romanica, la forza e insieme la bellezza e la grazia caratterizzano … · che ci si avvicina...

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I tetti, le case, il campanile a vela della chiesa romanica, la forza e insieme la bellezza e la grazia caratterizzano il borgo medioevale, nato come luogo di culto e fortezza della fede per quasi settecento anni e poi trasformatosi in paese, salvato da un destino tragico di degrado e distruzione per rinascere a nuova vita. 1

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I tetti, le case, il campanile a vela della chiesa

romanica, la forza e insieme la bellezza e la

grazia caratterizzano il borgo medioevale,

nato come luogo di culto e fortezza della fede

per quasi settecento anni e poi trasformatosi

in paese, salvato da un destino tragico di

degrado e distruzione per rinascere a nuova

vita.

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La StoriaUna leggenda vorrebbe che il nome del borgo derivi da un

passaggio di San Pietro, principe degli apostoli che, nella sua

seconda venuta in Italia, sia sbarcato a Pisa e da lì, nel trasferirsi

a Roma, sia passato in questo territorio compiendo il miracolo di

far zampillare l’acqua per amministrare il battesimo.

Da qui il termine “aquae ortus” (sorgente d’acqua).

Nella realtà il borgo nasce nell’XI secolo, come complesso

monastico costruito probabilmente sull’area di un precedente

culto pagano.

La presenza dell’abbazia di San Pietro Acquaeortus viene citata

intorno all’anno 1000 (L. Fumi), epoca in cui la sua vicenda si lega

a quella della famiglia dei Farolfingi che furono Conti di Chiusi e

Conti di Orvieto nei secoli XI e XII.

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Secondo lo studioso Spicciani, l’abbazia si trovava a Sud dei

terreni ricompresi nella donazione fatta da conte Winildo nel 1038

al monastero di San Salvatore del Monte Amiata, a cavallo del

confine tra la contea di Chiusi e quella di Orvieto, attribuendogli

una collocazione geografica precisa.

Nel 1200 i monaci di San Pietro appartenevano all’ordine dei

Guglielmiti, presenti anche nel vicino eremo di Santa Maria di

Marzapalo nella foresta del Monte Rufeno, e in quelli di Loreto,

poco lontano dal castello di Meana, e di Camporsevoli nel

contiguo territorio toscano.

Le fonti storiche concordano nel riferire che nel XIII secolo i monaci

di San Pietro appartenessero all’ordine cistercense fondato nel

secolo XI con lo spirito di ritornare a condurre una vita monastica

secondo l’originaria fisionomia della regola benedettina che

all’indomani del concilio di Aquisgrana (817) aveva perduto

progressivamente i tratti distintivi dell’austerità e del lavoro

manuale. L’ordine ebbe origine dall’abbazia di Cîteaux (in latino

Cistercium), in Borgogna, fondata da Roberto di Molesmes nel

1098 e si diffuse rapidamente anche in Italia dove sono tuttora

note le abbazie di Fossanova, Casamari, Tre Fontane, Chiaravalle.

Scarse sono le notizie sul monastero di San Pietro e sui suoi monaci

nei secoli XIV e XV. Tra la fine del ‘400 e i primi decenni del ‘500 la

sua storia si unisce a quella della chiesa orvietana di San Giovanni

Evangelista degli Agostiniani di Bologna. Nel 1469 il monastero

viene ridotto a commenda secolare a favore del nobile Enrico

Monaldeschi che ne fece rinuncia a favore dei Canonici Regolari

Lateranensi e l’atto fu approvato da Leone X con una bolla dell’8

gennaio 1517. E’ questo il periodo più complesso e travagliato

della storia della chiesa caratterizzato dalla riforma protestante e

dalla controriforma cattolica che ebbe il suo cardine nel concilio

di Trento (1545-1563) in cui vennero gettate le basi dottrinali

e teologiche ed i precetti religiosi che avrebbero rinnovato la

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gerarchia ed il corpo della Chiesa Cattolica.

Nel 1653 la guida della chiesa del borgo passa dai Canonici

Regolari al clero secolare.

