Robin Hobb - Il Risveglio Dell'Assassino (Ita Libro)

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ROBIN HOBB IL RISVEGLIO DELL'ASSASSINO (Fool's Errand, 2001) Per Ruth e i suoi Striati, Alexander e Crusades Sono passati quindici anni dalla fine della Guerra delle Navi Rosse con i terribili Isolani. Da allora Fitz ha vagato per il mondo, accompagnato solo dal suo lupo e compagno nello Spirito, Occhi-di-notte, stabilendosi infine in una casetta remotissima da Castelcervo e dai Lungavista. Ma ultimamente il mondo ha invaso di nuovo la sua vita. Gli Spirituali sono perseguitati a causa dei loro legami magici con gli animali; e il giovane principe Devoto scomparso proprio prima del suo importantissimo fidanzamento diplomatico con una principessa Isolana. Fitz viene incaricato di riportare Devoto a casa in tempo per la cerimonia. Sembra la missione di un matto... e i pericoli che lo attendono potrebbero segnare la fine del regno dei Lungavista. 1 Umbra stella d'autunno Il Tempo la ruota che gira, oppure il solco che si lascia dietro? Indovinello di Kelstar Arriv verso la fine di un'umida primavera, e riport il vasto mondo sulla mia soglia. Quell'anno compivo trentacinque anni. Quando ne avevo venti pensavo che un uomo di trentacinque vacillasse sull'orlo del rimbambimento. Ora non mi sentivo n giovane n vecchio, piuttosto sospeso tra i due. Non avevo pi la scusa dell'inesperienza della giovent, e non potevo ancora vantare le eccentricit della vecchiaia. In molti modi non sapevo pi che pensare di me stesso. A volte mi sembrava che la mia vita scomparisse lentamente dietro di me come orme nella pioggia, fino a convincermi che forse ero sempre stato quell'uomo tranquillo che viveva una vita ordinaria in un casetta tra la foresta e il mare.

Quella mattina ero rimasto a letto ad ascoltare i suoni lievi che a volte mi portavano pace. Il lupo respirava regolarmente davanti allo scoppiettio sommesso del focolare. Cercai verso di lui con la nostra magia condivisa dello Spirito, e sfiorai con dolcezza i suoi pensieri dormienti. Sognava di correre con un branco di lupi su dolci colline levigate dalla neve. Per Occhi-di-notte era un sogno di silenzio, freddo e velocit. Allontanai piano il mio tocco e lo lasciai alla sua pace privata. Fuori dalla mia finestrella, gli uccelli di ritorno si sfidavano nel canto. Ogni volta che il vento lieve muoveva gli alberi una nuova doccia di pioggia notturna si riversava dai rami, tamburellando sul prato umido. Erano quattro betulle bianche, poco pi che stecchi quando le avevo piantate. Ora il fogliame arioso gettava una fresca ombra leggera fuori dalla finestra della camera da letto. Chiusi gli occhi e riuscii quasi a sentire il barbaglio della luce sulle palpebre. Non volevo alzarmi, non ancora. Era stata una brutta notte, e avevo dovuto affrontarla da solo. Il ragazzo, Ticcio, era partito con Stornella quasi tre settimane prima, e ancora non era tornato. Come dargli torto? La mia vita solitaria e pacifica cominciava a pesare sulle sue giovani spalle. Con tutta la sua abilit di cantastorie, Stornella dipingeva la vita di Castelcervo in quadri troppo vividi perch Ticcio potesse ignorarli. Quindi le avevo permesso con riluttanza di portarlo in paese per vedere la Festa di Primavera, mangiare un dolce ai semi di carris, assistere a uno spettacolo di burattini, magari baciare una ragazza. Ormai Ticcio era troppo grande per accontentarsi di pasti regolari e un letto caldo. Mi dicevo che era tempo di lasciarlo andare, di trovargli un apprendistato da un buon falegname o ebanista. Si era mostrato incline a quell'arte; e prima un ragazzo si dedicava a un mestiere, meglio lo imparava. Ma non ero ancora pronto. Per ora mi godevo un mese di pace e solitudine, imparando di nuovo ad arrangiarmi. Occhi-di-notte e io ci facevamo compagnia a vicenda. Che altro ci mancava? Eppure, dopo la partenza di Ticcio, la casetta era subito sembrata troppo silenziosa. L'entusiasmo del ragazzo per il viaggio mi aveva rammentato troppo le mie antiche Feste di Primavera. Burattini e dolci di carris e ragazze da baciare, tutto richiamava ricordi vividi che pensavo di aver affogato da tempo. Forse erano quei ricordi che generavano sogni troppo intensi. Due volte mi ero svegliato sudato e tremante con i muscoli contratti. Per anni avevo avuto tregua da simili turbamenti, ma negli ultimi quattro anni la mia antica fissazione era tornata. Ultimamente andava e veniva senza un criterio che sapessi discernere. Era quasi come se la vecchia ma-

gia dell'Arte mi avesse all'improvviso reclamato, cercando di strapparmi alla mia pace e alla mia solitudine. Le mie giornate piatte e tutte uguali come perline su uno spago ora venivano sconvolte dal suo richiamo. A volte la fame d'Arte mi divorava come un cancro. Altre volte erano solo poche notti di brama, di sogni vividi. Se il ragazzo fosse stato a casa, probabilmente avrei saputo scrollar via quel richiamo persistente. Ma non c'era, e cos la sera prima avevo ceduto alla dipendenza mai sconfitta che quei sogni risvegliavano. Ero sceso fino alle rupi sul mare, mi ero seduto sulla panca che il ragazzo aveva fabbricato per me, e avevo lanciato la mia magia sulle onde. Il lupo era rimasto seduto accanto a me per qualche tempo, guardandomi con ben noto rimprovero. Tentai di ignorarlo. Non peggio della tua propensione per i porcospini gli feci notare. Solo che le spine si possono estrarre. Quello che ti tortura si propaga e marcisce. I suoi occhi profondi sfiorarono i miei mentre mi trasmetteva i suoi pensieri provocatori. Perch non vai a cacciare un coniglio? Hai mandato via il ragazzo e il suo arco. Potresti prenderlo da solo, sai. Una volta lo facevi. Una volta venivi con me a caccia. Perch non ci andiamo, invece di questo sterile cercare? Quando accetterai che l fuori nessuno pu sentirti? che devo... provare. Perch? La mia compagnia non ti basta? Mi basta. Tu mi basti sempre. Mi aprii al nostro legame nello Spirito e tentai di fargli sentire il richiamo dell'Arte. la magia che lo vuole, non io. Basta. Non voglio vedere. E quando gli ebbi nascosto quella parte di me, chiese lamentosamente: Non ci lascer mai in pace? Non ebbi risposta. Dopo qualche tempo il lupo si sdrai, depose il testone sulle zampe e chiuse gli occhi. Sarebbe rimasto, perch temeva per me. Per due volte, l'inverno prima dell'ultimo, avevo esagerato con l'Arte, bruciando energia fisica in quella furiosa ricerca mentale finch non ero stato neanche capace di trascinarmi a casa con le mie gambe. Entrambe le volte Occhi-di-notte aveva dovuto correre a chiamare Ticcio. Questa volta eravamo soli. Sapevo che era sciocco e inutile. Sapevo anche che non potevo fermarmi. Come un affamato che mangia erba per placare il vuoto terribile nel

ventre, cos mi tesi con l'Arte, toccando le vite che passavano entro la mia portata. Sfioravo i loro pensieri e placavo per un poco l'immensa brama che mi colmava di nulla. Riuscii a scoprire qualcosa della famiglia fuori a pesca in un giorno ventoso. Conobbi le preoccupazioni di un capitano con un carico un po' troppo pesante per la sua nave. Il primo ufficiale era preoccupato per l'uomo che sua figlia desiderava sposare; era pigro, malgrado i suoi modi gentili. Il mozzo malediceva la sfortuna; sarebbero arrivati a Borgo Castelcervo troppo tardi per la Festa di Primavera. Avrebbe trovato solo ghirlande appassite che si scolorivano nei fossi. La sua solita sfortuna. Quelle intuizioni mi portavano un vago conforto. Mi restituivano il senso che il mondo era pi grande dei quattro muri di casa mia, pi grande dei confini del mio orto. Ma non si trattava di vera Arte. Non era paragonabile a quel momento di completezza, quando le menti si univano e si percepiva il mondo intero come una grande entit in cui il proprio corpo non era pi che un granello di polvere. I saldi denti del lupo sul polso mi avevano strappato alla mia ricerca. Vieni. Adesso basta. Se crolli qui, passerai una notte all'umidit e al freddo. Io non sono il ragazzo, non posso rimetterti in piedi. Vieni, ora. Mi ero alzato. Il buio ai margini della visuale era passato, ma non il susseguente buio dello spirito. Avevo seguito il lupo attraverso l'oscurit che si addensava sotto gli alberi gocciolanti, fino al mio fuoco consumato nel camino e alle candele colate sulla tavola. Mi ero preparato un infuso di efedra, nero e amaro, sapendo che mi avrebbe depresso ancor di pi, ma avrebbe placato il mal di testa. Poi avevo bruciato l'energia nervosa dell'efedra lavorando a una pergamena sul gioco dei sassolini e le sue regole. Avevo gi tentato molte volte di completare quel trattato, e ogni volta avevo finito con l'abbandonarlo senza speranza. Si imparava solo giocando, mi dicevo. Ora stavo aggiungendo al testo una serie di illustrazioni, per mostrare come si svolgeva una tipica partita. Lo avevo accantonato poco prima dell'alba, ed era sembrato solo il pi stupido dei miei recenti sforzi. Ero andato a letto tardi... anzi, prestissimo. Mi risvegliai a met mattina. In fondo al cortile le galline razzolavano e chiocciavano. Il gallo cant una volta. Gemetti. Dovevo alzarmi. Dovevo raccogliere le uova e spargere una manciata di granaglie, per non inselvatichire il pollame. L'orto stava germogliando. C'era gi bisogno di estirpare le erbacce, e dovevo riseminare il filare di crescione mangiato dalle lumache. Volevo raccogliere altro giaggiolo paonazzo mentre era ancora in fio-

re; il mio ultimo tentativo di ricavarne un inchiostro era andato a monte, ma volevo riprovare. C'era legna da tagliare e accatastare. Zuppa d'avena da preparare, il camino da ripulire. E dovevo scalare l'ontano sopra il pollaio e tagliare quel ramo rotto prima che un temporale lo abbattesse sul tetto. E dovremmo andare gi al fiume e vedere se i pesci hanno cominciato a saltare. Sarebbe bello avere pesce fresco. Occhi-di-notte aggiunse le sue aspirazioni al mio elenco mentale. L'anno scorso sei quasi morto per aver mangiato pesce marcio. A maggior ragione meglio andare ora, fresco e vivace. Potresti usare la lancia del ragazzo. E inzupparmi e prendere freddo. Meglio zuppo e infreddolito che affamato. Mi girai dall'altra parte e mi rimisi a dormire. Ebbene, per una mattina avrei poltrito. A chi importava? Alle galline? Sembr solo qualche attimo pi tardi che i suoi pensieri mi sfiorarono. Fratello, svegliati. Arriva un cavallo sconosciuto. Fui subito vigile. L'angolo della luce nella finestra mi disse che erano passate ore. Mi alzai, infilai una veste, la legai con una cintura e mi infilai le calzature d'estate - poco pi che suole di cuoio con lacci per tenerle ai piedi. Scostai i capelli dal viso e mi strofinai gli occhi insonnoliti. Vai a vedere chi dissi a Occhi-di-notte. Vacci tu. quasi alla porta. Non aspettavo nessuno. Tre o quattro volte l'anno Stornella veniva a trovarmi per alcuni giorni portando pettegolezzi, carta fine e buon vino, ma lei e Ticcio non potevano essere gi di ritorno. Altri visitatori alla mia porta erano rari. Baylor aveva una capanna e alcuni maiali nella valle vicina, ma non possedeva un cavallo. Due volte l'anno veniva uno stagnino. Mi aveva scoperto per caso durante un temporale quando il suo cavallo si era azzoppato e la luce della mia finestra attraverso gli alberi lo aveva attirato. Da allora avevo avuto altre visite da viaggiatori come lui. Sul tronco di un albero accanto al sentiero che portava alla mia casetta lo stagnino aveva intagliato un gatto raggomitolato, simbolo di una casa ospitale. Lo avevo trovato e lo avevo lasciato l, per attirare qualche altro visitatore occasionale alla mia porta. Dunque si trattava probabilmente di un viaggiatore che si era smarrito, o un mercante stanco per un lungo tragitto. Mi dissi che un ospite poteva essere una distrazione piacevole, ma il pensiero era poco convincente.

