RIVISTA DELLA COMUNITA' GESU' RISORTO DEL … · del Rinnovamento Carismatico Cattolico Dicembre...

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - ROMA RIVISTA DELLA COMUNITA' GESU' RISORTO DEL RINNOVAMENTO CARISMATICO CATTOLICO ANNO XIV n. 4

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RIVISTA DELLA COMUNITA' GESU' RISORTO DEL RINNOVAMENTO CARISMATICO CATTOLICO ANNO XIV n. 4

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Natale: il Dono e la Lucedi A. Alberta Ricci

È finita l’illusione di unafelicità senza Diodi Marinella Binni

Le proposte “mondane”e il loro fallimentodi Alberta Ricci

Il presepe di Santo Francescodi Renzo Bellanti

Crea in me, o Dio,un cuore purodi Carmela De Leo Giordano

Il Ministero Nazionaledella Redazionedi M. Grazia e Riccardo Colonnello

Grafica, pittura, foto

I libri della nostra Comunità

Sito Internet www.gesurisorto.it

Siamo noi le mani del Padre di Renzo Bellanti

Adoramus Te, Dominedi Alberta Ricci

Rivista trimestraledella Comunità Gesù Risortodel Rinnovamento Carismatico Cattolico

Dicembre 2007Direttrice Responsabile

Agata Alberta Avòli Ricci

Consiglio di RedazioneComitato Nazionale di Servizio

Redazione e ImpaginazioneMarinella Binni (Caporedattrice)

Luciana Alimonti - Renzo BellantiErnesta Masci - Roberto Ricci

Fabio e A.Maria Tarantino

Aggiornamenti foglio allegatoRoberto Binni: [email protected]

ProprietàAssociazione “Gesù Risorto”

Via Servilio Isarnico, 16/18 - 00174 RomaSito Internet: www.gesurisorto.it

E-mail: [email protected]

Autorizzazione del TribunaleN. 568 del 20/12/94

Rivista associata all'UnioneStampa Periodica Italiana

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non vengono restituiti,

anche se non pubblicati.

Fotocomposizione e StampaTipolitografia Trullo S.r.l. - Roma

Tel. 06.65.35.677 (5 linee r.a.)

Finito di stampare: Novembre 2007————————

Contributo minimo:1 copia ................................e 2,70abbonamento annuale...e 10,00amico....................................e 15,00sostenitore....................e 25,00

Rivolgersi preferibilmente alla ComunitàGesù Risorto più vicina, o scrivere alla Di-rezione della Rivista allegando c/c postalen. 89458004 completo della causale di ver-samento e dei dati personali (che sarannotutelati, come da legge sulla privacy)

La Redazione ha pregato per teaffinché, in questo Natale, tu possa fareun’esperienza nuova dell’Amore di Dio chesi incarna per noi. Che tu possa accoglierloancora più profondamente nella tua carne enel tuo cuore, nella tua famiglia e in tutti gliaffetti che hai più cari, nella tua casa e neltuo lavoro, nei tuoi progetti e in ogni scelta epasso che compi. E poi che tu possa portarecon te altri ancora a contemplarlo e adaccoglierlo nella propria vita.

SSoommmmaarriioo

Segnalare l’eventuale mancato recapito della Rivista da parte delle Poste a Michele Savarino - Tel. 06.7210545

CopertinaDite ai vostri fratelli che il Si-gnore Gesù è risorto!Foto di Roberto Fiume

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Dunque, Tu sei Re? di Alfonso e Carmela Giordano

Il Corso Giovani di Roberto e FrancescaDi Alessandro

Consacrati a Dio:io e il bimbo che porto in gremboGiusi Carcione

Dall’intervento di Claradi Clara Rioli

Dall’intervento di Gaetanodi Gaetano Larizza

L’Agorà dei GiovaniA Loreto con il Santo Padredi Valentina Sorg

Spettacolo di evangelizzazione a Roma, in Piazza Navonadi Francesca Tinti

Incontro dei Delegati diocesanidi Ernesta Masci

Campaniadi Vito BarraSiciliaPastorale di “S. Matteo” - Messina

Laziodi Antonietta CarraroCalabriaGermaniadi Diana PasquarelliCroaziadi p. Anton Mario CirkoCile

La mia esperienza dei carismidi don Stefano Ranfi

Come una pecora ruggentecercando chi evangelizzare…di Alberta

Come un leone ruggentecercando chi divorare…di Dario

Non ho più bisognodella drogaTestimonianza firmata

VITA DELLA COMUNITÀ

TESTIMONIANZE

LITURGIA VIVA

EDITORIALE

O DIO O GLI IDOLI

SPIRITUALITÀ

I GIOVANI NELLA COMUNITÀ

LINEE CARATTERISTICHE

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Natale:il Dono e la Lucedi Alberta Ricci

Quando un’era contadina povera ed essenziale non consentivamolto alle finanze dei nostri nonni, i primi timidi addobbidi luce volevano significare, in modo semplice e immediato,

che un’altra Luce, quella vera, era scesa un giorno sulla terraper mettere in fuga le tenebre del peccato, per dichiararela vittoria della Vita sulla morte; piccoli regali, fatti per lo piùai bambini, che li attendevano con desiderio e impazienzaper tutto un anno, volevano rimandare a un altro Dono,venuto a noi dal Cielo: il Pane vivo che sazia ogni fame, che colmarealmente ogni attesa, che compie ogni speranza.

Oggi che le nostre metropoli sfavillano di luci giorno e notte,poco importa l’eccessivo consumo e l’inquinamento planetario,e che gli affollatissimi centri commerciali traboccano di mercanziedi ogni genere, di ogni colore e dimensione, utilità e futilità,prezzo, talvolta inarrivabile e per il quale magari indebitarsi…ecco che davvero in pochi sembrano invece ricordareChi sia il Festeggiato: Chi è Colui che stiamo attendendo,la cui nascita ha cambiato il corso della storia, “spartiacque”fra un prima e un dopo, nel cui Nome siamo stati immersie del cui Spirito siamo stati riempiti; tutti noi, anche quelli checontinuano solo a correre affannosamente da un negozio all’altro,per l’ultimo regalo, che poi finirà magari in fondo a un cassetto,per gli ultimi preparativi di una festa che rimarrà fine a se stessa,perché privata del suo senso pieno, dello stupore che ha avvoltocome un manto i pastori nella Notte Santa, della letizia verache ha scaldato e segnato per sempre i loro cuori.

Il Pane vivo scende ancora oggi tra noi; Betlemme è la nostracittà e la stalla, in cui ha scelto di aprire i suoi nuovi occhidi carne sul mondo, può essere la nostra casa.Possiamo allontanarci da questo Mistero, per non esserneinterpellati e coinvolti; possiamo lasciarci irretire da altre luci,da altre suggestioni: non è forse questo il compito del “mondo”?Possiamo lasciare solo il Dio Bambino, che ha voluto affidarsialle mani delle sue creature e cercare di riempire altrimentiun vuoto che rimarrà tale.Ma possiamo anche tornare sui nostri passi e decidere che si puòvivere il Natale in un altro modo: non abbagliati, dispersi,inappagati, ma illuminati, ricondotti all’unità interiore, colmatidi amore e di gioia.

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Comunemente è definito felice colui che ha, o checrede di avere, tutto ciò che può desiderare. Per-tanto è essenziale considerare quale sia l’oggetto

del desiderio perché, se esso è puramente materiale, laricerca sarà votata all’insuccesso, dal momento che la fe-licità ottenuta sarà effimera e di breve durata.

Purtroppo la “mentalità del mondo” subdolamente sug-gerisce desideri che, nella maggior parte dei casi, nullahanno a che vedere con i reali bisogni dell’animo umano.

Viviamo oggi in una società definita opulenta; i ne-gozi con il loro sfavillio di luci e colori offrono ogni tipodi mercanzia e le sfacciate promesse di appagamento diogni capriccio esercitano un’irresistibile e tentacolare at-trazione, inducendo a credere che, per essere felici, sidebba necessariamente possedere: possedere case lus-suose, macchine potenti e super accessoriate, impieghiprestigiosi e soldi, soldi in quantità.

Che tragico inganno cadere nella trappola dei mitidel successo e del potere, idolatrie serpeggianti che in-ducono a vivere solo per se stessi, con l’unico scopo diaccumulare, ingrandire, mettere al sicuro; senza render-si conto che più si ha più aumenta il desiderio e, più au-menta il desiderio, più cresce una fame maligna, un ap-petito insaziabile che genera insoddisfazione, sconten-tezza e delusione.

Si diventa così sempre più egocentrici e diffidentiverso il prossimo, che è addirittura consideratod’ostacolo per il raggiungimento della propria felicità.Per questo motivo assistiamo al diffondersi di un gro-viglio di piccoli e grandi conflitti; già nel ristretto nu-cleo familiare constatiamo un aumento delle separa-zioni tra i coniugi a causa di generici motivi di “in-compatibilità” ed è ormai una triste consuetudine ve-rificare come “l’incomprensione” tra genitori e figlisia divenuta un ostacolo insormontabile per un dialo-go costruttivo. Nell’ambito lavorativo l’interesse per ilproprio tornaconto genera lotte e scontri tra datori dilavoro e lavoratori stessi. Senza dimenticare peraltroi veri e propri conflitti tra Paesi ricchi e prevaricatorie Paesi poveri e sfruttati.

La felicità è un’aspirazione universale, è il motore

che muove ogni umana scelta; tutto è fatto

in funzione del suo conseguimento, ma sarebbe

un vano agitarsi se non la cercassimo in Dio, il

quale, insieme alla vita, ci dona la vera felicità, la

pienezza di quella gioia di cui il cuore umano

ha veramente bisogno. di Marinella Binni

Tutto questo rappresenta sicuramente il delirio del-l’onnipotenza umana, la stoltezza di chi crede che la mi-sura dell’uomo sia l’uomo stesso. Così, giorno dopogiorno, il suo cuore si inaridisce perché insoddisfatto diuna vita costruita solo sul piacere, sull’avere e sull’appa-rire, gioie tutte illusorie e incapaci di soddisfare quel bi-sogno di vera felicità cui ogni essere umano aspira. Al-lora, nella speranza di ricevere un qualche aiuto, ricorrea tutto, persino agli astrologhi, ai maghi e ai cartoman-ti. Non si ferma davanti a niente, è disposto a spendereveri e propri capitali nell’acquisto di fasulli talismani emagiche pozioni; addirittura è pronto a inginocchiarsi eimplorare idoli di legno, terracotta o metallo pur di affer-rare quella chimera che è la felicità.

Questo è il desolante spettacolo di un’umanità che haconosciuto l’inganno di poter vivere una vita senza Dio,bastando a se stessa, nell’assurda convinzione di poteressere artefice della propria felicità e di poter vivere allagiornata, cogliendo l’attimo fuggente e assaporando ilpiacere di esperienze nuove e trasgressive. È la stessatentazione di Adamo ed Eva e degli uomini di tutti i tem-pi: diventare come Dio, sostituirsi a Lui. È il peccato ori-ginale, la causa prima dell’infelicità umana.

Tutto comincia con la negazione di Dio: Egli sembraessere veramente morto e i “sostituti” (progresso, benes-sere e consumismo) hanno mancato ogni promessa difelicità. L’assenza poi di veri valori, la perdita di validipunti di riferimento, la paura di un futuro che apparesempre più incerto, determinano una sensazione dismarrimento e di angoscia: l’uomo sperimenta il terroredi sentirsi solo, impotente, disperato. Solo allora, cosìcome “il figliol prodigo” della parabola, “rientra in sestesso” e si rende conto di quanto sarebbe stato meglioper lui non essersi mai allontanato dalla casa del Padre.

Tornare a Dio: ecco la sola speranza per chi vuole es-sere veramente felice; e Dio, che è Padre e che continuaad amare tutti i suoi figli, anche quelli che allontanando-si hanno conosciuto il peccato, corre loro incontro, li ab-braccia, fa loro festa, senza un rimprovero, come se nul-la fosse accaduto. E in quell’abbraccio rivela la grandez-

za smisurata del suo amore che si chiama misericordia,perdono. Ama, ama senza riserve, totalmente: quelloche conta per Lui è che quel figlio è ritornato. “Era co-me morto e ora è ritornato in vita”. È di nuovo con Luie può essere finalmente felice.

«Ascoltate… non dovrete più piangere, il Signoreha compassione di voi e vi soccorre appena gridate aLui» (Is 30,19).

C’è Lui che ci consola nei momenti di tristezza, per-ché è il solo che può trasformare il nostro lutto in gio-

È finita l’illusione di una felicità

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ia, che può liberar-ci da ogni paura,facendoci sen-tire che nonsiamo soli.Lui è lì,accantoa noi,per aiu-tarci ad

Lo spirito del “mondo” (così S. Giovanni chiama lasituazione di peccato in cui gli uomini vivono e i lo-ro criteri di valore stabiliti sulle passioni, l’orgoglio,

l’egoismo) ci aveva assicurato che:•• un indefettibile progresso tecnico-scientifico ciavrebbe reso felici, affrancandoci in ampia misura dalla

fatica del lavoro, trovando il rimedio sicuro a ogni malattia,migliorando in modo sensibile la qualità della vita……ma, svicolato da una Legge superiore, reso “ideolo-gia”, indirizzato e usato sovente per scopi di solo profit-to, piuttosto che per il bene reale dell’umanità, lo abbia-mo visto diventare di volta in volta: manipolazione scon-siderata della natura, con risvolti catastrofici per il piane-ta, occasione di maggior divario fra Paesi ricchi e Paesipoveri, miraggio verso cui dirottare l’esodo doloroso diintere popolazioni…

•• la “liberazione sessuale” ci avrebbe reso felici, per-mettendo di vivere l’incontro intimo con il partner senza“conseguenze” (ossia senza gravidanze indesiderate) e diconsentire perciò le stesse opportunità a entrambi i sessi……ma, scrollatasi di dosso la Norma morale superiore,questa presunta “libertà” si è rivelata in realtà con il suovero volto: libertinaggio, incapacità di saper attendere eprogettare, strumento per relazioni superficiali e senza“storia” (con le conseguenti delusioni che si sommano eche entrano come un pesante bagaglio anche nella sto-ria “giusta”), condizionamento spirituale per i figliche verranno…

•• il perseguimento del nostro proprio benesse-re psico-fisico ci avrebbe reso felici, attraversola salvaguardia a oltranza da ogni imperfezione,malattia, invecchiamento……così che, quando questi poi inevitabilmentesi affacciano, se non si ha confidenza con ilvero Bene, ecco che ogni forma di imperfe-zione viene vissuta come fonte di emar-ginazione, ogni decadimento come cau-

senza Dio

sa di disperazione, al quale porre rimedio con bistu-ri e silicone, in una continua lotta contro il tempoche avanza, contro gli altri (più belli, giovani, compe-titivi), contro se stessi…

•• che il possesso di molti beni materiali ci avrebbereso felici, che l’accumulare, possedere, sfoggiare fosse-

ro sinonimo di “esserci” e che servissero ad attirare glisguardi, il consenso, l’ammirazione degli altri……per scoprire invece che: privi della vera Ricchezza, fi-niamo per subire come un peso tutte le altre cose di cuici circondiamo; che l’iperconsumo non è che un modoper nascondere la paura che abbiamo di vivere una vi-ta anonima e solo “terrena”; che i sentimenti suscitatinegli altri sono gli stessi che ci hanno mosso nel com-petere con loro, ossia gelosia e invidia; che, quando ibeni accumulati verranno a mancare, non sapremo tro-vare altro valore in noi…

•• che il poter disporre della vita e della morte ciavrebbe reso felici, programmando se e come far na-scere un figlio, “selezionandolo”, arrivando anzi al proprio“clone”, decidendo come e quando morire, chi far mori-re, vagheggiando sull’immortalità…

…così che non siamo più sicuri di arrivare nemme-no alla vita: chi sono io? Il feto che nascerà o

quello che rimarrà “surgelato”, in attesa di essereutilizzato per futuri esperimenti scientifici? Sicura-

mente ottimi… ma per “chi”? Né sappiamo se, conil sopraggiungere della vecchiaia e del decadimento,

saremo visti alla fine come un “peso”, insosteni-bile per l’Assistenza sanitaria e del quale èmeglio disfarsi per alleggerire la collettività.E riguardo all’immortalità: che differenzafra chi si fa “ibernare” in attesa di… e chi

viene risuscitato da Cristo, anche nella car-ne, e condotto alla Vita eterna!

