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Anno 12 › Numero 3 › Maggio › Giugno 2011 › Periodico di informazione della Casa Circondariale di Poste italiane › spedizione in abbonamento postale › articolo 2 comma 20/c › legge 662/96 › DC/312/01 › LE rompe le sbarre il pensiero rompe le sbarre il pensiero rompe le sbarre il pensiero

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Anno 12 › Numero 3 › Maggio › Giugno 2011 › Periodico di informazione della Casa Circondariale di Lecce

Poste italiane › spedizione in abbonamento postale › articolo 2 comma 20/c › legge 662/96 › DC/312/01 › LE

rompe le sbarre il pensiero rompe le sbarreil pensiero rompe le sbarreil pensiero

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Periodico Bimestrale

Direttore EditorialeDott.ssa Anna Rosaria Piccinni

Direttore ResponsabileGabriele De Blasi

Capo RedattoreOrlando Perrone

RedattoriVincenzo BrunoRiccardo BuscicchioPierpaolo De CarloSalvatore Di ViggianoVincenzo DistanteRodolfo FrancoGiovanni GrecoRaffaele IllianoAntonio LibrandoAndrea PagliaraRoberto Ruggiero

GraficiAndrea De TraneFlavio Verdichizzo

Registrazione Trib. di Lecce n. 739 del 14/09/2000

Direzione Casa Circondariale diLecce

Stampa in proprio

Abbonamento Annuale - Ordinario euro 15,00- Sostenitore euro 50,00- Numeri arretrati euro 3,00

versamento su c/c postale intestato a Piano di FugaPiano di Fuga

n. 17908732

Piano di Fuga

Hanno collaborato

Irene Basso, Guaira Cati, Dora Elia,

Silvia Famularo, d. Gigi Fanciano,

M. Antonietta Gallico, Rosa Gioia,

Pompeo Maritati, Tiziana Massari,

Grazia Messina, Santina Montinaro,

Silverio Re, Olimpia Stabile

SOMMARIO

la fedeltà 3

son tutte belle 4

premi straordinari 6

e dopo... 8

dono di Dio 10

pensieri 12

inammissibile 14

miles gloriosus 9

in visita 15

acqua �rapita� 16

150 anni fa 17

eh, già 18

io mi ricordo 19

13° in campo 20

angolo cucina 21

la vita Ł bella 22

un�isola 5

... si propone come una possibilità per il

futuro, per un rapporto nuovo con la

comunità, proiettando verso una società

che non prenda le distanze dalle persone

detenute ma trovi la capacità di accompa›

gnarle �oltre il confine�.

Per questo, vogliamo bandire i toni

polemici, che non giovano a nessuno e

non costruiscono rapporti nuovi...

...Piano di Fuga non propone evasioni �fisi›

che� ma permette al pensiero di �rompere

le sbarre�, di andare oltre, camminando

verso una meta al di là, per continuare a

�sentirsi vivi�.

la redazione

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Vincenzo Distante

Alla porta della mia

Chiesa parrocchiale si

ferma spesso un men-

dicante che fa una certa tenerezza, oltre

che per il suo stato, per il fatto che ha con

sé un cagnolino.

Non è certamente

di quelli infiocchet-

tati che fanno propa-

ganda a mangimi

speciali, ma è un

bastardino che per

guinzaglio una corda

e sta buono accanto

al “suo padrone”

aspettando, pure lui,

che qualcuno,

entrando in Chiesa,

dia il soldino per la

loro sopravvivenza.

Questo cane

quando è diventato proprietà del suo

padrone, certamente non si è chiesto in

che casa sarebbe andato a stare, né quale

bocconcino prelibato avrebbe mangiato.

Gli è bastato sentirsi accolto da un

calore particolare e a questo suo padrone

resterà fedele per sempre.

Gli basterà sapere che il suo padrone

penserà anche a lui quando si tratterà di

condividere quel pezzo di pane occasion-

ale e di poter riposare sicuro accanto al

suo padrone che certamente veglierà su di

lui.

Quando sarà cresciuto ricambierà le

premure ricevute oggi da piccolo con la

disponibilità a difendere il suo padrone da

qualsiasi ingiusta aggressione.

Non è sbagliato il detto che il cane è

il miglior amico dell’uomo, però è un rim-

provero per l’uomo pensare che, per

avere un amico,

bisogna ricorrere

all’istinto di una

bestiola più che alla

libera volontà di un

fratello.

Non si tratta di

fare moraline, ma

considerazioni molto

immediate se si

vuole scoprire

qualche valore sopito

che potrebbe sus-

citare nostalgia del

passato.

Accanto a questa considerazione sul

cane del mendicante si può mettere una

riflessione ssul passo di Isaia 1,3: “ Il bue

conosce il suo proprietario e l’asino la

greppia del suo padrone, ma Israele non

conosce, il mio popolo non comprende”.

Anche l’asina di Balaam (Numeri 22,

22-35) fu strumento di richiamo per

indurlo a fare la volontà di Dio.

Non so se faccio bene a dire che

spesso gli animali insegnano qualcosa agli

uomini, ma nell’accezione di oggi la “pet-

therapy” può servire molto in tantissime

circostanze!3

l a

bella

vita

Ł

don Gigi

La fedeltà2

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6

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La sala del teatro ospita lescorribande di bambini e bambi-ne, felici di correre incontro alleloro mamme per festeggiarlenella loro giornata.

Sono bellissimi, con i lorosorrisi spontanei e le loro poesieda recitare, con i racconti dell’ul-timo bel voto a scuola e del piat-to mangiato con la nonna senzafare capricci.

Sul palco, don Gianni e gliamici di Cuore e Mani aperteche, insieme a Tonio, principedelle tastiere e del Karaoke,organizzano un simpatico spettacolo per i più piccoliche, alla fine, coinvolge anche gli adulti. In fondo allasala, le donne di Comunità Speranza e Don Gigi hannoapparecchiato i tavoli con dolci di ogni tipo, molti deiquali fatti in casa, con la dedizione di chi prepara qual-cosa per qualcuno di speciale.

Magia, canzoni, clowneria per la gioia di tutti. I bam-bini e le mamme ballano insieme felici, si divertono comese tutti avessero la stessa età, la stessa spensieratezza.

Le mamme hanno dai 20 ai 60 anni, o almeno cosìsembra; chi ha un figlio, chi di più, chi ha un compagnoo un parente lì accanto, chi no, chi arriva da lontano - lorivela il colore della pelle, l’accento straniero, l’occhiogitano - chi dalla Puglia e ognuna ha una storia diversada raccontare.

Ciò che le accomuna è che sono tutte belle con i lorosorrisi raggianti, gli sguardi profondi pieni di un amoreda madre, nei vestiti e nei capelli curati per l’occasione. Esono tutte generose di abbracci, di baci, di carezze per iloro bambini, per gli altri, per quanti stanno festeggian-do con loro.

Una ragazza di Cuore e Mani aperte trucca i piccolimentre gli altri fanno giocare i bambini sotto un telonecolorato che riempie la sala e mette allegria, muovendo-si leggero nell’aria e nascondendo ora un gruppo, ora unaltro. Sembra Carnevale: chi ha una farfalla disegnata sulviso, chi la faccia della tigre, chi del ragno, chi le decora-zioni veneziane. È un tripudio di colori e brillantini, unaventata di felicità che avvolge tutti, alleggerisce i cuori.C’è anche un uccellino, che vola nel cielo del teatro, invi-tato speciale alla festa, ricordo di ciò che c’è fuori.

Lo spettacolo dei clown finisce, le mamme regalanouna borsetta by Officina Creativa piena di simpatichesorprese ai loro figli e Comunità Speranza regala allemamme un simpatico biglietto e un fiore di carta, fatto amano da Piano di Fuga, alle mamme.

Ancora qualche ballo digruppo, l’ultimo trenino musi-cale per tutta la stanza - e nessu-no può dire no, tutti devonosalire sul treno dell’allegria !- epoi il momento dei saluti, comeuna crepa nel ghiaccio, unosparo nel silenzio, un siparioamaro che cala sulla musica cheè finita.

Beh, ci si rivede presto, pen-serete, ora ogni mamma ripren-de per mano il suo bambino, gliinfila la giacca e lo porta via,salutando chi ha organizzato

tutto e sperando di rivederlo in altre occasioni liete.Questo è il copione di una festa normale ma, alla

Casa Circondariale di Borgo San Nicola, le cose nonvanno così.

