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IL POTERE ESTERODELLE REGIONI ED IL POTERE SOSTITUTIVO DEL GOVERNOPROF.SSA BARBARA GUASTAFERRO

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Università Telematica Pegaso Il potere “estero” delle Regioni ed

il potere sostitutivo del Governo

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 IL “POTERE ESTERO” DELLE REGIONI ----------------------------------------------------------------------------- 3

2 IL RUOLO DELLE REGIONI NELL’ORDINAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA PRIMA DELLA

RIFORMA DEL TITOLO V ------------------------------------------------------------------------------------------------- 5

3 LA FASE ASCENDENTE DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V ------------------------------------------------ 8

4 LA FASE DISCENDENTE DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V ---------------------------------------------- 11

5 IL POTERE SOSTITUTIVO DEL GOVERNO ------------------------------------------------------------------------ 12

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15

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il potere sostitutivo del Governo

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1 Il “potere estero” delle Regioni

La riforma del titolo V parte II della Costituzione ha previsto il cosiddetto “potere estero”

delle Regioni. Ai sensi del’art. 117 comma 5 Cost. le Regioni provvedono, nelle materie di loro

competenza, all’attuazione e all’esecuzione di accordi internazionali. Ai sensi dell’art. 117 comma

9 esse possono concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altri Stati nei casi

e con le forme disciplinati da leggi dello Stato. Va subito precisato che questa possibilità deve

comunque esplicarsi all’interno della legislazione statale, essendo i “rapporti internazionali delle

Regioni” qualificata quale materia di competenza concorrente, e la materia politica estera di

esclusiva competenza statale. Di qui la posizione della Corte costituzionale nella sent. n. 238/2004,

secondo la quale sussiste una “competenza statele a determinare i “casi” e a disciplinare le “forme”

di questa attività regionale, così da salvaguardare gli interessi unitari che trovano espressione nella

politica estera regionale”.1

Oltre che dalla giurisprudenza costituzionale, il potere estero delle regioni è stato circoscritto

dall’art. 6 della legge n. 131/2003, il quale restringe alle materie di competenza legislativa delle

regioni, l’ambito di esecuzione ed attuazione da parte delle Regioni e delle Province autonome degli

accordi internazionali ratificati. Nel dare attuazione all’accordo, le Regioni devono dare preventiva

comunicazione al Ministero degli affari esteri e al Dipartimento per gli affari regionali, i quali

possono formulare osservazioni nei successivi trenta giorni. In caso di inadempienza è possibile che

lo Stato eserciti i poteri sostitutivi, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato.

L’art. 6 comma due della legge n. 131/2003 limita anche la possibilità per le Regioni di

stipulare intese con enti territoriali interni ad altri Stati alle materie di “propria competenza

1 Lo stralcio della sentenza è citato in M. Ruotolo, Le autonomie territoriali, in F. Modugno (a cura di) Lineamenti di

diritto pubblico, Torino 2009, p. 530.

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legislativa”. E’ necessaria inoltre la previa comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri

ed al Ministero degli affari esteri ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi. Da questi atti,

inoltre, le Regioni non possono contrarre impegni da cui derivino obblighi od oneri finanziari per lo

Stato o che ledano gli interessi degli altri soggetti i cui all’art. 114 comma 1 Cost.

Ancor più stringenti i limiti per l’altra fattispecie prevista dall’art. 117, gli accordi con Stati.

Secondo l’art. 6 della legge n. 131/2003 la sottoscrizione regionale dell’accordo deve essere

preceduta da una valutazione per il Ministero degli affari esteri circa l’opportunità politica e la

legittimità dello stesso, che prelude al conferimento dei pieni poteri di firma, in assenza del quale

l’accordo può considerarsi nullo, in quanto si potrebbe ipotizzare che lo Stato non sia

completamente pronto ad impegnarsi nell’ordinamento internazionale. Ai sensi del comma sei

dell’art. 6 della legge n. 131/2003, ove la regione si renda inadempiente rispetto ad accordi

raggiunti con altri Stati, i Governo può esercitare poteri sostitutivi.

