RLAZION CANTARE LA MESSA: significati del canto … · brutte copie dell’organista liturgico...
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RELAZIONE CANTARE LA MESSA: significati del canto nella celebrazione; ministerialita e professionalita del musicista di chiesa. Mons. Antonio Parisi
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CANTARE LA MESSA
S e la parola pro-
clamata e
ascoltata non
diventa pre-
ghiera e vita, significa
che le nostre celebra-
zioni sono soltanto riti
privi di fede.
Attenzione, pertanto, all’unicita dell’Assemblea orante, alle sue
componenti. All’unisono devono essere proiettati e immersi nella
celebrazione.
Nella celebrazione, qualunque essa sia, non c’e un protagonista, il
canto, la schola, e degli spettatori, l’assemblea. Nella celebrazio-
ne, ognuno e in rapporto diretto e personale con il Signore: “E
TUTTA L’ASSEMBLEA CHE CELEBRA”.
Il canto, diventa veicolo e strumento di fede se, pero , e segno semplice e comprensibile, adeguato al contesto e al tipo di As-
semblea celebrante. Ecco perche “Cantare la messa” e non la “Messa Cantata”!
La cultura musicale in Italia e molto approssimativa e relegata ad
un effimero passaggio nel triennio della scuola secondaria di pri-mo grado. Per tale motivo ci troviamo di fronte ad assemblee,
musicalmente analfabete. Cio non deve pero scoraggiarci; si puo crescere nella fede di pari passo con la cultura musicale, a condi-
zioni di una seria attenzione di tutto il contesto parrocchiale.
Comunque sia, una celebrazione va accuratamente preparata e non improvvisata: la preparazione e subordinata all’evento cele-
È TUTTA L’ASSEMBLEA CHE CELEBRA
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brativo, ai vari momenti dello stesso e al tipo di Assemblea; non puo avere valenza universale.
L’assemblea non e ne un gruppo di amici che si ritro-va insieme per cantare, ne
un insieme di solisti, coro e orchestra da cui ci si aspet-
ta l’esecuzione perfetta di un’opera.
Nella celebrazione non im-
porta, per se , che un reperto-
rio venga eseguito oggettivamente bene, importa invece che quel
repertorio aiuti l’assemblea a celebrare bene.
La nostra liturgia e l’esecuzione di gesti vivi e significativi e non una pura ripetizione di repertori.
Dunque, nessuna comunita dovreb-
be invidiare i repertori “più belli” di altre comunita , ma si dovra interro-
gare se quei repertori servono per far diventare piu viva la propria ce-
lebrazione..
Durante la celebrazione si mettono in movimento delle funzioni nasco-
ste da tenere in conto, tutto il mon-do dei simboli, stati d’animo parti-colari circostanze e momenti parti-
colari, ecc.
Ma in ultima analisi e la fede dei credenti che da senso e significato anche al canto. Percio un’as-
semblea priva di fede, di gioia e di comunione, un’assemblea di
L’ASSEMBLEA È UN ORGANISMO STRUTTURATO
IL CANTO È UN SEGNO LITURGICO
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estranei, difficilmente realizzera dei canti ricchi di fede e di miste-ro, si cantera soltanto, non si preghera cantando. Il canto non e tut-
to, la celebrazione puo fare a meno del
canto, tuttavia esso e insostituibile
quando diventa un segno di fede e per la fede.
Dice Sequeri: “un canto deve essere
capace di occupare uno spazio origi-nale e indispensabile di mediazione
tra la parola e il silenzio: i due atteg-giamenti essenziali dell’incontro con il
mistero; naturalmente parlo del canto che cerca, nelle sue forme piu varie, di esprimere il mistero: che dunque non
potra essere usato con leggerezza co-me espediente, suggestione, pretesto o
riempitivo”. Con la Riforma Liturgica non si puo parlare di canti
dell’Ordinario e di canti del Proprio, ma si deve dividere la Messa
in 4 parti: riti di introduzione, liturgia della parola , liturgia eu-
caristica, riti di conclusione.
