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Ruolo del fisioterapista 12 In questa relazione vengono presentate le caratteristiche di due malattie reuma- tiche tra loro diverse dal punto di vista dell’eziopatogenesi e del quadro clinico, ma allo stesso tempo simili per quanto riguarda le conseguenze negative ed invalidanti che esse determinano sulla qualità di vita degli individui che ne sono affetti. Nell’artrite reumatoide, in cui il bersaglio principale del processo patologico è il tessuto sinoviale, si os- servano progressive alterazioni anato- miche responsabili di danni articolari irreversibili. Nella sindrome fibro- mialgica, che attualmente viene ricono- sciuta come una sindrome da sensi- bilizzazione centrale, si ha, invece, una perdita di funzione fisica in assenza di concomitanti alterazioni oggettive a ca- rico dell’apparato muscolo-scheletrico. Entrambe queste patologie coinvolgono l’individuo in tutta la sua globalità fisi- ca, psicologica e sociale e necessitano pertanto dell’intervento di più figure professionali riunite in un team multi- disciplinare. Inoltre il trattamento ria- bilitativo deve essere fondato sui princi- pi del modello biopsicosociale, perché un intervento basato sul classico model- lo medico di causa-effetto sarebbe desti- nato a fallire. In questa relazione, dopo una breve presentazione della malattia, viene de- scritto qual è il ruolo del fisioterapista e quali sono gli strumenti a sua disposi- zione nel relativo trattamento riabili- tativo. ARTRITE REUMATOIDE L’artrite reumatoide (AR) è una malat- tia infiammatoria cronica che colpisce prevalentemente le articolazioni diar- trodiali, portando ad una progressiva degenerazione dell’apparato muscolo- scheletrico e ad una considerevole per- dita di funzione e deterioramento della qualità di vita dell’individuo. È una patologia che interessa soprattut- to il sesso femminile (4:1) e l’esordio ti- pico si registra tra i 40 ed i 60 anni. La sua prevalenza è pari allo 0, 3-2% della popolazione e si calcola che l’incidenza sia di 2-4 nuovi casi per 10.000 adulti/ anno. Questa malattia reumatica ha un forte impatto economico e sulla qualità di vita: studi recenti hanno dimostrato che le persone affette da AR hanno una qualità di vita peggiore rispetto ad altre malattie reumatiche quali l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante e a malattie sistemiche quali il diabete mellito e le broncopneumopatie croni- che ostruttive. Il ritiro dall’attività lavo- rativa è più frequente nell’AR che nella spondilite anchilosante così come sono maggiori i costi socio-sanitari sia diret- ti sia indiretti. Il trattamento (farmacologico e non far- macologico) dell’AR deve essere preco- ce e aggressivo proprio perché le altera- zioni anatomiche irreversibili, che si os- servano a livello articolare, si sviluppa- no con maggiore velocità negli stadi ini- ziali della malattia. L’approccio riabilitativo deve essere di tipo multidisciplinare. A seconda della fase di malattia, varie sono le figure professionali di cui si necessita l’inter- vento: reumatologo, fisiatra, fisioterapi- sta, terapista occupazionale, tecnico or- topedico, assistente sociale, psicologo. Gli obiettivi principali del trattamento non farmacologico sono il ripristino e la conservazione di un’adeguata funzione articolare, la riduzione del dolore e del- l’infiammazione, la prevenzione di de- formità articolari ed il mantenimento di adeguati tono-trofismo, resistenza e for- za muscolare. All’interno del team riabilitativo il fisio- terapista ha a sua disposizione vari strumenti e diversi tipi di trattamento che consentono di agire sui sintomi e IL RUOLO DEL FISIOTERAPISTA NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELL’ARTRITE REUMATOIDE E DELLA SINDROME FIBROMIALGICA Dott.ssa Pamela Narduzzi Fisioterapista, Ospedale S. Chiara, Trento Obiettivi del trattamento riabilitativo nel paziente affetto da AR Tratti integralmente dall’articolo originale (Arioli G, Maddali Bongi S, Pappone N, 2008) - Riduzione della sintomatologia algica e dell’infiammazione. - Mantenimento della funzione articolare, del tono-trofismo, della resistenza e della for- za muscolare. - Prevenzione delle deformazioni articolari e della rigidità articolare. - Mantenimento della stabilità articolare. - Mantenimento della massima autonomia motoria e funzionale. - Educazione alla presa di coscienza della malattia. - Educazione all’apprendimento delle norme che regolano l’economia articolare. - Valutazione, prescrizione, manutenzione di eventuali ortesi e ausili. - Addestramento all’uso degli ausili prescritti. - Controllo del tono dell’umore. - Supporto psicologico. - Reinserimento, se necessario, del soggetto nel proprio ambiente sociale, lavorativo/sco- lastico e familiare. - Prevenzione della disabilità. - Miglioramento della qualità di vita.