Nel 1676 i Canonici vendettero la proprietà di San Pietro

Acquaeortus al cardinale Bonelli dal quale passò alla famiglia

Sinibaldi, poi a quella del marchese Girolamo Antinori a eccezione

di un “piccolo terreno lavorativo con casa e chiesa” rimasti alla

parrocchia. Tra il 1768 e il 1775 Nicola Antinori vendette i terreni a

Francesco Costarelli che li trasmise ai suoi discendenti.

Nel 1844 la tenuta di San Pietro fu acquistata dal canonico

orvietano Giovanni Napoleoni e in seguito passò, per successione,

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a Luigi Napoleoni e ai suoi figli ed eredi Giovanni e Paolo che

l’hanno amministrata fino ai primi decenni del 1900.

Tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del Novecento il

borgo era stato dotato, da parte dei comuni di Allerona e Fabro,

della strada, della scuola, e del cimitero, servizi fondamentali

e indispensabili per la piccola comunità che con l’insieme dei

casolari circostanti ha mantenuto una popolazione costante di

circa duecento individui. Ma il ruolo principale era svolto dalla

parrocchia che ha rappresentato sempre un punto di riferimento

per l’aggregazione sociale esercitata attraverso la partecipazione

alle cerimonie e ai riti liturgici anche per lo svolgimento delle

funzioni proprie delle Confraternite.

Nei primi decenni del Novecento, a cavallo tra le due guerre

mondiali, la vita del borgo si svolgeva in stretto rapporto con

il paese di Allerona, sede del comune, tanto per le questioni

amministrative che economiche. A San Pietro infatti durante le

consultazioni elettorali veniva istituito un seggio elettorale e un

rappresentante della frazione era sempre presente fra i candidati

nelle liste elettorali comunali. Tra gli abitanti dei due insediamenti

vi era uno scambievole rapporto nei giorni di festa ma più

frequenti erano i contatti con le generazioni di alleronesi che a San

Pietro sostavano spesso durante le stagioni invernali e primaverili

destinate al lavoro del bosco.

Il fenomeno dell’urbanesimo che, a partire dagli anni ‘50

del Novecento, ha interessato tutte le campagne sottraendo

progressivamente ad esse mano d’opera per l’industria ed i servizi

nei grandi centri abitati, non ha risparmiato questa frazione che

già nel censimento del 1961 registrava 113 abitanti quasi del tutto

spariti alla fine degli anni Settanta.

(Notizie storiche tratte da Claudio Urbani, San Pietro Acquaeortus:

profilo storico di un’abbazia e dei suoi ordini monastici, Allerona 1978)

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Il progettoIl Borgo di San Pietro Acquaeortus ha avuto origine dalla

trasformazione del complesso abbaziale fondato dai monaci

Guglielmiti nell’XI secolo e passato successivamente ai benedettini.

Il nome rivela la presenza di sorgenti d’acqua utilizzate dai monaci.

Il primitivo e originario impianto dell’insediamento è costituito da

un’antica torre a base quadrata, di probabile origine romana alla

quale i monaci addossarono la chiesa.

Il piccolo agglomerato è stato abitato fino agli anni sessanta

del Novecento dopodiché, anche a seguito dell’avvenuto

spopolamento della campagna circostante per il noto fenomeno

dell’esodo mezzadrile, è andato soggetto a un progressivo degrado

fintanto che le case, la scuola e la chiesa, un tempo piene di vita,

sono state man mano ricoperte da piante e rovi.

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Con una felice intuizione, fin dal 2005, l’imprenditore Stefano

Magini ha intravisto tra quelle rovine la possibilità di costruire

un grande progetto di recupero dell’antico borgo medioevale per

trasformarlo in una grande struttura ricettiva in grado di attrarre

flussi turistici verso un territorio di grande valenza ambientale e

naturalistica, creando nuovo sviluppo e nuova occupazione.

Da allora si è iniziato a concepire la formulazione del progetto di

consolidamento strutturale con recupero architettonico affidato

allo Studio Stylos Progetti degli architetti Donato Borri e Andrea

Vagni di Castel Viscardo sotto il controllo della Sovrintendenza

dell’Umbria e con il supporto determinante dell’Agenzia di

Sviluppo Regionale Sviluppumbria Spa.