Alberta Ricci

Le proposte “mondane” e il loro fallimento

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affrontare ogni prova, pronto ad afferrare con la suamano potente la nostra per sottrarci dal baratro delladisperazione; e allora, per donarci una nuova speran-za, ci dice: «Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degnodi stima e ti amo» (Is 43,4).

Ma come fare a sentire la sua mano così da non ave-re più paura? C’è un metodo infallibile: pregare, metter-si in comunione con Lui. Anche nella frenesia con cui vi-viamo le nostre giornate, c’è sempre il richiamo dellasua voce che ci dice: «Rimanete nel mio amore» (Gv15,9) e ancora: «Chi rimane in me e io in lui porta mol-to frutto, perché senza di me non potete fare nulla»(Gv 15,5). Solo tornando a vivere da figli di Dio possiamoassaporare la gioia di sentirci incondizionatamente ama-ti, nella certezza che nulla, né fallimenti, né prove e nep-pure la morte potranno privarci di questo amore.

È Lui il nostro rifugio, il nostro approdo sicuro. Sia-mo noi, solo noi, al centro della sua attenzione; è noiche cerca e non le cose che possediamo. È quello chesiamo che vuole incontrare, non le nostre maschere, so-no i nostri occhi che vuole guardare, non i nostri occhia-li griffati, è il nostro cuore che vuole contemplare, non i

nostri abiti firmati, è nelle nostre case, anche le più umi-li, che vuole entrare, non nelle nostre lussuose residen-ze. È della nostra intimità che vuole godere, è dei nostribisogni, dei nostri desideri che vuole sentir parlare.

Soli con Dio, a tu per tu, cuore a cuore: ecco il se-greto della perfetta felicità. Ma quanti sono quelli chetra di noi possono dire di saper vivere soltanto confi-dando in Lui, abbandonandosi completamente fra lesue braccia, senza bisogno di aggrapparsi a cose inu-tili e superflue?

Quanti potrebbero rispondere: «Sì, mi basta soloDio; so che, meglio di me, conosce di che cosa ha se-te la mia vita»? Solo coloro che riusciranno a perdersicompletamente nelle mani del Signore assaporerannola vera gioia, perché il nostro cuore è stato fatto perun amore infinito e solo un amore infinito potrà col-marlo. «Per Te ci hai fatto, Signore, e il nostro cuo-re è inquieto finché non riposa in Te» diceva S. Ago-stino. E quest’inquietudine è il segno della presenza innoi di quella “scintilla divina” che è lo Spirito Santo, ilcui unico scopo è quello di far riunire la creatura alsuo Creatore: l’uomo a Dio.

È sbagliato però credere che la vera felicità, quellapromessa da Dio, sia solamente per il tempo successi-vo alla morte. In realtà la felicità, che è la vita eternanell’amore di Dio, comincia fin da adesso; oggi è un as-saggio, un anticipo, un pegno. Per coloro che fin da oral’hanno cercata e pregustata, la pienezza sarà nell’in-contro ultimo con Dio: l’essenza stessa della gioia.

Intanto il Padre, già da ora, si fa carico della sortedi ogni uomo, si impegna perché sia felice. Egli non èlontano e, per amore, è entrato nella storia del mon-do, si è fatto uno di noi in Cristo Gesù. Per la nostrasalvezza è nato, morto e risorto e durante tutta la suavita terrena volle e cercò, per tutte le persone che in-contrava, la gioia; una gioia vera, piena e traboccante,proprio perché era venuto nel mondo, così come leg-giamo in Giovanni, “affinché gli uomini avessero lavita e l’avessero in abbondanza”. La gioia dunque èper il cristiano un dovere, come afferma S. Paolo:«Siate sempre lieti… Dio vuole che facciate così, vi-vendo uniti a Cristo Gesù» (1 Ts 5,18).

Pertanto solo se saremo gioiosi potremo essere te-stimoni credibili di Gesù risorto; difatti non possiamoannunciare la salvezza, la speranza della “buona no-vella”, se i nostri visi sono tristi e i nostri occhi, rifles-so dell’anima, malinconici e spenti. La gioia per esse-re contagiosa deve essere vera, sincera e costante,non sporadica, eccezionale, quasi un abito da indossa-re in determinate circostanze. La felicità è uno statod’animo che deve trasparire in ogni nostro comporta-mento e in ogni nostra azione e non può essere diver-samente per chi ha sperimentato che il Signore sistrugge d’amore e di desiderio proprio per lui e real-mente crede che Dio, sua gioia, è con lui, in lui e perlui, tutti i giorni fino alla fine del mondo.6

Rob

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N on possiamo essere felici se non amiamo,perché smetteremmo di essere ciòper cui siamo venuti alla luce. Siamo felici

quando ci doniamo, quando riusciamoa camminare con il Signore.Dio ci ha amati per un bisogno grande di amoree ha messo nel nostro cuore la nostalgia di Lui.Tale amore ci spinge a ricercare la felicità, che èquindi l’obiettivo primario per vivere compiuta-mente la nostra vita. Creati per un bisognod’amore, direzionati e spinti verso la felicità,ecco cosa siamo. Quale è quindi la promessaultima? La Santità, con la S maiuscola, cioè lafelicità piena e più propriamente compiuta.

Simone Consegnati

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a Betlemme. Io voglio, almeno una volta, festeggiare solen-nemente la venuta del Figlio di Dio sulla terra e vedere, coni miei occhi, quanto ha voluto essere povero quando è na-to per amor nostro!”.

Giovanni Velita preparò tutto secondo il desiderio di S.Francesco. Verso mezzanotte i frati arrivarono al bosco congli abitanti della regione, accorsi in massa per vedere que-sta festa di Natale. Tutti portavano torce accese e intornoalla grotta c’erano i frati con ceri. Il bosco era tutto pieno diluce, come in pieno giorno, sotto la volta oscura degli elci.

La Messa venne celebrata so-pra la mangiatoia, che servivada altare, in modo che il Bim-bo celeste, sotto le specie del pane e del vino, fosse presen-te in persona, come a Betlemme. Improvvisamente, duran-te la Celebrazione, Giovanni Velita ebbe la visione chiarissi-ma di un Bambino vero, ma come morto o addormentatoprofondamente, nella mangiatoia. Francesco si avvicinò, loprese tra le braccia e il Bimbo, destatosi, gli sorrise tenera-mente, accarezzandogli con le manine le guance barbute ela rozza tonaca grigia.

Questa apparizione non meravigliò affatto messer Veli-ta. Perché Gesù era davvero morto, o almeno addormen-tato in molti cuori, nei quali frate Francesco l’aveva risveglia-to con le parole e con gli esempi».

Di nuovo scese il silenzio; il padre maestro aggiunse in ma-niera brusca, come per nascondere la propria emozione: «Ve-

di, Marco, anche allora era così; a Betlem-me c’erano però Maria e Giuseppe,

a Greccio c’erano Francescoe i suoi fraticelli. Loro era-

no la Chiesa. È laChiesa, Marco,

soltanto nellaChiesa il luo-

go dovecercare

Gesù».

Il padre maestro dei novizi stava scrivendo nellabiblioteca quando entrò il giovane frate. Allora sitolse gli occhiali, chiuse il blocco degli appunti e

vi appoggiò sopra le mani nel gesto di chi attende. Amavasinceramente il ragazzo che era appena entrato, ne ammi-rava la vivacità culturale, la gentilezza istintiva e soprattuttola sua capacità di pregare. Per questo aveva chiesto a lui diaiutarlo a battere al computer la traduzione in lingua moder-na su cui stata lavorando dal latino medioevale. Era la “Vi-ta prima” di S. Francesco, scritta da Tommaso da Celano.Ma il giovane novizio non era venuto per questo. Da qual-che giorno, avvicinandosi il Natale, era evidentemente op-presso da una pena: «Che c’è, Marco, perché sei così tur-bato?» disse. Il giovane rispose: «Ha visto, padre, com’è ri-dotto il nostro Natale? Ci sono angeli al neon che svolazza-no per le strade, accompagnati da stelle, renne e alberi diNatale, ma Gesù Bambino dove è? Le vetrine sono piene

di cose luccicanti e tutti pensano ai regali, solo ai regali. Per-fino i bambini dell’oratorio non parlano d’altro». La pena fa-ceva tremare la voce del giovane frate: «Dopo tanti secolitutto è ancora come a Betlemme, come in Israele: nessunolo aspetta, nessuno pensa a Lui. Padre, questa è una festapagana, una festa senza il Festeggiato!».

Tacque; tacquero entrambi e ognuno vedeva, riflessanell’altro, la sua stessa pena. Poi il padre maestro aprì dinuovo il blocco degli appunti e lo porse al giovane perchéleggesse: era il racconto dell’istituzione del primo presepedopo quello di Betlemme. «Nel 1223, di ritorno dalla TerraSanta, Francesco volle festeggiare il Natale in un modo chefino allora il mondo non aveva mai visto. Aveva a Greccioun amico e benefattore, messer Giovanni Velita, che avevadonato a lui e ai suoi frati una collina rocciosa e boscosa da-vanti alla città, perché potessero stabilirvisi.

Francesco lo fece venire e gli disse: “Voglio celebrarecon te la notte di Natale. Ascolta l’idea chemi è venuta! Nel bosco, vicino alnostro romitorio, c’è unagrotta tra le rocce, là tupreparerai un prese-pio pieno di fie-no. Mettici unbue e una s i n o ,propriocome

Il presepe di Santo Francescodi Renzo Bellanti

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Èquesta un’invocazione che non può nascere sullelabbra di un non credente, ma da un cuore checonosce Dio ed è a Lui consacrato.

Infatti le parole di questo salmo sono attribuite al re Da-vide, uomo unto da Dio, chiamato a realizzare un progettomolto importante. Egli, come tutti gli eletti, non chiese co-se futili o materiali al Signore, ma semplicemente un cuorepuro, che gli permettesse di stare alla sua presenza santa.

Nella mentalità biblica e semitica il cuore indica la se-de della vita psichica, intellettiva, affettiva, emotiva; indi-ca la volontà, la mente e la coscienza dell’uomo. È dun-que sinonimo dell’essere dell’uomo. Il Vangelo ci diceche “dal cuore provengono i propositi malvagi, gliomicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le falsetestimonianze, le bestemmie” (Mt 15,19).

Come facciamo noi a sapere se abbiamo un cuorepuro o impuro?

Esiste una prova che ci può illuminare al riguardo edè quella di metterci davanti a Dio e, cosa più complica-ta, davanti ai fratelli.

Mettersi davanti a Dio vuol dire confrontarsi con lasua parola. La Scrittura dice che “tutti sono sotto il do-minio del peccato; non c’è nessun giusto, nemmenouno” (Rm 3,10). Siamo tutti peccatori e bisognosi di sal-

vezza perché, come afferma il salmista, “Ecco, nellacolpa sono stato generato e nel peccato mi ha conce-pito mia madre” (Sal 51,7).

Ora Gesù è venuto proprio per questa categoria dipersone e si è schierato dalla loro parte: non per con-dividere il peccato ma per salvarli; mentre ha condan-nato spietatamente l’autosufficienza dei farisei, cioèdi coloro che si ritengono giusti davanti a Dio e agliuomini.

Gesù è andato incontro ai peccatori compiendoun gesto molto significativo: quello di sottometter-si, sebbene senza peccato, al battesimo di Giovan-ni, riconoscendo in questa pratica la volontà di Dio.

La sua missione salvifica inizia con il battesimo nelGiordano e ha compimento con il battesimo ultimo del-la sua morte e risurrezione. La missione della Chiesa ini-zia a Pentecoste con il battesimo nello Spirito e termine-rà con la Parusìa, ossia con la seconda venuta di Gesù.

Ogni ministero della grazia di Dio, come la predica-zione e l’evangelizzazione, inizia con il battesimo e sirealizza in esso. Così avviene anche per ogni battezzatoimpegnato a vivere il mistero di Dio.

Ma noi sappiamo che molti battezzati vivono comese non lo fossero. Come mai? Forse il battesimo non èefficace per tutti allo stesso modo?

San Paolo avrebbe sicuramente rivolto loro questadomanda: «Quale battesimo avete ricevuto?». I disce-poli di Efeso risposero: «“Il battesimo di Giovanni”.Disse allora Paolo: “Giovanni ha amministrato unbattesimo di penitenza, dicendo al popolo di crederein colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù”.Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome

del Signore Gesù e non appenaPaolo ebbe imposto loro le ma-ni, scese su di loro lo SpiritoSanto e parlavano in lingue eprofetavano» (Atti 19,3).

Anche noi siamo stati “tra-sformati” dall’effusione dello Spi-rito e, da battezzati passivi cheeravamo, siamo diventati battez-zati impegnati a tempo pienonella Chiesa e nel mondo. Il bat-tesimo può essere vissuto in duemodi: come rituale di purificazio-ne per la remissione dei peccati,fatto di osservanze della legge edei precetti; oppure come unapromessa che si realizza: «I cie-

Crea in me, o Dio, un cuore puro

«Crea in me, o Dio un cuore puro,rinnova in me uno spirito saldo.

Non respingermi dalla tua presenzae non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia di essere salvato,sostieni in me un animo generoso»

(Sal 51,12-14)

di Carmela De Leo Giordano

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chi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i leb-brosi vengono sanati, i sordi odono, i morti resuscita-no, ai poveri è annunziata la buona novella» (Lc 7,22).Ossia come potenza salvifica di Dio che può essere spe-rimentata da ogni battezzato, perché “Colui che dovevavenire” è già in mezzo a noi.

È il “tempo del fuoco dello Spirito”, che va vissuto co-me “un’immersione”, a simboleggiare la morte del “vec-chio uomo”, dell’Adamo che è in noi, è0 l’inizio della vitanuova in Cristo. È un dono che ci viene dall’alto; a noi pe-rò il compito di imparare a camminare in esso come uo-mini e donne nuovi, trasformati dall’azione santificante eperfezionatrice dello Spirito, che conferisce ai seguaci diGesù un principio nuovo e soprannaturale di vita.

Questa grazia non è riservata a pochi eletti, ma è pertutti; affinché attecchisca nei cuori, però, richiede alcunipresupposti, uno dei quali è la volontà di rinunciare alpeccato, perché la vita asservita alle passioni della carnenon riceve la grazia dello Spirito.