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In questa relazione vengono presentatele caratteristiche di due malattie reuma-tiche tra loro diverse dal punto di vistadell’eziopatogenesi e del quadro clinico,ma allo stesso tempo simili per quantoriguarda le conseguenze negative edinvalidanti che esse determinano sullaqualità di vita degli individui che nesono affetti. Nell’artrite reumatoide, incui il bersaglio principale del processopatologico è il tessuto sinoviale, si os-servano progressive alterazioni anato-miche responsabili di danni articolariirreversibili. Nella sindrome fibro-mialgica, che attualmente viene ricono-sciuta come una sindrome da sensi-bilizzazione centrale, si ha, invece, unaperdita di funzione fisica in assenza diconcomitanti alterazioni oggettive a ca-rico dell’apparato muscolo-scheletrico.Entrambe queste patologie coinvolgonol’individuo in tutta la sua globalità fisi-ca, psicologica e sociale e necessitanopertanto dell’intervento di più figureprofessionali riunite in un team multi-disciplinare. Inoltre il trattamento ria-bilitativo deve essere fondato sui princi-pi del modello biopsicosociale, perchéun intervento basato sul classico model-lo medico di causa-effetto sarebbe desti-nato a fallire.

In questa relazione, dopo una brevepresentazione della malattia, viene de-scritto qual è il ruolo del fisioterapista equali sono gli strumenti a sua disposi-zione nel relativo trattamento riabili-tativo.

ARTRITE REUMATOIDE

L’artrite reumatoide (AR) è una malat-tia infiammatoria cronica che colpisceprevalentemente le articolazioni diar-trodiali, portando ad una progressivadegenerazione dell’apparato muscolo-scheletrico e ad una considerevole per-dita di funzione e deterioramento dellaqualità di vita dell’individuo.È una patologia che interessa soprattut-to il sesso femminile (4:1) e l’esordio ti-pico si registra tra i 40 ed i 60 anni. Lasua prevalenza è pari allo 0, 3-2% dellapopolazione e si calcola che l’incidenzasia di 2-4 nuovi casi per 10.000 adulti/anno.Questa malattia reumatica ha un forteimpatto economico e sulla qualità di

vita: studi recenti hanno dimostrato chele persone affette da AR hanno unaqualità di vita peggiore rispetto ad altremalattie reumatiche quali l’artritepsoriasica e la spondilite anchilosante ea malattie sistemiche quali il diabetemellito e le broncopneumopatie croni-che ostruttive. Il ritiro dall’attività lavo-rativa è più frequente nell’AR che nellaspondilite anchilosante così come sonomaggiori i costi socio-sanitari sia diret-ti sia indiretti.Il trattamento (farmacologico e non far-macologico) dell’AR deve essere preco-ce e aggressivo proprio perché le altera-zioni anatomiche irreversibili, che si os-servano a livello articolare, si sviluppa-no con maggiore velocità negli stadi ini-ziali della malattia.L’approccio riabilitativo deve essere ditipo multidisciplinare. A seconda dellafase di malattia, varie sono le figureprofessionali di cui si necessita l’inter-vento: reumatologo, fisiatra, fisioterapi-sta, terapista occupazionale, tecnico or-topedico, assistente sociale, psicologo.Gli obiettivi principali del trattamentonon farmacologico sono il ripristino e laconservazione di un’adeguata funzionearticolare, la riduzione del dolore e del-l’infiammazione, la prevenzione di de-formità articolari ed il mantenimento diadeguati tono-trofismo, resistenza e for-za muscolare.All’interno del team riabilitativo il fisio-terapista ha a sua disposizione varistrumenti e diversi tipi di trattamentoche consentono di agire sui sintomi e