Sentii il cavallo fermarsi e i suoni lievi di un uomo che smontava. Il Grigio, ringhi basso il lupo. Il cuore quasi mi si ferm in petto. Aprii lentamente la porta mentre il vecchio faceva per bussare. Mi scrut, e poi il suo sorriso si apr. Fitz, figlio mio. Ah, Fitz! Tese le braccia per abbracciarmi. Per un istante rimasi raggelato, incapace di muovermi. Non sapevo cosa provavo. Era spaventoso che il mio vecchio mentore mi avesse localizzato dopo tanti anni. Doveva esserci una ragione, al di l di una semplice visita. Ma sentii anche quel senso di parentela, l'improvviso fremito di curiosit che Umbra aveva sempre ridestato in me. Quando ero ragazzo a Castelcervo le sue convocazioni segrete arrivavano di notte, chiedendomi di salire la scala nascosta fino alla sua tana nella torre sopra la mia stanza. L mescolava i veleni e mi insegnava il mestiere di assassino, e aveva conquistato la mia assoluta lealt. Il mio cuore batteva pi veloce all'apertura di quella porta segreta. Nonostante tutti gli anni e il dolore, Umbra mi faceva ancora quell'effetto. Grondava di segreti e promesse di avventura. Quindi mi trovai ad afferrargli le spalle curve e attirarlo in un abbraccio. Magro, stava diventando di nuovo magro, ossuto come quando lo avevo incontrato la prima volta. Ma ora ero io l'eremita in una vecchia veste di lana grigia. Lui indossava brache attillate blu e un farsetto dello stesso colore con inserti in un verde che metteva in risalto i suoi occhi. Stivali da cavallo in cuoio nero, come i guanti morbidi. Anche il mantello era verde, foderato di pelliccia. Ricchi sbuffi di merletto bianco al collo e ai polsi. Le cicatrici sparse di cui un tempo si era vergognato fino a nasconderle si erano affievolite in chiazze pallide sul viso segnato dagli anni. I capelli bianchi erano sciolti sulle spalle e arricciati sopra la fronte. Portava due smeraldi alle orecchie, e un altro nel centro del nastro d'oro al collo. Il vecchio assassino sorrise beffardo mentre osservavo il suo splendore. Ah, il consigliere di una regina deve avere l'aspetto adatto, se vuole ottenere nelle trattative il rispetto che lui e la regina meritano. Capisco dissi con voce flebile, e poi ritrovai la lingua. Vieni, vieni dentro. Temo che troverai la mia casa un po' pi rozza di ci a cui sembri esserti abituato, ma sei benvenuto lo stesso. Non sono qui per cavillare sulla tua casa, ragazzo. Sono qui per vedere te. Ragazzo? gli chiesi con un sorriso pacato mentre lo facevo entrare. Eh gi. Per me sei sempre un ragazzo, forse. uno dei vantaggi dell'e-

t, posso chiamare chiunque quasi come mi pare, e nessuno osa dirmi nulla. Ah, hai ancora il lupo, vedo. Occhi-di-notte, vero? Un poco invecchiato; non ricordavo quel bianco sul muso. Vieni qui, da bravo. Fitz, ti dispiace occuparti della mia cavalla? Sono stato in sella tutta la mattina, e ho passato la notte in una locanda disgraziata. Sono un po' contratto, sai. E porta dentro le mie borse da sella, vuoi? Bravo ragazzo. Si chin a grattare le orecchie del lupo, dandomi la schiena, fiducioso che gli avrei obbedito. Sorrisi e feci quel che mi aveva chiesto. La sua cavalla nera era una bella bestia, amabile e ben disposta. sempre un piacere occuparsi di un bell'animale. Le diedi acqua in abbondanza e un poco del mangime dei polli, e la lasciai libera nel recinto vuoto del pony. Le tolsi due pesanti borse da sella; in una si udiva il promettente sciacquio di una bottiglia piena. Rientrai e trovai Umbra nel mio studio, seduto al mio scrittoio a leggere con attenzione le mie carte come se fossero state sue. Ah, eccoti. Grazie, Fitz. Questo qui, questo il gioco dei sassolini, vero? Quello che ti ha insegnato Ciottola, per aiutarti a distrarre la mente dalla strada dell'Arte? Affascinante. Mi piacerebbe averlo, quando sar finito. Se lo desideri dissi piano. Provai un momento di disagio. Umbra lasciava cadere parole e nomi che avevo seppellito e mai pi disturbato. Ciottola. La strada dell'Arte. Li ricacciai nel passato. Non sono pi Fitz dissi affabile. Sono Tom lo Striato. Ah s? Mi toccai la striscia bianca nei capelli, causata dalla mia cicatrice. Per questa. La gente ricorda il nome. Dico loro che sono nato cos, e i miei genitori mi hanno dato quel nome. Capisco disse Umbra evasivo. Bene, logico, ed sensato. Si mise comodo sulla mia sedia di legno, che cigol. C' brandy in quelle borse, se hai qualche tazza. E qualche pan di zenzero della vecchia Sara... non ti aspettavi che mi ricordassi quanto ti piaceva, vero? Probabilmente un po' schiacciato, ma il sapore che conta. Il lupo si era gi messo seduto. Appoggi il naso sul bordo del tavolo, puntando direttamente alle borse. Allora. Sara ancora cuoca a Castelcervo? chiesi mentre cercavo due tazze presentabili. Le stoviglie sbreccate non erano un problema per me, ma ero all'improvviso riluttante a metterle fuori per Umbra. Umbra lasci lo studio e si avvicin al tavolo in cucina. Oh, non proprio. I piedi le dolgono se ci sta sopra troppo a lungo. Ha uno scranno imbottito su una pedana nell'angolo della cucina, e sovrintende da l. Prepara

i piatti che le piace cucinare, i pasticcini elaborati, le torte speziate e i dolci. Un giovane chiamato Duff ora svolge il grosso del lavoro quotidiano. Stava svuotando le borse da sella. Tir fuori due bottiglie con l'etichetta del brandy di Lungosabbia. Non riuscivo a ricordare l'ultima volta che lo avevo assaporato. Emersero i dolci allo zenzero, un po' schiacciati come previsto, spargendo briciole dal panno in cui li aveva avvolti. Occhi-dinotte annus a fondo, poi cominci a sbavare. Sono anche i suoi preferiti, vedo osserv ironico Umbra, e gliene lanci uno. Il lupo lo prese al volo e lo port via per divorarselo sul tappeto davanti al focolare. Le borse da sella rivelarono in fretta altri tesori. Un pacco di carta fine, vasetti di inchiostro blu, rosso e verde. Una grassa radice di zenzero, sul punto di germogliare, pronta per essere messa in vaso per l'estate. Pacchetti di spezie. Un lusso raro per me: un formaggio maturo e rotondo. E in una cassettina di legno, altri oggetti, inquietanti nella loro familiarit. Piccole cose che ritenevo perse da tempo. Un anello appartenuto al principe Rurisk del Regno delle Montagne. La punta di freccia che gli aveva trafitto il petto e ne aveva quasi causato la morte. Una scatoletta intagliata, fatta da me anni prima, per contenere i miei veleni. La aprii. Era vuota. Rimisi il coperchio alla cassettina e la deposi sul tavolo. Guardai Umbra. Non era solo un vecchio venuto a visitarmi. Si portava dietro tutto il mio passato, come una dama che attraversa una sala, seguita da uno strascico ricamato. Aprendogli la porta, avevo lasciato entrare con lui il mio vecchio mondo. Perch? chiesi quietamente. Perch mi hai cercato dopo tanti anni? Oh, gi. Umbra avvicin una sedia al tavolo e sedette con un sospiro. Stapp il brandy e lo vers per tutti e due. Per una dozzina di ragioni. Ho visto il ragazzo con Stornella. E ho subito capito chi era. Non che ti assomigli, non pi di quanto Urtica assomigli a Burrich. Ma ha i tuoi atteggiamenti, quel modo di tenersi indietro e guardare qualcosa, con la testa inclinata, prima di decidere se lasciarsi coinvolgere. Mi ha ricordato te a quell'et, cos tanto che... Hai visto Urtica lo interruppi con tranquillit. Non era una domanda. Certo rispose Umbra allo stesso modo. Vorresti sapere di lei? Non mi fidavo della mia lingua per rispondere. Tutte le mie antiche cautele mi avvertivano di non dimostrare troppo interesse in lei. Eppure sentivo, come una puntura nascosta, che Urtica, la figlia che non avevo mai visto se non nelle mie visioni, era la ragione per cui Umbra era l. Guardai la mia tazza e soppesai i meriti del brandy a colazione. Poi pensai di nuovo a Urtica, la figlia illegittima abbandonata a malincuore prima che nascesse.

Bevvi. Avevo dimenticato come andava gi bene il brandy di Lungosabbia. Il suo calore si diffuse in me, rapido come lussuria adolescenziale. Umbra fu clemente, poich non mi costrinse a esprimere il mio interesse. Ti assomiglia molto, nella sua magrezza di ragazzina disse, poi sorrise vedendomi sul chi vive. Ma, strano a dirsi, assomiglia ancor di pi a Burrich. Ha il suo modo di atteggiarsi e parlare, anche pi dei suoi cinque figli. Cinque! esclamai sbalordito. Umbra ghign. Cinque ragazzi, e tutti rispettosi e deferenti verso il loro padre come chiunque potrebbe desiderare. Non assomigliano affatto a Urtica. Lei ha imparato quell'occhiata torva di Burrich e gliela restituisce quando lui la guarda corrucciato. Il che avviene di rado. Non dir che la sua preferita, ma penso che conquisti il suo favore resistendogli, pi dei ragazzi con il loro serio rispetto. Ha l'impazienza di Burrich, e il suo acuto senso del bene e del male. E tutta la tua caparbiet, ma forse ha imparato anche quella da Burrich. Allora hai visto Burrich? Colui che mi aveva allevato, e ora allevava mia figlia come se fosse stata sua. Aveva preso in moglie la donna che avevo apparentemente abbandonato. Entrambi mi ritenevano morto. Le loro vite erano proseguite senza di me. Sentir parlare di loro mescol il dolore all'affetto. Allontanai quel sapore con il brandy di Lungosabbia. Sarebbe stato impossibile vedere Urtica senza vedere anche Burrich. Lui la sorveglia come, ebbene, come un padre. Sta bene. La sua gamba zoppa non migliorata con gli anni. Ma di rado va a piedi, cos non sembra dargli molto fastidio. Lui e i cavalli, sempre i cavalli, come al solito. Si schiar la gola. Sai che la regina e io gli abbiamo fatto avere i puledri di Rosso e Fuliggine? Bene, ha fondato il suo sostentamento su quei due stalloni. La cavalla di cui ti sei occupato, Brace, l'ho avuta da lui. Alleva cavalli e li addestra. Non sar mai un uomo ricco, perch non appena ha qualche soldo da parte, compra un altro cavallo o un altro pascolo. Ma quando gli ho chiesto come andava, mi ha risposto: 'Abbastanza bene.' E Burrich come ha reagito alla tua visita? Ero orgoglioso di riuscire a parlare con voce non strozzata. Umbra ghign di nuovo, ma c'era una vena di dolore. Quando mi ha visto gli quasi venuto un colpo. Poi stato molto cortese e ospitale. E l'indomani mattina, mentre mi accompagnava al mio cavallo che uno dei gemelli - Les, penso - aveva sellato per me, ha promesso, con estrema calma, che mi uccider se tento di avere a che fare con Urtica. Lo ha detto con

