 1987 era di 42 anni, nel2015 è diventata di 46,23.

23SPECIALE S. ANTONINO

Nella foto d’archivio, di Pagani, festa ad un centro estivo per gli anziani a Pia-cenza.

RESTAURO E RECUPERO DI AFFRESCHI, TELE E STUCCHI

Un mestiere che richiede precisione e passione. Infatti nelnostro Laboratorio di Arte e Restauro, ci dedichiamo concompetenza e professionalità sia che si tratti del recupero diopere antiche o la creazione di opere nuove, al fine di de-corare spazi e pareti neutre in ogni ambiente e contesto.

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RESTAURO E RECUPERO DI OPERE D’ARTE

È il restauro e recupero di opered’arte di cui Dino Molinari si oc-cupa dal 1986 in realtà specializ-zate nel campo del restauro edella decorazione tra Piacenza,Parma, Reggio Emilia e Cremona.In particolare nel restauro degliaffreschi e dei dipinti su tela.

er la mia generazione la processio-ne del Corpus Domini, con l’osten-sorio e il baldacchino che attraver-sano le vie della città, ha costituitoa lungo l’immagine simbolica piùpregnante di un tipo di presenzadella Chiesa nella società. Ora che,al contrario, alcuni vorrebbero for-zare la laicità dello Stato fino aescludere qualunque manifestazio-ne pubblica di culto, relegando ladimensione della fede alla sferastrettamente privata, diviene neces-sario riscoprire le modalità in cui lafede possa essere testimoniata co-munitariamente anche nello spaziopubblico per eccellenza, la città.��

Se infatti la celebrazione eucari-stica avviene come mistero dellafede nella comunità rigorosamentedelimitata, la vita eucaristica, l’of-ferta eucaristica della vita di un cri-stiano avviene nella polis, nellacompagnia degli uomini.

L’EUCARISTIA DÀ FRUTTONELLA VITA DENTRO LA POLIS

Si potrebbe dire che la celebra-zione dell’eucaristia avviene nellospazio santo della Chiesa e inunità con lo spazio santo della co-munione dei santi del cielo e degliangeli, nel “cenacolo”, ma in fun-zione di una vita nella polis in cuil’eucaristia dà il suo frutto. QuandoGesù è morto dando la vita, la cittàha visto un uomo in croce, la cuiesecuzione era profana, addiritturaun anatema, fuori della città; eppu-re escatologicamente Luca ha lettoche la folla accorsa a vedere quellospettacolo - letteralmente, quella“contemplazione” (theoría) - ritornain città battendosi il petto.

Ora, se degli uomini eucaristicimuoiono dando la vita per i fratelli- pensiamo ai martiri dei nostrigiorni - e se invocano da Dio il per-dono per i nemici, o se donne e uo-mini eucaristici servono umilmentei fratelli spendendo la vita per loro,se scelgono i poveri, gli umili e gliultimi e li accompagnano fino acondividerne la sofferenza, alloracostoro preparano e provocano uncambiamento in chi abita la città.

Perché? Perché narrano l’amore,esattamente come l’eucaristia narral’amore!

ESSERE CRISTIANI OGGIOggi che le nostre città non sono

più interamente cristiane (ammes-

so che lo siano mai state), possonosembrare due realtà lontane, senzapossibilità di interazione, dobbia-mo discernere atteggiamenti e pa-role che rendano la comunicazionenon solo possibile, ma operante inprofondità, segretamente, senzaappariscenza né ostentazione. �

�Avviene in virtù delle energieeucaristiche sprigionate dalla mor-te e dalla resurrezione del Signoreche l’eucaristia narra, ma avvieneanche se noi cristiani celebriamocon serietà e autenticità l’eucari-stia, lasciandoci plasmare da essaa immagine di Gesù Cristo, viven-do come lui ha vissuto! Se i cri-stiani saranno uomini e donne eu-caristici, capaci di intercessione edi ringraziamento-eucaristia, allorala città ne trarrà pace e bene.

“È a causa dell’intercessione deicristiani che il mondo va avanti!”,scriveva l’apologeta Aristide: sì,questa intercessione è anche soli-darietà attiva, compagnia affettuo-sa che diventa feconda per la polisintera.�

Enzo Bianchifondatore della comunità

monastica di Bose

P

Sopra, nella foto di Pagani, la celebrazione dell’Eucaristia per il patrono loscorso anno. Sotto, nella foto di Carlo Mistraletti, il monaco Enzo Bianchi.

A CHIESA NELLA CITTÀL“IL MONDO VA AVANTI PER L’INTERCESSIONE DEI CRISTIANI”

24 SPECIALE S. ANTONINO

D

L PATRONO DI PIACENZAI

25SPECIALE S. ANTONINO

i lui e della sua vita, così lontananel tempo e nello spazio, si sa poco,pochissimo. Poche, sporadiche noti-zie, condite da alcuni elementi leg-gendari e qualche dato storico chedi puramente storico ha ben poco,in quanto probabilmente confusocon la vita di altre persone... soloquesto e poco di più sappiamo dilui, di Sant’Antonino... primo e maidimenticato martire della chiesapiacentina.

Eppure, la sua memoria è giuntafino a noi e ancora oggi ogni annola si celebra con tanta devozione, ri-cordando la data del suo martirio,avvenuto molto probabilmente agliinizi di luglio dell’anno 303, unicodato certo della sua vita e sul qualetutti concordano.

Chi era sant’Antonino? Non eraun prete, non un monaco, neppureun vescovo. Per farla breve, non eraun ecclesiastico. Anzi, pare fosse unsoldato, che la tradizione lega allaLegione Tebea. Un uomo d’armi in-somma, abituato a menar la spada.Tuttavia lo ricordiamo come ungrande santo. E non un santo qua-lunque, ma uno di quelli la cui me-moria attraversa i secoli. Uno diquelli che pur appartenendo ad unpassato lontano e forse anche neb-bioso, ancora oggi sprigiona lucesufficiente, per illuminare il nostropresente.