IL RUOLO DEL FISIOTERAPISTA NELTRATTAMENTO RIABILITATIVODELL’ARTRITE REUMATOIDE EDELLA SINDROME FIBROMIALGICA

Dott.ssa Pamela NarduzziFisioterapista, Ospedale S. Chiara,Trento

Obiettivi del trattamento riabilitativo nel paziente affetto da ARTratti integralmente dall’articolo originale (Arioli G, Maddali Bongi S, Pappone N, 2008)

- Riduzione della sintomatologia algica e dell’infiammazione.- Mantenimento della funzione articolare, del tono-trofismo, della resistenza e della for-

za muscolare.- Prevenzione delle deformazioni articolari e della rigidità articolare.- Mantenimento della stabilità articolare.- Mantenimento della massima autonomia motoria e funzionale.- Educazione alla presa di coscienza della malattia.- Educazione all’apprendimento delle norme che regolano l’economia articolare.- Valutazione, prescrizione, manutenzione di eventuali ortesi e ausili.- Addestramento all’uso degli ausili prescritti.- Controllo del tono dell’umore.- Supporto psicologico.- Reinserimento, se necessario, del soggetto nel proprio ambiente sociale, lavorativo/sco-

lastico e familiare.- Prevenzione della disabilità.- Miglioramento della qualità di vita.

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Artrite Reumatoide e Fibromialgia

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segni della malattia e migliorare la qua-lità di vita del paziente affetto da AR.

Terapie fisiche

La terapia fisica è una parte della medi-cina riabilitativa in cui vengono utiliz-zate a scopo terapeutico le energie fisi-che (calore, correnti elettriche, ultra-suoni …).Il low level laser modifica positivamentel’attività nervosa periferica e diminui-sce il dolore, ha un effetto antinfiam-matorio, normalizza la permeabilitàdella membrana sinoviale, aumenta lamicrocircolazione, riduce l’essudato epermette il processo riparativo a livellodella membrana sinoviale. Come sug-geriscono le evidenze, il laser può esse-re utilizzato, con beneficio, per risolve-re il problema del dolore nell’AR.Gli ultrasuoni aumentano la permea-bilità cutanea riducendo la risposta in-fiammatoria ed il dolore e favorendo laguarigione dei tessuti molli. Nell’AR illoro utilizzo è efficace nella riduzionedel dolore articolare. La modalità dierogazione di tipo continua determina,in aggiunta, degli effetti termici che ri-ducono lo spasmo muscolare e il doloree causano una vasodilatazione che fa-vorisce l’eliminazione delle cellule in-fiammatorie croniche.La termoterapia comprende l’utilizzodel caldo e del freddo in varie forme.Nell’AR i bagni di paraffina associatiall’esercizio terapeutico si sono dimo-strati utili per migliorare il recuperodell’escursione articolare, ridurre il do-lore e la rigidità della mano. Sono inve-ce insufficienti le evidenze relative al-l’efficacia della crioterapia. Infine, perentrambi i metodi mancano precise in-formazioni relative al dosaggio e alladurata.L’utilizzo della TENS (elettrostimola-zione nervosa transcutanea) in modali-tà agopuntura ha dimostrato di essereutile per ridurre il dolore e migliorare laforza nei pazienti affetti da AR.Purtroppo gli studi relativi all’utilizzodella terapia fisica nell’AR sono ancorapochi e, nonostante siano stati sopra ri-portati alcuni suoi effetti positivi, è sicu-ramente necessario approfondire que-sto argomento con ulteriori studi con-dotti con buona qualità e rigore meto-dologici.