Anche in carcere è la festa della mamma ma, dietro lesbarre, non tutte le madri restano con i loro figli e ilmomento dell’arrivederci è qualcosa che strazia l’anima.

I bambini, stretti al collo delle madri, le riempiono dibaci, promettendo che faranno i bravi; i ragazzi un po’più grandi cercano di trattenere le lacrime e dicono allemamme di essere forti. Chi guarda dall’esterno perdeogni forza, si sente mancare il coraggio di dire qualcosaperché tutto sembra inutile, soprattutto per quelle donnei cui pargoli vengono da lontano e non vanno a colloquioogni settimana.

È dura anche per chi i figli li vede più spesso perché,durante le visite, il contatto, il calore umano non è lo stes-so della festa appena trascorsa, c’è sempre un tavolo,qualcosa a dividerti dal tuo bambino, oltre agli sguardivigili degli agenti che, col cuore stretto e pieno di tristez-za, devono pur sempre svolgere il loro lavoro.

Qualcuno tarda ad andar via, si chiude un occhio perun attimo, ma poi i giovani ospiti devono ripartire e ledetenute ritornare nelle celle, sezione per sezione. DonGianni e alcuni dei volontari alla prima esperienzahanno gli occhi lucidi: più di quelli dei bimbi che, ormai,sono abituati a questi distacchi dolorosi, meno dellemadri le quali, appena i figli sono lontani, non si vergo-gnano di lasciarsi andare alla sofferenza del non poterstringere in ogni momento del giorno la carne della lorocarne.

Piangono... e ti si stringe il cuore, se pensi che, mal-grado i reati e le sbarre per redimersi, con i loro piccoli inbraccio erano così belle...

...perché son tutte belle le mamme del mondo.

Dora Elia

Son tutte belle le mamme del mondo …

Orecchiette verdi al salmone

Ingredienti per 4 persone

500g. di orecchiette 250g. di salmoneabbondante prezzemolosalepepe4 zucchine di media grandezzaun mazzettio di asparagi olio extravergine d’oliva un bicchiere di vino 50g. di grana una noce di burro

Preparazione

versare abbondante olio in una pentola, sal-tare il salmone tagliato a pezzi per qualcheminuto e tirarlo con il vino.

Aggiungere gli asparagi e le zucchinetagliati a rondelle sottili e cuocerli per qualcheminuto, aggiungere abbondante prezzemolo,sale e pepe.

Mettere da parte un po’ di prezzemolo fre-sco che servirà per guarnire il piatto alla fine.

Intanto in un'altra pentola cuocere le orec-chiette e, appena pronte, unitere il condimentoe la noce di burro, amalgamare e versare neipiatti, fare una spolverata di formaggio,aggiungere il prezzemolo e servire.

Cari lettori, in questo numero vi abbiamopresentato una nuova ricetta che sembra averel’odore della brezza del mare e il colore di unbel prato verde in primavera.

Per questo l’abbiamo chiamata “orecchietteverdi al salmone”.

E’ veramente un piatto fresco e delizioso e,per la prima volta, noi non abbiamo alcunadifficoltà nella preparazione, abbiamo tutti gliingredienti necessari ad allestire questo piatto.

L’unico inconveniente è che possiamo deli-ziarcene solo nel periodo della raccolta dellezucchine.

E’ molto importante, infatti, avere il prodot-to fresco, che determina l’ottima riuscita di unpiatto succulento.

Buon appetito a tutti.

l�angolocucina diOrlando e Giovanni

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All’interno di un sognochiamato

Un’infinità…….. o meglio una miriade diemozioni per un finale di campionato da cardio-palma.

Una squadra di calcio…. la nostra….. ilLecce……. Incostante per qualità di gioco e risul-tati ottenuti, capace di battere tutte le “grandi” esofferente con le “piccole”.

Il Lecce è la squadra che ha perso più puntinei finali di partita ma è pur sempre la nostrasquadra, quella che porta avanti i colori giallo-rossi (giallo come il sole e rosso come il cuore).

Il Lecce è la squadra che l’anno scorso havinto il campionato di serie B e che quest’annoha continuato ad emozionarci, indipendente-mente dai risultati ottenuti, facendoci vivere allagrande e da protagonisti il campionato di massi-ma serie.

L’emozione più grande l’abbiamo vissuta allapenultima giornata di campionato contro il Bari,la nostra rivale per eccellenza, matematicamenteretrocessa in serie B ma decisa a non regalarcinulla; si annunciava il derby più bello della sto-ria calcistica salentina.

Andavamo a giocare al San Nicola dopo avervinto al Via Del Mare contro il Napoli, con un

bellissimo gol di Chevanton nel fina-le di partita, che sigla il 2 a 1 e ci per-mette di conquistare tre punti prezio-si per la salvezza.

Come di consuetudine ormai daqualche anno, mi preparavo a tra-scorrere la mia domenica in carcereaspettando l’inizio della partita.

Al di là dell’eccitazione e delleemozioni che si vivono per un derby,tutto veniva amplificato dall’impor-tanza fondamentale di dover vincereobbligatoriamente per mantenere ilvantaggio sulla Sampdoria, che cigarantiva la permanenza in serie A.

Tornato nella mia cella alle ore15:00, dopo aver trascorso due ore

d’aria nel cortile passeggio, accendevo il televi-sore per seguire, con il mio compagno, la tele-cronaca della partita trasmessa dalle emittentilocali, pronto ad esultare come se fossi in unostadio. Con in mano una bottiglia di plastica dausare come tamburo, intonavo slogan all’indiriz-zo dei compagni baresi presenti in sezione e,sempre con un sano sfottò, li sbeffeggiavo per laloro matematica retrocessione.

Al fischio d’inizio la nostra permanenzadipendeva anche dalla partita della Sampdoria,diretta concorrente, contro il Palermo in cui mili-ta, e ne è il capitano, il nostro conterraneo tifo-sissimo del Lecce Fabrizio Miccoli. Alla vigiliaaveva promesso che i doriani non avrebberoavuto vita facile... e così fu.

Suo il gol del vantaggio palermitano, che cistrappa il primo grido di gioia di questa tesissi-ma domenica.

Iniziano gli scongiuri scaramantici quando,poco dopo il gol del Palermo, la Samp trova ilpareggio e a Bari il risultato non si sblocca.

All’improvviso Jeda porta in vantaggio ilLecce al San Nicola, il ritmo scandito dal mioimprovvisato tamburo diventa incessante, ilsogno sta per realizzarsi e la tensione è alle stel-le…. Jeda raddoppia...! il Palermo passa dinuovo in vantaggio...! missione compiuta!

Il sogno continua, quel sogno che ci haaccompagnato per l’intero campionato si è rea-lizzato e ci consentirà di poter rivivere tanteemozioni anche l’anno prossimo.

Grazie a tutti, società, mister, giocatori e tifo-si, vi auguro buone vacanze.

AA

Oronzo Andrea De Trane

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UN’ISOLA CHE NON C’ERA...

... ora c’è Il 31 maggio del 2011 è stata una

giornata speciale, che non dimenti-cheremo facilmente, poiché noi - un gruppettodi sette detenuti - siamo approdati su un’isolafelice, che prima non c’era e ora c’è...

... con noi dentro, baciati dal sole cocente,forte, com’è forte l’emozione che sentiamo den-tro, la quale, unita al caldo, ci fa sudare... esudiamo ancora di più a stare dietro ai nostrifigli, ai nostri nipoti.

Loro corrono veloci di qua e di là, ridacchian-do contenti: un’immagine che i nostri occhi nonvedevano da molto tempo.

Poi un giro sull’altalena, uno sullo scivolo osulla giostrina: spensieratezza che ci colpisce ilcuore, che ci fa star meglio, ci coinvolge e, comeper magia, torniamo bambini anche noi e, comeloro, anche noi, ci ritroviamo sull’altalena.

Ci siamo goduti fino in fondo questi momen-ti di rara bellezza, momenti che mancavano datanto nelle nostre menti, come se fossero tesseredi un puzzle incompleto.

Sui nostri visi c’è allegria, sono distesi, mentrei nostri occhi riflettono la poesia di quest’isolafelice, che ci fa dimenticare per un momento delluogo in cui siamo, dei problemi che abbiamo e,forse, per una manciata di minuti, riusciamo ariappropriarci del nostro ruolo.

