Ronconi e la serva amorosa · La serva amorosa Ronconi e la serva amorosa di Maria Grazia Gregori...

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La serva amorosa Ronconi e la serva amorosa di Maria Grazia Gregori Ronconi non ha mai creduto a un teatro ita- liano erede della commedia dell'arte e popolato da Arlecchini e Colombine e, privilegiando sempre i personaggi, ha prestato poca fiducia alle masche- re e ai tipi fissi. Questa certezza ha sempre segna- to il suo approccio a Goldoni che, per un regista con la sua storia, passata ad analizzare lo spazio scenico e a indagare sulla recitazione, ha rappre- sentato senza dubbio qualcosa di eccentrico anche se non di inspiegabile. Nella biografia teatrale di Ronconi la scelta peraltro rarissima — di Goldoni segna sempre delle svolte, la proposta di nuovi itinerari. C'è un Goldoni (La buona moglie e La pulla onorala, riu- niti entrambi sotto il titolo la buona moglie)nel 1963 all'inizio della sua carriera di regista. C'è lo stesso testo questa volta però girato per la tele- visione e con altri attori con il titolo di Bellina nel 1976. Per ritrovare però un altro Goldoni pen- sato per il palcoscenico dobbiamo arrivare all'og- gi, a questo La serva amorosa: fra l'uno e l'altro ci sono più di vent'anni; in mezzo, intanto, c'è sta- ta l'invenzione della festa, l'epopea delle macchi- ne, il Laboratorio di Prato, l'analisi del dramma borghese, l'immersione nel teatro naturalista. Eppure le scelte goldoniane di Ronconi, mal- grado siano state così lontane nel tempo sono unite da un filo segreto che ne sottolinea la qualità e, in certo senso l'atipicità e non tanto perché si tratti, di testi poco frequentati quanto piuttosto perché sia La buona moglie che La serva amorosa sono delle piéces sgradevoli, nere. Non è un caso, dun- que che dopo il primo Goldoni Ronconi si sia im- battuto, fra l'altro, nella Commedia degli slrac- cioni di Annibal Caro e, soprattutto, nei Lunalici di Middleton e Rowley. Come non è un caso che dopo la televisiva Bellina ci siano stati Ibsen e il Laboratorio di Prato. E non è neppure un caso se, dopo La serva amorosa nel suo futuro ci sia uno dei testi più crudeli di Shakespeare, II mercanle di Venezia. Ma all'interno di queste scelte goldoniane c'è anche un legame stilistico e drammaturgico: per- ché in entrambi i casi a venire in primo piano, ol- tre alla cattiveria della vicenda, è il grande nodo del dramma borghese e il suo essere, innanzi tut- to, dramma di situazioni, di personaggi di cui si propone agli spettatori una radicalizzazione. Sia nella Buona moglie che nella Serva amorosa, in- fatti, ci sono ancora i padroni, i piccoli potenti, ma sono stanchi, pesanti, disfatti, intossicati qua- si dal veleno del loro potere che passa attraverso il denaro. I servi, invece, sono fedeli, ma amari, ben consapevoli della loro condizione di sottopo- sti qui rappresentata con una netta implacabile di- visione. Così in questi personaggi si viene insinuan- do poco a poco un'infelicità diffusa e un'intensa consapevolezza del proprio stato. E tutto ciò che in Goldoni siamo abituati a vedere come leggero, sbadato, distratto qui, invece, diventa intenso, acre, crudele. Questa Serva amorosa che nella lettura ron- coniana ci riporta a Ibsen ma anche a Schnitzler, è quindi un Goldoni smascherato non solo nel gio- co teatrale ma anche a livello dei personaggi ai qua- li è stata finalmente tolta la maschera. L'Arlecchi- no trafelato ed erotomane, il Brighella servo pru- dente, il Pantalone saggio borghese, non hanno bi- sogno di tipizzarsi per diventare personaggi: lo so- no di già e la loro identità scaturisce, semmai, da ciò che si dicono, dalla vicenda che vivono. Questi personaggi ed altri ancora che nella Serva amorosa ruotano attorno a una figura di donna, Corallina l'esatto opposto di Mirando- lina, chiusa com'è nella dimostrazione del suo vo- ler servire, del suo ruolo e in un'ambiguità che non arriva né a dichiararsi né a conoscersi — si pre- sentano sul palcoscenico a tentoni, quasi ciechi, an- naspando nel buio (una tipica "entrata" ronconia- na), apparentemente sprofondando in un altro buio, quello della storia. Eppure il luogo nel quale giungono appartie- ne loro nella sua oggettualità. Armadi, letti, spec- chi, lampadari, sedie, tavole, fanno parte di una scenografia non voluta semmai scella, magari dal- l'antiquario accanto al teatro, perché anche in pal- coscenico si respirasse quell'aria "di casa" dal vero che qui viene filtrata anche da un velo di tulle sot- tile, quasi impalpabile: quarta parte, certo, ma an- che occhio teatrale che porta gli spettatori a iden-