Il Signore ci ha lasciato delle fonti visibili dove poterattingere la grazia invisibile: i Sacramenti.

La Chiesa c’insegna che ogni volta che ci accostiamoal Sacramento della riconciliazione e dell’eucaristia, noisiamo mondi dei nostri peccati; è come se fossimo nuo-vamente immersi nel sacro mistero del battesimo.

Gesù però non limita tutta la sua potenza salvifica allapratica occasionale dei Sacramenti, perché questa potenzascorre come un fiume in piena, che travolge ed è inarresta-bile. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma infatti che“la sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa”.

La presenza dello Spirito nella Chiesa agisce sia sa-cramentalmente, sia attraverso molteplici carismi, com-piti e ministeri; e ogni cuore che voglia essere purodeve rimanere costantemente immerso nella Chie-sa, come in un “lavacro di rigenerazione e di rin-novamento nello Spirito Santo, effuso da lui sudi noi abbondantemente” (Tito 3,5).

La Chiesa, e nello specifico la Comunità d’apparte-nenza, aiuta i fedeli a fare memoria del proprio battesimo,invocando e celebrando lo Spirito, che tutto crea, rinno-va, rigenera, purifica, perfeziona. È Lui che trasforma icuori e li santifica. In concreto, battezza continuamente.

Questo memoriale della Pentecoste, chiamato “effu-sione dello Spirito”, insieme con quello della Pasqua, cifa entrare sempre più nell’intimità con il Signore, fino apossederlo nell’anima, portandoci nella redenzione e ri-surrezione di Gesù.

Ed è in virtù di questa comunione che noi possiamoriconoscerci sinceramente peccatori, perché a questo ri-conoscimento seguirà il pentimento, quello autentico,che si chiama “contrizione del cuore”.

Che cosa accade nella contrizione del cuore?Nel corpo umano, quando un muscolo si contrae,

causa un dolore, quella sensazione spiacevole che indicaun malessere o qualcosa che non va nell’organismo.

Il dolore è anche un mezzo di conoscenza che ci per-mette di sopravvivere. Immaginate se, toccando qualco-sa di bollente, o ferendoci gravemente, non sentissimodolore: sarebbe una tragedia!

Nella contrizione del cuore accade la stessa cosa, nelsenso che lo Spirito Santo, agendo in noi come rilevato-re di verità, fa luce sul nostro peccato e, a fronte di que-sta conoscenza, ci fa sentire dolore, indignazione, tri-stezza, rimorso; insomma ci fa pentire amaramente.

Non per piangerci addosso, ma piangere sul nostropeccato (che è molto più importante che resuscitare conla preghiera un morto!); e tutto ciò è provvidenziale pernoi, perché è il segno dell’inizio di una maturazione spi-rituale chiamata conversione, che durerà tutta la vita eche va vissuta come una vocazione.

S. Paolo ci esorta con queste parole: «Comportateviin maniera degna della vocazione che avete ricevuto»(Ef 4,1). Poiché siamo il Corpo mistico e questo Corponon si muove secondo un volere umano, ma è Dio stes-so che, rivelandosi nei cuori, suscita “il volere e l’opera-re secondo i suoi benevoli disegni” (Fil 2,13).

In noi questa volontà di Dio presenta segni e caratte-ristiche che ci accomunano ad altre persone, da Luichiamate a camminare nella Chiesa e nel mondo conun’impronta, con una spiritualità, ben precisa.

Nella Chiesa ci sono tante spiritualità, però il Signore cichiede di incarnarne una solamente; quella che “riconoscia-mo” fra le altre proprio perché in essa troviamo la nostra“identità spirituale”. Ovviamente l’identità si nutre di tante

SSppiirriittuuaalliittààFulvio Fusani

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cose: conoscenza, condivisione, testimonianze, imitazione.La necessità di doverne scegliere una soltanto non di-

scrimina le altre, perché tutte quante sono suscitate dal-lo Spirito Santo. Ma poiché il Signore è un pedagogosapiente, usa la spiritualità come un “metodo educativo”per raggiungere un obiettivo ben preciso: quello di gua-rire la nostra infedeltà.

Se vogliamo convertirci dobbiamo rimanere “al chiodo”come Gesù; se vogliamo convertirci dobbiamo morire a noistessi per poi risorgere.

Non esiste una conversione indolore; se c’illudiamo diaverne trovata una perché frequentiamo luoghi e incontri dipreghiera dove ci sentiamo appagati spiritualmente, ma do-ve però nessuno ci corregge, noi stiamo sfuggendo in real-tà la conversione del cuore.

Se, dopo l’esperienza entusiasmante dell’effusione, ci al-lontaniamo dalla Comunità, pur avendo mille ragioni valide,o la frequentiamo ad appuntamenti alterni, o solo nei mo-menti del bisogno, vuol dire che manchiamo di conversio-ne, sia personale che comunitaria.

In più cadiamo nell’inganno di pensare di conosceretutto della Comunità, smettendo così di stupirci dellemeraviglie che il Signore compie ogni qualvolta siamoriuniti nel suo nome; e così facendo, pian piano, ci sna-turiamo, diventando un “surrogato” di quello che il Si-gnore voleva fare di noi.

Se si vuole raggiungere la purezza di cuore, laconversione non può essere vissuta separatamentedalla propria origine. Se spiritualmente siamo natinella Comunità, apparteniamo ad essa, che ci hagenerato, come figli, nella fede.

Noi siamo “il sigillo” dell’apostolato della Comunità Ge-sù Risorto, nel Signore (cf 1 Cor 9,2). E anche quando ci al-lontaniamo dalla Comunità, conserviamo ugualmente que-sto sigillo impresso in noi per sempre. Nel Catechismo del-la Chiesa Cattolica al n. 819 leggiamo: «Lo Spirito Santo siserve della Chiesa e delle comunità ecclesiali come strumen-ti di salvezza, la cui forza deriva dalla pienezza di grazia e diverità che Cristo ha dato alla Chiesa Cattolica». La Comuni-tà Gesù Risorto è “cooperatrice della salvezza” perché, me-diante la preghiera, gli insegnamenti, l’esortazione e l’educa-zione all’ascolto profetico della Parola, ci aiuta a recuperarei valori che conducono alla vera conversione del cuore e ciprepara alla vita della risurrezione.

Il perdono, l’amore, la sopportazione, la pazienza so-no tutte cose che non si possono sperimentare standosoli, ma camminando uno accanto all’altro. Proprio co-me descritto nella profezia di Ezechiele, “le ossa inaridi-te, per riprendere vita, si devono accostare l’una accan-to all’altra per ricomporsi”.

Lo stesso Gesù ci ha insegnato questo, facendosi “an-noverare” tra i peccatori. E se Gesù è la via da seguire, al-lora vuol dire che anche noi dobbiamo rimanere in fila coni peccatori, per non sentirci mai degli arrivati.

Da questo dipende la nostra guarigione fisica e spiritua-le e quanti vivono la vita comunitaria possono testimoniaredi aver ricevuto “grazia su grazia”, perché aiutati ad apriregli occhi sulla propria condizione personale e sulla fede; gra-zie anche all’esercizio dei carismi e a un discernimento pa-storale che si fa carico dei più deboli per condurli sulla viadella salvezza.

Tutta la nostra esistenza deve essere una tensione versoil bene e la perfezione, perché una vita animata dall’amoredi Dio desidera un rinnovamento sempre più perfetto; tan-t’è vero che un puro di cuore non dirà mai: «Io sono a po-sto con la coscienza», ma come il pubblicano, battendosi ilpetto, dirà: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18,13).

Dio scusa chi sa accusarsi con gli altri e non con Luisoltanto. Al contrario, chi si scusa solo con Lui senza te-ner presente il confronto fraterno e l’amore per il prossi-mo, Dio lo accusa.

La purezza di cuore è una lotta fra carne e spirito, frasensi e ragione, fra istinti e grazia; lotta che S. Paolo la pa-ragona a una corsa allo stadio, dove tutti corrono ma unosolo conquista il premio: chi è temperante in tutto.

La temperanza è come un segno che deve apparire nel-la vita d’ogni giorno ed è lì che dobbiamo dimostrare di pro-gredire nella conversione e nell’avanzamento verso Dio, lot-tando contro i difetti del nostro carattere (che Jacquelinechiamava “virtù esagerate”) quali: suscettibilità, soggettivi-smo, vittimismo, irascibilità, intemperanza…

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Questi difetti diventano appigli per il diavolo, che vuolesconvolgere il nostro cuore e che ci riesce molto bene, senoi non impariamo a vegliare su noi stessi e sul nostro com-portamento.

Il male non va sfidato ma evitato e in alcuni casi va an-che cacciato con preghiere di autoliberazione, sapendo che,senza una rinuncia concreta al peccato, noi resteremoschiavi di quello che siamo.

«Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli in-fedeli nulla è puro» (Tt 1,15).

Il peccato va estirpato alla radice per non avere delle ri-cadute. Anche certi spettacoli, apparentemente innocui,sfruttano il nostro cuore con le passioni di tele-novelas, rea-lity, film violenti, trasmissioni d’opinionisti e maghi, che fal-sificano la visione della realtà. Chi non ha dominio di sé ochi non è stato nutrito dal “latte puro” della fede, rischia dicadere nel calderone della confusione e trasgressione.

«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8)proclama Gesù nel discorso della montagna.

È puro chi si lascia guidare con docilità dallo Spirito diDio, che da sempre è l’ispiratore giusto di tutte le azioni ele scelte degli uomini, anche quelle più piccole.

È puro chi sa amare le cose che “il mondo non cono-sce”, come il dono della castità, della verginità, del pudoree sa apprezzarne il valore anche negli altri.

La purezza è un’esperienza di cielo, riservata a quanti vi-vono sulla terra come Gesù. Consiste anche nell’essere fede-le alla grazia di Dio; che il più delle volte costa molta fatica,perché bisogna fare i conti con la propria umanità, fatta dipaure, resistenze, dubbi, incapacità, falsa umiltà, pigrizia. Mal’azione di grazia avviene a prescindere dalla nostra debolez-za; a S. Paolo, che si lamentava della sua prova, il Signorerisponde: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza, infatti,si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9).

Un puro di cuore non è esentato dalla lotta; anzi, al con-trario, egli viene “saggiato dalla prova che lo affina nello spi-rito e nell’anima”. Allora diventa fecondo, perché porta i

frutti di questa grazia, che sono la pratica delle beatitudini,del perdono, dell’amore per la verità e la giustizia, della pre-ghiera, della pace, dell’ordine.

Un cuore così ispira ammirazione e soprattutto fiduciaanche negli altri e questo significa “insegnare agli erranti levie del Signore”.

Solo dopo aver intrapreso la strada della purifi-cazione si diventa guida e luce per le genti; perchénessuno può condurre un altro su una strada chenon voglia percorrere per primo.

Queste sono le opere che danno gloria a Dio e che Egliriconosce come una realtà creata, cioè uscita dal suo seno.Nel nostro caso, la realtà creata è il nostro cuore convertito,che fa esultare di gioia il paradiso: «C’è più gioia in cielo perun peccatore che si converte che per novantanove giusti».

Quando noi ci convertiamo a Dio con tutto il cuore econ tutta l’anima, Egli “si converte a noi”, restituendoci tut-to ciò che il peccato ci aveva sottratto: la nostra somiglian-za con Lui. Se dunque somigliamo a Dio, non possiamo piùvivere accontentandoci del minimo indispensabile, perchéDio è amore, potenza, guarigione e santità. Noi dobbiamofare nostri tutti questi requisiti, rispondendo con generositàalla sua grazia.

Dopo aver ascoltato tutto questo, non possiamo viverea cuor leggero, perché il Signore fa dipendere, dal cuore diognuno di noi, il futuro della Comunità Gesù Risorto e delRinnovamento Carismatico mondiale.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 828 leggia-mo: «I santi e le sante sono sempre stati sorgente e origine dirinnovamento nei momenti più difficili della storia della Chie-sa. Oggi, siamo noi i santi chiamati a muovere il mondo te-nendo acceso il fuoco dello spirito ed ad amare la Chiesa».

Quest’amore ci farà partecipare insieme alla realiz-zazione della profezia: «Crea in me, o Dio un cuorepuro» quando un giorno, rivestiti di una veste bianca,insieme ai vergini, ai martiri, ai santi tutti, seguiremol’Agnello di Dio, cantando un cantico che solo ai puridi cuore sarà dato di cantare.

Quando il Signore “costruisce” una Comunità, asse-gna a ciascuno dei chiamati il suo posto, ponendo al-cuni come “travi portanti”, sulle quali far gravare,

più che su altri elementi, il peso di tutta la struttura.Ed è a queste “travi” che Egli chiede di curvarsi,

sotto la sua mano potente, abbandonando ogni pretesa eabbassando ogni orgoglio, per lasciarsi modellare da Luisecondo il bisogno.

Chiede loro di affiancarsi e intrecciarsi, per distribuireal meglio le spinte a mantenere in piedi tutta l’architettura.

Chiede loro di rimanere, anche quando il compitoappare più grande delle proprie possibilità, quando c’èla consapevolezza che la propria conversione non è arri-vata al punto desiderato e questo sembra sminuirle agliocchi di coloro che esse stanno servendo, quando la“mobilità” e l’abbandono di altri elementi produce delu-sione e scoraggiamento.

Ma la fedeltà alla chiamata comporta allora anche que-sta preghiera: «Signore, credo che sei stato Tu a scegliermie ad affidarmi questo compito, Tu che fai bene tutte le cose.Non è perciò delle mie capacità che mi fido, ma della tua

misericordia e della tua sapienza. Tu mi hai scelto, amato ecostituito e Tu continuerai a portare avanti l’opera delle tuemani. Io mi fido del tuo amore!». Alberta Ricci

Roberto Ricci

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12 Roberto Fiume

LA RIVISTA

La Rivista, organo ufficiale dellaComunità, con periodicità trimestra-le, è uno strumento di formazione,di conversione e di evangelizzazioneche, nato 14 anni fa, intende porta-re ai popoli l’annuncio del Regno diDio in mezzo a noi, trasmettendoquesto messaggio su fogli di cartastampata, certi che ci sarà semprequalcuno, in qualche altra parte delmondo, che lo accoglierà.

Come abbiamo appreso dalla di-retta testimonianza della sua direttri-ce, Alberta Avòli Ricci, la profezia ini-ziale che l’ha ispirata è stata suscitatadall’amore con cui lei, anni prima,aveva accolto la rivista di un’altra Co-munità (“come una lettera personaleche mi parlava di vita eterna”) e dalsuo desiderio di poter continuare an-che nella Comunità Gesù Risorto abeneficiare di un simile dono, con ilquale approfondire e condividere lavita carismatica. Aveva anche chiestoal Signore di poter essere utile perquesto progetto e pregato per alcunianni affinché questa profezia potesseprendere vita.