Una tipica giornata di parco ma per noi èstato qualcosa di unico, di bello...

...non si tratta di un parco qualunque perchétutto questo si è verificato nel carcere di Lecce.

L’idea è scaturita da un concorso di poesia,indetto in carcere dall’UNESCU, in occasionedella giornata mondiale della poesia.

Ai partecipanti è stato dato come premio uncolloquio “all’aria verde”!

Un’iniziativa lodevole a cui va il nostro plau-so e il nostro ringraziamento.

Un passo avanti è stato fatto, un segnale dimentalità aperta, che può solo regalare momen-ti felici.

Il nostro ringraziamento alla direzione dell’i-stituto, quindi, e a chi si è prodigato di più perla buona riuscita di questa iniziativa.

Intanto noi siamo tornati dall’isola felice e,inevitabilmente, una speranza si fa sentire ed èquella che questa esperienza si ripeta.

Che si ripeta per noi, che si ripeta anche peraltri che, come noi, possano assaporare il gustodi giocare con i propri figli o nipoti, il gusto ditornare bambini.

Ce lo auguriamo che anche altri passino unpaio d’ore come ha fatto Andrea D., che si è but-tato a terra, circondato dai suoi nipoti, facendo-si prendere dalla sindrome di Peter Pan...

... o come Vincenzo B. che, affannosamente,stava dietro ai suoi due bambini... ma quell’af-fanno gli dava felicità.

Come Orlando P., che si è divertito un mondoad accompagnare i suoi nipoti sulla giostrina...

...o come Pierpaolo D., Vincenzo D., AndreaP., Giovanni G....

Nella speranza che presto tutti godano dimomenti così belli e ‘normali’, ancora una voltagrazie da tutti noi per questo privilegio.

Vincenzo Bruno PierPaolo De Carlo

Andrea De Trane Vincenzo Distante

Giovanni Greco Andrea Pagliara Orlando Perrone

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Io mi ricordo…...quel fantastico derby……

di Silverio Re

Era l’anno 2004, le ore tre circa di pomeriggiodi una domenica di marzo, il sole riscaldava tiepi-damente la giornata e i suoi raggi entravano incasa dalla finestra; sul tappeto colorato a striscie siera distesa la gatta che dormiva beatamente, incu-rante di tutto ciò che la circondava, mentre la tele-visione accesa sul canale di Sky trasmetteva lapartita più importante dell’anno: Milan - Inter.

Il Milan, in testa alla classifica, affrontava unasquadra, quella nerazzurra, disposta a tutto purdi fermare i “cugini” rossoneri.

Avevo appena finito di mangiare, un pranzonon troppo pesante, anche se non avevo resistitoai pasticciotti ripieni di crema calda e bollente e,seduto sul divano, mi accingevo ad assistere a unapartita che sarebbe diventata un’autentica soffe-renza e le mie coronarie furono messe a duraprova.

Nel Milan giocava un giovanissimo Kakà: unragazzotto brasiliano dal fisico magrolino e daipiedi vellutati, capace di illuminare il centrocam-po della squadra “cacciavite”.

La partita iniziò subito con grande grinta dientrambe le squadre, il Milan sfiorò il gol in unpaio di occasioni e l’Inter si difendeva ordinata-mente, pronta a colpire in contropiede. Primadello scadere del primo tempo però successe l’im-possibile, l’impensabile: nell’arco di tre minuti inerazzurri si ritrovarono in vantaggio per 2 reti a0, grazie ad un autogol e a un rimpallo fortunosoche superò beffardamente Dida, il portierone bra-siliano milanista. Fine primo tempo: Inter 2 -Milan 0. Incredibile!!!

Rimasi in silenzio per qualche minuto ancoraattonito, sorpreso, e non riuscivo ad alzarmi daldivano. Presi il caffè, rigorosamente amaro, e miripresi lentamente, pronto a vedere il secondotempo.

Il Milan scese in campo con una grinta eccezio-nale, pronto a ribaltare la situazione avversa conun gioco avvolgente, con grandi azioni, passaggi,tiri in porta: la squadra, che pur nel primo temponon aveva certo giocato male, sembrava trasfor-mata, scossa, come un pugile caduto sul tappetodel ring e rialzatosi con una rabbia incredibile.

Dopo dieci minuti ecco il primo gol di

Tomasson, gioca-

tore danese, centravanti pratico e dal fisico pos-sente.

Il match iniziava a diventare infuocato, l’Internon riusciva ad uscire dalla propria metà campo,la mia sudorazione aumentava, la tensione eraaltissima, volevo entrare nel campo direttamentedalla televisione.

A metà della ripresa Kakà prese la palla a cen-trocampo e iniziò a correre verso la porta e, dopoaver superato due avversari come birilli, effettuòun tiro rasoterra forte e angolato che s’infilò sulladestra di Toldo, portiere nerazzurro. Era il 2 a 2!

Lanciai un urlo incredibile per la gioia, la gattasi spaventò e scappò via nell’altra stanza, sicura-mente svegliai gran parte del vicinato, ma la cosafrancamente non m’importava più di tanto, per-ché avevamo pareggiato.

Ma quello che successe in seguito fu nulla alconfronto, perché, dopo nemmeno cinque minuti,Seedorf, ex giocatore dell’Inter, raccolse un pallo-ne a centrocampo e senza pensarci troppo tirò daquasi trenta metri il pallone che entrò nell’angoloalto a sinistra del portiere, segnando il definitivo3 a 2: la rimonta era completata!

Mi alzai di scatto in piedi, mi avvicinai allafinestra e, come un pazzo, mi affacciai e urlaiancora più forte, tanto ormai erano tutti svegli.Avevamo vinto il derby!

La partita finì con quel risultato e dopo qualchegiornata il Milan vinse lo scudetto.

Quet’anno il derby, anzi, i derby milanesi li havinti il Milan e questo fa ben sperare per la vitto-ria finale della stagione: mi auguro che il tricolorepossa essere cucito sulle maglie dei miei idoli ros-soneri.

Un abbraccio a tutti.

Il sei di giugno, nel teatro del carcere di Lecce,c’è stata una cerimonia per la premiazione deipartecipanti a diverse iniziative, alcune facenticapo alla scuola interna al carcere, altre indettedall’Unesco.

Noi di Piano di Fuga siamo stati premiati peraver partecipato – vincendo il primo premio – aduna proposta dell’associazione ACOS (Associa-zione Cattolica Operatori Sanitari) con la realiz-zazione di un cartellone.

Si trattavadi un conve-gno nazionaledell’Acos, cuile varie regio-ni italiane par-t e c i p a v a n ocon un lorolavoro.

L ’ A c o sdella regionePuglia ha pen-sato di parte-cipare con unlavoro realiz-zato nel carcere di Lecce, proponendone a noi larealizzazione concreta.

Il tema del convegno, sullo sfondo dell’imma-gine evangelica dei due discepoli di Emmaus,era ‘Camminare accanto, camminare insieme’, ea questo si è ispirato il nostro cartellone, matura-to dalla riflessione, appunto, sull’episodio diEmmaus.

Si pensava di rappresentare, per quanto pos-sibile su un cartellone, l’idea del cammino, ilcammino dell’uomo, della sua sofferenza, conriferimento soprattutto all’uomo carcerato, cheGesù, identificandosi con le povertà degli uomi-ni, con le esistenze fragili, fallite, considera sullostesso piano degli altri.

Applicare il concetto di fragilità al carcere può

sembrare strano ma chi è colpevole, proprio perla sua colpevolezza, è fragile, debole, indebolitodal fallimento delle relazioni vissute.

La scelta è tra accompagnare o prendere le

distanze.

Ripercorriamo insieme la rappresentazionegrafica, che vuole significare quanto segue:

dall’alto della sua cella, nella solitudine, nel-l’angoscia enel silenzio,che caratteriz-zano la deten-zione, l’uomoc a r c e r a t otende la manoverso ilmondo al difuori, nel ten-tativo di supe-rare il muroche lo dividedagli altri, dalmondo libero.

Ed ecco che, dal muro che comincia a sgreto-larsi, si leva una mano verso di lui e lo aiuta aduscire fuori.

Ma il percorso che gli si apre davanti gli pre-senta una strada dissestata, che egli attraversatra gente distratta, indifferente: ancora unavolta, solo!!!

Però, la mano, che lo ha tratto di prigione,traccia un ponte, che supera le barriere, quelledel carcere e quelle dell’indifferenza, e lo condu-ce al termine della strada, ad un bivio.

