Rivista internazionale “LLL Focus on lifelong …...2012/07/02  · Le politiche di educazione...

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Rivista internazionale “LLL Focus on lifelong learning” - ISSN 2279-9001 Quaderno speciale allegato al n. 20 ATTI DEL CONVEGNO ATTI DEL CONVEGNO a cura di Marco da Vela e Francesca Zippel edizione elettronica di Ruggero Bartali 1

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Rivista internazionale “LLL Focus on lifelong learning” - ISSN 2279-9001

Quaderno speciale allegato al n. 20

ATTI DEL CONVEGNOATTI DEL CONVEGNOa cura di Marco da Vela e Francesca Zippel

edizione elettronica di Ruggero Bartali

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Ringraziamenti

Si ringraziano enti ed associazioni che hanno contribuito alla realizzazione di questo convegno: Regione To-scana, Rete Toscana CTP, RISCAT, Associazione Proteo Fare-Sapere.Un ringraziamento particolare al Sindaco Simone Millozzi ed all’amica Liliana Canovai Assessore all’istruzio-ne del Comune di Pontedera ,che oltre al loro sostegno hanno voluto seguire di persona gran parte dei lavo-ri.Si ringrazia la Fondazione Piaggio ed il direttore Riccardo Costagliola per l’ottima ospitalità.

Nota redazionale

Il presente quaderno, è costituito dalle relazioni e dagli interventi al convegno di cui ci è stato fornito il testo scritto, del quale gli autori assumono pertanto, ogni responsabilità, essendosi limitati i curatori ad uniformare i lay-out di pagina ed al consueto lavoro di editing.L’ordine dei contributi rispecchia l’ordine effettivo dei lavori.

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INDICE

Presentazione pag. 4Edy Bolognesi, Presidentessa EdaForum

Introduzione al Convegno “La Scuola per Adulti” “ 5Paolo Sciclone Presidente Onorario EdaForum

Gli ultimi cinque anni dell’Istruzione degli adulti nei dati del monitoraggio nazionale ANSAS (AA.SS. 2006/07 – 2010/11) “ 8Nicola Malloggi, ANSAS (ex INDIRE)

Le politiche di educazione degli adulti in Toscana nel nuovo Piano di Indirizzo Generale Integrato 2012-2015 “ 19Elio Satti, Regione Toscana

Cap. 1 : Scuola in rete

La rete Scuole Migranti di Roma e del Lazio “ 23Fiorella Farinelli, Comitato Scientifico Rete Scuole Migranti

Le scuole del territorio in rete per il diploma “ 26Sabina Poscetti, docente Rete ASTERISCO, Lucca

Riconoscimento e valorizzazione dei crediti per adulti italiani e stranieri in rientro formativo Progetto CO.VAL.CRE e SPRINT “ 28Emilio Porcaro, CTP Besta – Bologna

Esperienze di integrazione tra formale e non formale “ 35Paolo Collini, Dirigente Scolastico Istituto “E. Morante” di Firenze,Capofila del Protocollo “Obiettivo Lisbona”

Due parole sulla Rete Toscana dei Centri Territoriali Permanenti nel contesto del sistema regionale integrato per l’apprendimento-insegnamento della lingua italiana. “ 38Sandro Piazzesi,docente CTP

Conclusioni “ 43Marco da Vela, Direttivo Nazionale EdaForum

Cap. 2 : Scuola e cittadinanza

Il colore del camaleonte davanti ad uno specchio: una esperienza formativa interetnica presso la Camera del Lavoro di Napoli “ 47Fulvio Battista, docente CTP Bordiga, Napoli

Analfabetismo e italiano L2: un possibile scenario di rete. “ 50Alessandro Borri, Docente CTP Caduti della Direttissima, Castiglion de’ Pepoli

La scuola (im)possibile. Percorsi in carcere “ 53Paola Nobili, Docente ISISTL Russell-Newton, Scandicci

Scuola e cittadinanza “ 55Walter Rinaldi, Direttivo Nazionale EdaForum

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Cap. 3 : Scuola, lavoro , innovazione tecnologica

La ricerca dell'Università a Scuola: preparare i giovani al futuro con la robotica “ 58Paolo Dario, direttoreIstituto di BioRobotica

“Polis” ,Percorsi di Orientamento Lavorativo e Istruzione Superiore “ 63Pasquale Calaminici, Coordinatore rete CTP Piemonte

Technology e quality of life. Un motore di cambiamento territoriale “ 70Riccardo Lanzara, Presidente Pont-Tech

L’esperienza di un ITS in Toscana: il MITA “ 75Antonella Vitiello, docente ISIST “Russell-Newton”, Scandicci (FI)

ACCEDI – Accesso al Diploma. Un progetto di blended learning per l'istruzione degli adulti “ 77Simone Giusti, Docente, Direttore Agenzia Formativa L’altra città di Grosseto

Apprendimento permanente, Lavoro, Scuola. Il senso di un’integrazione innovativa “ 81Giovanna Del Gobbo, Direttivo Nazionale EdaForum

Cap. 4 : Prospettive di sistema

Tavola rotonda: Prospettive di sistema “ 87Interventi di Lucia Benozzi, Dionisio Bonomo, Maria Luisa Calise, Anna Fedeli, Gianna NicolettiSintesi: Silvana Marchioro

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Presentazione

Edy Bolognesi, Presidentessa EdaForum

L’istruzione e la formazione continuano a vivere in Italia in una condizione di estrema precarietà, proprio in un momento in cui sarebbe estremamente necessario investire su di esse elevando le conoscenze ed i saperi a tutto campo come scelta decisa di puntare, per uscire dalla crisi, sulla risorsa fondamentale che abbiamo, vale a dire sulla nostra gente.

Per questo parlare oggi di istruzione ed educazione degli adulti non ha né può avere solo un valore di testimonianza in attesa di tempi migliori, ma deve essere parte di un impegno che ha un doppio obiettivo di crescita sia civile che produttiva.

Da questo punti di vista la scelta di tenere questo convegno in questo luogo, un capan-none di un’industria che, come la Piaggio, ha caratterizzato con la sua presenza sociale e politica tutta l’area occidentale della regione ed ha contribuito a disegnare ed attuare le linee di sviluppo economico nazionali, ha anche un forte valore simbolico.

La Piaggio non è stata solo luogo di produzione di beni materiali. E’ stata, nello stesso tempo, luogo di formazione al lavoro, è stata scuola di formazione

politica, è stata punto di riferimento per tutta una cultura operaia, popolare e democratica, è stata, prima delle fabbriche italiane a metterle in atto fin dal del 1973, uno dei luoghi in cui, con le 150 ore è nata l’educazione degli adulti .

Avere a disposizione questo luogo, per svolgervi questo nostro incontro vuol sottolineare simbolicamente la convinzione che produrre e condividere conoscenza e sapere, sviluppa-re intelligenza, fantasia, organizzazione non è meno fondamentale, nella società della co-noscenza, che produrre beni materiali.

Per questo lo scopo del nostro convegno è quello di confrontare tra loro le numerose buone pratiche di tutti coloro che operano nella scuola degli adulti in modo da individuare le piste da percorrere per la costruzione di un sistema di apprendimento permanente, nel-l’attuale scenario istituzionale, sociale ed economico.

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Introduzione al Convegno “La Scuola per Adulti”

Paolo Sciclone Presidente Onorario EdaForum

Il Convegno di Pontedera nasce su sollecitazione della Rete Toscana dei CTP (Centri Territoriali Permanenti per l’Istruzione e per la Formazione in Età Adulta) e della RISCAT (Rete degli Istituti Secondo Ciclo Adulti, sempre della Toscana) ed ha avuto subito l’ade-sione e il sostegno della Regione Toscana, sia da parte dell’Assessore Targetti sia del suo Staff operativo, tanto che la Regione figura tra gli enti promotori dell’iniziativa insieme con EdaForum.

A noi di EdaForum premeva fare il punto sullo stato della scuola per adulti per valorizzar-ne la funzione non soltanto educativa ma anche sociale in un momento in cui si sta per-dendo sempre più in Italia il concetto di sistema integrato che deve permeare tutte le attivi-tà formali e non formali rivolte all’elevazione culturale, professionale, civica dei cittadini. Abbiamo quindi accolto ben volentieri l’invito ad organizzare l’evento e presentiamo una panoramica di esperienze che consente oltre all’analisi anche di definire le prospettive.

Semplificando, oggi abbiamo in Italia questa situazione per quanto riguarda l’Educazione degli Adulti: la scuola ha il compito soprattutto di insegnare la lingua italiana agli stranieri che emigrano nel Paese; la formazione al lavoro, diventata centrale per le difficoltà lavora-tive che evidenzia la crisi economica, sta acquisendo sempre più una dimensione esclusi-vamente tecnicistica; l’educazione cosiddetta non formale, le cosiddette conoscenze cultu-rali, sociali, civiche, sanitarie ed ambientali, è sempre più rivolta alla fascia della terza età con la riduttiva funzione di tenere in esercizio le capacità cognitive della popolazione an-ziana. Si è perso, se mai ci fossimo illusi dopo il noto Accordo Stato–Regioni del 2 marzo 2000 e qualche positiva esperienza di territorio, sia la dimensione integrata dell’educazio-ne che non deve essere settorializzata, sia l’aspetto di sistema che assicura la governan-ce, il funzionamento, la continuità.

Noi, noi di EdaForum, proviamo da quel lontano 2 marzo 2000 a tenere desta l’attenzio-ne dei governi e dei cittadini sul problema dei bassi livelli educativi della popolazione italia-na (basta guardare i corrispettivi europei) affrontandolo ogni volta (con gli strumenti: con-vegno, rivista, sito) da punti di vista diversi per metterne in evidenza la complessità ma an-che l’unicità della soluzione: il sistema integrato di educazione permanente.

Il diritto all’apprendimento permanente deve essere affermato e garantito da un sistema integrato, che coinvolga tutti i soggetti deputati alla formazione. Il sistema deve essere na-zionale nel senso che deve riguardare tutto il Paese, assicurando ovunque il diritto alla co-noscenza continua e il riconoscimento su tutto il territorio nazionale delle competenze atte-state. Per questo è necessaria una legge nazionale e per questo è stata consegnata al Parlamento da parte del sindacato CGIL, affiancato da più organizzazioni tra cui EdaFo-rum, una proposta di legge di iniziativa popolare sottoscritta da oltre 130.000 italiani. Ma il sistema deve articolarsi territorialmente, nel senso che deve poggiare sulle realtà presenti in ogni spazio territoriale e tenere conto dei bisogni che il territorio manifesta. Quindi go-vernance regionale e coinvolgimento dell’ente Comune. Questo l’obiettivo; ma siamo in-dietro ed allora per stimolare gli enti territoriali ad affrontare il problema legiferando, isti -tuendo e finanziando si è messo insieme con altre organizzazioni una serie di proposte, precisamente dieci:

1 - Non perdere i giovani: scuola, formazione,lavoro2 - Migranti: lingua e cittadinanza

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3 - La formazione nel lavoro4 - L'apprendimento per l'invecchiamento attivo5 - Donne: istruzione, formazione, lavoro6 - IDA (istruzione degli adulti)7 - I Comuni: la città che apprende8 - Le Regioni e l'apprendimento permanente9 - Certificazione delle competenze10 - Investimenti e incentivi per la formazione Mentre lavoriamo con l’intento di costruire un sistema che assicuri a tutti i cittadini italiani

l’apprendimento permanente, stimoliamo i soggetti deputati dei diversi territori a confron-tarsi con noi per verificare la realizzazione di obiettivi limitati ma qualificanti che richiedono quasi sempre metodologie semplici e costi contenuti.

Nel maggio 2011 si sono svolti a Roma gli Stati Generali della Conoscenza, a cui hanno partecipato tutte le più importanti associazioni italiane di natura educativa, culturale, socia-le, ambientale, oltre al sindacato CGIL, che ha promosso l’evento. Gli Stati Generali hanno generato, su iniziativa di sette organizzazioni che ne fanno parte, tra cui EdaForum, la se-rie dei Convegni “Sapere per Contare” che stanno promuovendo nelle diverse Regioni ita-liane politiche di apprendimento permanente. Le 10 proposte sopra ricordate sono nate al -l’interno di questi Convegni e costituiscono un insieme di progetti facilmente realizzabili a costo contenuto che proponiamo agli Organi deputati - Governo, Regioni, Comuni- nel percorso verso la creazione di un sistema integrato di educazione permanente. Non sono il sistema; sono la preparazione del sistema per la loro facile realizzabilità. Sulle 10 propo-ste abbiamo aperto un confronto con la Conferenza delle Regioni e con l’Anci Nazionale e siamo fiduciosi di raggiungere risultati positivi visto l’interesse con cui sono stati accolte le proposte e la disponibilità al confronto con cui stiamo lavorando.

L’obiettivo è di diffondere la consapevolezza sia nei governi, dai locali al centrale, sia nei cittadini che la conoscenza è fondamentale per il benessere individuale e collettivo, sia in senso materiale sia in senso immateriale.

Come si può pensare che un paese cresca dal punto di vista economico se mancano istruzione e formazione nei suoi cittadini? Come si può pensare che la salvaguardia del-l’ambiente e la difesa della salute possano diventare concetti acquisiti se non c’è informaz-ione e cultura? Ma se non sai e non capisci non puoi neppure scegliere e decidere e quin-di la conoscenza è anche la base della democrazia. La democrazia per essere tale in modo sostanziale ha bisogno di cittadini consapevoli. Se la volontà dei cittadini è, per ignoranza, circuita, coartata, falsata da populisti e millantatori, l’espressione della stessa è senza senso. La democrazia richiede un cittadino in grado di capire, scegliere, decidere.

Insomma occorre che ogni individuo sia fornito degli strumenti necessari per capire da uomo libero e gli sia riconosciuto il diritto ad apprendere.

Per questo EdaForum è impegnata per diffondere la conoscenza e lo fa sia sollecitando gli organi governativi deputati (stato, regioni, comuni) sia aprendo un confronto con tutti i soggetti che devono svolgere il compito educativo (scuola, associazionismo, agenzie for-mative) sia suscitando attenzione e consapevolezza nei cittadini.

E’ con questi intenti che apriamo i lavori della giornata, tenendo presente lo scopo basila-re: bisogna garantire a tutti e costantemente il diritto alla conoscenza e per dare cono-scenza occorre costruire il sistema integrato di educazione e formazione, di cui la scuola è una componente fondamentale.

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Gli ultimi cinque anni dell’Istruzione degli adulti nei dati del monitoraggio nazionale ANSAS (AA.SS. 2006/07 - 2010/11)

Nicola Malloggi, ANSAS (ex INDIRE)

Introduzione

I risultati esposti sono una selezione delle informazioni che gli operatori delle istituzioni scolastiche ci hanno fornito in occasione del monitoraggio nazionale sull’Istruzione degli adulti, compilando una scheda di rilevazione in formato elettronico ad accesso riservato concordata con la Direzione Generale per l’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e per i Rapporti con i Sistemi Formativi delle Regioni del Ministero dell’Istruzione, dell’Uni-versità e della Ricerca (MIUR).

Per la raccolta dei dati, che sono stati rilevati in maniera aggregata ad anno scolastico concluso, sono state contattate le scuole pubbliche statali del territorio nazionale che risul-tavano ufficialmente impegnate nell’istruzione degli adulti in base agli archivi forniti dai Servizi Informativi del MIUR. Tali archivi contengono l’elenco completo degli istituti scola-stici di riferimento (gli IR) presso cui, nell’annualità censita, risultavano essere attivi Centri Territoriali Permanenti e/o punti di erogazione di corsi serali di secondo grado e/o scuole carcerarie (le sedi IdA).

Si è scelto di presentare i dati degli ultimi cinque anni di monitoraggio perché in questo periodo le definizioni operative delle variabili presentate non sono sostanzialmente cam-biate rendendone possibile la loro aggregazione in serie storiche. Il quinquennio osservato è interessante perché in questo periodo tutto il sistema è rimasto in attesa del varo della ri-forma che avrebbe dovuto rendere operativi i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) che dovranno sostituire i CTP, i corsi serali di secondo grado e le scuole carcerarie.

I dati presentati sono solo una selezione di quelli disponibili in funzione dei temi affrontati nel convegno “La Scuola per Adulti” organizzato da EdaForum il 17 aprile 2012. Per un’e-sposizione più analitica dei dati e delle tecniche di raccolta adottate in ciascuna annualità si rimanda alla consultazione della banca dati presente sul nostro sito e ai report di moni -toraggio reperibili su di esso.

In questa relazione ci si limiterà alla mera esposizione dei dati scelti, limitando al minimo l’interpretazione di quanto osservato e adottando come unico strumento di lettura l’osser-vazione delle serie storiche.

Considerazioni sulla copertura della popolazione di riferimento

Tutte le edizioni dei monitoraggi ANSAS a partire dall’anno 2003/ 2004 hanno riscontrato un tasso di partecipazione molto alto, sempre superiore al 93% (vedi tabella 1), con delle differenze regionali dovute all’intensità di collaborazione dell’Istituto con gli enti territoriali (Uffici scolastici regionali e Nuclei territoriali dell’Istituto) che ci hanno affiancato sul territo-rio nelle operazioni di raccolta dati.

Il processo di pulizia dell’archivio usato per determinare la popolazione di riferimento del-la rilevazione è, paradossalmente, l’operazione di più lunga e complicata di tutto il monito-raggio, sia perché avviene in itinere durante la raccolta dei dati, sia perché, soprattutto nel-le ultime annualità abbiamo avuto a disposizione edizioni dell’archivio scolastico che pre-sentavano alcune lacune nel numero di sedi carcerarie e degli istituti gestori dei corsi sera-li. E’ bene tener presente anche che non vengono computati nei risultati definitivi del

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monitoraggio i dati di quegli istituti che non hanno perfezionato l’inserimento di tutti i dati ri-chiesti ed inoltrato tutte le schede proposte.

Premesso questo, possiamo affermare che alla fine del processo si è realizzata una buo-na convergenza di quanto censito con ciò che è presente sul territorio nazionale e per quanto i dati possano essere in alcuni casi modestamente sottostimati, rappresentano una misura attendibile dell’andamento generale del sistema dell’istruzione degli Adulti.

Il numero degli istituti di riferimento e delle sedi IdA censiti

Dall’AS 2006/ 2007 il numero di IR censiti, sedi amministrative di CTP, Corsi serali di II grado e scuole carcerarie è calato del 6,7 dopo un decennio di graduale espansione nel numero di istituti coinvolti nell’istruzione degli adulti.

A partire dall’A.S 2009/ 10 il numero degli istituti scolastici pubblici, sedi amministrative dei punti di erogazione dei corsi per adulti, comincia a scendere: rispetto all’AS 2008/09, il numero di scuole sedi amministrative dei corsi IdA diminuisce del 7,8%. Si può attribuire questa diminuzione alla contrazione della rete scolastica attiva nell’Istruzione degli adulti. Per quanto questa flessione sia dovuta agli accorpamenti di alcuni degli istituti che gesti-vano autonomamente i corsi, soprattutto gli istituti gestori di corsi serali di secondo grado, non è escluso che questa variazione negli ultimi anni sia dovuta anche alla mancata auto-rizzazione ad avviare nuove classi da parte degli uffici scolastici territoriali.

tabella 1 – n° di Istituti di riferimento censiti e percentuale di copertura delle varie annualità di moni-toraggio

ANNO SCOLASTICO N. IR VAR % DEGLI IR RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

% DI COPERTURA DEL-LA RILEVAZIONE

2006/07 1.368 -

2007/08 1.371 +0,2 93,3%2008/09 1.385 +1,0 96,1%2009/10 1.336 -3,5 98,6%2010/11 1.277 -4,4 96,8%

Un’analoga riduzione può essere osservata nella serie storica del numero di sedi IdA, i veri e propri punti di erogazione dei corsi, (vedi grafico n.1): dalle 1.667 sedi censite nel-l’AS 2006/07 si è passati alle 1574 del 2010/ 2011 (-5,9%). Più interessante è osservare l’andamento del numero delle sedi IdA per ciascun tipo: a fronte di una sostanziale costanza del numero dei CTP e di quello delle scuole carcerarie censite, la cui variazione numerica può essere attribuita ad un difetto di copertura della popolazione di riferimento in una delle edizioni del monitoraggio prese in considerazione (l’AS 2009/ 10), è il numero degli istituti serali di II grado a diminuire drasticamente del 9,9% nell’arco di cinque anni.

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grafico 1 – n° di sedi IdA per tipo censite nelle ultime cinque annualità di monitoraggio

Considerazioni sulla serie storica del numero di corsi offerti

Nel grafico 2 è rappresentato l’andamento dei corsi offerti dall’insieme delle sedi ida pre-senti sul territorio nazionale. Il monitoraggio ANSAS rileva il numeri di corsi del primo ciclo di istruzione (CPC), dei corsi di integrazione linguistica e sociale per stranieri (CILS) e del-l’insieme dei corsi brevi modulari di alfabetizzazione funzionale (CBM). Il monitoraggio non rileva il numero di corsi (leggi il numero di classi) di scuola secondaria di secondo grado offerti dai corsi serali. Dato che gli istituti gestori dei corsi serali di secondo grado offrono per lo più questo tipo di corsi e hanno un’attività residuale nell’organizzazione dei corsi CILS e nei CBM, tutte le considerazioni sull’andamento dell’offerta formativa fatte in que-sto paragrafo possono essere attribuite ai CTP presenti sul territorio nazionale.

grafico 2 - n° di corsi IdA per tipo censiti nelle ultime cinque annualità di monitoraggio

Il dato più rilevante che emerge dall’osservazione dell’andamento numerico dell’offerta formativa è certamente la forte flessione dei Corsi Brevi Modulari, che dall’inizio del perio-do di osservazione diminuiscono del 24%. La diminuzione del numero questi corsi è da ri-cercarsi nello status incerto che questo tipo di offerta formativa ha assunto nell’ambito

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dell’istruzione degli adulti negli ultimi anni. In questa categoria sono classificati molteplici corsi di natura diversa, destinati a diverse categorie di discenti: oltre ai corsi di alfabetizza-zione informatica e ai corsi di lingua straniera per italiani sono presenti molti corsi di altra natura (cultura generale, educazione artistica e via dicendo). I CBM, quale che ne sia la specie, sono frequentati per lo più da persone con un titolo di studio più elevato e con un’ età più matura rispetto a quella degli altri tipi di corso censiti.

Il numero dei corsi del primo ciclo di istruzione e i corsi di integrazione linguistica e socia-le per stranieri sono invece in crescita: i primi sono aumentati del 19% e i secondi del 54%. Come vedremo in seguito, con alcune differenze territoriali, questi corsi sono fre-quentati in larga misura da adulti stranieri.

Scorporando, pur in modo grossolano, la serie storica dell’offerta formativa nelle tre aree geografiche in cui l’ISTAT suddivide il territorio nazionale (Grafico 3) si possono fare consi-derazioni interessanti: senza tenere conto della diversa intensità del fenomeno nelle tre aree, proporzionale al numero dei punti di erogazione dei corsi e alla diversa ampiezza dei territori che le compongono, si possono osservare importanti differenze nell’andamento delle serie storiche di ciascun tipo di corso.

grafico 3 - n° di corsi IdA per tipo censiti nelle ultime cinque annualità di monitoraggio per area geografica

I corsi brevi modulari sono in forte calo ovunque (-24% al Nord, -25% al centro, -23% al sud), in linea con il trend nazionale. I corsi del primo ciclo di istruzione aumentano del 24% al Nord, del 29% al centro e solo del 7% al Sud. I corsi di integrazione linguistica e sociale invece aumentano del 57% al Nord, del 41% al centro e del 64% al Sud. Di questi ultimi due tipi di corso non ci si deve limitare ad apprezzarne la variazione percentuale: dietro ad essa si nascondono importanti differenze nell’offerta formativa che riflettono la diversa composizione dell’insieme dei discenti che ne rappresentano il bacino di utenza.

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La differenza più visibile è quella tra il Nord e il Sud del paese: nel periodo di osservazio-ne, al Nord, il numero dei CILS è sempre stato maggiore, seppur di poco di quello dei CPC, a marcare la necessità di rendere la popolazione straniera residente in grado di co-municare nelle pratiche della vita quotidiana ancor prima di ottenere un titolo di studio che abbia valore legale nel nostro paese. Al Sud, terra di transito degli stranieri migranti, inve-ce continuano a prevalere i CPC pur in presenza di un forte incremento dei CILS. La ragio-ne della costanza dell’offerta dei CPC nel sud del paese è da ricercarsi nel differente gra-do di alfabetizzazione degli italiani residenti nelle due aree: al sud ci sono ancora molti ita -liani rispetto alle altre aree del paese che sono sprovvisti del titolo conclusivo del primo ci -clo di istruzione e che frequentano questo tipo di corsi.

Per spiegare l’aumento del numero di corsi CILS, soprattutto nell’ultima annualità censita (+20,7% al nord, +15,8% al centro, +23,2% al sud), si deve considerare che nel 2010 è stato sottoscritto un accordo quadro tra il Ministero degli Interni e il MIUR che subordina l’ottenimento del permesso di soggiorno CE di lungo periodo da parte degli stranieri all’ac-certamento del livello A2 del QCER per la lingua italiana. In questo accordo i CTP sono designati come sede di esame. Ma la cosa più importante, è che l’attestazione rilasciata alla fine di un corso di italiano L2 del livello richiesto, svolto in un CTP, esonera lo straniero dal sostenere il test. Pur ad anno scolastico già iniziato, i CTP possono aver recepito e messo in opera le risorse necessarie per aumentare l’offerta di questo tipo di corsi.

grafico 4 - Serie storica del numero dei corsi brevi modulari per tipo

Come ultimo spunto di riflessione, riguardo all’offerta formativa, si può osservare la serie storica dell’andamento dei CBM nelle tre macrocategorie in cui sono classificati nel moni-toraggio (grafico 4): corsi di alfabetizzazione linguistica, di alfabetizzazione informatica e corsi di altro tipo. Come si è detto, complessivamente, il numero dei corsi brevi modulari scende del 24%. Scomponendo la variazione nelle tre componenti determinate dal tipo di corso, si osserva che i corsi di alfabetizzazione linguistica sono scesi del 18,5%, quelli di alfabetizzazione informatica del 26,1% e quelli di altro tipo del 30%. Sono quindi i corsi di

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quest’ultima categoria ad essere diminuiti in modo più intenso, mentre quelli di alfabetizza-zione linguistica (ovvero l’insegnamento delle lingue straniere) riscontrano perdite più con-tenute, sotto la media generale e quelli di alfabetizzazione informatica seguono approssi-mativamente il trend generale.

Anche in questo caso la diminuzione dei corsi non è omogenea su tutto il territorio nazio-nale, o meglio non lo è la variazione per tipo (tabella 2): in tutte e tre le aree la diminuzione del numero dei corsi erogati varia poco attorno alla media nazionale del 24%; se invece si considera anche il tipo di corso erogato possiamo osservare che al Sud i corsi di alfabetiz-zazione linguistica diminuiscono meno della media nazionale (-13,7%) così come i corsi classificati nella categoria ‘Altro’, mentre al centro, sono i corsi di alfabetizzazione informa-tica a diminuire meno della media nazionale (-23,7%) a scapito dei corsi di alfabetizzazio-ne linguistica (-23%).

tabella 2 – Scomposizione della variazione percentuale del numero dei CBM per tipo e area geografica

NORD CENTRO SUD TOTALEAlfabetizzazione linguistica -17,7 -23,0 -13,7 -18,5 Alfabetizzazione informatica -26,7 -23,7 -26,8 -26,1 Altro -31,2 -31,7 -27,1 -30,0 Totale -23,6 -24,9 -23,3 -23,9

Considerazioni sulla serie storica delle frequenze e degli esiti ai corsi IdA

Se si prendono in considerazione le serie storiche delle frequenze ai corsi erogati dall’in-sieme di CTP , Corsi serali e scuole carcerarie, si osserva un calo complessivo dell’utenza pari al 9%: dalle 380.176 frequenze rilevate nell’AS 2006/07 si è passati alle 345.771 fre-quenze censite nell’AS 2010/ 2011 (grafico 5). Come nel caso dell’offerta formativa, per poter interpretare correttamente questa variazione occorre valutare separatamente la serie storica dei frequentanti di ciascun tipo di corso. grafico 5 - Serie storica delle frequenze ai corsi IdA per tipo di corso

Quanto detto per il numero di corsi resta vero sostanzialmente anche per questa serie di dati; in più rispetto alle precedenti serie, possiamo valutare anche la variazione nel nume-ro dei frequentanti i percorsi di istruzione superiore e dei diplomi di qualifica (PDIS/ DQ),

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ovvero dei corsi serali di secondo grado e dei corsi serali preparatori ai corsi serali erogati dai CTP.

Il tipo di corso che ha registrato la diminuzione più forte nel numero di frequenze è stata quella dei CBM, che registra un calo del 28,5%.

Speculare è l’aumento delle frequenze ai corsi CILS che nel quinquennio di osservazio-ne aumentano del 27,7%.

Nel quinquennio sotto osservazione sono aumentati i frequentanti dei corsi del primo ci-clo (+18,4%), mentre mostrano una flessione i frequentanti i percorsi di istruzione superio-re (-6,8%). Per stabilire se la flessione sia da attribuirsi alla contrazione della rete scolasti-ca, oppure alla mancata autorizzazione per l’avvio di nuove classi dei corsi di scuola se-condaria di secondo grado serali oppure ancora ad una flessione nelle richieste di parteci-pazione a questo tipo di corso si dovrebbe intraprendere un’apposita azione di ricerca.

grafico 6 - serie storica delle frequenze ai corsi IdA per nazionalità

Se le frequenze ai corsi IdA globalmente calano del 9% è da segnalare che la quota dei frequentanti stranieri aumenta passando dal 31,2% delle frequenze globali registrato nel AS 2006/ 2007 al 43,6% del 2010/ 2011: dall’inizio del periodo di osservazione le frequen-ze degli italiani ai corsi IdA diminuiscono del 25% mentre aumentano del 27% quelle degli stranieri (grafico 6). Questa differenza può essere facilmente interpretata pensando a qua-le sia l’andamento dei tipi di corso più frequentati: i corsi CILS, frequentati solo da stranie-ri, sono in aumento, mentre in forte calo sono i corsi CBM che sono per lo più frequentati da discenti italiani. Nel 2006/ 2007 il 91% delle frequenze ai CBM era costituita da adulti italiani, percentuale che scende all’88% nell’ultima annualità censita.

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grafico 7 – serie storica della composizione percentuale dei frequentanti i CPC per provenienza

Oltre a questa conseguenza, dovuta al mutamento dell’offerta formativa si deve conside-rare anche la composizione dei frequentanti i corsi del primo ciclo di istruzione (grafico7): anche per questo tipo di corso il numero degli adulti stranieri è in aumento sia in valore as-soluto, che nella quota percentuale dei frequentanti. Se già nell’AS 2006/ 2007 i frequen-tanti stranieri erano il 67,3% del totale, nell’ultima annualità censita questa quota sale al 79,7% aumentando di 12,4 punti percentuali. E’ da segnalare che questa configurazione non ha una distribuzione geografica omogenea: al sud dove la presenza di stranieri è infe-riore e la quota dei corsi del primo ciclo è più alta della media nazionale gli italiani rappre-sentano ancora un tipo di utenza importante.

Lo stesso meccanismo può essere osservato per i frequentanti i percorsi di istruzione su-periore (grafico 8): anche a fronte di un calo generale dell’utenza, la quota dei frequentanti stranieri sale di 5 punti percentuali (dal 11,1% al 16,1%) facendo registrare anche un au-mento assoluto del numero di frequentanti di 2.844 unità a fronte di un calo di 7.817 fre-quentanti italiani.grafico 8 - serie storica della composizione percentuale dei frequentanti i PDIS/ DQ per provenienza

Per quanto riguarda gli esiti dei corsi si può osservare un aumento generalizzato dei titoli di studio di tutti i tipi. Il dato interessante è che anche a fronte della diminuzione dei fre-quentanti (e degli iscritti) ai corsi del secondo ciclo, si riscontra un aumento di diplomi

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emessi, dato che, almeno come congettura in assenza di indagini più specifiche, questo valore potrebbe essere inteso come indicatore di una maggiore efficienza del sistema.