Esercizio terapeutico

L’esercizio terapeutico nell’AR ha perobiettivi il recupero, il mantenimentoed il miglioramento del range di escur-sione articolare, della forza muscolare,della capacità aerobica e delle prestazio-ni in specifiche attività.Come concluso dall’Ottawa Panel (2004),l’esercizio terapeutico è in grado di ap-portare benefici (che possono ovvia-mente variare in base allo stadio di ma-lattia) nel dolore, nella forza dell’artosuperiore e dell’arto inferiore e nellostato funzionale.L’esercizio terapeutico, pur non essendoin grado di contribuire all’aumento del-la densità ossea minerale, non sembraprovocare effetti avversi dal punto divista della progressione radiologica didistruzione articolare. È però fonda-mentale, prima di impostare qualsiasiprogramma di esercizi, valutare tutte lecaratteristiche del paziente affetto daAR: la sua età ed il suo grado di com-pliance al trattamento, il tipo di coin-volgimento articolare (locale o siste-mico) e la fase di progressione dellamalattia.Durante la fase acuta di malattia nondevono essere eseguiti esercizi intensi,le articolazioni vanno mobilizzate alme-no una volta al giorno per prevenirecontratture e le contrazioni muscolari,per mantenere un tono adeguato, devo-no essere di tipo isometrico. Lo stret-ching deve essere eseguito dolcementeal fine di evitare danni a tendini e cap-sule articolari.Durante la fase cronica e di inattivitàdella malattia possono essere eseguiteattività di ricondizionamento generalequali ad esempio camminare, nuotareed andare in bicicletta.

Riabilitazione in acqua

L’esecuzione di esercizi in acqua, seconfrontati con la semplice immersionepassiva, ha riportato dei benefici mode-sti, ma statisticamente significativi, neldolore, nella funzione, nella qualità divita e nella salute psichica. Purtropponon è stato possibile determinare ilmantenimento a lungo termine dei ri-sultati ottenuti.Manca comunque un numero sufficien-te di studi di buona qualità per dare

conclusioni precise circa la reale utilitàdella riabilitazione in acqua nel pazien-te con AR.

Terapia manuale

La terapia manuale viene definita comel’esecuzione di movimenti articolaripassivi fisiologici ed accessori, stretchingmuscolare e mobilizzazione dei tessutimolli applicati ad una specifica articola-zione.Come riportato da Brosseau et al (2004),nelle linee guida stilate dall’OttawaPanel, non esistono specifiche racco-mandazioni sull’impiego della terapiamanuale nell’AR a causa della mancan-za di studi con disegni di studio ade-guati.

Economia articolare

L’economia articolare è stata definita daLucien Simon (1973) come “l’insieme deimezzi che permettono da una parte di supe-rare gli ostacoli che si presentano ad ogniistante e dall’altra di diminuire i movimentiobbligati per prevenire o rallentare i deterio-ramenti articolari”.L’economia articolare va intesa comeprotezione articolare ovvero come ilmodo corretto di imparare ad usare leproprie articolazioni in modo tale darendere più sicure e meno dolorosemolte delle attività della vita quotidia-na.I principi fondamentali su cui si basal’economia articolare sono:1) L’educazione gestuale: riduce lo

stress, il carico e le deformazioni a li-vello articolare attraverso l’impiegodelle articolazioni sui piani anatomi-ci funzionali più stabili.

2) L’utilizzo di ortesi, cioè di strumen-ti duttili applicati dall’esterno permodificare le caratteristiche struttu-rali e funzionali del sistema muscolo-scheletrico. Esistono ortesi sia per lamano (ortesi di riposo, di correzione,funzionali) sia per il piede.

3) L’introduzione di ausili e modifichedell’ambiente di vita (bagno, cucina,postazione di lavoro …).