In tutti i casi richiamati dall’art. 117, i Ministro degli affari esteri può far presente alla

Regione o alla Provincia autonoma questioni di opportunità politica attinenti all’esigenza di rispetto

degli indirizzi di politica estera. In caso di dissenso, il Ministro può portare la questione al

Consiglio dei ministri, dopo aver consultato il Dipartimento per gli affari regionali. Il Consiglio

delibera sulla questione, con l’intervento del Presidente della Giunta regionale o provinciale

interessato.

L’unico settore per il quale esistono limiti meno stringenti è l’attività di mero rilievo

internazionale di Comuni, Province e Città metropolitane. Esiste il limite che le materie devono

essere di loro competenza e che è richiesta la comunicazione di ogni iniziativa alle Regioni, al

Ministero degli affari esteri ed al Dipartimento per gli affari regionali.

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2 Il ruolo delle Regioni nell’ordinamento dell’Unione europea prima della riforma del titolo

V

La riforma del titolo V parte II della Costituzione tiene conto delle interconnessioni sempre

crescenti tra ordinamento interno ed ordinamento dell’Unione europea. Oltre alla riformulazione

dell’articolo 117 comma 1, relativo ai limiti posti alla legislazione statale e regionale, per quanto

riguarda le Regioni, l’art. 117 prevede la loro partecipazione, nelle materie di loro competenza, sia

alla fase ascendente (ossia di formazione degli atti dell’Unione) che alla fase discendente (ossia di

attuazione ed esecuzione degli atti dell’Unione) del diritto dell’Unione europea. Ovviamente nel

rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina anche il potere

sostitutivo del Governo in caso di inadempienza delle autonomie territoriali.2

Per quanto riguarda la fase ascendente del diritto dell’Unione, ai sensi del d.p.r. n. 616/1977,

i rapporti tra le Regioni e le istituzioni dell’Unione europea erano vincolati all’intesa preventiva con

il Governo. Successivamente, è stato invece permesso alle Regioni ed alle Province autonome di

avere rapporti con gli uffici degli organismi comunitari, sempre in attuazione della politica

comunitaria determinata dallo Stato (art. 4 d.p.r. 31 marzo 1994), prima con la possibilità di

svolgere attività preparatorie, di informazione e documentazione, poi con la possibilità di istituire

propri uffici presso le sedi delle istituzioni comunitarie (legge n. 52 del 1996). 3

2 Al potere sostitutivo sarà dedicato l’ultimo paragrafo della presente lezione.

3 M. Ruotolo, Le autonomie territoriali, in F. Modugno (a cura di) Lineamenti di diritto pubblico, Torino 2009, p. 532

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Altri strumenti si sono succeduti per permettere la partecipazione delle autonomie territoriali

alla formazione del diritto dell’Unione europea:

a) La consultazione della Conferenza Stato-Regioni in merito agli indirizzi generali relativi alla

formazione ed attuazione degli atti dell’Unione riguardanti le competenze regionali (legge n.

400/1988)

b) L’introduzione di una sessione speciale della Conferenza Stato-Regioni, da tenersi almeno

una volta ogni sei mesi, per discutere gli aspetti delle politiche comunitarie di interesse

regionale e provinciale (già nella legge n. 86/1989)

c) L’obbligo per il Presidente del Consiglio dei ministri (o per il “Ministro competente per le

politiche comunitarie”) di trasmettere alla Conferenza dei Presidenti delle Regioni gli atti

normativi e di indirizzo degli organi dell’Unione europea, indicando la data per la loro

discussione, ai fini dell’inoltro alle Regioni (già nella legge n. 86/1989).

d) La nomina da parte del Ministro degli affari esteri, su designazione della Conferenza dei

Presidenti delle Regioni, di quattro funzionari regionali e delle province autonome presso la

Rappresentanza permanente italiana presso l’Unione europea, in modo da garantire la

partecipazione regionale all’organo intergovernativo che predispone i lavori del Consiglio

dell’Unione europea, il COREPER (Comitato dei Rappresentanti Permanenti degli Stati).