Fin dal principio la Rivista ha as-sunto una precisa identità, con lo sco-po di rispecchiare la spiritualità dellaComunità Gesù Risorto nelle sue li-nee generali e di trasmetterne la vitareale e concreta. Ogni nuovo nume-

ro si ispira infatti agli avvenimentifondamentali dell’anno (Convegno,Corsi di Formazione, Ritiri, Missioni),riportando prima di tutto gli insegna-menti del CNS e facendoci rivivereancora quei momenti di Grazia. È co-sì che la Comunità “fa memoria” deiprodigi di Dio, raccontandoli e custo-dendoli per noi, affinché essi non va-dano dimenticati. Come canta il Sal-mista, anche noi possiamo dire infat-ti: «Ciò che abbiamo udito e cono-sciuto e i nostri padri ci hanno rac-contato, non lo terremo nascosto ailoro figli; diremo alla generazionefutura le lodi del Signore, la sua po-tenza e le meraviglie che egli hacompiuto» (Sal 78,3-4).

La Rivista è dunque la “voce”della Comunità Gesù Risorto; po-tremmo anzi dire che è proprio laComunità che la scrive, raccontan-do se stessa, la sua storia, quellache rimarrà negli anni e che saràtestimonianza per le generazioniche verranno. Così, ogni volta chela leggiamo, ci accorgiamo di co-me sia sempre nuova, bella, per-ché si lascia guidare dallo Spirito;essa infatti non invecchia mai, isuoi contenuti sono vivi, attuali,perché lo Spirito Santo li rinnovacontinuamente.

Un’altra sua peculiarità è quelladi rispecchiare le profezie che gui-dano e accompagnano la Comuni-tà in ogni suo momento, svilup-pandole nei vari articoli e comple-tandole e arricchendole con altritesti, con testimonianze, con fotoe immagini.

Il progetto su cui vive è sostenu-to unicamente dal Signore, per que-sto non cerca aiuti economici nellapubblicità e nonostante ciò, ha vistoaumentare più volte la sua tiratura.

Si rivolge a tutti i membri dellaComunità Gesù Risorto e a quanticredono che Gesù è il Signore, affin-ché trovino in essa un valido aiutonella propria crescita spirituale; atutte le realtà ecclesiali e alle altreaggregazioni laicali, affinché possia-mo imparare a conoscerci e a sti-marci reciprocamente; a quelli cheancora non conoscono la Comunità,perché sappiano di poter aderire li-beramente ed entrare a far parte delpopolo carismatico; a coloro che so-

no lontani da Dio, perché possanotrovare in essa ospitalità e incorag-giamento; ai nostri Pastori, affinchéci riconoscano come realtà viva, checammina nella verità del Vangelo, esappiano usarci secondo i nostri ca-rismi e la nostra spiritualità.

LA REDAZIONE

La Redazione è formata da unaDirettrice responsabile, AlbertaRicci, una Capo-redattrice, Mari-nella Binni e altri Redattori e colla-boratori che partecipano per lacomposizione degli articoli e, inqualche caso, per la parte grafica.Tutte persone che vivono la Comu-nità come dono personale di salvez-za, che la servono già con passio-ne, anche con compiti di animazio-ne e di responsabilità, e che sonoin profonda comunione tra loro e

Il Ministero nazionaledella Redazione

La parola “ministero” vienedall’espressione latina “minusstare”, ossia “stare in basso”,per compiere un servizio umilee disinteressato, svolto in modostabile per il bene comune.

I MINISTERIIN COMUNITÀ

Il Ministero della Redazione esercita da anni la sua opera dievangelizzazione a mezzo stampa curando la realizzazionedella Rivista “Gesù Risorto” (e di ogni altra produzione adessa correlata) e contribuendo alla pubblicazione di libri, lo-candine, poster e altro materiale dal contenuto spirituale.

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denza alla preghiera, a favore deilettori e di altre intenzioni specifichedi questo Ministero.

Quindi si passa a verificare il ma-teriale che si ha già disposizione e aprogrammare quello che va com-missionato, sia agli stessi Redattori,sia ad altri articolisti esterni. Questiultimi di solito vengono “cercati”chiedendo al Signore di rivelare i ta-lenti dei fratelli (anche quelli di cui gliinteressati stessi non sono piena-mente consapevoli) e in che modometterli a frutto, affinché molti pos-sano partecipare al comune impe-gno all’annuncio e all’evangelizza-zione con il proprio originale contri-

con il CNS, che costituisce tra l’al-tro il Consiglio di Redazione. All’in-terno della Redazione il clima di re-ciproca donazione è tale che tuttisono disponibili a scambiarsi i ruolie a suddividersi i vari compiti, inmodo che nessuno possa sentirsiinsostituibile e la Rivista stessa nonrisulti “legata” a una singola perso-na ma a una comunità di persone,ognuna delle quali è ben consape-vole che tutto deve essere fatto agloria di Dio e che, prima ancora,tutto viene da Lui.

Gli incontri sono periodici e co-minciano sempre dando la prece-

ancora una volta mi sento di do-vervi ringraziare per la vostra dona-zione generosa e perché vi fidate sem-pre del Signore e non vi lasciate sco-raggiare dal senso di inadeguatezzaper il servizio della stampa.

Durante il nostro incontro ho pro-vato davvero tanta tenerezza del Si-gnore nei vostri confronti, nel sentirvidire le vostre perplessità riguardo alvostro servizio, perplessità che hannofondamento e che a me personalmen-te farebbero tremare i polsi. Davverola potenza di Dio si manifesta nellanostra debolezza, voi me ne avete for-nito un esempio eloquente, perché laRivista esce sempre molto curata epuntuale, al di là delle difficoltà.

Il Signore si serve di ognuno di voiin maniera formidabile, soprattuttoquando dite:«Non è proprio da mequesto sevizio, ma ce la metto tuttaper glorificare Dio attraverso questolavoro», perché allora Lui viene invostro aiuto, vi benedice e vi sostiene.

I membri della Redazione.Da sinistra: Alberta Ricci,

Luciana Alimonti, Renzo Bellanti,Marinella Binni, Ernesta Masci.Nella foto piccola Roberto Ricci

rimanete saldi nella vocazione cheavete ricevuto per glorificare Dio.

Grazie perché, “…dall’Alpi alle Pi-ramidi, dal Manzanarre al Reno”, per-mettete che la nostra Rivista viaggi perraggiungere tutti noi della ComunitàGesù Risorto, che vive e si espande an-che per la vostra personale dedizione.

Possa lo Spirito Santo illuminarviper cose sempre più grandi e vi doni divedere i frutti dell’impegno che profon-dete con generosità; ma soprattutto vifaccia amare tanto tra di voi, gareggian-do in bontà e nella stima reciproca, rite-nendo gli altri sempre migliori di voi.

Tutto sia fatto senza spirito di ri-valità, con pazienza e rispetto del la-voro dell’altro, senza ricercare il con-senso umano, ma soltanto la gloria diDio che vi ricompenserà largamente.

Vi voglio tanto bene e vi stimo ec-cellenti. CCllaarraa RRiioollii

Del resto penso sempre che al Si-gnore non mancherebbero né i “cervel-li” né le “penne” per comunicare lesue meraviglie e, se vuole, può suscita-re anche tra voi un novello don Albe-rione… ma è una caratteristica del suostile quella di usare per il suo Regnoproprio coloro che vengono scelti se-condo disegni reconditi e non secondocriteri umani. Spesso quello che pesasu ogni nostro servizio nella Comunitàè il pensiero del giudizio degli altri, mase noi non guardiamo con malizia inostri fratelli, anche loro non sarannomaliziosi, anzi copriranno e giustifi-cheranno sempre anche gli eventualierrori, perché così fa il Signore Gesù.

Mi rallegro tanto con voi, perchésiete aumentati in numero e in dona-zione, e vi ringrazio di cuore perché

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Cari e coraggiosi fratelli della Redazione,

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buto. “Pronti a saper rispondere achiunque ci domandi conto dellasperanza che è in noi”, come ciesorta la Prima lettera di S. Pietro.

GLI ARTICOLI

I Redattori pertanto non soloscrivono in prima persona, ma aiu-

tano altri a farlo, dando loro i giustisuggerimenti, incoraggiando, cer-cando di cogliere quell’ispirazioneche il fratello ha nel cuore e che vor-rebbe comunicare. Essi raccolgonotutto il materiale pervenuto, lo leg-gono, eseguono le correzioni e i ta-gli necessari, cercando sempre di ri-spettare lo stile di chi scrive, e a vol-te rispediscono anche agli articolistii testi con le opportune annotazioni,affinché essi possano rielaborarli inmodo più adeguato, infine valutanocon attento discernimento quali so-no le cose da pubblicare e quali no.

Coloro che scrivono sono quasiesclusivamente laici: mamme di fa-miglia, impiegati, operai che rac-contano la propria personale espe-rienza del Signore. Tutti i fedeli del-la Comunità possono mandare arti-coli o testimonianze; non c’è alcunlimite alla collaborazione (che natu-ralmente è a titolo gratuito). È im-portante però sottolineare che devo-no farlo senza cercare la propriapersonale gratificazione, senza inor-goglirsi nel vedere il proprio nomescritto e soprattutto senza prender-sela qualora il proprio lavoro nonvenga pubblicato.

Non vengono richieste una pre-parazione giornalistica o una grandecapacità letteraria, ma che si scrivasecondo lo Spirito, per amore diDio; è necessario inoltre che vengarispettata l’identità della ComunitàGesù Risorto, la sua specifica spiri-tualità, che quell’annuncio che il fra-tello sente di trasmettere sia vera-mente carismatico e possa diventareun messaggio di gioia e di speranzaa coloro che lo leggono.

Gli articoli espressamente richiestidalla Redazione hanno la precedenzarispetto agli altri, poiché risultano giàinseriti nel Sommario, che viene pro-grammato con mesi di anticipo eman mano definito. Nel tempo si èpotuto sperimentare la Provvidenzadel Signore, il quale ha sempre con-cesso molto di più di quanto necessa-rio; per questo la Redazione ringraziacontinuamente, sia per il materialeche viene pubblicato, sia per tutto

quello che avanza. Quest’ultimo poiviene sempre messo da parte, nonper paura di rimanerne senza, maper sovrabbondanza di doni!

LE RUBRICHE

Gli articoli sono inseriti all’inter-no di specifiche rubriche, alcune del-le quali fisse, altre periodiche; questacollocazione permette una più age-vole chiave di lettura e un’appro-priata distribuzione dei temi di voltain volta trattati.

Tra le rubriche fisse:“La Redazione ha pregato per

te”, che appare sempre sulla secon-da pagina della Rivista, ed è un pic-colo, sincero impegno di preghieraa favore di tutti i lettori, che ci fasentire subito accolti e amati e ci in-vita a iniziare la lettura;

l’“Editoriale”: introduce la pro-fezia principale, che costituisce il filoconduttore di ogni numero; è comeun’anteprima di ciò che scopriremodi Lui nelle pagine seguenti;

“Spiritualità”: raccoglie gli inse-gnamenti del CNS, ma anche di al-tri Animatori, su argomenti che ri-guardano la nostra spiritualità; sonoun nutrimento indispensabile per lanostra formazione cristiana e cari-smatica, ci fanno conoscere ancoradi più il Signore Gesù e ci aiutano aconseguire una fede più matura;

“Vita della Comunità”: contie-ne le cronache degli avvenimenti na-zionali e internazionali, nonché diquelli locali (ritiri comunitari, incontridi preghiera, giornate per l’effusio-ne) e contribuiscono a rendere la Ri-vista un elemento di collegamentoall’interno dell’unica Comunità GesùRisorto, ormai presente in altre par-ti del mondo;

“Testimonianze”, attraverso lequali il Signore ci seduce, ci scuote,ci converte; sono quelle concrete,nelle quali si evidenzia l’azione delloSpirito Santo in noi, e che non han-no bisogno pertanto di immagini en-fatiche o frasi ad effetto, né tantomeno debbono contenere “auto-ce-lebrazioni”. Sono scelte seguendoalcuni criteri, come quelli di racco-

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Dall’alto: Walter Cascioli, RobertoFiume, Fulvio Fusani, che rendonobella la Rivista con le loro foto.

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Oltre che dai vari articoli,un grosso contributo allaRivista viene fornito da: fo-

tografie, quadri, disegni e lavori digrafica che, in questi anni, hannoraggiunto tutti un elevato standarddi qualità, mettendo in risalto nonsolo le capacità tecniche e creativedei fratelli, ma soprattutto, e natu-ralmente, la loro ricchezza spiritua-le e i loro carismi.

Il filo conduttore di ogni opera è sen-za dubbio l’amore per il Signore, chepermette a un “prodotto” di essereprofetico e conforme allo spirito del-la richiesta. I lavori nella maggior par-te dei casi vengono infatti “commis-sionati”; altre volte nascono inveceda iniziative personali degli artisti, daispirazioni ricevute magari all’improv-viso, in preghiera, e consentono aiRedattori stessi di cogliere una parti-colare “indicazione” del Signore suquale progetto portare avanti.Spesso poi si è verificata addiritturauna sorprendente corrispondenzafra il materiale pervenuto e ciò cheproprio in quel momento servivaper completare una pagina dellaRivista o per sviluppare un’idea peril Calendario, per il manifesto delConvegno, ecc. Questo succede soprattutto quandosi vive intensamente la Comunità etestimonia un grande spirito di uni-tà, che suscita nei cuori ispirazionicomuni, che solo Dio può dare. «Visono poi diversità di carismi, ma

uno solo è lo Spirito; vi sono diver-sità di ministeri, ma uno solo è ilSignore; vi sono diversità di opera-zioni, ma uno solo è Dio, che ope-ra tutto in tutti» (1 Cor 12,4-6).

I disegni e i quadri, eseguiti con letecniche più varie, pervengono tal-volta in originale e talvolta in foto.Servono a illustrare soprattutto ibrani della Scrittura e a esprimere

concetti di fede che non è facile rap-presentare attraverso fotografie;queste ultime invece servono piutto-sto a “confermare” che quanto vie-ne creduto e annunciato si fa real-mente “carne” in una Comunità.In Redazione c’è un archivio foto-grafico, sia digitale che cartaceo, or-mai notevole: pensate solo alle mi-gliaia di foto che vengono scattate alConvegno e per le quali c’è tutto unlavoro da parte dei0 fotografi (chedevono arrivare prima degli altri eandare via per ultimi, nonché scari-care le foto e farne un DVD da con-segnare con tempestività alla fine diogni avvenimento comunitario) e daparte della Direttrice e di alcuni col-laboratori (che selezionano, “taglia-no”, archiviano, ripescano le imma-gini più opportune…).Anche la grafica ha il suo ruolo: siaper “ottimizzare” al computer le im-magini di cui si dispone, sia percreare opere originali, nelle qualil’annuncio spirituale è veicolato daun forte impatto visivo.

Grafica, pittura, fotoFabio Tarantino

Rosa Marinaro

Luigi Giannone

Dall’alto: Gregorio Marinaro, men-tre illustra un tema del prossimo Ca-lendario; Fabio e Anna Maria Taran-tino, impegnati a realizzare il logoper uno dei nostri Corsi; Alberta eMarinella, mentre definiscono que-sto numero della Rivista in tipogra-fia, insieme con Diego.

consacrati della nostra Comunità;“I giovani (e i giovanissimi) nella

Comunità”: ci fanno ascoltare la vo-ce dei nostri ragazzi, il loro entusia-smo, la loro passione e ci parlano deiloro impegni, nella Chiesa e nella Co-munità, in diverse attività: di preghie-ra, di musica, di spettacolo;

“Il Rinnovamento Carismaticonel mondo”: per approfondire la co-noscenza del Movimento Carismati-co, di cui la Comunità Gesù Risorto faparte, anche mediante cronache deiprincipali eventi, le interviste ai leadermondiali, le informazioni sugli appun-tamenti promossi dall’ICCRS (Inter-national Catholic Charismatic Rene-wal Services);

giungere il nostro “grazie” a Dio fi-no agli estremi confini della terra.