L’UOMO ANTONINOSant’Antonino era prima di ogni

altra cosa un uomo. Con un cuoreuguale al nostro ed una sensibilità,proprio come ce l’abbiamo tutti. Inun qualche momento della sua vitadoveva avere incontrato la fede cri-stiana e questo incontro con la per-sona viva di Gesù Cristo di certo gliaveva sconvolto l’esistenza. Non sa-premo mai se gli cadde la spadadalle mani, se cambiò vita, se rinn-ciò per sempre alle armi, se divenneun uomo migliore. Però sappiamoche per dare testimonianza a quelGesù da cui tanto si era sentitoamato, non esitò a morire, comemuoiono i grandi eroi, comemuoiono i martiri. Uccisi in odio al-la fede, senza un briciolo di pietà.

NON ERA UN SUPEREROENon sono supereroi, dotati di su-

per poteri, che li rendono invulnera-bili. Sono gente come noi. Esant’Antonino lo era in tutto, unocome noi: oltrettutto infatti, era unlaico.

Cosa significa questo per noi?Credo possa significare molto. Co-minciamo col guardarci dentro edammettere a noi stessi quante vol-te, nell’ora di dare testimonianza alSignore, abbiamo fatto come glistruzzi e abbiamo nascosto la testasottoterra, per non vedere più nullae illudendoci così che, ciò che nonsi vede semplicemente non esista.Oppure, abbiamo fatto finta che ildiscorso non ci interessasse e ce nesiamo andati in sordina, per evitaredicussioni. O ancora, quante volteabbiamo fatto orecchi da mercante,quando qualcuno accusava lachiesa, di cose anche vere magari,o quando qualcuno metteva in di-scussione la nostra fede... tutto pernon passare da bigotti, da gentefuori moda, che non capisce nulladella vita e che non pensa con latesta.

Anche ai tempi di sant’Antoninoessere cristiano era qualcosa di con-tro corrente. Solo che il prezzo dapagare non era solo lo scherno diqualche collega, amico o conoscen-te. Non era solo il disprezzo di chi cigiudica retró... il prezzo da pagareera la vita. E gente come Antonino,che non aveva nulla di bionico, nul-la di diverso da noi, quel prezzo l’hapagato. Noi saremmo disposti a far-lo? Qualcuno magari sì... io, non loso. E tu?

Essere laici non vuol dire essere“fuori” dal problema, “fuori” dallediscussioni. Non vuol dire che la te-stimonianza non ci interessa. Anzi,al contrario. Il mondo aspetta cheusciamo dal nostro guscio e che ab-biamo il coraggio delle nostre idee.Il coraggio di gridare a chi ancoranon lo sa che Gesù è il Signore eche nessuno ama come Lui.

Laici impegnati, non nei discorsielevati, fatti a tavolino, ma impe-gnati a diffondere il Vangelo, con leparole sì, ma prima ancora con lanostra vita. Che la forza della testi-monianza di Sant’Antonino, illumi-ni il nostro cammino.

Gaia Corrao

Sant’Antonino giunge a Piacenza (dossale del Museo della basilica diSant’Antonino, Piacenza).

ANTONINO: UN LAICO CON IL CORAGGIO DI TESTIMONIARE LA FEDE

26 SPECIALE S. ANTONINO

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ervire, una parola oggi non più dimoda. Servire vuol dire “farsi ser-vi”, mettersi in gioco, donare qual-cosa di sé e di quanto si è ricevuto.In una mentalità dove predominal’individualismo e l’affermazione disé a ogni costo, servire è visto comeuna sorta di “fregatura”. In realtà,nella vita, solo se scatta questa de-cisione di “mettersi in gioco”, si di-venta fecondi. Questo vale ancoradi più quando si è mossi dal Vange-lo. Come scriveva Giovanni PaoloII nell’enciclica “Redemptoris Mis-sio” del 1990: “la fede si rafforzadonandola”. Ecco alcune esperien-ze vissute da laici nel loro servizionella comunità cristiana e nella vitadi tutti i giorni.

LA MUSICA CHE UNISCEIl coro della comunità di Sant’Antonino

Grazie all’impegno e alla passio-ne di alcuni parrocchiani, da unanno a questa parte la comunità diS. Antonino può contare su un co-ro stabile ad animare la messa del-le 11.30. Abbiamo incontrato Enri-ca Fellegara per chiederle della suaesperienza a questo riguardo. “Sia-mo in quindici, accompagnati da

chitarra, basso e organo. Ci trovia-mo a provare una volta alla setti-mana. Per di più ora siamo un verocoro polifonico: infatti, grazie al-l’ingresso fra le nostre fila di alcuniuomini che hanno risposto all’ap-pello, oltre a soprani e contraltiadesso abbiamo anche tenori ebassi”.

“Animare la messa è importante– prosegue Enrica Fellegara – per-ché la musica, si sa, riesce a coin-volgere le persone, in chiesa comein ogni altro aspetto della vita quo-tidiana, e inoltre, richiedendo unosforzo in più rispetto al semplice ri-petere a memoria, ti spinge a riflet-tere con attenzione sulle parole chestai cantando in quel momento”.

Per gli stessi coristi si tratta diun’occasione preziosa per stare in-sieme: “noi ci divertiamo a cantare.È una bella esperienza di condivi-sione. Siamo tutte persone che siconoscono e si frequentano ancheal di fuori della parrocchia. Coltempo siamo diventati piuttosto af-fiatati”.