Per quanto riguarda invece la fase discendente, già con la legge La pergola, la già

menzionata n. 86 del 1989, alle Regioni era riconosciuto un ruolo nella attuazione del diritto

dell’Unione. Essa dava infatti la possibilità alle Regioni di dare immediata attuazione alle direttive

comunitarie (atti comunitari generalmente non dotati di diretta applicabilità) nelle materie di propria

competenza, e di attendere l’intervento del legislatore statale, attraverso la legge comunitaria, per

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l’attuazione di direttive riguardanti materie di competenza concorrente. Con la legge n. 128 del

1998, è stata ampliata la possibilità di attuare direttive anche in settori di competenza concorrente. 4

4 Per approfondimenti sul tema generale delle Regioni in Europa si rinvia a M. Ruotolo, op. cit. e L. Chieffi (a cura di),

Regioni e dinamiche di integrazione, Torino, Giappichelli, 2003.

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3 La fase ascendente dopo la riforma del titolo V

Il novellato articolo 117 stabilisce che nelle materie di loro competenza, le Regioni (e le

Province autonome) partecipino "alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi

comunitari" e provvedano "all'attuazione ed all'esecuzione degli atti dell'Unione europea, nel

rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che disciplina le modalità di

esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza" (art. 117 comma 5). Esso è stato attuato

dalla legge ordinaria n. 131/2003 e n. 11/2005.

Il ruolo delle Regioni nella fase ascendente e discendente è stato meglio precisato dagli

articoli 5 e 6 della legge131/2003, che danno attuazione ai commi 5 e 9 dell'articolo 117 della

Costituzione, prevedendo la possibilità che, nel caso in cui si discuta di materie di competenza

regionale, l'Italia sia rappresentata a livello comunitario da un rappresentante regionale. Viene

altresì inserita una previsione secondo la quale, nelle materie di propria competenza, le Regioni e le

province autonome possano chiedere che il Governo proponga ricorso davanti alla Corte di giustizia

al fine di denunciare la contrarietà di un atto normativo comunitario alle disposizioni dei trattati. Ai

sensi dell’articolo 5 comma 2, il Governo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto

dalla Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.

In particolare, l’articolo 5 della legge n. 131/2003 ha previsto che le Regioni concorrano

direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa alla formazione degli atti comunitari,

“partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo alle attività del Consiglio e della

Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni che

tengano conto della particolarità delle autonomie speciali, e, comunque, garantendo l’unitarietà

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della rappresentanza italiana da parte del Capo della delegazione designato dal Governo” (art. 5

comma 1).5

La legge 11/2005 rafforza ulteriormente la partecipazione delle Regioni e delle Province

autonome alla fase ascendente del processo normativo comunitario.

Ai sensi dell’articolo 5 comma 4, “qualora un progetto di atto normativo comunitario

riguardi una materia attribuita alla competenza legislativa delle Regioni o delle Province autonome

e vi sia richiesta specifica dell’ente interessato, il Governo convoca la conferenza Stato-Regioni, ai

fini del raggiungimento dell’intesa, che deve intervenire entro venti giorni, decorsi i quali il

Governo può procedere anche in mancanza di essa. Nelle ipotesi menzionate nel suddetto articolo,

la Conferenza può far apporre al Governo una “riserva di esame” in sede di Consiglio dei ministri

dell’Unione europea. La Conferenza può esprimere la sua posizione entro venti giorni dalla

comunicazione della avvenuta apposizione della riserva di esame, decorsi inutilmente i quali il

Governo può procedere liberamente alle attività dirette alla formazione dei relativi atti comunitari

(art. 5, quinto comma, legge 11/2005)”6.

La legge comunitaria n. 11/2005, inoltre, prevede degli obblighi informativi in capo al

Governo, il quale:

a) Informa la Conferenza Stato-Regioni delle proposte che interessano le Regioni e le Province

autonome che sono poste all’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio europeo e del

Consiglio dell’Unione (art. 5, comma 10 e 11).