Le rubriche ricorrenti sono anco-ra più numerose; tra le tante citiamo:

“Riflessioni”: esperienze perso-nali, dal taglio profetico;

“Spiritualità familiare”: intervi-ste e scritti per difendere e promuo-vere la famiglia, il sacramento delmatrimonio e il dono della vita;

“La risurrezione nella coppia”: te-stimonianze significative di coppie chesi sono riconciliate dopo anni di crisi edi separazione o che si sono sposatedopo lunghi periodi di convivenza;

“Vita consacrata”, con particola-re interesse per le sorelle e i fratelli

glierle attraverso i Responsabili delleComunità parrocchiali di apparte-nenza (che si fanno garanti della lo-ro autenticità) e di dare la preceden-za a quelle che rispecchiano meglioil filo conduttore di quel numero.

In questi ultimi anni si è notataun’evoluzione anche nel modo difare testimonianza, segno che laComunità è maturata sia nell’espe-rienza spirituale sia nel linguaggioper esprimerla.

I fratelli hanno infatti compresoquanto sia importante testimoniarela Grazia di Dio e dare a Lui la Glo-ria; la Rivista ha il privilegio di am-plificare queste testimonianze, difarle arrivare molto lontano, di far

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Contestualmente alla Rivista è natal’ispirazione di pubblicare libri che cu-stodissero la storia della Comunità estrutturassero tutto il patrimonio spiri-tuale e carismatico di una vita comuni-taria che è già vissuta e che viviamo tut-tora. Essi provengono dalla raccolta diuna grande quantità di appunti che, nelcorso degli anni, sono stati presi ai variCorsi di Formazione, ai Convegni, aiRitiri, nelle Comunità di crescita, duran-te i Seminari di effusione... Tutto il ma-teriale raccolto è stato nel tempo suddi-viso per argomenti e man a mano èconfluito nella stesura dei libri stessi. Purnascendo da un’ispirazione e da un la-voro personale di Alberta e RobertoRicci, tutti i libri vengono dati alla stam-pa dopo il consenso definitivo del CNSe, nel loro iter tipografico, sono “segui-ti” dalla Redazione, che contribuisce so-prattutto con la correzione delle bozze.

Ad oggi sono usciti i seguenti libri:

Collana Linee Caratteristiche:n. 1 - Comitato Nazionale di Servizio,

“Linee caratteristiche” (4a ediz.) n. 2 - Jacqueline Dupuy,

“Vivere nello Spirito”(Seminario per l’Effusione dello Spi-rito: testo per effusionandi)

n. 3 - A. Alberta Avòli - Roberto Ricci“Vivere nello Spirito”(Seminario per l’Effusione dello Spi-rito: testo per Fedeli e Animatori)

n. 4 - A. Alberta Avòli - Roberto Ricci“Fai della tua vita un dono”(Spiritualità e norme praticheper Fedeli e Animatori)

n. 5 - A. Alberta Avòli - Roberto Ricci“Vivevano insieme”(Strutture, tempi e modi della vitacomunitaria)

n. 6 - A. Alberta Avòli - Roberto Ricci“Storia della Comunità”(I primi 20 anni: giugno 1987 - giu-gno 2007)

Collana Vita Carismatica:n. 1 - Jacqueline Dupuy,

“Magnificat” (biografia mariana)

“Nella Chiesa”: riporta i gran-di avvenimenti ecclesiali;

“Liturgia viva”: pagine che ap-profondiscono e rafforzano il no-stro modo di celebrare la fede;

“Linee Caratteristiche”: rubricache illustra gli argomenti legati soprat-tutto alla struttura della Comunità;

“L’intervista”: fatta a perso-naggi impegnati su temi di partico-lare interesse, attinenti alla nostrarealtà carismatica;

“L’inchiesta”: raccolta di variinterventi su un unico argomento,così che possa essere “letto” dapiù angolazioni;

“Preghiere sulla strada”: pen-sieri e riflessioni spontanee, suscita-te da luoghi o avvenimenti che sti-molano la preghiera; sono immagi-ni raccontate in modo semplice, mafissate come attimi irripetibili;

“Siate sempre nella gioia”:simpatiche vignette che aiutano ariflettere sorridendo.

In più tante altre rubriche edavvisi, con le informazioni sul Con-vegno, su altre iniziative di pre-ghiera, sulle nuove pubblicazionieditoriali della Comunità.

Quando tutti gli articoli sonostati scelti (corretti, talvolta digitati,resi a colonne e colonnine…) e lefoto sono anch’esse pronte (sele-zionate, “tagliate” per mettere inevidenza l’essenziale, ripescate da-gli archivi…) la Direttrice e la Ca-po-redattrice procedono quindi aimpaginare tutto il materiale, realiz-zando un primo bozzetto, comple-to di ogni indicazione utile affinchéil grafico della tipografia possa ela-borare al computer la prima bozza.Nuova correzione di errori, sviste erefusi ed ecco che, tutti e tre insie-me, “ipnotizzati” per ore davanti alcomputer, procedono ad apportarequei mille piccoli ritocchi che da-ranno a quel numero la sua vestedefinitiva e la sua carica profetica.

Una citazione a parte la merita ilCalendario murale, che è consideratocome il quinto numero della Rivista.In genere su ogni foglio ci sono alme-

no tre immagini, tra foto e disegni:un po’ come a Messa, dove ascoltia-mo ogni volta tre letture, ognuna del-le quali approfondisce l’altra.

Il suo significato è complessiva-mente assai ricco, poiché esprimei carismi degli artisti, acquista an-cora più valore con i testi e trovainfine completezza nella parte litur-gica. Non è un “semplice” calen-dario, ma un originale modo di an-nunciare il Vangelo, lungo tutto unanno… di grande impatto visivo,dove le immagini, spesso di vitacomunitaria, lasciano trapelare lapresenza del Signore, mentre ogniparola scritta la rendono viva.

M.Grazia e Riccardo Colonnello

I libri dellanostra Comunità

Dall’alto: Carlo e Laura Grimaldi,Fabio e Cristina Felicetti, mentre

aggiornano il Sito della Comunità

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LLiinneeee CCaarraatttteerriissttiicchhee

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preghiera, hanno ricevuto guarigionifisiche e spirituali. Altre rubriche ci illu-strano le principali “linee caratteristi-che” della Comunità, ne descrivono gli“avvenimenti” più importanti, ci riferi-scono sulle “missioni” del CNS, in Ita-lia e all’estero; e ancora, ci presentanotutte le Comunità nel mondo, con i ri-spettivi luoghi e orari di preghiera (ag-giornati dallo speciale opuscolo chetroviamo ogni volta allegato alla Rivi-sta). Volutamente non abbiamo accol-to e inserito nessun messaggio pubbli-citario per non offuscare l’unica notiziache realmente ci sta a cuore: Gesù è ri-

sorto! Tanto lavoro è so-stenuto naturalmente dauna costante preghiera,senza la quale il Sito web

non potrebbe esistere; su ogni novitàda proporre ai fratelli viene fatto un at-tento discernimento, e per ogni inizia-tiva viene invocata la presenza delloSpirito Santo, affinché continui a gui-dare questo progetto di evangelizzazio-ne. Attualmente, in concomitanza conil ventennale della Comunità, è statorinnovato completamente la sua vestegrafica e tecnologica, arricchendo l’in-terfaccia con una composizione di im-magini che ha lo scopo di far com-prendere con più immediatezza le “li-nee caratteristiche” della Comunità; èstato curato maggiormente l’aspettointernazionale, aumentando il numerodi contenuti tradotti in più lingue, perdare la possibilità anche ai fratelli lon-tani di condividere al meglio la vita co-munitaria.

L’obiettivo per il futuro è di far co-noscere sempre di più la Comunità Ge-sù Risorto, attraverso nuovi strumentiche permettano di interagire con il Si-to web, e con altre innovazioni chepossano stimolare fratelli e sorelle ditutto il mondo a fare un’esperienzasempre più concreta (e non solo virtua-le) dell’amore di Dio.

incontri, sfogliare le locandine dei pre-cedenti Convegni, conoscere la storiadel Rinnovamento Carismatico.

È possibile anche iscriversi a un ser-vizio di mailing list (lista per corrispon-denza), che raggiunge oggi migliaia diiscritti; ovvero, comunicando il proprionome ed e-mail, si possono riceveretutte le news della Comunità Gesù Ri-sorto e i vari aggiornamenti del Sitostesso, direttamente nella propria ca-sella di posta elettronica.

Iniziamo dunque la navigazione.Digitando l’indirizzo: http://www.gesu-risorto.it veniamo accolti dal volto di

Gesù Risorto (quello ela-borato elettronicamentedalla Sindone) e dalle pa-role di benedizione delDio dell’Alleanza: «Ti be-

nedica il Signore e ti protegga. Il Si-gnore faccia brillare il suo volto su dite e ti sia propizio. Il Signore rivolgasu di te il suo volto e ti conceda pa-ce» (Nm 6,24-26). Dopodiché scegliamola lingua che preferiamo, tra italiano,inglese, spagnolo e, tra poco, anchetedesco e francese.

Entriamo così nella home pageche contiene tutte le notizie, costante-mente aggiornate, e ci presenta unaserie di rubriche, raggruppate per ar-gomento; come quella dedicata ai“canti”, dove è possibile scaricare unaparte dei brani composti dai ragazzidella Comunità, “preghiere settimana-li” di intercessione (alle quali ci si puòunire, sia per intercedere, sia per ri-chieste personali), la sezionesull’“evangelizzazione”, contenente ar-ticoli tratti dalla Rivista, cronache di Ri-tiri e Convegni, nonché testimonianzeche riguardano membri della Comuni-tà Gesù Risorto i quali, attraverso la

Il Ministero nazionale della Re-dazione comprende anche ilSito Internet, nato nel 1999

dalla passione per il “web” di CarloGrimaldi, che lo ha ideato e costruito eche ora (coadiuvato da Fabio Felicettiper la parte tecnologica e dalla moglieCristina per la parte grafica) ne svolgele funzioni di supervisore. Da allora ilnostro Sito è cresciuto velocemente,trasformandosi in un portale di evan-gelizzazione ricco di informazioni, conpiacevoli pagine on-line che parlanodella nostra identità spirituale e che, in

particolare, diffondono nel cyber-spazio gran parte del materialepubblicato sulla rivista “Gesù Risor-to”. È la Redazione che pertantosceglie e invia i nuovi articoli, deci-dendo spesso di privilegiare il Sitorispetto alla carta stampata, soprat-tutto per le cronache di taluni avve-nimenti, affinché questi non perda-no di interesse, ma possano essereconosciuti e letti in tempo reale.

È un servizio che la Comunitàoffre non solo a se stessa, ma almondo intero, perché Internet èuna forma di comunicazione attua-le, che ci permette di arrivare qua-si ovunque, con grande rapidità edefficacia. Il target di utenza è per-tanto molto vario, composto sia dacoloro che fanno parte della Co-munità, o del Rinnovamento Cari-smatico più in generale, sia da visi-tatori occasionali, favorendo op-portunità di annuncio, preghierareciproca e anche incontro.

Gli accessi giornalieri sonomoltissimi, come constatiamo dauno speciale contatore: chi cercauna formazione spirituale, chi si in-forma su appuntamenti comunita-ri, chi ha bisogno di affidare un’in-tenzione di preghiera. È possibileanche rileggere gli insegnamenti

del CNS fatti al Convegno, ai Corsi diFormazione per Animatori e Respon-sabili, ai Convegni per i giovani, oppu-re guardare le foto scattate nei nostri

Il perché di un Sito Internet della nostra Comunità nasce dalle parole stesse di Ge-sù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). È que-sta la missione che il Signore ha affidato a ciascuno di noi e che ci chiama a compie-re con ogni mezzo, anche quelli che ci vengono offerti dalle moderne tecnologie.

Sito Internetwww.gesurisorto.it

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bronzo, era ricoperta di una patinad’oro. Con il tempo la patina lucente èscomparsa, ma torna a farsi vedere,ora qua ora là, nelle varie parti dell’uo-mo e del cavallo. Anche per lo SpiritoSanto, che è in noi, avviene così. È im-possibile che non si manifesti, magari asorpresa, in qualche parola o gesto dichi lo accetta nella propria vita.Ad esempio, può capitare di trovare alristorante qualcuno che non si vergo-gna di farsi il segno della croce, primadi mangiare. Talvolta si tratta addirittu-ra di un gruppo o di una famiglia. Ame è capitato di vedere quelli dei tavo-li vicini prima bloccarsi dallo stupore,poi segnarsi anche loro. Lo Spirito di

Dio è contagioso. Va detto subito chei gesti o i segni ispirati dallo Spiritoparlano sempre, richiamando alla veri-tà e all’amore.Il sacerdote, nella veglia di Pasqua, ac-cende il grande cero e tutta l’assem-blea è portata a ricordare Gesù checonsuma la sua vita dando luce. Ma ioricordo una sorella che, quando ha ca-pito che stava per morire, ha chiestoai suoi familiari di accendere accantoal letto la candelina conservata perquell’occasione dall’ultima Pasqua. Perlei la morte, la propria morte, diventa-va una liturgia, l’ultima solenne litur-gia; così come è stato per GiovanniXXIII e Giovanni Paolo II che, nelle lo-

ro ultime ore, hanno commosso ilmondo. Dagli anni di lavoro in ospe-dale emerge nella mia mente un altroricordo: le donne anziane che lavava-no i piedi ai loro mariti. Sembra un ge-sto abituale, ma è lo stesso che hacompiuto Gesù nell’ultima Cena. Lostesso Spirito che ha mosso il Signorepuò muovere e muove le sue creature. Con questi due esempi non voglio as-solutamente dire che i gesti carismati-ci dei Cristiani si manifestano solo incerti momenti particolari. Lo SpiritoSanto non ha confini di tempo, comenon ha confini di persona.Lo Spirito Santo può abitare nelle no-stre case, misteriosamente ma real-mente, a patto che noi lo accettiamo.Anzi, ci tiene a farcelo sapere. Questaconvivenza si chiama “mistica”. Sitratta di un grosso termine, ma non cideve spaventare. Di solito pensiamoche i mistici siano persone, comeFrancesco o Teresa D’Avila, che han-no sperimentato la presenza di Dio fi-

L’ossigeno, si sa, è necessario alnostro corpo. Per questo, negliospedali, ci sono bombole o at-

tacchi sul muro, dai quali è possibile ri-ceverlo puro, quando ne abbiamo bi-sogno per guarire. Ci sono però an-che i boschi e le colline, dove l’aria èpiù pulita e l’ossigeno più abbondantee quindi è possibile respirare meglio epiù profondamente. Tanto è vero chevi si costruiscono ospedali e case di cu-ra per le malattie respiratorie come ri-nomati luoghi di villeggiatura. Ma, nel-la vita reale, è nelle città, nelle strade,nelle case e nei posti di lavoro che noirespiriamo ogni giorno. Respiriamol’ossigeno che è dovunque nell’aria.

Succede qualcosa di simile anche nellavita della grazia. Ci sono i Sacramenti,dove lo Spirito di Dio effonde la suagrazia senza misura, quando la Chiesaripete i gesti e le parole di Gesù; sonogli “attacchi diretti” con la potenza diDio, che trasforma e ricrea profonda-mente gli uomini o le cose. Ma abbia-mo sperimentato tutti, certamente, al-tri momenti di preghiera o di graziaparticolare, in cui lo Spirito riempie inmaniera anche sensibile tutto il nostroessere, come l’ossigeno dei boschiriempie e dilata i polmoni. Abitual-mente succede proprio questo neigiorni di Convegno e di ritiro, oppurein particolari momenti di preghiera.Lo Spirito Santo però non è solo lì, co-me non è solo dentro le chiese. Eglinon è assente nelle nostre case, nei po-sti di lavoro, nelle occupazioni quotidia-ne e nel nostro riposo. Egli è dentro dinoi e manifesta la sua presenza. A Ro-ma, sul Campidoglio, c’è la statuaequestre di Marco Aurelio che, fusa nel

Il Cristiano che realmente vive in Dio ed è ricolmo dei doni del suo Santo Spirito, esprime intutto il suo agire la sua appartenenza a Gesù e, come Lui, pone le sue mani, strumenti di be-nedizione e di vita, al servizio di quanti lo circondano.

di Renzo Bellanti

PARTE IIa - Gesti carismatici nella vita quotidiana

Siamo noi le mani del Padre

Roberto Fium

e

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LLiittuurrggiiaa vviivvaa

no al punto di perdere i sensi o di usci-re fuori dal corpo. La differenza è che nella famiglia, Dio,in Gesù, si manifesta nelle personeche ci vivono accanto e che hanno bi-sogno di noi. Quando si fa l’esperien-za di Gesù presente in una personanon si ha il tempo di cadere in estasi;al contrario ci si dà da fare per aiutar-lo, per servirlo o, semplicemente, percostruire con Lui un’amicizia. Non èl’estasi che rende mistica un’esperien-za, ma l’intensità dell’amore. Molti dinoi lo sanno bene: ogni gesto può di-ventare “carismatico”, cioè suggeritodallo Spirito di Dio. Spesso, quando la chiesa parrocchialeè vuota, vado a vedere le nonne cheinsegnano ai loro nipotini i primi gestie le prime parole di preghiera. Qualcu-na accende una fiammella votiva, qual-cuna si sofferma davanti all’icona se-ducente di Maria. Quanta potenza ca-rismatica nei loro gesti! Quale graziapoter parlare di Gesù a un bambino!Immagino gli occhi del Signore chesorridono e quelli di sua Madre, la bel-lissima Regina degli Angeli. C’è unabambina che accompagna spesso lanonna alla Messa quotidiana. Se nesta quieta, per quanto può, ma dopola comunione diventa esigente: «Non-na, dammi il bacio di Gesù!». La Pre-senza eucaristica diventa per lei un ba-cio affettuoso! Certo è una catechesimeravigliosa.Non voglio certo escludere le mammee i papà, specialmente quelli che par-lano in casa del loro matrimonio comedi un Sacramento, magari pregandoinsieme. Ce ne sono, per grazia diDio, ce ne sono e, nella nostra Comu-nità, sono ancora più numerosi. Attra-verso i loro gesti e le loro parole loSpirito di Dio raggiunge i bambini.I figli devono conoscere l’origine divinadella loro famiglia, le meraviglie cheDio ha compiuto per accoglierli. Que-sto li rassicurerà contro le paure del-l’abbandono e darà loro la certezza deivalori che fondano la vita degli uomini:l’amore, la fedeltà, la verità. Impare-ranno che Padre e Madre sono le pa-role più sante e più grandi in ogni lin-guaggio della terra e che Dio stesso,nei profeti e in Gesù, non ne ha trova-

te di più adatte per Lui. Anzi, Egli èl’Amore proprio perché Padre e Ma-dre insieme. Questi valori, che restanoper sempre nel cuore e nella mente deifigli, non basta dirli; bisogna trasmetter-li con gesti e parole d’amore, che sonosempre intrisi di Spirito Santo.In questo contesto si capisce meglio lapreghiera in famiglia. San Luca, primadel “Padre Nostro”, annota: «Gli Apo-stoli, dopo aver visto pregare Gesù, glichiesero: insegnaci a pregare». È il ca-so di dire che spesso, specialmentenella nostra Comunità, dopo aver vi-sto pregare i genitori, anche i figli sisono messi a pregare. Tutti, genitori efigli, hanno scoperto la potenza dellapreghiera.Un discorso a parte andrebbe fatto peri gesti di perdono, quelli che più ci fan-no rassomigliare a Dio. Il perdono è ilgesto carismatico per eccellenza, quel-lo che Gesù è venuto a compiere inmezzo a noi: il perdono da dare, che èsempre difficile, e quello da chiedere,che forse è ancora più difficile. Ma il Si-gnore compie tutte e due le cose connoi. Egli è sempre con il Padre cheaspetta, ma sta anche con il figlio chetorna. Sta sulla terrazza, così come nel-la fila dei peccatori in attesa di esserebattezzati da Giovanni. Lui è Dio. Luisconfigge il male con il perdono. Ci ha chiamati uno ad uno, nella Chie-sa e nella Comunità, per impararlo.Non c’è santità, non c’è carisma senzail perdono. Tutti dobbiamo reimparar-lo, soprattutto i figli. Debbono appren-dere la dinamica del perdono: dopo ilmale non serve la bugia, per coprirlo,ma l’umile riconoscimento del torto eil perdono per annullarlo. Le famiglie che imparano il perdonosono quelle che abitualmente si rigene-rano nell’amore.Tutto questo va bene, ma quelli che vi-vono soli? Ci sono i vedovi e le vedo-ve, i non sposati, i rifiutati, gli sconfittidalla vita e quelli che, pur vivendo infamiglia, non possono più parlare connessuno: come perdoneranno? Ma so-no proprio le loro mani “inutili” che di-ventano potenti nella preghiera! Co-me quelle di Mosè, che vincevano lebattaglie molto più di quelle armate deicombattenti (Es 17,11-14).

Esse sono davvero potenti quando, im-parando a perdonare alla vita, al mon-do e perfino a Dio, si alzano o si con-giungono dolcemente nell’intercessio-ne per i vivi e per i morti. La preghie-ra è tanto più accettata quanto più nel-

Signore, quando ho fame,dammi qualcunoche ha bisogno di cibo;quando ho sete, mandami qualcunoche ha bisogno di una bevanda;quando ho freddo, mandamiqualcuno da scaldare;quando ho un dispiacere,offrimi qualcuno da consolare;quando la mia croce diventapesante, fammi condividerela croce di un altro;quando sono povero, guidamida qualcuno nel bisogno;quando non ho tempo, dammiqualcuno che io possa aiutareper qualche momento;quando sono umiliato, fa’ che ioabbia qualcuno da lodare;quando sono scoraggiato, mandamiqualcuno da incoraggiare;quando ho bisognodella comprensione degli altri,dammi qualcuno che ha bisognodella mia;quando penso solo a me stesso,attira la mia attenzionesu un’altra persona.Madre Teresa di Calcutta

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na

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le profondità dell’anima è presente Dio.Se Lui diventa la base dell’esistenza, noisaremo persone di pace, in grado disopportare il dolore, la solitudine, di ca-pire gli altri e aprirci a loro. Per questola Comunità, come la Chiesa universa-le, ha istituito il segno dei Consacrati edelle Consacrate. I segni della Chiesasono certamente per chi li compie, maanche per tutti gli altri che percorrono lastessa strada.C’è poi il discorso dei malati, così den-so e così ricco che meriterebbe d’esse-re fatto a parte. Chi di noi non ha pen-sato, qualche volta, alle braccia o allemani di Gesù sulla Croce, guardandoquelle dei malati immobilizzate dalleflebo? Gesù è sempre in quelli che sof-frono, per questo chi sta loro vicinocompie gesti che rasentano la sacralitàdi quelli dei Sacramenti della Chiesa.San Camillo, il grande maestro dei ma-lati e di chi li assiste, era orgoglioso delsuo abito da lavoro, compresi i due ori-nali di coccio che portava appesi allacintura, come fossero paramenti per laMessa. Quando il Papa andava, a sor-presa, nell’ospedale di Santo Spirito,lui, Camillo, gli si parava davanti e siinginocchiava vestito così, con quegliarnesi. Senza nessun imbarazzo, per-ché stava servendo Cristo. Manifestava così l’amore di tutta laChiesa per l’uomo vero, che ha unadimensione terrena insieme a una di-mensione più profonda, che gli vienedonata dallo Spirito di Dio e dalla pre-senza di Cristo. Certo erano tempi quelli in cui la sacra-lità della sofferenza era così accettatada tutti che il papa Sisto IV volle espres-samente l’entrata dell’ospedale più bel-la di quella del suo oratorio privato, os-sia la Cappella Sistina, ancora non af-frescata. Voleva infatti lasciare un se-gno: i Cristiani, solo stando vicino almalato, ripetono il gesto pietoso di Ma-ria, di Giovanni e delle altre donne sot-to la Croce di Gesù.

Ma c’è un gesto caratteristico ditutto il Rinnovamento Cari-smatico: l’imposizione delle

mani. Non è lo stesso gesto che il sa-cerdote o il Vescovo compiono nei Sa-cramenti, quando lo Spirito Santo, loSpirito della Creazione, scende e tra-sforma effettivamente le persone e lecose che tocca. Se un’intera assem-blea di fratelli laici impone le mani aun altro laico questi non diventerà maiun sacerdote, ma riceve sicuramente

la grazia di respirare meglio spiritual-mente e di riconciliarsi con la sua vita.Il gesto vale in ogni occasione. Ricor-do una donna che veniva tutti i giornia trovare suo marito in ospedale. Èuna cosa abituale, però quei due pre-gavano insieme e si imponevano lemani reciprocamente. Quando l’uomomorì, mentre il cappellano e gli altricercavano le parole più adatte perconsolarla, lei stese le mani sul corpoancora caldo invocando: «Vieni, Spiri-to Santo, Spirito che crei la comunio-ne, vieni!». Inaspettatamente, a sor-presa, quella sorella ha scoperto da-vanti a noi la parte preziosa che era inlei: la fede nel Dio della vita, che sem-pre si manifesta nell’amore e nella co-munione tra le sue creature.

Pensiamo anche all’imposizionedelle mani tra gli sposi e a quel-la dei genitori sui figli. Pensia-

mo alla preghiera su un figlio malato,o in difficoltà, oppure che si è allon-tanato dalla famiglia. Dio ha affidatoa noi queste creature, come noi sia-mo affidati a loro. Il suo Spirito atten-de noi, attende la nostra preghieraper intervenire, forse per risolvereuna situazione dolorosa. Non è normale che una madre in atte-sa accarezzi teneramente il proprioventre rigonfio di vita? Certo ancheMaria, la dolce Madre di Gesù, ha com-piuto questo gesto bellissimo. Io pensoche anche Giuseppe abbia fatto lo stes-so gesto sfiorando, con dita tremanti difelicità, il ventre della sua Sposa Imma-colata. È un gesto umanissimo, teneroriflesso della benedizione del Creatoreche dona la vita. Ma loro lo hannocompiuto nello Spirito Santo, nel rin-graziamento e nella lode, pregando af-finché si compisse il progetto del Padresu di loro e sulla vita che stava per na-scere. Anche molti papà e molte mam-me lo fanno così. Nelle loro mani, co-me nei loro cuori, passa lo Spirito diDio, il Soffio della vita.In una parola il Cristiano, anche nei ge-sti, esprime la sua comunione con tutti.Se raggiunge la pienezza della sua rela-zione con Dio, comunica inevitabilmen-te questa sua pienezza. Come un usi-gnolo che canta nella notte.Egli vive in Dio, vive nella realtà della fe-de, è ricolmo dei doni dello Spirito San-to e comunica a tutti la realtà dello Spi-rito. Per questo tutte le cose si trasfor-mano nella sua mano in strumenti sa-cramentali di vita e di benedizione.

Da alcuni anni la Chiesa ha po-sto in una luce rinnovata il Mi-stero della presenza di Gesù nel-l’Eucaristia, da tornare a con-templare e adorare in modo piùassiduo, da soli e comunitaria-mente, all stendo piccoli “ere-mi” nelle parrocchie e organiz-zando veglie nella notte, le luciaccese che trapelano attraversole vetrate, per dire anche attra-verso questo segno inconsuetoche “qualcosa” sta avvenendo,che la porta è aperta, che si puòentrare. In particolari occasionil’Adorazione si svolge in anti-che chiese del centro, mentrefuori scorre il traffico e la vitatalvolta caotica delle nostre cit-tà. Magari è accompagnata dauna forma organizzata di evan-gelizzazione all’esterno, concredenti che annunciano, testi-moniano, spiegano ai turisti,anche là dove occorre un di piùdi fede per superare le barrieredella lingua e della cultura, in-troducono i passanti che hannosaputo ascoltare, conducendoliai piedi dell’altare. Così comeavviene da alcuni anni a Roma,con la missione “Gesù al Cen-tro”, nella quale anche i giovanidella nostra Comunità mettonotutte le loro energie al servizio delVangelo per far sì che tanti lorofratelli e sorelle possano scopri-re che Gesù è vivo e vero e deci-dersi per Lui. Anche noi abbia-mo voluto fare altrettanto me-diante il nostro Calendario mu-rale che, appeso sulle pareti del-le nostre case e dei nostri postidi lavoro, ci ha accompagnatomese per mese, mettendo l’ac-cento ora su uno ora su un altroaspetto di questo insondabileMistero d’amore. Lo ripropo-niamo adesso tutto insieme,perché abbiamo sentito nellospirito che era importante fer-mare ancora nella mente questeimmagini, che nascono dalla no-stra esperienza di adoratori, cheera necessario tornare a medita-re queste brevi preghiere, perfarle “nostre”, lasciando checrescano nel nostro intimo e ri-conducano a intuizioni ancoranuove del Mistero adorato.

Alberta Ricci

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La chiesa tranquilla, silenziosa siapre per noi. “Qualcuno” ci atten-de. Non udiamo la sua voce; non

nel modo in cui siamo soliti ascoltarealtri suoni, altri richiami. È solo un in-vito misterioso, che ci attrae e ci invitaa entrare.

Gesù è là. Nascosto e rivelato nel-l’Ostia consacrata: piccolo pane bianco,mistero d’Amore di un Dio che non haaccettato solo di diventare un uomo fragli uomini, ma ha voluto farsi ancoranostro cibo, perché fossimo nutriti di vi-ta eterna. Presenza così reale e vera dariempire di senso e di verità tutto ciò cheillumina.

Così noi, ai suoi piedi, impariamo adardere di una luce nuova. Il Mistero cheadoriamo ci trasforma.

Èsolo la luce che promana dallatua Presenza santa che può “con-vertirci”, Signore, alla quiete e al-

l’ascolto. No, senza di Te noi non sarem-mo diversi da questa nostra generazioneche corre, che ha sempre fretta, che nonriesce a comprendere quale “utilità” cipossa mai essere nel gesto di voler “ri-manere”, silenziosi, davanti a Te.

“Eppure ci hai fatto poco meno degliangeli...”: ci hai donato il tempo, ci hairivelato che ci hai creato per l’eternità,che prima di poter “fare” è indispensabi-le che ci “lasciamo fare”. Così rimania-mo, adoranti, ai tuoi piedi; imparando aesercitare una generosità di cui non sa-pevamo di essere capaci e che ci dona dipoterti consacrare il nostro tempo, ver-sandolo per puro amore, come l’olio pro-fumato dell’ampolla.

No, questo non lo avremmo dav-vero mai immaginato... EppureTu, Signore, vieni a raggiungerci,

uno ad uno, là dove non cessa di inse-guirci il tuo amore e ci dici, come allaSamaritana al pozzo: «Ho sete: dammida bere!». E in questa domanda, che haperso ai nostri giorni la sua carica scan-dalosa (noi non ci stupiamo più che Tuparli con una donna), ecco che cogliamoa un tratto un nuovo motivo per sussul-tare e interrogarci stupiti. Tu hai sete delnostro amore!

Il Dio Onnipotente e Santo, il Crea-tore e Signore di ogni cosa creata, chepotrebbe rimanere beato e appagato nel-la sua gloria, viene a rivelarmi che vuo-le avere sete della mia sete... Tutto quel-lo che vuole è che io abbia sete di Lui eche non cerchi altrove.

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Vogliamo adorarti esultanti nelloSpirito, Signore Gesù, Santo deiSanti, che ti offri a noi ancora

una volta. Innalzato verso il cielo, dalquale sei disceso: innalzato come nelgiorno della tua passione e morte, maanche come nel giorno della tua trasfi-gurazione e in quello della tua ascensio-ne gloriosa, quando ci hai aperto la viadel ritorno al Padre.

Ogni volta che sei innalzato ci riveliil tuo amore senza pari, senza misure,senza fine. Sei Tu lo Sposo promesso edonato: sei venuto a farti carne della no-stra carne e a farci Spirito del tuo Spiri-to. Sei venuto a rendere ognuno di noiparte di Te. A fare di tutta la Chiesa latua Sposa amata e redenta.

Adorare è desiderare e ricevere consempre rinnovato desiderio i “bacidella sua bocca”: la Sposa non

anela ad altro; né può esserci adorazionesenza questo anelito.

La consapevolezza dell’infinita tra-scendenza di Dio, della sua inaccessibilesantità, non è in contrasto con il desiderioardente che questa distanza sia colmata,che possiamo essere presi nel suo forte ab-braccio e attirati fino al suo Volto Santo.

Sì, Gesù ama la sua Sposa e, attraver-so il mistero della sua Incarnazione, launisce a Sé: Dio diventa uomo e l’uomo di-venta Dio. Il bacio dell’adorazione sug-gella questa unione, che è per sempre. GliSposi diventano uno.

Presi dal tuo amore di Sposo, noinon attendiamo altro, Signore,che le tue nozze piene ed eterne,

celebrate nell’“oggi” senza tempo alquale non cessi di invitarci a entrare.

Tutto di noi converge a questo incon-tro santo. Quale sarà mai la festa per letue nozze con l’Umanità redenta? Checosa sarà mai questo banchetto prepa-rato dal Padre in onore del Figlio,l’Agnello che si è lasciato immolare perla nostra salvezza?

La gioia che oggi ci è dato di gustarenon può essere che una briciola, lo sap-piamo, di quello che vivremo al tuo co-spetto... noi, gli invitati. O meglio: noi,la Sposa. Incensiamo idealmente il tala-mo dove Tu ci attendi. E, insieme conMaria, tua e nostra Madre, ti esaltiamocon canti di gioia.

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Chi ti contempla, Signore, rimanenell’innocenza. Chi ti adora èstrappato, in forza di questo atto

santo, da ogni ripiegamento su sé stesso,dalla schiavitù del peccato, dall’idola-tria del mondo. L’incontro con Te, Dio vi-vente che ascolti, vedi, parli, che entri inrelazione personale con ognuno dei tuoifigli... l’incontro con Te è il luogo del no-stro “riposo”: dove cadono tanti affannie resta ciò che è essenziale, dove i nostriocchi tornano a essere puri, i cuori comequelli dei bambini, le mani rivolte a Te,perché Tu le riempia dei tuoi doni.

Ma anche rivolte ai fratelli, per ab-bracciarli, per colmare ogni distanza. Pertrasmetterci reciprocamente la consape-volezza e l’esperienza di essere uomini edonne della grazia e dell’alleanza con Te.

T utto nasce da qui, Signore: con iltuo Corpo e il tuo Sangue ci hainutrito, sollevato, rigenerato. Ci

hai purificato dai peccati commessi e re-so più forti nei confronti delle tentazio-ni che verranno. Ci hai fortificato nellacarità, mettendo nel nostro cuore e sullenostre labbra una preghiera nuova e ar-dente, quella per cui possiamo chiedertiora lo stesso amore che Tu hai avuto pernoi e che ti ha spinto a offrire la tua vi-ta in nostro riscatto.

Anche noi, per questa grazia di co-munione, possiamo ora essere crocifissial mondo e il mondo a noi...

Rimaniamo ancora un po’, ad ado-rarti nel Mistero che ci fa offrire la no-stra vita insieme con la tua.

Tu passi, Signore, ancora una volta,in mezzo alle folle assetate del tuoamore. Tocchi, benedici, illumini di

Te e delle tue parole, che sono “spirito e vi-ta”. A volte sono le persone che ti circon-dano che ti stringono da ogni parte, cer-cando di sfiorare le tue mani o anche soloil lembo del tuo mantello... così che Tu, ri-volto a chi compie questo gesto con fedevera, puoi dire come ammirazione: «Unaforza è uscita da me! Vai in pace, perché latua fede ti ha salvato!». E allora guarisco-no infermità che sembravano facessero or-mai parte di noi. Soprattutto guarisconoinfermità spirituali: rancori, giudizi, sepa-razioni, invidie, gelosie, maldicenze... Ven-gono lavate via idolatrie e magie; vengo-no smascherate e sconfitte seduzioni anti-che, quelle che smettono, da ora e per sem-pre, di avere presa sui nostri cuori.

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Adorare è entrare nell’immensitàdel Dono che è Dio. Dio è grande,immensamente più grande: di

noi, di tutto quello che di Lui abbiamocompreso e amato, della sua stessa rive-lazione, che sarà piena solo quando loconosceremo senza veli, così come Lui ciconosce.

Adorare è accettare di mettersi incammino, ancora una volta, per sentierisempre nuovi, lasciando alle spalle tut-to ciò che abbiamo già conosciuto e spe-rimentato, per lasciarci condurre dovenoi non sappiamo.

È correre il rischio di incontrarLodavvero, fuoco ardente in un roveto chenon si consuma, temendo per la nostrastessa vita che, se non finirà, certo nonsarà più la stessa.

Prostràti ai tuoi piedi, ti adoria-mo, o Signore Gesù. Ti adorano lenostre mani alzate verso di Te,

come pure l’offerta dell’incenso, a sim-boleggiare le nostre preghiere, gli slancidel cuore, la gratuità da cui vogliamolasciarci investire alla tua presenza.

Siamo l’uno accanto all’altro. Nonso chi ha iniziato per primo. So solo che,chiunque lo abbia fatto, è stato “missio-nario” per me: mi ha insegnato a piega-re le ginocchia; di più, mi ha insegnato adiventare tutt’uno con la terra, con ilpavimento, vincendo per amore ognivergogna, ogni ritrosia.

Com’è bello, Signore, scoprirsi a untempo così poveri e così amati...!

N oi non cesseremo di adorarti,Signore. Faremo di tutta la no-stra vita un’adorazione sempre

più piena e volta alla perfezione, guida-ti dal tuo Santo Spirito e dalla Verità.

Tu, Gesù, sei la Verità; Tu la Via, Tula Vita. Rivelandoti a noi, Signore, cihai mostrato il Volto del Padre. Dio èamore. È Colui che non ha esitato a of-frire suo Figlio, il suo unico Figlio, per-ché noi fossimo riscattati dal peccato edalla morte. È Colui che non ha mai ces-sato di attirarci a Sé, nel suo abbraccio.

Ogni suo richiamo è un richiamod’amore Ti adoriamo, Padre, nel Figlio.Perché la terra sia trasformata in cielo eil cielo possa diventare un giorno la no-stra patria eterna.

Alberta Ricci

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ro eucaristico. Nella nostra Comu-nità esso assume dimensioni e for-me diverse secondo la ricorrenza.Al Convegno internazionale, adesempio, è di dimensione piùgrande per garantire a tutti i pre-senti, anche a coloro che si trova-no in fondo alla tenda, di incon-trare Gesù Eucaristia con il pro-prio sguardo. Altre volte anchenella forma è originale; sempre aun Convegno, lo Spirito Santo su-scitò l’idea di realizzarlo come“arca dell’alleanza” e, proprio co-me usavano fare gli Israeliti, que-st’arca con Gesù Sacramentato fuportata in processione in mezzo alpopolo dei fedeli. Il suo passaggioera preceduto dalla danza dellevergini, da bambini vestiti da an-

gioletti che lanciavano gioiosa-mente petali di fiori e dal suonodello “shofar”, che s’innalzava trale note musicali di un canto. L’au-tenticità di questi gesti aiutò i pre-senti a entrare più in intimità conDio per adorarlo.Mettere in risalto il valore dell’Eu-caristia è un dovere della Chiesama anche di ogni singolo creden-te; perché, come affermò Giovan-ni Paolo II in una sua enciclica,“l’Eucaristia è un dono troppogrande, da non sopportare ambi-guità e diminuzioni”.Ogni volta che siamo davanti aquel trono, riceviamo sempre unapotenza infinita: di remissione deipeccati, purificazione, guarigionee liberazione; perché, come dice laScrittura, “La salvezza appartie-ne al nostro Dio seduto sul tronoe all’Agnello” (Ap 7,10).

Alfonso e Carmela Giordano

l’uso. Quest’oggetto, non prescrit-to dalla liturgia e non indispensa-bile, si rende, però necessario nelmomento in cui l’Eucaristia espo-sta non appare alla vista di tutti.«Come Mosè innalzò il serpentenel deserto, così bisogna che siainnalzato il Figlio dell’uomo,perché chiunque creda in lui ab-bia la vita eterna» (Gv 3,14-15). Gesù stesso disse: «Io quando sa-rò elevato da terra, attirerò tuttia me» (Gv 12,32), alludendo alla suaelevazione sulla croce. C’è dachiedersi: quale re si è seduto dasovrano sul suo trono anche dopola sua morte? Neanche il re Salo-mone, che superò per ricchezza esapienza tutti i re della terra, riuscìa regnare per sempre. Solamente

Gesù ha un potere che non è as-soggettato a un trono ma alla san-tità del suo nome.Nella lettera ai Filippesi, S. Paoloafferma che Dio esaltò suo Figlio,obbediente fino alla morte di cro-ce, dandogli un nome “…che è aldi sopra di ogni altro nome; per-ché nel nome di Gesù ogni ginoc-chio si pieghi nei cieli, sulla ter-ra e sotto terra”. Significativa-mente, la facciata barocca dellachiesa di S. Croce in Gerusalem-me, a Roma, riporta l’immagine diuna croce “intronizzata” su un“tronetto”; chiara allusione a unaltro aspetto dell’adorazione:l’esaltazione della croce.L’uso del tronetto, così come tuttigli altri oggetti che arredano l’al-tare (calice, pisside, ostensorio,crocifisso, paliotto…), non togliee non aggiunge nulla alla maestàdi Dio, ma aiuta a interiorizzare ea vivere meglio l’ineffabile Miste-

L’Apocalisse di S. Giovannici rivela “un trono nel cie-lo” e quindi, se esiste un

trono, esiste anche un re. Questore è Gesù: «Unico Sovrano, il Redei regnanti e Signore dei Signo-ri, il solo che possiede l’immor-talità» (1Tm 6,15).Noi possiamo riconoscerlo e ado-rarlo nel sacramento vivo dell’Eu-caristia. La regalità e la centralitàdi quell’umile pezzo di pane, chediventa Corpo di Cristo e presen-za salvifica per l’uomo, è sottoli-neata da uno strumento chiamato“tronetto” o “residenza”: è la basesu cui si espone il Santissimo nel-l’ostensorio durante le funzioni eu-caristiche come l’Adorazione.La sua origine risale all’ostensoriomedievale, la cui forma era similea un seggio di re. Esso era elevatosu alcuni gradini e a volte copertoda un baldacchino o recintato dapareti impreziosite con raggi e nu-bi che rievocavano la gloria di Dio.Al centro di questo trono risiedeval’ostia consacrata. Nel tempo glialtari (divenuti sempre più baroc-chi, perché ornati e abbelliti damolte suppellettili, come angiolet-ti, candelabri, fiori, ecc…) rischia-vano di confondere l’Eucaristia inmezzo a tutto il resto.Il Concilio di Trento, quando rego-lamentò la “pratica” del culto del-l’Adorazione Eucaristica (istituen-do anche quella delle “quarantaore”, da fare a rotazione nelle di-verse chiese) ritenne necessario in-trodurre anche il tronetto nel mo-do più semplificato, per “ricentra-lizzare” l’Eucaristia.Si possono ammirare tronettimolto pregiati, solitamente in le-gno, riccamente intagliati e dora-ti, soprattutto nelle chiese antichededite all’Adorazione perpetua.Queste opere nascono dalla fededi alcuni artisti che hanno volutocomunicare gioia, gratitudine, stu-pore e contemplazione verso l’Eu-caristia. I Santi stessi, mossi da un’intelli-genza per le cose spirituali, hannousato il tronetto promuovendone

Dunque, Tu sei Re?Dunque, Tu sei Re?Gesù è Re. Alla domanda diretta di Pilato Lui stesso rispon-de: «Tu lo dici». Il tronetto, sul quale l’Ostensorio viene collo-cato per essere reso visibile a tutti, vuole sottolineare an-ch’esso la regalità di Colui che è innalzato

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carnato per noi la duplice naturapaterna e materna di Dio, venen-do in mezzo a noi, ricolmo di Spi-rito Santo, a imporci le mani, co-me fece Gesù, nostro fratello. Cer-ti di avere “la dignità dei figli delPadre” e che “lo Spirito di Gesù,il Figlio di Dio, è lo stesso che èdentro di noi”, siamo stati invitatia prenderci cura gli uni degli altri.Da qui nasce la consapevolezzache siamo tutti figli di Dio, tutticon pari dignità, non importano ladiversità o la quantità dei carismi;il Signore adopera ognuno di noisecondo il suo santo volere.

L’amore che circolava tra noi ein noi era di una potenza sconvol-gente, era di Dio; un amore che cifaceva sentire un legame forte,fraterno, anche con ragazzi e ra-gazze mai conosciuti prima: è que-sta la comunione di Dio in mezzoagli uomini. L’abbraccio tra i figlidello stesso e unico Padre, mentrecantavamo “Guariscimi, Abbà”,ha riempito il vuoto del cuore dimolti tra noi, ci ha rinvigoriti, ci hafatti sentire tutti fratelli in CristoGesù e figli della Comunità, lo

“strumento privilegiato”attraverso il quale ilSignore ci ha rigene-rati. A questo puntosiamo stati noi figli

che ci siamo

presi cura dei nostri genitori spiri-tuali, del CNS, innalzando a Diouna grande lode di ringraziamentoper loro e imponendo loro le ma-ni. La stessa unzione che il Signo-re aveva precedentemente donatoa noi giovani, adesso era abbon-dantemente riversata su tutti imembri del CNS, che, a uno auno, venivano consacrati alla mis-sione di servire la Comunità.