rimpianto, ma con grande sincerit. Non ne ho dubitato, quindi non ho bisogno che tu me lo ripeta. Lei sa che Burrich non suo padre? Sa qualcosa di me? Le domande mi balzavano alla mente una dopo l'altra. Cercai di allontanarle. Odiai l'avidit con cui finii per chiedere, ma non potevo resistere. Era come la dipendenza dall'Arte, quella fame di sapere, finalmente sapere, dopo tanti anni. Umbra distolse lo sguardo e centellin il brandy. Non lo so. Lo chiama pap. Lo adora, senza riserve. Oh, non d'accordo con lui, ma su certe cose, piuttosto che su Burrich stesso. Temo che con sua madre abbia un rapporto pi tempestoso. Urtica non si interessa di api o candele, ma a Molly piacerebbe che la figlia la seguisse nel mestiere. Caparbia com' Urtica, penso che Molly dovr accontentarsi di un figlio o due. Gett uno sguardo fuori dalla finestra. Aggiunse sommesso: Non abbiamo fatto il tuo nome mentre Urtica era presente. Mi rigirai la tazza fra le mani. Di che cosa si interessa? Cavalli. Falchi. Spade. A quindici anni mi aspettavo almeno qualche discorso di giovanotti, ma non sa cosa farsene, pare. Forse la donna in lei non si ancora destata, o forse ha troppi fratelli per farsi illusioni romantiche sui ragazzi. Vorrebbe fuggire a Castelcervo e unirsi a una delle compagnie di guardia. Sa che un tempo Burrich era capo stalliere l. Una delle ragioni per cui sono andato a trovarlo era riferirgli che Kettricken gli ha offerto di nuovo quella posizione. Burrich ha rifiutato. Urtica non capisce perch. Io s. Anch'io. Ma gli ho detto che potrei preparare un posto per Urtica, anche se Burrich sceglie di non andare. Potrebbe farmi da messaggera, se non altro, anche se sono sicuro che alla regina Kettricken piacerebbe averla con s. Lasciale vedere come si vive in un castello e in una citt, falle assaggiare la vita di corte, gli ho detto. Burrich ha rifiutato subito, ed parso quasi offeso. Senza volerlo, emisi un lieve respiro di sollievo. Umbra bevve un altro sorso di brandy e rimase seduto a guardarmi. In attesa. Conosceva quanto me la mia successiva domanda. Perch? Perch aveva cercato Burrich, perch si era offerto di portare Urtica a Castelcervo? Sorseggiai il mio brandy e scrutai il vecchio. Vecchio. S, ma non come invecchiano alcuni. I suoi capelli erano del tutto bianchi, ma il verde degli occhi sembrava ardere ancora di pi sotto quei riccioli color neve. Mi chiesi quanto lottava

per impedire alla curva delle spalle di divenire una gobba, quali droghe prendeva per prolungare il suo vigore e che altre conseguenze avevano. Era pi vecchio di re Sagace, e Sagace era morto da anni e anni. Bastardo reale del mio stesso lignaggio, sembrava nutrirsi di intrighi e conflitti come io non ero riuscito a fare. Io avevo abbandonato la corte e tutto ci che conteneva. Umbra aveva scelto di restare, e di rendersi indispensabile a un'altra generazione di Lungavista. Allora. Come sta Pazienza? Scelsi la domanda con cura. Le notizie della moglie di mio padre non erano la cosa pi urgente che desideravo sapere, ma potevo usare la risposta per avvicinarmi alla mia vera meta. Dama Pazienza? Ah, ecco, non la vedo da diversi mesi. Pi di un anno, ora che ci penso. Risiede a Guado dei Mercanti, sai. Governa il paese, e piuttosto bene. Strano, se ci pensi. Quando era regina-in-attesa e sposata a tuo padre, non mai stata carismatica. Vedova, era ben contenta di essere l'eccentrica dama Pazienza. Ma quando tutti gli altri sono fuggiti, diventata regina a Castelcervo, di fatto se non di nome. Kettricken stata saggia a darle una signoria tutta sua, perch Pazienza non avrebbe pi potuto dimorare a Castelcervo se non come regina. E il principe Devoto? Simile a suo padre come pi non si potrebbe osserv Umbra, scuotendo il capo. Lo osservai con cautela, chiedendomi come interpretare quel commento. Quanto sapeva? Il vecchio aggrott le sopracciglia e continu. La regina deve lasciarlo uscire un po'. Il popolo parla di Devoto come parlava di tuo padre, Chevalier. 'Fin troppo corretto', dicono, e temo che sia quasi la verit. C'era stato un lievissimo mutamento nella sua voce. Quasi? chiesi con calma. Umbra mi rivolse un sorriso che sembrava di scuse. Ultimamente il ragazzo strano. sempre stato un ragazzo solitario, ma d'altra parte l'unico principe. Ha sempre dovuto ricordare la sua posizione, evitare di favorire un compagno su un altro. Ci lo ha reso introspettivo. Ma di recente il suo temperamento si fatto pi cupo. distratto e volubile, cos preso dai suoi pensieri che sembra del tutto inconsapevole di quello che accade nella vita di chi gli sta intorno. Non scortese o indifferente; almeno, non di proposito. Ma... Quanti anni ha, quattordici? chiesi. Non sembra cos diverso da Ticcio, negli ultimi tempi. Anch'io ho pensato che devo lasciarlo uscire. ora che vada in giro a imparare qualcosa di nuovo, da qualcuno che non sono

io. Umbra annu. Credo che tu abbia ragione. La regina Kettricken e io siamo giunti alla stessa conclusione sul principe Devoto. Il suo tono mi fece sospettare di aver appena infilato la testa nel laccio. Oh? dissi con attenzione. Oh? mi imit Umbra, e poi si chin per versare altro brandy nel suo bicchiere. Sogghign, e seppi che il gioco era finito. Oh s. Senza dubbio hai indovinato. Ci piacerebbe che tu tornassi a Castelcervo e istruissi il principe nell'Arte. E anche Urtica, se persuadiamo Burrich a lasciarla andare, sembra che sia portata. No. Lo dissi in fretta prima di lasciarmi sedurre. Non sono sicuro di quanto suonasse definitivo. Gi sentivo crescere il desiderio di accettare. Ecco la risposta, la risposta cos semplice dopo tanti anni. Addestrare una nuova confraternita di adepti dell'Arte. Sapevo che Umbra aveva i rotoli e le tavolette sulla magia dell'Arte. Galen il mastro d'Arte e poi il principe Regal li avevano indebitamente nascosti tanti anni prima. Ora potevo studiarli, potevo imparare di pi e addestrare altri, non come aveva fatto Galen, ma nel modo giusto. Il principe Devoto avrebbe avuto una confraternita di adepti dell'Arte per aiutarlo e proteggerlo, e io avrei posto fine alla mia solitudine. Ci sarebbe stato qualcuno a rispondere quando chiamavo. Ed entrambi i miei figli mi avrebbero conosciuto, come persona se non come padre. Astuto come al solito, Umbra dovette percepire la mia ambivalenza. Lasci il rifiuto sospeso nell'aria tra noi. Contempl il bicchiere fra le mani, ricordandomi bruscamente Veritas. Poi rialz lo sguardo, e gli occhi verdi incontrarono i miei senza esitazione. Non fece domande, niente richieste. Doveva solo aspettare. Conoscere la sua tattica non mi aiutava. Lo sai che non posso. Conosci tutti i motivi per cui non dovrei. Umbra scosse leggermente il capo. Non proprio. Perch al principe Devoto dovrebbe essere negato il suo diritto di nascita come Lungavista? Pi piano aggiunse: O a Urtica? Diritto di nascita? Tentai una risata amara. pi come una malattia di famiglia, Umbra. una fame, e quando ti insegnano come soddisfarla, diventa una dipendenza. Una dipendenza che alla fine pu divenire abbastanza forte da condurti sui sentieri che portano oltre il Regno delle Montagne. Hai visto ci che accadde a Veritas. L'Arte lo divor. Lui la us per i propri fini; scolp il suo drago e vi rivers la sua essenza. Salv i Sei Du-

cati. Ma sarebbe andato alle Montagne anche se non ci fossero state Navi Rosse da combattere. Quel luogo lo chiamava. la fine inevitabile di qualsiasi adepto dell'Arte. Capisco i tuoi timori confess mesto Umbra. Ma penso che tu abbia torto. Credo che Galen te li abbia instillati di proposito. Ha limitato quello che hai imparato, e ti ha martellato in testa la paura. Ma io ho letto i testi dell'Arte. Non li ho decifrati tutti, ma so che l'Arte molto di pi di una semplice comunicazione a distanza. Con l'Arte un uomo pu prolungare la vita e la salute. L'Arte pu migliorare i poteri di persuasione di un oratore. Il tuo addestramento... non so fin dove sia arrivato, ma scommetto che Galen ti ha insegnato il meno possibile. Udivo l'entusiasmo crescere nella voce del vecchio, come se parlasse di un tesoro nascosto. C' cos tanto nell'Arte, cos tanto. Alcuni rotoli suggeriscono che possa essere usata come cura, non solo per scoprire esattamente cosa c' che non va in un guerriero ferito, ma per incoraggiarne la guarigione. Un adepto potente pu vedere attraverso gli occhi di un altro, sentire quello che l'altro sente e ode. E... Umbra. La dolcezza nella mia voce lo interruppe. Quando aveva ammesso di aver letto i rotoli mi ero indignato. Non ne aveva il diritto... se non che glieli aveva dati la sua regina. Chi altro doveva leggerli? Non esisteva pi un Mastro d'Arte. Quell'abilit si era spenta. No. L'avevo spenta io. Avevo ucciso, uno alla volta, gli ultimi adepti dell'Arte, l'ultima confraternita mai creata a Castelcervo. Erano stati infedeli al loro re, cos li avevo distrutti, e la magia con loro. La parte razionale di me sapeva che era una magia che doveva rimanere morta. Non sono un mastro d'Arte, Umbra. Non solo la mia conoscenza dell'Arte incompleta, ma il mio talento sempre stato erratico. Sono sicuro che hai scoperto dai rotoli o hai sentito da Kettricken che l'uso dell'efedra terribile per un adepto. Sopprime o uccide il talento per l'Arte. Ho tentato di starne lontano; non mi piace l'effetto che mi fa. Ma anche la tristezza che porta meglio della fame di Arte. A volte ho usato l'efedra regolarmente per giorni e giorni, quando la brama era forte. Distolsi lo sguardo dalla preoccupazione sul suo viso. Qualsiasi talento io abbia mai avuto stato probabilmente soffocato in modo irreparabile. Umbra osserv con gentilezza: Mi sembra che la tua brama continua indichi il contrario, Fitz. Mi spiace sentire che soffri; davvero non ne avevamo idea. Pensavo che la fame di Arte fosse come la brama per il bere o il Fumo, e che diminuisse dopo un periodo di astinenza forzata.