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Page 1: Ronconi e la serva amorosa · La serva amorosa Ronconi e la serva amorosa di Maria Grazia Gregori Ronconi non ha mai creduto a un teatro ita-liano erede della commedia dell'arte e

La serva amorosa

Ronconi e la serva amorosadi Maria Grazia Gregori

Ronconi non ha mai creduto a un teatro ita-liano erede della commedia dell'arte e popolato daArlecchini e Colombine e, privilegiando sempre ipersonaggi, ha prestato poca fiducia alle masche-re e ai tipi fissi. Questa certezza ha sempre segna-to il suo approccio a Goldoni che, per un registacon la sua storia, passata ad analizzare lo spazioscenico e a indagare sulla recitazione, ha rappre-sentato senza dubbio qualcosa di eccentrico anchese non di inspiegabile.

Nella biografia teatrale di Ronconi la scelta— peraltro rarissima — di Goldoni segna sempredelle svolte, la proposta di nuovi itinerari. C'è unGoldoni (La buona moglie e La pulla onorala, riu-niti entrambi sotto il titolo la buona moglie)nel1963 all'inizio della sua carriera di regista. C'è lostesso testo — questa volta però girato per la tele-visione e con altri attori con il titolo di Bellina —nel 1976. Per ritrovare però un altro Goldoni pen-sato per il palcoscenico dobbiamo arrivare all'og-gi, a questo La serva amorosa: fra l'uno e l'altroci sono più di vent'anni; in mezzo, intanto, c'è sta-ta l'invenzione della festa, l'epopea delle macchi-ne, il Laboratorio di Prato, l'analisi del drammaborghese, l'immersione nel teatro naturalista.

Eppure le scelte goldoniane di Ronconi, mal-grado siano state così lontane nel tempo sono uniteda un filo segreto che ne sottolinea la qualità e,in certo senso l'atipicità e non tanto perché si tratti,di testi poco frequentati quanto piuttosto perchésia La buona moglie che La serva amorosa sonodelle piéces sgradevoli, nere. Non è un caso, dun-que che dopo il primo Goldoni Ronconi si sia im-battuto, fra l'altro, nella Commedia degli slrac-cioni di Annibal Caro e, soprattutto, nei Lunalicidi Middleton e Rowley. Come non è un caso chedopo la televisiva Bellina ci siano stati Ibsen e ilLaboratorio di Prato. E non è neppure un caso se,dopo La serva amorosa nel suo futuro ci sia unodei testi più crudeli di Shakespeare, II mercanle diVenezia.

Ma all'interno di queste scelte goldoniane c'èanche un legame stilistico e drammaturgico: per-ché in entrambi i casi a venire in primo piano, ol-tre alla cattiveria della vicenda, è il grande nodo

del dramma borghese e il suo essere, innanzi tut-to, dramma di situazioni, di personaggi di cui sipropone agli spettatori una radicalizzazione. Sianella Buona moglie che nella Serva amorosa, in-fatti , ci sono ancora i padroni, i piccoli potenti,ma sono stanchi, pesanti, disfatti, intossicati qua-si dal veleno del loro potere che passa attraversoil denaro. I servi, invece, sono fedeli, ma amari,ben consapevoli della loro condizione di sottopo-sti qui rappresentata con una netta implacabile di-visione. Così in questi personaggi si viene insinuan-do poco a poco un'infelicità diffusa e un'intensaconsapevolezza del proprio stato. E tutto ciò chein Goldoni siamo abituati a vedere come leggero,sbadato, distratto qui, invece, diventa intenso,acre, crudele.