Aumenta inoltre in modo significativo (+9%) anche il numero dei certificati con il ricono-scimento dei crediti rilasciati dai CTP per l’accesso ai corsi serali; questo dato, come ve-dremo nel prossimo paragrafo, è un indicatore dell’attività che i CTP compiono in rete con gli istituti di secondo grado gestori dei corsi serali, per realizzare in questo modo percorsi integrati per gli adulti che rientrano in formazione.

Oltre alla scontata diminuzione del 24% dei certificati/ attestati rilasciati nei CBM, si regi-stra un aumento del 33% dei certificati rilasciati nei corsi di italiano per stranieri, che riflette l’aumento dei frequentanti con una differenza positiva del 5% (i frequentanti aumentano del 28%) a segnare comunque un incremento nell’attività certificatoria dei CTP sebbene più orientata a questo settore.Tabella 3 - Serie storica degli esiti dei corsi IdA

Tipo corso/ Anno di monitoraggio 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 VAR % Titoli conclusivi del primo ciclo di istruzione 16.882 16.995 18.579 20.901 20.916 +24

Diplomi di qualifica 5.403 5.812 6.083 6.091 5.501 +2 Diplomi di istruzione superiore 14.890 14.981 15.235 15.707 15.198 +2

Totale Titoli di studio 37.175 37.788 39.897 42.699 41.615 +12 Certificati con il riconoscimento dei crediti rilasciati

dai CTP per l’accesso ai corsi serali 3.322 3.630 4.728 4.467 3.621 +9

Certificati/Attestati rilasciati nei corsi brevi modular-i, di alfabetizzazione funzionale

136.225 130.386 121.315 114.187 103.960 -24

Certificati/Attestati rilasciati nei corsi di italiano per stranieri, di cui (solo per l‘A.S. 2010/11)

29.079 37.448 38.680 39.462 38.553 +33

pari al livello A2 del QCER 11.882superiore al livello A2 del QCER 5.149

inferiore al livello A2 del QCER (o non classificati) 21.522

Considerazione sui contatti di rete di CTP e istituti gestori di corsi serali

Per concludere, prendiamo in considerazione l’andamento del numero delle sedi ida che hanno dichiarato di aver stabilito contatti di rete per lo svolgimento delle proprie attività con altri soggetti presenti sul territorio. La prima differenza che possiamo osservare, a prescin-dere dall’andamento delle singole serie, è la forte differenza tra CTP e Istituti gestori di corsi serali che sono in rete. Solo un basso numero di CTP dichiara di non aver avviato al -cun contatto di rete con altri soggetti: rispetto al numero di CTP censiti questa percentuale che non sale mai sopra il 12% nel periodo di osservazione. Al contrario, se si esaminano i contatti di rete degli IGCS questa percentuale sale fino al 47% (con un massimo del 51% nel 2009/ 10 ed un minimo del 44% registrato nell’a.s. 2006/ 07).

Può essere interessante notare che tra l’anno 2009/ 10 e il 2010/ 11, biennio in cui si ri -scontra il calo più intenso nelle sedi degli IGCS, il numero di quelli che hanno attivato con-tatti di reti rimane sostanzialmente lo stesso (anzi aumenta di quattro unità), mentre la ri -duzione del numero assoluto di IGCS attivi può essere attribuibile a quegli istituti che non hanno attivato alcun tipo di contatto.

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Grafico 9 – Serie storiche dei contatti di rete di CTP e IGCS

Se infine si scorpora il dato sulla distribuzione percentuale delle sedi IdA per area geo-grafica, limitandosi all’ultima annualità censita, si può osservare che la propensione ad av-viare contatti di rete, sia dei CTP che degli IGCS, cala drasticamente dal nord al sud del paese.

Tabella 4 - distribuzione dei CTP e degli IGCS censiti, in rete e non, per area geografica nell'AS. 2010/ 2011CTP NORD CENTRO SUD IGCS NORD CENTRO SUD

N. CTP Censiti 211 91 227 N. IGCS Censiti 290 149 359 N. CTP non in rete 8 7 46 N. IGCS non in rete 113 60 186 N. CTP in rete 203 84 181 N. IGCS in rete 177 89 173

% CTP in rete sul tot. dei CTP censiti

96,2 92,3 79,7 % IGCS in rete sul tot. de-gli IGCS censiti

61,0 59,7 48,2

Conclusioni

Il lungo periodo di transizione verso la costituzione dei CPIA sembra essere caratterizza-to da una ristrutturazione interna dell’assetto del settore dell’istruzione degli adulti che l’OM 455/97 aveva determinato.

I CPIA sono stati introdotti nel sistema normativo oramai cinque anni fa, dall'art 632 della legge finanziaria del 27 dicembre 2006, n. 296, sono stati dotati di autonomia dal decreto del 25 ottobre 2007 (il decreto Fioroni) ma non sono mai arrivati ad essere operativi in at-tesa di una loro più puntuale regolamentazione. La legge 133 del 2008, tra le molteplici mi-sure per il contenimento della spesa, all'ART. 64, commi 3 e 4 dà incarico al MIUR di pre-disporre una serie di regolamenti tra i quali uno per la "ridefinizione dell'assetto organizza-tivo - didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente normativa". In prima istanza l'esito di questo processo è stato lo schema di regola-mento approvato in prima lettura dal consiglio dei ministri il 12 giugno 2009. Ad oggi, la bozza di regolamento ha terminato il suo iter, raccogliendo tutti i pareri previsti dalla legge, ed è stata presa in carico dall’amministrazione che ne deve modificare il testo per tener conto dei pareri espressi da tutti i soggetti che si sono pronunciati.

In questi cinque anni, come emerge dai dati presentati, il settore ha conosciuto alcune trasformazioni importanti al suo interno: i corsi brevi modulari il cui status sembra essere

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incerto nel nuovo quadro normativo, almeno dal punto di vista delle risorse con cui potran-no essere finanziati, hanno subito una pesante decurtazione sia nel numero che nell’uten-za, assecondando la volontà di governare il settore usando la leva dell’istruzione più che quella dell’educazione così come è intesa in ambito europeo. Nello stesso tempo con il po-tenziamento dei corsi di integrazione linguistica e sociale, ma anche, come abbiamo visto dei corsi del primo ciclo di istruzione, sembra che si sia provato a tener conto delle esigen-ze di integrazione che emergono in quei territori in cui sono più presenti comunità di mi-granti inserite nell’apparato produttivo del paese. Anche l’inserimento dei CTP nel proces-so di certificazione delle competenze degli adulti migranti richiedenti il permesso di sog-giorno CE può essere visto come un segnale in questa direzione.

Sul versante del secondo ciclo, la ristrutturazione della rete scolastica ha influito sull’or-ganizzazione e sull’evoluzione dei corsi serali di secondo grado, ma un argine a questo declino sembra essere rappresentato dall’organizzazione di percorsi che integrano l’offerta di CTP e istituti gestori di corsi serali di secondo grado rendendo disponibili percorsi inte-grati che consentano agli adulti di rientrare più facilmente in formazione e aumentando le probabilità che concludano con successo il percorso intrapreso.

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Le politiche di educazione degli adulti in Toscana nel nuovo Piano di Indirizzo Gene -rale Integrato 2012-2015

Elio Satti, Regione Toscana

L’educazione degli adulti (EDA) in Toscana è costituita dall’insieme delle opportunità educative formali (promosse di norma dalla scuola e dalla formazione professionale, che in ogni caso conducono al conseguimento di titoli di studio o di attestati professionali), e non formali, che non conducono invece al conseguimento di titoli di studio o di attestati professionali, ma che contribuiscono allo sviluppo completo della persona

Nel loro insieme tali attività di Educazione formale e non formale degli adulti, sono finaliz-zate a garantire il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, favorendo al con-tempo il pieno esercizio del diritto di cittadinanza.

I destinatari sono, da un lato, tutti i cittadini adulti (over 18), italiani e stranieri, ivi compre-si i cittadini italiani e stranieri sottoposti a trattamenti privativi o limitativi della libertà. Dal -l’Altro, gli operatori e il personale coinvolto nell’erogazione di attività di educazione degli adulti: Agenzie formative, Enti, Associazioni, ma anche insegnanti, formatori, personale con compiti di gestione, orientamento e accompagnamento, assistenti didattici (mentor e tutor), ecc.

Le azioni dell’EdA perseguono sostanzialmente due finalità:- nell’ambito dell’educazione formale, l’obiettivo è l’innalzamento dei livelli di istruzione

della popolazione- nell’ambito dell’educazione non formale l’obiettivo è di aumentare il numero di adulti che

partecipano alle iniziative di formazione volte allo sviluppo delle otto competenze chiave, in attuazione di quanto previsto dal quadro di riferimento delineato dal Parlamento Euro-peo e dal Consiglio d’Europa

Per entrambi gli ambiti inoltre l’ottica è quella di pervenire alla generalizzazione dell’ac-cesso a tali opportunità valorizzando il ruolo di tutti i soggetti che erogano formazione, dal-le istituzioni scolastiche, alle agenzie formative accreditate, alla vasta rete di agenzie del non formale presenti sul territorio e migliorando la qualità dell’offerta formativa sia formale che non formale attraverso:

interventi formativi diretti agli operatori (insegnati, formatori, tutor, ecc.) volti al mi-glioramento della qualità delle prestazioni nel sistema dell’Educazione degli Adulti

azioni di promozione e supporto delle Long List provinciali dei soggetti che erogano attività formative non formali rivolte agli adulti, attraverso specifiche linee guida re-gionali, che ne indichino i requisiti minimi di accesso e le modalità di monitoraggio e valutazione per il mantenimento del riconoscimento

interventi volti a favorire sistemi integrati di soggetti pubblici e privati (scuole, agen-zie, associazioni ecc.) che possano assicurare la pianificazione e l’erogazione di un’offerta formativa integrata e adeguata alle varie e differenziate esigenze della popolazione adulta.

I principali ambiti di azione per l’educazione formale degli adulti sono:

Interventi volti all'acquisizione, da parte di cittadini adulti italiani e stranieri, di un di-ploma di scuola superiore, conseguibile anche in aree decentrate e in contesti parti-colarmente disagiati, allo scopo di consentire a un più ampio numero di persone di

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rientrare in formazione e, soprattutto, di sviluppare le competenze chiave per l'apprendimento permanente, attraverso specifiche risorse didattiche multimediali e con il coinvolgimento di docenti e tutor in grado di supportare gli adulti nel processo di apprendimento sia in presenza che a distanza.

Interventi volti alla certificazione delle competenze in Italiano L2 per i cittadini stra-nieri (certificazione di livello almeno A2, in attuazione di quanto previsto dal del Mi-nistero dell'Interno con Decreto 4/6/2010, recante indicazioni sulle modalità di svol-gimento del test di conoscenza della lingua italiana da parte dei richiedenti il per-messo di soggiorno CE per soggiorni di lungo periodo), da realizzarsi in collabora-zione con il settore regionale delle politiche sociali, diretto interlocutore, per questa azione, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

I principali ambiti di azione, per l’educazione non formale degli adulti sono:

✔ Interventi per l’acquisizione e lo sviluppo di competenze linguistiche, informati-che e comunicative di base realizzabili attraverso attività modulari (corsi, semi-nari) di breve durata (non più di 30 ore), altamente personalizzate e individualiz-zate.

✔ Interventi per lo sviluppo dell’impreditorialità e della cultura del lavoro, realizza-bili attraverso attività modulari (corsi, seminari), di breve durata (non più di 30 ore) altamente personalizzate e individualizzate, oppure realizzabili attraverso il modello proprio dei Circoli di Studio, (cfr. Piano di Indirizzo Generale Integrato, Deliberazione Consiglio Regionale 93/2006, cap. 2 par. 1 azione a3, comma b) per le cui modalità di svolgimento, si fa riferimento a quanto stabilito con DGR 569/2006 e s.m.i. ad eccezione di quanto previsto per il tutoraggio, che potrà, esclusivamente nel caso di azioni di cui al presente comma, essere esteso a tutta la durata del circolo di studio e al monte d’ore dedicato all’autoapprendi-mento che potrà essere inferiore al 50% della durata complessiva del circolo di studio. La durata di un circolo di studio è normalmente compresa fra le 24 e le 30 ore, e deve prevedere e definire le azioni che saranno intraprese per l’attiva-zione della domanda.

✔ Iniziative per la promozione della consapevolezza dell’espressione culturale fi-nalizzate all’incremento della partecipazione dei cittadini adulti ad attività infor-mali di promozione del libro, della lettura e della conoscenza dei beni culturali e artistici, con particolare attenzione ad interventi rivolti ai soggetti più disagiati e meno informati.

✔ Interventi per lo sviluppo e il potenziamento di competenze sociali e civiche per favorire l’integrazione dei cittadini stranieri realizzabili attraverso attività modula-ri (corsi, seminari e Circoli di Studio), di breve durata, con le stesse caratteristi-che descritte ai precedenti punti. Dette azioni devono porre particolare attenzio-ne alle strategie e ai metodi da adottare per informare e coinvolgere la popola-zione interessata e devono considerare con particolare attenzione le differenze linguistiche e culturali che sono di ostacolo all’accesso all’informazione, neces-saria garantire anche ai cittadini stranieri la pianificazione dei propri percorsi personali, di studio e di lavoro. A tal fine si devono assicurare attività specifiche di informazione e orientamento verso le future scelte di studio e professionali, che tengano conto del retroterra culturale e linguistico degli interessati. Tali azioni – anche attraverso le relazioni con altri servizi specializzati – devono ri -spondere alle necessità connesse alle formalità amministrative e all’accesso ai diversi tipi di sostegno previsti in campo sanitario, educativo e sociale, con parti-colare riferimento all’informazione delle giovani coppie, con diverso retroterra

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culturale e linguistico, sulle opportunità di accesso dei bambini agli asili nido, alle scuole dell’infanzia, all’istruzione e alla formazione professionale.

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Cap. 1 : Scuola in rete

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La rete Scuole Migranti di Roma e del Lazio (www.scuolemigranti.it)

Fiorella Farinelli, Comitato Scientifico Rete Scuole Migranti

La rete Scuole Migranti di Roma, che si sta estendendo all’intera area regionale, è un’e-sperienza originale di collegamento e cooperazione tra le scuole delle Associazioni di vo-lontariato o delle Cooperative sociali in cui si insegna la lingua italiana ai migranti adulti. E’nata nel marzo 2009, ha già associato nella sola area metropolitana più di 40 scuole,va-luta periodicamente nuove richieste di associazione, si è dotata di un Comitato scientifico di prestigio con esponenti del mondo dell’istruzione per adulti e di un sito che, oltre a noti -zie di interesse segnala e aggiorna costantemente i corsi attivi, promuove e organizza la formazione professionale dei suoi insegnanti, è collegata con CTP, università pubbliche, università popolari o della terza età, biblioteche civiche.

I soggetti associati alla rete sono di diversa ispirazione, religiosa e laica. Criterio essen-ziale di accesso alla rete è l’erogazione di corsi assolutamente gratuiti per gli utenti. Le scuole e i loro insegnanti sono espressione della società civile : i volontari sono sorretti da forti motivazioni, in parecchi casi sono insegnanti della scuola pubblica, attivi o in pensio-ne, ma anche giovani che hanno acquisito l’abilitazione all’insegnamento dell’italiano per stranieri ( DITALS ) o tirocinanti per lo stesso titolo, nonché laureandi e cittadini di varia appartenenza professionale per lo più laureati. Nelle varie scuole acquisiscono le metodo-logie didattiche adottate e partecipano a iter formativi e di affiancamento prima di assume-re responsabilità d’aula e poi nel corso delle attività. I corsi sono di diverso livello : da quel-li di primo impatto e per principianti, corrispondenti al livello A1 del Quadro comune euro-peo di riferimento ( QCER ) a quelli di livello A2 e talora superiori. Si svolgono tutto l’anno a cicli ricorrenti, in alcuni casi coprono anche i periodi estivi, spesso è possibile iscriversi in qualsiasi momento, normalmente si passa da un livello all’altro ( per esempio nei corsi per principianti dal livello basico a quello intermedio a quello avanzato ; e dai corsi di livello A 1 a quelli di livello A2 ) via via che gli insegnanti , anche in base a test di accertamento, lo ri -tengono possibile.

Da sempre, anche perché nate nel quadro dell’assistenza che le associazioni prestano agli immigrati, le scuole del volontariato sono predisposte per un approccio attento all’in-sieme dei problemi dei migranti. La situazione personale,lo status amministrativo,la condi-zione abitativa e lavorativa, i vari versanti del disagio connesso all’esperienza migratoria sono considerati e curati nel rapporto insegnante-apprendente, a partire dal primo accesso alla scuola dove si provvede generalmente a fasi di contatto/intervista nonché a test di in-gresso per l’indirizzo al livello più appropriato dell’attività di apprendimento. I percorsi di-dattici si intrecciano frequentemente a iniziative interculturali. Far recuperare al migrante una sua dimensione nel nuovo contesto in cui cerca di inserirsi è fondamentale : lo spae-samento da migrazione, talora i veri e propri traumi dei percorsi di fuga da paesi difficili, portano spesso con sé il disagio di identità smarrite e da ricostruire , in un contesto che peraltro – anche per via di normative del tutto inadeguate – solitamente respinge. C’è spa-zio anche per eventi ludici, sportivi, conviviali.

Volontariato e CTP rappresentano a Roma e Lazio la quasi totalità dell’offerta formativa di corsi gratuiti : accanto a queste realtà ci sono molteplici piccole iniziative prodotte da parrocchie, sedi sindacali, centri sociali, sezioni di partito, le stesse comunità straniere più organizzate, normalmente con piccoli numeri e difficili da quantificare.

Le scuole della rete oggi hanno quasi 11.000 iscritti, contro i 7.500 dei CTP, da tempo alle prese con organici insufficienti e – nel caso romano – anche poco sorretti e coordinati dall’amministrazione scolastica periferica. Le scuole del volontariato e del privato sociale, del resto,stanno in campo con maggiore flessibilità, di calendario annuale, giorni e ore : le lezioni si svolgono al mattino, al pomeriggio e nelle ore serali, spesso anche di sabato e

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nei giorni festivi. Si sono fatte esperienze anche di corsi dopo le h. 20 , di corsi intensivi – per esempio per poter accedere ad attività di formazione professionale regionale – con-centrati nei mesi estivi, di corsi delocalizzati in luoghi specifici (per es., corsi per sole don-ne all’interno della Moschea di Roma).

I migranti vengono indirizzati, sia ai CTP che alle scuole della rete, dalle comunità di ap-partenenza, dai diversi servizi sociali con cui entrano in contatto. A Roma, inoltre, funzio-nano diversi Comitati EDA promossi dal Comune e dai Municipi, che si occupano di infor -mare, orientare, indirizzare. Le associazioni più importanti, d’altra parte, sono ognuna per suo conto nodo di specifiche reti territoriali, perciò la rete Scuole Migranti finisce con il di -sporre di una pluralità di contatti, collaborazioni, risorse culturali e organizzative aggiunti-ve.

Tra i limiti che ostacolano un ulteriore sviluppo delle attività formative della rete Scuole Migranti c’è la difficoltà a reperire sedi a titolo gratuito che consentano di coprire le aree più sguarnite del territorio. Qui le reti funzionano poco e i tentativi di ottenere sostegni in questo senso dalle istituzioni locali e dagli istituti scolastici hanno prodotto finora pochi frutti.

Il ruolo giocato dalla rete Scuole Migranti, che si presenta nel contesto territoriale come un soggetto unico e sempre più autorevole, ha consentito di predisporre una rete ufficiale di collaborazione con i CTP. Un protocollo di intesa siglato nel 2011 tra la rete e l’ufficio scolastico regionale ha dato il via a una serie di accordi tra scuole del volontariato e CTP . In sintesi, si tratta di concordare obiettivi e metodologie dei corsi in modo da poter accom-pagnare gli allievi delle scuole a sostenere i test di accertamento linguistico che si fanno presso i CTP. Tutto ciò con l’ obiettivo di ampliare il numero delle persone che conseguono un attestato di competenza linguistica valido ad evitare di doversi sottoporre ai test orga-nizzati dalle prefetture e, contestualmente, di ovviare ai deficit di offerta formativa da parte di CTP in sempre maggiore ristrettezza di organici.

Tale intesa può essere premessa per altri tipi di collaborazione: in cantiere c’è, per esem-pio, la costituzione di un centro di documentazione sull’insegnamento dell’italiano lingua 2 cui potrebbero collaborare tutti i soggetti impegnati in questo campo, le scuole del primo e del secondo ciclo, i CTP, le scuole del volontariato. Ma sarà forse possibile, in futuro, orga-nizzare anche opportunità di formazione degli insegnanti di entrambi i settori utili non solo al confronto delle esperienze ma anche a compensare gli effetti del continuo ricambio di insegnanti di italiano lingua 2. Già oggi alcuni insegnanti e dirigenti scolastici dei CTP par-tecipano alle attività di formazione promosse dalla Rete in collaborazione con esperti ed università.

C’è inoltre da sottolineare che una certa quota di allievi delle scuole della Rete, in parti -colare quelli orientati a spostarsi in altri paesi o ad accedere ad attività formative di altro tipo – scuola secondaria superiore, università, formazioni professionali specifiche ecc. – preferiscono sostenere, presso le scuole della Rete che sono convenzionate, le prove pre-disposte dagli Enti di certificazione linguistica ( Università per stranieri di Siena e di Peru-gia ). Sebbene non gratuite, tali prove assicurano infatti una certificazione formale, più for-te degli attestati erogati dai CTP, e riconosciuta in tutti i paesi UE . In questi casi gli allievi partecipano ai costi delle prove se e come possono, mentre sono le scuole della Rete, il CESV – Centro di Servizi del volontariato, e i volontari a farsi carico del resto. Anche qui, come è ovvio, sarebbe essenziale un sostegno delle istituzioni locali che sono state invece finora piuttosto restie a farsene carico.

Le scuole della Rete, coinvolte come si è detto in una cooperazione ufficiale con i CTP e promossa d’intesa con l’ufficio scolastico regionale, stanno avendo riconoscimenti formali anche presso i Consigli Territoriali sull’immigrazione delle Prefetture. Ciò sta avvenendo, fra l’altro, anche a proposito delle sessioni di educazione civica che gli immigrati devono obbligatoriamente seguire – pena la perdita di 15 dei 16 punti assegnati – entro tre mesi

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dal rilascio del primo permesso di soggiorno . Alle scuole è stato infatti chiesto di sommini-strare i materiali audiovisivi preparati in 19 lingue dal ministero degli interni, predisponendo le aule e fornendo mediatori linguistici a titolo gratuito. Come era stato ampiamente previ -sto, infatti, fin dall’emanazione legislativa dell’”accordo di integrazione”, le Prefetture non sono in grado di assolvere i compiti assegnati loro dalle norme.

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Le scuole del territorio in rete per il diploma

di Sabina Pascetti, docente, Rete ASTERISCO, Lucca

Il primo accordo di rete tra alcune scuole secondarie superiori di Lucca e Piana e il CTP di Lucca risale al 2001. Questo accordo vede, come prima azione, realizzare un progetto finanziato con il FSE per lo svolgimento di moduli formativi. L’obiettivo era l’acquisizione di crediti formativi spendibili per il conseguimento di qualifiche professionali nel sistema dell’i -struzione.

Nell’anno scolastico 2005-06, all’interno delle attività di rete, inizia una stretta collabora-zione tra i docenti del CTP e i docenti dell’ISI Pertini. Da allora, i docenti del CTP affianca -no quelli dell’ISI Pertini durante le attività didattiche consentendo, di fatto, la trasformazio-ne delle classi, istituzionalmente ad indirizzo economico aziendale, in classi multi indirizzo.

Abbiamo, inoltre, previsto che, laddove non sussistano risorse interne per lo svolgimento dei moduli specifici nelle discipline di indirizzo, sia necessario stipulare contratti con esper-ti e/o docenti che accompagnino verso gli esami i corsisti. Di fatto, da due anni, la cronica carenza di risorse economiche ci ha impedito di svolgere compiutamente le nostre attività.

Comunque la presenza del doppio docente di italiano, storia, matematica, inglese, ci ha consentito e purtroppo solo in parte ci consente ancora, di dividere il gruppo classe in al-meno due sottogruppi dandoci la possibilità di essere maggiormente rispettosi dei diversi livelli di partenza e dei diversi tempi di apprendimento.

Questa specie di organico di rete ci ha consentito, soprattutto nei primi anni, quando l’or-ganico CTP era più ricco, di affidare ai docenti CTP, che avevano formazione e competenze specifiche in materia, anche i moduli di accoglienza, orientamento e ac-compagnamento. In seguito abbiamo dovuto ridimensionare la collaborazione con i do-centi CTP per la ben nota riduzione di organico. Questo ci ha costretti a ricercare nuove soluzioni, ad esempio la FS, dedicata dall’ISI Pertini al corso serale, di fatto accoglie ed orienta per 12 mesi l’anno la potenziale utenza delle scuole della rete. Inoltre i coordinatori di classe con la FS si occupano di orientare ed accompagnare i singoli corsisti nella co-struzione dei percorsi formativi individuali e del gruppo classe.

Sempre dal 2005-06 per i corsisti che intendono conseguire qualifiche professionali non presenti come corsi serali della rete e per i quali organizziamo, come detto, percorsi di ac-compagnamento, applichiamo il dettato dell’OM 87 2004 che consente, convocando la prevista commissione, di ricostruire e valutare il percorso formativo e scolastico. Questo è l’ultimo anno delle qualifiche professionale nel sistema dell’istruzione e ci apprestiamo quindi a concludere questa esperienza avendo già “messo la testa” alla progettazione di modelli futuri: primo biennio, secondo biennio, monoennio. Non sapendo ancora se e cosa faremo per le qualifiche IFP per gli adulti.

Il nostro lavoro è sempre in progress, necessita di continuità, di affiatamento; le relazioni tra i docenti e quelle con i corsisti sono oggetto continuo di riflessione, di chiarimenti, di messa a punto. Spetta ai docenti con più esperienza accogliere ad ogni inizio d’anno i nuovi perché entrino il più presto possibile nella complessa situazione.

Quella del corso serale Pertini così “imbrigliato nella rete” è una realtà molto complessa, fatta di modelli in continuo cambiamento, di procedure inusitate, di forzature inevitabili. Per la tenuta di questa ricca complessità è indispensabile studiare ed approfondire quotidiana-mente la normativa alla ricerca di soluzioni che riescano a tenere insieme la dimensione didattico-formativa con quella legale-ordinamentale. Di fatto i docenti che riescono ad entrare nello spirito del laboratorio di idee e prassi apprezzano l’esperienza dal punto di vi-sta professionale e la considerano occasione di crescita e formazione.

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La procedura che ci vede più impegnati è forse quella della progettazione e produzione di griglie e modelli che riescano a riprodurre in modo chiaro e trasparente il nostro lavoro, griglie che raccolgano i risultati e le valutazioni dei percorsi in modo intellegibile anche al -l’esterno. Ad esempio modelli che costituiscano formalizzazione di crediti formativi spendibili agli esami preliminari da candidato esterno all’esame di stato per corsisti che sono stati inseriti ed accompagnati nei percorsi della RETE.

L’obiettivo è quello di riuscire a fare emergere il percorso formativo che si trova dietro a queste “scartoffie”. Riprodurre tutto il percorso dalla “presa in carico” con l’accoglienza del corsista, l’orientamento, il riconoscimento dei crediti pregressi, la stesura del patto formati-vo, l’esplicitazione del progetto individuale, l’accompagnamento, l’eventuale riorientamento ed infine il raggiungimento dell’obiettivo diploma.

Un punto fondamentale di tutto il progetto è la PROGRAMMAZIONE MODULARE che facilita sia la fase del riconoscimento dei crediti in entrata che le diverse fasi del percorso individuale in cui si possono riconoscere con grande trasparenza crediti parziali e totali in relazione ai moduli superati.

La frequenza e la partecipazione alle attività didattiche sono altri punti fondamentali per la buona riuscita del progetto. I corsisti che frequentano con maggiore assiduità, di solito, sanno affrontare meglio le inevitabili difficoltà che incontrano e alla fine ottengono i risultati migliori.

Il superare le difficoltà e l’ottenere buoni risultati passano anche attraverso la frequenza di quella che chiamiamo ora zero. L’ora zero si svolge prima dell’inizio ufficiale delle lezio-ni ed è un’ora extracurricolare che i docenti mettono a disposizione dei corsisti. Superando la logica della classe, i docenti accolgono tutti i corsisti che si presentano e utilizzano l’ora zero soprattutto per le attività di recupero, ma anche per attività volte ad accelerare l’ac-quisizione di crediti scolastici.

Tutto ciò viene realizzato a costo zero in quanto le ore messe a disposizione dai docenti sono ricavate dalla somma dei minuti di recupero che i docenti accumulano svolgendo le normali attività didattiche in moduli da 50 anziché da 60 minuti. A titolo di esempio, un do-cente che lavora per 6 ore alla settimana presso l’ISI Pertini svolgendo 6 moduli da 50 mi-nuti si ritrova alla fine della settimana a dover recuperare un’ora che verrà trasformata in un’ora zero.

In conclusione credo che emerga quanto sia fondamentale la dimensione dell’ORIENTA-MENTO in tutta l’attività di accompagnamento degli adulti al diploma. In una didattica in cui i docenti accompagnano, stimolano e sostengono i corsisti, anche a livello metacogniti -vo, nel processo di apprendimento e di formazione.

Ed è anche evidente quanto siano indispensabili tempi distesi, tempi lunghi nei percorsi dell’apprendimento. Gli adulti e i giovani adulti che tornano a scuola dandosi l’obiettivo del conseguimento di un diploma devono poter disporre di un tempo che sia consono alle pro-prie esigenze, che sia in sintonia con quanto hanno già come bagaglio di conoscenze e quando ancora debbono acquisire. Per ognuno e con ognuno c’è da costruire e “stare” in un PROGETTO INDIVIDUALE.

Per fare tutto questo ci vogliono tempo e risorse, ma soprattutto ci vogliono docenti sem-pre più formati e consapevoli della funzione di guida e accompagnamento del corsista alla conoscenza e di facilitazione dell’apprendimento sulla base del riconoscimento dello stile di apprendimento di ciascuno (il riferimento è a Carl Rogers con il docente “facilitatore del-l’apprendimento”).

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Riconoscimento e valorizzazione dei crediti per adulti italiani e stranieri in rientro formativo - Progetto CO.VAL.CRE e SPRINT

Emilio Porcaro, CTP Besta – Bologna

Il progetto, in essere dal 2004, dà attuazione a quanto previsto dal DM 86/2004 e dal-l’OM 87/2004 e consente di riconoscere crediti ad adulti che intendono rientrare in formaz-ione e conseguire un titolo di studio.

A Bologna e provincia si è costituita un’unica Commissione provinciale composta da tutti i CTP e da tutti i serali che operano sul territorio (in totale 22 Istituzioni scolastiche) la qua-le, al fine di rendere sostenibili i percorsi finalizzati al conseguimento di un titolo di studio di secondo ciclo, valuta e riconosce come credito precedenti esperienze di apprendimento acquisite in contesti formali, informali e non formali.

Tale commissione si è data un nome: Commissione CO.VAL.CRE. Il funzionamento della Commissione, le risorse umane e finanziare utili a tenerla in vita

sono definite in un protocollo di rete sottoscritto dai Dirigenti scolastici delle scuole coinvol-te. Capofila della rete è il CTP “Besta” di Bologna.

Il personale docente impegnato nella Commissione CO.VAL.CRE. opera sulla base di comuni Linee guida per il riconoscimento dei crediti. Tali Linee guida, opportunamente di-scusse e condivise, sono state elaborate il primo anno dei attività della Commissione (AS 2004-2005) e successivamente integrate sulla base dei cambiamenti e delle evoluzioni or-dinamentali.

La Commissione CO.VAL.CRE. opera sui seguenti obiettivi:

• condividere Linee guida comuni (criteri) per il riconoscimento dei crediti;

• favorire modalità di lavoro in rete tra CTP e serali superiori;

• orientare gli adulti che concludono il percorso presso il CTP verso i corsi serali su-periori;

• valorizzare precedenti esperienze di apprendimento formali, informali e non formali possedute dall’adulto e trasformarle in crediti per rendere sostenibile il percorso fi -nalizzato al conseguimento di un titolo di studio superiore;

• qualificarsi e riqualificarsi professionalmente.

Al termine di una procedura che vede coinvolti i docenti dei CTP e delle scuole seconda-rie con corsi serali e che si conclude con l’elaborazione di un Dossier, la Commissione procede all’analisi dei vari casi e, se ritenuti coerenti, al rilascio di uno dei due certificati previsti dal DM 86/2004 (Modello A per l’iscrizione a un determinato anno di scuola supe-riore e Modello B per l’ammissione diretta all’esame di qualifica).