E’ il momento della scelta, della sua scelta: orivivere l’incubo, che lo ha tenuto prigioniero, oaprirsi alla speranza e trovare braccia aperte,pronte ad accoglierlo: Cristo, Che è la vera Spe-ranza, la Speranza ultima dell’uomo.

Premi straordinari

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<<EH......GIA’>>NOI SIAMO

ANCORA QUA

GRAZIE A TUTTI!Già! Mi sento di rivolgere un grazie agli auto-

ri di questa splendidasalvezza, nessuno e-scluso.

Quando si vince,come quando si perde,i meriti o le colpe devo-no essere di tutti.

Le vicende e le pole-miche, che hannocaratterizzato il finaledi campionato, nondevono farci dimenti-care questi due annibellissimi che, semprecon le palpitazioni, cihanno regalato una promozione e una salvezza.

Purtroppo i legami si spezzano e le collabora-zioni finiscono: il passato è passato e bisognaguardare al futuro.

De Canio è andato via? Pazienza! Ne arriverà un altro. Grazie, Mister, per questi due anni e... in

bocca al lupo...!!!E’ successo anche in passato, da Fascetti a

Mazzone, da Prandelli a Delio Rossi, ma il calcioè questo, è così per tutte le squadre, non c’è nien-te per cui allarmarsi.

A giochi fatti e con un po’ di amarezza, è faci-le considerare De Canio un traditore, facile accu-sare la società di guardare sempre e solo al pro-prio tornaconto economico.

Questi giudizi li lascio a quei salentini che, pertutto il campionato, hanno strepitato per la corsaallo scudetto o per le varie coppe, e oggi, a pre-scindere se il Lecce abbia raggiunto o meno l’ob-biettivo, sentono il dovere di ergersi a giudici percriticare, sminuire e giudicare l’operato delmister e della società.

Eh.......già! è proprio l’occasione per citare una frase cara

ai tifosi giallorossi: ‘scusate, non mi lego a questaschiera, morrò pecora nera’.

Per tutto l’anno, dov’erano questi provettiallenatori e futuri amministratori delegati di suc-cesso?

Che continuino a criticare i soliti Mourino,Leonardo e Del Neri, che giudichino Garrone,che ha venduto i giocatori migliori a campionatoin corso, condannando la sua squadra alla serieB, o Agnelli, che cambia allenatori come magliet-

te senza risultati... cheguardino a quellesocietà che non paganogli stipendi e sonosempre sull’orlo dellabancarotta.

Posso capire tutto! Dispiace anche a me

che De Canio sia anda-to via, dispiace che lasocietà abbia annun-ciato il suo abbandonoe che non abbia maiadottato una politicache ci avrebbe consen-

tito di non stare sempre sull’altalena tra la A e laB.

Però sono realista e mi accontento - si fa perdire - di una bella promozione o di una sudatasalvezza.

Tanta gente che, come me, è tifosa del Lecce,veramente non tifa De Canio, Semeraro o il gio-catore di turno, tifa il Lecce ed i suoi colori erispetta chi li rappresenta.

Le società cambiano, i giocatori vanno e ven-gono ma le bandiere con i nostri colori sventola-no sempre e comunque.

Ancora una volta voglio ringraziare i protago-nisti di questa bella stagione, che restino o chevadano via non conta; questo campionatorimarrà comunque negli annali, va in archiviopositivamente e si deve pensare ora alla prossi-ma stagione, ancora una volta nella massimaserie.

Lascio le polemiche ai tifosi dell’ultima dome-nica: io sono tifoso ogni giorno, ogni mese e ognianno, nel bene e nel male e per tutta la vita...

FORZA, LECCE! Pierpaolo De Carlo

La speranza è la realtà che diventa parola,capace di accarezzare l’orecchio dell’indifferenzae di aprire il cuore a nuovi orizzonti; speranza èla parola magica,che ha libero accessoanche nel carcere; èil filo invisibile, cheparte dal carcere eproietta nella libertàriconquistata, fariappropriare dellapropria vita e rendeuomini nuovi, capa-ci di scegliere il pro-prio destino, nellariscoperta dei valoriautentici.

E’questo il messaggio che abbiamo voluto tra-smettere, insieme all’appello agli operatori sani-tari del carcere di essere ascoltati, almeno per 30secondi, che forse sono sufficienti a salvare unavita.

Tanto è bastato a farci vincere il primo premioe ne siamo orgogliosi perché vedere riconosciutoil proprio impegno è bello e ci fa sentire capaci direalizzare qualcosa di bello anche noi.

La premiazione è avvenuta alla presenza dellaresponsabile ACOS regionale dott.ssa MariaMurciano, della direttrice dott.ssa Anna RosariaPiccinni e della signora Giuseppina Podo, infer-miera nel carcere di Lecce, la quale ha fatto datramite tra l’associazione ACOS e noi detenutidel Piano di Fuga.

Naturalmente erano anche presenti la nostraSantina Montinaro e il caro Don Gigi che, quan-do gli è stata consegnata la targa, ha speso paro-le di lode nei nostri confronti, che hanno contri-buito a gratificarci ancora di più.

Ricevere un premio, in sé, non è qualcosa distraordinario, lo sappiamo bene, ma avere unadimostrazione di fiducia, che ci dia una marciain più per andare avanti, che ci regali uno spira-glio di speranza, questo sì che è straordinario erimane per sempre.

Vincenzo Distante

Tramortita da un dolore....la notte è lunga ed io...sveglia tra mille pensieri, che corrono dai miei figli...Il pensiero di rivederli fuorida queste mura di ferro e cementomi fa scoppiare il cuore.C’è un silenzio tombale e,insieme al mio pensiero,sento solo battere forte il mio cuore.Poi.... un soffio di ventocolpisce piccole foglie...scaccio via i miei pensierie mi ricordo che, aprendo gli occhi....ancora oggi sono qui.

*******

Dopo anni mi sono risvegliata con il sorriso;il sole entrava tutto d’un pezzoe non ho più visto le sbarre.Mi sono ritrovata con i miei figli,la cosa più bella che la vita mi abbia regalato...Ho ritrovato la mia pace.Pochi giorni mi sono stati concessi,li custodirò come un premio di vita...... la vita che tutti noi aspettiamo,giorno dopo giorno.Avevo lasciato un pezzo del mio cuoretra queste mura... compagne e amore...Ma al mio rientro era tutto come prima...o forse qualcosa è cambiato:ho iniziato a volare più alto,dove il sole ha fatto riscaldareil mio cuore.

Rossana Elia

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... all'indomani della conclusione del corso diformazione "Sulle problematiche carcerarie"organizzato dalla Comunità Speranza, voglia-mo porgere i nostri ringraziamenti per l'espe-rienza fatta: ci ha lasciato la soddisfazione diaver avuto l'opportunità di confronto con moltepersone, di aver avuto contatti con realtà esituazioni che ci hanno arricchito interiormente,professionalmente e moralmente, permettendo-ci di rafforzare la nostra identità personale.

Il ciclo dei sei incontri, tutti molto interessan-ti, con figure che operano nel carcere, ci hannopermesso di riflettere profondamente su deten-zione e carcere e di riconsiderarli come, forse,non avevamo mai fatto prima.

Il corso ha permesso di conoscere la realtàcarceraria, spesso nascosta o prefigurata da pre-giudizi e stereotipi.

Sono stati incontri di scambio e confrontodavvero prezioso e i relatori, che si sono susse-guiti, hanno descritto egregiamente al gruppo larealtà in cui intervengono ogni giorno, ormai daanni, in modo semplice e diretto, condividendocon noi anche episodi di vita concreti; ci è stataofferta la possibilità di comprendere appieno ledinamiche, spesso drammatiche, che si riscon-trano all'interno del carcere.

E' vero: spesso la comunità sociale è insensi-bile e indifferente culturalmente e contraria almondo del carcere, alla riconciliazione e all'ac-coglienza della persona detenuta.......

... ma il volontariato è uno strumento forte epreziosissimo per fare cultura, per continuaread essere un pungolo all'interno della comunitàcristiana e della società civile, per dire con forzache, nella vita di una persona, non tutto si puòcomprare e che la logica del dono non impove-risce ma, anzi, ti arricchisce e ti rende più vero...

.... il segreto della felicità è mettersi al serviziodell'altro....

