Lotta ai pirati

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122 Lotta ai pirati I n tutti i mari del mondo sono in cre- scendo i fenomeni della pirateria e i governi studiano misure di prevenzione e contrasto che prevedono l’impiego di personale specializzato e armato a bordo delle navi. Il problema è di dimensioni planetarie: tutti i Paesi dipendono dagli approvvigionamenti via mare delle merci, perché ancora adesso il trasporto marino è il più economico, tanto da riguardare circa il 90% del commercio globale. Basti pensare che quotidianamente vi sono per mare più di 45.000 navi mercantili che occupano circa 1.250.000 operatori marittimi (dati provenienti dall’Interna- tional Maritime Organization). In questo periodo le aree geografiche a maggior rischio di pirateria navale sono: - il golfo di Aden (il cosiddetto Corno d’Africa) vicino alla Somalia e all’in- gresso a sud del Mar Rosso; - il golfo di Guinea nella zona vicina alla Nigeria e il delta del fiume Niger; - lo stretto della Malesia, a sud della Thailandia, tra Indonesia e Malesia; - le acque internazionali dell’Oceano In- diano nella zona tra India e Sri Lanka. I dati riguardanti la pirateria diffusi dall’International Maritime Bureau (I.m.b.), relativi al 2009 segnalano 406 episodi di pirateria e rapine a mano armata riguardanti 153 navi, il dirotta- mento di 49 pescherecci, 84 tentativi di attacco non riusciti e colpi di armi da fuoco su 120 navi che sono riuscite a sfuggire all’abbordaggio. In questi episodi sono stati presi in ostaggio 1.052 uomini d’equipaggio cui vanno sommati 58 feriti e 8 morti. I pirati non sono certi quelle figure ro- mantiche descritte nei romanzi di Salgari agli inizi del '900, bensì organizzazioni (spesso a guida internazionale) ben strut- turate in cui la comunicazione e la logi- stica hanno una notevole importanza. Per fare un esempio, l’abbordaggio avviene mediante un attacco di piccole imbarca- zioni veloci con equipaggi composti di 4-6 persone, con diversi incarichi a vario livello che comprendono: gli assaltatori veri e propri, generalmente provenienti da esperienze militari o comunque in corpi armati; i marinai, che di solito so- no pescatori che Un fenomeno in espansione, i cui personaggi non sono per niente quelli romantici e carismatici delle letture giovanili dei romanzi di Emilio Salgari, ma feroci criminali ben armati e addestrati facenti capo a organizzazioni internazionali di Gianfranco Peletti La fotografia mostra il classico barchino uti- lizzato dai pirati. Si notano la scala con i gan- ci e l’uomo con l’RPG 7 carico e pronto all’uso

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Tecniche di conTrasTo e conTrollo della piraTeria navale Un fenomeno in espansione, i cui personaggi non sono per niente quelli romantici e carismatici delle letture giovanili dei romanzi di Emilio Salgari, ma feroci criminali ben armati e addestrati facenti capo a organizzazioni internazionali di Gianfranco Peletti d’Africa) vicino alla Somalia e all’in- gresso a sud del Mar Rosso; 122 Thailandia, tra Indonesia e Malesia; diano nella zona tra India e Sri Lanka.

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T e c n i c h e d i c o n T r a s T o e c o n T r o l l o d e l l a p i r a T e r i a n a v a l e

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Lotta ai piratiIn tutti i mari del mondo sono in cre-

scendo i fenomeni della pirateria e i governi studiano misure di prevenzione e contrasto che prevedono l’impiego di personale specializzato e armato a bordo delle navi. Il problema è di dimensioni planetarie: tutti i Paesi dipendono dagli approvvigionamenti via mare delle merci, perché ancora adesso il trasporto marino è il più economico, tanto da riguardare circa il 90% del commercio globale. Basti pensare che quotidianamente vi sono per mare più di 45.000 navi mercantili che occupano circa 1.250.000 operatori marittimi (dati provenienti dall’Interna-tional Maritime Organization). In questo periodo le aree geografiche a maggior rischio di pirateria navale sono:

- il golfo di Aden (il cosiddetto Corno d’Africa) vicino alla Somalia e all’in-

gresso a sud del Mar Rosso;

- il golfo di Guinea nella zona vicina alla Nigeria e il delta del fiume Niger;

- lo stretto della Malesia, a sud della Thailandia, tra Indonesia e Malesia;

- le acque internazionali dell’Oceano In-diano nella zona tra India e Sri Lanka.

I dati riguardanti la pirateria diffusi dall’International Maritime Bureau (I.m.b.), relativi al 2009 segnalano 406 episodi di pirateria e rapine a mano armata riguardanti 153 navi, il dirotta-mento di 49 pescherecci, 84 tentativi di attacco non riusciti e colpi di armi da fuoco su 120 navi che sono riuscite a sfuggire all’abbordaggio. In questi episodi sono stati presi in ostaggio 1.052 uomini d’equipaggio cui

vanno sommati 58 feriti e 8 morti.I pirati non sono certi quelle figure ro-mantiche descritte nei romanzi di Salgari agli inizi del '900, bensì organizzazioni (spesso a guida internazionale) ben strut-turate in cui la comunicazione e la logi-stica hanno una notevole importanza. Per fare un esempio, l’abbordaggio avviene mediante un attacco di piccole imbarca-zioni veloci con equipaggi composti di 4-6 persone, con diversi incarichi a vario livello che comprendono: gli assaltatori veri e propri, generalmente provenienti da esperienze militari o comunque in corpi armati; i marinai, che di solito so-

no pescatori che

Un fenomeno in espansione, i cui personaggi non sono per niente quelli romantici e carismatici delle letture giovanili dei romanzi di Emilio Salgari, ma feroci criminali ben armati e addestrati facenti capo a organizzazioni internazionali

di Gianfranco Peletti

la fotografia mostra il classico barchino uti-lizzato dai pirati. si notano la scala con i gan-ci e l’uomo con l’rpG 7 carico e pronto all’uso

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si occupano della gestione e della guida delle imbarcazioni; personale di fatica che coadiuva i marinai per tutte le incom-benze del caso; personale tecnico (spesso con il doppio ruolo tecnico-assaltatore) che si occupano delle comunicazioni (Gps, telefono satellitare eccetera). Le or-ganizzazioni internazionali hanno quasi tutte base strategica in Europa, con pre-ferenze per l’Inghilterra: qui raccolgono le informazioni sulle imbarcazioni, sulle rotte, sui carichi per poi predisporre e organizzare gli attacchi dei pirati. Questi hanno basi locali sul territorio di attività, generalmente

in zone ricche di grotte e comunque in luoghi impervi e isolati; si fanno portare verso l’obiettivo dalle cosiddette “navi madri” che li lasciano a qualche decina di miglia dalle imbarcazioni da attaccare. Le armi più utilizzate dai pirati sono i fucili automatici Kalashnikov AK 47 nelle varie versioni in cal. 7,62 x 39 e gli RPG 7, provenienti dai vari teatri di guerra, pur-troppo numerosissimi nei Paesi poveri del mondo, che consentono capacità di ingaggio intorno ai 400 metri circa. Altre attrezzature a disposizione sono corde con ganci e grappini per l’abbordaggio, lunghe scale con ganci per appenderle alle murate delle navi e salirvi a bordo: va

considerato che molte navi quando sono a pieno carico hanno le murate piuttosto basse rispetto al livello del mare, navigano a velocità ridotte e quindi sono facilmente abbordabili. I pirati, una volta a bordo, s’impossessano della nave e costringono l’equipaggio a fare rotta verso le loro basi segrete dove poi sono tenute prigioniere in attesa del pagamento di un riscatto che è costituito da cifre cospicue, maggiori a seconda del carico o dell’importanza della nave. Il danno per la società armatrice è considerevole, perché al costo del riscatto va aggiunto quello dei giorni di naviga-zione che la nave perde e le penali che devono pagare ai proprietari delle merci imbarcate che, nel caso di navi portacon-tainer, petroliere e altre di grosse dimen-sioni, raggiungono cifre considerevoli.

L’iter legislativoÈ chiaro come questi fattori generino un grosso impatto morale, sociale ed eco-nomico e con la recrudescenza di questi episodi che spesso vede coinvolte anche imbarcazioni battenti bandiera italiana, anche il nostro Paese ha dovuto prendere delle decisioni sul come contrastare que-sti episodi. Il 27 luglio scorso il Senato ha approvato il DDL di conversione in legge del DL 12 luglio 2011, n. 107 sulla “Pro-roga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione…” che prevede uno specifico articolo (art. 5) che tratta le mi-sure urgenti per contrastare la pirateria marittima, suddividendole in sei

Un istruttore a bordo delle seminole mentre spiega l’esercizio da compiere

il trasporto individuale di un ferito mediante telino tattico agganciato alla cintura, con l’operatore che impugna l’arma e controlla la situazione

Uno dei parte-cipanti al corso mentre sta rag-giungendo il ponte dopo una discesa con il “canapone”

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commi. Il 1° comma al suo interno cita testualmente “… tenuto conto dei rapporti periodici dell'International Maritime Organization (Imo), mediante l'imbarco, a richiesta e con oneri a carico degli armatori, di Nuclei militari di prote-zione (Nmp) della Marina, che può avva-lersi anche di personale delle altre Forze armate, e del relativo armamento previsto per l'espletamento del servizio”, auto-rizzando di fatto l’impiego di personale militare armato a bordo delle navi. Nei successivi commi 2 e 3 viene trattata la parte organizzativa e onerosa per questo

impiego, aprendo però con il 4 comma la possibilità di impiegare anche personale civile armato, dicendo “… possono essere svolti con l'impiego di particolari guardie giurate armate, a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria”, stabilendo nel quinto comma che entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto, il ministro dell'Interno, di concerto con quello della Difesa e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, sta-biliranno le caratteristiche, le condizioni

e i requisiti per il possesso, l'utilizzo, l'ac-quisizione e il trasporto delle armi e delle munizioni il cui porto è autorizzato per la prestazione dei servizi di protezione di cui al comma 4.

Lo svolgimento del corsoIn contemporaneità con l’iter del decreto si è tenuto il primo corso basico denomi-nato “Tecniche di contrasto e controllo in episodi di pirateria a bordo delle navi – Approccio operativo, tecnologie, am-biente nave, analisi dei rischi, procedure di sicurezza”, organizzato dalla Dexplo

il pfs della seminole mentre spiega il funzio-namento del radar. sullo schermo la carta nauti-ca del porto di ortona

la nave semi-nole ripresa dall’elicottero mentre si sta spostando con il braccio della gru in posizio-ne di lavoro

Una simulazione del recupero di un ferito caduto in acqua

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di Parma in collaborazione con la Scuola superiore della sicurezza dell’Advanced security academy di Milano, l’Hydra group d-fense division e la security e in-telligence. Il corso della durata di 32 ore si è svolto nella prima parte a Livorno, dove è stata eseguita una parte riguardante la nave, il codice I.s.p.s. ed il P.n.s.m., tecni-che di autoprotezione e prese di recupero nel nuoto operativo, esplosivistica ap-plicata al navale ed effetti dell’esplosione sul corpo umano, analisi delle tecniche utilizzate dai pirati e quelle base del C.q.b. navale. La tecnica del full immersion e l’alternarsi dei docenti-istruttori hanno sempre tenuto molto alto il livello di attenzione dei partecipanti per i quali, soprattutto nella fase del nuoto operati-vo e del C.q.b. navale, sono stati inseriti elementi di stress al fine di valutare il loro comportamento e la capacità di reazione. La seconda parte del corso si è svolta a

Ortona a bordo della nave Seminole, una “pipe-layer” della società italiana Mico-peri, che a breve partirà per compiere il suo lavoro nei mari del globo. L’unità è una delle più moderne e innovative a livello internazionale, lunga 135,61 metri, e alta 30,50. Oltre alle attrezzature per posare i tubi è dotata di una piattaforma per gli elicotteri, tutte le più moderne attrezzature di comunicazione, navi-gazione e posizione in sala Comando, modernissime cabine per l’equipaggio, sale riunioni, palestra, cinema, sala con-ferenze, postazioni internet e otto uffici. La gru per i sollevamenti ha una portata di 750 tonnellate, con un braccio di 25 metri a riposo che può “sbracciare” fino a 75 metri circa sul mare. La parte teorica è stata tenuta dal comandante della locale Capitaneria di porto, Giovanni Greco, co-adiuvato dal suo personale: ha trattato le organizzazioni internazionali, Imo, Onu,

Nato e il lavoro svolto dalla Capitaneria nel campo della sicurezza dove svolge un duplice ruolo: Polizia di sicurezza e Mari-na militare. In seguito, saliti a bordo della Seminole, è stato trattato l’argomento nave, evidenziando la nomenclatura delle sue parti, le modalità di spostamento e la memorizzazione della posizione per sapere sempre dove ci si trova esattamente a bordo (operazione complicata da ponti, decine e decine di scale, accessi stagni) e dove si trovano gli altri.

Azione!Dopo avere spiegato i modelli di forma-zione, la tipologia e le tecniche d’interven-to a bordo della nave e l’utilizzo delle ap-parecchiature elettroniche (radio criptate, intensificatori di luce eccetera), tutti i par-

tecipanti in assetto operativo sono stati muniti di armi didattiche e sono iniziate le esercitazioni. Dopo avere corso su e giù

per i ponti, avanti e indietro per tut-ta la nave salendo e discendendo dal “canapone”, i partecipanti sono stati coinvolti in esercitazioni pratiche che prevedevano eventi decisionali. I primi soccorsi e il trasporto di un ferito in zona sicura da parte di un team, e il trasporto di un ferito, con un telino a livello individuale, mantenendo la copertura armata e altri esercizi che hanno messo tutti a dura prova. L’ultima fase del corso è consistita in una serie d’interventi

pratici, scambiando i membri dei team e i ruoli loro assegnati e facendo loro com-

piere anche una serie di prove individuali finalizzate a una corretta valutazione sog-gettiva. Le prossime fasi della formazione prevedono un successivo addestramento in poligono di tiro, con armi corte per le tec-niche di combattimento in spazi ristretti e a distanza ravvicinata (C.q.b.) dove saranno utilizzate armi lunghe con ottica e ingaggio di bersagli a 300 metri finalizzati a perfe-zionare le tecniche di tiro a lunga distanza, utilizzando varie condizioni di luce, visori notturni, fumogeni e nebbia artificiale con diverse tipologie di bersagli tra cui alcuni in movimento. L’ultimo corso si svolgerà a bordo di una nave, dove saranno messe in pratica e ripetute tutte le esperienze prece-denti aggiungendo le tecniche del “Force on force” con armi Air soft all’interno e armi e munizionamento vero, in acque interna-zionali (previo comunicazione e accordi con le autorità marittime) per l’ingaggio di bersagli galleggianti.

CM

Un parteci-pante durante la simulazio-ne nel nuoto operativo del trasporto di un compagno ferito che ha perso cono-scenza

Mentre il ferito è trasportato in zona sicura i membri del team mantengono la copertura ai colleghi

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