E i fedeli non stanno a guardare,ma partecipano nel loro comples-so, grandi e piccoli, ai canti propo-sti. “Da dietro l’altare, dove ci met-tiamo per cantare, non riusciamo avedere l’assemblea, ma don Giu-

seppe, che è in primissima fila, ciassicura che abbiamo un discretosuccesso”, scherza Enrica Fellega-ra. Non a caso le opportunità diesibirsi continuano ad aumentare:“talvolta si unisce a noi il coro diSan Savino, che è della nostra stes-sa unità pastorale, e allora il nostronumero cresce. Siamo già stati in-vitati a dei battesimi e a breve can-teremo anche a dei matrimoni. Cisentiamo molto gratificati”.

VIVERE IN FAMIGLIA Quando vivere la propria fede diventa anche esperienza di servizio

Ci sono tanti modi di partecipa-re alla vita parrocchiale: offrendosiper le letture durante la messa ocome catechista per i bambini emolti altri ancora. L’avvocato An-drea Perini e la sua famiglia sonoattivi su molteplici fronti: “sonoquasi due anni – ci dice – che can-to nel coro. Talvolta si unisce a noianche mia moglie Sara. Ma oltre aquesto il nostro coinvolgimentonella vita parrocchiale avviene inmodo molto semplice, ogniqual-volta ci sia bisogno di dare unamano: ad esempio preparando damangiare in occasione dei momen-

ti di convivialità o apparec-chiando i tavoli. Tutto qui”.

A nove anni Marcello ègià un chierichetto conesperienza: “sono tre anniche serve messa. Glielo ab-biamo proposto perché eraun bambino piuttosto viva-ce e pensavamo che diven-tando chierichetto avrebbeassistito alla messa in mo-do più tranquillo. E così èstato: ora si sente investitodi un ruolo importante e loaffronta molto seriamente”.Non va in vacanza nemme-no in vacanza: “anchequando andiamo al mare –prosegue l’avv. Perini – sioffre per servire messa sevede che non c’è nessun al-tro. Ora anche Flaminiavorrebbe seguire le orme

S

Alcuni componenti del Coro parrocchiale di Sant’Antonino.

L VANGELO NELLA VITAICOME ANTONINO, LAICI NEL MONDO

27SPECIALE S. ANTONINO

28 SPECIALE S. ANTONINO

del fratello, ma è ancora picco-lina”.

Quello che però Andrea Peri-ni ci tiene a sottolineare è chela sua non è soltanto una parte-cipazione di servizio, “anzi lamaggior parte delle volte sonogli altri parrocchiani ad orga-nizzare attività e noi ci limitia-mo a partecipare, come in oc-casione della gita a Como”. Mad’altronde la vita parrocchiale èanche questo: rispondere conun sì alle iniziative proposte.“Se io e la mia famiglia accet-tiamo e partecipiamo è soprat-tutto perché ci divertiamo. Vor-rei che i miei figli capissero chesi può vivere la propria fedecon leggerezza, che non vuoldire superficialità, ma comeun’esperienza serena, gioiosa edivertente perché condivisa al-l’interno di una comunità diamici”.

UN CAMMINO DI FEDE PER TUTTE LE ETÀL’esperienza del Gruppo Famiglia

19 anni fa ha inizio l’espe-rienza del Gruppo Famiglia

dell’Unità Pastorale 1 sotto laguida di don Luigi Fornari, par-roco di Sant’Anna.

Simona Fornasari, direttricedella scuola S. Eufemia e mem-bro del Gruppo fin dalla suafondazione, ci spiega come ènata l’idea: “eravamo un grup-po di famiglie giovani e senti-vamo la mancanza di un per-corso che ci permettesse di por-tare avanti insieme, come fami-glie, la nostra esperienza di fe-de. A rimediare a questa man-canza è stato don Luigi Fornarie ora don Giuseppe Basini, chelo ha sostituito alla guida delgruppo”.

Ogni anno viene scelto untesto di riferimento da cui ven-gono tratti gli argomenti da di-scutere durante il ritrovo men-sile. Quest’anno la scelta è ca-duta sull’Amoris Laetitia di pa-pa Francesco. “Don Giuseppeci offre spunti per riflettere, mapoi sta a noi discuterne. È unmomento importante perché cipermette di confrontarci su di-versi temi, primo fra tutti l’edu-cazione dei figli. Ormai i nostriragazzi hanno un’età compresatra i 3 e i 27 anni: questo signi-fica che c’è sempre qualcunoche ha già vissuto e affrontato i

29SPECIALE S. ANTONINO

La famiglia Perini:

l’avvocato Andrea con

la moglie Sara e i figli

Marcello e Flaminia.

Palpi Costruzioni s.n.c.Costruzioni edili e ristrutturazioni

Le opere dell’impresa edile “Palpi Costruzioni”

La ditta Palpi Costruzioni opera nel campo dellecostruzioni e ristrutturazioni. L’azienda è costi-tuita dai tre fratelli Palpi: Edoardo, Emanuele ed En-rico, che con passione hanno dato seguito all’inizia-tiva del padre Carlo.

L’impresa costruisce e ristruttura unità abitative.Il lavoro intrapreso viene seguito passo passo concompetenza direttamente dagli imprenditori. Ed è

proprio questa la forza della DittaPalpi, ovvero la cura dei particola-ri e l’assistenza continua dei suoiresponsabili.