No. Non cos. A volte rimane latente. Passano mesi, perfino anni. Poi, senza ragione apparente, si risveglia. Serrai gli occhi per un istante. Parlarne, pensarci, era come stuzzicare una vescica. Umbra, so che sei venuto fin qui a cercarmi per questo. E mi hai sentito dire di no. Ora possiamo parlare d'altro? Questa conversazione... mi addolora. Per qualche tempo Umbra rimase silenzioso. C'era una falsa cordialit nella sua voce quando disse bruscamente: Certo che possiamo. Ho detto a Kettricken che dubitavo che avresti accettato il nostro piano. Emise un breve sospiro. Dovr solo fare il meglio che posso con quello che ho spigolato dai rotoli. Ecco. Ho detto la mia. Che cosa ti piacerebbe sapere? Stai dicendo che tenterai di insegnare l'Arte a Devoto da ci che hai letto in quei vecchi rotoli? All'improvviso ero quasi furibondo. Non mi lasci alternativa mi fece notare amichevolmente Umbra. Capisci il pericolo a cui lo esporresti? L'Arte pu sedurre, Umbra. Attira la mente e il cuore come una calamita. Spinge a voler divenire un tutt'uno con essa. Se il principe cede a quell'attrazione anche per un istante mentre sta imparando, sar perduto. E non ci sar nessun adepto per seguirlo, rimetterlo insieme e trascinarlo fuori dalla corrente. Compresi dall'espressione di Umbra che non aveva la minima idea di quello che gli stavo dicendo. Rispose caparbiamente: Quello che ho letto nei rotoli che pericoloso lasciare senza alcun addestramento uno con un forte talento per l'Arte. In alcuni casi, ragazzi cos hanno cominciato quasi istintivamente a usare l'Arte, ma senza avere idea del pericolo o di come controllarla. Mi viene da pensare che anche un piccolo grado di conoscenza sarebbe meglio che lasciare il giovane principe nella completa ignoranza. Aprii la bocca per parlare, poi la richiusi. Trassi un profondo respiro e lo esalai lentamente. Non mi far coinvolgere, Umbra. Mi rifiuto. Anni fa me lo ripromisi. Sedetti accanto a Fermo e lo guardai morire. Non lo uccisi. Perch mi ero imposto di non essere pi un assassino, di non essere pi uno strumento. Non mi far manipolare e non mi far usare. Ho fatto abbastanza sacrifici. Penso di essermi guadagnato il pensionamento. E se tu e Kettricken non siete d'accordo e non volete pi mandarmi denaro, ebbene, sapr arrangiarmi. Meglio parlarne apertamente. La prima volta che avevo trovato una borsa di monete accanto al letto dopo una visita di Stornella, mi ero sentito insultato. Avevo serbato l'indignazione per mesi finch non era tornata. Aveva riso di me, e mi aveva detto che non era una sua ricompensa per i

miei servizi, se avevo pensato a quello, ma una pensione dai Sei Ducati. Allora mi ero costretto ad ammettere che qualsiasi cosa Stornella sapesse di me, la sapeva anche Umbra. Era lui la fonte della carta fine e dei buoni inchiostri che a volte Stornella portava. Probabilmente riferiva a Umbra ogni volta che tornava a Castelcervo. Mi ero detto che non mi infastidiva. Ma ora mi chiedevo se tenendomi d'occhio in tutti quegli anni Umbra fosse stato in attesa che tornassi utile. Penso che me lo lesse in viso. Fitz, Fitz, calmati. Il vecchio tese la mano attraverso il tavolo per batterla rassicurante sulla mia mano. Non si parlato affatto di questo. Siamo entrambi ben consapevoli di ci che ti dobbiamo, non solo noi ma tutti i Sei Ducati. Finch vivi, i Sei Ducati provvederanno a te. Quanto all'addestramento del principe Devoto, non pensarci pi. Davvero non ti riguarda. A disagio, mi chiesi ancora una volta quanto sapesse. Poi mi feci forza. Come dici, non mi riguarda. Tutto quello che posso fare avvertirti di essere cauto. Ah, Fitz, hai mai saputo che io fossi meno che cauto? I suoi occhi mi sorrisero sopra l'orlo della tazza. Accantonai la questione, ma impedirmi di pensarci era come tentare di sradicare un albero. In parte temevo che la tutela inesperta di Umbra mettesse in pericolo il giovane principe. Ma soprattutto, addestrare una nuova confraternita era un modo di soddisfare la mia brama d'Arte. Riconosciuto questo, non mi era possibile infliggere senza rimorsi di coscienza quella dipendenza su un'altra generazione. Umbra tenne fede alla sua parola. Non parl pi di Arte. Chiacchierammo per ore di tutti coloro che avevo conosciuto un tempo a Castelcervo. Lama era nonno, e le giunture doloranti di Trina l'avevano infine costretta ad accantonare i suoi eterni merletti. Mani era capo stalliere a Castelcervo. Aveva sposato una donna dell'interno con fiammeggianti capelli rossi e un temperamento appropriato. Tutti i loro figli avevano i capelli rossi. La donna teneva Mani a un guinzaglio corto, e secondo Umbra lui ne sembrava felice. Ultimamente premeva per tornare ad Armento, la sua terra natia, e lui sembrava disposto ad accontentarla; da ci il viaggio di Umbra per vedere Burrich e offrirgli la sua antica posizione. E cos, proseguendo, raschiava il callo dai miei ricordi e riportava freschi alla mia mente tutti i visi di un tempo. Mi fece provare nostalgia per Castelcervo, e non riuscii a trattenere le domande. Quando esaurimmo le persone su cui spettegolare, gli feci da guida in casa mia, come se fossimo stati due vecchie zitelle in visita. Gli feci vedere i miei polli e le mie betulle, il mio orto e i miei sen-

tieri. Gli mostrai la stanza da lavoro, dove facevo le tinte e gli inchiostri colorati che Ticcio portava al mercato per me. Quelli, almeno, lo sorpresero. Ti ho portato inchiostri da Castelcervo, ma forse i tuoi sono migliori. Mi batt la mano sulla spalla, come ai tempi in cui mescolavo correttamente un veleno, e l'antica ondata di soddisfazione per il suo orgoglio mi percorse. Probabilmente gli mostrai pi di quanto intesi. Senza dubbio not la preponderanza di sedativi e antidolorifici fra le mie piante medicinali nell'orto. Quando gli feci vedere la mia panca sulle rupi affacciate sul mare, mormor addirittura: S, a Veritas sarebbe piaciuto. Ma nonostante quello che vide e indovin, non parl pi dell'Arte. Quella notte rimanemmo alzati fino a tardi, e gli insegnai le basi del gioco dei sassolini di Ciottola. Annoiato dalla nostra lunga conversazione, Occhi-di-notte and a caccia. Percepii una vena di gelosia nel lupo, ma decisi che ne avrei discusso pi tardi con lui. Quando accantonammo il gioco, chiesi a Umbra come stava. Il vecchio ammise sorridendo che apprezzava il ritorno alla corte e al bel mondo. Mi parl, come di rado faceva, della sua giovent. Aveva condotto una vita gaia, poi una pozione mal riuscita lo aveva sfregiato. Si era vergognato al punto da ritirarsi nella vita oscura e discreta di assassino di corte. In vecchiaia sembrava essere ridiventato quel giovane che aveva amato tanto le danze e le cenette private con signore argute. Ero contento per lui, e gli chiesi scherzando: Ma allora, come riesci a conciliare il tuo 'lavoro silenzioso' per la corona con tutte queste cariche e divertimenti? La sua replica fu franca. Mi arrangio. E ho trovato qualcuno che mi segue con talento e acume. Fra non molto potr lasciare tutti i vecchi compiti in mani pi giovani. Umbra aveva preso un altro apprendista al mio posto. Conobbi un inquietante momento di gelosia, poi riconobbi quanto era sciocco. I Lungavista avrebbero sempre avuto bisogno di un uomo capace di dispensare quietamente la Giustizia del Re. Io avevo rifiutato di continuare a essere un assassino di corte; ci non significava che non ce ne fosse pi bisogno. Tentai di mostrarmi indifferente. Dunque gli antichi esperimenti e le lezioni continuano nella tua torre. Umbra annu, serio. S. In effetti... Si alz all'improvviso dal suo posto accanto al fuoco. Per antica consuetudine avevamo ripreso le nostre abituali posizioni, lui su uno scranno davanti al fuoco e io accoccolato sulle pietre del focolare ai suoi piedi. Solo in quel momento compresi quanto

era strano, e mi meravigliai di come mi fosse sembrato naturale. Scossi il capo fra me mentre Umbra frugava nelle borse da sella sul tavolo. Estrasse una fiaschetta consumata di cuoio duro. Volevo mostrarti questo, e con tutti i nostri discorsi me ne stavo dimenticando. Ricordi la mia passione per i fuochi e i fumi misteriosi? Alzai gli occhi al cielo. La sua passione ci aveva scottati entrambi pi di una volta. Rifiutai il ricordo dell'ultima volta che Umbra aveva usato il suo fuoco magico: aveva fatto ardere a Castelcervo le torce di fiamme azzurre e crepitanti la notte che il principe Regal si era ingiustamente dichiarato erede della corona dei Lungavista. Quella notte aveva visto anche l'assassinio di re Sagace e il mio conseguente arresto. Umbra non parve aver fatto lo stesso collegamento. Torn in fretta al cantuccio del focolare con la fiaschetta. Hai un pezzo di carta? Io non ne ho portata. Ne trovai un poco, e lo guardai dubbioso mentre ne staccava una lunga striscia, la piegava per lungo, e poi giudiziosamente versava una certa quantit di polvere nell'incavo della piega. Con attenzione la copr con la carta, la ripieg e la assicur con una torsione. Ora guarda! mi invit, trepidante. Lo osservai con apprensione mentre metteva la carta nel fuoco. Forse doveva risplendere o scintillare o emettere fumo. Non accadde niente. La carta divenne marrone, prese fuoco e bruci. Un vago fetore di zolfo. Nient'altro. Sollevai un sopracciglio, guardando Umbra. Non giusto! protest il vecchio, concitato. In fretta prepar un altro rotolo di carta, ma questa volta fu pi generoso con la polvere. Mise la carta nel cuore pi caldo del fuoco. Mi scostai dal focolare, pronto a tutto, ma di nuovo rimanemmo delusi. Vedendolo cos sconfortato mi strofinai la bocca per coprire un sorriso. Penserai che ho perso il mio tocco! dichiar Umbra. Oh, no, mai risposi, ma era difficile rimanere serio. Questa volta prepar una specie di grosso tubo di carta che perdeva polvere quando lo chiuse con una torsione. Quando lo mise sulle fiamme mi alzai e mi allontanai dal focolare. Di nuovo non fece altro che bruciare. Umbra emise un gran sbuffo di disgusto. Scrut nel collo scuro della fiaschetta, poi la scosse. Con un'esclamazione di riprovazione, la tapp. In qualche modo entrata l'umidit. Bene. Mi ha rovinato lo spettacolo. Lanci la fiasca nel fuoco, un segno di grande indignazione per lui. Quando sedetti di nuovo accanto al focolare, avvertii quanto fosse acuta

la sua delusione e provai un moto di piet per il vecchio. Tentai di sdrammatizzare. Mi viene in mente quella volta che confusi la polvere di fumo con la radice di flebotomo. Ti ricordi? I miei occhi lacrimarono per ore. Umbra emise una breve risata. Ricordo. Rimase silenzioso per qualche tempo, sorridendo fra s. Capii che la sua mente vagava di nuovo verso i nostri antichi giorni insieme. Poi si pieg in avanti e mi mise la mano sulla spalla. Fitz, chiese sinceramente, guardandomi negli occhi non ti ho mai ingannato, vero? Sono stato onesto. Ti ho spiegato cosa ti stavo insegnando, fin dall'inizio. Scorsi la cicatrice non rimarginata tra noi. Coprii la sua mano con la mia. Nocche ossute, pelle sottile come carta. Gli parlai guardando le fiamme. Sei sempre stato onesto con me, Umbra. Se qualcuno mi ha ingannato, sono stato io. Ciascuno di noi ha servito il nostro re, e ha fatto quello che doveva. Non torner a Castelcervo. Non per qualcosa che hai fatto tu, ma per quello che sono diventato. Non ti serbo alcun rancore. Sollevai lo sguardo verso di lui. Il suo viso era molto serio, e vidi nei suoi occhi quello che non mi aveva detto. Gli mancavo. Qualsiasi altra ragione avesse per chiedermi di tornare a Castelcervo, era anche per lui. Scoprii una piccola dose di guarigione e di pace. Qualcuno mi voleva ancora bene, quantomeno Umbra. Ero commosso e sentii un nodo gola. Tentai di trovare parole pi leggere. Non hai mai detto che essere tuo apprendista sarebbe stata una vita tranquilla e sicura. Come per confermare quelle parole, un bagliore improvviso eruppe dal mio focolare. Se il mio viso non fosse stato rivolto verso Umbra, suppongo che avrei potuto rimanere cieco. Invece fui solo assordato da uno schianto di tuono e fulmine insieme. Il fuoco rugg all'improvviso come un animale selvaggio, cospargendomi di brace e scintille. Balzammo in piedi e ci allontanammo in fretta dal focolare. Un istante pi tardi una pioggia di fuliggine dal mio camino trascurato spense la maggior parte del fuoco. Umbra e io ci precipitammo per la stanza, calpestando le scintille ardenti e calciando pezzi di fiaschetta in fiamme nel focolare prima che dessero fuoco alla casa. La porta si apr di schianto sotto l'assalto di Occhi-di-notte. Il lupo piomb nella stanza, graffiando il pavimento mentre correva, scivolando fino a fermarsi. Sto bene, sto bene lo rassicurai, e poi compresi che stavo gridando per sovrastare il tintinnio nelle orecchie. Occhi-di-notte emise uno sbuffo disgustato per la puzza. Senza condividere neanche un pensiero con me, usc di nuovo nella notte con passo sdegnato.

