rosso solferino presentazione estesa -...

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SALEBlu . Le Stanze del Tesoro Associazione Culturale SALEBLU. Le Stanze del Tesoro cf 91404930371 – Bologna [email protected] ROSSO SOLFERINO di quando la terra si tinse del sangue di 40.000 e più giovani soldati e di come le donne di Castiglione non fecero distinzione nel porgere acqua, brodo e bende Assolo per Attrice, Souvenir e Soldatini di e con SANDRA CAVALLINI collaborazione storico-scientifica: MIRTIDE GAVELLI Museo civico del Risorgimento di Bologna oggetti di scena e burattini in cuoio: GIORGIO DE MARCHI a cura di SALEBLU. Le Stanze del Tesoro - associazione culturale

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ROSSO SOLFERINO di quando la terra si tinse del sangue di 40.000 e più giovani soldati

e di come le donne di Castiglione non fecero distinzione nel porgere acqua, brodo e bende

Assolo per Attrice, Souvenir e Soldatini

di e con SANDRA CAVALLINI

collaborazione storico-scientifica: MIRTIDE GAVELLI

Museo civico del Risorgimento di Bologna

oggetti di scena e burattini in cuoio: GIORGIO DE MARCHI

a cura di SALEBLU. Le Stanze del Tesoro - associazione culturale

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ROSSO SOLFERINO

La pièce si riferisce alla seconda guerra dell’indipendenza italiana in particolare alla battaglia di Solferino e San Martino. La vicenda storica ci inoltra nel bel mezzo di conflitti ancora attuali tra alterità e appartenenza, tra idea di nazione e sovranazionalità dei diritti umani.

“Il territorio nel quale la sera del 24 giugno 1859

giacevano abbandonati i corpi di 40.000 giovani soldati

caduti nella battaglia di Solferino e San Martino,

è detto “giardino dei ghiacciai”,

un anfiteatro morenico dalle vaghe colline, generalmente ciottoloso, sovente arido, ove si

coltivano gelsi, frutti aggradevoli, vini spiritosi”

Lecomte F. Relation Historique et Critique de la Campagne di Italie en 1859 – ch Tanera, Paris 1860

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ROSSO SOLFERINO affida la rievocazione delle premesse storiche, dei fatti e dei luoghi e delle dinamiche di guerra, alla coralità dei canti patriottici e alla disincantata figura di un’imbonitrice, in una vivacissima oscillazione tra toccanti toni romantici ed entusiasmi de lla prima ora, fino al parossismo della marcia di Radetzky.

Il seguire degli avvenimenti che conducono al teatro di battaglia, è mitigato da un’espressività apparentemente ingenua, che richiama immagini e linguaggi divulgativi propri della propaganda già ottocentesca, ovvero cartoline d’epoca, soldatini di piombo, teste di burattini, toni caricaturali per imperatori e principesse e per seducenti Gigogin

Quando ancor prima dell’alba del 24 giugno,

i combattimenti si accenderanno improvvisamente,

immediatamente seguenti all’incontro fortuito degli eserciti,

ne seguirà una terribile lotta sanguinosa ostinata e accanita.

Al momento della battaglia l’incedere prima ingenuamente epico, diviene realistico e così dolente e attonito da sospendersi dal tempo per un largo dai toni contemporanei. Lo spazio scenico, gradualmente restringendosi all’area di un piccolo tavolo, e le luci, impercettibilmente concentrandosi, lasciano spazio all’amplificazione degli aspetti sonori e dei tratti emozionali. Le vicende della battaglia, tra fumo e polvere, scorrono davanti agli occhi del personaggio de La Vivandiera.

La figura della vivandiera, poi cantiniera, ci racconta della presenza femminile in quasi tutti i corpi armati dell’epoca e negli scontri, queste donne per lo più addette alle provvigioni, si occupano anche del primo trasporto dei feriti con il Carro in Dotazione Loro.

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A battaglia inoltrata, davanti alle sofferenze dei feriti abbandonati, la vivandiera evocata nello spettacolo incarna, e assolve come può, quella tensione riparatrice che, oltrepassando confini e bandiere, animò le donne di Castiglion delle Stiviere. A loro, a queste donne sono dedicate le fondamentali righe che a tutt’oggi mantengono il lingua italiana il passaggio Tutti Fratelli nella nota pubblicazione di Henry Dunant:

“Ma le donne di Castiglione, non facendo alcuna distinzione di

nazionalità, danno prova della medesima gentilezza nei confronti di

tutti questi uomini di origini così diverse e che sono per loro tutti

ugualmente estranei. TUTTI FRATELLI ripetevano con

emozione. Onore a queste donne compassionevoli, a queste

fanciulle di Castiglione. Nulla le ha disgustate, stancate,

scoraggiate e la loro modesta devozione non ha tenuto conto né di

ribrezzo, né di fastidi, né di sacrifici”