In conclusione, pur non potendo preve-nire la malattia primaria, è però possibi-le controllare e ridurne le conseguenzeattraverso un intervento multidisci-

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plinare precoce. Gran parte dei pazien-ti affetti da AR necessita di un’assisten-za a lungo termine, che deve essere nonsolo di tipo farmacologico, ma anche acarattere non farmacologico.Il fisioterapista interviene con tratta-menti specifici volti a preservare la fun-zione articolare ed inoltre guida, sup-porta ed educa il paziente ai principi diself-management, fondamentali per otte-nere un trattamento di successo in que-sta malattia cronica.

SINDROMEFIBROMIALGICA

La sindrome fibromialgica (SFM) è unaforma generalizzata di reumatismo ex-tra-articolare a carattere non infiamma-torio. Viene genericamente definita co-me una sindrome dolorosa cronica, adeziopatogenesi incerta, caratterizzata dadolore muscolo-scheletrico diffuso, dal-la presenza di punti elettivi di dolora-bilità (tender point), da astenia, da di-sturbi del sonno e da altri vari sintomi(e sindromi) di accompagnamento (rigi-dità, ansia e depressione, disturbicognitivi …).La SFM interessa soprattutto il sessofemminile (il rapporto donne/uomini èdi 9:1 e di 20:1 in base agli studi conside-rati) e l’età media (25-35 e 45-55 anni).Questa malattia ha un forte impatto eco-nomico in quanto è causa di un aumentodei costi socio-sanitari sia diretti sia indi-retti. Inoltre influenza negativamente laqualità di vita delle persone che ne sonoaffette, tanto che da uno studio recente èemerso che la qualità di vita dei pazien-ti fibromialgici è paragonabile a quelladei pazienti con artrite reumatoide.L’intervento multidisciplinare nella SFMè supportato da una forte evidenza diefficacia ed in particolare viene racco-mandato di intervenire con l’educazio-ne, la terapia cognitivo-comportamen-tale e l’esercizio fisico. Il team coinvoltonel trattamento riabilitativo è formatoda diverse figure professionali (il reuma-tologo, il fisiatra, lo psicologo, il fisiote-rapista, il terapista occupazionale, l’in-fermiere, il medico di base) e deve pre-vedere anche il coinvolgimento attivodel paziente e della sua famiglia, che de-vono diventare a tutti gli effetti membrie collaboratori del gruppo di lavoro.

Nella tabella I vengono proposte le variefasi operative dell’intervento multi-disciplinare, pur non dimenticando chei programmi di trattamento non posso-no essere standardizzati per tutto l’ete-rogeneo gruppo di pazienti con diagno-si di SFM.Il fisioterapista contribuisce al raggiun-gimento degli obiettivi generali di ridu-zione della disabilità e di miglioramen-to della qualità di vita dell’individuo at-traverso una corretta pianificazione del-le strategie di intervento, che possonoessere grossolanamente suddivise in at-tive o passive, in base alla partecipazio-ne/collaborazione o meno del paziente.

Educazione

Con il termine “educazione” viene rap-

presentato un evento cognitivo e nonsemplicemente un trasferimento univo-co di informazioni da una persona al-l’altra. L’intervento educativo, suppor-tato in letteratura da forti evidenze diefficacia, richiede la partecipazione ditutti i membri del team e mira soprattut-to a migliorare la self-efficacy del pazien-te, a favorire l’aderenza a determinatiprogrammi terapeutici e a distoglierel’attenzione dai sintomi, orientandolapiuttosto verso un miglioramento dellaqualità di vita.Durante gli incontri, che dovrebberoessere preferibilmente svolti in gruppo,devono essere fornite informazioni ge-nerali relativamente alla SFM e al suotrattamento farmacologico e non farma-cologico. In particolare il fisioterapistadeve descrivere quali sono le conse-

Tabella I

Proposta di intervento multidisciplinare nella sindrome fibromialgicaTradotta e modificata (Goldenberg et al, 2004; Arnold, 2006; Rooks, 2007; Sarzi-Puttini et al, 2008)

PRIMA FASE: diagnosi• Effettuare e confermare la diagnosi.• Identificare i sintomi presenti e la loro severità e definire il livello funzionale del

paziente.• Valutare la presenza di comorbidità psicofisiche che necessitano di adeguata

consulenza (ad esempio artrosi, ansia, depressione, apnee del sonno).• Definire le condizioni che possono influire negativamente sul trattamento.• Educare il paziente e la sua famiglia spiegando la patologia diagnosticata e le

opzioni di trattamento.

SECONDA FASE: impostazione del trattamento• Iniziare il trattamento farmacologico con gli antidepressivi triciclici a basso

dosaggio o con le ciclobenzaprine e adattarlo ad ogni singolo caso.• Fornire il trattamento per le comorbidità (ad esempio CPAP per le apnee del

sonno, FANS per l’artrosi).• Impostare un programma regolare di esercizi (attività aerobica, allenamento alla

forza, stretching) adattato alle capacità e possibilità del paziente.• Iniziare un programma di terapia cognitivo-comportamentale.• Associare tra loro più interventi: terapia farmacologica, educazione, esercizio,

terapia cognitivo-comportamentale.

TERZA FASE: ottimizzazione del trattamento• Avvalersi della consulenza di vari specialisti in base agli ulteriori problemi

evidenziati.• Essere consapevoli della possibilità di ottenere risultati migliori quando il pa-

ziente e gli operatori lavorano in team.• Migliorare la terapia farmacologica (inibitori della ricaptazione della serotonina,

inibitori della ricaptazione di serotonina e noradrenalina, tramadolo) e valutarel’introduzione degli anticonvulsivanti.

• Adattare ed equilibrare gli interventi precedentemente proposti in base alla ne-cessità del paziente.

CPAP: continous positive airways pressure, FANS: farmaci antinfiammatori nonsteroidei

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Artrite Reumatoide e Fibromialgia

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guenze del dolore cronico dal punto divista fisico (decondizionamento e perdi-ta delle capacità funzionali nelle attivi-tà di vita quotidiana) e quindi sottoline-are l’importanza di impostare un pro-gramma di training fisico costante.

Esercizio fisico

L’introduzione di un programma diesercizi fisici è importante per il pazien-te con SFM se si considera il decondi-zionamento fisico frequentemente ri-scontrato in queste persone, che sembraderivare, almeno in parte, dal circolovizioso instaurato dal dolore (fig. 1).Un programma di attività fisica, intro-dotto dopo un’adeguata educazione edun’idonea terapia farmacologica, devemirare al recupero psicofisico, funzio-nale e sociale del paziente.L’esercizio fisico, specialmente di tipoaerobico, è supportato da un’evidenzadi moderata qualità nel raggiungimentodi medi effetti positivi nelle misure ge-nerali di benessere e nella funzione fisi-ca; il medesimo esercizio potrebbe esse-re utile anche per il dolore, i tender point,la depressione, la qualità del sonno el’astenia, tuttavia i miglioramenti rile-vati negli studi sono stati inconsistenti ostatisticamente non significativi.L’allenamento alla forza deve essereprogressivamente associato al trainingaerobico. A suo supporto ci sono limita-te evidenze nel raggiungimento digrandi effetti positivi nelle aree del do-

lore, delle misure generali di benessere,della funzione fisica, dei tender point edella depressione.Benché le evidenze siano ancora insuffi-cienti, anche lo stretching statico, se con-sideriamo le sue basi teoriche, deve di-ventare una parte importante di tutti iprogrammi di attività fisica, perché con-sente di mantenere un’adeguata lun-ghezza e forza dei tessuti molli, permet-tendo così un completo range di escur-sione articolare e migliorando di conse-guenza il meccanismo di nutrizione del-le cartilagini articolari.Purtroppo in letteratura mancano preci-se indicazioni relative ai parametri diintensità (negli studi si parla di intensitàbassa/moderata), frequenza e duratadegli esercizi. È stato però suggerito cheil training fisico deve essere costante ediventare parte della quotidianità delpaziente, perché è stato dimostrato chetutti i benefici ottenuti vengono perdu-ti se l’attività fisica viene sospesa.