Come da normativa, tale certificato ha valore nazionale e l’adulto può farlo valere in qual-siasi istituzione scolastica italiana.

Azioni di miglioramento

• in un’ottica di miglioramento è ipotizzabile, con le medesime caratteristiche, speri -mentare modalità di riconoscimento di crediti linguistici per immigrati che devono ot-temperare ai nuovi obblighi di conoscenza della lingua italiana previsti dalle recenti leggi sull’immigrazione (Accordo di integrazione e Permesso di soggiorno a tempo indeterminato).

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Un grosso sostegno alla Commissione CO.VAL.CRE. è stato fornito (e continua tuttora ad esserlo) dalla Provincia di Bologna con un’azione del FSE. Tale azione si è concretizza-ta nel progetto SPRINT.

SPRINT consiste in un servizio di consulenza e orientamento individualizzato rivolto a la-voratori occupati a bassa scolarità o con titolo di studio obsoleto, a stranieri con titolo di studio non riconosciuto, a donne esposte alle criticità del sistema produttivo, che intendo-no rientrare nel sistema dell’istruzione e della formazione e conseguire un titolo di studio superiore.

Grazie a SPRINT è stato possibile individuare su tutto il territorio della provincia di Bolo-gna un consistente numero di “sedi di erogazione del servizio” (sono 19 in tutto, e coinci -dono con le Istituzioni scolastiche della rete). Gli utenti che intendono farsi riconoscere crediti si rivolgono ai tutor presso una qualsiasi sede di erogazione del servizio.

Il tutor è un docente del CTP o del serale che:

• accoglie il candidato

• aiuta il candidato nel processo di composizione e redazione del dossier

• cura la somministrazione de test/prove pratiche per accertare eventuali competenze pregresse

• presenta alla Commissione CO.VAL.CRE. il dossier del candidato

• orienta il candidato verso altri percorsi formativi sulla base dei bisogni emersi du-rante i colloqui.

Il risultato del lavoro di consulenza individuale svolto dai tutor è il Dossier del candida-to. Il dossier ha la funzione di evidenziare e documentare le competenze pregresse, ac-quisite in precedenti contesti di apprendimento formali, informali e non formali. È sulla base del dossier che la Commissione effettuerà le proprie analisi e valutazioni e procederà al rilascio o meno dei certificati di cui al DM 86/2004.

L’evidenziazione delle competenze avviene attraverso prove documentali (titoli di studio posseduti; certificazioni finali di percorsi svolti; attestazioni di frequenza, anche parziale, di moduli; dichiarazioni del datore di lavoro, autodichiarazioni, narrazioni, ricostruzioni auto-biografiche, ecc.). Il tutor, nei colloqui con il candidato, ha un ruolo fondamentale che, oltre a essere orientativo (indirizzare il candidato verso un percorso di studio adeguato), è an-che maieutico, nel senso che si propone di far emergere esperienze a cui l’adulto non ritie-ne di assegnare un valore significativo né tantomeno spendibili in un contesto formale e scolastico.

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Esperienze di integrazione tra formale e non formale

Paolo Collini, Dirigente Scolastico Istituto “E. Morante” di Firenze,Capofila del Protocollo “Obiettivo Lisbona” 1

Il Convegno si colloca in un particolare momento della politica nel nostro Paese. Si è chiusa un’era che per la scuola, in generale, e per quella per adulti, in particolare, che potremmo definire generosamente “di sofferenza”, una sofferenza che ha colpito questa fondamentale istituzione a 360 gradi: dalle risorse economiche a quelle del personale e alla sua gestione, dalla definizione dei termini di una riforma che non cessava mai di modi-ficarsi (si pensi al primo ciclo di istruzione) o che non riusciva mai a precisarsi e a decolla-re (si pensi al secondo ciclodi istruzione), dai tagli profondi in ordine agli organici, alle spese di investimento, all’edilizia scolastica etc.Si spera che se ne sia aperta un’altra: importanti, seppur timidi, segnali in questa direzione si sono già registrati con la speranza che vengano consolidati e allargati.Perciò, è necessario riprendere con forza e determinazione il tema dell’EDA nell’ottica ap-punto di quanto si propone appunto il Convegno: lotta contro la dispersione scolastica per il rientro in formazione e la qualificazione del mercato del lavoro, con una speciale atten-zione ai giovani, alle donne, ai diversamente abili, agli immigrati.E’ per perseguire questi obiettivi che, nella tradizione pluriennale praticata dall’Istituto “E. Morante” di Firenze (scuola serale) in fatto di accordi di rete (“Le Pleiadi” che ha permesso di formare a distanza corsisti dell’Isola d’Elba; la realizzazione della rete RISCAT con gli altri serali) o dal CTP di Bagno a Ripoli (in convenzione con il CTP della Città Pestalozzi al fine di offrire formazione all’istituto penale per minori etc), si è costituito nel 2009 il Proto-collo “Obiettivo Lisbona”, un accordo di rete fra scuole serali e CTP dell’area Firenze Sud Est/Chianti Fiorentino/Valdarno Superiore/Mugello e Val di Sieve. Esso nasceva dall’esi-genza molto concreta di consentire a tutte le istituzioni scolastiche di detto territorio di ri-spondere alla domanda di formazione nei confronti di un’utenza che non sempre e in tutti i casi è in grado di andare a cercare e trovare la risposta al proprio bisogno. Così, scuole serali e CTP hanno deciso di mettere in comune risorse (umane, professionali e anche economiche) per formulare percorsi modulari, basati sul riconoscimento di competenze ac-quisite e di quelle da acquisire, e a distanza, mediante la pratica di “frequenze periodiche” negli ambiti scolastici individuati come luoghi di apprendimento e/o di verifica o mediante l’uso di strumenti informatici (recentemente uso della piattaforma moodle, della LIM etc).Tale prassi ha ben presto richiesto l’apertura del Protocollo ad altri soggetti. In primo luo-go, al territorio e ai Comuni e alle loro aggregazioni che del territorio curano gli interessi e ne decidono le politiche, per esempio nel settore dell’educazione e istruzione non formale; poi ai Centri per l’Impiego e con il Sindacato che sono più direttamente collegati con il mondo dell’offerta del lavoro; infine con le associazioni che in anni recenti e meno recenti hanno tenuto vivo ed anche organizzato iniziative importanti sul versante del non formale e del formale (vedi Edaforum, dati i suoi precisi addentellati a livello universitario, con gli enti locali e con il mondo del volontariato) e che, costituite da ex corsisti dei serali e dei

1 - Obiettivo Lisbona comprende: Istituto “Chino Chini” – Borgo San Lorenzo (FI); CTP di Borgo San Lorenzo (FI); Unione dei Comuni del Mu-gello (Borgo S. Lorenzo - FI); CTP di Pontassieve (FI); Unione dei Comuni del Valdarno e della Valdisieve (FI); CTP Montevarchi (AR); Istituto “Vasari” – Figline Valdarno (FI); CTP di Bagno a Ripoli (FI);Conferenza per l’Istruzione Zona Fiorentina Sud-Est (Bagno a Ripoli - FI); Istituto “Sassetti-Peruzzi” di Firen-ze; CTP “B. Angelico” – Firenze; CTP Scuola Città Pestalozzi (Firenze); Agenzia Formativa Comune di Firen-ze; Associazione Edaforum; Comitato Scuola Educazione degli Adulti (Firenze – Bagno a Ripoli – Impruneta); Associazione F. Paolieri (Impruneta – FI); Associazione “Amici della Biblioteca” (Fiesole – FI).

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CTP, continuano a perseguire e diffondere la prassi della formazione lungo tutto l’arco della vita.L’apertura ha prodotto l’adesione di molteplici enti locali e delle loro forme associative (Conferenza per l’Istruzione della Zona Firenze Sud Est; Unione dei Comuni del Valdarno e della Bassa Sieve; Unione dei Comuni del Mugello e più recentemente la stipula di una Convenzione fra l’Agenzia formativa del Comune di Firenze e l’E. Morante, scuola capofila del Protocollo Obiettivo Lisbona), di associazioni e istituzioni varie al Protocollo, prefigu-rando a livello formale, l’azione sinergica richiesta dalla necessità di costituire un rapporto fra ambito formale e ambito non formale dell’educazione ed istruzione degli adulti che ab-bia le caratteristiche di sistema.Il Protocollo sta lavorando in due direzioni.La prima di carattere informativo e di esplicitazione/raccolta della domanda di formazione: ogni sub area (Mugello; Val di Sieve; Valdarno Superiore e Chianti Fiorentino; Firenze Sud Est; Firenze nel suo complesso) attiva processi di raccolta dati relativamente alle offerte formative esistenti sul territorio proposte da istituzioni sia dell’ambito formale (scuole serali e CTP) sia di quello non formale (corsi promossi dai Comuni, dalla Provincia per i vou-cher, dalle più diverse associazioni: sindacati, circoli, agenzie formative ecc.). Una sorta di vero e proprio Osservatorio dell’offerta formativa formale e non formale. Il problema tutta-via permane relativamente alla quota, sicuramente maggioritaria, di quanti non riescono o non sono in grado di “leggere” tale offerta e pertanto per costoro occorre individuare stru-menti efficaci ma non tradizionali di esplicitazione della domanda (su questo torneremo tra breve).La seconda direzione è l’esserci proposti di perseguire l’obiettivo di individuare e speri-mentare un modello utile al riconoscimento come credito delle competenze acquisite in ambito non formale. Già in molti casi abbiamo praticato, anche precedentemente alla for-malizzazione del Protocollo “Obiettivo Lisbona”, modalità di recepimento e validazione nei confronti dei corsisti di competenze e crediti da essi acquisiti in altre realtà formative, più spesso del formale ma anche del non formale. Noi stessi ci siamo talvolta rivolti a questo ambito o lo abbiamo noi stessi nella nostra realtà formale di scuola attivato per permettere ai nostri utenti di conseguire crediti che consentissero di realizzare per loro percorsi e mo-duli di veloce ed efficace acquisizione di competenze (vedi O.M. 455/1997 e il D.P.R. 257/2000).Cosa del resto che alcune norme emanate seppur in maniera non sistemica (O.M. 86 e 87/2004; DGR RT 347/2004; 120/2006; 344/2006; 532/2009; 731/2010) hanno via via nel tempo previsto e che hanno permesso di avviare processi che oggi approdano necessaria-mente a richieste sempre più urgenti e pressanti di mettere a sistema una prassi consoli-datasi nel tempo non per ingabbiarla e irretirla nel formalismo burocratico e autoreferen-ziale del sistema scolastico ma per darle continuità e certezza rispetto alle metodiche di applicazione e alla più efficiente ed efficace messa in atto di sinergie circa le risorse uma-ne, professionali ed economiche fra i molteplici soggetti interessati all’erogazione della for-mazione.A questo proposito si imponeva l’esigenza di individuare una fonte di finanziamento che consentisse di sperimentare una ricerca azione, che vedesse impegnato personale docen-te dei due ambiti (formale e non formale), tendente alla costruzione di un modello con pro-cedure e contenuti per la descrizione degli apprendimenti acquisiti in ambito non formale così da renderli leggibili ed utilizzabili in maniera univoca per l’ottenimento di crediti in per-corsi dell’istruzione. Recentemente, il POR. OB. “Competitività regionale e Occupazione” – Asse IV Capitale Umano – bando regionale toscano per la concessione di finanziamenti per la realizzazione di percorsi formativi di natura formale, finalizzati all’innalzamento dei livelli di istruzione della popolazione adulta per l’a.s. 2012/2013, ha aperto questa possibilità di soddisfare l’e-sigenza sopra esposta: il progetto presentato alla Regione Toscana dal titolo significativo

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“Ri.Co.R.Di” (Riconoscimento delle Competenze e Raggiungimento del Diploma) da parte dell’Istituto “Morante” e dall’Agenzia del Comune di Firenze come soggetti partner e per conto di pressoché tutti i soggetti aderenti al Protocollo “Obiettivo Lisbona” , attraverso la rete dei partner sostenitori ed in particolare dei Cred, aprirà una “finestra” conoscitiva sulle attività del non formale per ipotizzare le modalità, le procedure e le caratteristiche minime di percorso che potranno consentire il riconoscimento, la descrizione e la spendibilità delle competenze apprese in questi contesti anche indipendentemente dalla comparabilità del loro “titolo” riguardo alle macroaree disciplinari dei vari istituti superiori del formale.

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Due parole sulla Rete Toscana dei Centri Territoriali Permanenti nel contesto del si-stema regionale integrato per l’apprendimento-insegnamento della lingua italiana.

di Sandro Piazzesi,docente CTP

La Rete Toscana dei CTP è stata costituita, secondo la forma attuale, nel 2003 con un accordo (rinnovabile ogni tre anni), sottoscritto da tutti i Dirigenti Scolasti dei trentatré Cen-tri Territoriali Permanenti (istituiti con l’O.M. 455 del 1997). L’accordo di rete ha le sue radi-ci in una visione teorica e operativa dell’educazione degli adulti, articolatasi progressiva-mente sull’idea che il segmento istruzione, coordinandosi, potenzi maggiormente la pro-pria vocazione a porsi come servizio nell’ambito delle strategie del “nuovo sistema integra-to dell’educazione degli adulti”, così come viene prefigurato dall’Accordo Stato-Regioni e successivamente ribadito dalla normativa su tale materia. In Toscana, sulla spinta di esi-genze oggettive (che venivano progressivamente a delinearsi con l’organizzazione del la-voro dei CTP, l’autonomia scolastica e la nuova cultura della progettualità richiesta per ac-cedere ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo), già dal 2001, era stato siglato dai Di-rigenti Scolastici un primo accordo di rete dei CTP che aveva visto un forte supporto del -l’Ufficio Scolastico Regionale e dell’IRRE Toscana (oggi ANSAS) e il riconoscimento della Regione Toscana.

Va messo, altresì, in evidenza che la Rete dei CTP Toscani è nata (ed è tutt’ora portata avanti) non solo per far fronte a contingenze immediate, ma come frutto di un processo di ‘ricerca-azione’, per la creazione di un sistema dell’educazione degli adulti regionale, av-viato fin dall’istituzione dei CTP e poi ampliatosi nei seminari e corsi di aggiornamento pro-posti dall’IRRE Toscana con il progetto F.A.Re. (i cui risultati sono oggi leggibili in due po-derosi volumi pubblicati sotto il titolo L’Officina di Vulcano F.A.Re. Formazione a cura di C. Scaglioso, MIUR – IRRE Toscana, Firenze, 2002 e 2005). Una necessaria formazione teo-rico-applicativa, che ben lungi dall’essere conclusa, ha contribuito e contribuisce a diffon-dere la coscienza fra gli addetti ai lavori che solo operando nel senso della logica del lavo-ro di rete è possibile sviluppare sia a livello locale sia a livello regionale quelle sinergie ne-cessarie a creare un sistema unitario e molteplice nel contempo, dove i singoli soggetti istituzionali e non, pur mantenendo la loro autonomia, cooperino fra loro per finalità socio-educative comuni. Nella logica del lavoro di rete il sistema scolastico e il sistema regionale della formazione professionale, il sistema dei servizi per l’impiego, le reti civiche delle ini-ziative per l’educazione degli adulti, le infrastrutture culturali, le imprese, le associazioni, le Università e le Prefetture divengono soggetti necessari a costituire un sistema organico e coerente che offra a chi vi si rivolge la possibilità di un continuum spaziale e temporale che non può essere presenza indistinta, ma offerta sinergica da parte dei vari protagonisti delle diverse entità ognuna con le proprie peculiarità.

Il funzionamento interno della Rete Toscana dei CTP

L’accordo, che istituisce la Rete dei CTP, prevede come organo di governo della Rete: la Conferenza di servizio dei Dirigenti Scolastici o di un loro delegato. La Conferenza di ser -vizio dei DS nomina per tre anni un DS Coordinatore di uno dei CTP che svolge il ruolo di capofila della Rete e un Gruppo di Coordinamento che affianca il Coordinatore della Rete nelle attività di coordinamento. Al DS Coordinatore è affidato il compito di convocare la conferenza di servizio dei DS o loro delegati e di rappresentare la Rete dei CTP, il Coordi-natore può delegare un membro del Gruppo di Coordinamento a rappresentarlo tempora-neamente. Il Coordinatore della Rete può affidare compiti gestionali e amministrativi legati a progettualità specifiche ad altri CTP della Rete, sentito il parere della conferenza di

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servizio. Per saperne di più sulla Rete dei Centri Territoriali Permanenti per l’istruzione e l’educazione in età adulta si rimanda al sito: http://www.ctp-retetoscana.eu/

Un dialogo aperto

La Rete dei CTP, al fine di essere un soggetto attivo del nuovo sistema integrato dell’e-ducazione-istruzione degli adulti che è andato progressivamente delineandosi e va sem-pre più operativamente costruendosi in Toscana (anche grazie alle scelte programmatiche della Regione), ha avuto e ha come interlocutori privilegiati: l’Ufficio Scolastico Regionale; la Regione Toscana, La Rete RISCAT dei Corsi Serali Superiori; IRRE (oggi ANSAS), l’U-niversità per Stranieri di Siena.

• L’Ufficio Scolastico Regionale del quale la Rete è stata ed è soggetto interlocuto-re per le scelte programmatiche dell’educazione-istruzione degli adulti, con l’Ufficio, negli anni che hanno visto il costituirsi della Rete, sono state concordate, anche, le modalità per la ripartizione delle risorse ai CTP; e ancora, la Rete ha organizzato, come tramite dello stesso Ufficio, convegni e percorsi di aggiornamento per i do-centi dell’EDA (Educazione degli Adulti) e poi IDA (Istruzione degli Adulti), fra le ulti -me iniziative proposte, tramite il supporto della Rete dei CTP, ricordiamo la diffusio-ne del progetto SAPA.

• La Regione Toscana con la quale la Rete (fin dalla sua istituzione) ha ricercato un dialogo, partecipando a incontri, tavoli programmatici iniziative di vario genere sul-l’EDA e operando, in tempi più recenti, insieme all’Istituzione e ad altri soggetti, per la realizzazione di progetti finanziati con il fondo sociale europeo e finalizzati a im-plementare l’offerta formativa dei CTP nell’ambito dell’insegnamento della lingua italiana a cittadini provenienti da paesi terzi.

• La Rete RISCAT dei Corsi Serali Superiori, rete consorella di quella dei CTP, con la quale è attiva fin dalla sua istituzione, avvenuta poco dopo quella della Rete dei CTP, una collaborazione attiva (con gruppi di lavoro) al fine di innalzare il livello di istruzione della popolazione adulta facilitandone il rientro in formazione tramite per-corsi adeguati alle specifiche esigenze; a tal proposito le due reti congiuntamente hanno facilitato la diffusione e la realizzazione di percorsi integrati fra CTP, Scuole Serali Superiori, Enti Territoriali per il conseguimento all’idoneità alla terza classe della Scuola Secondaria Superiore, proponendo la condivisione di buone pratiche e collaborazioni operative fra istituzioni (come l’esperienza pioneristica realizzata a Scandicci che, tuttora, vede coinvolti, in un comune accordo, per la realizzazione di un ‘monoennio’ - che rilascia l’idoneità alla terza classe di scuola secondaria supe-riore - l’istituto Russell-Newuton, il CTP del Distretto 17 (Scandicci-Le Signe) e il Comune di Scandicci). Inoltre le due Reti congiuntamente hanno presentato al MIUR con l’avvallo dell’Ufficio Regionale Scolastico e della Regione Toscana un do-cumento, per la creazione dei Centri Provinciali di Istruzione degli Adulti: il docu-mento presenta un modello organizzativo e didattico improntato alla valorizzazione delle singole realtà locali (CTP, Corsi Serali Superiori ecc.) che trovano unitarietà regionale nella costruzione, appunto, di un sistema organizzato secondo la logica del lavoro di rete.

• IRRE Toscana (oggi ANSAS), con la quale la Rete ha cooperato per realizzare cor-si di aggiornamento per gli operatori dei CTP e non solo.

• L’Università per Stranieri di Siena con la quale la Rete ha definito le modalità di collaborazione in una Convenzione Quadro che offre la possibilità a tutti i CTP di

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essere sede d’esame CILS e ai docenti di frequentare corsi di aggiornamento orga-nizzati dalla stessa Università su tale argomento.

• L’associazione Edaforum con la quale ha organizzato conferenze e convegni sul-l’Educazione degli Adulti, riconosciuti ufficialmente come corsi di aggiornamento per i docenti.

Iniziative della Rete nell’ambito dell’apprendimento-insegnamento dell’italiano L2.

Ricordando che la Rete dei CTP toscani nasce nell’ambito delle opportunità d’incontro, confronto e aggiornamento offerte a livello regionale e nazionale dal progetto F.A.Re For-mazione, nel quale erano coinvolti molti dei soggetti impegnati a vario livello nell’EDA, si vuol tornare a mettere in evidenza che una delle esigenze primarie del fare rete è stata connessa al concetto di formazione intesa sia come aggiornamento scientifico degli ope-ratori sia come scambio e condivisione di buone pratiche maturate nei territori dove opera-vano e operano i CTP. Ad esempio nel settore specifico della formazione dei docenti di ita-liano L2, la Rete ha operato fin dal 2003 concorrendo, con altri soggetti pubblici e privati, a promuovere, migliorare ed arricchire l’offerta formativa dell’apprendimento insegnamento della lingua e cultura italiana agli stranieri secondo le indicazioni del Quadro comune euro-peo di riferimento per le lingue: apprendimento insegnamento, valutazione.

Nel 2004, la Rete dei CTP toscani, promuoveva con l’IRRE Toscana, la pubblicazione e la diffusione di un Vademecum per gli operatori dei Centri Territoriali permanenti (Firenze, Cappelli 2004) che presentava a tutti gli operatori dei CTP metodologie, materiali per la progettazione didattica e strumenti per la verifica finalizzata al rilascio di certificazione di competenza in italiano L2, rifacendosi ai più autorevoli studi del settore e alle indicazioni del Q.C.E.R.. Il Vademecum era stato elaborato da un gruppo di docenti con la consulenza di esperti del settore disciplinare ed era il frutto di un corso di aggiornamento durato più di due anni su Apprendimento e insegnamento dell’italiano come seconda lingua e certifica-zione delle competenze in età adulta, che si inseriva nell’ambito delle iniziative d’aggiorna-mento promosse dal progetto F.A.Re declinate, in questo caso, sulla Formazione degli in-segnanti di italiano L2.

Il corso e la pubblicazione hanno avuto il merito di innalzare il livello di preparazione de-gli operatori, confrontando risultati scientifici ed esperienze didattiche, raccogliendo e strut-turando materiali utili all’insegnamento così da far condividere complessivamente, a livello regionale, sia i frutti del lavoro dei singoli CTP, sia le competenze specifiche degli inse-gnanti maturate in vari corsi di aggiornamento tenutisi a livello locale (come, a memoria di chi scrive, quello organizzato dal Centro Risorse Educative del Comune di Scandicci con l’Università per Stranieri di Siena e il CTP di Scandicci-Le Signe, ma se ne potrebbero ci-tare altri fatti ad Arezzo, a Livorno, a Pisa, a Massa Carrara ecc.).

Nuovi scenari: la Regione Toscana verso la creazione del sistema integrato per la forma-zione linguistica degli immigrati e la Rete dei CTP.

Abbiamo già accennato al fatto che la Regione Toscana ha valorizzato, fin dalla sua isti-tuzione, la Rete dei CTP, considerandola un soggetto rappresentativo per l’educazione-i -struzione degli adulti su il territorio regionale, soprattutto per quanto riguarda l’offerta for-mativa dei cosi di lingua italiana a studenti stranieri. Inoltre, il documento programmatico, presentato al MIUR dalle due reti congiunte dei CTP e della R.I.S.C.A.T per l’istituzione dei

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CPIA, trovava e trova l’appoggio della Regione Toscana proprio perché si prefigge di crea-re un sistema istituzionale delle scuole pubbliche (sedi dei CTP e delle Scuole Serali) ope-ranti secondo la logica organizzativa del lavoro di rete. E ancora, dall’anno scolastico 2010-2011, c’è da aggiungere che, tramite l’Area di Coordinamento Inclusione Sociale e il Settore Istruzione e Ricerca della Regione Toscana, il rapporto tra la Rete dei CTP e la Regione è passato da un piano di condivisione di intenti programmatici a un piano di impo-stazione di azioni concrete tese a valorizzare e implementare l’attività dei singoli CTP, nel-l’insegnamento della lingua e cultura italiana a studenti immigrati, e a potenziare la struttu-ra organizzativa della Rete, come uno dei punti di forza del sistema regionale.

Nella prospettiva di creare un sistema di governance per il coordinamento degli interventi dei vari attori (Ufficio Scolastico Regionale, Università per Stranieri di Siena, Prefetture, l’I -stituzione Nord-Sud, Agenzie del terzo settore e altro) che sono convolti direttamente, nei percorsi di apprendimento-insegnamento per studenti immigrati, o indirettamente, in attivi-tà di supporto e servizio perché tali percorsi possano realizzarsi secondo criteri di effica-cia, efficienza ed economicità. Tenendo, anche, presente la ricezione, nei bandi per la pre-sentazione di progetti finanziati con fondi comunitari, del DM 4 giugno 2010 (emanato dal Ministero degli Interni di concerto con il MIUR, per il riconoscimento delle competenze lin-guistiche dei cittadini stranieri ai fini del rilascio del permesso di soggiorno CE) e il succes-sivo Accordo di integrazione sancito dal D.P.R 179/2011, nell’anno scolastico 2010-2011, è stato stipulato un Accordo tra Regione Toscana, Ufficio Scolastico regionale e Rete Tosca-na dei Centri Territoriali, per la realizzazione del progetto L.I.Di.A.S (Lingua Italiana Diffu-sione Adulti Stranieri) di cui la Rete dei CTP è il soggetto attuatore. Il progetto si è incen -trato, prevalentemente, sulla formazione integrando le risorse assegnate ai CTP per la realizzazione di corsi di italiano L2 rivolti a cittadini extracomunitari adulti, anche, al fine di far conseguire ai corsisti l’attestazione di livello A2.

Infatti fra le finalità del progetto si riporta: «Implementare sul territorio regionale la realiz-zazione da parte dei CTP di percorsi di apprendimento-insegnamento della lingua italiana, strutturati in maniera tale da rispettare gli standard qualitativi indicati dal Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione , e mirati a promuovere l’acquisizione di apprendimenti linguistici e socio-culturali, necessari a svi-luppare almeno le competenze del livello A2, così come indica il Q.C.E.R. e dalla normati-va che regola il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo con le successive indicazioni tecnico-operative per i test di lingua (cfr. D.M. 04/06/2010 e anche Vademecum, predisposto ai sensi della nota n. 8571 del 16 Dicembre 2010 del Mi-nistero dell’interno)».

Tali corsi sono stati finanziati nell’ambito delle risorse messe a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite la Regione, Area di Coordinamento Inclusione Sociale, di cui all’accordo tra Regione Toscana e Ministero del Lavoro e delle Politiche So-ciali (Dgr 1080/2010) per un importo di Euro 300.000,00. Con il progetto L.I. Di. A.S sono in corso di erogazione 49 corsi di 100 ore ciascuno e 10 corsi di 50 ore per un numero di apprendenti per corso che va da un minimo di 8 a un massimo di 15. I moduli di livello lin-guistico vanno dal livello A2 al livello B2. Alla fine del corso è prevista una verifica finale e il rilascio di una certificazione che attesti le ore di corso frequentate e il livello di competen-za raggiunto in lingua italiana.

Realizzando il progetto L.I.Di.A.S., è emersa fra gli operatori dei CTP e nei tavoli di coor-dinamento regionale la necessità di implementare e perfezionare sul piano organizzativo (in relazione alla nuova attività progettuale-esecutiva della Rete) aspetti che riguardano il coordinamento gestionale dei progetti sia a livello locale sia a livello centrale (ricordiamo che quando si parla della Rete toscana dei CTP , si parla non di un soggetto giuridicamente autonomo, ma di un accordo fra scuole autonome facenti capo a un CTP capofila, e che, nell’attività di coordinamento, molto è affidato alla buona volontà dei

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singoli). Quindi per integrare e coadiuvare il lavoro di coordinamento del CTP di Pontedera, capofila della Rete, la Conferenza di Servizio dei DS e la Coordinatrice hanno individuato, nel CTP del Distretto 17 (Scandicci le Signe), il soggetto incaricato di svolgere il ruolo di partenariato rappresentativo per la Rete dei CTP nella nuova progettazione regionale. Con tale incarico il CTP assolverà ai compiti (di coordinamento, di gestione, di amministrazione riguardanti i CTP) che sono richiesti dal progetto presentato dalla Regione Toscana sul bando FEI del Ministero del Interni.

Tale nuovo progetto mette insieme come patner oltre alla Rete Toscana dei CTP, l’Uni-versità per Stranieri di Siena, l’Istituzione Nord-Sud, ai quali si aggiungono come soggetti sostenitori l’Ufficio Regionale Scolastico e le Prefetture. Un progetto ambizioso che, come recita il suo titolo Rete e cittadinanza: verso un sistema toscano integrato va nel senso della logica del lavoro coordinato e sinergico fra soggetti che partecipano attivamente ai processi decisionali ed esecutivi delle tre fasi progettuali: formazione, supporto, servizi.

La formazione è rivolta a cittadini provenienti da paesi terzi e va a integrare l’attività dei corsi di lingua italiana e di educazione civica erogati dai CTP, che saranno potenziati di 112 corsi di livello A1 e A2, rispettivamente di 100 e 80 ore ciascuno, oltre a 73 moduli di accoglienza di 20 ore ciascuno. E a supporto dell’attività di formazione oltre a materiali ed ausili, si prevede un piano di aggiornamento per i formatori e la realizzazione di materiali didattici one-line a cura dell’Università per Stranieri di Siena. Ciò che caratterizza questo progetto è il potenziamento dei processi di governance regionale per i servizi di formazio-ne linguistica; così al fine di garantirne il controllo, la gestione e il coordinamento delle atti-vità progettuali e la complementarietà con gli interventi progettuali esistenti, nel progetto si prevede l’istituzione di tre comitati: uno di pilotaggio che ha il compito di gestire i rapporti fra i patner e quelli con il MIUR e monitorate l’andamento del progetto; un altro di coordi-namento didattico-scientifico che si occuperà di programmare l’offerta didattico e scientifi-ca e la formazione dei formatori; all’ultimo comitato di indirizzo prenderanno parte oltre ai partner i soggetti aderenti e, ancora, altri soggetti esterni coinvolti a livello regionale nell’e-rogazione dei servizi. La scelta di coinvolgere soggetti diversi dai partner e dai soggetti so-stenitori, come altri enti istituzionali e le Agenzie del terzo settore (impegnate a vario titolo, nei servizi che facilitano i processi di apprendimento-insegnamento della lingua italiana agli studenti immigrati) è finalizzata a implementare il lavoro della rete regionale, che come abbiamo cercato di dire vuol coinvolgere attivamente, in base alle specifiche competenze, il più alto numero possibile dei soggetti impegnati nei servizi agli immigrati.

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Conclusioni

Marco da Vela, Direttivo Nazionale EdaForum

Il termine “competenza “ è stato molto a lungo utilizzato, sia in chiave concettuale che operativa in modo riduttivo, legato solo all’esecuzione di una prestazione concreta (perfor-mance).

Questa accezione ha subito un significativo processo di cambiamento dal momento in cui si è cominciato a sottolineare la natura processuale e pervasiva della formazione e del-l’educazione nella sua capacità di estendersi sincronicamente ( cioè includendo la molte-plicità delle sedi della formazione formale, non formale e informale, secondo una prospetti-va lifewide) e diacronicamente (ricomprendendo tutti i tempi della vita secondo una pro-spettiva lifelong).

I termini lifewide learning e lifelong learning sottolineano infatti che, nella società della conoscenza:- gli apprendimenti avvengono in contesti e luoghi diversificati- gli apprendimenti hanno luogo in modo costante e diffuso nel tempo

Discende da questo che, nella società della conoscenza, è superata la tradizionale divi-sione tra tempo dello studio e tempo del lavoro, ma è anche superata la divisione tra luo -ghi e contesti di apprendimento.