"IL FIGLIO DELL'UOMO è venuto a cercaree a salvare ciò che era perduto".....(Luca, 19, 10)

... entra nella casa dei peccatori e siede amensa con i pubblicani e i peccatori; perdona lapeccatrice e non condanna; salva uno dei duemalfattori che sono stati condannati con LUIalla medesima pena capitale.........

Grazie! Guaira e Tiziana

e... dopo

8

150 anni fa...Il 17 marzo è oramai passato da un po’ di

tempo ed il 150° anniversario dell’Unità d’Italiainizia ad entrare nei file della nostra memoria.

Quello che più di tutto mi ha colpito è statal’ostentazione del tricolore e ho l’impressioneche l’Unità d’Italia passi più per la fede calcisti-ca che per quella patriottica.

In occasione del 17 marzo, il tricolore si è vistosventolare un po’ di qua e un po’ di là, senza unavera convinzione.

Se avessimo invece disputato una partita peril raggiungimento della coppa del mondo di cal-cio, avremmo fatto indossare il tricolore anche ainostri cani.

Che strano popolo quello italiano...!C’è chi adora la propria bandiera e chi invece

ne farebbe buon uso in bagno. Chi si identificanei valori nazionali e chi vuole proporre una cro-ciata secessionista.

Chi rispolvera gli eroi del risorgimento e chiinvece pensa che Giuseppe Garibaldi avrebbefatto meglio a farsi una crociera sul Nilo.

Chi crede negli ideali di virtù e lavoro e chiinvece nella raccomandazione e, del clienteli-smo, ha fatto il proprio stile di vita. Chi cerca daanni un lavoro e non lo trova e chi ritiene inveceche quelli che continuano questa ricerca altronon sono che bamboccioni.

Chi pensa che la giustizia sia solo una perse-cuzione e chi invece, non avendo i mezzi perdifendersi, è in galera per qualche pacchetto dibiscotti trafugato, per fame, in un supermercato.

Chi crede in una scuola educativa, libera,accessibile a tutti e soprattutto formativa, e chiinvece pensa che la qualità formativa sia soloquella a pagamento.

E cosa dire di chi ritiene di fare opere di benedonando decine di migliaia di euro a povereragazzine abbandonate, solo perché, dalla loroparte, vi è l’avvenenza, e chi invece non riesce acapire quanta generosità e bontà esiste in coloroche donano disinteressatamente a questa ragaz-ze la possibilità di farsi un futuro.

Chi, con caparbietà, onestà, applicazione,crede nella professionalità, frutto di sacrifici estudi, e chi invece, in barba ai tanti, sceglie la

strada più breve per occupare ruoli, a volte vita-li, per il futuro del nostro paese.

Vedete: questa è la nostra Italia, dove le con-traddizioni sono forti ed altrettanto forte è l’arro-ganza e la prevaricazione dei diritti altrui.

La parola democrazia pare un sostantivo pas-sato di moda, un modo di dire del passato.

Oggi la democrazia è stata soppiantata dallaproduttività, dalla capacità di produrre reddito,ovviamente se parliamo dei lavoratori; se poi ciriferiamo ai managers, la loro migliore qualitàpare sia diventata quella di come sprecare lerisorse dello stato.

La produzione industriale in calo è solo colpadella scarsa produttività e dell’alto costo deilavoratori italiani. Come se, a decidere e proget-tare una vettura o qualsivoglia altro prodotto,sia l’operaio o l’impiegato.

E poi perché in Germania, dove il costo dellavoro è 1,8 volte quello italiano, l’economiatedesca è la locomotiva d’Europa...?

Forse perché in Germania un ministro, che hasemplicemente copiato il compito dal compagnodi banco, ha rassegnato le dimissioni...?

Forse perché un ministro, che si è permesso dimettere in nota spese l’utilizzo della PayTV, nonautorizzata, si è dimesso...?

Forse la differenza tra noi e loro sta proprioqui, nell’etica e nel rispetto delle regole...

...e se il popolo italiano non comincia a pren-derne coscienza, scivolerà lentamente nel fondodelle statistiche economiche e sociali di questomondo, che già lo vede, in più di qualche caso,dietro molti paesi emergenti dell’Africa.

Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia avrebbedovuto far scoccare la scintilla del sentimento diappartenenza ad un popolo, ad una tradizioneculturale.

Invece no. Sparati i cosiddetti fuochi della festa, ascolta-

te le belle frasi del Presidente della Repubblica,ci siamo subito affrettati a riprendere le nostreposizioni di indifferenza, di apatia e, come alsolito, con l’auspicata atavica speranza, esclusi-vamente italiana, che venga qualcuno a risolve-re per noi i nostri problemi.

...150 anni fa vi era una “Giovane Italia”...oggi, ahimè, possiamo solo contare su una

“Povera Italia”.

Pompeo Maritati

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Tu mi fai viverein tua assenza potrei morire

di un’apatia inegualedi una vita surreale.

Mi permetti di sognaremolto spesso di sperare

a volte di dimenticare.Senza di te queste sbarre

non avrei potuto piegare...Il pensiero rompe le sbarre...

vi sembrerà pura utopiama vi garantisco che

è l’unica grande magia.Andrea De trane

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...l’ultima rappresentazione teatrale nel teatro di BorgoS. Nicola; per Stefania e Luigi è il 4° anno consecutivo incui organizzano la manifestazione con i ragazzi del repar-to precauzionale.

Cosa non molto facile nella difficile situazione delmondo carcerario e, per questo, l’impegno della direzionee dei due veterani èdoppiamente lode-vole, sia sotto ilpunto di vista prati-co che - soprattutto -sotto l’aspetto uma-no.

Anche in situa-zioni difficili, però, iproblemi pratici sisuperano con mag-giore facilità di quel-li ‘personali’, che ilsistema carcerarionon sempre è ingrado di affrontare erisolvere.

L’opportunità dipartecipare ad un’at-tività teatrale, grazie alla spiccata professionalità ed alcoinvolgimento umano dei due maestri, offre la possibi-lità, se non di risolvere del tutto le problematicità, almenodi ‘tirarle fuori’ e comporle in armonia, grazie anche alconfronto costruttivo con gli altri compagni.

Al termine della rappresentazione, a Stefania e Luigiho rivolto alcune domande:

Che cosa pensate di questa iniziativa nel mondo delladetenzione?

Ne siamo entusiasti! Soprattutto in questo periodo incui l’attività di rappresentazione accusa i colpi di altreforme di spettacolo, come il cinema e, soprattutto, la tele-visione, il Teatro trova nel carcere e in altri ambienti edu-cativi una sua valida applicazione nella sua funzione ori-ginaria di attività socializzante e aggregativa.

Quali difficoltà avete incontrato?L’ambiente carcerario impone le sue limitazioni nella

gestione degli spazi e dei tempi per cui spesso risulta com-plicato il reperimento rapido e l’utilizzazione di materialebibliografico, audiovisivo, scenografico, di attrezzeria…Tutte cose che si possono comunque ottenere rispettando itempi e le modalità richieste dalla sicurezza. Né pretende-remmo che si facesse diversamente.

Quali emozioni continuate a vivere dopo quattroanni?

Per chi lo professa come una fede, il teatro non smettemai di dare emozioni. Assistere alla graduale composizio-ne di uno spettacolo, alla sua trasformazione da idea aevento reale, è sempre paragonabile al miracolo della crea-zione. Un miracolo che, per di più, prende forma con il

concorso di tutti coloro che vi partecipano, inclusi gli spet-tatori.

Che cosa vi ha colpito dei vostri allievi? Siete soddi-sfatti del loro impegno?

Noi misuriamo il successo dell’iniziativa che conducia-mo in questo contesto dalla misura in cui riesce ad accre-scere l’autostima e la stima reciproca fra chi vi partecipa.Restiamo sempre molto colpiti dalla trasformazione cheavviene in ognuno dal primo incontro fino all’ultimo: ini-

zialmente ognunocerca di defilarsi,dichiarandosi inca-pace o inadatto asostenere questo oquel ruolo; alla finetutti si sentono indi-spensabili e insosti-tuibili per la buonariuscita del lavoro.

C’è un aneddoto daraccontare?

Ci sembra incre-dibile, a tal proposi-to, quello che si èverificato per più diqualcuno: la paurache la data della

scarcerazione possa giungere prima di aver portato a com-pimento il lavoro. C’è stato chi, in questo frangente, hachiesto alla Direzione se esiste il modo di allungare ade-guatamente il periodo di detenzione… Cosa che, franca-mente, a chiunque sembrerebbe il colmo, ma non ad unteatrante.