Questa Serva amorosa che nella lettura ron-coniana ci riporta a Ibsen ma anche a Schnitzler,è quindi un Goldoni smascherato non solo nel gio-co teatrale ma anche a livello dei personaggi ai qua-li è stata finalmente tolta la maschera. L'Arlecchi-no trafelato ed erotomane, il Brighella servo pru-dente, il Pantalone saggio borghese, non hanno bi-sogno di tipizzarsi per diventare personaggi: lo so-no di già e la loro identità scaturisce, semmai, daciò che si dicono, dalla vicenda che vivono.

Questi personaggi ed altri ancora che nellaServa amorosa ruotano attorno a una figura didonna, Corallina — l'esatto opposto di Mirando-lina, chiusa com'è nella dimostrazione del suo vo-ler servire, del suo ruolo e in un'ambiguità che nonarriva né a dichiararsi né a conoscersi — si pre-sentano sul palcoscenico a tentoni, quasi ciechi, an-naspando nel buio (una tipica "entrata" ronconia-na), apparentemente sprofondando in un altrobuio, quello della storia.

Eppure il luogo nel quale giungono appartie-ne loro nella sua oggettualità. Armadi, letti, spec-chi, lampadari, sedie, tavole, fanno parte di unascenografia non voluta semmai scella, magari dal-l'antiquario accanto al teatro, perché anche in pal-coscenico si respirasse quell'aria "di casa" dal veroche qui viene filtrata anche da un velo di tulle sot-tile, quasi impalpabile: quarta parte, certo, ma an-che occhio teatrale che porta gli spettatori a iden-

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Lu serva amorosa

tificarsi con l'occhio del regista.Questi oggetti, però, non ci propongono un

palcoscenico come bottega delle minuzie e non so-no neppure trovarobato anche se di classe: Ron-coni, infatti, ha operato una scelta in certo qualmodo "ideologica" puntando tutto sul concettodi quotidianità. Non partendo dunque dall'idea delcome costruire una scena ma proponendo piutto-sto una scena così come deve essere e nella qualequanto vi si trova assume un valore d'uso non pri-vo però di una valenza drammaturg icaindiscutibile.

Forse anzi è proprio per questo che fin dall'i-nizio delle prove gli attori sono stati immersi den-tro questo spazio e questo clima: in uno spettaco-lo la cui "verità" sta nei personaggi il concertatofra i diversi elementi assume via via da subito unanecessità che ci colpisce.

Malgrado sia attratto dal gioco naturalistico,Ronconi non dimentica che siamo a teatro. E sela scelta del naturalismo gli permette di sfuggirealla convenzione goldoniana così come si è anda-ta stratificando (esclusi Visconti e Strehler) eccoche il palcoscenico nudo, rivelato nella sua strut-tura dove trovano posto — ora ammucchiati, oraofferti parzialmente all'occhio dello spettatore —

gli arredi ci ripropone l'immagine di una scatola-contenitore che denuncia, fino in fondo, l'ambi-guità del gioco teatrale e anche il suo disvelamen-to ironico, così caro a questo regista.

Visto come un'anticipazione del dramma bor-ghese La serva amorosa punta tutto sull'interpre-tazione degli attori che sono i privilegiati in que-st'allestimento programmaticamente "povero"dove la recitazione è tesa a svelare passioni inter-ne ed è emozionalmente reale, sottolineato da queltanto di frenesia motoria che evidenzia la realtàdi certi personaggi. È una recitazione che non ab-bandona la fisicità e dove anche la suddivisione inscene o blocchi interni accresce la tensione dellecontraddizioni fino a farle esplodere — o pacifi-care — nell'animo dello spettatore.

Quasi ovvio, dunque, che l'emozione che siesprime debba essere precisa per permettere all'at-tore di offrire un'indicazione su di un modo di leg-gere Goldoni. Senza dunque avere paura di ren-derlo crudele e volgare, quando serve. È chiaro cheun mondo come quello di Goldoni è ben lontanodal nostro. Ronconi lo vuole rappresentare illumi-nandolo con una chiarezza quasi impietosa. Sen-za tradirlo, però: lo fa vivere, semplicemente, inquesta nuova luce e in questo suo no.