Un souvenir de Solferino per iniziativa di Dunant fu inviato ai sovrani e alle sovrane d’Europa con la volontà di trovare un accordo sovranazionale. Da qui nasce la Prima Convenzione di Ginevra, in cui si definì per la prima volta l’inviolabilità degli ospedali e la dignità inviolabile di medici, soccorritori e feriti. Nasce la Croce Rossa Internazionale. Alla Prima Convenzione di Ginevra seguiranno, guerra dopo guerra, i principi dei diritti umani estesi in tempo di pace fino alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 dove resta ancora da apporre il diritto inviolabile alla pace.

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La storia della battaglia chiede una pluralità di orizzonti. “E’ noto che l’idea di Dunant fu grande dal punto di vista operativo, ma addirittura rivoluzionaria da quello etico: se fino ad allora si dava priorità al proprio esercito,privilegiando l’ufficialità, ora ci si preoccupava di soccorrere tutti gli individui al di là dell’uniforme indossata. In quest’ottica viene posta al centro la persona, in una particolare condizione di debolezza. Tale fu il comportamento di Dunant e delle donne castiglionesi che, travolti dalla miseria dei feriti,non poterono che assistere in ciascuno di essi una stessa umanità.” (Nina Quarenghi – L’ALTRA BATTAGLIA)

“La questione dei diritti umani si intrecciò ben presto inestricabilmente con quella dell’emancipazione nazionale; solo la sovranità del popolo, del proprio popolo, sembrò capace di garantirli (…) La portata di tali identificazioni dei diritti umani coi diritti dei popoli nel sistema europeo degli stati nazionali venne in luce soltanto quando apparve una schiera crescente di persone e di gruppi etnici i cui diritti elementari erano tanto poco salvaguardati nel cuore dell’Europa quanto poco lo sarebbero stati nelle regioni selvagge dell’Africa.” (Hannah Arendt – LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO) Noi siamo noi e gli altri sono gli altri, così tanto per intenderci. Gli altri ci sono da sempre e ci danno su i nervi. Si limitassero ad essere diversi sarebbe già un vantaggio, ma no, loro s'immaginano di essere qualcosa di meglio. Noi non li possiamo sopportare eppure ci siamo affezionati. Alla stessa maniera loro sono affezionati a noi e sarebbero contenti se noi ce ne andassimo. Ma a quel punto, gli altri litigherebbero sanguinosamente tra di loro. Proprio come faremmo noi se gli altri sparissero. E sarebbe finita con il nostro noi Gli altri hanno bisogno di qualcuno che non possono sopportare e di certo quelli siamo noi. A volte mi chiedo se siamo realmente gli uni. di fatto noi siamo al tempo stesso gli uni e gli altri. (Hans Magnus Enzensberger - MONOLOGO DI UN UOMO CONFUSO)

La polvere era così spessa che a stento ci si riconosceva. Tutto intorno non si distinguevano gli uni

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dagli altri, (…) gli uni e gli altri colle divise a brandelli, che cercano di comprimere le ferite colla mano, col fazzoletto, coi lembi del cappotto. (…) Noi si cominciò a fare ordine, i già morti da una parte e i peggio feriti sul carro. Caricavamo accatastati tutti quelli che ci potevano stare 'ché i carri erano solo due al momento e ci aiutarono quelli che stavano meno peggio nemici e non A caricare i tedeschi questi mi baciano infinite volte le mani. (SUL CRINALE. La battaglia di Solferino e S. Martino vissuta dagli italiani – Cipolla e Matteo Bartaiola) “La specificità della solidarietà e della resistenza femminile è proprio in questo suo carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dalla iniziativa spontanea di molte” (Marchesini Goetti DONNE PIEMONTESI nella Lotta di Liberazione) Dunque, devi sapere che Giuseppe Mazzini in persona mi ha affidato il compito di direttrice degli ospedali della città. Puoi immaginarti il mio stato d’animo alla sua richiesta! (…)Seguo dodici ospedali, chiamiamoli così, che sono dislocati nei luoghi più impensati. (…) Ma ci sono anche gioie e commozioni! Ferite che si rimarginano, piaghe che guariscono, sorrisi che sbocciano su bocche prima deformate dalle smorfie di dolore, il sollievo che leggo in certi sguardi per il soccorso ricevuto, la dedizione offerta a chi si avvia verso l’ultimo passo, il più temuto … quando ogni speranza svanisce. I feriti sono per la maggior parte uomini, giovani, ragazzi, Caroline, ma capita anche qualche donna, perché qui tutti combattono; il corpo infermieristico invece è esclusivamente al femminile. Ho congedato subito certi energumeni rozzi, mezzo avvinazzati, che ho trovato al mio arrivo, per reclutare soltanto volontarie donne. Molte sono venute da sole, con una abnegazione commovente; altre, che non si ritenevano degne di un simile lavoro, me le sono andata a cercare nei bordelli e, ti assicuro, sono encomiabili. Quindi intorno a me ho aristocratiche, popolane, borghesi, ma anche straniere e prostitute. Le divide la classe sociale d’appartenenza, il censo, i comportamenti, i valori, le unisce l’ardore patriottico e … l’amore gratuito per il genere umano oppresso. (PADRONA del MIO CUORE - Cristina Trivulzio di Belgiojoso all’amica Caroline Jaubert)