Vi rivedremo il prossimo anno?Non dipende da noi. Da parte nostra, vista l’efficacia

del nostro intervento (peraltro riconosciuta dai responsa-bili delle diverse componenti dell’istituzione), abbiamoespresso la nostra disponibilità.Attendiamo fiduciosi la risposta degli Organismi compe-tenti.

Mi è stata data anche la possibilità d’intervistare alcuniattori; la compagnia era composta da 18 ragazzi, tutti dinazionalità diverse, e l’emozione che trasmettevano erafuori dal comune.

Per alcuni di loro era la prima esperienza teatrale, per4 di essi si trattava della terza rappresentazione di fila acui partecipavano.

La serata si è conclusa con la consegna dell’attestato dipartecipazione ai ragazzi del corso teatrale che, con impe-gno e (a mio parere) successo, hanno rappresentato ilMILES GLORIOSUS.

Infine un ringraziamento da parte di tutta la nostraRedazione va al Direttore, dott. ssa Piccini, e alla PoliziaPenitenziaria, che ci hanno permesso di trascorrere unaserata all’insegna dell’allegria e della spensieratezza,apprezzando soprattutto il lavoro e l’impegno degli altri.

a cura di Flavio Verdichizzo

Miles Gloriosus acqua ‘rapita’

L’acqua è un bene pubblico o si tenta di farladiventare il nuovo oro trasparente?

L’acqua è stata il primo elemento che il nostrobuon Dio, come è scritto nelle Sacre Scritture, ciha fornito perché indispensabile alla vita.

...Vita per le piante, per gli animali, per ogniessere vivente, essenziale per qualsivoglia ali-mento ed elemento.

Per miliardi di anniè stato un bene comu-ne a tutti.

Recentemente gliitaliani sono statichiamati a votare perun SI o un NO, un SIo un NO per deciderese l’acqua dovrà esse-re gestita da enti pri-vati o dovrà restare adisposizione di ogniuomo.

Ma come è possibi-le decidere su unbene che appartiene atutti noi?

Quale prezzo,anche economico,pagheremmo, se fosse affidata ad enti privati?

Quanto costerebbe ai nostri contadini irrigarei terreni...?

non dimentichiamo che l’agricoltura è il setto-re più esteso nel nostro Salento...

Secondo me, sarebbe una catastrofe; già picco-li e grandi imprenditori agricoli sono in serie dif-ficoltà per la concorrenza sleale derivante daprodotti importati dall’estero e la privatizzazio-ne dell’acqua per loro sarebbe il definitivo colpodi grazia.

E nelle carceri?Eh, questo sì che genererebbe un problema

enorme!Nella stagione estiva, di solito, non si sente

parlare di altro, del problema della carenza d’ac-qua nelle carceri italiane, in particolare nel carce-

re di Lecce dove sono reclusi circa 1500 detenu-ti a fronte di una capienza di circa 600 persone...

Noi detenuti sappiamo bene che cosa signifi-ca stare senza acqua intere giornate, non poterfare la doccia in momenti in cui il caldo diventail padrone assoluto, dover aspettare l’orario sta-bilito per avere un po’ di refrigerio...!.

Molte le domande che mi vengono in mente:che cosa sarebbe cambiato in caso di privatizza-zione...?

l’acqua sarebbe stata sufficiente per tutti...?ci sarebbe stata

un’erogazione conti-nua...?

O saremmo rima-sti col dubbio che,scarseggiando i fondiper le forniture con-suete, di cui talvoltaparlano anche imedia, cioè cartaigienica, prodotti perl’igiene…, anche l’ac-qua sarebbe rientratanel calderone...???!!!

No, cari lettori...stiamo parlando del-l’acqua, un bene pri-mario, indispensabilealla sopravvivenza...!

Per fortuna, al referendum, gli italiani hannovotato con coscienza, facendo capire ai ‘padroni’dell’Italia che l’acqua è già ben pagata all’entepubblico.

La mia paura principale era quella che, anco-ra una volta, qualcuno potesse convincere gli ita-liani che l’acqua sarebbe rimasta gratis - non lo èmai stata - e che magari avremmo pagato solo iltrasporto, come paghiamo l’autostrada...

Beh, signori, se non fosse stata questa unapresa in giro, allora esistono davvero gli elefan-ti che volano...

Vincenzo Bruno

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IN VISITA Anche quest’anno ha riscontrato un enorme

successo l’iniziativa delle visite didattiche orga-nizzate all’interno della Biblioteca Provinciale“Nicola Bernardini” di Lecce.

I numeri, d’altronde, sembrano parlare dasoli: sono state effettuate sessantuno giornate diattività e sono stati ben 1.638 gli studenti ospitidella storica istituzione culturale leccese. Neldettaglio, vi hanno partecipato ventisette classidelle scuole superiori, sedici classi della scuolamedia, diciassette clas-si elementari e, persi-no, una classe dellascuola dell’infanzia.

Infatti, particolar-mente significativa,quest’anno, la presenzadei bambini dellaScuola dell’InfanziaMon-tessori di Lequile.

L’iniziativa, per ildecimo anno consecu-tivo, è stata condotta ecoordinata da GabrieleDe Blasi, con la colla-borazione di GiuseppeFrascaro e Luca Barba.

Quest’anno, peraltro, le attività didattiche inBiblioteca sono state ulteriormente arricchite dauna pubblicazione, che è stata data in omaggio atutti gli studenti intervenuti.

Si è trattato di un agile quaderno, curato dalprof. Luigi Scorrano, dedicato alla “Provincia diLecce e l’Unità d’Italia”.

In pratica, le vicende risorgimentali, raccon-tate ai ragazzi, partendo dalle storie e dalle vitedei salentini protagonisti di quel periodo storico.Un modo originale ed estremamente utile perfesteggiare i centocinquant’anni dall’Unitàd’Italia.

Sono, dunque, ormai dieci anni che i ragazzidelle scuole salentine riempiono le sale della“Bernardini”: un segno, questo, che dimostrache non potrà mai esserci nessuna tecnologiacapace di far scomparire il libro. La Biblioteca èun’istituzione culturale, che ha quasi centocin-quant’anni, essendo nata nel 1863, eppure noncessa di essere un punto di riferimento costantee imprescindibile per studiosi, lettori e studenti

di ogni età.Come si ricorderà, poco più di due anni fa, la

storica sede della Biblioteca, il Convitto Palmieri,fu restituita alla fruizione pubblica, a conclusio-ne di attenti restauri.

Il Convitto Palmieri è una parte consistentedel grande insediamento francescano che, dalMedioevo all’Ottocento, si è stratificato nel cen-tro della città di Lecce.

La sede storica della Biblioteca Provinciale“Nicola Bernardini” è una parte del progettogenerale di recupero che trasformerà l’interastruttura in un grande centro culturale per la

città di Lecce e ilSalento: un luogo rin-novato nel quale, allasolennità dell’anticafabbrica architettonica,si aggiungeranno spazicontemporanei dedicatialla lettura e, insieme,alle arti, alle scienze ealla socialità.

Il complesso delConvitto Palmieri è ubi-cato nel centro storicodi Lecce, tra via Cairoli,piazzetta Carducci e viaCaracciolo: occupacomplessivamente una

superficie di circa 11mila metri quadrati traspazi interni, chiostri e giardino. La superficiecoperta utilizzabile, disposta su due livelli,misura circa 15mila metri quadrati.

La Biblioteca Provinciale di Lecce è capofila diun sistema integrato, che coinvolge trentatréstrutture del territorio e ha avviato un processodi gestione cooperativa dei servizi bibliotecari:catalogazione informatizzata, aggiornamentodelle raccolte, restauro di libri antichi e giornali,organizzazione di manifestazioni ed eventi. Ilsistema, inoltre, aderisce al Servizio BibliotecarioNazionale, la rete informatizzata delle bibliote-che italiane.

Da segnalare, inoltre, che è diventato, ormai,accessibile anche on-line il catalogo informatiz-zato della Biblioteca “Bernardini”: attraverso ilsito istituzionale della Provincia di Lecce(www.provincia.le.it) è possibile accedere alcatalogo completo.