Umbra mi stava picchiando la mano sulla spalla. Spengo un carbone ardente mi assicur rumorosamente. Impiegammo qualche tempo per ristabilire l'ordine e riaccendere il fuoco nel posto giusto. Comunque Umbra allontan la sedia dal focolare, e io non mi ci sedetti pi vicino. Doveva funzionare cos? chiesi dopo un po', quando ci fummo rinfrancati con altro brandy di Lungosabbia. No! Per le palle di El, ragazzo, pensi che lo avrei fatto di proposito nel tuo focolare? Volevo produrre un bagliore improvviso di luce bianca, quasi accecante. La polvere non doveva reagire in quel modo. Eppure... Mi chiedo perch. Cosa c'era di diverso? Maledizione. Se solo ricordassi cosa c'era in quella fiaschetta... Aggrott le sopracciglia e fiss le fiamme con sguardo feroce, e. capii che il suo nuovo apprendista sarebbe stato messo al lavoro per capire cosa aveva provocato l'esplosione. Non gli invidiai la serie di esperimenti che sarebbero indubbiamente seguiti. Umbra pass la notte nella mia casetta, dormendo nel mio letto mentre io mi arrangiavo con quello di Ticcio. Ma quando ci svegliammo il mattino dopo, era chiaro che la visita era finita. All'improvviso sembrava non esserci altro da discutere, e parlare non aveva senso. Una specie di malinconia si impadron di me. Perch avrei dovuto chiedere di gente che non avrei mai pi rivisto? Perch Umbra avrebbe dovuto parlarmi della pi recente messe di intrighi politici, quando non avevano niente a che fare con la mia vita? Le nostre esistenze si erano intrecciate di nuovo per molte ore, ma adesso, mentre il giorno grigio albeggiava, Umbra mi guard occuparmi dei miei semplici compiti; attingere acqua, dare il mangime alle galline, cucinare la colazione e lavare le stoviglie. Con ogni goffo silenzio sembravamo sempre pi lontani. Cominciai quasi a desiderare che non fosse venuto. Dopo colazione Umbra disse che doveva andarsene, e non tentai di dissuaderlo. Gli promisi che avrebbe avuto la pergamena sul gioco dei sassolini quando sarebbe stata finita. Gli diedi diversi miei appunti sui dosaggi per le tisane sedative, e radici delle poche erbe del mio orto che non conosceva. Gli regalai molte fiale di inchiostri variopinti. Arriv vicino a tentare di farmi cambiare idea solo quando osserv che a Castelcervo c'era un migliore mercato per tali articoli. Mi limitai ad annuire e dissi che avrei potuto mandare Ticcio. Poi sellai la sua bella cavalla, misi la briglia e gliela portai. Umbra mi salut con un abbraccio, mont e se ne and. Lo guardai allontanarsi lungo il sentiero. Accanto a me, Occhi-di-notte mi infil la

testa sotto la mano. Ti dispiace? Mi dispiace per molte cose. Ma so che se lo seguissi e facessi come desidera, un giorno mi dispiacerebbe molto di pi. Eppure non riuscivo a muovermi e continuavo a fissarlo. Non era troppo tardi. Tentazione. Un grido, e si sarebbe girato per tornare indietro. Strinsi le mascelle. Occhi-di-notte mi sollev la mano con il naso. Vieni. Andiamo a caccia. Niente ragazzo, niente arco. Solo io e te. Sembra una buona idea mi sentii dire. Cos facemmo, e prendemmo perfino un bel coniglio di primavera. Fu bello sciogliere i muscoli e provare che ne ero ancora capace. Decisi che non ero vecchio, non ancora. Dovevo uscire e intraprendere nuove attivit, proprio come Ticcio. Imparare qualcosa di nuovo. Quella era sempre stata la cura di Pazienza contro la noia. Quella sera, mentre osservavo la mia casetta, mi parve soffocante, non pi confortevole. Ci che era stato familiare e intimo ora sembrava consumato e tedioso. Sapevo che era solo il contrasto tra le storie di Castelcervo raccontate da Umbra e la mia vita posata. Ma l'inquietudine, una volta risvegliata, una forza potente. Tentai di pensare all'ultima volta in cui non avevo dormito nel mio letto. La mia era una vita sedentaria. Ogni anno, al tempo del raccolto, mi mettevo in viaggio per un mese, facendomi assumere per lavorare i campi di fieno o raccogliere il grano o le mele. Il denaro in pi era benvenuto. Ero solito andare alla Baia di Hows due volte l'anno, a scambiare i miei inchiostri e tinture per stoffa con vestiti e terraglie e altri oggetti utili. Gli ultimi due anni ci avevo mandato il ragazzo e il vecchio pony grasso. La mia vita si era assestata in una consuetudine cos radicata che non me n'ero neanche accorto. Allora. Cosa vuoi fare? Occhi-di-notte si stiracchi e poi sbadigli rassegnato. Non lo so, ammisi. Qualcosa di diverso. Ti piacerebbe girare un po' il mondo? Per un po' il lupo si ritir in quella parte della mente che era solo sua. Poi chiese, piuttosto risentito: Tutti e due a piedi, o ti aspetti che io tenga il passo di un cavallo tutto il giorno? Giusta domanda. Se andassimo a piedi? Se proprio devi, concesse Occhi-di-notte di malavoglia. Stai pensando a quel luogo laggi nelle Montagne, vero? La citt antica? S.

Non fece obiezioni. Portiamo il ragazzo? Io lo lascerei qui a cavarsela da solo per un po'. Potrebbe fargli bene. Ed necessario che qualcuno custodisca i polli. Quindi suppongo che non partiremo finch il ragazzo non torna? Annuii. Mi chiesi se fossi impazzito. Mi chiesi se saremmo mai tornati. 2 Stornella Stornella Dolcecanto, cantastorie della regina Kettricken, ispir tante canzoni quante ne compose. Leggendaria compagna della regina durante la cerca degli Antichi per chiedere il loro aiuto contro le Navi Rosse, offr il suo servizio al trono dei Lungavista per decenni durante la ricostruzione dei Sei Ducati. Capace di trovarsi a suo agio in compagnia di chiunque, fu indispensabile alla regina negli anni inquieti che seguirono la Purificazione del Cervo. Le furono affidati trattati e accordi tra nobili, e anche offerte di amnistia a bande di predoni e famiglie di contrabbandieri. Stornella trasse canzoni da molte di queste missioni, ma di certo ebbe altre avventure, condotte in segreto per il regno dei Lungavista, e troppo delicate per poter mai essere messe in rima. Stornella tenne Ticcio con s per oltre due mesi. Il mio divertimento per la sua assenza divenne prima irritazione e poi fastidio. Il fastidio era soprattutto verso me stesso. Non avevo compreso quanto fossi giunto a dipendere dalla schiena robusta del ragazzo finch non dovetti piegare la mia ai compiti che ero solito delegare a lui. Ma durante quel mese in pi di assenza non intrapresi solo i normali lavori domestici del ragazzo. La visita di Umbra aveva risvegliato qualcosa in me. Un sentimento senza nome, come se un demone mi avesse morso, mostrandomi la pochezza della mia piccola propriet. La pace della mia casa isolata ora sembrava pigra indifferenza. Era passato davvero un anno da quando avevo infilato una pietra sotto il gradino sbilenco del portico, ripromettendomi di ripararlo in un secondo momento? No, era passato un anno e mezzo. Aggiustai il portico, e poi non solo ripulii il pollaio ma lo lavai con la lisciva e raccolsi canne fresche da spargere sul pavimento. Riparai il tetto della stanza da lavoro che perdeva, e finalmente praticai un'apertura nella parete e installai la finestra di pelle ingrassata come mi ripromettevo da

due anni. Le pulizie di primavera della casetta furono le pi complete in anni e anni. Tagliai il ramo rotto del frassino, lasciandolo cadere sul tetto del pollaio appena ripulito. Rifeci il tetto del pollaio. Stavo proprio portando a termine quel compito quando Occhi-di-notte mi disse che sentiva cavalli. Scesi, raccolsi la tunica e girai sul davanti della casetta per salutare Stornella e Ticcio che si avvicinavano lungo il sentiero. Non so se fu la lunga separazione, o la mia recente inquietudine, ma all'improvviso Ticcio e Stornella mi parvero estranei. Non erano solo i vestiti nuovi di Ticcio che ne accentuavano le gambe lunghe e le spalle sempre pi ampie. Sembrava comico in sella al vecchio pony grasso, e di sicuro ne era consapevole. Quel pony era poco adatto a un giovane che cresceva, come lo era il letto da ragazzino nella mia casetta e il mio placido modo di vivere. Percepii all'improvviso che non avevo il diritto di chiedergli di restare a custodire i polli mentre io andavo a caccia di avventure. Anzi, se non lo avessi mandato presto a cercare fortuna, la mite scontentezza che vedevo nei suoi occhi di colore diverso sarebbe presto diventata amara insoddisfazione per la sua vita. Ticcio era stato per me un buon compagno; forse quel trovatello che avevo adottato mi aveva salvato quanto io avevo salvato lui. Facevo molto meglio a mandarlo per il mondo mentre ancora ci piacevamo, senza attendere di diventare un dovere gravoso per le sue giovani spalle. Non solo Ticcio era cambiato ai miei occhi. Stornella era quanto mai briosa: scavalc il dorso del cavallo con un gran sorriso e scivolo a terra. Eppure, mentre veniva verso di me a braccia aperte, compresi che ultimamente sapevo pochissimo della sua vita. Abbassai lo sguardo nei suoi allegri occhi scuri e notai per la prima volta le sottili rughe che cominciavano a formarsi agli angoli. Nel corso degli anni il suo abbigliamento era divenuto pi ricco, la qualit dei cavalli migliore e i gioielli pi costosi. Quel giorno i folti capelli scuri erano assicurati con un fermaglio di argento massiccio. Chiaramente prosperava. Tre o quattro volte all'anno piombava in casa mia, si fermava qualche giorno e metteva sottosopra la mia vita tranquilla con le sue storie e le sue canzoni. Insisteva per condire il cibo secondo il suo gusto, spargeva le sue cose su tavolo, scrittoio e pavimento, e il mio letto non era pi un rifugio solitario quando ero sfinito. I giorni immediatamente successivi alla sua partenza mi ricordavano una strada di campagna dopo il passaggio di una carovana di burattinai, la polvere ancora densa nell'aria. Mi sentivo il respiro mozzato e la vista annebbiata finch non mi assestavo ancora una volta nella mia monotona consuetudine.