5 Citato in M. Ruotolo, op. cit., p. 534. La disposizione è stata impugnata dalla Regione Sardegna e dalla Provincia

autonoma di Trento, ma la Corte costituzionale, con sentenza 239/2004 ha dichiarato non fondate le questioni di

legittimità costituzionale dell’articolo 5, commi 1 e 2 della legge, sollevate anche in riferimento all’articolo 117, terzo e

quinto comma della Costituzione.

6 M. Ruotolo, op. cit., p. 535.

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b) Informa la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e la

Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome

della data di discussione di tutti i progetti di atti dell’Unione, affinché siano trasmessi alle

Giunte e ai Consigli regionali e delle Province autonome (art. 5 comma 1). Soltanto per gli

atti ed i progetti trasmessi che rientrano nelle competenze di Regioni e Province autonome il

comma 2 prevede che il Dipartimento per le politiche comunitarie assicuri non solo la

trasmissione ma un’informazione qualificata e tempestiva, (creando in tal modo una

differenza tra l’obbligo di trasmissione generalizzato, di cui al comma 1, e obbligo di

informazione circoscritto alle materie di competenza di regioni e province autonome).

c) Convoca per la trattazione degli “aspetti delle politiche comunitarie di interesse regionale e

provinciale”, almeno ogni sei mesi (per il tramite del Consiglio dei ministri) ed anche su

richiesta delle Regioni e delle Province autonome, una sessione speciale della Conferenza

Stato-Regioni. Nella cosiddetta sessione comunitaria, la Conferenza è chiamata ad esprimere

pareri che interessano sia la fase ascendente che la fase discendente. 7

Tali obblighi informativi sono ovviamente finalizzati a rendere partecipi le Regioni e le

Province autonome ai fini della formazione della posizione italiana. Nelle materie di loro

competenza, infatti, essi possono trasmettere informazioni al Presidente del Consiglio dei ministri o

al Ministro per le politiche comunitarie (art. 5 comma 3).

7 La legge comunitaria n. 11/2005 ha previsto anche una sessione comunitaria della Conferenza Stato-Città e autonomie

locali, da tenersi almeno una volta l’anno e dedicata all’esame degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse per

gli enti locali.

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4 La fase discendente dopo la riforma del titolo V

Già la legge comunitaria del 2003, nel delega il Governo ad adottare entro un termine di

diciotto mesi i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive

comprese negli elenchi allegati alla legge stessa, prevedeva che i decreti legislativi eventualmente

adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e

Bolzano, entrassero in vigore alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della

normativa comunitaria ma perdessero efficacia, qualora le Regioni o le Province autonome

avrebbero adottato la propria normativa di attuazione. Questo carattere cedevole del potere statale

esercitato in via sostitutiva per porre rimedio alla eventuale inerzia degli enti competenti a dare

attuazione al diritto dell’Unione è stato ribadito nella legge comunitaria n. 11/2005.

La stessa legge prevede anche la partecipazione delle Regioni alla fase di elaborazione del

disegno di legge “comunitaria” presentato dal Governo entro il 31 gennaio di ogni anno e recante

“disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità

europee”. A tal fine, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche

comunitarie informa, oltre le Camere, le Regioni e le Province autonome, per il tramite della

Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, degli atti normativi e

di indirizzo emanati dagli organi dell’Unione europea. Questo affinché Regioni e le Province

autonome verifichino la conformità dei propri ordinamenti i relazione ai summenzionati atti e

trasmettono le risultanze di questa verifica al Dipartimento per le politiche comunitarie (art. 8 legge

11/2005).8

8 Così M. Ruotolo, op. cit., p. 538.

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5 Il potere sostitutivo del Governo

La nostra Costituzione, nell’articolo 120 comma 2, prevede che il Governo possa esercitare

poteri sostitutivi rispetto agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei

Comuni in tre casi:

a) Quando riscontri il mancato rispetto di norme e trattati internazionali e del diritto

dell’Unione europea

b) Qualora vi sua pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica

c) Qualora lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica ed in particolare la

tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

E’ la legge a definire le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel

rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione. La novella

costituzionale, inoltre, intende “tipizzare” e dunque in un certo senso circoscrivere le ipotesi in cui è

possibile ricorrere al potere sostitutivo, che era già legittimato in precedenza dalla legislazione

ordinaria e dalla giurisprudenza costituzionale. In questo senso si può dire che il potere sostitutivo è

ascrivibile alla stessa logica che sottende altre riforme costituzionali tra cui l’abolizione del

controllo preventivo del Governo sulle deliberazioni della Regione (come presente nella vecchia

formulazione dell’articolo 127) e l’abrogazione del primo comma dell’articolo 125 che prevedeva

controlli di legittimità e di merito degli atti della Regione da parte dello Stato.

In attuazione dell’articolo 120 Cost. è intervenuta la legge n. 131/2003, che ha previsto che

l’esercizio dei poteri sostitutivi sia preceduto dall’assegnazione all’ente interessato di un congruo

termine per adottare i provvedimenti necessari, decorso il quale il Consiglio dei ministri, sentito

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l’organo interessato, può adottare i provvedimenti necessari, facendo partecipare alla riunione del

Consiglio dei ministri il Presidente della Giunta della Regione interessata. Tuttavia, in casi di

urgenza, il Consiglio può prendere immediatamente provvedimenti, comunicandolo però alla

Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali.

Ad assicurare che in sede regionale vengano eseguiti i provvedimenti sostitutivi vi è il

rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie che si avvale degli uffici

territoriali del Governo aventi sede nel territorio regionale. Ai sensi dell’art. 10 comma 1 della

legge n. 131/2003, le funzioni del rappresentante dello Stato sono svolte dal Prefetto preposto

all’ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della regione. Egli cura in sede

regionale le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e

Regione, la promozione dell’attuazione delle intese previste dalle leggi statali nelle materie di cui

all’articolo 118 comma 3 Cost. (immigrazione, ordine pubblico, beni culturali).

Secondo parte della dottrina, il potere sostitutivo del Governo riguarda in principio

l’esercizio dei poteri non legislativi. Ciò sarebbe avallato dal fatto che l’art. 120 Cost. attribuisce

tale potere al governo. Sarebbe pertanto di “dubbia costituzionalità la diposizione contenuta nell’art.

8, primo comma della legge 131/2003, nella parte in cui, nei casi e nelle finalità previste dell’art.

120 comma 2 Cost., prevede genericamente che il Governo adotti i provvedimenti necessari, “anche

normativi” “.9 L’unico caso in cui l’esercizio del potere sostitutivo del governo può estendersi

all’attività legislativa, è il caso di inadempienza da parte delle Regioni nell’attuazione e

nell’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea. In questo caso, infatti,

bisogna leggere il potere sostitutivo in combinato disposto con l’ art. 117, quinto comma. Cost. Le

9 M. Ruotolo, op. cit., p. 515.

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disposizioni costituzionali sono cedevoli, ne senso che perdono efficacia dalla data di entrata in

vigore della normativa regionale di attuazione.

E’ interessante notare come la giurisprudenza costituzionale (in particolare sentt. N. 43, 69 e

112/2004) abbia previsto che anche la legge regionale possa stabilire, in caso di inadempienza da

parte dell’ente locale competente, di agire con potere sostitutivo per il compimento di atti

obbligatori per legge, ovviamente nel rispetto di rigorosi limiti prefissati dal legislatore, a tutela

dell’autonomia degli enti locali costituzionalmente garantita. Nel pieno rispetto dei principi di

sussidiarietà e leale collaborazione, dunque, la giurisprudenza costituzionale ha coniato il potere

sostitutivo regionale, in aggiunta al potere sostitutivo del Governo sancito dall’art. 120 Cost.

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