La struttura è stata recuperata con la massima attenzione e con la

cura dei minimi particolari, i fabbricati sono stati tutti smontati,

pietra per pietra, consolidati e ricostruiti con i materiali originali

nel rigoroso rispetto delle tecniche ricostruttive.

Il fiore all’occhiello del complesso è sicuramente rappresentato dal

recupero della chiesa medioevale con il rifacimento della semplice

ma splendida facciata e degli interni e soprattutto con la piazzetta

antistante nella quale è stata ricavata la fontana di pietra da cui

zampilla l’acqua. Allo sguardo appare come una bellissima piazza

medioevale italiana in miniatura.

A ragione si può affermare che il recupero di San Pietro

Acquaeortus rappresenta, insieme a quello del borgo di Postignano

in Valnerina, la più importante opera di recupero architettonico e

funzionale di un borgo umbro realizzatasi nella nostra regione sia

per l’estensione dell’opera che per la qualità del restauro.

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Stefano MaginiIl mastro costruttore

Stefano Magini ha interpretato fedelmente il ruolo del “mastro

costruttore” sul modello medioevale, partecipando alla

progettazione del recupero del Borgo di San Pietro Acquaeortus

e seguendo direttamente i lavori. Si è trasformato in capomastro

dirigendo una squadra di muratori e scalpellini lungo tutti i cinque

anni in cui è durata l’impresa, giorno per giorno, dividendosi tra

la guida dell’escavatore, la scelta dei materiali, i rapporti con

fornitori, banche ed enti pubblici e la pianificazione finanziaria.

Un lavoro molto impegnativo ma esaltante che lo porta ora

a mostrare all’attenzione del mondo un recupero che ha del

miracoloso e che consente di ammirare i magnifici risultati man

mano che ci si avvicina al borgo e si cominciano a distinguere i

profili delle costruzioni. Ciò che colpisce lo sguardo è senza

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dubbio l’armonia delle proporzioni architettoniche, inserite in un

contesto paesaggistico splendido, la delicatezza del campanile a

vela che si staglia sul cielo limpido come l’albero di una nave che,

dopo essersi arenata sul fianco di una montagna, sta riprendendo

il mare.

La formazione di Stefano Magini si svolge in un contesto ben

diverso dalla splendida solitudine del borgo di San Pietro. Egli

infatti nasce e cresce a Roma dove, dopo la laurea in economia e

commercio, diventa dottore commercialista esercitando l’attività

in alcuni dei più prestigiosi studi di consulenza romani. Il passo

successivo lo vede esercitare la carica di Presidente di una delle

più grandi IPAB della capitale, l’Istituto Santa Caterina della

Rosa, un ente di pubblica assistenza e beneficenza che opera

nel campo dell’assistenza e dell’inclusione sociale di soggetti

svantaggiati (tossicodipendenti, indigenti, famiglie disagiate,

minori abbandonati o vittime di violenza, ecc.).

Una serie di vicende personali lo porta in seguito ad abbandonare il

mondo caotico della capitale per rifugiarsi nelle colline orvietane e

intraprendere l’avventura, che all’inizio sembrava quasi disperata,

del salvataggio e della ricostruzione del complesso edilizio di San

Pietro Acquaeortus.

La visione coraggiosa di come il borgo sarebbe diventato dopo il

recupero, ha fatto da guida e ha sorretto Stefano Magini nel lungo

percorso di realizzazione del progetto.

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Il borgo oggiIl complesso è situato a mezza costa sulle pendici alto collinari del

Parco della Selva di Meana. Il suo profilo è distinguibile man mano

che ci si avvicina percorrendo la strada che, valicato il parco di

Villalba tra querce ed alberi secolari, congiunge Fabro ad Allerona.

Esso svela tuttavia la sua bellezza ed il suo fascino quando dalla

strada statale si percorre il viottolo carrabile, costeggiato di alti

cipressi, fino ad arrivare al cancello dove improvvisamente ci si

sente proiettati nella dimensione di un’altra epoca. Le pietre, le

colonne, gli archi, i tetti, il campanile, il ruscello ci conducono in

un’atmosfera di sogno e di spettacolo consentendoci di lasciarci

alle spalle le brutture della modernità caotica e sregolata in cui

viviamo.