Riabilitazione in acqua

Secondo quanto emerge dalla recenterevisione sistematica di McVeigh et al(2008), l’utilizzo nella SFM della balneo-terapia, dell’esercizio in acqua e degliinterventi offerti dagli stabilimenti ter-mali, se valutati nel loro insieme, sonosostenuti da forti evidenze ed i loro ef-fetti, seppure di breve durata, sono par-ticolarmente significativi nelle aree deldolore, dello stato di salute e del nume-

ro di tender point.Nonostante la semplice immersione inacqua riscaldata possa avere degli effet-ti terapeutici, dagli studi analizzati ap-pare evidente che la sua associazionecon l’esercizio, a contenuto prevalente-mente aerobico, consente di ottenere deibenefici maggiori.Dai risultati emersi da alcuni studi si èvisto che l’esercizio aerobico svolto inacqua ha generalmente dimostrato diessere valido quanto il medesimo eser-cizio eseguito a secco, tuttavia il primoha garantito vantaggi superiori negliaspetti emotivi e nella qualità del son-no.L’ambiente acquatico, pur non essendoindispensabile nel trattamento dellaSFM, si è talora rivelato essere uno sti-molo positivo per favorire la complianceiniziale del paziente al trattamento econsentire in seguito la prosecuzionedell’attività fisica a secco.Esistono tuttavia dei sottogruppi di pa-zienti con SFM per cui la riabilitazionein acqua diventa un approccio inizialequasi obbligato. In particolare si fa rife-rimento a persone con grave decon-dizionamento fisico o con paura delmovimento, a quei pazienti che rischia-no un aggravamento della patologia oche presentano particolari comorbidità(osteoartrosi, tendiniti), che li pongonoa rischio di un peggioramento del dolo-re, e a persone che presentano forme didepressione.

Terapie fisiche

L’uso di varie forme di terapia fisicanella SFM è supportato da deboli evi-denze di efficacia. Nonostante alcunemodalità si siano dimostrate tempora-neamente efficaci, è sicuramente neces-sario approfondire questo argomentocon ulteriori studi.In sintesi, nella pratica clinica il loro uti-lizzo, quale unica modalità terapeutica,non è raccomandato, tuttavia, in base aibisogni del paziente, può rivelarsi effi-cace quale metodo di trattamento ag-giuntivo.

Massaggio

Gli studi che riguardano l’impiego delmassaggio nel trattamento della SFMsono pochi e in genere viene sconsiglia-

Figura 1: Circolo vizioso del dolore (tradotta e modificata dalle figure originali)(Blotman & Branco, 2007; Keel, 1999).

Paura del doloree del movimento

Ridotta sogliadel dolore

Dolore cronico Decondizionamento

Ridotta attivitàfisica

Depressione Sensazione diessere inutile

Ridottaautostima

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Testimonianza: convivere con la fibromialgia

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to il suo utilizzo quale unico approccio,perché da solo non è in grado di pro-muovere la self-efficacy o un incrementodell’attività fisica.Secondo la revisione di Goldenberg etal (2004) l’efficacia del massaggio nellaSFM è sostenuta da deboli evidenze diefficacia.

Biofeedback ed altre tecniche dirilassamento

Il biofeedback è uno strumento che per-mette di rilevare a livello cosciente pa-rametri che normalmente non vengonopercepiti come tali (ad esempio il tonomuscolare). Il biofeedback più utilizzatonella SFM è quello elettromiografico,che ha dimostrato un discreto beneficioe può essere raccomandato come tratta-mento aggiuntivo.Le evidenze a sostegno delle tecnichepsicofisiche di rilassamento nella SFMsono purtroppo insufficienti.

La SFM è una patologia complessa emisconosciuta, che non ha ancora trova-to un pieno riconoscimento medico esociale. Purtroppo i pazienti affetti daSFM vengono spesso indicati, daglistessi professionisti sanitari, come “ma-lati immaginari” o affetti da problemi ditipo psichiatrico.