La abbracciai forte, odorando polvere e profumo nei suoi capelli. Si stacc da me, mi guard in faccia e subito chiese: Che succede? C' qualcosa di diverso. Sorrisi malinconico. Te lo dico dopo promisi, ed entrambi sapevamo che sarebbe stata una delle nostre conversazioni a notte alta. Vai a lavarti concord lei. Puzzi come il mio cavallo. Mi diede una lieve spinta, e mi allontanai da lei per salutare Ticcio. Allora, ragazzo, com' andata? La Festa di Primavera a Castelcervo era all'altezza delle storie di Stornella? stato bello disse lui in tono neutro. Mi guard in faccia, e i suoi occhi scompagnati, uno blu e uno castano, erano pieni di tormento. Ticcio? cominciai preoccupato, ma lui scroll le spalle e si ritrasse prima che potessi toccargli la spalla. Si allontan da me, ma forse si pent del suo brusco saluto, perch disse con voce strozzata: Vado al ruscello a lavarmi. Sono coperto di polvere. Vai con lui. Non so cosa sia successo, ma ha bisogno di un amico. Preferibilmente uno che non pu fare domande, riconobbe Occhi-dinotte. A testa bassa, la coda diritta e tesa, segu il ragazzo. A modo suo era affezionato a Ticcio quanto me, e aveva contribuito in egual misura ad allevarlo. Quando furono lontani, mi rivolsi di nuovo a Stornella. Sai di che si tratta? La donna scroll le spalle con un sorriso storto. Ha quindici anni. A quell'et il malumore deve avere per forza un motivo? Non perderci il sonno. Potrebbe essere qualsiasi cosa: una ragazza che non lo ha baciato alla Festa di Primavera, o una che lo ha baciato. Andarsene da Castelcervo o tornare a casa. Una salsiccia guasta a colazione. Lascialo in pace. Star bene. Guardai il ragazzo che svaniva fra gli alberi insieme al lupo. Forse ricordo i miei quindici anni in modo un po' diverso da te commentai. Mentre Stornella entrava nella casetta mi occupai del suo cavallo e di Trifoglio il pony, riflettendo che, qualunque fosse il mio umore, Burrich mi avrebbe ordinato di badare al mio cavallo prima di andarmene. Ebbene, io non ero Burrich. Mi chiesi se applicava la stessa disciplina a Urtica, Chevalier e Les. Perch non avevo chiesto a Umbra i nomi degli altri bambini? Quando i cavalli furono sistemati mi trovai a desiderare che Umbra non fosse venuto. La sua visita aveva riportato a galla troppi vecchi ricordi. Li scacciai risolutamente. Ossa vecchie di quindici anni, mi avrebbe

detto il lupo. Sfiorai la sua mente. Ticcio si era spruzzato un po' d'acqua in faccia e avanzava nei boschi, borbottando e camminando cos distrattamente che non avrebbero visto ombra di selvaggina. Sospirai per tutti e due, ed entrai nella casetta. Stornella aveva scaricato il contenuto delle borse da sella sul tavolo. Gli stivali che si era tolta giacevano di traverso sulla soglia; il mantello era drappeggiato su una sedia. Il bollitore cominciava a borbottare. La donna era in piedi su uno sgabello di fronte alla credenza. Mi tese un vasetto marrone. Questo t ancora buono? Ha uno strano odore. ottimo, quando sto abbastanza male da mandarlo gi. Scendi di l. La presi per la vita e la sollevai facilmente, anche se avvertii una fitta alla mia vecchia cicatrice sulla schiena quando la deposi sul pavimento. Siediti. Preparo io il t. Parlami della Festa di Primavera. Stornella raccont mentre tiravo fuori le mie poche tazze, tagliavo fette dalla mia ultima pagnotta e mettevo a scaldare lo stufato di coniglio. Le sue storie di Castelcervo erano quelle che mi ero abituato a sentire da lei: parl di menestrelli che avevano cantato bene o male, spettegol di signori e dame che non avevo mai conosciuto e condann o lod il cibo delle varie tavole nobiliari dove era stata ospite. Raccontava con arguzia, facendomi ridere o scuotere la testa a seconda del caso, senza una traccia del dolore che Umbra aveva destato in me. Forse era perch il vecchio aveva parlato di gente che avevamo conosciuto e amato, raccontando le sue storie da quella prospettiva intima. Non rimpiangevo Castelcervo o la vita di citt, ma i giorni della mia fanciullezza e gli amici che avevo conosciuto. Di quello ero sicuro; impossibile tornare indietro. Solo alcuni di loro sapevano che ero ancora vivo, e cos volevo che fosse. Lo dissi a Stornella: A volte le tue storie toccano il mio cuore e mi fanno desiderare di tornare a Castelcervo. Ma quel mondo ora mi precluso. La donna aggrott le sopracciglia. Non vedo perch. Risi ad alta voce. Non pensi che qualcuno sarebbe sorpreso di vedermi vivo? Stornella inclin la testa e mi fiss con franchezza. Penso che pochi, anche fra i tuoi vecchi amici, ti riconoscerebbero. La maggior parte ti ricorda come un fanciullo dal volto liscio. Il naso rotto, il taglio in faccia, il bianco nei capelli basterebbero a camuffarti. Allora vestivi come il figlio di un principe; ora porti gli abiti di un contadino. Allora ti muovevi con la grazia di un guerriero. Ora, ebbene, di mattina o in un giorno freddo, ti muovi con la cautela di un vecchio. Scosse il capo con rammarico e ag-

giunse: Non ti sei preso cura del tuo aspetto, e gli anni non sono stati clementi con te. Potresti aggiungere cinque o anche dieci anni alla tua et, e nessuno lo metterebbe in dubbio. Quel giudizio schietto da parte della mia amante mi punse. Bene, buono a sapersi risposi ironico. Presi il bollitore dal fuoco, non volendo incontrare i suoi occhi. Stornella fraintese le parole e il tono. Esatto. Se poi aggiungi che le persone vedono ci che si aspettano di vedere, e non si aspettano di vederti vivo... penso che potresti correre il rischio. Stai pensando di tornare a Castelcervo? No. Sentii quanto la risposta fosse brusca, ma non mi venne da aggiungere nulla. Stornella non parve infastidita. Peccato. Perdi cos tanto, vivendo da solo. Subito si lanci in una descrizione dei balli alla Festa di Primavera. Nonostante il mio malumore, dovetti sorridere quando raccont che una giovane ammiratrice di sedici estati aveva chiesto un ballo a Umbra. Aveva ragione. Quanto mi sarebbe piaciuto esserci. Mentre preparavo da mangiare sorpresi la mia mente a vagare verso l'antico tormento dei se. E se fossi tornato a Castelcervo con la mia regina e Stornella? E se fossi andato a cercare Molly e la nostra bambina? Ogni variante finiva in un disastro. Se fossi tornato vivo quando tutti mi credevano giustiziato per aver fatto uso dello Spirito avrei portato solo discordia, in un momento in cui Kettricken stava tentando di riunificare il paese. Una fazione avrebbe preferito me a lei, per quanto bastardo, perch ero di sangue Lungavista mentre lei regnava solo in virt del suo matrimonio. Una fazione pi forte avrebbe preferito giustiziarmi di nuovo, e in modo pi efficace. E se fossi tornato da Molly e dalla bambina, per portarla via e tenerla con me? Suppongo che avrei potuto, se avessi pensato solo a me stesso. Molly e Burrich mi credevano morto. La donna che era stata mia moglie in tutto tranne che nel nome, e l'uomo che mi aveva allevato ed era stato mio amico, avevano trovato conforto reciproco. Lui aveva offerto a Molly casa e sostentamento mentre la mia bambina cresceva dentro di lei. Aveva fatto nascere con le proprie mani la mia figlia illegittima. Insieme avevano protetto Urtica dagli uomini di Regal. Burrich aveva rivendicato donna e bambina, non solo per proteggerle ma per amarle. Avrei potuto tornare da loro e farli sentire infedeli. Avrei potuto rendere disonorevole il loro legame. Burrich mi avrebbe lasciato Molly e Urtica. Il suo rigido senso dell'o-

nore non gli avrebbe lasciato alternative. E io mi sarei chiesto per sempre se Molly mi paragonava a lui, se l'amore che avevano diviso fosse stato pi forte e pi onesto di... Stai bruciando lo stufato indic Stornella seccata. Infatti. Riempii i piatti e la raggiunsi a tavola. Allontanai il passato, vero e immaginato. Non avevo bisogno di pensarci. Avevo Stornella a tenere impegnata la mia mente. Come di consueto, io ascoltavo e lei raccontava. Si lanci in un lungo resoconto di un cantastorie comparso dal nulla alla Festa di Primavera, che non solo aveva osato cantare una delle canzoni di Stornella, cambiando solo un verso o due, ma aveva affermato di averla composta lui. Stornella gesticolava con il pane mentre parlava, e riusc quasi a interessarmi alla storia. Ma i miei ricordi di altre Feste di Primavera continuavano a intromettersi. Avevo perso ogni soddisfazione nella vita semplice che mi ero creato? Il ragazzo e il lupo mi erano bastati per molti anni. Cosa mi tormentava adesso? Quel pensiero me ne ispir un altro spiacevole. Dov'era Ticcio? Avevo fatto il t per tutti e tre, e preparato tre porzioni di cibo. Ticcio era sempre affamato dopo un lavoro o un viaggio. Mi preoccupava che fosse cos abbattuto da non venire a mangiare con noi. Mentre Stornella parlava, i miei occhi cercavano di continuo la ciotola intatta di stufato. Lei se ne accorse. Non preoccuparti per lui mi disse, quasi irritata. un ragazzo, e in quanto tale ha delle maniere brusche. Verr quando avr abbastanza fame. O roviner dell'ottimo pesce arrostendolo sul fuoco. Il pensiero del lupo arriv in risposta al mio Spirito che lo cercava. Erano gi al torrente. Ticcio aveva usato un bastone come lancia rudimentale, e il lupo si era semplicemente tuffato per cacciare sotto le rive sporgenti. Dove il pesce era in banchi non gli era difficile intrappolarne uno, immergere la testa e afferrarlo. L'acqua fredda gli faceva dolere le giunture, ma presto il fuoco del ragazzo lo avrebbe scaldato. Stavano bene. Non preoccuparti. Consiglio inutile, ma finsi di ascoltarlo. Finimmo di mangiare e io misi via i piatti. Mentre sparecchiavo, Stornella sedette accanto al focolare del fuoco serale, toccando le corde dell'arpa finch le note casuali si trasformarono nella vecchia canzone sulla figlia del mugnaio. Quando tutto fu in ordine la raggiunsi con due tazze di brandy di Lungosabbia. Sedetti su una sedia, ma lei si accoccol sul pavimento, vicina al fuoco. Appoggi la schiena alle mie gambe mentre suonava. Guardai le sue mani sulle corde, notando le deformit dove una volta le avevano spezzato le dita, come av-

vertimento per me. Alla fine della canzone mi chinai e la baciai. Stornella mi ricambi, accantonando l'arpa e approfondendo il bacio. Poi si mise in piedi e mi prese le mani per farmi alzare. Mentre la seguivo nella stanza da letto, osserv: Stanotte sei pensieroso. Emisi un vago suono di assenso. Dirle che prima aveva ferito i miei sentimenti sarebbe sembrato lagnoso e infantile. Volevo che mi mentisse, dicendomi che ero ancora giovane e bello quando evidentemente non lo ero? Il tempo non mi aveva risparmiato. Tutto qui. Bisognava aspettarselo. E Stornella continuava a tornare da me. Per tanti anni era sempre tornata a casa mia e nel mio letto. Doveva significare qualcosa. Allora, cosa volevi dirmi? mi esort Stornella. Pi tardi le dissi. Il passato cercava di afferrarmi, ma allontanai le sue dita avide, deciso a immergermi nel presente. Non era poi una brutta vita. Era semplice e ordinata, senza conflitti. Non era la vita che avevo sempre sognato? Una vita in cui prendevo le mie decisioni solo per me? E non ero davvero solo. Avevo Occhi-di-notte e Ticcio, e Stornella, quando veniva da me. Le aprii il corpetto e poi la tunica per scoprirle i seni mentre lei mi slacciava la tunica. Mi abbracci, strofinandosi contro di me con il piacere senza vergogna di una gatta che fa le fusa. La strinsi a me e chinai il viso a baciarle la sommit del capo. Anche quello era semplice, e tanto pi dolce per la semplicit. Sprofondammo nel mio materasso imbottito di fresco, soffice e fragrante come l'erba di prato e le foglie aromatiche che lo riempivano. Per qualche tempo smisi di pensare, mentre tentavo di persuadere tutti e due che nonostante le apparenze ero ancora giovane. Qualche tempo dopo indugiavo ai confini del torpore. A volte penso che ci sia pi riposo in quel luogo tra sonno e veglia che nel vero sonno. La mente vaga nel crepuscolo di entrambi gli stati, e scopre verit nascoste allo stesso modo dal sole e dai sogni. Cose che non siamo pronti a conoscere dimorano l, attendendo quello stato d'animo indifeso. Mi svegliai. A occhi aperti studiai i dettagli della mia stanza buia, prima di comprendere che il sonno era fuggito. Stornella aveva allungato un braccio attraverso il mio petto. Nel sonno aveva scalciato via la coperta da tutti e due. La notte nascondeva la sua nudit noncurante, coprendola con un manto d'ombre. Giacqui immobile, sentendola respirare e odorando il suo sudore mescolato al profumo, e mi chiesi cosa mi avesse destato. Non riuscivo ad afferrarlo, ma non potevo neppure richiudere gli occhi. Scivolai da sotto il suo braccio e mi alzai. Nell'oscurit brancolai cercando la tu-