Nel borgo sono state ricavate 25 unità abitative di diversa

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ampiezza in grado di soddisfare le molteplici esigenze di una

clientela cui si offre la possibilità di riabitare “antiche stanze”

avendo a disposizione tutti i comfort più moderni (internet wi-fi,

antenna satellitare, tv flat screen).

Gli ospiti possono così vivere un’esperienza di tranquillità assoluta

in un’oasi di benessere.

La struttura è dotata di ristorante e sala convegni situati

all’interno della chiesa medioevale recuperata nei volumi interni

per lo svolgimento di nuove funzioni. Sono disponibili inoltre la

piscina esterna dotata di una postazione dove fuoriesce acqua

da bocchette in pietra per idromassaggio naturale, il centro

benessere interno con una piccola piscina di acqua di mare per

talassoterapia, la palestra attrezzata ed il wine bar con giardino

esterno.

L’ampia piazza interna del borgo è lo spazio ideale per organizzare

mostre, concerti, vernissages, cocktail ed esposizioni.

Gli spazi esterni, progettati da un architetto paesaggista, sono

“arredati” con piante, fiori e alberi da frutto tipici delle nostre

campagne umbre e essenze “dimenticate” con un attento studio

di archeologia floreale.

Sono stati studiati percorsi naturalistici con aree di sosta dotate di

sedute di legno per relax, conversazione e svago a diretto contatto

con la natura.

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Il territorioIl borgo di San Pietro Acquaeortus è geograficamente collocato

nel territorio dell’Alto Orvietano, a mezza costa sulle pendici alto

collinari del Parco della Selva di Meana, territorio ricchissimo di

risorse ambientali e storico-architettoniche di grandissimo pregio

non ancora sfruttate e strategicamente interconnesso con l’Alto

Lazio e il Basso Senese.

La fortunata posizione del complesso consente di raggiungere in

poco tempo località turistiche di grande pregio.

In Toscana, il centro termale di San Casciano dei Bagni, la Val

d’Orcia e le perle medioevali della Maremma Toscana (Pitigliano,

Sorano, Sovana). Nel Lazio, il lago di Bolsena, Viterbo e la Tuscia

viterbese. In Umbria, il borgo è vicinissimo a Orvieto, con le

meraviglie della città dove risplende il gioiello assoluto del Duomo;

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sono inoltre facilmente raggiungibili Perugia, Assisi, Città della

Pieve, il lago Trasimeno e i suoi borghi medioevali.

Un ventaglio di possibilità infinite per gli amanti della cultura

e dell’arte, ma anche del buon vivere e del buon mangiare,

in un’atmosfera assolutamente rilassante dove ritemprarsi e

soprattutto ritrovarsi a contatto stretto con la natura.

In questi ultimi anni fortunatamente la zona dell’alto orvietano

sta vivendo una fase di sviluppo legata al turismo e allo

sfruttamento delle risorse naturalistiche e paesaggistiche. Il

Borgo di Parrano rinasce sotto l’impulso di un grande progetto di

sviluppo integrato d’area che comprende la ricettività, il benessere

termale, la produzione vinicola e la pratica di sport come golf su

un campo a 18 buche. Il Castello della Sala, splendida residenza

dei marchesi Antinori, è circondato da una delle aziende vinicole

più prestigiose della regione. Nella vicina Montegabbione si può

visitare La Scarzuola, originalissima città ideale dai connotati

magico-esoterici realizzata dall’architetto Tommaso Buzzi. Altre

strutture ricettive, ripristinate con il recupero attento di casali e

ville padronali, stanno tornando a vivere e ad animarsi sotto la

guida di persone innamorate del fascino unico di questi luoghi.

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Borgo San Pietro Acquaeortus si trova a

650 m sul livello del mare, a 12 minuti da

Allerona (Terni) e a soli 15 minuti dall’uscita

autostradale (A1) di Fabro.

Nelle vicinanze del Borgo si trovano località

storiche e turistiche di pregio quali:

Roma (1 h 15 minuti)

San Casciano dei Bagni (15 minuti)

Orvieto (30 minuti)

Monte Amiata

Lago di Bolsena

Stefano Magini

[email protected] | www.antico-borgo-umbria.it

Borgo San Pietro Acquaeortus

Testi a cura di Nicola Papi

Foto a cura di Arch. Andrea Vagni