Gabriele De Blasi

UN DONODI DIO

KAROL WOJTYLAun uomo straordinariamente buono

L’otto aprile, al funerale di Giovanni Paolo II,la folla, senza distinzioni di razza e religione,gridava in tutte le lingue; “Santo subito”.

A distanza di sei anni, il primo maggio, papaBenedetto XVI, in Piazza San Pietro, ha procla-mato beato il suo predecessore.

Celebrato il rito di beatificazione, possiamosostenere con certezza, ma soprattutto con fede,che a quest’uomo, Karol Wojtyla, era impossibi-le resistere, impossibile restare indifferenti.

Aveva un dono, il dono di divulgare l’amorein tutto il mondo, di annunciare ad ogni fratelloil Vangelo di Dio.

In ventisette anni di pontificato ha amalgama-to razze, culture, lingue, sentimenti, religioni,povertà, miseria e ricchezza, trasmettendo aigiovani, agli uomini, alle donne, fiducia e corag-gio.

La Congregazione delle Cause dei Santi hariconosciuto diversi miracoli di Giovanni PaoloII, che hanno permesso di avviare il processo diCanonizzazione: la guarigione dal Morbo diParkinson della suora francese Marie Simon –Pierre Normand quasi paralizzata; la guarigionedalla leucemia di Heron Badillo; Emily Barbera,di 4 anni, affetta da paralisi celebrale che, dopoqualche giorno dall’incontro col papa, si alzòdalla sedia e iniziò a camminare.

Il 16 Ottobre 1978 un “uomo venuto da unpaese lontano” divenne il testimone della Lucedi Cristo nel mondo: Karol Wojtyla, un uomoche portava in sé i dolori e gli orrori diAuschwitz, che aveva vissuto e contrastato ilregime comunista e nazista, un uomo vicinoall’umile e povera gente, quest’uomo venne pro-clamato Vescovo di Roma.

Karol Wojtyla nacque a Wadowice, in Polonia,il 18 Maggio 1920.

A 21 venne colpito dalla morte del padre,unico familiare ancora in vita.

Nel 1942 Karol si sentì chiamato al sacerdozioe, divenuto sacerdote nel 1946, arrivò a Romadove conseguì il dottorato in teologia.

Il 13 gennaio 1964 venne nominato arcivesco-vo di Cracovia da Paolo VI e il 26 Giugno del1967 cardinale.

Alla morte di Paolo VI, avvenuta il 6 agosto1978, il cardinale Karol partecipò al conclavedove venne eletto papa Albino Luciano, cheprese il nome di Paolo I.

Il 28 settembre del 1978, cioè dopo esattamen-te 33 giorni di pontificato, papa Paolo I morì e,nel conclave, venne eletto papa, con grande stu-pore, Karol Jòzef Wojtyla.

È stato uno dei papi più amati, che ha apertoil suo cuore e le porte della Chiesa a tutto ilmondo ed ha valorizzato la figura della donna.

Sin dall’inizio della sua missione petrina, lesue parole diedero una forte scossa a tutto ilmondo, che le accolse con molto rispetto e gran-de stupore.

Pregando sulla tomba di Santa Caterina, il 5novembre del 1978 disse: “potessimo insieme sco-

prire il multiforme significato della missione della

donna, andando mano nella mano con il mondo fem-

minile di oggi!” E’ stato il primo a baciare sulla fronte una

donna, abbattendo barriere discriminatorie, haabbracciato ragazze africane e asiatiche, pren-dendole per mano.

Nel 1995, per la prima volta, mise una donna,la statunitense Mary Ann Glendon, a capo di unadelegazione ufficiale del Vaticano, in occasionedella Conferenza delle Nazioni Unite sulladonna a Pechino.

Il papa si è sempre battuto affinchè anche ledonne ricoprissero un giusto ruolo nella Chiesae nella società, senza discriminazioni e con paridignità dell’uomo.

Il 10 luglio 1995 il Papa pubblicò la “Lettera

alle donne”, testimoniando la sua fiducia nel genio

femminile: “A voi, donne del mondo intero, il mio

saluto più cordiale. Vorrei rivolgermi ad ogni donna:

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... termine non

molto usato, che

sta ad indicare

qualcosa che non

si può accettare,

non si può acco-

gliere.

Nel linguaggio

comune non lo si

incontra spesso...

però, è molto fre-

quente nel lin-

guaggio ‘giuridi-

co’; di casa, si potrebbe dire, in carcere...

Già, perché ogni volta che un’istanza, da parte

di una persona detenuta, non trova accoglimen-

to presso il giudice competente, si ricorre,

appunto, a questo termine: inammissibile!

Posso solo immaginare quello che si può pro-

vare quando si riceve questa ‘sentenza’, che pesa

come un macigno; posso immaginare la delusio-

ne, il senso di impotenza, le mille domande che

esplodono nella mente, il disorientamento che

nasce nel cuore e tante altre sensazioni scono-

sciute a chi non vive la stessa esperienza.

Non ho la presunzione di afferrare tutto ma

anch’io mi pongo tante domande alle quali non

riesco a dare risposte esaurienti.

Perché è giusto che, quando si sbaglia, si

paghi; ma è anche giusto - la legge lo sancisce -

che, se si avvia un percorso di recupero, se ci si

accorge dei propri errori, se il passato viene rin-

negato, se ci si riappropria della propria identità

e si riprende fami-

liarità con valori

dimenticati, se...

...si debba

avere un’altra

chance, un’altra

possibilità, un’oc-

casione per dimo-

strare che si è

invertita la rotta,

che si vuole per-

correre un sentie-

ro nuovo, magari

in salita, ma con la fiducia di raggiungere la

cima.

Che cosa bisogna fare, che cosa bisogna dimo-

strare, per evitare di avere in risposta il termine

di cui sopra...?

Non basta frequentare la scuola con successo,

partecipare a laboratori (pochi!), comportarsi

correttamente, lavorare (quando è possibile),

accogliere tutte le proposte dell’istituto e degli

operatori... magari partecipare (e - chissà -vince-

re qualche concorso)....???!!!

E, se nonostante tutto questo, le speranze di

un permesso, di una misura alternativa, di qual-

sivoglia beneficio, si infrangono davanti ad un

implacabile inammissibile...?

Bertold Brecht ebbe a dire: ‘Ci sedemmo dalla

parte dei colpevoli perché gli altri posti erano tutti

occupati’. Mi sa che resta solo questo.

essemme

grazie a te, donna - madre, che ti fai grembo dell’esse-

re umano; grazie a te, donna - sposa, che unisci il tuo

destino a quello dell’uomo; grazie a te, donna - figlia

e donna - sorella, che porti nel nucleo familiare la tua

sensibilità, la tua ricchezza, la tua generosità; grazie a

te, donna - lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti

della vita sociale, economica, culturale, artistica, poli-

tica; grazie a te, donna - consacrata che, sull’esempio

della più grande delle donne, la Madre di Cristo, ti

apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la

Chiesa e l’intera umanità. Grazie a te, donna, per il

fatto che sei Donna!” Il Papa, durante il suo Pontificato, non ha mai

smesso d’incontrare la Vergine Maria nei luoghiin cui è venerata: Loreto, Pompei, Fatima,Lourdes e tutti i maggiori santuari del mondo,affidandosi, ogni volta, a Lei, come ricorda il suomotto: Totus tuus.

Ci ha insegnato ad amare e pregare laMadonna, ci ha insegnato ad amare e perdonarei nostri fratelli, ha teso la mano ed aperto le brac-cia a tutti gli uomini.

Per Lui ogni uomo era figlio di Dio, a pre-scindere dal colore della pelle, dalla provenienzageografica, culturale e religiosa.

Un Angelo di Dio è sceso sulla terra per visi-tare gli ultimi, i dimenticati, coloro che soffrono.

La Luce di Dio visita l’oscurità dei luoghi incui l’uomo ha perduto ogni forma di dignità, incui la fragilità umana è espressa dalla sofferenzae dal dolore, luoghi in cui l’uomo ha dimentica-to di essere uomo.

È il 2000, anno del Giubileo: notevole atten-zione il Papa dal cuore grande dedica alle perso-ne recluse nelle carceri italiane.

È il 9 Luglio del 2000, alle spalle di GiovanniPaolo II si chiude il cancello di Regina Coeli e ilPapa incontra i reclusi, ospiti del carcere roma-no.

Durante l’Omelia, il Santo Padre ricorda cheogni persona detenuta rappresenta il volto diCristo prigioniero, condannato, umiliato e croci-fisso.