nica e le brache che avevo lasciato cadere in terra. Le braci del focolare rischiaravano di una luce esitante la stanza principale, ma non mi attardai. Aprii la porta e avanzai a piedi nudi nella mite notte di primavera. Rimasi immobile un momento, lasciando che i miei occhi si abituassero, e poi mi allontanai dalla casetta e dall'orto, diretto alla riva del ruscello. Il sentiero era fango duro e freddo sotto i piedi, compresso dai miei viaggi quotidiani per prendere acqua. Gli alberi si incontravano sopra la mia testa, e non c'era la luna, ma i miei passi e il mio naso conoscevano la strada come i miei occhi. Dovevo solo seguire il mio Spirito fino al lupo. Presto scorsi il bagliore arancio del debole fuoco di Ticcio, e colsi l'odore persistente del pesce arrosto. Dormivano accanto al fuoco, il lupo appallottolato con il naso sulla coda e Ticcio acciambellato attorno a lui, il braccio intorno al suo collo. Occhidi-notte sollev le palpebre mentre mi avvicinavo, ma non si mosse. Ti ho detto di non preoccuparti. Non sono preoccupato. Sono solo qui. Ticcio aveva lasciato alcuni rami vicino al fuoco. Li aggiunsi alla brace. Sedetti e guardai il fuoco che li afferrava. La luce crebbe insieme al calore. Seppi che il ragazzo era sveglio. Non si cresce con un lupo senza imparare un poco della sua cautela. Lo attesi. Non sei tu. Non solo tu, in ogni modo. Non lo guardai, neanche quando parl. Certe cose meglio dirle al buio. Attesi. Il silenzio pu porre tutte le domande, mentre la lingua tende a scegliere quelle sbagliate. Devo sapere sbott Ticcio all'improvviso. Il mio cuore trasal alla domanda imminente. In un angolo della mia anima, l'avevo sempre temuta. Non avrei dovuto permettergli di andare alla Festa di Primavera, pensai angosciato. Se lo avessi tenuto a casa, il mio segreto non sarebbe mai stato minacciato. Ma la domanda non era quella. Sapevi che Stornella sposata? Allora s che lo guardai, e il mio viso dovette rispondere per me. Ticcio chiuse gli occhi, comprensivo. Mi spiace disse piano. Dovevo immaginarlo che non lo sapevi. Dovevo trovare un modo migliore per dirtelo. Il semplice conforto di una donna che cercava il mio abbraccio quando le andava, perch desiderava stare con me, e le sere dolci di racconti e musica accanto al fuoco, e i suoi allegri occhi scuri che guardavano nei miei erano all'improvviso colpevoli, bugiardi e furtivi. Ero stato stupido come

non mai, no, anche pi stupido, perch l'ingenuit di un ragazzo fatuit in un uomo. Sposata. Stornella era sposata. Diceva che nessuno avrebbe voluto sposarla perch era sterile, che doveva guadagnarsi da vivere con le sue canzoni perch nessun uomo si sarebbe preso cura di lei, nessun figlio avrebbe provveduto alla sua vecchiaia. Probabilmente, quando me lo aveva detto, aveva creduto che fosse vero. La mia follia era stata pensare che la verit non sarebbe cambiata mai. Occhi-di-notte si era alzato, stiracchiandosi rigido. Si distese accanto a me e mi mise la testa sul ginocchio. Non capisco. Sei malato? No. Solo stupido. Ah. Nulla di nuovo. Bene, di questo non sei ancora morto. Ma a volte ci sono andato vicino. Trassi un respiro. Raccontami. Non volevo sentirlo, ma sapevo che Ticcio doveva parlare. Meglio farla finita. Ticcio si avvicin con un sospiro e sedette dall'altro lato di Occhi-dinotte. Raccolse un ramoscello e stuzzic il fuoco. Non voleva che lo scoprissi, penso. Suo marito non vive a Castelcervo. arrivato per farle una sorpresa e passare la Festa di Primavera con lei. Mentre parlava, il ramoscello si incendi. Lo gett nel fuoco. Le sue dita vagarono inquiete a lisciare il pelo di Occhi-di-notte. Mi immaginai un buon vecchio coltivatore, sposato a una cantastorie negli anni quieti della sua vita, forse con figli adulti da un primo matrimonio. La amava tanto da fare un viaggio fino a Castelcervo per farle una sorpresa. La Festa di Primavera era tradizionalmente per gli innamorati, vecchi e nuovi. Si chiama Dewin continu Ticcio. Dev'essere un parente del principe Devoto. Un lontano cugino o qualcosa di simile. un uomo alto, sempre elegantissimo. Portava un mantello due volte pi ampio del necessario, con il collo di pelliccia. E argento a entrambi i polsi. forte, anche. Al ballo della Festa di Primavera ha sollevato Stornella e l'ha fatta girare, e tutti si sono fatti indietro per ammirarli. Ticcio mi guardava in viso mentre parlava. Penso che trovasse consolante la mia evidente costernazione. Dovevo immaginarlo che non lo sapevi. Non metteresti le corna a un nobile come quello. Non metterei le corna a nessuno riuscii a dire. Non di proposito. Ticcio sospir sollevato. quello che mi hai insegnato. Come tipico dei ragazzi, la sua mente torn subito al suo sgomento. Sono rimasto sconvolto quando li ho visti baciarsi. Non avevo mai visto nessuno baciarsi

cos, tranne te e Stornella. Ho pensato che ti tradiva, e poi, quando l'ho sentito presentare come suo marito... Alz la testa e mi guard. Mi ha fatto davvero male. Ho pensato che tu lo sapessi e non ti importasse. Ho creduto che forse per tanti anni mi avevi insegnato una cosa e fatto un'altra. Mi sono chiesto se mi ritenevi cos ottuso da non scoprirlo mai, se tu e Stornella ridevate di me perch ero cos stupido. Ho continuato a pensarci finch non ho cominciato a mettere in dubbio tutto quello che mi hai insegnato. Guard di nuovo il fuoco. Fa cos male sentirsi traditi. Ero contento che ragionasse in quel modo. Molto meglio che considerasse quello che significava per lui, non il dolore che provavo. Lo lasciai seguire i suoi pensieri. La mia mente si muoveva in un'altra direzione, cigolando come un vecchio carretto trascinato fuori da un capanno e ingrassato per la primavera. Resistetti alle ruote che mi conducevano a una conclusione inevitabile. Stornella era sposata. Perch no? Non aveva niente da perdere e tutto da guadagnare. Una casa comoda con il suo nobiluomo, un titolo minore senza dubbio, ricchezza e sicurezza per la vecchiaia; e per lui, una moglie bella e affascinante/famosa cantastorie, per crogiolarsi nella sua gloria riflessa e godere dell'invidia di altri uomini. E quando lei si stancava, le bastava rimettersi in viaggio, come fanno i cantastorie, e passare una notte con me, e nessuno dei due ne avrebbe saputo niente. Due? Eravamo solo in due? Pensi che lei sia andata a letto solo con te? Tipo diretto, Ticcio. Mi chiesi quali domande avesse posto a Stornella mentre tornavano a casa. Suppongo di non averci mai pensato ammisi. Tante cose erano pi facili da affrontare se non ci si pensava troppo. Era logico che Stornella avesse altri uomini. Era. nello stile dei cantastorie. Cos avevo giustificato la nostra relazione a me stesso, e indirettamente a Ticcio. Lei non ne aveva mai parlato, io non avevo mai chiesto, e i suoi altri amanti erano esseri ipotetici, senza volto e senza corpo. Ma di certo non mariti. Stornella era votata a lui, e lui a lei. Quello faceva per me la vera differenza. Ora che farai? Ottima domanda. Avevo accuratamente evitato di considerarla. Non ne sono sicuro mentii. Stornella ha detto che non era affar mio, che non faceva male a nessuno. Ha detto che se te lo raccontavo sarei stato io quello crudele, avrei fatto male a te, non a lei. Ha detto che era sempre stata attenta a non ferirti, che avevi avuto abbastanza dolore nella tua vita. Quando ho detto che avevi il

diritto di sapere, ha risposto che avevi ancora pi diritto a non sapere. Stornella e la sua lingua pronta. Lo aveva condannato a sentirsi colpevole, qualunque cosa facesse. Ticcio ora mi guard, i suoi due occhi scompagnati fedeli come quelli di un cane, e attese che lo giudicassi. Parlai sinceramente. Preferisco sapere la verit da te che lasciarmi ingannare sotto i tuoi occhi. Ti ho fatto del male, allora? Scossi lentamente il capo. Me lo sono fatto da solo, ragazzo. Era cos. Non ero mai stato un cantastorie; non avevo diritto alla vita di un cantastorie. Quelli che si guadagnano da vivere con i loro strumenti e le loro canzoni hanno cuori pi duri degli altri, suppongo. pi facile trovare un orso aggraziato che un cantastorie fedele dice il proverbio. Mi chiesi se il marito di Stornella lo conosceva. Pensavo che ti saresti arrabbiato. Lei mi ha avvertito che potevi infuriarti abbastanza da farle male. E tu ci hai creduto? Quello mi fer quanto la rivelazione. Ticcio trasse un respiro rapido, esit di nuovo, poi disse in fretta: Ti arrabbi facilmente. E io non ho mai dovuto dirti qualcosa che ti facesse male. Qualcosa che ti facesse sentire stupido. Ragazzo perspicace. Pi di quanto pensassi. Sono arrabbiato, Ticcio. Sono arrabbiato con me stesso. Lui guard il fuoco. Mi sembra di essere egoista, perch ora mi sento meglio. Sono contento che tu stia meglio. Sono contento che le cose siano di nuovo a posto tra noi. Ora metti tutto da parte e parlami della Festa di Primavera. Che ne pensi di Borgo Castelcervo? Cos lui parl e io ascoltai. Aveva visto Castelcervo e la Festa di Primavera con gli occhi di un ragazzo, e mentre parlava compresi quanto la rocca e il borgo fossero cambiati dai miei tempi. Dalle sue descrizioni scoprii che il borgo era riuscito a crescere, strappando spazio per costruire alle rupi aspre che lo sovrastavano, ed espandendosi su palafitte. Ticcio descrisse taverne ed empori galleggianti. Parl di commercianti di Borgomago e delle isole al di l, e anche delle Isole Esterne. Borgo Castelcervo aveva assunto importanza come porto commerciale. Quando Ticcio descrisse la Sala Grande di Castelcervo e la stanza dove aveva alloggiato come ospite di Stornella, seppi che anche il castello era cambiato moltissimo. Il ragazzo parl di tappeti e fontane, ricchi arazzi su ogni parete e sedie imbottite e candelieri sfavillanti. Le descrizioni mi ricordarono pi la bella dimora di

Regal a Guado dei Mercanti che la severa fortezza che un tempo avevo chiamato casa. Sospettavo l'influenza di Umbra quanto di Kettricken. Al vecchio assassino erano sempre piaciute le cose belle, e anche le comodit. Avevo gi deciso di non tornare pi a Castelcervo. Perch doveva essere cos sconcertante scoprire che il luogo che ricordavo, la fosca fortezza di pietra nera, non esisteva neanche pi? Ticcio mi parl anche dei paesi che avevano attraversato sulla via per Castelcervo. Mi raccont una storia che mi gel il sangue. Mi sono spaventato a morte una mattina allo Spiedo di Hardin cominci, e non riconobbi il nome del villaggio. Sapevo vagamente che molti che avevano abbandonato la costa durante gli anni delle Navi Rosse erano tornati per fondare nuovi villaggi, non sempre sulle ceneri dei vecchi. Annuii come se conoscessi il luogo. Probabilmente, l'ultima volta che ci ero passato, non era stato pi di uno slargo nella strada. Ticcio parl con occhi sbarrati, e seppi che per il momento aveva dimenticato la doppiezza di Stornella. Eravamo in viaggio per la Festa di Primavera. Avevamo passato la notte alla locanda: Stornella aveva cantato per pagarsi la cena e una stanza, e tutti erano cos gentili e premurosi con noi che pensavo che lo Spiedo di Hardin fosse un gran bel posto. Nella stanza comune, mentre Stornella non stava cantando, sentii parole di rabbia contro una Spirituale che era stata catturata per aver gettato una magia sulle vacche in modo che non dessero pi latte, ma non ci badai. Sembravano solo uomini che parlavano troppo forte dopo troppa birra. Il locandiere ci diede una stanza al piano di sopra. Mi svegliai presto, troppo presto per Stornella, ma non riuscivo pi a dormire. Quindi sedetti alla finestra e guardai la gente che andava e veniva per le strade. Cominciarono a radunarsi in piazza. Pensai che forse era un mercato o una sagra di primavera. Ma poi trascinarono fuori una donna, tutta livida e sanguinante. La legarono a un palo, e pensai che l'avrebbero fustigata. Poi notai che alcuni avevano portato cesti pieni di pietre. Svegliai Stornella e le chiesi cosa stava succedendo, ma lei mi disse di stare zitto, perch non potevamo farci niente. Mi disse di venir via dalla finestra, ma non lo feci. Non potevo. Non riuscivo a credere che potesse accadere; continuavo a pensare che sarebbe venuto qualcuno e li avrebbe fermati. Tom, era legata l, indifesa. Un uomo si fece avanti e lesse qualcosa da un rotolo. Poi indietreggi, e loro la lapidarono. Tacque. Sapeva che i villaggi infliggevano punizioni aspre per ladri di cavalli e assassini. Aveva sentito di fustigazioni e impiccagioni. Ma non aveva mai dovuto vederne una. Deglut nel silenzio. Il gelo mi percorse.