“Ci interessiamo di piccole edi grandi ristrutturazioni - spiegaEdoardo Palpi -, dal restyling delbagno a quello di un’intera palazzina o di singoli appartamenti,dal rifacimento di tetti anche in legno coibentati e facciate, allaposa di cappotti termici, dalla costruzione di ville e villette mo-derne, alla ri -strut tu ra zio -ne di rusticiin pietra, il

tutto con la stessa cura e qualità disempre. Curiamo le impermeabilizzazioni delle

zone interrate e il risanamento anti-umidità degli edifici storici”. “Seguiamo anche l’edilizia di culto - prosegue -. Uno degli ulti-

mi lavori nelle parrocchie è stata la realizzazione di spogliatoiper i campi da calcetto delle parrocchie di San Giuseppe Ope-raio e Caorso (nella foto in alto a destra). Va poi ricordato cheanche per il 2016 per i privati è possibile usufruire degli incentivifiscali fino al 50% per le ristrutturazioni e fino al 65% per il ri-sparmio energetico sia per i privati che per le aziende”.

Tre fratelli, un’impiegata, un geometra e dieci muratori, oltrealla collaborazione di artigiani e professionisti piacentini al servi-zio della clientela più esigente, per la realizzazione di ogni gene-re di progetto edile.

Ristrutturazioni, il nostro punto di forza

Palpi Costruzioni s.n.c.Via Merosi, 3 - 29122 piacenza

tel. 0523.593137 - Fax [email protected]

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30 SPECIALE S. ANTONINO

31SPECIALE S. ANTONINO

vari problemi legati alla crescita deifigli”.

Oltre al Gruppo Famiglia, SimonaFornasari e il marito si occupano an-che degli incontri in preparazione almatrimonio. “Ora la situazione è mol-to cambiata: la maggior parte dellecoppie che arrivano provengono daun’esperienza di convivenza. Il corso,però, non è cambiato perché a non

cambiare sono i capisaldi del matri-monio cristiano: amore, fedeltà, per-dono...”.

Gruppo Famiglia e corsi prematri-moniali, chiediamo a Simona Forna-sari che cosa la spinga a impiegare ilsuo tempo libero in queste attività:“nel mio cammino di fede il servizioha sempre avuto una parte fonda-mentale: nel corso degli anni ho rice-

vuto tanto dalla mia parrocchia esento quindi di dover fare qualcosaper restituire, almeno in parte, quel-l’impegno di cui ho beneficiato”.

“ANDIAMO INCONTROAI RAGAZZI DI OGGI”Il Gruppo Giovanissimi

Ogni sett imana ungruppo di amici si ritrovanei locali della parrocchiadi S. Antonino per trascor-rere qualche ora insieme:sono i ragazzi del gruppogiovanissimi. La serata siapre con una fetta di piz-za per poi proseguire conla presentazione e la di-scussione di un tema.

“Due sono le difficoltàche incontriamo, – cispiega Paolo Campioni,uno dei tre educatori – laprima è che molti ragazzinon dicono quello chepensano davvero, o per-ché preferiscono rispon-dere in modo provocato-rio o perché ci asseconda-no dicendo quello che, se-condo loro, vogliamosentire. La seconda è che,anche quando li convin-ciamo a parlare sincera-mente, fanno comunquefatica a esprimersi perchétemono di esporsi. Perciò

Il Gruppo Famiglia insieme a don Giuseppe Basini in una foto di qualche anno fa.

Il gruppo dei giovanissimi della parrocchia di Sant’Antonino.

32 SPECIALE S. ANTONINO

il nostro impegno come educatori èquello di non farli sentire giudicati,mettendoli nella condizione di parla-re liberamente senza paura che le lo-ro parole siano bollate come stupi-daggini. Li esortiamo ad affrontareogni argomento come se lo stesserovivendo in prima persona. Chiediamoloro: ‘se tu ti trovassi in quella situa-zione lì, che cosa faresti?’”.

Ed è un approccio che paga: all’i-nizio i ragazzi, tra i 15 e i 20 anni,erano circa una quindicina, ora sonoraddoppiati. “Molti di loro – ci dicePaolo Campioni – si dicono lontanidalla Chiesa, altri addirittura ostili,ma continuano a venire perché trova-no un luogo in cui potersi confrontarecome talvolta non riescono a fare néa casa né a scuola”.

I temi trattati variano, alcuni sonotratti dall’attualità più scottante: dro-ga, sfruttamento della prostituzione,ecc. “Noi non forniamo una rispostapreconfezionata da assimilare senzadomande. Il nostro obiettivo è di ac-compagnarli, guidandoli, in un per-corso di conoscenza di sé e del mon-do. Cerchiamo di spingerli a cercarela bellezza che la loro vita racchiude,a non accontentarsi, ad andare a fon-do per scoprire quella piena felicitàche dona agli uomini l’amore di Dio”.

RENDERE IL MONDOUN POSTO MIGLIORE45 anni del gruppo Scout Piacenza 1 a Sant’Antonino

In tutto il centro storico la parroc-chia di S. Antonino è l’unica a esseresede di un gruppo scout e, per questomotivo, costituisce un vero e propriopunto di riferimento per quei tanti gio-vani che aderiscono alla proposta for-mativa Agesci. Ne parliamo con l’ing.Aldo Curtoni, capo scout del gruppo

Piacenza 1: “il nostro gruppo ha unastoria lunghissima: dopo essere natoin S. Francesco, ben quarantacinqueanni fa si è trasferito in S. Antonino. Èun’esperienza profondamente radica-ta nella vita della parrocchia”. A farneparte, oltre ai capi, sono circa una no-vantina di ragazzi tra gli 8 e i 21 anni.