Ma il Papa ricorda anche che l’uomo, anchedurante il più triste dei suoi viaggi, non è solo,Gesù è un compagno di cammino, che cerca l’incontro con l’uomo in qualsiasi situazione e

luogo si trovi. È il Cristo che condivide le attese, le incertez-

ze, le paure, le speranze. È il Padre misericordioso, buono, che conosce

i segreti di ogni cuore, che non giudica né con-danna, ma perdona e consola, che dona ristoroalle anime affaticate e oppresse, a quelle chevivono il tempo della pena, tempo di attesa,tempo in cui l’uomo detenuto è privato dellalibertà personale.

Neppure il tempo della detenzione - afferma ilpapa - “sfugge alla Signoria di Dio”; anche iltempo in carcere è tempo di Dio, tempo da dona-re al Padre, come occasione di espiazione deipropri peccati.

La condizione carceraria deve essere orientataal recupero della persona, non eludendo i dirittifondamentali ma proponendo percorsi di reinse-rimento sociale.

Il 14 Novembre del 2002 Giovanni Paolo IIvisitò il Parlamento italiano, la prima volta cheun Pontefice varcava la soglia di Montecitorio.

In quell’occasione chiese ai politici un atto diclemenza nei confronti delle persone rinchiusenegli Istituti di pena italiani, come l’amnistia ol’indulto.

Le sue richieste furono seguite da lunghiapplausi ma nulla è stato fatto per esaudire idesideri di Karol Wojtyla.

Un uomo straordinariamente buono è venutosulla terra ad aiutare ogni uomo a portare la pro-pria croce, a condividere ogni sofferenza, adincoraggiare l’uomo moderno a ritrovare la fedein Dio, ad avere la speranza in un futuro miglio-re.

Per chi è solo, per chi vive per un gesto d’a-more, per chi cerca nel domani un’opportunità euna possibilità per andare avanti, per chi ècostretto a vivere momenti della sua vita in soli-tudine, per tutti coloro che credono che valga lapena esserci, riecheggiano le parole squillantidel Santo Padre: “Non abbiate paura. Aprite,anzi spalancate le porte del vostro cuore aCristo!”

Orlando e Irene

inam m issibile...

Page 12: rompe le sbarre il pensiero rompe le sbarreil pensiero ... · sorrisi raggianti, gli sguardi profondi pieni di un amore da madre, nei vestiti e nei capelli curati per l’occasione.

La vita ha senso se si riesce a coglierne la bel-lezza, anche nelle piccole cose, nei piccoli gesti.

Maria C.

La vita è uno sconfinato dono, che ogni esse-re deve immancabilmente custodire con gelosiae audacia conducendosi in un lungo camminodove farà conoscenza di situazioni sia positiveche negative: ebbene, saranno quest’ultime aconcretizzarsi dandogli un definito senso.

Vincenzo B.

Anche vivendo in questo ambiente, do unsenso alla mia vita, nutrendomi di libertà, graziealle persone che amo e che mi danno la forza divivere e di amare, in ogni singolo momento,nonostante le difficoltà. Andrea P.

Tutti i giorni ci sono momenti di sconforto mabasta una parola, una lettera da una personaamica, da un familiare e ritrovi il senso dellavita. Rosa

La vita ha senso se la puoi vivere come vuoitu. La vita ha senso se ci sono affetti, amore,libertà e la puoi vivere con dignità e rispetto pergli altri. La vita ha senso se puoi progettare....Anche qui ho un progetto: uscire da queste murae rispettare aria di libertà, aiutare gli altri chehanno bisogno di aiuto. La vita ha senso se pre-sto sarò insieme ai miei figli, nipoti e tutti gliaffetti che ho lasciato a casa. Voglio trovare unsenso a questa mia situazione, perciò la vita hasenso se si superano tutte le difficoltà e imomenti di sconforto. Grazia

Ogni uomo desidera dare un senso positivoalla propria vita; ci sono persone che trovano unsenso nel dedicare la propria esistenza agli altri;c’è gente, purtroppo, che trova il senso della vitanello sfruttamento dei deboli; altri invece vaga-no un’intera vita senza riuscire a trovare la pro-pria vocazione. Mi permetto di citare una fraseche ho letto su di un calendario e che trovo bel-lissima; oggi, in queste parole riconosco unsenso di vita: E’ meglio avere un buon nome cheavere un buon profumo.

Dedicato a tutti quelli che vogliono essere enon apparire. Flavio

La vita ha senso perché amo la mia famiglia,vivo per loro e lotterò anche nei momenti diffici-li perché desidero passare con loro tutto iltempo. So che, dopo questa esperienza dolorosa,per me inizierà una seconda vita, mettendo ilpassato brutto in una parentesi chiusa: e vogliorinascere come fosse, per me, una vittoria dellamia vita. Ho voglia di divertirmi, conoscere dinuovo la serenità che, da tempo, ho dimenticato!Desidero la pace ma, sopra ogni cosa, desiderostare con la mia famiglia, che tanto mi manca....

Tutto questo dà senso alla mia vita....Mariarca

... quando si ha la possibilità di fare una scel-ta, relazionarsi con gli altri e tendere la mano achi ne ha bisogno. Maria P.

Sono tantissime le sfaccettature per definire ilsenso della vita ma la più importante è costrui-re una famiglia e far sì che viva nella più assolu-ta tranquillità ...

...il senso della vita è vivere nel giusto, amare,prendersi cura di chi ti chiede aiuto, essere utileal tuo prossimo: questo lascerà una traccia nel-l’esistenza... essere orgoglioso delle proprie azio-ni, amare. Salvatore

Il senso della vita per un detenuto potrebbeessere tutto ciò che non ha saputo apprezzare,tutto ciò di cui si è reso conto ha importanzanella sua vita ma, forse, così sarebbe troppo faci-le. Il rimpianto non è il senso della vita, imomenti perduti sono cose passate alla storiache fanno male, certo, ma non è tramite questiche si raggiunge un senso.

Oggi sono certo che il vero senso della vita èdare alla vita un senso. Vincenzo D.

il senso della vita...

... per me è vivere nell’amore per la propriafamiglia, è credere nella vera amicizia e nell’al-truismo che ti fa aiutare chi ha più bisogno, conl’augurio di migliorare costantemente... Da dete-nuto, nutro la speranza di ritornare libero perpotermi dedicare a tutto questo. Antonio

... è incontrare le persone giuste, che mivogliono bene; fare piccole cose, come prendereun caffè sedute ad un tavolino di un bar e.... ride-re, ridere... Teresa

... può essere anche il rispetto per gli altri....Olimpia

... la vita è bella, vale sempre la pena di viver-la, anche quando, momentaneamente, il tuofuturo è incerto... Carmela

... il tuo sorriso, il tuo sguardo, i tuoi occhi...piccole cose che danno un grande senso alla miavita.... Riccardo

... quando riesci, lottando contro tutti e contro

tutto, a non farti calpestare, a non farti levare ladignità, che ad ognuno di noi dà la forza perandare avanti, guardare gli altri negli occhi enon abbassare lo sguardo perché non hai nientedi cui vergognarti. M. Antonietta

Imparare a fidarsi, ad ascoltare, a perdersi inciò che si sente ed in ciò che si fa ...

Appassionarsi, affiancare la storia di coloroche incontriamo e con essi imparare a saziarsisaziando, ad accogliersi accogliendo, a prender-si cura di se stessi curando gli altri ... Impararead aspettare, talvolta con dolore, a sperare senzailludersi mai ...

...il senso della vita: una dimensione nuova diuno stato interiore che si scopre col tempo grazieall'incontro e all'ascolto di se stessi, un viaggioalla scoperta del proprio io che ci individuadeboli ma capaci di rinunciare quando serve.

Giovanni

La vita ha senso se si può camminare semprea testa alta... Caterina

Il senso della vita sono io, mia moglie e miofiglio, che, giorno dopo giorno, mi fanno la forzadi andare avanti. Rodolfo

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Immaginarela

solaesistenzanellaserenitàorizzonte

dispiegatoenergialibertàluceamore

versoiltempoavvenire

Orlando

Page 13: rompe le sbarre il pensiero rompe le sbarreil pensiero ... · sorrisi raggianti, gli sguardi profondi pieni di un amore da madre, nei vestiti e nei capelli curati per l’occasione.
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