Pertanto:

gli apprendimenti non sono più limitati ai contesti formali, ma si estendono a quelli non formali, informali e occasionali;

le competenze di ciascun soggetto hanno da ciò un incremento sia verticale che orizzontale;

le competenze acquisite o implementate in contesti diversi sono pertanto comples-se, eterogenee e variabili;

ogni risultato di apprendimento sviluppa ed arricchisce le modalità di lavoro, gli stili di esercizio e cognitivi, le rappresentazioni di se stessi e della vita.

Da questo punto di vista la distinzione tra i diversi ambiti (formale, non formale, informa-le) ha ancora senso solo dal punto di vista teorico ed è comunque unificata dall’intenziona-lità del soggetto.

Ma se questo è vero, allora bisogna sottolineare che c’è una pari validità (e quindi, ten-denzialmente una pari dignità “istituzionale”) tra tutti i risultati di apprendimento, quale che sia il contesto in cui sono stati ottenuti.

Ho fatto questa premessa perché mi sembra che il filo rosso che lega tra di loro le diver -se esperienze che qui sono state presentate sia una convinzione, in gran parte sottesa ma che dobbiamo rendere pienamente esplicita e cioè che il modo più efficace per costruire un sistema di educazione degli adulti è creare le condizioni per realizzare il riconoscimento della pari dignità degli apprendimenti in qualunque contesto acquisiti.

C’è, a questo proposito la possibilità di percorrere la strada, per così dire, “classica” degli accordi interistituzionali.

Ma il loro limite è evidente: la loro natura bilaterale o anche plurilaterale non li rendo co-munque validi verso contesti non coinvolti negli accordi stessi,, la loro costruzione è frutto di negoziati lenti e talvolta macchinosi, la costruzione, per quanto accurata non può coprire l’infinita casistica che l’esperienza quotidiana ci mostra.

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Ma soprattutto non va dimenticato che gli attori che hanno dato loro vita possono cam-biare, gli accordi decadere, o essere disattesi.

Sono dunque, paradossalmente, una costruzione legata alla variabilità delle volontà poli-tiche.

C’è di più, talvolta la loro stipula sembra quasi esimere i soggetti contraenti dall’impegno alla battaglia culturale per mettere sullo stesso piano di dignità scuola, attività del non for -male, formazione professionale.

In altre parole per mettere al centro di qualsiasi processo non le strutture, ma il soggetto adulto che rientra in formazione.

Certamente servono. Ma, se mai, come avvio, come innesco di una sperimentazione: sono, quando funziona-

no, un mezzo e non certo un punto d’arrivo.La costruzione del sistema non può che passare attraverso una sorta di “Schoengen”

della formazione, vale a dire una piena e libera circolazione di ogni soggetto, grazie un si-stema di crediti, tra i sottosistemi del non formale, dell’istruzione, della formazione profes-sionale

Questo può verificarsi solo tramite la creazione di dispositivi a rete in grado di far emer-gere e di riconoscere le competenze in qualsiasi contesto acquisite, di metterle in traspa-renza, di renderle traducibili nei linguaggi istituzionali del sistema dell’istruzione e della for-mazione, in modo che ciascun soggetto possa costruirsi, tramite crediti, un percorso per-sonalizzato.

Il concetto è di rendere il processo “oggettivo”, cioè svincolato dalle singole volontà politi -che.

Del resto è’ in gran parte sulla base di queste esigenze che la Regione Toscana ha impo-stato il Sistema Regionale della Competenze. Questo, certo al momento solo nel campo della Formazione Professionale, dovrebbe riuscire a facilitare e rendere più fluidi i rapporti tra individuo, enti ed agenzie della formazione professionale, sistema dell’ istruzione, siste-ma delle imprese, grazie ad un meccanismo tutto sommato semplice, i cui caposaldi sono un repertorio delle figure professionali declinato per Unità di Competenza, degli standard minimi di percorso, degli standard minimi di procedura per i vari tipi di attestazione.

Il problema, sarebbe pertanto di cogliere gli elementi di trasferibilità da questo ambito a quello dell’istruzione, di ricerca di linguaggi condivisi, di abbandono di un atteggiamento giudicante a favore di uno valutante, di cultura del lavoro per obiettivi di competenze e tan-to altro che è in gran parte entrato nella cultura soprattutto dei CTP, ma che stenta ad en-trare in modo generalizzato in quella delle scuole medie superiori serali.

Va anche detto con forza che l’altro battaglia politico culturale importante è quella per il superamento dell’autoreferenzialità, di cui, non me ne vogliano i colleghi ed i relatori che mi hanno preceduto, qui ed ora abbiamo avuto una prova.

Il “racconto” dei diversi progetti e delle diverse esperienze che è qui stato fatto è stato particolareggiato, ben costruito, pieno di passione e di vero attaccamento al proprio lavoro.

Ma, tranne poche eccezioni,non è stato in grado di far emergere gli elementi che davve-ro possono validare una sperimentazione, vale a dire una modellizzazione che renda con-frontabili tra di loro le diverse esperienze.

Insomma, per dirla in modo estremamente diretto, vedo una difficoltà vera di fare sistema se continuiamo a raccontarci quanto fecondo, innovativo, professionalmente intenso sia stato un progetto e non riusciamo poi a coglierne ed a farne emergere gli elementi di tra-sferibilità.

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Le rassegne di buone pratiche sono senz’altro utili, ma il problema vero, per concludere è il confronto e la sintesi tra le buone pratiche stesse. E’, estremizzando, l’uscita del do-cente o del formatore dalla sua condizione di artigiano più o meno bravo, talvolta geniale, ma che tiene per sé i “segreti de mestiere”.

Vorrei poi concludere con una nota, che metto a margine anche se marginale non è.Si cominciò a parlare di costruzione di sistema con l’ormai lontano accordo Stato-Regioni

del marzo 2000.Ma né nell’accordo, né nelle successive politiche concrete a questo ispirate si è voluto

prendere atto che l’innovazione e la costruzione di reti e sistemi hanno un costo: necessi -tano cioè di un investimento importante e di risorse certe per sperimentare prime e mette-re a regime dopo innovazione metodologica e sistemi.

Non mi sembra che questo problema sia stato affrontato correttamente. Anzi, alla sua importanza ha fatto in qualche modo da velo la presenza e l’impiego delle

risorse del Fondo Sociale Europeo. Credo vada detto con chiarezza che, al di là di criticità di gestione, che pure ci sono state

ma di cui non è questo il luogo in cui discutere, basare intere politiche locali, regionali e nazionali su questa fonte di finanziamento non poteva che condannarle ad una precarietà e fragilità tali da determinarne, di fatto, il fallimento.

Prendiamone atto, ma, soprattutto, ne prendano atto i decisori politici, se davvero, come ci viene detto ogni volta, educazione, istruzione e formazione permanente devono essere la priorità di questo tempo.

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Cap. 2 : Scuola e cittadinanza

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Il colore del camaleonte davanti ad uno specchio: una esperienza formativa interetnica presso la Camera del Lavoro di Napoli

Fulvio Battista, docente CTP Bordiga, Napoli

Premessa

Noi crediamo nella relazione dialogica e nella reciprocità maieutica.Siamo epistemologicamente dentro la teoria della ipercomplessità e propendiamo peda-

gogicamente per la circolarità-circol/azione “saper essere-saper fare-sapere”.L’Eda o è coscientizzazione del nostro esistere dentro una rete sociale fittamente inter-

connessa e, conseguentemente, è emersione delle capacità di ciascuno di partecipare at-tivamente e responsabilmente alla costruzione del destino della comunità o non è.

Alle spalle di qualunque competenza disciplinare ci sono da mettere in moto meta-com-petenze che sollecitino suggestivamente il protagonista del proprio apprendimento a pren-dersi cura di sé e dell’altro da sé identificando entrambi come creature in ricerca-azione.

Se il sapere non si traduce in prassi di cambiamento del profondo svuota sé stesso del suo contenuto più intimo e diventa esercitazione accademica che svillaneggia il nostro es-sere umanamente in cammino.

Occorre anche imparare ad interpretarsi gli uni con gli altri creando relazioni in cui senso e significati favoriscano il mutuo esprimersi ed ascoltarsi all’interno di un cerchio comuni-cazionale che determini una feconda reciprocità trasformativa.

Il Cammino

Siamo un Ctp che insiste nella periferia orientale di Napoli, zona ad alta densità camorri-stica dopo lo smembramento sociale vissuto da questi luoghi negli anni post terremoto 1980 e la dismissione selvaggia di intere filiere industriali.

Restare chiusi nel nostro Ctp stava significando ridurre progressivamente le potenzialità che questa struttura educativa ancora, nonostante tutto, possiede: spariti i lavoratori occu-pati, negli anni abbiamo interloquito soprattutto con donne in ricerca di una loro riconosci-bilità/rispettabilità sociale, con disoccupati più o meno storici, con giovani con poche/nulle sollecitazioni interiori ed esteriori a continuare gli studi. I punti di forza erano rappresentati comunque, e in fin dei conti, da un buon flusso di persone, dai corsi di informatica e di lin -gue straniere, dai corsi propedeutici per la continuazione degli studi, dai circoli di studio, insomma: parlavamo a chi voleva già, per sue proprie motivazioni, incontrarci mentre la domanda sociale inespressa sempre più taceva e si nascondeva.

Tre anni fa abbiamo pensato che forse era il caso di rompere il cerchio consueto e routi -nario scandito dalla burocrazia, che forse valeva la pena ricominciare a pensare la nostra funzione sociale: il nostro essere, di là da ogni definizione beneducata e scolastico-centri-ca, operatori sociali e facilitatori culturali di un tessuto umano slabbrato, ferito, mortificato.

Visto che l’interazione dei sistemi di salvaguardia di questo tessuto sociale era via via di -venuta una evanescenza semantica, un simulacro dietro cui ripararsi per dire: nulla può accadere di nuovo, visto che vegliare il sopore di un tempo inerte stava diventando lo stato quotidiano entro cui entropicamente saremmo implosi abbiamo deciso che ci piaceva di più rovesciare tavoli, uscire all’aria aperta per vedere cosa c’è oltre le nebbie consuete, per incontrare il poco o il molto che abita le strade della nostra città.

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Siamo giunti a piazza Garibaldi, la piazza della stazione centrale di Napoli, il crocevia dove s’incontrano e altrettanto spesso si scontrano le etnie più diverse, locali e migranti; abbiamo bussato la porta della Camera metropolitana del Lavoro di Napoli e abbiamo chiesto se anche a loro non paresse che bisognasse marcare una presenza socio-cultura-le più efficace che incontrasse e in una certa misura provasse a soddisfare bisogni legati ad una prima accoglienza effettiva di un numero non marginale di persone che altrimenti avrebbero continuato ad essere invisibili.

Ad un primo sguardo d’insieme quel luogo aveva di suo una ricchezza non trascurabile: un Ufficio immigrati con un significativo numero quotidiano di presenze, con domande le più varie a cui dare risposte congruenti; alcune categorie di lavoratori in primis Filcams e Fillea (lavoratori del commercio, del turismo e dei servizi e lavoratori edili) che per loro conto già da tempo si stavano interrogando sul come porsi di fronte alle problematiche connesse con una presenza immigrata sempre più importante tra i loro iscritti; lo Spi stes-so (sindacato dei Pensionati) che non da ieri ragiona sul lavoro di cura verso gli anziani non auto sufficienti sempre più spesso delegato a donne immigrate e sulle conseguenze delle metamorfosi comunicazionali (e non solo!) che tutto questo determina nelle famiglie; la Flc provinciale e regionale che sull’Educazione degli Adulti in generale e sulla questione migrante in particolare era ed è l’unico presidio contro la deriva e la progressiva cancella -zione di una esperienza educativa che ha ormai più di quarant’anni; una Biblioteca che po-teva diventare il cuore pulsante dell’impresa, il luogo simbolico dove ospitare nel modo più degno i migranti in formazione; infine, e non certo per ultimo, un gruppo di straordinari, competenti, generosi volontari che da un decennio presidiavano quel territorio insegnando a immigrati regolari e no i primi rudimenti della lingua italiana anche accogliendoli in per-corsi di livello superiore.

Il primo compito è stato conoscersi, ri-conoscersi come parti di un possibile insieme in cammino “formativo”. Ancora oggi pensiamo che sia fondamentale, quando si progetta un intervento di educazione degli adulti, scommettere sulla riuscita di questo sentirsi con-cre-scere; non è naturalmente facile né automatico che ciò accada.

Non a caso il titolo di questa relazione interroga metaforicamente quali e quanti colori un camaleonte davanti ad uno specchio assume: un luogo deputato a “fare” sindacato, infatti, cosa diventa se soggettività in formazione salgono e scendono le sue scale con libri e quaderni comprati grazie al contributo delle varie categorie?

Cosa diventa se si ascoltano lezioni di italiano o storia o matematica accanto a voci di operai in cassa integrazione che rivendicano il loro diritto ad una esistenza degna di esse-re vissuta?

E cosa diventa un “professore” abituato all’ovattato silenzio pomeridiano delle aule scola-stiche immerso nel contesto iper-rumoroso di uno spazio abitato da cento, mille sollecita-zioni sociali?

E cosa diventano, poi, tutti insieme, sindacalisti, insegnanti, lavoratori, adulti in formazio-ne quando si iniziano a percepirsi come comunità e non come somma di singole solitudini?..

Non sono domande semplici, ma, ripetiamo, sono proprio queste domande che un edu-catore degli adulti deve porsi quando si mette in cammino e, magari, ha in tasca qualche testo di Danilo Dolci o di Paulo Freire; leggere il territorio non è solo fare operazione socio-logica alla buona, è, anche, osservare/vivere cosa accade quando piccole perturbazioni si immettono volontariamente in un contesto, è capire se c’è lo spazio per ridefinire e rimodulare quel sistema ad un livello più avanzato, insomma: è praticare una pedagogia

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che aiuti a sovvertire (etimologicamente: sub – vértere: volgere, far emergere ciò che era sotto) l’ordine costituito..

Dopo tre anni oggi tra mattino e pomeriggio abbiamo 18 classi e circa 350 persone figli delle terre d’ Africa, Asia, Americhe. Lavoriamo fianco a fianco professori “statali” e volon-tari, ci sono percorsi che portano alla licenza media ed altri rivolti all’acquisizione del livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue, ci sono mo-duli brevi di conoscenza di primo Pronto Soccorso o sugli Infortuni - domestici e/o sul po-sto di lavoro - tenuti da esperti sindacali.

Abbiamo iniziato quest’anno ad accogliere presso la sede del nostro Ctp alcuni migranti che negli anni scorsi hanno conseguito la licenza media nei moduli per la ECDL, Patente europea per l’uso del computer, e dall’anno prossimo vogliamo vedere di inserirne speri -mentalmente degli altri nei percorsi delle classi-ponte per le superiori.

Una cosa, infine, ci sentiamo di esporre pur nella provvisorietà di tutto ciò che conside-

riamo conseguito.All’inizio c’era sembrato che stessimo “semplicemente” facendo il nostro lavoro fuori

sede; oggi abbiamo capito che, grazie alle dinamiche relazionali prodottesi all’interno di questa micro comunità inter-trans culturale, stiamo, forse, riuscendo a rivisitare significato e funzioni sociali di alcuni pronomi personali. E ci piace raccontarli in questa sede presen-tando il sunto rivisitato di un certo numero d’incontri avuti proprio su questo argomento

“Io”. È l’ultimo retaggio di un imperialismo culturale che portiamo, fardello senza appa-rente peso, impresso a caratteri di fuoco in noi. È questo “io” egotista e narcisista che mi fa incontrare gli altri come semplice prolungamento di me; è questo “io” eternamente infan-tile che chiede e vuole solo il meglio per sé, è questo “io” che, stoltamente, giudica e go-verna e sanziona senza aver mai imparato a leggere la notte che mi abita.

“Tu”. Quando l’ospite non atteso arriva anche le briciole sanno avere sostanza e gusto del pane più buono. “Tu” è il mondo che non si opacizza più dietro il velo che ho steso, è l’assente che finalmente parla e racconta, “tu” è il punto di vista che spiazza il mio sguardo e mi permette di riconsiderare l’orizzonte spostato anche solo di un metro; “tu” è ciascuno agli occhi dell’altro.

“Noi”. Quando avremo imparato lo iato che c’è tra guardare e vedere, ascoltare e sentire, allora sapremo dire “noi” e riusciremo ad abolire il “voi”, saremo un l’un l’altro ascoltantesi in reciprocità, rispetto e responsabilità, il grande mare dell’essere dove ogni onda è unica e preziosa e profumata.

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Analfabetismo e italiano L2: un possibile scenario di rete.

Alessandro Borri, Docente CTP Caduti della Direttissima, Castiglion de’ Pepoli

L’esperienza è un tentativo di trovare soluzioni per una migliore gestione delle attività de-dicate ad apprendenti analfabeti1 (analfabeti strumentali) o semianalfabeti (illitterati, anal-fabeti funzionali) in lingua madre coinvolti in corsi di alfabetizzazione che sempre più - an-che a seguito dei recenti dispositivi normativi (Decreto 4 giugno 2010, Accordo di integra-zione 2011) - si rivolgono ai CTP.

Studi internazionali e nazionali hanno dimostrato che i percorsi dedicati a questo tipo di apprendenti sono particolarmente complessi se non sostenuti da una rete di soggetti e da una pianificazione didattica ed organizzativa. L’azione prevede la realizzazione di laborato-ri “ristretti” a questo tipo di utenza, con una particolare attenzione ai bisogni degli appren-denti (orari, sedi, spazi, figure di sussidio alla classe) e a una programmazione territoriale di più ampio respiro cercando di andare oltre l’emergenzialità e all’episodicità degli inter-venti. Si prevede quindi un’impostazione didattica-organizzativa a più lungo termine con l’erogazione di attività di alfabetizzazione che rispondano meglio ai tempi di apprendimen-to valutati oltre le 400 ore di lezione nel caso di analfabeti strumentali. Per fare questo si contempla l’apertura anche all’associazionismo e al volontariato che spesso in attività di accoglienza, socializzazione e sostegno all’integrazione, prevedono anche il raggiungi-mento di obiettivi linguistici.

Si fa presente che con alcune azioni progettuali (es. progetto FEI, Parole in gioco, 2010…) la Regione Emilia Romagna e le province vanno nella stessa linea prevedendo at-tività di formazione dedicate a tutti gli operatori coinvolti (CTP, associazioni, volontariato…) per la condivisione e lo scambio in merito alla formulazione di obiettivi, metodologie e pra-tiche didattiche.

COMPITI PRIORITARI: l’azione si propone di:

- dare risposta a bisogni formativi di un’utenza “debole” e spesso a rischio esclusione so-ciale;

- organizzare attività di alfabetizzazione e Italiano L2 di ampio respiro;

- creazione di materiali didattici ad hoc.

OBIETTIVI:

- creare una rete di soggetti territoriali che si occupi della rilevazione dei fabbisogni forma-tivi ed organizzativi dell’utenza;

- proporre un’offerta formativa dislocata sul territorio e flessibile alle esigenze degli ap-prendenti;

- attivare laboratori di alfabetizzazione rispondenti per didattica ed organizzazione ai biso-gni del target individuato;

- progettazione linguistica;

- prevedere passerelle “strutturate” da un percorso di alfabetizzazione a corsi di italiano L2.

1 Si rimanda a Ausländer - Alphabetisierung, numero monografico di “Alfa -Rundbrief. Zeitschrift für Alphabetisierung und Elementarbildung, n. 17/18, 1991”; Comune di Bologna, Dove vai? Percorsi didattici di pre-alfabetizzzazione per adulti; Pitagora, Bologna, 1999.

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ORGANIZZAZIONE: - rilevazione dei fabbisogni formativi e organizzativi dell’utenza attraverso focus group

(con CIP, ASL Piani di zona, associazione immigrati…) e questionario ad hoc (riadatta-mento del Questionario sulle modalità di rilevazione dei fabbisogni formativi, ENAIP ER – PROGETTO CEP-2000);

- mappatura dei fabbisogni;- attivazione dei corsi per apprendenti coinvolgendo altre figure oltre ai docenti: mediato-

re, tutor, baby sitter…- formazione e autoformazione dei docenti;- raccolta di buone pratiche didattiche;- valutazione delle attività.

Soggetti coinvoltiIn rete: AIAB (Associazione Immigrati dell’Appennino Bolognese, Comuni di Castel di

Casio, Marzabotto, Gaggio Montano, Monzuno, CIP Porretta Terme.

In collaborazione: - Mediatore, tutor.

Scelte didattiche:- tempi di apprendimento “dilatati” e rispondenti alle reali esigenze e ai diversi “stili di ap-

prendimento”;- organizzazione rispondente all’apprendente (4/5 ore di alfabetizzazione in due incontri

settimanali, gruppi classe ristretti a 6/8 partecipanti);- didattica laboratoriale che stimoli la cooperazione in classe, l’autovalutazione del lavoro

svolto, la valorizzazione dell’esperienza, l’utilizzo di materiali vari;- adozione di pratiche didattiche che prevedono: il radicamento dell’educazione linguistica

nelle pratiche discorsive dell’apprendente; la priorità della comunicazione orale; collega-mento dell’attività di alfabetizzazione/lingua al mondo esterno; approccio interculturale; suggerimenti di alcune strategie di studio);

- produzione di materiali ad hoc per l’apprendimento;- certificazioni iniziali (scheda di familiarità con l’alfabeto latino, ma anche scheda dei bi-

sogni linguistici) e conclusive (predisposizione di un test finale).

Risorse finanziarie, mezzi e strumentiDue laboratori rientrano nell’orario di servizio dei docenti in carico al CTP; con altre ri-

sorse (es. Progetti FEI) possono essere attivati laboratori su aree disagiate e difficilmente coperte dall’attività del CTP. La rete con gli EELL permette al CTP di utilizzare gratuita-mente sale didattiche e laboratori.

Presenza di forme di sostegno ai docentiSono previste forme di aggiornamento e autoaggiornamento sul tema dell’analfabetismo

e della scarsa scolarizzazione. Il team docente ha partecipato inoltre alla costruzione di un manuale per apprendenti con scarsa scolarizzazione (Percorsi italiani, Guerra Editore, 2009) e a schede didattiche ad hoc per apprendenti analfabeti in lingua madre (Progetto Immigrati Piano di zona - Vergato 2010, Progetto FEI ABC della Lingua).

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Sedi di erogazione:1 corso a Castel di Casio (Bologna)1 corso a Marzabotto (Bologna)A seconda dei finanziamenti possibilità di corsi a Monzuno e Grizzana Morandi (Bologna)

Risultati raggiunti- costruzione di una rete territoriale di confronto continuo;- utilizzo di strumenti per la rilevazione dei fabbisogni;- partecipazione fattiva degli apprendenti con una riduzione sensibile degli abbandoni.

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La scuola (im)possibile. Percorsi in carcere

Paola Nobili, Docente ISISTL Russell-Newton, Scandicci

I percorsi scolastici attivati all'interno degli istituti carcerari rappresentano un'esperienza didattica dai caratteri peculiari, non riconducibile ad altre realtà dell'istruzione per adulti. Ad oggi risulta difficile realizzare una mappatura completa dei corsi scolastici carcerari presenti nella regione Toscana; ciò mette in risalto da una parte la frammentazione dei percorsi e dall'altra la mancanza di un coordinamento unitario.

Nella descrizione della scuola carceraria, delle sue caratteristiche e dei risultati raggiunti, occorre innanzitutto evitare le insidie costituite da:

a) “la tentazione della vetrina”, che porta a presentarsi attraverso le buone pratiche e le esperienze virtuose realizzate, con il rischio di distogliere l'attenzione dai problemi che affliggono questo segmento dell'istruzione;

b) “la trappola dei numeri”, ovvero la tendenza a offuscare i nodi critici dietro la cortina fumogena dei dati quantitativi, falsamente oggettivi e asettici.

Se da un lato, infatti, un Monitoraggio dell'offerta formativa per adulti erogata dalle istituzioni scolastiche nella Regione Toscana nel 2007/2008 mostra che nel territorio toscano gli istituti superiori con scuole carcerarie sono più numerosi in Toscana rispetto alla media nazionale, è altrettanto vero e inconfutabile che queste realtà scolastiche, lungi dal costituire un'isola felice, sopravvivono in condizioni di estrema precarietà, di incertezza, di indeterminatezza normativa. Per tutte le scuole attive all'interno degli istituti di pena esiste una fondamentale questione critica, di portata generale, rappresentata dal fatto che ogni struttura carceraria ha prassi difformi e disciplina la presenza della scuola (e di tutte le attività a essa connesse) in modo non omogeneo; mancano regole comuni e condivise alle quali ogni docente e ogni istituzione scolastica possa fare riferimento con certezza, senza doversi di volta in volta assoggettare all’arbitrio dell'amministrazione penitenziaria.

La scuola in carcere potrebbe essere definita come “il luogo delle differenze”, sia per le caratteristiche peculiari che la contraddistinguono sia per le finalità che si prefigge.

E' differente innanzitutto il contesto nel quale la scuola opera, segnato in modo indelebile dall'esclusione sociale, dalla marginalità, dalla deprivazione di diritti (la stessa Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha definito il carcere un luogo di violazione dei diritti umani). Al 31 marzo 2012, a fronte di una capienza regolamentare di 45.743 posti, le carceri italiane risultano ospitare 66.695 individui, in una ormai cronica situazione di sovraffollamento che rende l'esperienza detentiva ancora più drammatica.

In tale contesto, la scuola cerca di garantire l'effettività di un diritto (il diritto allo studio) e l'applicazione del dettato costituzionale, che all'art. 27 finalizza la pena alla rieducazione del condannato. Alla scuola dunque è affidato un compito estremamente delicato, cui essa può assolvere a patto che sappia preservare la propria autonomia (e, ancora una volta, la propria differenza); il rapporto tra l'istituzione-scuola e l'istituzione-carcere va letto in chiave dialettica, nella consapevolezza che la visione e la pratica dell'amministrazione penitenziaria sono antitetiche rispetto a quelle della scuola e che un'omologazione al contesto carcerario segnerebbe la perdita della sua funzione educativa e rieducativa. Per questo motivo è determinante che la scuola sia in grado di avere un pieno riconoscimento del proprio ruolo istituzionale, su un piano paritetico e non di sudditanza.

Proprio nel carcere, ovvero in un luogo di esercizio della forza e della coercizione, che sottopone gli individui alla repressione del più elementare e naturale dei diritti, quello alla libertà, la scuola è capace di rendere liberi. La scuola non può, ovviamente, incidere sulla carcerazione come condizione materiale e oggettiva, ma può e deve evitare che questa si trasformi in “carcerizzazione”, ossia in condizione soggettiva, psicologica. Ciò accade per

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molteplici ragioni: perché i percorsi scolastici si basano sulla flessibilità e tendono alla personalizzazione dell’offerta formativa; perché i docenti cercano di debellare il pregiudizio e considerano di avere davanti a sé delle persone e non degli esemplari di tipologie criminali (chi insegna in carcere sa che la curiosità, talvolta morbosa, verso i reati commessi dagli studenti uccide ogni germoglio di relazione umana, come un veleno potentissimo); perché lo studio è un'occasione di rinascita, di riscatto personale e sociale, uno scenario che si schiude per sperimentare le proprie potenzialità.

Una scuola impossibile ma necessaria, capace di creare in un’aula scolastica un luogo dove gli individui escono da una dimensione di potere per seguire non ciò che è obbligatorio o imposto ma ciò che li convince, dove l’insegnante intraprende un’opera di persuasione, tesa a dimostrare che si può essere efficaci e convincenti anche senza uso della forza o minaccia della sanzione.

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Scuola e cittadinanza

Walter Rinaldi, Direttivo nazionale EdaForum

La sezione “Scuola e cittadinanza” del Convegno “La scuola per adulti” tenutosi il diciassette aprile alla Fondazione Piaggio di Pontedera è stato forse il momento più illuminante di tutto il convegno perché ha consentito ai partecipanti un’immersione vera e propria nei nuovi bisogni di educazione e formazione. I casi presentati, pur essendo solo una parte delle diverse tipologie di problemi, di risposte, di progetti formativi oggi all’ordine del giorno, valgono come sintomi e modelli di ciò che attraversa la società in carne e ossa sia nelle sue nuove tensioni sia nella riformulazione di temi, ricerca di strade, riposizionamento rispetto ai modi più consueti di lavoro formativo.

Se, infatti, come emerso dalle altre sezioni, il tema delle reti (materiali e virtuali) tra scuole, ma anche tra scuole e tante altre realtà associative, economiche, culturali è in questo momento quello più produttivo in termini di progettualità, di flessibilità organizzativa, di riflessione didattica, se quello del rapporto tra scuola e lavoro o tra scuola e innovazione tecnologica aprono al necessario cambiamento di prospettiva nei processi educativi, al fine di sostenere tutte le persone nel loro intero ciclo di vita, queste problematiche conservano spesso un sapore troppo burocratico. E’ riconducendoli alla vita delle persone che tali temi acquisiscono significato, assumendo perciò anche valore educativo. Vite esposte alla variabilità e all’incertezza del mercato globale e finanziario. E l’incertezza che lambisce le persone e la loro vita, il loro presente e il loro futuro, ne condiziona e ne riduce per tanti aspetti anche le aspirazioni.

Aspirazioni con cui bisogna oggi saper fare i conti, anche a livello formativo. A partire dagli oltre due milioni di giovani tra i quindici e i trenta anni che in Italia non studiano e non lavorano, a partire dalla non partecipazione al lavoro e dal non riconoscimento delle competenze, che pure possiedono, di un così elevato numero di donne, rispetto a paesi come la Francia e la Gran Bretagna. L’esposizione all’incertezza è anche esposizione alla solitudine, alla sfiducia in se stessi e negli altri, alla ricerca di soluzioni private per i problemi sociali.

In questa situazione l’educazione deve ripensarsi, non può più essere considerata come un sistema univocamente predefinito per individui da preparare una volta per tutte ad affrontare un mondo sostanzialmente stabile. Da questo punto di vista educazione permanente è anche rendere permanente l’apertura e la tensione pedagogica che consentono di sintonizzarsi sulla pluralità, sulla differenza, sulla diversità dei cicli di vita.

Nella sezione “Scuola e cittadinanza” si è discusso in concreto di alcune fra quelle realtà di adulti o di giovani che rappresentano oggi l’urgenza di una cittadinanza più inclusiva, più aderente ai nuovi bisogni, più attenta alla formazione delle capacità di ciascuno.

E’ il caso de “La scuola (im)possibile. Percorsi in carcere”, illustrata da Paola Nobili dell’Istituto Russell-Newton di Scandicci, che paventando anche il rischio di chiusura delle scuole nelle carceri italiane, ne ha ricordato le inaccettabili condizioni attuali, lo stato oggettivo di non rispetto dei diritti umani, opponendosi alla passiva accettazione del carcere come luogo dell’arbitrio e a tanti altri misconoscimenti dati per scontati, tra cui quello degli insegnanti come ospiti. Mentre in base al dettato costituzionale va ribadito il diritto e il dovere della scuola di stare nel carcere, di starci nella sua autonomia, di poter realizzare percorsi scolastici unitari e compatti. Ciò comporta che la scuola ci stia conservando le caratteristiche che la fanno essere tale da sempre, innanzitutto la relazione studente-docente nella sua qualità, nella sua fisicità.

Proprio sulla scuola come educazione alle relazioni è stato centrato il tema scuola-cittadinanza nell’esperienza dei Maestri di strada, con l’intervento “Scuola luogo d’incontro

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per un’educazione civile” di Federico Pone. La possibilità di cittadinanza, qui, è rappresentata dalla capacità della scuola di stare in un luogo di frontiera, quello situato tra “normalità” e “sistema”, per tanti ragazzi che a Napoli ritengono di ottenere un immediato ritorno entrando nel “sistema” della camorra e ai quali la scuola deve, in questa zona di confine, saper offrire l’alternativa della “normalità”, con una formazione che sappia essere pervasiva, legata al desiderio.