La proposta formativa Agesci è ta-rata sull’età dei suoi membri, come cispiega Aldo Curtoni: “Un punto fon-

damentale è il contatto con la naturae lo sviluppo della forza fisica. Con ipiù grandi, inoltre, siamo impegnatianche nell’ambito dell’educazione ci-vica. Il nostro obiettivo è quello di for-mare dei buoni cittadini e questo mipare significativo soprattutto in unmomento come quello in cui viviamo,in cui nessun’altra istituzione è impe-gnata in questo senso e la formazionecivica viene pesantemente svalutata.In più, ci proponiamo di farlo ponen-doci non come maestri o istruttori, macome fratelli maggiori che guidanolungo il cammino quelli più piccoli”.

Ed è un cammino che dura una vi-ta: a 37 anni, sposato e con una figliadi poco più di due anni, Aldo Curtonici spiega perché ha deciso di conti-nuare a far parte di questo gruppo:“essere scout è stata un’esperienzamolto importante nella mia giovinezzae volevo dare anche ad altri la possi-bilità di viverla come ho fatto io. An-che adesso che sono capo scout, nonmi sento affatto arrivato, anzi sonoancora nel bel mezzo del cammino.Talvolta è faticoso – ammette – ma èuna fatica che si sopporta facilmenteperché condivisa all’interno di unacomunità unita dagli stessi interessi,passioni e ideali”.

Federica Villa

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L’alzabandiera costruito dagli scout in piazza S. Antonino per i 45 anni delgruppo Piacenza 1; in basso, alcuni scout del Piacenza 1 durante un’uscita.

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RESTAURI IN CORSOI

35SPECIALE S. ANTONINO

ella basilica di Sant’Antonino so-no stati smontati i ponteggi che, intappe successive, hanno interessa-to la navata centrale, partendo dalpresbiterio, per restaurare le trevolte a crociera del soffitto, moltoannerite ed opache. Ora il restau-ro sta interessando le campate deltransetto.

Le impalcature sono state rea-lizzate con particolare cura, la-sciando un corridoio centrale, spa-zio utile per le panche ed i fedeli,innalzando due ali laterali atte asostenere un “ponte aereo” per ac-cogliere là in alto gli operatori.

Chi entra ora e si dirige versol’altar maggiore ha la forte emozio-ne di percorrere uno spazio nuovo,che ha guadagnato in luminosità:le sei vele delle crociere sono diuna sobria tonalità monocromata,di un chiaro color ocra, in armoniacon le navate laterali: è scomparsol’opaco e triste grigiore del nero-fu-mo, frutto di secoli di celebrazionicon candele e fumi d’incenso.

Così ora le volte coprono la na-vata con un cielo luminoso, ne ri-sulta uno spazio attraente ed ac-cogliente, direi quasi gioioso. Levele delle volte sembrano essestesse emanare una calda lumino-sità, esaltata dalla luce reale cheentra dalle finestre, anch’esse re-staurate a regola d’arte.

IL CANTIEREI lavori di restauro erano iniziati

il 18 luglio 2016, la ditta incaricataè il Laboratorio d’Arte e Restaurodi Dino Molinari (Roveleto di Ca-deo) che ha al suo attivo altri la-vori importanti quali il restaurodel santuario della Beata Verginedel Carmelo di Roveleto, straordi-nario edificio bibienesco, e dellabasilica di Santa Maria delle Gra-zie di Cortemaggiore, edificio di fi-ne XV secolo (1481). Per il pon-teggio, l’Impresa Edile Orioli Gio-vanni di Cortemaggiore.

Per le finestre ha operato la dit-ta Rabbaglio di Montodine (Cre-mona). Dopo un paziente e labo-rioso restauro degli antichi serra-menti in legno, sono stati montati,

su indicazione della Soprintenden-za, vetri trasparenti del tipo “catte-drale”, realizzati a mano, con su-perficie non liscia che evita fasti-diosi riflessi di luce.

Il progetto e la direzione dei la-vori è stata affidata allo Studio diArchitettura dell’arch. Enrico De

Benedetti, che da trent’anni seguei restauri della basilica. Da alcunianni si è unita l’arch. Chiara Ge-nocchi, che in particolare ha an-che effettuato a suo tempo un’ap-profondita ricerca storica dell’edi-ficio. Li ringrazio vivamente per lagrande disponibilità e collabora-

La navata centrale verso l’altare maggiore, con le volte restaurate.

L’INTERNO DELLA BASILICATORNA A RISPLENDERE

N

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zione, anche nel trasmettere informa-zioni preziose riguardo i cantieri delpassato e i restauri recenti. Essi hannosempre operato in stretta collaborazio-ne con le funzionarie della Soprinten-denza per le Province di Parma e Pia-cenza, dott. arch. Camilla Burresi cheha effettuato periodiche numerosissi-me visite e che venerdì 14 aprile u.s.ha effettuato un conclusivo sopralluo-go di controllo-collaudo, con totale ap-provazione ed elogio del lavoro com-piuto a regola d’arte; presente taloraanche la collega dott. arch. PatriziaBravelli.

I CARATTERI ARCHITETTONICI DELLE VOLTE

Vediamo ora alcune note tecniche relativealle volte restaurate.

Come può ben osservare anche un occhioprofano, esse sono di perfetto stile gotico carat-terizzato dall’arco acuto-ogivale. Sono volte a

Nella foto sopra, particolare di una “campata”al termine dei restauri; a lato, il restauratoreDino Molinari al lavoro nella basilica.

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crociera esapartite (cioè comprendonosei vele triangolari disuguali, le duecentrali più ampie, più strette le duelaterali che si concludono sulle fine-stre). Esse sono racchiuse lungo il pe-rimetro da eleganti “costoloni” (nerva-ture in rilievo), elementi portanti chesi riuniscono al centro nella “chiavedi volta” di forma circolare. Molto in-teressante la prima chiave verso ilpresbiterio, che reca la data di iniziodei lavori, 1459, ed il caratteristicovessillo sfrangiato di Sant’Antonino,rosso con dado bianco al centro; le al-tre chiavi di volta hanno l’una unacroce, la terza ancora il vessillo rosso,lo stesso che vediamo anche scolpitosu alcuni capitelli del chiostro rinasci-mentale realizzato circa trent’anni do-po (1487): esso rimarca l’importanteruolo civico che la basilica ebbe sem-pre nei secoli.

I costoloni sono ornati con una so-bria decorazione a motivi geometrici,dipinti a tempera, l’uno differente dal-l’altro, di un leggero color ruggine; lie-vi moviti geometrici o floreali ornanocome nastri anche il lato esterno dellevele.

GLI ARCHI TRASVERSALIMa qui è d’obbligo un’altra nota

tecnica per meglio comprendere lospazio e la struttura della navata. Levolte a crociera coprono tre “campate”che formano la navata centrale: “cam-pata” è uno spazio quadrangolarecompreso tra quattro pilastri agli ango-li. In basilica sono pilastri ottagonaliconclusi, come le colonne, da curiosicapitelli floreali ottocenteschi, oltre iquali, in alto, si innalzano esili leseneche alla sommità sorreggono gli architrasversali ogivali: essi separano lecrociere e scandiscono lo spazio.

Le lesene e questi archi sono deco-rati “a grisaille”, termine francese cheindica una tecnica di pittura a mono-cromo di color grigio tenue su sfondoambrato: sono emerse da un pazientee sapiente lavoro di pulitura: primanon si distingueva quasi nulla.

Il restauro ha rivelato così una de-corazione leggera e molto raffinata,che si armonizza con tutto l’insiemecreando un effetto prezioso e di so-bria eleganza.

Ecco dunque la presentazione diun ottimo e non semplice lavoro, cheha restituito uno spazio internostraordinario ed ha anche stimolatomomenti di studio e di approfondi-mento.

La basilica è davvero un palinse-sto, edificio complesso ed unico peralcune sue caratteristiche architetto-niche, oltre che scrigno di capolavoriche ancora conserva, nononostante iguasti dei secoli e le numerose spolia-zioni.

Mimma Berzolla

Dopo accurate indagini strati-grafiche, effettuate sulle superficidipinte e non, abbiamo concorda-to con il funzionario della Soprin-tendenza Camilla Burresi e con ildirettore lavori arch. De Benedet-ti, di procedere con un descialboparziale della vecchia tinteggiatu-ra ed applicare una finitura a cal-ce, stesa a spatola, convergendosulla tinta chepiù si avvici-nava alla co-l o r a z i o n edell’interventodi Arata.

In sostanzasi è scelto dinon cancella-re le decora-zioni ottocen-tesche ma re-staurarle e ri-proporle.

Q u e s t ascelta di man-tenere una fi-nitura genera-le che si ac-cordasse contutti gli inter-venti di manu-tenzione pre-senti nella ba-silica, è statavalutata atten-tamente, dopodiverse prove e campionature dicolore. L’indirizzo teorico scelto èstato quello di non eseguire l’en-nesimo intervento che, distinguen-dosi, togliesse quel senso di unita-rietà ai vari elementi architettonicidella basilica. Presentare una na-vata centrale con volte molto chia-re (bianco calce) ed elementi de-corativi a finto mattone che rico-privano costoloni e archi, ci è ap-parsa una soluzione, seppur coe-rente con il concetto di volere ri-proporre l’antica finitura originale,in contrasto con l’intero apparatodecorativo presente nella basilica.Al contrario, preservare e ripropor-re la finitura decorativa dell’inter-vento di Arata o molto probabil-mente di quello Ottocentesco ap-pena precedente, poteva restituireun senso di uniformità generale,in grado di accordarsi con tutti glielementi architettonici presenti.

Il recupero delle decorazioni ot-tocentesche è stata una sfida tec-nica interessante, in quanto que-ste decorazioni sono state realiz-zate con materiali sensibili all’ac-qua, perciò per recuperare il loroaspetto originale, pur nel rispettodella patina del tempo, occorrevapulirle senza l’uso di acqua.

Grazie alla collaborazione e alsupporto tec-nico con laditta CTS cisiamo orienta-ti alla speri-mentazione diun nuovo ma-teriale, sinoraprovato soloin pochi inter-venti di re-stauro.

Questo ma-teriale dal no-me strano NE-VEK, è inrealtà costitui-to prevalente-mente da Agaragar, un gelifi-cante naturaleche si ottienedalle alghe,non tossico, econ ottimep r o p r i e t àestrattive. I ri-

sultati ottenuti già dalle prime pro-ve che abbiamo effettuato, sonostate più che soddisfacenti, permet-tendoci di procedere senza indugiad utilizzarlo nella rimozione dellapatina scura che alterava i coloridelle decorazioni ottocentesche.

Sono rimasto soddisfatto, inquest’opera di restauro, dallo spi-rito di squadra con cui si è lavora-to, anche alla luce della responsa-bilità di intervenire in contesti co-me quello della basil ica diSant’Antonino, affrontando sceltetecniche e teoriche che possonolasciare un segno importante neltempo. Il grazie va al committentedon Giuseppe Basini, al direttoredei lavori arch. Enrico De Bene-detti e all’arch. Chiara Genocchi,e al prezioso contributo dell’arch.Camilla Burresi.

Dino Molinari,restauratore

Un lavoro di squadra per un’opera destinata a durare nel tempo

IL RESTAURATORE

L’applicazione del nevek su una lesena.

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A LAVANDA DELLA SOLIDARIETÀL

39SPECIALE S. ANTONINO

a otto anni chi si trovasse a passareper piazza S. Antonino il giorno del-la festa patronale verrebbe accoltodall’inconfondibile profumo della la-vanda. Merito dell’impegno dei vo-lontari della parrocchia che, qualchegiorno prima della festa, si alzanoall’alba per raggiungere l’aziendaagricola di Anna Minoia Fantigrossidove raccolgono fino a quattrocentomazzi di lavanda. “Ad aiutarci nellaraccolta – scherza Giovanna Armel-lini – sono le immancabili api. In ge-nere se ne vanno quando carichia-mo le casse in auto, ma talvolta ca-pita di portarcene qualcuna fino aPiacenza”.

Il 4 luglio davanti alla basilicaverrà allestito un banco in cui saràpossibile acquistare la lavanda fre-sca e secca. “Tutti i sacchetti che ser-

vono per le confezioni ci vengonodonati dai parrocchiani e vengonopoi ricamati uno a uno. È un’inizia-tiva totalmente a costo zero. Il rica-vato ci permette di aiutare le fami-glie in difficoltà”. La comunità di S.Antonino risponde con entusiasmoa questa iniziativa: “il bello della la-vanda è che ci fornisce l’occasioneper stare insieme. Se dopo tanti anniancora portiamo avanti questa ini-ziativa è proprio perché la partecipa-zione gioiosa di tante persone ci dàla giusta carica”.

“Prima di raccogliere, facciamobenedire il campo da don Giusep-pe”; forse è per questo che, come ciassicura Giovanna Armellini, “di la-vande così belle se ne vedono soloin Provenza”.

Federica Villa

IL PROFUMO DELLA PROVENZASERVE A FARE DEL BENE

DI campi di lavanda dell’aziendaagricola di Anna Minoia Fanti-grossi.

ARROCCHIALA P

a Festa del Perdono che ha cele-brato mio figlio Sebastiano insiemeai suoi amici del gruppo del secon-do anno di catechesi lo scorso 13maggio è stata un’esperienza dav-vero edificante.

Quando da bambina ho fatto laPrima Comunione ricordo che ilmio parroco mi confessò un paio digiorni prima della S.Messa, un pome-riggio, senza nessu-na particolare cele-brazione: c’era lui,qualche mamma enoi 5-6 bambini delcatechismo (erava-mo in una piccolaparrocchia nel cen-tro di Ferrara all’ini-zio degli anni ’90,niente a che vederecon la fiorente egioiosa comunità chesiamo oggi insant’Antonino). Perquesto motivo, essen-do Sebastiano il mioprimo figlio, è statoanche per me tutto

nuovo, la mia prima “Prima Con-fessione”! I bambini sono stati se-guiti e preparati dalle bravissimecatechiste Patrizia, Cristina e Martae da don Giuseppe, e anche per noigenitori ci sono stati diversi mo-menti di formazione e di preghiera,veramente utili per aiutarci ad ac-compagnare al

meglio i nostri figli e, perché no,anche a “riscoprire” un sacramentoche a volte viene messo un po’ insecondo piano (perché ci vergo-gniamo, perché non abbiamo tem-po, perché “vabbè tanto devo con-fessare sempre le solite cose”), mache in realtà è la dimostrazione più

lampante della Miseri-cordia di Dio nella no-stra vita.

Tutta la celebrazio-ne è stata bellissima, ibambini erano con-centrati ed emoziona-ti, consapevoli del sa-cramento che andavo

LLA MIA PRIMA“PRIMA CONFESSIONE”

Alla Festa del Perdono... una nuova ospitenel chiostro.In alto, con don Giuseppe e le catechiste,i bambini che si sono accostatiper la prima voltaal sacramento della riconciliazione.

40 SPECIALE S. ANTONINO

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a celebrare. Anche io ero molto emo-zionata, ammetto di essermi addirittu-ra commossa un paio di volte, per for-tuna è stato mio marito ad accompa-gnare Sebastiano dal sacerdote per-ché a me tremavano le gambe e avreisicuramente inciampato su qualchescalino!

Questa parte del genitore che ac-compagna il bambino è stata per meuna bella e significativa novità che,come ha spiegato don Giuseppe, vuo-le mostrare al piccolo che non è solo eserve a noi “grandi” per ricordarcisempre che con il nostro esempio e lanostra vita dobbiamo mostrare ai no-stri figli qual è la Via: se prima erava-mo tiepidi ora è il momento di diven-tare cristiani ferventi, se prima crede-vamo per abitudine ora è il momentodi convertirci e chiedere il dono dellaFede vera e sincera! Per i bambininon ci sono le mezze misure, vivonoogni momento al 100%, insegniamoloro ad amare Dio nello stesso modo,con tutti loro stessi!

Un’altra cosa che mi ha reso incre-dibilmente felice, per la quale sonodavvero grata a don Giuseppe (oltre atutto il resto!), è stata la scelta delladata: il 13 maggio 2017, centenario

della prima apparizione della Madon-na a Fatima, e giorno della canonizza-zione di Giacinta e Francesco, primibambini proclamati santi per la Fede,che avranno sicuramente “guardatogiù” verso i nostri bambini nel giornoin cui per la prima volta ricevevano ilperdono di Gesù. Papa Francescoqualche anno fa (più precisamentenell’Udienza Generale di mercoledì 8gennaio 2014, in piazza San Pietro),parlando del Battesimo, ci invitava,anzi ci dava un “compito a casa”: cer-care la «data felice» del proprio Batte-simo per fare «memoria del dono cheabbiamo ricevuto», che Dio ci ha fat-to. Beh, io penso che sarebbe bello sepotessimo estenderlo a tutti i Sacra-menti, e così né noi né i nostri figli di-menticheremo mai questo giorno.

Rita, una mamma

LA MIA PRIMA CONFESSIONEPer me la Prima Confessione è stata

un momento di perdono perché ho pro-vato cosa vuol dire liberarmi dai mieipeccati e avere una seconda opportu-nità per comportarmi bene. Mentre mi

confessavo ero molto emozionato per-ché era una cosa nuova, la facevo per laprima volta, e nonostante mi fossi pre-parato non sapevo cosa sarebbe succes-so. Però alla fine è andato tutto bene!

Sebastiano

In quel giorno mi sono pentita deimiei peccati. Ho chiesto scusa a Gesùper le mie azioni ingiuste. Dopo aver ri-cevuto il perdono di Gesù attraverso ilSacerdote mi sono sentita il cuore piùleggero.

Elisabetta

Secondo me la mia prima confessio-ne è stata molto bella perché quandosono andato a confessarmi e ho confes-sato tutti i miei peccati, dopo avevo ilcuore più leggero. Ho provato umiltàma anche gioia. Mi è piaciuto tanto ilmomento di festa nel chiostro con tutti imiei amici di catechismo, mi sono diver-tito molto.

Marcello

Signore ti ringrazio per aver perdo-nato dal cielo le mie mancanze, attra-verso il Sacerdote, che dopo avermi sen-tita mi ha dato il tuo perdono.

Lucrezia

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42 SPECIALE S. ANTONINO

uando mi è stata chiesta una riflessione su cosasignifica accompagnare il proprio figlio a riceve-re il Sacramento della Prima Comunione, hoistintivamente desiderato che questo appunta-mento rappresenti per Edoardo un vero incon-tro con Gesù e l’inizio di una nuova tappa delcammino cristiano.

La Prima Comunione è uno degli avvenimen-ti più importanti della vita di un fanciullo;Edoardo e i suoi compagni hanno compiuto unitinerario di preparazione catechistica durante ilquale hanno imparato a conoscere e ad amareGesù e a capire che saranno Suoi amici solo sesapranno amare come Lui ha amato.

Come mamma, ho cercato di trasmettere amio figlio il senso vero e profondo di questogiorno, che è racchiuso nell’Eucarestia e che ilregalo più importante è l’incontro con Gesù; idoni, le foto, il banchetto non devono essere “alcentro”. Al “centro” ci sono il pane e il vino, ilcorpo e il sangue di Gesù.

Non è semplice, soprattutto non è facile com-prendere le emozioni dei propri figli e quindi ri-mane una speranza; la speranza che questo Sa-cramento che ci rende Cristiani “nuovi”, aiuti inostri bambini ad entrare in Chiesa ed incon-trare il Signore, per poi uscire ed incontrare edamare il prossimo.

Enrica

Nella foto, i bambini della Prima Comunione (28 maggio 2017) con le loro catechiste Marina, Marzia, Lisa, Daniela ed Elisabetta.

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o cercato su dizionario il signifi-cato del verbo ACCOMPAGNA-RE ed ho trovato: “guidare, ac-compagnare per insegnare lastrada o per proteggere e aiutare;andare insieme”… Allora mi so-no chiesta se in quest’anno (oforse sarebbe meglio dire inquesti anni) ho davvero accom-pagnato mia figlia… e verso Chio che Cosa.

La S. Cresima resta ancheper noi adulti il Sacramento piùdifficile da comprendere: nelBattesimo ci sono tanti segni(l’acqua, la purezza, la luce…),nella Comunione c’è Gesù chesi incarna nell’Eucarestia, ora siviene “confermati”, si diventa“soldati di Cristo”. Ma devonoandare a combattere i nostri ra-gazzi? A ben guardare, forse èproprio questo che viene richiesto agli adolescentidi oggi, più che a quelli di un tempo. Sono inun’età difficile, entrano in un mondo complesso,che tende a fagocitare, in cui il bene più preziososembra essere il tempo (che non basta mai), incui la tecnologia ha sostituito le relazioni, in cuigli SMS hanno preso il posto delle parole. E Dio?E la Cresima? Dove stanno nella loro vita?

E noi genitori… come li accompagniamo?Credo che sia proprio compito di noi adulti,

papà, mamma, catechisti, parroco, tenerli per ma-no ed insegnare loro la strada che conduce a Dio.Allora penso anche che la strada siamo noi. Solose Dio è presente nella nostra vita, se siamo capa-ci di pregare, di amare, di condividere, i nostri ra-gazzi crederanno che si può vivere come cristianipur essendo persone normali, con una vita nor-male ma arricchita dall’Amore di Cristo.

Forse se si sentono tanto amati da noi, capi-ranno che l’Amore di Dio è ancora più grande, seci vedranno fare grandi cose avranno il coraggiodi provare anche loro.

Della mia Cresima ricordo poco le emozioniprovate, ma ricordo le persone che ho avuto ac-canto ( i miei genitori con la loro costante presen-za, la mia madrina, il mio parroco con i suoi inse-gnamenti ) e credo di dovere soprattutto a loro ilmio “ stare nella Chiesa”.

In quest’anno i nostri ragazzi sono cresciuti,sono cambiati, ci hanno spesso “messi alla pro-va”, ma noi abbiamo cercato di esserci per testi-moniare loro il nostro amore.

E ora, oggi, li ACCOMPAGNAMO (“andiamoinsieme a loro per insegnare la strada e per pro-teggerli”) verso il Sacramento che li rende adultinella Chiesa, sperando di testimoniare con la no-stra vita, nella loro, il grande Amore di Dio.

La mamma di una cresimanda

ABBIAMO ACCOMPAGNATO I NOSTRI FIGLI ALLA CRESIMA

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Il gruppo dei cresimati con il vescovo mons. Ambrosio, donGiuseppe e i catechisti. (foto Carlo Mistralet-ti)

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