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ROSSO SOLFERINO di quando LA TERRA SI TINSE del SANGUE di 40.000 e più GIOVANI SOLDATI

e di come LE DONNE di CASTIGLIONE NON FECERO DISTINZIONE

nel PORGERE ACQUA, BRODO e BENDE

progetto di Sandra Cavallini

in collaborazione con Teatro del Baraccano Bologna

Museo civico del Risorgimento di Bologna SALEBLU. Le Stanze del Tesoro associazione culturale

Grazie a :

Mirtide Gavelli, Fabio Todesco, Alessandra Maldina, Luisella Franchini, Stefania Buldrini, .

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Alcuni pensieri dei ragazzi dalla versione ‘in classe’ proposta per l’istituto superiore del Cossatese - Biella, per il gruppo di filosofia “Le parole della realtà” del Liceo Copernico BO e per la classe 3b Scuola Secondaria di Primo Grado “Veggetti” di Vergato – BO:

Questo spettacolo inizia con una domanda, se noi siamo gli uni o gli altri. Tratta l’argomento della battaglia di Solferino e San Martino, ma lo tratta dalla parte delle vivandiere e dei semplici soldati. All’inizio ironizza su eroi ed armate, usa metafore; poi arriva il momento dello scontro vero e proprio, corpo a corpo, tutti i morti, il dramma, il sangue. Tratta anche un argomento su cui non ci soffermiamo molto, perché guardiamo quasi soltanto ai fatti storici, ossia a ciò che hanno fatto le donne in quella battaglia: è grazie a loro se oggi esiste la Croce Rossa. Noi siamo gli uni e gli altri.

È riuscita a raccontare con grande delicatezza un evento storico chiassoso, drammatico e confusionario. L'immagine delle carni cucite con ago e filo è ancora ben presente nella mia mente, così come il gesto lento e gentile di mettere tutti i "soldatini" nella scatola di latta, alla fine della guerra, con quella ninna nanna che quasi poneva un sottile velo di seta sul campo dell'ultima battaglia. Così alla fine, tutto veniva inghiottito dal silenzio e lo spettatore è rimasto solo, testimone di una tragedia, mentre gli morti e feriti venivano portati via dai carri. Grazie ancora del suo tempo.

Reputo questo spettacolo una piccola perla in mezzo a molta sabbia. Trovo che sia molto profondo, con molte frasi e idee libere che il narratore vuole estendere al pubblico. A me è piaciuta molto la parte delle marionette perché di solito nei racconti di guerra non si fa ridere e non si parla di donne, o sono messe in secondo piano. Lo spettacolo è stato molto bello perché racconta ciò che realmente è successo allora, in parte in modo serio, in parte in modo scherzoso. La modalità che mi è piaciuta di più è stata quella scherzosa. Quando soffiava la polverina rossa mi dava l’idea che ogni granellino fosse una persona che volava via, moriva … Invece quella bianche per me erano le persone ferite o sopravvissute.

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È stato molto bello. La cosa più bella è stata la parte della mongolfiera. Mi è stato utile e mi ha fatto riflettere sulla brutalità della guerra. Lo spettacolo è stato molto stimolante perché parla di persone, come le vivandiere, che nella storia hanno aiutato ad arrivare a quello che siamo oggi, e a volte sono sottovalutate. La mia parte preferita è stata l’inizio e la fine che sono legate tra loro e sono molto riflessive perché parlano di argomenti che ci riguardano ogni giorno. È stato uno spettacolo davvero bello e fatto molto bene. Quando è finito ho continuato a pensare, soprattutto alla scena della mongolfiera. Quella scena, secondo me, ti fa capire che l’uomo odia così tanto i suoi simili al punto da preferire la morte piuttosto che l’aiuto reciproco.

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