La cittadinanza passa attraverso la lingua e la discriminazione della lingua, in tanti modi, spesso crudelmente. Lo si sa, nell’educazione degli adulti e dei giovani adulti, almeno dalla lezione di don Milani, e oggi in Italia lo si vede, in forme nuove, ad esempio, con la riduzione di cittadinanza cui sono sottoposte minoranze linguistiche riconosciute tali dagli organismi internazionali, come la minoranza Rom. Per questo nell’esperienza discussa da Alessandro Borri, di Castiglion dei Pepoli, “Analfabetismo e italiano L2”, la lezione aggiornata che emerge è che l’educazione linguistica e l’apprendimento strutturato dell’italiano rivolta agli stranieri non possono che coinvolgere tutti gli stranieri, senza cadere nell’errore di organizzare corsi di italiano solo per chi si ritiene o è ritenuto in grado di superare il test che dà accesso alla carta di soggiorno. Vi sono infatti tra gli stranieri coloro che sono considerati analfabeti in varia misura anche nella lingua d’origine e fra questi pochissimi partecipano alle attività educative finalizzate al superamento del test. Sanno che il test verrà utilizzato come una discriminazione, e così non compaiono, diventano invisibili. Si tratta di un impegno e di un compito cui la scuola degli adulti, perciò, non può derogare, quello di un educazione linguistica rivolta innanzitutto agli/alle analfabeti/e in lingua d’origine, che diviene anche educazione in senso pieno e globale, civile e transculturale.

Saper stare nella relazione, nei confini, nell’incrocio con l’invisibile: sono altrettante nuove dimensioni dell’educazione alla cittadinanza. Tutte richiamano quella “scuola fuori della scuola” che è stato da sempre il carattere principale della scuola degli adulti, cioè quello stemma, quel sigillo, o, meglio, quel colore che ne esprime tutte le difficoltà, ma, soprattutto, le possibilità.

Così il colore è la metafora scelta da Fulvio Battista del CTP Bordiga di Napoli per indicare il cambiamento di immaginario e di prospettiva, la trasfigurazione che consente nuove possibilità formative, una volta che si guarda gli altri, o alternativamente se stessi come educatori, con occhi diversi (“Che colore assume?”), in contesti esterni all’aula scolastica. Allora la domanda “Che colore assume?” indica il punto di partenza di una ricerca spiazzante dal valore interetnico quando, ad esempio, diviene:”Che colore assume un gruppo di libici rifugiati a Napoli?”

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Cap. 3 : Scuola, lavoro,innovazione tecnologica

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La ricerca dell'Università a Scuola: preparare i giovani al futuro con la robotica

Paolo Dario, direttore Istituto di BioRobotica

Il punto di partenza quando si parla di scuole è la preparazione e l’educazione dei giovani alla società in cui viviamo, che quotidianamente evolve secondo traiettorie che devono tener conto di tanti fattori.

La scuola italiana è sicuramente ancora eccellente, al di là e indipendentemente dagli indicatori PISA e simili. I nostri studenti non saranno i primi nei test di matematica, anche se ve ne sono comunque tantissimi molto preparati, ma alla fine, ed è riconosciuto a livello internazionale, essi risultano migliori degli altri a capire e risolvere problemi complessi, sono molto flessibili, creativi, hanno grande successo nel mondo e, per questo, sono ricercati. Il motivo è che la scuola italiana prepara ancora con una visione multidisciplinare e integrata, con connessioni fra varie discipline, periodi storici e caratteristiche geografiche e culturali. Noi siamo ancora cultori della linea della "integrazione" piuttosto che di quella della specializzazione e della "frammentazione". Questo è un approccio che, alla luce dei risultati concreti, e non di test astratti quali PISA, funziona.

Vi sono però alcuni problemi che affliggono il mondo della scuola, come l’abbandono scolastico, il fatto che i bimbi hanno un enorme potenziale creativo che tendono a perdere con l'ingresso a scuola, che i metodi di insegnamento risultano ancora troppo tradizionali a fronte degli sviluppi sempre più incalzanti del progresso scientifico e tecnologico e, ancora, la necessità di un sistema più “premiante” che si rivolga tanto agli studenti quanto ai loro insegnanti.

Alcuni concetti di base per una scuola nuova riguardano il fatto che l’Italia ha un unico modo per sopravvivere in un mondo globale, in cui non è più pensabile di chiudersi dentro le proprie frontiere. Ed è quello d’essere capace di competere, accettando la sfida sul piano dell’innovazione, non solo nell’industria ma anche nei servizi. Si parla oggi di “PA paperless”: una Pubblica Amministrazione con meno carta è un semplice esempio d’innovazione. In Italia si potrebbero risparmiare fino a 56 miliardi di euro semplicemente eliminando la carta dal mondo della burocrazia. La sfida fondamentale a cui la scuola è chiamata, e per la quale non può rimanere isolata, è quella di contribuire a questa capacità innovativa dell’Italia: formando gli innovatori, una sfida alla quale bisogna che la scuola si impegni quotidianamente.

A nostro avviso la robotica è uno degli strumenti per formare innovatori:- perché consente una partecipazione attiva dando ai bambini e ai loro insegnanti la

possibilità di sperimentare e fare in modo trasversale;- Perché, "discendente" ad alta tecnologia della tradizione italiana dell'artigianato, della

meccanica, della meccatronica, è profondamente vicina alla nostra cultura industriale e manifatturiera;

- la meccanica, la meccatronica, la robotica e l'automazione sono settori industriali portanti per l'Italia in cui davvero esportiamo tanto e bene. Investire nel futuro della robotica formando giovani è strategico per il nostro Paese;

- infine, la robotica riesce a superare la frammentazione del sapere, usando metodi moderni e graditi ai ragazzi (il sapere umanistico è fondamentale, ma la robotica è uno strumento moderno e usabile da molti dei ragazzi).

La Robotica presenta le caratteristiche per prestarsi a diventare un paradigma culturale in grado di favorire la rottura delle barriere tra discipline e la valorizzazione delle caratteristiche della personalità e dell'intelligenza di un giovane, ma anche per offrire ai suoi insegnanti la possibilità di sperimentare nuovi metodi di apprendimento più coerenti

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ed adeguati a quello che viene chiesto oggi a chi entra nel mondo del lavoro per la prima volta. L’utilizzo di questo strumento vuole porsi come l'ideale piattaforma per sperimentare e sviluppare questi nuovi concetti, ponendo l'Italia come un Paese pilota e all'avanguardia nel contesto internazionale, in grado di formare giovani preparati e pronti alle sfide del mondo moderno.

La nostra esperienza in Valdera è stata significativa in tal senso. Già nel 2002, anno di inaugurazione del Polo Sant’Anna Valdera (anche la scelta del

nome aveva lo scopo di rimarcare la forte connotazione territoriale), il principale parco di ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna, ubicato proprio in una zona a forte connotazione industriale, per la presenza della Piaggio e del suo indotto, firmavamo, insieme ai comuni della Valdera, a Pont-Tech, alle associazioni di categoria e sindacali, ai consorzi di sviluppo e ai vari attori del panorama istituzionale ed economico della Valdera, un Programma di Sviluppo Locale per la Valdera noto come “PRIV”. Seppur l’obiettivo principale del Programma fosse quello di promuovere e sostenere un rilancio dello sviluppo delle attività produttive in Valdera, era opinione condivisa che esso non potesse prescindere dal ruolo fondamentale della ricerca e dell’innovazione per garantire nuove opportunità di crescita al passo coi tempi dello sviluppo tecnologico.

Successivamente, conseguiti tutti i principali obiettivi contenuti nel “PRIV”, quali l’incubatore di Pontedera e quello di Peccioli, alcuni significativi laboratori di ricerca e servizi quali PontLab a Pontedera e la Casa Domotica a Peccioli, gli stessi attori hanno sottoscritto il “PRIV 2”, nell’ambito del “Piano strategico di sviluppo della Valdera”, il 30 settembre 2010, dai nuovi e ambiziosi obiettivi, miranti a trovare soluzioni dirette ed efficaci alla grande crisi che ha colpito il comparto metalmeccanico ed il suo indotto. Il PRIV 2, finalizzato al consolidamento di una rete di strutture e soggetti di ricerca, formazione, imprese, a vantaggio del sistema produttivo e dei servizi avanzati per la comunità locale, individua nella robotica un elemento chiave di sviluppo del territorio.

E’ stato col “Patto di Comunità Educante” che la robotica si è inserita anche nelle scuole in direzione di una offerta educativa aperta, multidisciplinare, partecipata, nella convinzione che sviluppare la cultura scientifica significa fornire gli strumenti per un approccio totalmente nuovo alla vita ed al lavoro, che può essere insegnato sin da piccoli attraverso un nuovo modello educativo, innovativo ed esportabile, finalizzato a formare, sin dai primi anni di studio, le risorse umane necessarie allo sviluppo del nostro futuro. Per far ciò è necessario che gli strumenti di apprendimento siano moderni, efficaci, al passo coi tempi del progresso tecnologico e capaci di dialogare con i nuovi strumenti di comunicazione utilizzati dai giovani di oggi.

La Robotica può svolgere in questo un ruolo fondamentale. I giovani sono sempre più chiamati ad ampie e più solide visioni culturali, in cui la tecnologia possa anche fondersi con le scienze umane, ed insieme procedere nella direzione dell’innovazione e aprirsi con curiosità e disponibilità agli stimoli posti dallo sviluppo. Elementi, questi, che la Robotica contiene in sé, poiché in grado di mantenere le tradizioni arricchendole col nuovo, ponendo lo studente di fronte a grandi problemi da risolvere mediante innovative soluzioni interdisciplinari. Si tratta di un obiettivo ambizioso, a lungo termine ma dai risultati misurabili, ed elevato in qualità e in risorse necessarie: una sfida, questa, a cui tutti dovranno essere sensibilizzati a contribuire, le istituzioni ma anche le aziende ed i privati. Perché educare i giovani significa investire nel proprio futuro.

Nell’ottica di rafforzamento delle esperienze di integrazione e qualificazione del Sistema Formativo della Valdera, la Comunità Educante ha poi approvato la costituzione di Laboratori Didattici Territoriali quali strumenti che, nell’ambito delle discipline sperimentali,

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si aprono all’innovazione nella didattica in direzione della “laboratorialità” e dell’apertura al territorio in tutta la disponibilità delle sue risorse formative.

Per questo, per il 2010-2011, è stato avviato, in forma pilota, il Laboratorio Didattico Territoriale sulla Robotica, che ha coinvolto 7 classi, circa 250 studenti e 70 ore di laboratorio accompagnate da 15 tutor (volontari) dell’Istituto di BioRobotica.

L’esperienza è poi proseguita nell’anno successivo, 2011-2012, coinvolgendo 12 classi, circa 300 studenti, 7 ricercatori dell’Istituto di BioRobotica, di cui 2 a tempo pieno e, si prevede per la fine dell’anno, in tutto circa 100 ore di laboratorio.

Il presupposto è stato l’accezione di paradigma culturale che la Robotica ha, potendosi declinare in diverse discipline, abbattendo la separazione tra di esse e le diverse aree, seppur articolandosi in varie linee formative, per le quali di seguito viene dato un esempio:

1) Storia: Un viaggio tra gli automi, presenti già nella mitologia ancor prima che in Omero. La presenza degli automi nella storia, e cioè di esseri artificiali, rappresenta una costante che attraversa uniformemente tempi e culture diverse e fornisce elementi di stimolo all’apprendimento estremamente originali ed efficaci. Al di fuori del mito, la meccanica antica ha effettivamente contribuito al progresso della tecnica e della teoria relativa agli automi e diversi autori dell’antichità, come Erone o Aulo Gellio, hanno lasciato importanti scritti relativi alla costruzione di automi semoventi. Con Galileo Galilei la meccanica diviene scienza esatta, diviene “meccanica razionale” e nessun'altra scienza ha questo aggettivo esornativo: ci si rende conto che per padroneggiare la natura bisogna in un certo senso servirla. Il primo, compiuto progetto di robot umanoide dell’età moderna

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si deve a Leonardo da Vinci e porta la data del 1495. I robot di oggi rappresentano il risultato di un lungo percorso dalle origini antiche mosse dalla necessità – per il genere umano primaria – di realizzare macchine utili, capaci di affrancare l’uomo dalla fatica e dal lavoro o pericoloso, e sono quindi la più moderna espressione di questo tipo di macchine.

2) Filosofia: lo studio delle relazioni tra le teorie filosofiche e la robotica trova diverse applicazioni in varie branche della materia, dalla dicotomia mente-corpo ai correnti dibattiti sulla coscienza e sull’intelligenza artificiale. Esso consente inoltre svariati approfondimenti sull’approccio meccanicistico dell’uomo e sulla definizione di tempi e modi in cui una macchina, ovvero un robot, possa essere considerato “intelligente” (Cartesio e test di Turing).

3) Letteratura e linguistica: Il termine Robot ha diverse origini e letteratura, arte e tante discipline hanno provato a immaginarle. Accanto ai primi progetti di proto-automi, meccanismi non programmabili, e di fatto non autonomi, rudimentali ma affascinanti, la letteratura fantascientifica o parascientifica relativa alla robotica si andava sempre più sviluppando. Il termine robot deriva dal termine ceco robota, che significa "lavoro pesante" o "lavoro forzato" ed è stato introdotto per la prima volta dallo scrittore ceco Karel Čapek, che vi ricorse per 1920 all’interno del dramma R.U.R. (Rossum’s Universal Robots). Per la prima volta su carta stampata esso fu utilizzato da Isaac Asimov all’interno della sua famosa raccolta Io, Robot. Ma ci sono tante e svariate interpretazioni e origini linguistiche a partire dal greco che consentono di approcciare la materia in modo divertente e creativo.

4) Arte: I vari automi progettati e realizzati nel corso della storia sono stati oggetto di innumerevoli rappresentazioni che toccano luoghi, stili e periodi profondamente diversi, a partire dall’ Italia, con particolare interesse alle macchine di Leonardo da Vinci (che nel 1495 progettò il robot umanoide “Il Cavaliere”) e ampliando la ricerca a tanti altri Paesi, tra cui quelli orientali: alcuni esempi sono gli automi costruiti in Arabia nel XII secolo dall’ingegnere Al Jaziri, o le bambole Karakuri Ningyo in Giappone. Inoltre, la possibilità di individuare eventuali collegamenti tra lo sviluppo tecnologico e le correnti artistiche contemporanee (ad esempio nella relazione tra tecnologia e Futurismo) costituisce uno stimolante esercizio per affinare la capacità di connessione tra discipline diverse, lo spirito di osservazione e la capacità di apprendimento. Questo tipo di correlazioni è possibile tra tutte le linee formative in cui si articola la Robotica.

5) Biologia: La robotica consente di studiare la natura come fonte di ispirazione per scienziati e ingegneri. Esistono delle similitudini tra robot e animali, perché entrambi si muovono, hanno sensori e attuatori e un sistema di controllo che generano movimenti tra di loro simili. I robot “bioispirati” si chiamano così proprio perchè implementano soluzioni ispirate alla natura, in sé detentrice di tutti gli strumenti necessari all’uomo. Replicare la natura con un robot può in taluni casi voler dire realizzarne persino migliori prestazioni, in termini di reattività, adattabilità, flessibilità o stabilità a fronte delle più svariate situazioni. Ed in questo senso i robot bioispirati possono essere utilizzati anche per validare modelli biologici su cui la scienza ha potuto soltanto formulare teorie, e per condurre quindi esperimenti difficili o impossibili da effettuare sugli animali. Studiare e scoprire mediante laboratori didattici le similitudini tra robotica e natura, con particolare attenzione ai robot bioispirati presenti all’Istituto di BioRobotica, può consentire quindi di studiare la natura attraverso un vero e proprio “zoo di robot”.

6) Sociologia ed etica: La prospettiva di dare gambe ad un calcolatore non è un problema solamente tecnologico. Non siamo ancora abituati ad avere intorno macchine capaci di muoversi autonomamente. Le sottili implicazioni psicologiche, antropologiche e culturali legate all’introduzione di robot mobili e anche solo parzialmente autonomi sono argomenti di discussione e di studio che vanno presi in considerazione perché possono contribuire a sviluppare una spiccata sensibilità sociale e capacità morale di discernere i principi che regolano la vita di tutti i giorni. Lo sviluppo, soprattutto in Giappone, di robot

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con fattezze umane (gli “umanoidi”) o animali (“animaloidi”) ha portato a riflettere seriamente sui rapporti che potranno stabilirsi fra l’utente umano e i robot. La “robot-etica” (o “roboetica” tout court), è proprio il tema del rapporto tra la persona umana e il robot.

7) Scienze applicate e tecnologia: la robotica, oggetto di sogni, progetti e archetipi embrionali che hanno attraversato epoche storiche e confini geografici, si trova oggi, per la prima volta, nella sua vera e propria stagione realizzativa, grazie alla maturazione di strumenti teorici e di tecnologie abilitanti. Presso l’Istituto di BioRobotica sono disponibili conoscenze scientifiche e dimostrazioni fisiche relative a: nuovi materiali attivi, strutture robotiche con recupero energetico per una lunga autonomia di esercizio, attuatori che riproducono l’azione muscolare, schede elettroniche per il controllo neurale degli artefatti, tecnologie di precisione per la fabbricazione sostenibile di meccanismi e di elementi meccanici. L’analisi di tali temi ed il confronto con i risultati ottenuti sono di fondamentale importanza per una comprensione profonda del progresso in atto nell’ingegneria robotica e dell’impatto atteso in vari settori della vita umana.

Proprio per la sua natura interdisciplinare, la Robotica a scuola non si propone di collocarsi come nuova materia di studio, bensì punta alla creazione di nuovi moduli applicativi che attraversano più discipline.

La Robotica a scuola non è importante soltanto per imparare a costruire o a utilizzare i robot, ma anche per avvicinarsi alla programmazione ed alla sperimentazione utilizzando il gioco, è quindi un valido strumento per sviluppare negli alunni capacità logiche, di analisi, di sintesi e di progettazione. Inoltre lavorare con i robot permette di conoscere e fare propri concetti che sono necessari per comprendere, lavorare e vivere nella società del futuro dove i ragazzi andranno ad operare.

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I percorsi “Polis” , Percorsi di Orientamento Lavorativo e Istruzione Superiore”

Pasquale Calaminici, Coordinatore rete CTP Piemonte

Il nostro paese ha più della metà della popolazione compresa tra i 24 e i 64 anni con bassi livelli di scolarità.

La sfida che questa realtà ci pone è quella di ricercare modalità di intervento nuove rispetto a quelle tradizionali, che consentano di riportare in formazione un numero molto elevato di persone. Tenendo conto che la popolazione adulta con bassi livelli di scolarità tende a non esprimere una domanda di formazione e che costruire un intervento a favore di questi soggetti è un problema complesso (e va affrontato come tale).

Questa sfida rimanda alla necessità di prospettare un approccio nuovo alla formazione, sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda i tempi di apprendimento. Ma, come metteva bene in evidenza il testo dell’Accordo stato-regioni del 2 marzo 2000, a questi elementi se ne aggiunge un altro, cioè “non appare più sufficiente diminuire il numero delle informazioni necessarie e ridurre i tempi di frequenza. Si tratta di qualificare in maniera differente il percorso di formazione”. Perché “la partecipazione alla formazione non si realizza mediante tentativi più o meno efficaci di influenzare e sensibilizzare il singolo, ma operando in rapporto con le diverse aggregazioni sociali, partendo da problemi che sono presenti sul territorio, con un impegno collettivo, che vede coinvolte le diverse forze vive dell’ambiente”.

Insomma è necessario un profondo rinnovamento del sistema formativo, la cui direzione (nel testo dell’Accordo citato) è indicata con estrema chiarezza e rigore di analisi: “Il cambiamento richiede la promozione di una offerta integrata tra il sistema scolastico e il sistema di formazione professionale e tra questi e il mondo del lavoro”. Senza questo passaggio, ovvero la transizione da un’organizzazione per sistemi chiusi ad una organizzazione di rete, sarà difficile dare risposte efficaci ed opportunamente articolate rispetto ai reali bisogni dell’utenza adulta (e quindi affrontare il nodo della promozione della domanda).

La sperimentazione Polis ha inteso esplorare la possibilità di operare concretamente in questa direzione. Facendo proprie alcune delle indicazioni contenute nel Memorandum di Lisbona:

“offrire opportunità di formazione permanente il più possibile vicine agli utenti della formazione, nell’ambito delle loro comunità … in quanto la maggior parte della gente si forma su base locale”;

“adattare le modalità d’offerta di istruzione e formazione in modo da conciliare formazione, lavoro, e vita familiare”;

“rafforzare non solo l’offerta ma anche la domanda di formazione … Ciascuno dovrà avere la possibilità di seguire, senza alcuna restrizione, percorsi di formazione a sua scelta, senza essere obbligato a rispettare filiere predeterminate per raggiungere obiettivi specifici. Ciò significa semplicemente che i sistemi di formazione e di istruzione devono adattarsi ai bisogni dell’individuo e non viceversa”;

“creare una osmosi progressiva tra le diverse strutture dell’offerta”;

“insegnanti e formatori diventeranno consulenti, tutori e mediatori. Il loro ruolo consisterà nell’assistere gli allievi che, per quanto possibile, dovranno farsi carico della propria formazione”.

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IL MODELLO DI INTERVENTO: QUADRO SINTETICO delle caratteristiche principali

✔ FORTE RAPPORTO COL TERRITORIO

Per favorire la partecipazione del vasto e vario pubblico adulto presente in un determinato territorio, l’offerta non può essere rigida e definita una volta per tutte, deve poter variare e riadattarsi rapidamente, non ripetersi sempre uguale. Questa “flessibilità” trova fondamento in uno stretto rapporto col territorio.Ogni azione formativa deve essere avviata sulla base di un coinvolgimento a livello territoriale di vari soggetti che vi operano, a titolo diverso, in funzione di programmazione/erogazione/promozione di offerte formative rivolte agli adulti.

✔ INTEGRAZIONE DEI SISTEMI

Un’altra delle condizioni che possono favorire la partecipazione del pubblico adulto è la realizzazione di un intreccio tra competenze direttamente spendibili nel lavoro e nella vita quotidiana e competenze inerenti ambiti più generali del sapere. Ciò postula la necessità di un solido rapporto tra scuola e formazione professionale. Perciò il modello assume l’integrazione dei sistemi come elemento strutturale dei percorsi.

✔ INNOVAZIONE STRUTTURALE E METODOLOGICA

Viene previsto un percorso più breve rispetto a quelli tradizionali.Un percorso Polis completo si compone di tre segmenti della durata di circa 600 ore ciascuno. Quella delle 600 ore è una indicazione di massima, corrispondente a una frequenza media di 4 ore al giorno per 5 giorni alla settimana per 30 settimane: una ipotesi credibile per consentire a degli adulti di conciliare lo studio con le esigenze della vita quotidiana (si richiede una frequenza effettiva per almeno il 70% del monte ore complessivo).La riduzione della durata del percorso trova un ulteriore elemento di legittimità nella scelta di un modello didattico di tipo “processuale”, orientato a far assumere ai soggetti in formazione responsabilità diretta nella gestione dei propri percorsi di apprendimento, coinvolgendoli nella diagnosi dei bisogni, nella formulazione degli obiettivi, nella progettazione delle esperienze di apprendimento. Da qui la particolare importanza attribuita alla fase di accoglienza. L’educazione degli adulti è vista prima di tutto come orientamento e sviluppo di capacità di autodirezione. L’essenziale è mettere gli adulti in condizione di compiere delle scelte, di avere consapevolezza dei propri bisogni formativi, delle proprie difficoltà/capacità di apprendimento, di trovare forti motivazioni, di sapersi orientare. I percorsi formativi, anche discretamente lunghi, sono necessari perché questa consapevolezza non si raggiunge in tempi molto brevi. Non si può però cadere nell’estremo opposto: i percorsi molto lunghi di per sé non garantiscono il raggiungimento di questi risultati. Quindi il problema non è solo quello di ridurre i tempi. Si tratta di sperimentare modalità che ricerchino un giusto rapporto tra tempi, modi e finalità.Le principali innovazioni introdotte nella struttura dei percorsi sono sintetizzate nel seguente schema descrittivo dei percorsi formativi :

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Ogni segmento è articolato in unità formative modulari, singolarmente certificabili, in modo da poter essere riconosciute come crediti dai soggetti coinvolti nella sperimentazione, per i passaggi successivi e per l’eventuale individualizzazione del percorso. Tutti i crediti, quelli riconosciuti in ingresso e quelli conseguiti durante la frequenza vengono attestati, rispettivamente, nel Patto Formativo e nel Libretto personale del singolo studente.

L’utenza cui il progetto fa riferimento è costituita esclusivamente da adulti, con priorità alla fascia 24-64 anni.

✔ LAVORO IN RETE

Il rapporto col territorio, l’integrazione dei sistemi, l’innovazione strutturale e metodologica, sono elementi di un modello di intervento innovativo e certamente molto complesso. Questa complessità difficilmente potrebbe essere sostenuta dalle singole istituzioni formative senza un quarto elemento: il lavoro in rete. Esso è finalizzato a fornire alle iniziative territoriali un sostegno all’innovazione insieme ad un quadro di riferimento comune che contribuisca a caratterizzare in modo unitario la sperimentazione a livello regionale.

FOCUS SU INTEGRAZIONENaturalmente, tutti e quattro gli elementi sopra richiamati costituiscono la carta di identità

del progetto Polis. Qui, tuttavia, mi limiterò, brevemente, a focalizzare l’attenzione sul suo carattere di “progetto Integrato”.

Si potrebbe dire che Polis non ha inventato nulla di nuovo. Il raccordo tra scuola e formazione professionale era già presente nelle sperimentazioni Sirio e Aliforti dei corsi serali della secondaria superiore. Sulla carta. Nella realtà, di integrazione dei sistemi se n’è vista poca. Spesso, tra gli addetti ai lavori, si incontra persino scarsa chiarezza sul

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Accoglienza e Orientamento

durata: …

- Accertamento delle conoscenze e competenze pregresse

- riconoscimento di crediti- individualizzazione del percorso

I segmentodurata: 600 ore

- Potenziamento abilità di base

- Competenze inerenti una qualifica professionale

- Contenuti essenziali per un biennio di riferimento

- Crediti spendibili per una qualifica e/o per il proseguimento nel percorso di istruzione

II segmentodurata: 600 ore

durata: 600 ore

- Competenze e contenuti fondanti l’indirizzo scolastico di riferimento

- Competenze inerenti una qualifica professionale- Crediti spendibili per un percorso di FP e/o per

proseguire nel percorso di istruzione

III segmentodurata: 600 ore

durata: 600 ore

IFTS

Post-Diploma Università

- Competenze e contenuti fondanti l’indirizzo scolastico di riferimento

- Crediti spendibili per il completamento del percorso di istruzione

- Crediti spendibili per il proseguimento in un percorso di FP o di IFTS

patto formativo

qualifica FPidoneità al 3° anno I.S.

idoneità al 3°

qualifica FPidoneità al 5° anno I.S.

idoneità al 5° anno I.S.

• diploma di I.S.

significato stesso del termine, per cui qualsiasi tipo di collaborazione tra scuola e formazione professionale viene etichettato come integrazione dei sistemi. A ben vedere, quest’ultima dovrebbe essere qualcosa di più di un semplice rapporto di collaborazione, dovrebbe prevedere, in ultima istanza, una fase di lavoro in cui “ciascuno progetta in funzione dell’altro”.

Nel modello polis, l’assunzione dell’integrazione dei sistemi come elemento strutturale dei percorsi comporta le seguenti modalità operative:

✔ Un CTP, una Agenzia di Formazione Professionale e un Istituto di Istruzione Superiore partecipano, costituendo una Associazione Temporanea di Scopo, a un bando provinciale della Direttiva regionale Mercato del Lavoro, per ottenere un finanziamento che consenta loro di realizzare un’azione formativa (circa 600 ore) destinata a un pubblico adulto orientato a realizzare un percorso (complessivamente circa 1800 ore) che porti alla acquisizione di un diploma di scuola secondaria superiore e di una qualifica professionale regionale.

✔ Un terzo dell’itinerario complessivo di un progetto Polis viene, quindi, dedicato alla realizzazione di moduli formativi integrati.

✔ La realizzazione di moduli formativi integrati comporta la co-progettazione dell’intero percorso, perché una parte non minima di esso deve risultare funzionale tanto agli obiettivi del sistema di formazione professionale quanto a quelli del sistema scolastico. Andando pertanto oltre la soglia di una semplice collaborazione tra i due sistemi, si tenta di fondere culture ed esperienze diverse. È in questo tipo di processo, in fondo, il significato vero del termine integrazione.

L’obiettivo dell’integrazione è reso possibile dagli impegni che la Regione Piemonte da un lato e l’ Ufficio Scolastico Regionale dall’altro assumono:

L’Assessorato regionale alla Formazione e Istruzione, nella Direttiva Mercato del Lavoro, inserisce tra le azioni finanziabili percorsi formativi della durata massima di 600 ore, per soli adulti, da gestire con apposita ATS (o Accordo scritto), comprendente una agenzia di FP, un CTP e una istituzione scolastica di secondo grado. Questi percorsi vengono concordati al fine di consentire l’acquisizione di competenze atte al rilascio (eventuale) di una qualifica professionale e al proseguimento nel percorso di studio volto alla acquisizione di un diploma di istruzione superiore.

La Direzione Scolastica Regionale supporta l’iniziativa dei CTP consentendo agli Istituti superiori che collaborano con essi nella sperimentazione di conferire specifici incarichi di insegnamento (in organico di fatto) per un certo numero di ore settimanali in rapportato alle esigenze dei singoli progetti.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che le Organizzazioni sindacali di categoria supportano l’iniziativa dei CTP inserendo nella contrattazione/concertazione decentrata con la DSR la definizione dell’organico complessivo da mettere a disposizione a livello regionale e della quota di pertinenza del singolo Istituto superiore che partecipa alla sperimentazione.

È questo quadro di insieme che rende possibile lo sviluppo di una forte sinergia tra CTP, Istituti superiori (siano o no sedi di corsi serali), Centri di Formazione Professionale su tutti gli aspetti, compresa la progettazione di dettaglio delle singole Unità Formative in cui si articola ogni percorso.

LE DIMENSIONI DELLA SPERIMENTAZIONE ed elementi di prospettiva

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Oggi, nella regione Piemonte, la sperimentazione Polis è al suo nono anno ed è presente nell’offerta formativa di un buon numero di istituzioni scolastiche (CTP e istituti di istruzione superiore) e di agenzie di formazione professionale.

I dati dell’ultimo monitoraggio disponibile (riferito all’a.s. 2009-2010) ci forniscono il seguente quadro:

• CTP coinvolti: 24

• Istituti Superiori coinvolti: 47

• CFP coinvolti: 28

• Corsi attivati: 138

. Di cui: 46 di 1° segmento (con qualifica professionale regionale da conseguire tra il 1° e 2° segmento); 49 di 2° segmento; 43 di 3° segmento

(i dati successivi si riferiscono a 23 realtà monitorate su 24)

• Adulti che hanno fatto domanda di iscrizione 3.162

• Adulti ammessi a frequentare in base ai posti disponibili ed agli esiti della fase di accoglienza 2.727 (differenza 435)

• Adulti frequentanti finali 2.501 (dispersione 8,29%)

• Docenti coinvolti 653 (di cui 87 provenienti dai CTP, 350 provenienti da I.I.S., 170 provenienti dalla FP, 46 esperti esterni)

• Docenti e formatori coinvolti (incluse attività di accoglienza, tutoraggio e recupero) –19 realtà su 24-

tipologia n°

Docenti dei CTP in orario di servizio 63 13%

Docenti dei CTP fuori orario di servizio 24

Docenti IIS con incarico specifico DSR 268 54%

Docenti IIS fuori orario di servizio 82

Formatori della FP 170 33%

Esperti esterni 46

TOTALE 653

• le qualifiche professionali:

Addetto man. Impianti elet. 1

Addetto registrazioni contabili 3

Animatore servizi all’infanzia 9

Manutentore sist. Aut. 1

Operatore agenzie turistiche 2

Operatore contabilità analitica 3

Operatore CAD 10

Operatore paghe e contributi 4

Operatore fiscale 2

Operatore personal computer 7

Operatore servizi all’impresa e servizi gestionali 2

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Programmatore macchine ut. a control. num. 2

altri 2

TOTALE tipologie 13 TOTALE n° di corsi con qualifiche 49

• gli indirizzi di istruzione superiore:

Geometra

Perito elettrico/ elettronico

Perito meccanico

Professionale meccanico

Professionale aziendale

Professionale turistico

Ragioneria

Liceo linguistico

Liceo scienze sociali

Socio psico pedagogico

Tecnico/ perito aziendale

Tecnico commerciale

Tecnico industriale

Turistico dolciario

TOTALE indirizzi 14

Il monitoraggio degli esiti dell’esame di maturità condotto nel 2008 fornisce il seguente quadro:

• Esito esami di maturità (16 realtà su 18) al quale gli alunni polis partecipavano come candidati esterni: iscritti agli

esamiritirati trasferiti Non

presentatiesaminati effettivi

non promossi

promossi

totali 15 24 2 13 376 20 356

% 90,60% 5,30% 94,70%

Questo andamento viene sostanzialmente confermato da un sondaggio condotto nel 2010, in realtà nelle quali gli alunni polis si presentavano all’esame come candidati interni:

✔ Esito esami di maturità (14 realtà su 24)

iscritti agli esami

ritirati trasferiti non

presentati

Non

ammessi

N° esaminati

effettivi

promossi Non promossi

totali 579 89 4 16 6 456 426 30

% 93,4% 6,6%

I dati della sperimentazione Polis indicano che, dove è stata realizzata, pur disponendo di modeste risorse essa ha mostrato di saper sollecitare una domanda che, pur corrispondendo a bisogni reali, rimaneva allo stato di latenza.

Se nella costruzione del nuovo sistema (previsto dalla Legge finanziaria 2007) non ci si limiterà a provvedere ad una semplice riorganizzazione dell’esistente, ma si darà finalmente spazio alla prospettiva introdotta dall’Accordo stato-regioni del 2 marzo 2000

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ovvero la prospettiva della costruzione di un sistema integrato per l’educazione degli adulti, il modello Polis potrà costituire un punto di riferimento importante.

Infatti, la sperimentazione in corso nella regione Piemonte ha finora mostrato che l’integrazione dei sistemi paga sia in termini di risultati sul piano formativo sia in termini di promozione della domanda. L’incontro dei due sistemi è stato utile per costruire una offerta più calibrata su bisogni formativi degli adulti, che tenga in considerazione alcune specificità di questo tipo di pubblico e la necessità di uscire dalle rigidità del modello tradizionale.

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Technology and quality of life. Un motore di cambiamento territoriale

Riccardo Lanzara – Presidente

PONT-TECH: Un interfaccia fra il sistema della Ricerca e il sistema delle imprese

La missione di Pont-Tech è quella di promuovere dinamiche di sviluppo economico e territoriale mediante l’erogazione di servizi di sostegno all’innovazione tecnologica a favore delle imprese, con particolare riguardo a quelle di dimensioni piccole e medie.

In particolare le azioni si focalizzano sulla sperimentazione ed il trasferimento di conoscenze fortemente innovative che permettano una crescita in linea con l’evoluzione dei mercati e si basano sul rafforzamento dei legami tra sistema produttivo, territorio e sistema della ricerca

I soci di Pont-Tech (capitale sociale € 884.160) sono:

• per il 50,2 % gli ENTI LOCALI (Comune di Pontedera 24,97%, Provincia di Pisa 24.97%, Comune di Calcinaia, Comune di Bientina),

• per il ,2 % l'UNIVERSITA’ (Scuola Superiore Sant'Anna e Università di Pisa),

• per il 16,9% la FINANZA ( Fidi Toscana, BP Lajatico, BCC Fornacette )

• e per 23,7% l' INDUSTRIA (Piaggio, Unione Industriale Pisana, C.N.A. Pisa di Pisa)

Le strategie hanno l'obiettivo di coniugare ricerca, innovazione e qualita’ della vitaLe principali linee d’azione sono:- sviluppo di processi innovativi nelle imprese esistenti

• sviluppare e gestire attività di servizio tecnologico (analisi, diagnosi, problem solving), anche con altri partner industriali, finalizzate all’aumento della competitività e del livello qualitativo del tessuto economico industriale locale;

• irrobustire le filiere di innovazione che, attualmente o potenzialmente, interessano le imprese della meccanica ed il sistema locale della subfornitura

- promozione di nuove iniziative imprenditorialiIndividuare e promuovere nuove filiere ricerca – imprese – mercato nell’ambito del tema “Technology and Quality of Life” basate su nuove opportunità tecnologiche che potrebbero avere forti potenzialità di sviluppo nell’areaGli strumenti: CERFITT (Centro Ricerca e Formazione sull'Innovazione Tecnologica e il

Trasferimento della Tecnologia) di proprietà del comune la cui gestione è affidata a Pontech, all’interno del quale sono ospitati:

• un laboratorio del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale per lo sviluppo della ricerca nel campo dei polimeri post-consumo

• un laboratorio della Scuola Superiore Sant’Anna per lo sviluppo di tecnologie di micro-fabbricazione

• Il laboratorio pubblico-privato Pontlab, la cui maggioranza è detenuta dal comune di Pontedera, che opera nel campo delle prove funzionali e dimensionali e della caratterizzazione dei materiali.

• L’incubatore per nuove imprese ad alta tecnologia

I progetti:

FILIERA IDROGENO

✔ Progetto SAVIA: Sistema di Alimentazione di Veicoli ad Idrogeno ed Ammoniaca

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✔ Progetto NanocatGeo: progettazione di un dispositivo elettrochimico per la generazione di idrogeno contenente catalizzatori nanostrutturati innovativi ad elevato valore aggiunto, mediante dispositivi eolici.

✔ Collaborazione sistematica con la Facoltà di Ingegneria per azioni di promozione e divulgazione dei risultati del progetto di ricerca H2

Questi progetti rientrano in un PROTOCOLLO DI INTESA con la Regione Toscana:titolo capofila tipologia budget finanziamento

H2 – Filiera Idrogeno Università di Pisa Ricerca di base € 5.169.000,00 100 % Regione Toscana

SAVIA Pont.Tech Ricerca industriale sperimentazione

€ 2.073.751,00 36% => Privati

64% => Regione

NANOCat Geo ACTA Ricerca industriale sperimentazione

€ 1.798.058,00

€ 9.040.809,00

➢ TECNOLOGIE, PRODOTTI E SERVIZI PER LA SALUTE, finalizzati alla Promozione dell’industria Farmaceutica e biomedicale (Polo di Innovazione con Fondazione Toscana Life Sciences) MILORDS – “Progetto strategico di ricerca” nel campo delle Nuove tecnologie,

strumenti e apparecchiature per la diagnosi, la cura e la chirurgia. Capofila: ElEn. Pont-Tech è subcontractor di “NUOVA MECCANICA”

INNOTESSILSAN (in stand - by) Progetto finalizzato alla effettuazione di attività di ricerca industriale e sperimentazione nel campo del tessile per la sanità

TECHNOLOGY AND QUALITY OF LIFE

• Progetti di Rete e Servizi sul Riuso della plastica in prodotti industriali (dal 2005)

✔ VANTS : Valorizzazione Apporti Nuove Tecnologie per la Sicurezza sul lavoro (con Regione Toscana D.G. Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà)

✔ RENUMA Ricerca per nuovi materiali polimerici da stampaggio a partire da materiali plastici post-uso e post-consumo (con il contributo del sett. Politiche Reg. dell’Innovazione e della Ricerca Regione Toscana).

✔ ASPIRA: progetto per realizzare un prodotto industriale (scocca di aspirapolvere) con materiale compound di PET post-consumo (con il contributo del settore Rifiuti della Regione Toscana)

✔ RETENUMA Rete telematica per il trasferimento tecnologico per la diffusione delle conoscenze e per la creazione di una filiera nel campo dei nuovi materiali polimerici (anche di riciclo) DOCUP 2000-2006 TOSCANA

✔ CERFITT – a): programma Cofinanziato da Comune di Pontedera e Regione Toscana nell’ambito della “AREA 6” del Programma Regionale di Sviluppo Economico: Realizzazione di laboratori per fornire alle imprese servizi tecnologici su: Nuovi Polimeri da Plastica di Riciclo (Iniziativa PontLab).

✔ CERFITT- b): Realizzazione di un Laboratorio di ricerca sui nuovi Polimeri da plastica Postconsumo in collaborazione con l’Università di Pisa (Dip. di Chimica e Chimica Industrial

✔ PRO-PLASMIX - Riuso della plastica in prodotti industriali, progetto di ricerca senza ricadute commerciali dirette, che persegue gli obiettivi di

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- Consentire di inserire stabilmente nel mercato oggetti d'uso industriale ottenuti con materie prime seconde di origine plastica: da “rifiuti” a “ri-prodotti”

- Garantire sbocchi alternativi ai materiali

- Far crescere la green economy reale producendo sia ecomateriali, sia posti di lavoro

L’evoluzione del progetto Pro-Plasmix prevede:1. Indagine su ulteriori sbocchi applicativi dei blend già formulati;2. modifica del blend polimerico a base plasmix attualmente prodotto aumentando il

contenuto delle plastiche da post consumo;3. realizzazione di barriere fonoassorbenti per il settore autostradale;4. messa a punto di miscele polimeriche a base acrilica.

• PRO-VE - progetto per la valorizzazione del vetro residuale dal trattamento della raccolta differenziata in Toscana

Gli obiettivi generali del progetto sono :1- ridurre gli scarti vetrosi in discarica, che rappresentano una grande e crescente

minaccia per l'ambiente;2- ridurre l’utilizzo energetico e le emissioni di CO2, permettendo l'introduzione, su scala

industriale, di materiali isolanti in vetro, prodotti a partire da scarti attualmente non riciclabili, che consentono di ridurne notevolmente il prezzo;

3- incentivare le costruzioni eco-sostenibili e di ridotto consumo energetico, al fine di garantire una sufficiente domanda di mercato per l'effettivo riciclaggio di tutti gli scarti vetrosi attualmente smaltiti in discarica.

Il valore aggiunto.del progetto alle politiche regionali:La Regione Toscana è sensibile a questa tematica nell’ottica della prevenzione o la

riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie e l'uso dei rifiuti come fonte di energia.

Il progetto si sposa in modo efficace con le politiche regionali ed intende contribuire a:

• migliorare la gestione sostenibile dei rifiuti e in particolar modo incrementare le possibilità di riciclaggio;

• incrementare la performance ecologica di prodotti edili,

• incentivare attitudini sostenibili nella produzione e nei consumi, il tutto in un’ottica di life-cycle thinking e di riduzione di consumi energetici e di emissioni di CO2.

I PARTNER OPERATIVI dei poli sono:- per il POLO IDROGENO: Pont-tech, Facoltà di Ingegneria di Pisa, Scuola Superiore

Sant’Anna, Acta Energy, Bigas, Edi Progetti - IL POLO MATERIALI PLASTICI:Pont-tech, Dipartimento di Chimica di Pisa, Pontlab,

Revet, Spinpet - IL POLO SALUTE E BIOMEDICALE: Pont-tech, Scuola Superiore Sant’Anna, ElEn

L’INCUBATORE

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Imprese già insediate 1. AEDIT 2. AGE SOLUTIONS 3. AIM 4. ANTONELLI & BARSOTTI5. BRANCIFORTI6. ELECTRAWINDS 7. ENERGY MASTER 8. FATRONIK ITALY 9. FORSENSE 10.GLAYX11. IAMBOO12.VR-MEDIA13. WIN14.MACH4 15.SPINPET

Nuove ammissioni1. ASIDEV (in valutazione)2. BOTTEGA ANIMATION (pre-incubazione)3.

FATTURATO 2011: 5.240.792 €ADDETTI 2011: 91 di cui 24 donneImprese già uscite

1. COMPANY SERVICE2. EVIDENCE3. ENCREA4. ERGO5. E-PIX6. Fabrica 136 (spin-off di Pont-Tech)7. PROTEOGENBIO8. SIR COMUNICAZIONE

PONTLAB: UN LABORATORIO DI ECCELLENZACapitale Sociale: 2.105.000 €Soci: Comune di Pontedera (socio di maggioranza),Aequalis, Pont-tech Fatturato 2011: 580.000 €Addetti: 18Budget 2012: ca 1.800.000 €

“Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero.

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Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era.

Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.”(José Saramago. Da Viaggio in Portogallo)

e-mail: [email protected] PER SAPERNE DI PIÙ www.pont-tech.it

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L’esperienza di un ITS in Toscana: il MITA

Antonella Vitiello, docente ISIST “Russell-Newton”, Scandicci (FI)

Il ruolo in questa sede è quello di relatrice su un’esperienza di totale innovazione nei percorsi formativi del nostro Paese: gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) e la Fondazione MITA ma l’argomento rende doverosa una breve narrazione sugli antefatti che hanno dato “vita” ai succitati ITS .

Le fondazioni ITS si inseriscono dentro un contesto che prevede la riorganizzazione del sistema dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, al fine di potenziare l’alta formazione professionale e di promuovere misure di valorizzazione della filiera tecnico-scientifica, in ottemperanza all’art. 69 della Legge 17 maggio 1999 n°144. La finalità è il riconoscimento europeo del percorso, parallelamente ai consolidati indirizzi universitari.

L’iter di “strutturazione” del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore ha impiegato ben 10 anni (1999-2009) per arrivare alla definizione vera e propria di questi organismi (ITS).

In Italia, su iniziativa del Ministero dell’Istruzione, attualmente sono in essere 59 Fondazioni ITS, ovvero Scuole Speciali di Tecnologia, atte alla formazione di tecnici altamente specializzati, rispondenti alle esigenze del mercato delle imprese.

Nell’area fiorentina, a seguito del bando della Regione Toscana, emanato con Decreto n° 6594 del 29/12/2008, che invitava tutti i soggetti preposti all’attuazione di detti percorsi formativi, ovvero gli Istituti Tecnici e gli Istituti Professionali, in partenariato con Imprese, Università, Enti Locali ed Agenzie Formative, è nata la Fondazione MITA – Made in Italy Tuscany Accademy, con sede nel Comune di Scandicci, presso il Castello dell’Acciaiolo.

La Fondazione si occupa della formazione di “Tecnici Superiori” per il settore moda, gestendo corsi biennali e/o triennali a cui possono iscriversi, dopo accurata selezione, giovani adulti in possesso di diploma di scuola superiore, per conseguire un titolo di Tecnico Superiore di V livello del Quadro Europeo delle Qualifiche (equiparato al Diploma di Laurea Triennale).

Il primo corso è stato avviato il 28 novembre 2011 con la sezione di 20 corsisti il cui obiettivo, su decisione del Consiglio di Indirizzo della Fondazione che vede protagonisti esperti e rappresentanti delle imprese del settore moda (pelletteria e abbigliamento) è il raggiungimento del titolo di “Tecnico superiore per lo sviluppo di prodotti di abbigliamento e accessori”.

Il percorso prevede la “formazione” di una figura professionale il cui compito è quello di occuparsi della collezione di prodotti di abbigliamento e accessori, sulla base delle indicazioni fornite dalla progettazione stilistica; curare lo sviluppo della campionatura, garantendo la realizzazione di un prodotto finale, secondo le caratteristiche definite; coordinare le attività di produzione del prodotto e quelle di marketing, supportando le fasi della comunicazione e delle vendita. Le principali attività della figura individuata riguardano: lo studio delle dinamiche evolutive, tecnologiche e di stile del prodotto moda, la supervisione del modello, l’ingegnerizzazione del campione e la gestione dei materiali, il controllo di qualità dei campioni e il follow up dei processi di tracciabilità, la gestione logistica dei campioni fino all’arrivo negli showrooms.

Rese note le precisazioni succitate, prendendo spunto da un precedente intervento che interpretava l’Educazione degli Adulti come un “crescere insieme”, si può affermare che anche l’esperienza del corso della Fondazione MITA rappresenta esattamente una nuova scommessa del “crescere insieme” . Infatti i corsisti di MITA, come pure tutti gli studenti dei percorsi ITS, rappresentano un particolare segmento nell’Educazione degli Adulti, sono giovani adulti ai quali, attraverso questa nuova “modalità formativa”, si sta fornendo una

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preparazione altamente specialistica, al fine di un sicuro inserimento nelle complesse dinamiche del mondo del lavoro.

E’ ormai decennale l’altalenante dibattito sulla “inefficacia” della formazione scolastica, a tutti i livelli, per un fattivo inserimento nel mondo lavorativo: questa esperienza si propone quindi di superare l’annoso problema e dare una risposta concreta alle esigenze delle imprese (nel caso specifico del sistema moda). Accogliendo la vocazione dell’imprenditoria locale dell’interland fiorentino e coniugando magistralmente le priorità strategiche per lo sviluppo economico del Paese con quelle indicate dalla programmazione regionale, la Fondazione MITA ha elaborato una filiera formativa che contempla unitamente il pragmatismo tecnologico, la creatività, i nuovi linguaggi della scienza e della tecnica, la didattica di laboratorio. Inoltre si provvede in tal modo a promuovere la diffusione della cultura tecnica e scientifica, sostenendo le misure per lo sviluppo dell’economia e le politiche attive del lavoro. Tutto ciò è inoltre favorito e supportato da un’attiva partecipazione dell’Ente Locale (Comune di Scandicci) , di tutte le istituzioni presenti sul territorio (Provincia/Regione) e, soprattutto, delle imprese presenti sul territorio.

La costituzione di una fondazione per lo sviluppo del Made in Italy ha fornito quindi una grande opportunità per i giovani (gli attuali corsisti provengono da diverse aree del Paese), offrendo loro competenze spendibili sia per l’accesso alle professioni tecniche sia per il passaggio a livelli superiori di istruzione e formazione oltre, ovviamente, ad accrescere la loro “occupabilità” nel mondo del lavoro.

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ACCEDI – Accesso al Diploma. Un progetto di blended learning per l'istruzione degli adulti

Simone Giusti, Docente, direttore Agenzia Formativa L’altra città di Grosseto

Il progetto ACCEDI è un percorso integrato di istruzione, formazione e orientamento in presenza e a distanza (blended learning) finalizzato a incrementare l’accessibilità ai percorsi di istruzione formale da parte della popolazione adulta. Il progetto “Accedi” trae origine da una sperimentazione avviata nel 2005 in provincia di Grosseto, il progetto “Diploma on line” (cfr. www.diplomarsionline.it), di cui ha mantenuto alcuni caratteri specifici, tra cui l'idea che sia possibile, a normativa vigente e mettendo in rete le risorse disponibili su un determinato territorio, ampliare l'offerta formativa per l'IDA e raggiungere, grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie, contesti e persone che rimarrebbero esclusi da un'offerta tradizionale.

Compiti prioritari individuatiIl progetto ha inteso rispondere a quattro distinte esigenze. Le prime tre riguardano i

bisogni del target individuato (adulti che sarebbero interessati a completare un percorso di istruzione secondaria di II grado), la quarta si riferisce ai bisogni del sistema dell'EDA.

a) Portare l'offerta formativa in aree e contesti in cui i corsi di istruzione per adulti sono poco accessibili.

b) Mettere a disposizione degli utenti, risorse didattiche flessibili e accessibili, in modo da rimuovere gli ostacoli rappresentati dalle particolari condizioni di vita e di lavoro.

c) Utilizzare le nuove tecnologie della comunicazione al fine di promuovere lo sviluppo di competenze digitali e contribuire alla riduzione del divario digitale (digital divide).

d) Integrare metodologie e risorse dei diversi attori coinvolti, al fine di rafforzare il sistema dell'IDA e di prepararlo a fronteggiare i cambiamenti in corso.

ObiettiviIl progetto ACCEDI ha l'obiettivo prioritario di rendere accessibili i corsi di istruzione per

adulti a persone che si trovano in contesti geografici o professionali particolari (e di conseguenza innalzarne i livelli di istruzione secondaria di II grado) attraverso l’integrazione delle risorse del sistema dell’istruzione con risorse della formazione professionale e dell’orientamento.

Un secondo obiettivo consiste nel garantire la sostenibilità e la continuità ai percorsi avviati attraverso lo sviluppo di:

- risorse umane competenti che operano con continuità all’interno degli istituti scolastici coinvolti;

- procedure e strumenti per la didattica individualizzata in presenza e a distanza (blended): piattaforma e-learning completa di materiali didattici; manuale operativo e kit didattico su supporto digitale;

- modalità di valutazione in presenza e a distanza finalizzate al pieno riconoscimento da parte del sistema di istruzione delle attività formative svolte;

– una rete di soggetti capaci di lavorare in maniera integrata.

Organizzazione Il progetto ACCEDI è articolato in dieci distinte attività tra loro strettamente collegate:

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- cinque attività formative situate in altrettanti sedi delle province di Arezzo, Siena e Grosseto;

- un’attività non formativa trasversale volta alla supervisione e validazione delle procedure e degli strumenti operativi per la gestione dei processi didattici;

- quattro attività non formative di accompagnamento al percorso formativo di ogni allievo (attività di accoglienza ed accertamento delle competenze in ingresso, di mentoring, di orientamento di gruppo e di monitoraggio individuale delle competenze).

Per la gestione delle attività il progetto si è servito di uno staff di direzione (composto dai dirigenti delle scuole coinvolte, da un direttore di progetto, dal coordinatore didattico e da tre coordinatori territoriali: uno per area), affiancato da un comitato di pilotaggio rappresentativo di tutti i soggetti sostenitori. Lo staff di direzione ha coordinato, in particolare attraverso i coordinatori territoriali, tre gruppi di lavoro territoriali composti dai coordinatori docenti, dai tutor d'aula, i consulenti di orientamento, i mentori. In parallelo, un gruppo di docenti affiancato dal coordinatore didattico ha lavorato all'elaborazione dei materiali didattici e alla manutenzione della piattaforma.

Soggetti coinvoltiIn rete:

Istituto Professionale di Stato “Luigi Einaudi” di Grosseto (ora Polo “L. Bianciardi)

Consorzio Abaco – Liceo “Città di Piero” di Sansepolcro (AR)

Istituto Tecnico “S. Bandini” di Siena

Associazione L'Altra Città di Grosseto

In collaborazione:

Provincia di Grosseto

Ufficio scolastico regionale per la Toscana – Ufficio XI – Ambito territoriale della provincia di Grosseto

COeSO – SDS Grosseto

Comune di Roccastrada (GR)

Provincia di Arezzo

Comune di Anghiari (AR)

Comune di Sansepolcro (AR)

Comune di Sestino (AR)

Provincia di Siena

Ufficio scolastico regionale per la Toscana – Ufficio XVIII Ambito territoriale della provincia di Siena

Comune di Sovicille (SI)

Scelte didattiche:- riconoscimento dei crediti:

Il riconoscimento dei crediti avviene per ognuna delle Unità Formative in cui il progetto didattico è articolato, sulla base delle competenze individuate a conclusione della fase iniziale (scheda personale) e della documentazione a supporto (titoli certificati in possesso dell’allievo) prodotta dai partecipanti. Documentazione prodotta e scheda personale delle competenze costituiscono il dossier individuale che è trasmesso all’Istituzione Scolastica

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competente, la quale, attraverso la commissione riconoscimento crediti, procede all’individuazione degli eventuali crediti da riconoscere (valutazione delle competenze e delle abilità acquisite) nel rispetto del principio di integrazione tra i sistemi dell’istruzione e della formazione.

- certificazioni (iniziali e conclusive):Gli Istituti Scolastici si impegnano a rilasciare a coloro che avranno preso parte con

successo alle attività formative del I periodo (corrispondente al primo biennio) la certificazione delle competenze di base. Inoltre, a conclusione di ciascun periodo didattico gli istituti scolastici, attraverso i consigli di classe appositamente costituti, si impegnano a scrutinare gli allievi per l’ammissione alle classi successive. Alla fine del I periodo didattico è prevista l’ammissione alla classe 3°, alla fine del II periodo didattico l’ammissione all’esame di qualifica professionale (esclusivamente nel caso dell’Istituto Professionale di Stato “L. Einaudi”: Roccastrada II periodo) e l’ammissione alla classe 5°, alla fine del III periodo didattico l’ammissione all’esame di Stato. A tutti i corsisti che hanno portato a termine il percorso con successo, è rilasciato un attestato di frequenza dalla Regione Toscana.

- Altro: L’attività di apprendimento a distanza (a distanza asincrona) è realizzata attraverso la

piattaforma www.diplomarsionline.it e WLG (dedicato al progetto ACCEDI) attivato nell’ambito del Progetto TRIO.

Nella piattaforma gli allievi accedono ai materiali didattici elaborati prima dell’avvio delle attività formative e che sono organizzati per moduli disciplinari (prodotti multimediali diversi da quelli e-learning, aventi finalità didattiche).

Il WLG rende immediatamente fruibili i moduli di interesse per l’apprendimento dell’allievo già presenti nella Didateca del sistema regionale di web learning (progetto TRIO), nonché strumenti collaborativi quali forum, chat, aula virtuale (già disponibili), Wiki e Ambienti Personali di Apprendimento – Mahara (attivabili nel corso del progetto).

La Formazione a distanza (in aula alla presenza del solo tutor oppure in altri locali in cui sia presente una connessione internet) permette agli allievi di dedicarsi all’attività di formazione per approfondire individualmente alcuni aspetti degli argomenti trattati a lezione tramite materiale on-line, esercitazioni e test di verifica. Tale metodologia consente al discente di sperimentarsi individualmente e verificare in prima persona eventuali aspetti non compresi a pieno. L'apprendimento a distanza è comunque accompagnato costantemente dall’e-tutor disciplinare che supporterà l’allievo nei momenti di dubbio e/o di chiarimento.

Anche nell’apprendimento a distanza deve essere assicurata la metodologia del cooperative learning attraverso l’attivazione di strumenti quali forum, chat, aula virtuale, wiki, ambiente personale di apprendimento.

Il progetto ha previsto, inoltre, procedure di accompagnamento e supporto ai partecipanti all’inizio del percorso formativo ed in itinere, come di seguito specificato:

- accoglienza ed accertamento delle competenze, immediatamente susseguente all’ammissione dei candidati al corso, ha lo scopo di accogliere il partecipante e procedere all’accertamento delle competenze in ingresso al percorso formativo al fine di favorire il riconoscimento dei crediti e dunque l’individualizzazione dei percorsi;

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- orientamento iniziale di gruppo, preliminare l’attività formativa, ha l’obiettivo di accompagnare dapprima il corsista nello studio delle dinamiche del gruppo classe, per poi affrontare l’analisi delle competenze possedute e quelle da acquisire a conclusione del percorso in relazione alle risorse didattiche offerte (sviluppo della metacompetenza imparare ad imparare);

- mentoring individuale, contestualmente all’attività formativa, finalizzato a sostenere la crescita formativa (valorizzazione degli apprendimenti) e personale (miglioramento competenze di cittadinanza) di ogni partecipante attraverso l’incremento delle capacita di autovalutazione, di autorientamento, nonché di autoefficacia percepita nella realizzazione di specifici compiti sia in ambito disciplinare che nel rapporto con il gruppo classe e con i docenti;

- monitoraggio delle competenze, contestualmente all’attività formativa, teso a di monitorare nell’arco del progetto il consolidamento delle competenze riconosciute ad inizio percorso e/o lo sviluppo di nuove maturate in seguito non solo durante le attività corsuali (contesto di apprendimento formale), ma anche nei contesti di apprendimento informali (vita privata), e non formali (ambiente di lavoro).

- orientamento finale di gruppo, che oltre a valutare l’andamento del percorso formativo, si pone l’obiettivo di mettere in evidenza la trasferibilità delle competenze in esito possedute dai partecipanti nei contesti personali e professionali.

Risultati raggiunti

Il progetto ha conseguito i seguenti risultati:

1) Formazione degli allievi49 allievi sono stati formati (84% degli iscritti)- 29 promossi in classe III- 10 ammessi in classe V- 4 ammessi all’esame di diploma di qualifica- 10 ammessi al diploma all’Esame di Stato

2) Risorse per la sostenibilità del progettoOltre 50 tra docenti e altro personale della scuola hanno sviluppato competenze

necessarie al proseguimento delle attività didattiche blended:- Competenze digitali- Competenze didattiche per la produzione e gestione dei contenuti disciplinari- Competenze comunicative - Competenze gestionali

Un kit didattico è stato messo a disposizione dei docenti e diffuso presso altri soggetti interessati:

• un manuale per il blended learning nell’istruzione degli adulti

• un “magazzino” di risorse didattiche per il percorso di istruzione secondaria di II grado (indirizzo economico)

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Apprendimento permanente, Lavoro, Scuola. Il senso di un’integrazione innovativa

Giovanna Del Gobbo, Direttivo Nazionale EdaForum

Per evidenziare la stretta relazione tra apprendimento permenente, lavoro e scuola sembra essere utile il titolo di un recentissimo Meeting OCSE tenutosi a Parigi il 23 e il 24 Maggio 2012: “Better Skills. Better Jobs. Better Lives”2. È con questa sorta di slogan che l’OCSE rilancia una strategia di sviluppo basata sulle Skills3 che trova nel Lifelong Learning e nel sistema integrato di educazione, istruzione e formazione uno degli strumenti fondamentali per favorire non solo lo sviluppo economico, ma anche il benessere e il miglioramento delle condizioni di vita.

L'apprendimento permanente diventa il quadro nel quale le competenze si affermano come strumento che deve essere costantemente affinato nel corso della vita e che richiede necessariamente un approccio strategico in grado di valutare l'impatto delle diverse situazioni formative: dall’educazione nella prima infanzia, fino alla scolarizzazione formale, per integrarsi e anche proseguire con l’apprendimento non formale e informale.

Nel documento viene considerata non solo la dimensione individuale, soggettiva dell’apprendimento, ma anche la sua dimensione collettiva. Affrontare il tema delle competenze nella loro prospettiva “collettiva” è del resto interessante per due aspetti fondamentali: il primo riguarda il loro essere elemento imprescindibile in una società che decreta il sapere come sua caratteristica essenziale, il secondo legato ad un’interpretazione delle competenze come qualcosa di socialmente distribuito e situato.

Tra queste due interpretazioni della dimensione collettiva delle competenze vi è una stretta correlazione

La moltiplicazione dei saperi in una prospettiva globale, e necessariamente interculturale, la crescita della conoscenza sotto il profilo scientifico, l’esponenziale sviluppo della componente tecnologica della nostra società sono solo alcuni dei fattori caratterizzanti la Società della Conoscenza che consentono di comprendere come sia impossibile lo schiacciamento del processo conoscitivo nei termini di un re-skilling, funzionale esclusivamente al miglioramento della performance produttiva.

Non si tratta solo di investire in conoscenza perché nella cosiddetta “economia dell’intangibile”, ciò appare un imperativo economico: non si tratta infatti di formare un uomo “all’altezza dei tempi”, in un contesto che pur in nome di una assolutamente imprescindibile “occupabilità”, interpreta la centralità del conoscere come modo per rispondere in forma adeguata e concreta agli adattamenti che le trasformazioni del mondo produttivo richiedono all’uomo contemporaneo. La lettura di queste trasformazione e l’interpretazione delle esigenze di adattamento dell’uomo rischiano di essere indirizzate ad un’idea riduttiva di sviluppo all’interno della quale la formazione e l’istruzione diventano funzionali al mondo della produzione. Se il sapere guida la produzione ed è volano di sviluppo economico, il possesso di alcune skills è sicuramente però fattore imprescindibile di benessere e di realizzazione: il documento OCSE sottolinea, ad esempio, come la mancanza di competenze di base non solo sia correlata ai rischi di disoccupazione, ma anche all’aumento di problemi di salute così come all’abbassamento dei livello di

2 OCSE, Better Skills. Better Jobs. Better Lives. The Oecd Skills Strategy, Executive Summary Meeting of the OECD Council at Ministerial Level, Paris, 23-24 May 2012.

3 Il termine skills non è immediatamente traducibile con “competenza”, tuttavia, sia perché non è questa la sede per un adeguato

approfondimento concettuale e terminologico, sia per l’utilizzo che di tale termine viene fatto nel documento OCSE, nel presente contributo si uso del termine “competenza”. Nel documento OCSE le fundation skills, ovvero le competenze di base, sono definite (p. 4) in termini di problem solving in ambienti ricchi di tecnologia (ovvero la capacità di utilizzare la tecnologia per risolvere i problemi e svolgere compiti complessi); di alfabetizzazione (ovvero la capacità di comprendere e utilizzare in modo finalizzato le informazioni da testi scritti in una varietà di contesti e per sviluppare ulteriormente la conoscenza); di capacità matematiche (la capacità di utilizzare, applicare, interpretare e comunicare informazioni e concetti matematici), e di lettura (in termini di ricchezza lessicale, capacità di decodifica di testi, scioltezza nella lettura). Evidente la correlazione con alcune delle Key competencies del quadro europeo.

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autostima e a difficoltà soio-relazionali4. L’incapacità di interpretare e ancor di più di intervenire e trasformare un mondo in continuo e accelerato cambiamento induce necessariamente un malessere e un disagio. Purtroppo sempre più diffuso: essere in balìa di eventi che non solo non si è in grado di capire, ma tanto meno di gestire è necessariamente fonte di esclusione e disadattamento. Non è un caso che nelle strategie europee occupabilità e inclusione siano sempre correlate.

Solo la rivalutazione di un apprendimento come processo globalmente inteso che caratterizza l’individuo in tutto l’arco della vita e nei diversi contesti, può contribuire a generare solide competenze di base su cui poggiare una relazione dinamica e costruttiva un una società in continua e rapida trasformazione..

Il collegamento tra apprendimento permanente, scuola e lavoro, non è quindi riduttivamente riconducibile ad una esigenza permanente di quel “re-skilling”, in termini di apprendimento di nuove tecniche, per un costante adeguamento alle trasformazioni legate all’innovazione tecnologica e ai più complessi e articolati processi economici. Si tratta piuttosto dell’impossibilità di prescindere da una formazione che consenta di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie alla ridefinizione e costruzione costante di nuove mappe per la vita. Si tratta di ridefinire una relazione nella quale la scuola sia in grado di fornire non solo le competenze professionali per l’inserimento nel mondo del lavoro, ma soprattutto quelle competenze di base che consentono all’adulto di continuare ad apprendere nei diversi contesti, compreso quello lavorativo, ma anche di saper tornare ad attingere a qui saperi formalizzati e codificati nei sistemi di istruzione quando questo diventa necessario. O di saper trasferire e valorizzare nel mondo del lavoro quelle competenze esito dell’apprendimento nei contesti informali di vita, che assumono così significati nuovi e inediti.

La centralità passa dalla performance o comunque dal prodotto che dalla conoscenza deve derivare, al processo che l’investire in conoscenza deve sostenere, in termini di educazione all’emancipazione, all’autonomia, alla consapevolezza riflessiva, alla partecipazione attiva. Sono del resto rilevanti il questo senso le sollecitazioni che già da molti anni sono presenti nei documenti internazionali. Tra questi sicuramente il Libro Bianco Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva di Édith Cresson del 1995 nel quale viene in più punti sottolineato come la missione fondamentale dell’istruzione sia aiutare l’individuo a sviluppare tutto il suo potenziale e diventare un essere completo e non uno strumento per l’economia, per cui considerare l’istruzione e la formazione in relazione alla dimensione dell’occupabilità non significa ridurre gli interventi ad un’offerta di qualificazioni professionali, ma deve tradursi nella promozione e sostegno dello sviluppo personale. Già a partire dalla scuola che deve saper porre in primo piano le mappe cognitive attraverso le quali ogni individuo dovrà interpretare e utilizzare i contenuti, le competenze e i saperi particolari che lo accompagneranno nel corso della sua esistenza civile e professionale e questo sarà possibile solo se il know how principale sviluppato dalle istituzioni scolastiche sarà quello di una guida per apprendere ad apprendere, per disciplinare e moltiplicare le occasioni di apprendimento nel corso di tutta la vita. La definizione di Società della Conoscenza viene dunque a collegarsi al concetto di educazione per il corso della vita. Dove la preposizione “per” sembra voler richiamare una funzionalità, ma anche la forza e l’urgenza di un luogo, l’educazione appunto, che, come qualche anno fa sottolineava Bruno Schettini, possa diventare “luogo epistemologico, teoretico, ma anche politico, di ripensamento dell’azione educativa […] ricondotta dentro un progetto del sè”5, che non sia auto-centrato, ma in grado di costruirsi attraverso l’apertura all’altro, di proiettarsi verso l’esterno nella gestione consapevole di un farsi.

4 Ibidem 5 Schettini B., Un’educazione per il corso della vita , Napoli, Luciano Editore, 2005, p. 51

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La chiave di volta di un’educazione per il corso della vita è il soggetto, individuale ma anche collettivo: un soggetto ‘trasformatore’, da mettere in condizione di formarsi, non di “adattarsi” ai nuovi compiti che i cambiamenti economici, sociali e culturali richiedono. Uno slittamento concettuale che consente di passare dalla considerazione di un progetto educativo intenzionale comunque esterno, e spesso estraneo al soggetto in formazione, ad un processo necessariamente dinamico gestito dal soggetto.

Se è l’apprendere che comanda, si evidenzia facilmente quanto inevitabilmente, come sia fondamentale la sua continuità: l’apprendimento è continuo per la sua natura, sia nel tempo, sia perché possiamo parlare di apprendimento significativo quando non incontriamo soluzione di continuità tra gli apprendimenti informali, non formali e informali. Così anche nel concetto di educazione permanente, proprio il concetto di “permanente” non sta più ad indicare la condizione contingente e temporale dell’apprendere, ma la sua valenza ontologica, legata al significato del processo di apprendimento per l’esistenza stessa dell’uomo

Sta di fatto che queste riflessioni si stanno sviluppando proprio all’interno di un sistema sociale di conoscenza che, utilizzando le parole di Paolo Orefice è «quello che passa la maggior parte dei saperi ai cittadini attraverso l’educazione informale e che costituisce il senso comune» e che «ha legittimato questo tipo di modello di formazione centrato sull’istruzione come unico canale di accesso alla conoscenza elaborata, che si esprime come conoscenza razionale delle discipline separate: l’istruzione e la ricerca che l’alimenta a monte creano intellettualità che non riescono a dialogare tra materie di studio e professionalità diverse. È una conoscenza in cui la specializzazione disciplinare prende il sopravvento, non riesce ad entrare in relazione con altri saperi razionali e , soprattutto, lascia ancora una volta fuori dal campo dell’istruzione formale tutto il modo dell’educazione informale»6. La separazione tra saperi formalmente codificati nelle discipline e tra questi e saperi informali, la difficoltà di coniugare in termini di apprendimento i saperi della scuola, i saperi del lavoro e i saperi della vita, emerge anche in una interessante ricerca promossa dall’Associazione TreeLLLe che nel 2009 ha condotto un’indagine tra i giovani in età compresa tra i 19 e i 25 anni, in tre distinti contesti territoriali, situati uno al Sud, uno al Centro e uno al Sud, per comprendere la percezione del sistema scolastico da parte dei giovani adulti7. La ricerca prevedeva anche una specifica attenzione alla percezione dei giovani in merito ai rapporti che intercorrono fra mondo della scuola e mondo del lavoro. Al di là dei risultati complessivi che vedono i giovani “abbastanza” soddisfatti del proprio percorso scolastico, un dato su cui riflettere è che la maggioranza degli intervistati abbia dichiarato di aver ricevuto poco o nulla dalla scuola in termini di competenze utili per gestire problemi pratici e soltanto il 6-7% degli intervistati dichiara che l’istruzione ricevuta è stata adeguata per l’inserimento nel mondo del lavoro mentre la maggioranza dei rispondenti reputa la scuola “poco” o “per niente” all’altezza8. È significavo che in una precedente indagine di TreeLLLe del 2004, La scuola vista dai cittadini, secondo un campione di adulti italiani la preparazione dei giovani per il mondo del lavoro era il più importante obiettivo dell’istruzione, ma anche l’obiettivo per la cui realizzazione la scuola italiana veniva giudicata meno capace.

Ma rendere la scuola in grado di preparare ad un mondo del lavoro in continuo cambiamento non è certo semplice. Attualmente i modelli di produzione alimentano e si alimentano di conoscenze reticolari e richiedono intelligenze in grado di gestire e generare la complessità, agendo e controllando diverse variabili. Il lavoro innovativo sempre di più si basa su reti di conoscenze. Ma se la realtà lavorativa è complessa, e sempre meno lineare, occorre domandarsi se la scuola nella sua tradizionale impostazione è in grado di

6 Orefice P., Pedagogia Sociale,L’educazione tra saperi e società , Milano, Bruno Mondadori, 2011, p. 14 .7 Associazione TreeLLLe, La scuola vista dai giovani adulti. Indagine sulle opinioni dei 19-25enni nei confronti del sistema scolastico, Ricerca n. 2, 2009, anche nelle pagine web di TreeLLLe: http://www.treellle.org/files/lll/ricerca02.pdf. 8 Ivi, p. 75

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accompagnare la formazione di menti in grado di gestire la complessità e governare varabili profondamente intrecciate. Occorre domandarsi anche quanto la scuola sia in grado di sostenere lo sviluppo di quelle competenze di base su cui poi si continua a fondare l’apprendimento in età adulta. Solo una scuola in grado di porre le premesse per la formazione continua del professionista è realmente efficace: sviluppare menti in grado di gestire la complessità in termini sia di interpretazione, ma anche di trasformazione, equivale a sviluppare menti in grado di innovare. Ma affinché questo avvenga è la scuola stessa che deve trovare soluzioni formative inedite e innovative.

La dimensione dell’innovazione è del resto ormai non più legata solo alle trasformazioni tecnologiche, ma è definibile in termini ma innovazione dei saperi, di costruzione, o meglio co-costruzione, di conoscenze e competenze per risolvere i problemi. Da alcuni anni l’innovazione è sempre più concepita come un modo di pensare e di trovare soluzioni creative9. L’innovazione dipende del reato dall’evoluzione coerente e parallela dei processi nel sistema economico, in quello politico amministrativo, nella formazione e nella ricerca. L’innovazione nella formazione implica lo sviluppo delle competenze di gestione della formazione, di gestione della conoscenza, postula un Knowledge work professionale che consenta di creare sempre nuovi e inediti collegamenti tra le proprie conoscenze (formali,non formali e informali) e le conoscenze situate e distribuite nei contesti di lavoro e di vita.

Il problema dell’innovazione nella scuola è dunque collegato alla capacità di sviluppare soggetti in grado di innovare, ma innovazione è nel contempo continuità e trasformazione. E la scuola, pur cjiamata a valorizzare la sua fondamentale esperienza di istituzione deputata all’istruzione delle nuove generazioni, non può più trovare solo al proprio interno le risposte a questo problema. Per sviluppare menti reticolari, la scuola stessa deve diventare reticolare, deve saper dialogare in modo costruttivo con ciò che è fuori: le amministrazioni locali, l’impresa, il settore commerciale. Solo una scuola aperta e dialogante con l’esterno può essere in grado di trovare le risposte alle nuove sfide che la formazione del knowledge worker pone.

Del resto, la scuola non può da sola riuscire ad innovare senza negare il concetto di innovazione stesso. Lo stesso documento dell’OCSE prima citato sulla Skills Stategy sottolinea del resto l’esigenza di saper riconoscere, valorizzare e utilizzare le competenze laddove già esistono: molte delle competenze che servono alla scuola sono espresse dal mondo dell’impresa, così come il mondo dell’impresa spesso innova utilizzando, volontariamente o involontariamente, le esternalità prodotte da Centri di ricerca, Università, imprese leader, inventori, progettisti e ricercatori individuali: del resto chiunque produce una conoscenza nuova che viene messa nel circuito sociale, si espone necessariamente a tutta una serie di trasferimenti a vantaggio di altri attraverso cessioni gratuite, imitazioni, apprendimenti che utilizzano a proprio vantaggio l’esperienza dell’innovatore10.

Il concetto d’innovazione si sta anche progressivamente distaccando da una concezione riduttiva che vedeva l'innovazione come il risultato dell'impegno e delle doti individuali e limitava l'azione politica al supporto finanziario di azioni di trasferimento dai centri di ricerca alle imprese o nella formazione. Ricerca, impresa, formazione sono chiamate invece a lavorare insieme per innovare.

Si comprende una nuova importanza della dimensione territoriale, della centralità del locale per l’attivazione di reti reali di collaborazione e reciproco apprendimento. Così come si rafforza l’importanza del concetto di sussidiarietà sia orizzontale sia verticale: nel rispetto di ruoli e funzioni, nella dimensione del riconoscimento delle specificità e

9 European Commission, Innovation Management and the knowledge Driver Economy , Brussels-Luxembourg, Directorat general for Enterprise, ECSC-EC-EAEC, 2004. p.3010 Rullani E. (2004) Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle Reti. Carocci,Roma. Pg 43-47

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competenze di ciascun attore a tutti i livelli fino alla dimensione internazionale o la dimensione dell’intersettorialità e dell’integrazione e non giustapposizione di servizi, di sistemi, delle misure di finanziamento.

Si è precisato all’inizio di questa riflessione come la competenza sia considerata sempre di più non come isolato bagaglio individuale, ma come qualcosa di socialmente distribuito e situato. Sicuramente è diverso pensare che la scuola debba sostenere lo sviluppo di determinate competenze, dal pensare che la scuola debba sviluppare determinate competenze come sistema complessivo, che necessariamente comprende anche gli studenti. Se sul piano delle competenze disciplinari alla scuola è tradizionalmente riconosciuta la piena titolarità in virtù dell’expertise maturata anche rispetto ad un curricolo per competenze nelle diverse aree di insegnamento, differente appare la situazione relativamente alle competenze trasversali: ancora troppo spesso dichiarate e programmate, spesso valutate, ma difficilmente perseguite in forma intenzionale con apposite e mirate attività, e adeguatamente monitorate.

Per la scuola, parlare di competenze non deve significare riduttivamente l’individuazione di uno strumento per impaginare i contenuti o una modalità organizzativa del curricolo: l’attenzione alle competenze trasversali inserisce la scuola, ogni scuola, in un quadro globale di dialogo con le altre agenzie formative, ma anche con i contesti informali stessi all’interno dei quali gli studenti sviluppano comunque le loro competenze. Ed anche, ovviamente con quei contesti nei quali queste competenze sono utilizzate e o dovranno essere utilizzate: mondo del lavoro, ma anche associazionismo, ad esempio. La competenza è qualcosa che si costruisce nella relazione sociale: non solo è distribuita tra più persone, ma anche negli artefatti e negli strumenti con cui specifiche comunità sociali e culturali realizzano le loro pratiche. È piuttosto una proprietà emergente dalle interazioni sociali che caratterizzano uno specifico contesto: per questo diventano rilevanti pratiche integrate di progettazione organizzativa, formativa e tecnologica di comunità, nelle quali far emergere, crescere e circolare tali competenze. Nel far questo è lo stesso sistema che innova, cresce, sviluppa nuove competenze. È il sistema che nasce dalla rete tra scuola, impresa, amministrazione locale, mondo dell’associazionismo, che apprende da questa interazione e diventa in grado di produrre soluzioni efficaci e rispondenti sulla base di punti di vista ed expertise differenti che si integrano e si completano. È la reticolarità dei saperi del sistema che può contribuire alla creazione delle menti reticolari e complesse di cui sia ha sempre più bisogno.

L’approccio per competenze non solo richiede al sistema scuola di attrezzarsi e di innovare le proprie pratiche didattiche, ma richiede di essere affrontato in maniera complessiva. Per saper accompagnare la costruzione di competenze fondamentali, la escuola deve possedere queste competenze: non è aspetto di poco conto, poiché rimanda non solo all’organizzazione curricolare, ma anche alle competenze degli insegnanti, alla programmazione di attività didattiche intenzionalmente finalizzate a tale scopo, alla predisposizione di dispositivi di gestione dei processi e di valutazione. La presenza di un contesto coerente costituisce sicuramente anche la garanzia delle ricadute a lungo termine: rappresenta di fatto un potenziale e costante rinforzo strategico ad attività che devono comunque essere intenzionalmente programmate, realizzate, gestite in funzione dell’apprendimento e che, pertanto, attengono specificamente all’insegnamento.

È in questa ottica che esperienze come quella di Polis, o della Fondazione MITA o dell’Istituto Sant’Anna di Pisa acquistano un particolare significato: per i modelli operativi che consentono di costruire, sperimentare e trasferire per innovare la scuola e non solo.

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Cap. 4 : Prospettive di sistema

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Tavola rotonda “Prospettive di sistema”

sintesi a cura di Silvana Marchioro, EdaForum

Intervenendo in apertura la coordinatrice Silvana Marchioro chiede ai relatori di esprimere, secondo il proprio punto di vista, riflessioni e indicazioni sulle prospettive di sviluppo del sistema EdA nel nostro Paese, anche tenendo conto dei contenuti emersi nel corso del convegno riguardo ai seguenti nodi centrali:

Il tema dell’integrazione tra soggetti del territorio e istituzioni, come elemento strutturale dei percorsi EdA:

➢ positività e difficoltà emerse dalle esperienze significative realizzate,

➢ le organizzazioni spontanee tra soggetti,

➢ interazione/integrazione tra soggetti ed enti dovute a esperienze storiche o in risposta a bandi

la centralità del territorio nelle esperienze

gli interventi a favore di interi gruppi sociali

la possibile trasferibilità delle buone prassi

il tema delle risorse

il problema della emersione e della promozione della domanda di formazione

le misure per il mantenimento dell’occupabilità e dei diritti di cittadinanza attraverso la formazione

il passaggio da EdA a Ida: quali le direzioni della normativa

il rapporto tra apprendimento formale, non formale e informale: la valorizzazione e certificazione dei crediti

FAD ed e-learning: vicinanza della formazione e raggiungimento delle aree svantaggiate

le innovazioni nella didattica e la formazione dei docenti.

Interventi:Lucia Benozzi, Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana

Nel corso di questa giornata, così ricca di spunti e variegata nelle esperienze e nelle provenienze, abbiamo visto che parlare di Istruzione degli adulti comporta un'attenzione rivolta a molti aspetti, non ultimo quello della presenza sempre più consistente di adulti stranieri in formazione nelle nostre scuole: guardando ai dati più recenti relativi alla Toscana, si osserva che nell'anno in corso gli studenti stranieri rappresentano il 62% degli iscritti ai CTP ed il 32% di quelli ai Corsi Serali – questo a livello di media: ci sono ovviamente differenze fra le province, che potrebbero essere analizzate. Gli alti numeri nei CTP sono correlati anche ai corsi di Italiano L2 finalizzati al superamento del test di livello A2 per l'ottenimento del permesso di soggiorno11; l'Accordo Quadro dell’11 novembre 2010 fra il nostro Ministero dell’Istruzione e quello degli Interni sarà rinnovato12, riconfermando il

11 Legge n. 94/2009 e successivo Decreto del Ministero dell’Interno 4 giugno 2010.12 A seguito del DPR 179/ 2011, che ha introdotto il cosiddetto permesso di soggiorno a punti, divenuto effettivo dal 10

marzo scorso.

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ruolo chiave dei CTP, presso i quali si potranno effettuare i test di lingua italiana e di cultura civica – che in qualche provincia sono già stati organizzati e stanno per cominciare.

D'altra parte, l'Italia è attualmente uno dei paesi europei a più alto tasso di immigrazione ed i demografi concordano che, mantenendo presumibilmente una popolazione complessiva di una sessantina di milioni di abitanti, le percentuali di stranieri continueranno a crescere fino a stabilizzarsi gradualmente verso la metà del secolo - in modo disuguale territorialmente – ad un livello circa doppio dell'attuale, a causa di diversi fattori caratterizzanti la nostra società: l'invecchiamento della popolazione, il bassissimo tasso di natalità, il fabbisogno di manodopera nei servizi, nelle costruzioni, nell'assistenza alle persone.

La scuola italiana si sta gradualmente attrezzando ad un pluralismo culturale che è ormai strutturale e l’Istruzione degli adulti non potrà che tenerne conto a sua volta, in tutti i sensi: per esempio nell'organizzazione e predisposizione di servizi a supporto di studenti che rientrano in fasce 'deboli', nella formazione dei docenti e del personale della scuola, che siano adeguati a questa nuova popolazione di studenti, sempre più consistente, anche nella tutela della loro cultura e lingua di origine... Bisognerà trovare dei modi anche per questo, mentre si insegna loro la nostra lingua, la nostra storia, la nostra cultura civica 13.

La situazione attuale è resa in Italia anche più complessa dal fatto di trovarci in un momento di passaggio, sia in attesa della completa attuazione del titolo V della Costituzione, sia in vista dell'emanazione – da parte del Ministero dell'Istruzione – di un Regolamento sull'Istruzione degli adulti, che si attende a breve e dal quale ci si aspetta una parola che si spera conclusiva sui cosiddetti C.P.I.A. E si sta vivendo un senso di novità e di attesa anche per altri riguardi, nella scuola italiana: per esempio, oltre a concludersi il processo di riforma del sistema universitario che era stato avviato con la legge 240/2010, a settembre entreranno in servizio numerosi nuovi dirigenti scolastici: ci sarà un grande turn over; inoltre, potrebbero essere pronti i modelli nazionali per le certificazioni dei livelli di competenze fino ai 16 anni, diventati imprescindibili a seguito dell'innalzamento dell'obbligo di istruzione, completando quindi la riforma del Primo ciclo di Istruzione; contemporaneamente avrà luogo la generalizzazione degli istituti comprensivi...

In questo clima di cambiamenti attesi, il nostro Ministero si richiama sempre più strettamente alle strategie ed alle raccomandazioni europee. Il 10 aprile scorso il Ministro Profumo ha diramato un Atto di indirizzo per l'anno 2012 - attualizzando quello dell'8 novembre scorso - che esordisce mettendo al centro del proprio impegno le strategie fissate dall'Unione Europea per il 2020: istruzione, formazione, ricerca ed innovazione tecnologica. Al secondo punto, in linea con gli studi internazionali, viene sottolineata la necessità di una sinergia fra scuole e risorse del territorio:

La sfida principale è costituita dalla capacità di procedere secondo una visione integrata delle policies e della pluralità degli ambiti di intervento e di coinvolgere, nel contempo, i differenti livelli di governo sul territorio nel rispetto del principio di sussidiarietà. Per la costruzione di un modello efficiente, il Ministero ha bisogno di promuovere e stabilire nuove alleanze fra scuole, università, strutture formative, sedi della ricerca e dell'innovazione tecnologica, enti territoriali, imprese, parti sociali, in un percorso di miglioramento e di innovazione di sistema.

Le forti differenze fra le aree del nostro Paese, infatti, hanno ricadute dirette sulla qualità dell'offerta formativa della scuola; in particolare, conta che sia stretto il rapporto della scuola con il proprio Ente locale.

13 Si veda la Convenzione UNESCO 2005 sulla diversità culturale, ratificata dall’Unione Europea nel 2006 e confermata concettualmente in E.T. 2020.

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Il Ministro si richiama in maniera forte ai più recenti documenti ed alle indicazioni della Commissione europea e del Consiglio dell'Unione, sottolineando la necessità che l'Italia si metta al più presto in grado di attrarre risorse, di partecipare alle ricerche più avanzate entrando nel "mercato unico della conoscenza", di accedere ai finanziamenti europei nel settore (finalizzando in questo senso gli obiettivi nazionali), di assicurare ai propri cittadini mobilità e competenze innovative e di respiro internazionale.

Due aspetti più di altri mi pare interessino il discorso che oggi stiamo facendo sull'Istruzione degli adulti: l’innovazione tecnologica messa al primo posto, in linea con i contenuti della Digital Agenda for Europe, citata in relazione ad ET 2020. Con il Piano Nazionale Scuola Digitale, infatti, ci si propone di rendere l'offerta formativa scolastica coerente con l'evoluzione in senso digitale di tutti gli altri settori della società, coinvolgendo gradualmente e costantemente le scuole e tutti gli attori del sistema. L’altro aspetto è il principio dell'apprendimento permanente per tutto l’arco della vita:

Nel quadro delle indicazioni europee in materia di educazione degli adulti, l'obiettivo è quello di far acquisire le competenze di base e di cittadinanza proprie del percorso dell'istruzione dell'obbligo ad un più ampio numero possibile di studenti, con particolare attenzione alle peculiarità proprie dell'istruzione per gli adulti stranieri.

La prima linea d'intervento da adottare ai fini citati è individuata nel "rilancio dell'autonomia delle scuole", coniugato con il completamento del sistema nazionale di valutazione: altra dimensione, quella valutativa, fortemente richiesta dall’Europa ed in relazione alla quale si intende adeguarsi. La scuola è vista quindi come motore di sviluppo del territorio, in un rapporto stretto con Enti locali, Regioni, università, enti di ricerca, associazioni professionali e disciplinari.

Le coordinate progettuali rispondono evidentemente a quelle dell’Unione Europea, che si proponeva di diventare entro il 2020 l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo e che, in piena crisi economica, si è data, con Education and training 2020, un piano strategico a due priorità: una a breve termine, uscire con successo dalla crisi, ed una a lungo termine, da affrontare anch'essa subito, poiché la crisi è un campanello d'allarme affinché si prendano misure adeguate per il futuro: in nessun modo, infatti, sarà possibile il ritorno ad una precedente normalità. Gli esiti degli investimenti sull'istruzione hanno un passo lungo, si vedono a lungo periodo, ma impegnare risorse è necessario perché i benefici diventino strutturali.

L'apprendimento permanente è quindi una priorità: anzi, è la chiave dell'occupazione e del successo economico e consente alle persone di partecipare pienamente alla società, così come sono rilevanti per tutti i livelli di istruzione la promozione del multilinguismo, l'innovazione, e l'adozione delle TIC. Inoltre, la potenziale mobilità del lavoratore è un connotato qualificante ai fini dell'occupabilità, nel presente mercato globale, in radicale trasformazione: il numero di posti di lavoro altamente qualificati è in crescita, mentre il numero di lavori poco qualificati è in diminuzione 14.

Un primo parziale bilancio è stato fatto nel novembre scorso, quando il Consiglio dell'Unione europea ha espresso una risoluzione che definisce le azioni da svolgere nell'Istruzione degli adulti nel biennio 2012-2014. Viene sottolineato come la crisi abbia evidenziato il notevole ruolo che l'apprendimento degli adulti può svolgere nel realizzare gli obiettivi di E.T. 2020 consentendo, in particolare ai lavoratori scarsamente qualificati ed ai lavoratori più anziani, di migliorare la capacità di adattarsi ai cambiamenti nel mercato del lavoro e nella società. Inoltre, in quanto costituisce un mezzo per l'aggiornamento e la

14 Si stima che entro il 2020 quasi il 35% di tutti i posti di lavoro richiederà competenze elevate, capacità di innovazione e la capacità di adattarsi.

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riqualificazione di persone che si trovano a fronteggiare disoccupazione, ristrutturazioni o transizioni nella carriera, contribuisce in modo rilevante all'inclusione sociale, alla cittadinanza attiva ed allo sviluppo personale.

Il Consiglio constata tuttavia che l'apprendimento degli adulti costituisce ancora l'anello debole dei sistemi nazionali di apprendimento permanente e ritiene una sfida molto ardua conseguire l’obiettivo del 15% di adulti in formazione entro il 2020. Individua gli ostacoli più evidenti e prende atto dei settori nei quali molto rimane da fare, invitando infine gli Stati membri, per il biennio 2012-2014, a concentrare gli sforzi su di essi. Mi sembra utile, in conclusione, scorrere le principali azioni proposte: dare maggiore visibilità all’Istruzione degli adulti; stimolare la domanda e sviluppare sistemi efficaci di orientamento permanente accessibili anche ai gruppi svantaggiati (rom, rifugiati, ospedalizzati, carcerati); definire sistemi integrati per la convalida dell'apprendimento non formale ed informale; puntare a far conseguire qualifiche a tutti i livelli del quadro europeo (EQF); assicurare didattiche flessibili, anche sfruttando le TIC e l'apprendimento a distanza per raggiungere nuovi gruppi target; sfruttare i fondi disponibili a livello europeo15; usare il programma OCSE per la valutazione internazionale delle competenze degli adulti; migliorare la qualità del personale che si occupa dell'Istruzione per gli adulti; intensificare la cooperazione ed il partnerariato tra tutti i soggetti del territorio; sensibilizzare i datori di lavoro al fatto che l'apprendimento degli adulti promuove la produttività e la competitività; assicurare che l'offerta dell'istruzione rispecchi meglio le esigenze del mercato del lavoro; far acquisire anche competenze trasversali come imparare ad imparare, spirito di iniziativa e di imprenditorialità; designare un coordinatore nazionale al fine di agevolare la cooperazione con gli altri stati membri…

Non c’è dubbio che abbiamo davanti a noi un quadro complesso e stimolante ed anche – sono convinta - le possibilità di affrontarlo con esito positivo: il momento che viviamo, pur di crisi economica, non ha precedenti nella nostra storia per varietà ed accessibilità di risorse intellettuali ed idee innovative. Credo che su questo e sulla condivisione e lo scambio di strategie con altre regioni e paesi possiamo contare per individuare le modalità migliori per insegnare agli adulti – italiani e stranieri – del nostro tempo.

15 Nel 2014 partirà anche un nuovo programma europeo: Erasmus for all.

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Dionisio Bonomo, Segreteria CISL Scuola

Grazie per l’opportunità di partecipare a questa importante iniziativa, che registra peraltro una singolare e si spera significativa coincidenza con due eventi di indubbia importanza:

1) l’avvio della discussione sul ddl di riforma del mercato del lavoro, che almeno nelle intenzioni si muove nella prospettiva di favorire la crescita, ne quale quattro articoli sono dedicati all’apprendimento permanente;

2) la conclusione del percorso istruttorio dello schema di regolamento dei CPIA che, a breve, potrebbe essere approvato in via definitiva da parte del Consiglio dei Ministri.

Ma questo appuntamento annuale del Festival dei Saperi vede anche un rinnovato impegno unitario sull’educazione degli adulti: proprio ieri pomeriggio CGIL, CISL e UIL, sia a livello confederale che di categoria, hanno stilato insieme una richiesta di incontro al Ministro Profumo, esprimendo l’auspicio che il ddl sulla riforma del mercato del lavoro venga approvato con le norme sull’apprendimento permanente e chiedendo, prima della sua approvazione definitiva, un confronto di merito su tutte le problematiche inerenti il settore EDA.

Sulle due questioni prima richiamate vi propongo alcune sintetiche considerazioni.

Ddl su apprendimento permanente Sul Capo VII del ddl la Cisl Scuola esprime una valutazione senz’altro positiva. Si tratta

di norme che abbiamo fortemente voluto come sindacato, le consideriamo dunque una nostra conquista. Un risultato lungamente atteso, che salutiamo con vera soddisfazione.

Dopo anni segnati anche dal nostro impegno determinato, il diritto all’apprendimento permanente di ogni persona è sancito come principio in un ddl, che ci auguriamo diventi al più presto legge dello Stato.

Anche all’EdaForum dello scorso anno avevo sottolineato come il primo obiettivo da conseguire fosse riconoscere e garantire il diritto di ogni persona all’apprendimento permanente. Ora il principio è chiaramente affermato nel disegno di legge, ma occorre tenere alta la nostra pressione perché fatta la norma si trovino le risorse necessarie per renderla davvero esigibile. Manca infatti nel ddl l’individuazione degli strumenti e delle risorse funzionali alla rimozione degli ostacoli che rendono difficile o addirittura impediscono nei fatti la partecipazione alle attività formative (congedi, permessi, incentivi alle imprese che investono in capitale umano).

Il ddl assume le definizioni di apprendimento permanente, di apprendimento formale, non formale e informale nella loro accezione europea, ricomponendo in un quadro unitario l’insieme dei modi, dei contesti e degli strumenti (riconoscimento dei crediti, certificazione, orientamento) che riconoscono e valorizzano le conoscenze e le competenze comunque acquisite.

Tra gli attori chiamati alla realizzazione e allo sviluppo di questa offerta vengono indicati i CPIA; lo schema di regolamento in cantiere costituisce un altro riferimento normativo di importanza fondamentale per il settore. La valorizzazione del CPIA quale soggetto chiamato a realizzare un’offerta formativa in grado di concorrere all’innalzamento delle conoscenze e delle competenze della popolazione adulta impone un riflessione immediata sulle sue implicazioni organizzative e funzionali. Ecco perché lo schema di regolamento, prima della sua approvazione definitiva, deve essere oggetto di un serio confronto di merito per definire tutte le questioni aperte e per creare un clima di serenità fra le lavoratrici e i lavoratori dei CTP, ai quali si chiede sempre di più mentra si dà sempre di meno. In questo senso va anche la nota unitaria che sarà inviata oggi al Ministro Profumo.

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In linea con il tema del Vostro seminario, l’art 67 parla di sistemi integrati territoriali. Noi ne condividiamo i tratti distintivi (flessibilità organizzativa e di funzionamento, prossimità ai destinatari, capacità di riconoscere e certificare le competenze acquisite dalle persone), convinti che per una loro puntuale e coerente messa in atto risulterà decisiva l’azione congiunta e coordinata delle istituzioni e delle parti sociali.

Vediamo invece un grosso limite nei relativi piani di intervento di durata triennale, dal momento che la loro realizzazione è strettamente legata ad una indeterminata disponibilità di risorse pubbliche e private. Si apre, tuttavia, una grande opportunità, perchè attraverso la valorizzazione del ruolo e del contributo delle parti sociali (penso alla bilateralità e ai fondi interprofessionali) si può iniziare un percorso in cui si possono sviluppare significative opportunità di accesso alla formazione per i lavoratori.

La Cisl e la Cisl Scuola ritengono che sia urgente effettuare una puntuale ricognizione delle risorse disponibili, a legislazione vigente, coinvolgendo tutti gli attori in campo (Ministeri, Regioni, EELL e Parti sociali) per sostenere un primo piano triennale che potrebbe riguardare i percorsi di apprendistato e quelli per la formazione continua dei lavoratori.

In tutto questo un ruolo fondamentale lo potrà assumere la contrattazione, aggiornando la disciplina dei congedi e dei permessi per la formazione, rafforzando le misure a sostegno dell’apprendimento da parte dei lavoratori, promuovendo linee di azione per l’invecchiamento attivo. Appare superfluo dire che propedeutica a questo dev’essere la disponibilità del Governo alla messa in campo di un piano di incentivi e di defiscalizzazioni.

Parlavo prima di azione collaborativa, che non ho difficoltà a chiamare concertazione istituzionale e sociale, anche rispetto alla delega al Governo per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali e per la certificazione delle competenze.

Purtroppo ritorna, ossessivo e martellante, il riferimento ad operare .senza maggiori oneri per la finanza pubblica. Non ci stancheremo mai di ripetere: non si fanno riforme serie senza sostenerle con adeguata disponibilità di risorse.

Occorre allora predisporre un piano pluriennale di investimenti se si intendono realizzare pienamente gli obiettivi della rimozione degli ostacoli all’accesso e al successo formativo, se si vogliono promuovere la formazione culturale e professionale, il benessere delle persone, lo sviluppo della cittadinanza attiva, la coesione e l’occupabilità.

Il Regolamento sui CPIALo schema di regolamento ha completato il suo iter istituzionale e, dopo una lunga ed

intensa fase di interlocuzione con il MEF, sembrerebbe pronto per la sua approvazione definitiva.

Confermato che i CPIA saranno riferimento per l’obbligo d’istruzione, bisogna ora affrontare la partita delle linee guida per il loro funzionamento.

Proveremo, nei prossimi giorni, ad elaborare una posizione comune partendo dal documento unitario sottoscritto subito dopo la presentazione della prima versione dello schema di regolamento, rivedendolo alla luce delle nuove norme sull’apprendimento permanente e mettendo in evidenza tutte le specifiche questioni che riguardano da un lato l’efficacia e l’efficienza del servizio offerto e dall’altro la tutela della professionalità di tutti gli operatori (Dirigenti, docenti e ATA) impegnati nel settore.

Il primo problema da affrontare è la distribuzione dei nuovi CPIA nel territorio nazionale e locale. Bisogna prestare molta attenzione ai parametri numerici ed ai criteri di qualità che ispireranno le decisioni. Dei 500 CTP previsti in linea prettamente teorica, si può ipotizzare ragionevolmente di avviarne circa un quarto (125).

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Dei 75 CPIA per i quali l’istituzione è formalizzata dall’assegnazione del codice meccanografico, abbiamo appreso nell’incontro al MIUR del 4 novembre scorso - dai dati desunti dagli organici dei DS – che soltanto 55 sono stati confermati già nell’a.s, 2009/10, mentre sono 19 quelli da recuperare nella bozza di regolamento in corso di approvazione per l’as 2010/11.

Se dunque sono 74 i CPIA già istituiti, ne servirebbero altri 50 circa; non mi sembra possa essere un’impresa impossibile. Si tratta di individuare criteri equilibrati e rispondenti alle specifiche esigenze di funzionalità delle esperienze già esistenti.

La seconda questione attiene l’identità dei CPIA; quale sarà la loro offerta formativa? Assicureranno solo il conseguimento di titoli di studio ? Garantiranno i corsi di lingua italiana per gli stranieri anche al di fuori dei percorsi per il conseguimento del titolo di studio come preannunciato dall’Amministrazione nell’incontro prima citato? Come si affronta la delicata questione della certificazione della conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno attraverso i test?

E inoltre: vogliamo cominciare a mettere in chiaro ciò che lo Stato è tenuto a dare e quello che, invece, devono garantire Regioni ed EELL, e soprattutto: è pronto, ciascun soggetto, ad assumersi la responsabilità che gli compete? Proviamo a descrivere in modo chiaro che cosa si intende per alfabetizzazione funzionale, prima di avanzare richieste generiche?

Se da un lato è stato riconosciuto, da più parti, il ruolo fondamentale dei Centri Territoriali Permanenti nel rapporto con i cittadini migranti e con la loro formazione, dall’altro gli stessi CTP sono stati coinvolti in attività e investiti di compiti istituzionali che non solo hanno significativamente aumentato il carico di lavoro, ma hanno anche accresciuto il livello di complessità dei loro interventi. I meccanismi di attestazione/certificazione previsti dalla normativa rendono centrale il ruolo del Centro Territoriale, che si trova però in situazioni di forte sottodimensionamento dell’organico docente, in particolare per la ridotta presenza di docenti alfbetizzatori.

Si rende allora indispensabile, come peraltro auspicato nella CM 25 del 29 marzo scorso relativa alla costituzione degli organici, realizzare un incremento dell’organico docente dei CTP che potenzi la presenza di docenti alfabetizzatori, proprio per poter rispondere alle tante richieste dei cittadini e delle istituzioni che vedono nei CTP un elemento fondamentale nell’Educazione degli Adulti e per l’integrazione dei migranti. Serve una risposta mirata ai bisogni rilevati soprattutto nelle aree del settentrione e non riferiti a vaghi parametri numerici.

La questione può essere affrontata anche rivedendo il protocollo d’intesa con il Ministero degli Interni .

Ridurre, ad esempio, a 30 il numero massimo per sessione d’esame comporterebbe tempi più distesi nell’organizzazione e soprattutto nella revisione dei test (rispetto al budget di 15 ore assegnato) e, nel contempo, assicurerebbe maggiore frequenza nella periodicità di svolgimento delle prove.

Le risorseServono dunque per i CPIA adeguate risorse di organico, ampia flessibilità organizzativa

e formativa, misure di accompagnamento, formazione in servizio. Poiché assegnazione e mobilità del personale sono materie prettamente contrattuali,

sarà in tale ambito che andrà assicurato il riconoscimento delle esperienze pregresse.Personalizzazione dei percorsi formativi individuali, riconoscimento delle conoscenze e

delle competenze comunque acquisite, in un quadro di standard di riferimento che evitino difformità nella valutazione degli apprendimenti, possibilità di fruire una parte del percorso

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in FAD, accoglienza, orientamento: sono materie che dovranno essere oggetto di specifici provvedimenti ministeriali sui quali riteniamo indispensabile un confronto di merito con le OOSS.

I serali Per i percorsi ordinamentali del biennio dei serali ed in particolare dei progetti SIRIO

(istituti tecnici) e ALIFORTI (istituti professionali) va applicato il quadro orario ordinamentale precedente al riordino della secondaria, come è stato garantito con l’assegnazione dell’organico o, come sostiene la nota MIUR del 31 agosto 2010, si deve adottare il nuovo modello a 32 ore ? Come Cisl Scuola abbiamo posto la questione con una nota, già nel novembre scorso; siamo tuttora in attesa di una risposta del MIUR, nel frattempo si continua ad assegnare l’organico secondo i vecchi parametri.

Su questo ed altro continueremo a incalzare il Governo e le forze politiche che lo sostengono; come dice Francesco Scrima, segretario generale della mia organizzazione, solo dando alla scuola la possibilità di crescere in qualità per tutti possiamo sviluppare il capitale più importante che serve per lo sviluppo: il capitale umano. E’ a partire di questo capitale che si sono sviluppate i momenti e i caratteri di eccellenza della nostra storia; non essendo ricchi di materie prime, dobbiamo puntare all’eccellenza nel coltivare la materia grigia.

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Maria Luisa Calise, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania

✔ Vorrei esprimere tutto il mio apprezzamento per l’organizzazione di questo convegno e l’augurio che iniziative simili, che danno spazio e possibilità di confronto a pratiche innovative nel campo dell’EdA, possano essere più numerose. Le buone pratiche illustrate durante la giornata rappresentano il punto di arrivo di processi consolidatisi nel tempo e potrebbero tradursi in un’interessante base di partenza per rimodellare il sistema EdA.

✔ Nel sistema educativo, e a maggior motivo nel settore dell’EdA, molto spesso le riforme seguono una traiettoria bottom up legittimando, attraverso provvedimenti legislativi, quanto anticipato e sperimentato a livello locale con originali soluzioni organizzative. Se poi i provvedimenti legislativi già a disposizione sono di per sé “aperti” all’interpretazione, la traduzione sul campo di esperienze di educazione degli adulti rappresenta quasi sempre un’integrazione, con nuovi spunti concreti, di quegli stessi provvedimenti.

✔ È stato importante riprendere le fila del dibattito sull’EdA che da un po’ di tempo - dopo una fase iniziale di confronto ricco e stimolante sulla riforma avviata alla fine del 2007, riforma che tuttavia ancora non decolla - sembrava aver perso slancio. La precedente diffusione, inoltre, di “Le dieci proposte per il diritto all’apprendimento” ha indubbiamente contribuito a riaprire la riflessione e ad arricchirla di spunti operativi.

✔ Gli interventi degli operatori dell’EdA di questa giornata hanno messo in evidenza la necessità di partire dalla centralità del territorio e dalle risposte ai bisogni di formazione che dal basso si riescono ad elaborare, poiché l’EdA è un microcosmo che soltanto sul territorio assume le sue specificità e le sue vocazioni. D’altro canto le scuole, come sembra evidente dalle pratiche educative illustrate, rappresentano a loro volta il nodo di innumerevoli reti sul territorio quanto mai variegate e diversificate a seconda degli obiettivi perseguiti.

✔ La rete sembra essere, in assenza di altri strumenti regolativi, la migliore risposta all’emersione e alla promozione della domanda di formazione, poiché laddove le reti hanno saputo instaurare chiari rapporti di collaborazione interistituzionale, suddividere e attribuire compiti e azioni, portare la scuola dove sono gli adulti e non viceversa, garantire la massima flessibilità di orari e di tempi, i risultati raggiunti sono stati più che incoraggianti, come hanno dimostrato le esperienze di sostegno ai diritti di cittadinanza degli immigrati e dei detenuti o di supporto all’accesso degli adulti all’istruzione secondaria di II grado, anche in modalità blended.

✔ Quest’ultimo aspetto, legato al riconoscimento e alla valorizzazione dei crediti di adulti italiani e stranieri in rientro formativo, è stato affrontato dalla Commissione CO.VAL.CRE e dal progetto SPRINT illustrati in questo convegno. Tale interessante esperienza, in essere dal 2004, si giova di una rete provinciale tra tutti i CTP e i Corsi serali e della collaborazione di 2 enti di formazione professionale per l’applicazione di linee guida finalizzate alla validazione di crediti derivanti da precedenti esperienze di apprendimento formali, informali e non formali.Tuttavia, l’interazione tra gli attori dell’EdA sul territorio, che sembra funzionare con discreta scioltezza tra CTP e Corsi serali e/o tra CTP e terzo settore, non sembra invece facilmente realizzabile quando deve misurarsi con l’integrazione

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tra scuola, formazione professionale e lavoro, fatte salve alcune lodevoli eccezioni. L’Accordo in Conferenza Unificata del 2000, che in alcune (poche, in verità) realtà dell’Italia ha prodotto esperienze innovative sia sul piano della normativa regionale che della integrazione interistituzionale e delle pratiche educative, segna ormai il passo e avrebbe bisogno di rinnovato vigore.Si avverte, dunque, l’urgenza di una legge quadro che definisca gli ambiti di competenza dei vari sottosistemi dell’EdA afferenti all’apprendimento formale, non formale ed informale e che li metta in grado di comunicare, anche perché “la produzione legislativa regionale, essenziale per un principio di prossimità, deve avere le caratteristiche di una legislazione concorrente riguardo ad una legge quadro nazionale e deve assumere il principio della pari dignità degli apprendimenti in qualunque contesto acquisiti…” (cfr. proposta 8. “Dieci proposte per il diritto all’apprendimento permanente” ).

✔ Quanto al passaggio da EdA a IdA che la riorganizzazione dei CTP e dei Corsi serali in Centri di Istruzione per gli Adulti prefigura, l’impianto dei futuri organismi dovrà necessariamente confrontarsi con la definizione di una professionalità specifica dei futuri docenti, di un profilo dirigenziale improntato al lifelong learning e di figure di middle management per lo svolgimento dei diversi compiti e funzioni dei Centri.

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Anna Fedeli, segreteria FLC CGIL

La FLC CGIL riconosce al convegno il merito di inserirsi in una serie di iniziative tese a far uscire “La scuola per gli adulti” dalla nicchia in cui le politiche la rintanano, per divenire soggetto di investimento nella prospettiva dell’uscita dalla crisi anche attraverso adeguati percorsi di formazione.

Dalla proposta di iniziativa popolare sull’educazione permanente presentata in Parlamento, nel 2010, tra gli altri da CGIL e FLC CGIL ai convegni dal titolo “Saper per contare” promossi da alcuni soggetti sostenitori degli Stati generali della Conoscenza (tra cui FLC CGIL, CGIL, EDAFORUM…), i temi sull’Istruzione degli adulti stanno viaggiando, per raggiungere un’interlocuzione sempre più vasta.

Il luogo scelto per il convegno, l’antica fabbrica della Piaggio, ci ricorda che il lavoro è al centro del diritto di cittadinanza e in tempi in cui l’occupazione è il problema per il nostro Paese, ricordare ciò ci aiuta a dare sostanza ai temi che il convegno affronta.

La crisi e i tagli all’istruzione rappresentano una miscela esplosiva che determina espulsione dal mondo del lavoro, dalla scuola, dal diritto di cittadinanza, dall’accesso a percorsi di apprendimento permanente.

Oggi è necessario sostenere la qualità della vita rispetto a un progresso che muta le competenze in tempi strettissimi rispetto alla capacità dei singoli di riappropriarsene, quindi oggi più che mai l’istruzione non è una volta per sempre.

Ma nella situazione data ci troviamo ad affrontare punti di criticità che pensavamo di aver lasciato dietro l’angolo con i processi della scolarizzazione di massa: un esempio ne è la dispersione scolastica, che torna a colpire le fasce deboli della popolazione, soprattutto quando la crisi priva le famiglie del reddito da lavoro.

La disoccupazione, l’inoccupazione, la ricerca dell’occupazione rischiano di non avere risposte positive se non entra in campo un sistema d’istruzione che esca fuori dal modello della scuola del mattino e si proponga come luogo della conversione delle competenze e della presa di coscienza dei diritti di cittadinanza.

Quindi l’Istruzione degli adulti, nel quadro dell’Educazione Permanente acquista il ruolo ancor più significante di strategia di intervento nei processi di uscita dalla crisi, come concorrenza alla ricrescita economica e sociale del Paese:- rendere gli individui capaci rispetto a competenze multiple che rendono cittadini attivi,- facilitare il reintegro al lavoro,- facilitare l’ingresso al lavoro per chi non ha titoli adeguati o capacità motivazionali per

cercarlo,- rispondere a un desiderio di sperimentare altre forme di lavoro, attraverso livelli di

istruzione diversificati,- rientrare nel mondo della scuola, in percorsi dedicati,- riconoscersi in una società inclusiva.

I tagli alla scuola pubblica hanno avuto riflessi anche nel campo dell’Istruzione degli adulti. Corsi serali soppressi, mancato reintegro d’organico nei CTP sono 2 risvolti della stessa medaglia: il ritardo nell’avvio del Regolamento sui CPIA.

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Le risorse sono alla base dei questo ritardo, si potrebbe dire che l’Amministrazione voglia fare “le nozze con i fichi secchi”.

Le politiche securitarie del Governo Berlusconi assegnano ai CTP un ruolo fondamentale nell’espletamento dei test di lingua necessari ai nostri migranti per il permesso di soggiorno, ma senza i necessari investimenti nelle risorse sia materiali che umane che sole potrebbero rinvigorire la mission deputata dalla normativa a questo sistema di Istruzione.

In questo senso CGIL, la CISL, la UIL hanno chiesto insieme alla categoria un incontro al Ministro Profumo per affrontare i nodi irrisolti del sistema dell’Istruzione degli adulti e dell’Educazione permanente.

Per collocare il tema dell’Istruzione degli adulti in una cornice di riconoscimento sociale, “al tempo della crisi”, è necessario mettere a sistema le risorse che provengono dalle istituzioni deputate, evitare i doppioni di intervento, diversificare gli interventi per raggiungere anche i bisogni inespressi: un rinnovato patto sociale deve vedere in campo tutte le tipologie di concorrenti all’obiettivo, in un progetto di corresponsabilizzazione tra pubblico, privato sociale e associazionismo strategico alla formazione continua come habitus di uno Stato che riconosca prioritarie nella sua azione le pari opportunità di crescita civile.

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Gianna Nicoletti, ANCI Nazionale

Segnalo per punti le considerazioni fatte sul tema posto dagli organizzatori del convegno per la Tavola rotonda: le Prospettive di sistema.

Mentre tutti i documenti europei, nazionali, regionali parlano di integrazione dei sistemi sembra che il nostro sistema stia andando sempre di più verso una separazione dei sistemi. Un esempio concreto sono i percorsi triennali di Iefp: dopo 8 anni di lavoro integrato tra scuola e CFP, l’accordo di dicembre 2010 ripristina (giustamente) la qualifica triennale negli Istituti Professionali ma senza prevedere l’integrazione operativa con il sistema regionale. Così come il Regolamento sui CPIA, non ancora approvato ma che sta girando in queste ultime settimane, ha tolto dalle competenze dei futuri Centri Provinciali l’istruzione secondaria superiore, limitandone le attività al conseguimento dell’obbligo di istruzione.

Questo appare oggi veramente incomprensibile, tanto più alla luce dei dati forniti questa mattina dall’Ansas che dimostrano come dal 2006 al 2011 i CTP abbiano svolto ottimamente il loro ruolo nel rilascio di certificati del primo ciclo di istruzione ( 3° media) e nei corsi di istruzione linguistica e sociale, aumentandone notevolmente il numero, mentre i corsi serali sono diminuiti sensibilmente. Il problema dell’istruzione degli adulti resta quindi quello del conseguimento del diploma di istruzione superiore o, in alternativa, di una qualifica professionale.

Su quest’ultima questione il Regolamento, non potendo trattare la materia di competenza esclusiva delle Regioni, lascia agli eventuali accordi territoriali lo sviluppo di percorsi integrati che possano consentire di colmare almeno in parte il gap di istruzione superiore e fornire competenze professionali valide per l’inserimento lavorativo.

Sempre dai dati Ansas emerge con chiarezza come i CTP lavorino in rete, anche attraverso accordi con gli enti locali di riferimento, molto più degli istituti sedi di corsi serali. Un sistema veramente integrato non può prescindere dal lavoro di rete tra tutti i soggetti che si occupano di educazione degli adulti, in particolare i Comuni che sono l’istituzione di prossimità del cittadino. Le migliori esperienze di integrazione territoriale dimostrano come, a seguito dell’Accordo di marzo 2000, i Comuni siano stati molto attivi all’interno delle reti di apprendimento permanente, fornendo un contributo fondamentale per la programmazione, l’informazione, l’emersione del fabbisogno di formazione e l’orientamento dei cittadini più deboli che hanno difficoltà ad accedere ai corsi.

Molto positivo il giudizio sull’accordo Stato Regioni, che andrà in firma il 19 aprile, sulla certificazione di competenze formali, non formali e informali. Per il momento è mirato all’apprendistato ma le Regioni stesse pensano di poter estendere in futuro ad altri segmenti formativi, soprattutto dopo la definitiva approvazione della riforma del mercato del lavoro e in particolare del Capo VII - artt. 66-69 sull’apprendimento permanente.

In conclusione si auspica che le numerose esperienze di integrazione dei sistemi presentate nel convegno di oggi che hanno prodotto risultati di eccellenza grazie alla valorizzazione delle competenze dei singoli soggetti coinvolti, possano essere introdotte nella sperimentazione dei CPIA che il Ministero per l’Istruzione intende fare nel prossimo anno scolastico.

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Conclusioni , Silvana Marchioro

Gli intervenuti rilevano l’opportuna e significativa coincidenza del convegno con:

✔ l’avvio della discussione sul ddl di riforma del mercato del lavoro, che nelle intenzioni si muove nella prospettiva di favorire la crescita e nel quale quattro articoli sono dedicati all’apprendimento permanente16;

✔ la conclusione del percorso istruttorio dello schema di regolamento dei CPIA che, a breve, potrebbe essere approvato in via definitiva da parte del Consiglio dei Ministri.

Si riconosce, dunque, al convegno “il merito di inserirsi in una serie di iniziative tese a far uscire la scuola per gli adulti dalla nicchia in cui le politiche la rintanano, per divenire soggetto di investimento nella prospettiva dell’uscita dalla crisi anche attraverso adeguati percorsi di formazione” (A. Fedeli).

In accordo con la relazione di apertura del convegno riguardante la ricerca ANSAS (ex INDIRE) sulle ultime annualità del monitoraggio IdA gli interventi evidenziano il significativo cambiamento di utenza nei CTP, in particolare nel Nord e nel Centro del paese, a favore degli stranieri: gli alti numeri di questa tipologia di utenti presenti nei CTP sono correlati anche ai corsi di Italiano L2 finalizzati al superamento del test di livello A2 per l'ottenimento del permesso di soggiorno17.

Si sottolinea, quindi, il ruolo chiave dei CTP in questo ambito e con queste finalità, una centralità di fatto riconfermata dall'Accordo Quadro dell’11 novembre 2010 fra il Ministero dell’Istruzione e quello degli Interni18. E tuttavia, nonostante il ruolo riconosciuto ai CTP nell’espletamento dei test di lingua per i nostri migranti, l’assenza di necessari investimenti nelle risorse, sia materiali che umane, potrebbe inficiare la mission deputata dalla normativa a questo sistema di Istruzione.

La scuola degli adulti si sta, di fatto, gradualmente e virtuosamente attrezzando ad un pluralismo culturale che è ormai strutturale. E’ in questo clima di cambiamenti che si attende l’emanazione del Regolamento sull'Istruzione degli adulti, dal quale ci si aspetta una parola che si spera conclusiva sui cosiddetti CPIA. Nel frattempo i tagli alla scuola pubblica e il ritardo nell’avvio di questo Regolamento hanno avuto riflessi negativi nel campo dell’Istruzione degli adulti: corsi serali soppressi, mancato reintegro d’organico nei CTP.

Confermato che i CPIA saranno riferimento per l’obbligo d’istruzione, bisognerà affrontare la partita delle linee guida per il loro funzionamento. Le OO.SS. si propongono di elaborare una posizione comune che, a partire dal documento unitario sottoscritto subito dopo la presentazione della prima versione dello schema di regolamento, lo riveda alla luce delle nuove norme sull’apprendimento permanente, mettendo in evidenza tutte le specifiche questioni che riguardano da un lato l’efficacia e l’efficienza del servizio offerto e dall’altro la tutela della professionalità di tutti gli operatori (Dirigenti, docenti e ATA) impegnati nel settore.

16 Si veda il ddl nel sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Notizie/20120405_Riforma_Mercato_Lavoro.htm , Capo VII, art. 66-69, Apprendimento permanente

17 Legge n. 94/2009 e successivo Decreto del Ministero dell’Interno 4 giugno 2010.18 A seguito del DPR 179/ 2011, che ha introdotto il cosiddetto permesso di soggiorno a punti, divenuto effettivo dal 10

marzo scorso.

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Rimangono, secondo il rappresentante sindacale CISL intervenuto, problemi aperti di forte rilevanza: - il numero e l’identità dei CPIA; - la delicata questione della certificazione della conoscenza della lingua italiana per il

rilascio del permesso di soggiorno attraverso i test;- il sottodimensionamento dell’organico docente dei Centri Territoriali Permanenti, in

particolare per la ridotta presenza di docenti alfabetizzatori, nonostante il ruolo centrale dei CTP nel rapporto con i cittadini migranti e con la loro formazione.Sarà, dunque, indispensabile realizzare un incremento dell’organico dei CTP che potenzi

la presenza di docenti dedicati all’insegnamento dell’Italiano come L2.Gli interventi dei partecipanti alla tavola rotonda dedicano particolare interesse al tema

delle risorse umane e finanziarie a sostegno dei CTP e dei futuri CPIA, per i quali sono e saranno indispensabili adeguate risorse di organico, ampia flessibilità organizzativa e formativa con la valorizzazione delle esperienze condotte anche nell’ambito dei progetti Sirio (per gli istituti tecnici) e Aliforti (per i professionali), misure di accompagnamento, formazione in servizio.

Si constata, al contrario, come in questo momento non solo nell’IdA, ma in tutto l’ampio e articolato sistema dell’apprendimento e della formazione permanente e continua degli adulti, vi sia una indeterminata disponibilità di risorse pubbliche e private e come purtroppo ritorni, ossessivo e martellante, il riferimento ad operare …senza maggiori oneri per la finanza pubblica. L’impegno di investimenti, benché l’esito di questi si veda nel lungo periodo, è necessario perché i benefici divengano strutturali. Inoltre riforme serie, come quella del mercato del lavoro, necessitano di essere sostenute con adeguata disponibilità di risorse e con la predisposizione di un piano pluriennale di investimenti. Attraverso la valorizzazione del ruolo e del contributo delle parti sociali (con riferimento alla bilateralità e ai fondi interprofessionali) è possibile ad esempio - secondo i rappresentanti sindacali - iniziare un percorso in cui si possano sviluppare significative opportunità di accesso alla formazione per i lavoratori. Si indica, a questo riguardo, la necessità di una ricognizione delle risorse disponibili, a legislazione vigente, coinvolgendo tutti gli attori in campo (Ministeri, Regioni, EELL e Parti sociali) allo scopo di sostenere un primo piano triennale che potrebbe riguardare i percorsi di apprendistato e quelli per la formazione continua dei lavoratori.

Si rileva, quindi, come l’Istruzione degli adulti, nel quadro dell’Educazione Permanente acquisti il ruolo ancor più significante di strategia di intervento nei processi di uscita dalla crisi.

Più volte è ripreso negli interventi il tema dell’apprendimento permanente degli adulti come chiave dell’occupazione e del successo economico e come via per una piena partecipazione delle persone alla società. Si ricorda come il Consiglio dell'Unione europea, in piena crisi economica, si sia dato con il documento Education and training 2020 un piano strategico in cui è evidenziato il ruolo prioritario dell’apprendimento permanente come strumento rilevante per l’inclusione sociale, la cittadinanza attiva e lo sviluppo personale e come mezzo per fronteggiare i cambiamenti nel mondo del lavoro, la riqualificazione di persone in situazione di disoccupazione, le ristrutturazioni o transizioni nella carriera; e, inoltre, come via prioritaria per l'inclusione sociale, la cittadinanza attiva e lo sviluppo personale.

Il Consiglio UE constata tuttavia che l'apprendimento degli adulti costituisce ancora l'anello debole dei sistemi nazionali di educazione permanente e ritiene una sfida molto ardua conseguire l’obiettivo del 15% di adulti in formazione entro il 2020.

Il principio dell’apprendimento permanente è chiaramente affermato nell’attuale ddl sul mercato del lavoro, ma nuovamente si ribadisce come, fatta la norma, sia necessario

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trovare le risorse per renderla davvero esigibile. Manca infatti nel ddl l’individuazione degli strumenti e delle risorse funzionali alla rimozione degli ostacoli che rendono difficile o addirittura impediscono nei fatti la partecipazione alle attività formative (congedi, permessi, incentivi alle imprese che investono in capitale umano).

Tra gli attori chiamati alla realizzazione e allo sviluppo dell’offerta di educazione permanente degli adulti nel ddl vengono nuovamente indicati i CPIA; lo schema di regolamento in cantiere costituisce un altro riferimento normativo di importanza fondamentale per il settore.

Riguardo al tema dell’integrazione e della corresponsabilizzazione tra soggetti che operano nell’ambito dell’EdA, che tutte le buone pratiche documentate nelle relazioni della giornata evidenziano come elemento strutturale necessario per il successo delle esperienze nei territori di riferimento, la rappresentante dell’ANCI Nazionale rileva come purtroppo il nostro sistema sembri scivolare sempre più verso una separazione tra soggetti e istituzioni operanti nel settore. E questo in contrasto con tutti i documenti europei, nazionali, regionali che parlano invece di integrazione dei sistemi.

Un sistema veramente integrato non può prescindere dal lavoro di rete tra tutti i soggetti che si occupano di educazione degli adulti, in particolare i Comuni che sono l’istituzione di prossimità del cittadino. E infatti le migliori esperienze di integrazione territoriale dimostrano come, a seguito dell’Accordo di marzo 2000, i Comuni siano stati molto attivi all’interno delle reti di apprendimento permanente, fornendo un contributo fondamentale per la programmazione, l’informazione, l’emersione del fabbisogno di formazione e l’orientamento dei cittadini più deboli che hanno difficoltà ad accedere ai corsi.

In assenza di altri strumenti regolativi - sottolinea la rappresentante dell’USR Campania - la rete sembra essere la migliore risposta alle esigenze formative nell’EdA. Laddove le reti hanno saputo instaurare chiari rapporti di collaborazione interistituzionale, suddividere e attribuire compiti e azioni, portare la scuola dove sono gli adulti e non viceversa, garantire la massima flessibilità di orari e di tempi, i risultati raggiunti sono stati più che incoraggianti, come hanno dimostrato le esperienze di sostegno ai diritti di cittadinanza degli immigrati e dei detenuti o di supporto all’accesso degli adulti all’istruzione secondaria di II grado, anche in modalità blended.

D’altra parte, non si può ignorare come in alcune aree del nostro paese l’interazione tra gli attori dell’EdA sul territorio, che sembra funzionare con discreta scioltezza tra CTP e Corsi serali e/o tra CTP e terzo settore, risenta invece di maggiori difficoltà (fatti salvi alcuni esempi virtuosi evidenziati anche nelle relazioni della giornata) quando questa deve misurarsi con l’integrazione tra scuola, formazione professionale e lavoro.

Si avverte l’urgenza di una legge quadro che definisca gli ambiti di competenza dei vari sottosistemi dell’EdA afferenti all’apprendimento formale, non formale ed informale e che assuma il principio della pari dignità degli apprendimenti in qualunque contesto acquisiti.

A questo riguardo Anna Fedeli, rappresentante della FLC CGIL, cita la proposta di iniziativa popolare sull’educazione permanente presentata in Parlamento, nel 2010, tra gli altri da CGIL e FLC CGIL; ricorda, inoltre, i convegni dal titolo “Saper per contare” promossi da alcuni soggetti sostenitori degli Stati generali della Conoscenza (tra cui FLC CGIL, CGIL, EdAFORUM…), che hanno consentito ai temi riguardanti l’Istruzione degli adulti di raggiungere un’interlocuzione sempre più vasta.

Positivo negli interventi il giudizio riguardante il recente accordo Stato Regioni sulla certificazione di competenze formali, non formali e informali. Per il momento è mirato all’apprendistato ma le Regioni stesse pensano di poterlo estendere in futuro ad altri segmenti formativi, soprattutto dopo la definitiva approvazione della riforma del mercato del lavoro e in particolare del Capo VII - artt. 66-69 sull’apprendimento permanente.

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E’ auspicio di tutti gli intervenuti che le buone pratiche di integrazione presentate nel convegno possano costituire modelli trasferibili nei futuri CPIA, secondo una logica bottom up che legittima quanto anticipato e sperimentato a livello locale con originali soluzioni organizzative.

La rappresentante dell’USR Toscana ricorda l’Atto di indirizzo per l'anno 2012 diramato il 10 aprile scorso dal Ministro Profumo, che esordisce mettendo al centro del proprio impegno le strategie fissate dall'Unione Europea per il 2020: istruzione, formazione, ricerca e innovazione tecnologica. Tra questi aspetti, quello dell’innovazione tecnologica, in linea con i contenuti della Digital Agenda for Europe citata in relazione ad ET 2020, assume rilevanza per l'Istruzione degli adulti - come opportunamente evidenziato da alcune buone pratiche riferite durante il convegno - sia per l’innovazione introdotta nella didattica, sia per l’importante contributo che ne potrebbe derivare per la risoluzione del problema del raggiungimento delle aree svantaggiate e per una maggiore vicinanza agli utenti della formazione.

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