Occhi-di-notte uggiol, e tesi una mano verso di lui. Potevi essere tu. Lo so. Ticcio trasse un profondo respiro. Pensavo di dover andare laggi, che qualcuno doveva fare qualcosa, ma avevo troppa paura. Mi vergognavo, ma non potevo muovermi. Sono rimasto l a guardare, mentre le pietre la colpivano. E lei continuava a tentare di nascondere la testa con le braccia. Mi veniva da vomitare. Poi udii un suono che non avevo mai sentito prima, come un fiume che scorre nell'aria. Il cielo della mattina si oscur, come nubi di temporale in arrivo, ma non c'era vento. Erano corvi, Tom, un'invasione di uccelli neri. Non ne avevo mai visto cos tanti. Gracchiavano e strillavano, proprio come quando trovano un'aquila o un falco e cercano di scacciarlo. Ma non stavano inseguendo un'aquila. Si levarono dalle colline dietro la citt e riempirono il cielo, come una coperta nera stesa che si agita al vento. Poi piombarono all'improvviso sulla folla, planando e gracchiando. Ne vidi uno atterrare nei capelli di una donna e beccarle gli occhi. La gente correva dappertutto, urlando e cercando di colpirli con le mani. Spaventarono una coppia di cavalli che balzarono via come impazziti, trascinando il carro attraverso la folla. Tutti gridavano. Anche Stornella si alz per venire alla finestra. Presto le strade furono vuote, a parte gli uccelli. Erano appollaiati dovunque, su tetti e davanzali, e gli alberi ne erano cos gremiti che i rami si piegavano per il peso. La donna legata, quella dello Spirito, era scomparsa. Rimanevano solo le corde insanguinate, legate al palo. Poi, tutti insieme, gli uccelli si sollevarono e spiccarono il volo. E poi pi nulla. La voce si abbass in un sussurro. Il locandiere ha detto che secondo lui si era trasformata in uccello ed era volata via con gli altri. Pi tardi, mi dissi. Pi tardi gli avrei detto che non era vero, che forse aveva chiamato gli uccelli per aiutarla a scappare ma che neppure gli adepti dello Spirito potevano cambiare forma. Pi tardi gli avrei detto che non era un codardo per non essere andato laggi, che lo avrebbero solo lapidato insieme a lei. Pi tardi. La storia che raccontava era come veleno che scorre da una ferita. Meglio lasciarlo fluire senza ostacolo. Ripresi a seguire le sue parole. ...E si fanno chiamare Antico Sangue. Il locandiere ha detto che cominciano a credersi chiss chi. Vorrebbero il potere, dice, come quando regnava il Principe Pezzato. Ma se prendono il potere si vendicheranno di noi tutti. Quelli che non hanno la magia dello Spirito saranno loro schiavi. E se qualcuno prover a sfidarli, sar dato in pa-

sto alle loro bestie. La sua voce si spense in un bisbiglio. Si schiar la gola. Stornella mi ha detto che era stupido, che gli adepti dello Spirito non sono cos. Ha detto che vogliono solo essere lasciati in pace. Fui sorpreso dall'immensa gratitudine che provai verso Stornella. Certo. una cantastorie. Loro incontrano gente di tutti i tipi, e apprendono cose strane. Quindi puoi crederle. Mi aveva dato troppo da pensare. A malapena riuscii a concentrarmi sul resto dei suoi racconti. Era affascinato dalla insensata diceria che Borgomago allevava draghi e che presto le citt avrebbero potuto comprare un drago di Borgomago per fare la guardia. Lo rassicurai: avevo visto i veri draghi e non bisognava credere a certe storie. Erano pi realistiche le voci che la guerra di Borgomago con Chalced poteva diffondersi ai Sei Ducati. Una guerra potrebbe arrivare qui? volle sapere. Giovane com'era, aveva solo vaghi ma spaventosi ricordi della nostra lotta contro le Navi Rosse. E tuttavia era un ragazzo, e la guerra sembrava un evento interessante come la Festa di Primavera. Prima o poi c' sempre guerra con Chalced risposi, citando un vecchio proverbio. Anche quando non guerra aperta, sono scaramucce di confine e una buona dose di pirateria e saccheggi. Non lasciarti angustiare. I ducati di Costabassa e Acquemosse sono sempre in prima linea, e ne sono ben contenti. Il duca di Costabassa sarebbe felice di annettere al suo regno un altro pezzo delle terre del duca di Chalced. La conversazione si spost su notizie pi sicure e pi prosaiche della sua Festa di Primavera. Mi raccont di giocolieri che lanciavano bastoni fiammeggianti e lame nude da una mano all'altra, ripet le battute migliori di uno spettacolo licenzioso di burattini, e mi disse che una bella fattucchiera di nome Jinna gli aveva venduto un amuleto contro i borsaioli e aveva promesso un giorno o l'altro di venirci a trovare. Risi ad alta voce quando mi disse che in meno di un'ora l'amuleto gli era stato sottratto da un borsaiolo. Aveva mangiato pesce in carpione e gli era piaciuto moltissimo, finch una sera non aveva bevuto troppo vino, vomitando tutto. Giur che non sarebbe mai pi riuscito a mangiarlo. Lo lasciai parlare, contento che finalmente si divertisse a dividere con me le sue avventure a Castelcervo. Eppure con ogni storia era sempre pi chiaro che la mia vita semplice non era pi adatta a Ticcio. Era ora di mandarlo a bottega e lasciare che se la cavasse da solo. Per un istante mi sentii sull'orlo di un abisso. Dovevo affidare Ticcio a un padrone che gli insegnasse un vero mestiere, e dovevo allontanare Stor-

nella dalla mia vita. Sapevo che se l'avessi cacciata via dal mio letto non si sarebbe abbassata a tornare come amica. Il semplice conforto della loro compagnia degli ultimi anni sarebbe svanito. La voce di Ticcio continuava vivace, le parole cadevano attorno a me come pioggia lieve. Il ragazzo mi sarebbe mancato. Sentii il caldo peso della testa del lupo sul ginocchio. Fissava il fuoco. Una volta sognavi un tempo in cui saremmo stati solo tu e io. Un legame nello Spirito lascia poco spazio per le garbate bugie. Non mi aspettavo di desiderare tanto la compagnia della mia razza, ammisi. Un breve sguardo guizzante dai suoi occhi profondi. La nostra razza siamo noi. sempre stato il problema dei legami che abbiamo cercato di formare con altri. Erano lupi o erano umani. Ma non erano mai la nostra razza. Neppure quelli che si fanno chiamare Antico Sangue sono legati profondamente come noi. Sapevo che diceva la verit. Misi la mano sul largo testone e giocherellai con l'orecchio serico. Cercai di non pensare. Occhi-di-notte non lasci cadere l'argomento. Il momento di cambiare si avvicina di nuovo, Cambiamento. Lo avverto appena oltre l'orizzonte, ne sento quasi l'odore. come un predatore pi grande entrato nel nostro territorio di caccia. Tu non lo senti? Non avverto niente. Il lupo percep la bugia. Emise un profondo sospiro. 3 Congedi Lo Spirito una magia sporca, che affligge soprattutto i bambini di una famiglia poco pulita. Anche se spesso viene attribuita all'unione con le bestie, ci sono altre fonti per questa sordida magia. Un genitore saggio non permetter al suo bambino di giocare con cuccioli o gattini non ancora svezzati, n di dormire dove dorme un animale. La mente di un bambino addormentato molto vulnerabile all'invasione dei sogni di una bestia, e quindi a prendere la lingua di un animale come linguaggio del cuore. Spesso questa sozza magia affligge generazioni di una famiglia a causa delle abitudini poco igieniche, ma non ignoto che un bambino dotato dello Spirito appaia all'improvviso nelle famiglie di sangue migliore. Quando accade, i genitori devono indurire il cuore e fare ci che va fatto, nell'interesse di tutti i bambini della famiglia. Dovrebbero anche cercare

fra i servitori quelli la cui malevolenza o incuria fonte del contagio, e il colpevole andrebbe trattato di conseguenza. Sarcogin, Malattie e Afflizioni Poco prima che i primi uccelli dell'alba cominciassero a cantare, Ticcio scivol di nuovo nel sonno. Sedetti per breve tempo accanto al fuoco, guardandolo. Il suo volto era di nuovo liscio, privo d'ansia. Ticcio era un ragazzo calmo e semplice a cui non erano mai piaciuti i contrasti. Non era tipo da segreti. Ero contento che l'avermi parlato di Stornella lo avesse riconciliato con s stesso. Il mio percorso verso la pace sarebbe stato pi accidentato. Lo lasciai addormentato nella prima luce del sole, vicino al fuoco morente. Abbi cura di lui dissi a Occhi-di-notte. Avvertivo l'indolenzimento nelle anche del lupo, un'eco del dolore divorante nella mia schiena sfregiata. Le notti all'aperto non erano pi miti per noi due. Eppure sarei rimasto volentieri disteso sulla terra umida e fredda piuttosto che tornare e incontrare Stornella. Mi dissi che le cose sgradevoli andavano affrontate subito. Camminando come un vecchio decrepito, mi diressi verso la casetta. Mi fermai al pollaio per prendere le uova. Le mie galline razzolavano gi. Il gallo vol sulla cima del tetto appena riparato, agit due volte le ali e lanci un vigoroso chicchirich. Mattina. Gi. Una mattina temuta. Nella casetta riattizzai il fuoco e misi a bollire le uova. Presi l'ultima pagnotta, il formaggio portato da Umbra e foglie di t. Stornella non si alzava mai di buon'ora. Avevo tutto il tempo di pensare a cosa dire, e a cosa non dire. Mentre riordinavo la stanza, raccogliendo soprattutto gli sparsi averi di Stornella, la mia mente vag attraverso gli anni che avevamo diviso. Pi di dieci anni di conoscenza. O almeno credevo di conoscerla. No. Bugiardo. La conoscevo bene. Raccolsi il suo mantello abbandonato sulla sedia. La buona lana era intrisa del suo profumo. Qualit eccellente. Suo marito le offriva il meglio. La parte peggiore era che le azioni di Stornella non mi sorprendevano. Mi vergognavo solo di me stesso, perch non lo avevo previsto. Per sei anni, dopo la Purificazione del Cervo, avevo viaggiato da solo per il mondo, evitando chiunque mi avesse conosciuto a Castelcervo. La mia vita come Lungavista, come bastardo del principe Chevalier, come apprendista assassino di Umbra, era per me morta. Divenni Tom lo Striato,

e mi tuffai in quella nuova vita. Come avevo sognato a lungo, viaggiai, e le mie decisioni erano divise solo con il mio lupo. Trovai una sorta di pace dentro di me. Coloro che avevo amato a Castelcervo mi mancavano, a volte tremendamente. Ma nella loro assenza scoprii anch