Benché non esista una cura per questasindrome, si è visto che un approccio ditipo multidisciplinare ed interdiscipli-nare, precoce e tempestivo, fondato suiconcetti di self-efficacy e di self-manage-ment, rappresenta la strategia miglioreper ridurre il dolore del paziente, permigliorare le sue capacità funzionali eper garantirgli una buona qualità divita.

Il fisioterapista deve privilegiare inter-venti che prevedono un coinvolgimentoattivo del paziente (educazione, eserci-zio aerobico) ed utilizzare le modalitàpassive (terapie fisiche, massaggio) soloin aggiunta o in preparazione alla fisio-terapia attiva.

Non credo possano esistere due espe-rienze di vita uguali, ma due esperien-ze con forti analogie o in grado di sti-molare emulazione. Se racconto la miastoria è proprio nella speranza di forni-re spunti positivi a chi desidera convi-vere nel modo più soft possibile con laSFM.

IERIAi congressi sulla patologia, quandoalla fine i presenti rivolgono agli esper-ti le domande, c’è sempre una personache inizia dicendo: ”ascoltando i sinto-mi che si hanno con questa patologia iomi riconosco in tutti…”. La platea ride ein questo modo si esorcizza la tensionedovuta al riconoscersi nella moltitudinedi segni, sintomi, dolori, disagi che ca-ratterizzano l’essere ammalato difibromialgia. Se ci penso, io ho addirit-tura subito di più. Credo di essere statafibromialgica fin dalla nascita. Infanzia,adolescenza, giovinezza sono trascorsicon tutti i sintomi della fibromialgia,eccetto i dolori. Pertanto la diagnosinon si sarebbe potuta fare, ammessoche quaranta anni fa fossero esistite leconoscenze odierne. In compenso hofatto la gioia degli psicologi. Prima ebbiil sintomo emicrania (2 anni al tempodell’università), poi colon irritabile (1anno con il primo lavoro), poi la

Una storia a“lieve” fine

Convivere in armonia con lasindrome fibromialgica èpossibile.

vulvodinia (6 mesi a cavallo del matri-monio), dismenorrea extra dolorosafino alla menopausa. Ogni problemauna psicologa differente (quattro in tut-to), ogni dolore superato e risolto. Ho“speso” ogni volta, sul lettino o sullapoltrona, il giusto periodo per reimpo-stare la mente nel difficile compito diriportare il corpo a un livello di omeo-stasi tale da permettere la risoluzionedel sintomo e del problema. Col tempocompresi che ero il rivelatore dei pro-blemi della famiglia. Il problema dellamadre, quello della figlia, quello delmarito e il mio conseguente sintomoquindi l’analisi, il lavoro di comprensio-ne e infine la felice risoluzione. Chebarba, sono stata per anni una WoodyAllen in gonnella fiacca di mente sep-pur dotata di auto ironia.

LA FIBROUn bel giorno però accadde che maritoe figlia ebbero nello stesso momento eper lungo periodo dei gravi problemi.Crack, qualcosa si ruppe; arrivarono idolori fibro-muscolari, il lancinanteblocco totale. I molti anni di analisi mifecero capire che in questa occasionenon sarebbe bastato sdraiarmi sul letti-no, perché questa volta mi sarei “acca-sciata” per nulla. Mi conoscevo moltobene, troppo bene, un interruttore erascattato, una vocina mi diceva: hai su-perato la porta del non ritorno. Sarei fal-sa se dicessi che la diagnosi arrivò dopoun lungo angosciante periodo. Fu unpercorso relativamente breve. Sono unmedico veterinario e penserete mi sap-pia muovere abbastanza bene tra medi-ci. Il motivo della rapidità però non èquesto, va ricercato nella mia più fermaconvinzione: lo specialista è come un li-mone da spremere fino all’ultima gocciadel suo scibile! Inoltre quando avevol’impressione di essere di fronte a unincompetente andavo con minuzia acercare chi fosse il migliore per scienzae coscienza. Ho mendicando e rivendi-cato visite, non per oggi né per domani,

Dott.ssa Maria Luisa QuattrinaMedico veterinario, pubblicista