Il gruppo liturgico musicale dovra fare le proprie scelte
all’interno di queste parti. Manca ancora da parte dei musicisti questa visione nuova della Mes-
sa. Il rischio e di mettere insieme tanti canti, senza una visione di
unicita della celebrazione. Spez-
zettare all’infinito i vari inter-
venti musicali, significa non dare efficacia al canto come segno li-
“CHI CANTA, PREGA DUE VOLTE”
L’ORGANISTA LITURGICO È UN
CRISTIANO A SERVIZIO DELL’ASSEMBLEA
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ALCUNI MOMENTI DEL SEMINARIO CON
MONS. DON ANTONIO PARISI
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turgico. Ci sono dei canti che, gia di per se stessi, sono un rito e, vengono definiti “canti rituali”.
Un canto va giudicato dall’interno di una celebrazione; percio oltre alla bonta della musica, del testo, della messa in opera,
e tutto il contesto celebrativo che conta. Per cui puo capitare
che la scelta di un canto fatta a tavolino puo risultare inespres-
siva e non funzionale in quel dato contesto e viceversa,
un’acclamazione non prevista puo creare un clima di profonda
partecipazione.
Non dobbiamo insomma mai dimenticare che non si deve giudi-care un canto da spettatori, ma dal di dentro della celebrazione.
Anche il linguaggio poetico-musicale dei canti e al servizio della
celebrazione.
Non tutti i generi e gli stili sono ugualmente espressivi, o conve-nienti o adeguati per significare la fede di una determinata comu-
nita .
Ecco l’attenzione per l’evoluzione del linguaggio: se la fede e una vita in evoluzione, il canto della fede deve riflettere tale cammino
della persona e del gruppo, situato in un tempo e luogo determina-to con tutti i condizionamenti umani, sociali, politici.
Puo allora capitare che i repertori di ieri abbiano un linguaggio
non consono agli uomini di oggi: come pure alcuni canti di un
gruppo possono non esprimere la fede di un altro gruppo.
Il testo di un canto deve possedere una precisa capacita espres-
sivo-poetica per “dire” la fede.
CHI CANTA È NELLA GIOIA
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Quando si fa musica liturgica, bisogna superare le categorie del-la originalita e dell’opera d’arte.
D’altra parte, la scelta di un repertorio musicale non e una cosa semplice in quanto, non esistono soluzioni collaudate al cento per cento, ma bisogna fare ricerche ed accettare quel sano pluralismo
che e la condizione attuale del nostro essere chiesa in cammino.
Un repertorio a livello nazionale imposto per decreto? Avrebbe poche possibilita di diffusione e di utilizzazione!
L’ORGANISTA LITURGICO
E un cristiano convinto e maturo, che vuole essere
utile alla comunita , offren-do un servizio specifico
nel settore dell’animazio-
ne musicale della liturgia.
Per svolgere bene tale mi-
nistero gli occorre compe-tenza spirituale, liturgica, musicale e tutto un baga-
glio di qualita umane, psi-
cologiche, di buon senso,
di gusto estetico (Musicam Sacrum 1967 al n° 67). Le
brutte copie dell’organista liturgico sono: l’organista
girovago; l’organista affa-
rista; l’organista all’antica; l’organista da concerto; l’organista da matrimonio; l’organista ci-
reneo che, arriva a suonare fino a 10 messe ogni domenica dell’an-no.
GLI ANIMATORI DEL CANTO LITURGICO
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L’organo, estromesso dalla liturgia in passato, dal 1500 in poi e lo strumento sacro per eccellenza e re di tutti gli strumenti.
Specialmente nei canti processionali, che richiedono molte stro-fe, l’organista puo alternarsi con il coro o l’assemblea.
Qui e richiesta una dote fondamentale per l’organista, l’improv-
visazione. L’organista e obbligato a improvvisare, prendendo spunto dal canto che si sta eseguendo e, per collegare un ritmo all’altro, nei momenti di passaggio, a volte per attutire i rumori di
fondo, puo creare musica di sottofondo.
L’augurio e che non ci sia improvvisazione e spontaneismo in-
fantile. La preparazione degli animatori liturgici si puo ottenere
attraverso scuole e sussidi. Meglio se trattasi di formazione di li-vello diocesano.
Crotone, 28/02/2016
A cura del Coro polifonico “Aldo Ierardi”
dell’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina.