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malamente rivista H di lotta e critica del territorio n. 11 giugno 2018

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rivista H di lotta e critica del territorio

n. 11 giugno 2018

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malamente vanno le cose, in provincia e nelle metropolimalamente si dice che andranno domanimalamente si sparla e malamente si amamalamente ci brucia il cuore per le ingiustizie e la rassegnazionemalamente si lotta e si torna spesso conciatimalamente ma si continua ad andare avantimalamente vorremmo vedere girare il ventomalamente colpire nel segnomalamente è un avverbio resistenteper chi lo sa apprezzare.

Numero 11 - giugno 2018Reg. Trib. di Pesaro n. 9 del 2016. Dir. Resp. Antonio Senta.Ringraziamo Toni per la disponibilità offertaci.Pubblicazione a cura dell’Associazione culturale Malamente, Fano (PU).Stampa: Digital Team, Fano (PU).

Sito web: www.malamente.info - Per contatti: [email protected]

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In copertina: Chi ben comincia... - Una giovane lettrice di Malamente - Foto di Valentina.

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TERRITORI IN SUBBUGLIOPresentazione di “Contrade - Storie di ZAD e No Tav”.

Intervento di Mauvaise Troupe

Non sono qui per difendere un territorio delimitato da frontiere, ciò che qui difendo sono le relazioni, i legami sociali, i modi di organizzarsi.

È questo che mi interessa, riprendermi in mano la vita.Jeanne

H A FEBBRAIO 2018 abbiamo ospitato alcuni membri del collettivo Mauvaise Troupe e delle edizioni Tabor per le due tappe marchigiane del tour di pre-sentazione del libro “Contrade”, a Urbino (in collaborazione con la Libera Biblioteca De Carlo) e Senigallia (presso lo Spazio sociale Arvultura).Nel libro ci si interroga su concetti complessi: territorio, popolo, autonomia, in relazione alle esperienze di lotta e di vita della Valle NoTav e della ZAD, la “Zone à défendre” sorta nei pressi di Nantes per impedire la costruzione di un contestato aeroporto.La ZAD ha visto nascere una comunità umana in secessione dal capitalismo, una comunità aperta, fatta di abitanti originari e di nuovi arrivati che, nono-stante percorsi e metodi differenti, si cercano gli uni con gli altri per progettare insieme il proprio futuro, facendo a meno dell’aeroporto “e di tutto il suo mon-do”. La dimensione di una lotta radicata e di lungo corso ha permesso al movi-mento di aprire uno spazio e un tempo dai quali estromettere le dinamiche del denaro e delle merci, per sperimentare nuove forme di convivenza.Ma l’aver dimostrato che si può ben vivere senza banchieri e poliziotti è un esempio troppo pericoloso per il potere. Un pubblico ministero torinese sostene-va che il progetto Tav andasse portato fino in fondo non tanto per la sua utilità, ma per riaffermare l’autorità dello Stato (chiamata “democrazia”) di fronte a una valle ribelle. Sulla stessa logica, il governo francese ha ritirato definitiva-mente il progetto di aeroporto a gennaio 2018, ma non potendo permettersi di lasciare la vittoria agli zadisti, appena arrivata la primavera ha inviato le truppe per sgomberare l’area. Mentre scriviamo queste righe, la violenza dell’operazione di polizia ha distrutto alcuni luoghi di vita della ZAD e ferito, anche gravemente, diversi occupanti, ma zadisti e zadiste hanno saputo resi-stere e si stanno riorganizzando. A loro tutta la nostra complicità e solidarietà.

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Di come un movimento ha fermato una “grande opera”

Il libro che presentiamo è costruito sulle parole di chi ha preso parte alla lotta No Tav e alla lotta contro l’aeroporto a Notre-Dame-des-Landes; per fare una giusta presentazione avremmo dovuto portare qui e far parlare tutte le persone che hanno lottato. Ma le edizioni Tabor sono una piccola casa editrice e non hanno i mezzi per affittare dei pullman… allora cerche-remo noi di fare del nostro meglio.Parleremo soprattutto della ZAD perché pensiamo che la lotta No Tav sia da voi già abbastanza conosciuta e, soprattutto, perché dopo cinquanta anni di lotta contro questo progetto di aeroporto finalmente il mese scorso siamo arrivati a vincere. Vittorie come queste non sono vittorie che capita-no tutti i giorni. È vero che avevamo già avuto in Francia delle vittorie con-tro altri progetti di questo tipo, ma spesso erano conseguenti all’elezione di un candidato che aveva nel suo programma l’abbandono del tale progetto. Al contrario, alla ZAD di Notre-Dame-des-Landes abbiamo vinto contro tutti i governi. Ed è per questo che è così importante raccontare questa vit-toria, è per questo che abbiamo fatto questo libro e stiamo facendo questi incontri.

Il progetto di aeroporto è nato negli anni Settanta e i primi a opporsi,

Mappa della ZAD.

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quella che possiamo chiamare la prima componente della lotta, sono stati i contadini. Ma non sono contadini qualunque, nella regione della Loira atlantica esiste da molto tempo una tradizione di sindacalismo rivoluzio-nario. La loro azione all’interno della lotta ha avuto due caratteristiche principali: sono molto numerosi ed estremamente determinati. Parteci-pano alle manifestazioni con i loro trattori, che hanno sempre messo in prima linea di fronte alla polizia e per difendere le occupazioni dagli sgom-beri. Grazie ai loro trattori siamo riusciti a fare le più belle barricate dal Sessantotto a oggi!Di fronte a questa iniziale opposizione dei contadini il governo ha messo il progetto sotto il tappeto per circa trent’anni, fino agli anni Duemila. Quando è stato ritirato fuori è apparsa una nuova componente della lot-ta, quella dell’associazionismo “civico”, la cui principale azione è stata di portare avanti un sacco di ricorsi giuridici contro il progetto e questo ha permesso al movimento di guadagnare tempo per organizzarsi. Un’altra conseguenza dell’azione di questa componente è stata di dividere il fronte nemico, nello specifico il partito socialista dai movimenti ecologisti.Passano gli anni e arriviamo al 2008, quando gli abitanti della zona si rendono conto che molte case all’interno del perimetro previsto per l’ae-roporto sono ormai vuote, alcuni proprietari sono infatti morti, altri sono andati via e lo Stato ha comprato queste case.Un piccolo gruppo chiamato “Gli abitanti che resistono” ha riflettuto su come sarebbe stato impossibile difendere un territorio vuoto e ha quindi

Foto di Valk, Trattori verso Nantes, 2016.

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lanciato un grande appello a venire ad occupare queste case, che è stato subito raccolto da molte persone, specialmente giovani che dalle città sono andati lì a occupare. Si è formata così la terza componente del movimento, cioè gli occupanti. Questa componente ha contribuito a costruire anche lo stile della ZAD, con l’occupazione delle case, la costruzione di case sugli al-beri e ai bordi delle strade, portando inoltre nel movimento delle pratiche radicali come il sabotaggio e l’azione diretta.

Nel 2012 il governo ha avuto un’idea geniale. Ha pensato bene di sgom-berare proprio questa componente di giovani occupanti, pensando che gli altri abitanti della zona non li avrebbero difesi, che non avrebbero soli-darizzato. Poi ha avuto una seconda idea geniale: nel paese di Asterix e Obelix, ha chiamato l’operazione di sgombero ed espulsione “operazione Cesare”. Non possiamo garantire che il responsabile della comunicazione del governo abbia ancora il suo posto di lavoro oggi…!Sono arrivati sul posto 1.200 poliziotti per distruggere le case, ma la resi-stenza è stata molto forte, con lanci di pietre, barricate e con tutto quello che il movimento di occupazione è riuscito a mettere in campo. Sui media, ovviamente, c’è stata una criminalizzazione parlando di “selvaggi” e “ter-roristi”, ma se in altre circostanze questo mostro mediatico fa paura e crea divisioni, nel nostro caso è stato esattamente l’opposto. Immediatamente, in tutta la Francia, si sono creati oltre duecento comitati di sostegno e, so-prattutto, le altre due componenti della lotta, i contadini e le associazioni

civiche, hanno assolutamente solidarizzato con gli occupanti.I primi scontri sono durati qualche setti-mana. Il movimento non era ancora molto strutturato e organizzato ma aveva un pia-no: a un mese dall’intervento di sgombe-ro avrebbe organizzato una grande mani-festazione per la rioccupazione. All’epoca non si sapeva bene cosa volesse dire una “manifestazione per la rioccupazione”, ma poi le cose hanno preso forma e ampiez-za e a questo appuntamento sono arrivate 40.000 persone, che in una radura nella foresta al centro della ZAD hanno costru-ito una sorta di villaggio di capanne. Le strutture erano state prefabbricate e messe sui trattori per raggiungere la radura, ma c’era talmente tanto fango che per i trattori era impossibile raggiungere il centro della

Foto di Valk, La torre-barricata Bison Futé, 2016.

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foresta e così tutti i materiali sono passati attraverso una catena umana lunga centinaia di metri, mano dopo mano, ed è stato costruito questo superbo villaggio.Dopo questo dispiegamento di forze da parte del movimento, la polizia ha ancora cercato di attaccarci, ma invano. Anzi, a partire da quel momento e almeno fino a oggi, la polizia non è mai più riuscita a entrare nella ZAD.

Operazioni di sgombero e distruzione della ZAD, aprile 2018.

Foto di Valk, Cantiere di costruzione, 2017.

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Questa vittoria è l’inizio di quello che è un po’ diventato il mito della ZAD come zona di non-diritto, di libertà.

Dal 2012 in poi ci sono stati molti episodi, non possiamo raccontarli tutti ma ne citiamo giusto un paio. Nel 2014, in risposta a una nuova minaccia di sgombero, è stata organizzata una manifestazione al centro di Nantes: 60.000 persone, 500 trattori e scontri di un’intensità che raramente si è vista in Francia. Dopo la manifestazione il governo ha fatto decadere la minaccia di sgombero, non sappiamo se perché c’erano così tante persone o per l’intensità degli scontri. Le varie componenti del movimento hanno però prodotto delle analisi molto diverse tra loro. Per i giovani un po’ agitati quello è stato il momento più bello della loro vita, mentre chi doveva spiegare ai propri vicini perché era stato saccheggiato il centro di Nantes ha avuto qualche difficoltà… Dopo questa manifestazione è stato impossibile andare di nuovo tutti in-sieme al centro di Nantes.Ma la bellezza del movimento è che invece di dividersi e fare ognuno le proprie azioni, si è cercato di trovare altre modalità per stare tutti insieme. E così nel 2016, di fronte a una nuova minaccia di sgombero, sono state occupate la tangenziale e l’autostrada che porta a Nantes, in particolare il ponte di passaggio sulla Loira. La resistenza è durata fino all’intervento della polizia, ma anche in quel caso il governo si è infine ritirato.

Occupazione della tangenziale, febbraio 2016.

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Poi il governo ha messo in campo la sua ultima arma, far “parlare il popo-lo”. Ha organizzato un referendum, limitato alla sola dimensione territo-riale in cui era sicuro che avrebbe vinto, e infatti il Sì all’aeroporto ha vinto al 55%, ma la sera di questa cosiddetta vittoria del Sì c’è stata una scena formidabile: i giornalisti sono andati al quartiere generale del movimento aspettandosi di trovare gente triste e in lacrime, in realtà hanno trovato centinaia e centinaia di persone che urlavano “Resistenza! Resistenza!”. Dopo il referendum sono arrivate dal governo nuove minacce di espulsio-ne, per tutta risposta ancora 40.000 persone sono tornate a manifestare sulla ZAD facendo un gesto allo stesso tempo poetico e guerriero. Tutti hanno piantato un bastone sul terreno come in una sorta di giuramento: oggi lo piantiamo, se ci sarà uno sgombero torneremo a riprenderlo.

In seguito c’è stata l’elezione di Macron, il quale ha annunciato che il 17 gennaio 2018 avrebbe dichiarato se il progetto di aeroporto era ancora valido o meno. Per noi il solo fatto di dire che si sarebbe pronunciato era già una vittoria, visto che c’era stato il referendum. Il 17 gennaio abbiamo atteso queste dichiarazioni tutti insieme alla biblioteca della ZAD, con decine di giornalisti da Francia e mezza Europa, alla fine la decisione del governo è stata l’abbandono del progetto. Per raccontare un po’ lo stile e l’impertinenza del movimento, quando è arrivata la notizia, dal faro che sovrasta la biblioteca è stato aperto uno striscione con semplicemente cin-que lettere: “Et Toc!” [“Tiè!”]. La cosa più divertente è stata al telegiornale della sera il giornalista che domandava al primo ministro che cosa volesse rispondere a questi zadisti che vi dicono “tiè!”? E, soprattutto, la sua fac-cia…

C’è vita alla ZAD

Dopo aver ripercorso a grandi linee la storia della lotta, cercherò di spie-gare cos’è e cosa facciamo alla ZAD. Il territorio è lungo dieci chilometri e largo due, sono quasi duemila ettari, con una sessantina di luoghi di vita, case e costruzioni di vario tipo dove abitano sia nuovi occupanti sia i contadini che sono rimasti. Siamo circa in duecento, in realtà oggi sono molti di più gli occupanti rispetto ai contadini. Quella che si vive lì è una dimensione inedita, cioè un territorio in secessione, una zona di non di-ritto dove gli sbirri non entrano dal 2013. Quando lo Stato o i giornalisti parlano di ZAD è proprio per denunciare lo scandalo di una zona che per loro costituisce un buco nella mappa francese, un buco nella mappa del potere, a pochi chilometri da una città di 400 mila abitanti come Nantes. Dal nostro punto di vista, al contrario, non è un buco ma un pieno. È una concentrazione di legami, densi, perché la battaglia del 2012, che è durata un mese, ha creato legami molto forti tra occupanti, contadini e gente dei comitati, legami che sono rimasti nella vita comune e quotidiana, molto

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diversi da quelli che si vedono “normalmente” altrove. E poi una zona di non diritto vuol dire la possibilità di accogliere persone che hanno pro-blemi con la giustizia, così come i migranti, e permette di fare costruzioni senza chiedere permessi e autorizzazioni.In Francia si dice spesso che il territorio è di chi l’abita, in realtà alla ZAD questo non è vero, il territorio appartiene infatti a un intero movimento e non solamente a noi occupanti. Abbiamo due principali assemblee men-sili, l’assemblea di lotta e l’assemblea degli usi in cui parliamo dell’utilizzo del territorio, cioè di cosa fare di un campo o di una casa rimasta vuota, di come organizzare i cantieri comuni ecc.: a queste assemblee partecipa tutta la gente del movimento che può quindi decidere insieme a noi abitanti che cosa fare di questo territorio. Ovviamente non difendiamo solo un “uso” del territorio, ma un tipo di condivisione, Ad alcuni parlare di “comune”, nel senso della Comune di Parigi, o almeno ci proviamo…

La ZAD è una zona agricola, coltiviamo e condividiamo il cibo. Su alcuni prodotti possiamo dire di essere autosufficienti, come sulle patate, cipolle, cereali, grano saraceno e anche sul latte, abbiamo un gregge di mucche del movimento. Dal 2013 si è formato un gruppo che si chiama “Semina la tua ZAD”, composto di occupanti e di contadini vicini, che si occupa della rotazione delle colture, dei lavori comuni sui campi, di produrre la farina al mulino comune. Alla ZAD abbiamo due forni e produciamo il pane cinque volte alla settimana, oltre alle galettes bretonnes, che sono una specialità locale a base di grano saraceno, la base tradizionale dell’alimen-tazione tradizionale della zona.Il pane è a prezzo libero. La cosa significativa, però, non è tanto il prezzo libero, ma l’uso del denaro che si fa ZAD. Sarebbe un’ipocrisia dire che rifiutiamo il denaro, nel senso che alla ZAD non circolano soldi, in realtà i soldi ci sono ma è il loro uso che cambia rispetto al solito: per noi il denaro non deve essere mezzo per deresponsabilizzarsi dalla vita comune, non è che pagando si è a posto rispetto al lavoro comune. Pago, se posso e voglio, ma ci vuole anche il mio aiuto per far funzionare tutto. E tutto quanto si basa sulla fiducia reciproca, non si fa un conto aritmetico dei servizi che si danno e che si ricevono, ma complessivamente si riesce a trovare un certo equilibrio (e quando non si trova, le cose non funzionano).

Anche la produzione di cibo per noi è parte della lotta. Non cerchiamo l’autarchia, ma esattamente l’inverso, cioè la circolazione, l’estendere la potenza della ZAD e non separare il vivere e il lottare. Un anno fa abbiamo creato una rete di approvvigionamento con i contadini della regione. Se c’è una manifestazione, un picchetto di sciopero o qualche iniziativa da qual-che parte carichiamo il cibo in un furgone che si apre da tutte le parti, con tutto il necessario per cucinare e andiamo lì. Le galettes bretonnes degli zadi-sti sono ormai diventate famose. Abbiamo potuto mettere in piedi questa

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rete perché nel 2016 c’è stato in Francia un movimento di protesta molto forte contro la Loi travail che ci ha permesso di conoscere molte persone e soprattutto ci ha fatto incontrare i sindacati, che sono diventati una quarta componente della lotta contro l’aeroporto. Alcuni lavoratori della ditta incaricata della costruzione hanno scritto un testo bellissimo, dicendo “noi non siamo mercenari”, non andiamo a fare l’aeroporto sulle rovine delle vostre vite e hanno lanciato un appello agli altri lavoratori perché nessuno vada a costruire quell’aeroporto.

Alla ZAD di attività organizzate ce ne sono molte: abbiamo una biblioteca, una radio (Radio Klaxon) che si prende anche dall’autostrada che passa lì vicino, uno studio di rap, un’officina meccanica, una forgia, un birrificio, una serigrafia, una carpenteria e molte altre cose. La carpenteria è impor-tante perché il lavoro sulla legna è rappresentativo del modo di essere della ZAD. Un gruppo già da tempo ha incominciato a interessarsi ai boschi e ha imparato tutto il lavoro sulla legna, dalla scelta dell’albero fino al taglio e alla produzione delle assi da costruzione. È stato anche organizzato un cantiere scuola di carpenteria tradizionale, dove ottanta carpentieri hanno costruito un grande capannone, senza motoseghe, senza elettricità; l’hanno chiamato Hangar de l’avenir (Hangar del futuro), anche se nessuno poteva sapere il destino di questa costruzione, sarebbe potuta rimanere distrutta da uno sgombero in qualunque momento. Ovviamente gli alberi vengono anche ripiantati. La prima volta che sono andata alla ZAD per me è stata

Foto di ValK, La Route des Chicanes.

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una sorpresa vedere questa gente molto giovane e con l’incombere di mi-nacce quotidiane di sgombero che progettava il territorio a lungo termine, perché dovranno passare almeno due generazioni prima di poter tagliare quel rovere appena piantato. Ma è così, progettandoci il futuro, che si di-fende un territorio.

Oggi che abbiamo vinto dobbiamo capire come mantenere questa intensi-tà. Ci si può preparare e immaginare la vittoria per molto tempo, ma quan-do arriva è differente. Sappiamo che la posta in gioco è storica. Sappiamo che possiamo essere una retrovia per altre lotte, per la città di Nantes, ma essere una retrovia, con i mezzi materiali, non è il solo obiettivo della ZAD. Oggi si sta aprendo un nuovo fronte, quello della battaglia sulle terre, perché lo Stato potrebbe vendere i terreni a diversi proprietari spez-zettando e spaccando l’unità del territorio che fa la nostra forza. C’è quindi l’idea di dar vita a un’entità comune che possa avere, anche giuridicamen-te, la gestione delle terre, una sorta di vetrina legale per continuare a fare tutte le attività che abbiamo sempre fatto. Vedremo… di certo per riuscire a strappare questo bisogna per prima cosa mantenere i nostri rapporti di forza con lo Stato e, a oggi, le minacce di sgombero sono sempre presenti.

Difesa della ZAD.

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(Sopra) Foto di Alexandre Auriot.

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(Sopra) Foto di Valk, Sulla Route des Chicanes, 2013.