Dopo questa commovente pre-ghiera del primo pomeriggio, sonostate testimoniate le meraviglie cheil Signore ha compiuto per mezzodei giovani che si sono messi atti-vamente al servizio di Dio: l’espe-rienza meravigliosa e le grazie rice-vute da coloro che hanno parteci-pato alla missione “Gesù al Cen-tro”, nell’evangelizzazione presso imalati negli ospedali e ai giovaninelle piazze di Roma, soprattuttoattraverso il concerto serale.

È stata poi la volta dei ragazziche, a dispetto della loro giovaneetà, sono Responsabili di Comuni-tà, alcuni da anni, che hanno testi-moniato un forte spirito di abnega-zione al servizio del Signore e ungrande amore per la Comunità e ifratelli; commovente e piena disperanza è stata poi la testimo-nianza dei giovani che si sono co-nosciuti in Comunità e che hannocostituito famiglie sante, molte del-le quali allietate dalla grazia di figliche già oggi vivono l’esperienzadell’amore di Dio nella Comunità.

Ma non finisce qui! Duranteil secondo giorno è ger-mogliata nel cuore una

certezza: «Io sono figlio di Dio;nella sua immensa bontà Egli havoluto generarmi e io apparten-go a Lui».

Questo annuncio, che inizial-mente era solo un pensiero, si èincarnato in noi mentre pregava-mo con il canto “Abbà Padre” etutti abbiamo sperimentato che inogni cuore Gesù gridava: «Papàmio!». L’invito di Dio, annunciatodagli animatori, era: «Rimani nelmio abbraccio, non rifiutarlo».

Anche quest’anno il CNS ci haconvocato per il terzo Corso inter-nazionale Giovani, con tema “Pri-ma che tu uscissi alla luce, ti ave-vo consacrato”. Non appena sia-mo arrivati, la profezia si potevagià respirare nell’aria; tuttavia que-st’anno siamo stati colpiti anche dallogo del Convegno. L’immaginedel bambino ancora nel grembomaterno, irradiato dalla luce di Dioche penetra fin dentro la carne, si èimpressa con forza nella mente enel cuore di coloro che hanno par-tecipato con lodi, canti e inni. Sì,perché la voce di Dio tocca non so-lo attraverso le parole umane, masi serve fortemente anche di canti eprofezie nelle lingue, di danze e im-magini spirituali. Il Signore, nellasua immensa bontà, ci ha fatto vi-vere l’esperienza spirituale di rien-trare nel grembo materno, doveLui già ci conosceva e ci aveva do-nato lo Spirito dei figli di Dio, con-sacrandoci per sempre a Lui. Tuttinoi, abbiamo ricevuto questa im-mensa grazia.

Durante la prima preghiera delvenerdì pomeriggio, il CNS ha in-

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«Prima che tu uscissi alla luceti avevo consacrato» (Ger 1,5b)

di Roberto e Francesca Di Alessandro

Il Corso Giovani

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II GGiioovvaannii nneellllaa CCoommuunniittàà

Per noi figli il Padre buono stendeva un velo diamore, che guariva le ferite causate dalla mancan-za di affetto materno e paterno, e con il suo ab-braccio forte riempiva i vuoti presenti nei cuori dicoloro che non avevano ricevuto alcuna tenerezzada parte dei genitori carnali, alcuni dei quali ave-vano vissuto la propria vita agli occhi dei figli co-me se “non avessero braccia per stringerli a sé”.

La potente liberazione dallo spirito di orfanez-za, che attanagliava il cuore di molti tra noi, è av-venuta con forza; dall’abbraccio rivolto, nello spiri-to, ai propri genitori carnali è scaturita una grandelode a Dio per il dono della vita. Una meravigliosaconsapevolezza è sbocciata: noi siamo i figli dellaComunità, ma siamo e saremo anche i suoi genito-ri, coloro che continueranno cioè questa profezia ene daranno testimonianza, che trasmetterannoquesto amore ai figli e ai figli dei propri figli. Perquesto la Comunità Gesù Risorto sarà sempre gio-vane!

C lara, come rappresentante del CNS, haproseguito nell’insegnamento ad annun-ciarci la unicità e irripetibilità di ciascuno di

noi, tutti indispensabili nel piano della salvezza echiamati a far parte della vita divina; la nostra vo-cazione a vivere in Cristo e in Comunità esige im-pegno e sacrificio, accogliendo l’amore di Dio in-timamente, consacrandoci per la missione, cam-biando la nostra mentalità, abbandonando egoi-smo e invidie, ma soprattutto mettendoci al servi-zio del Signore.

Anche Gaetano, Responsabile nazionale delMinistero della Musica e del Canto, ha testimonia-to proprio questo nella sua riflessione; per grazia,Gaetano ha saputo conservare la fedeltà alla chia-mata di Dio, anche nei momenti più difficili delsuo cammino spirituale e umano. Una certezza,suggerita dal Signore, ha guidato infatti i suoi pas-si durante questi anni di servizio: «Prenditi curadella mia Chiesa e Io mi prenderò cura della tuacasa». Sì, perché la Comunità è vocazione!

La forte chiamata che il Signore ci rivolge nel ser-virlo in Comunità, è stata annunciata dal sogno pro-fetico di una sorella e confermato fedelmente dalpasso tratto dal libro del profeta Neemia (cap. 2-4).

Nella visione, il CNS era impegnato nella rico-struzione delle mura di Gerusalemme, in rovina, etutti i giovani erano al loro servizio, alcuni portan-do mattoni e altri impastando la calce.

C’era anche chi, più debole degli altri, aiutava asciu-gando il sudore dalla fronte di coloro che erano impe-gnati in lavori più faticosi. Tutto intorno molti derideva-no e insultavano i giovani, ma questi, dal primo all’ulti-mo, continuavano imperterriti, lavorando con una ma-no e tenendo saldamente nell’altra la parola di Dio.

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Durante l’Adorazione Eucaristi-ca pomeridiana, per mezzo delCNS e di don Danilo, il Signore ciha posto la sua Parola nella mente,sulla bocca e nel cuore, non solospiritualmente ma concretamente.In questo gesto profetico, Egli ci hafatto comprendere l’importanza dirimanere saldi in Lui e di custodirela sua Legge.

«Figlio, se ti presenti per servireil Signore, sii retto»: è importantenon lasciarci contaminare dalle cosedi questo mondo e mantenere puroil tempio che Dio ha costruito den-tro di noi; così, mentre cantavamo“Il tuo grande amore”, l’impegnoalla conversione è stato forte e conesso si è elevata al Signore la richie-sta di mandare altri operai per la suamesse e suscitare tra noi vocazionisacerdotali, alla vita consacrata e almatrimonio.

Il “karaoke” serale ha mostratoche i giovani di Dio sanno divertirsivivendo con purezza e con gioia ve-ra e contagiosa le cose del mondo: ilcanto è sempre lode a Dio, perchéla musica, come tutta la creazione, èuno degli immensi doni che il Signo-re ci ha fatto e che è in grado di toc-care il nostro cuore sin nel profon-do. Dopo gli altri “concorrenti”, allachiusura della serata si sono esibiti i“Los Tardones Renovados”, alias ilCNS, mostrando come la vera gio-ventù non sia solo anagrafica ma an-che, e soprattutto, spirituale.

Il Corso internazionale Giovaninon poteva concludersi meglio; lapreghiera della domenica è stata ilgiubilo del popolo di Dio che “cam-mina verso il monte santo, esul-tando con canti di gioia”.

La potente preghiera di libera-zione dai dubbi e dalle afflizioni èsfociata nella rinuncia a Satana e almale, e nella proclamazione poten-te della nostra fede; l’invocazioneallo Spirito Santo ha suggellato innoi questa nuova alleanza, manife-standosi con carismi nuovi e do-nandoci la sua fortezza. Ora tuttisiamo guariti e siamo consacratiper portare nel mondo il nome el’amore di Gesù.

Il Signore ci ha annunciato checiascuno di noi, abbandonato nel-le sue mani, sarà come un ramo-scello preso dalla cima del cedro,che pianterà sopra un monte alto,massiccio; là “metterà rami e fa-rà frutti e diventerà un cedromagnifico. Sotto di lui tutti gliuccelli dimoreranno, ogni volati-le all’ombra dei suoi rami ripo-serà. Sapranno tutti gli alberidella foresta che io sono il Si-gnore, che umilio l’albero alto einnalzo l’albero basso; faccioseccare l’albero verde e germo-gliare l’albero secco”.

Tutti noi, abbracciati alla Comu-nità Gesù Risorto, saremo un grandesegno per il popolo di Dio, saremoluce per le genti e sale della terra.

«Io, il Signore, ho parlato e lofarò!».

Amen, Alleluia!

A tutti è apparso chiaro il signi-ficato della profezia: ognuno èchiamato a servire Dio e i fratelli,sia con i carismi e i doni che il Si-gnore gli susciterà, come quellodell’animazione, del canto, dellamusica, dell’amore, dell’evangeliz-zazione, sia mettendo a frutto i do-ni naturali nell’organizzare, nelpredisporre la sala per gli incontridi preghiera e nel curare la cele-brazione della liturgia, nel gestirel’amplificazione e nello scattare lefoto degli incontri, nel collaborarecon la rivista scrivendo articoli edipingendo immagini sacre e diannuncio per il calendario, nel sa-per diffondere la stampa ai fratelli,nel raccogliere le iscrizioni per iConvegni e nell’aiutare a mante-nere l’ordine durante gli incontri dipreghiera più grandi.

P er ognuno c’è posto in Co-munità. Che ognuno mettaa disposizione ciò che sa fa-

re meglio, anche quelle doti uma-ne di cui il Signore gli ha fatto do-no e che ha maturato negli ambitidi studio e di lavoro. Siamo tuttitenuti a servire il Signore e nonc’è un servizio più grande o piùimportante dell’altro: tutti sono in-dispensabili per la costruzione delregno di Dio!

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Essere consacratosignifica aver ricevutoda Dio l’unzionecon l’olio sacro, essere divenu-to suo figlio nel cuoree nello spirito.

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Il Corso dei Giovani 2007 èstata un’immersione nel cuoredi Dio. Sin dal primo istante la

presenza del Signore è stata palpabile,tangibile, come se Lui ci tenesse sulpalmo della sua mano e ci portassesempre più vicino al suo cuore e ai suoipensieri di Padre. In particolare per meè stato un tuffo al cuore entrare in sa-la, a preghiera già iniziata (quindi in tut-ta l’atmosfera di preghiera dei fratelli edelle sorelle) e scoprire il tema del Riti-ro. Essendo al settimo mese di gravi-danza, mi ha colpito profondamentequell’immagine di un bimbo nel grem-bo materno, immagine della vita ai suoialbori in tutta la sua fragilità e meravi-gliosa esplosione, così simile al bimboportato nel mio grembo e custoditonell’intimo delle mie viscere.

Quante speranze, pensieri e anchesofferenza in quell’immagine, che for-se, più di ogni altra, suscita in tutti unintimo sguardo verso il Creatore, Fau-tore di un prodigio così grandioso.

Istintivamente il cuore e la mente siinnalzano in una lode a Dio, in un rin-graziamento al Signore della Vita. Gliocchi stupiti riconoscono in quel pic-colo esserino tutto lo splendore delCreato, dell’Universo e il nostro cuoresi colma di gioia e di meraviglia nel ri-conoscerci noi stessi come creaturaamata, pensata e creata da Dio. Io so-no quel bimbo. Io sono nel cuore enell’abbraccio di Dio fin dal concepi-mento; fin dal momento in cui sonostata generata, e ancor prima, Dio miportava nel suo cuore di Padre e Ma-dre come un prezioso gioiello da pre-servare e custodire.

Ho vissuto questa esperienza di fi-gliolanza, nel mio stato, in modo dav-vero singolare: la preghiera e le richie-ste per me stessa e per la mia guarigio-ne interiore si intrecciavano a quelleper i miei figli e, nella semplicità dellapreghiera, guidata dallo Spirito Santo,mi sono scoperta madre e figlia allostesso tempo. Mi tornava continua-mente alla mente questa frase: «Misento ancora figlio!» mentre dal palcogli animatori ci annunciavano che loSpirito di Gesù era dentro ciascuno dinoi e, proprio in virtù di questo, pote-vamo rivolgerci al Padre come Gesùstesso. Siamo entrati in comunioned’amore col Padre, il Figlio Unigenitoe lo Spirito Santo: ogni barriera, riser-va, senso di indegnità, solitudine si è

dissolta, per lasciare spazio all’abban-dono totale al Padre, alla fiducia incon-dizionata, al richiamo del legame eter-no con il nostro Creatore.

Sì, il Signore mi ha guarito! Da unsenso di orfanezza, solitudine, inade-guatezza e non accettazione, che nonvenivano tanto dall’amore non ricevu-to, quanto dai canoni osservati nelmondo e imposti dallo stesso: indici digradimento, modi di fare, parole e ge-sti etichettati e vantati come “giusti”,ma che non hanno la comprensionedel Vero Amore.

Mentre il Signore guariva le mie fe-rite di figlia, ha rinnovato in me la suachiamata alla maternità e alla Comuni-tà, rendendole più consapevoli, donan-do vigore, forza, speranza e misericor-dia. Tutto è stato rigenerato in Lui, tut-to si è ricomposto e ricompattato co-me un armonioso e coloratissimo mo-saico. Tutto ha preso un senso, il sen-so del progetto d’amore di Dio per me.

In tre giorni di Ritiro posso affer-mare che il Signore ha toccato la miavita nella sua interezza: non ha trala-sciato niente. Benché fossi arrivatacon qualche preclusione e senza gran-di aspettative mi sono lasciata andaree sono stata guarita proprio nelle feri-te che più mi facevano soffrire e dallequali da tempo chiedevo al Signore diessere guarita. Quante sofferenze, la-crime, preghiere, rinunce e suppliche!Eppure il Signore ha ascoltato il gridodel mio cuore nel momento in cui me-no me l’aspettavo e tutto il mio essereè proiettato verso una nuova vita chenasce. Solo a Lui sono note le sue vie.Solo a Lui sia la lode nei secoli: chenon smetta mai di ricolmarci di ognigrazia e benedizione. Amen.

Giusi Carcione

Consacrati a Dio:io e il bimboche porto in grembo

Essere consacratosignifica essereal servizio di Dionella Chiesa e nella ComunitàGesù Risorto e donarsi con ardore,felice di spendere la propria vitaper i figli di Dio nelle cose di Dio

Essere consacratosignifica essereun’anima generosa,forte e che non si vergognadi compiere il volere di Dio,portando il lieto annunziocon un cuore retto

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«Prima che tu uscissi alla luce,ti avevo consacrato»: quando il Si-gnore gli rivolse queste parole, Ge-remia era un giovane come voi. Dilui abbiamo molte notizie perchéegli stesso ce le ha fornite; le tro-viamo proprio in diversi capitolidel suo libro.

Era nato in un periodo moltoturbolento della storia di Israele ela sua vita fu segnata da tante ama-rezze, a causa del messaggio da luiannunziato. Eppure lui, pur essen-do timido e di animo mite, soppor-tò ogni persecuzione e rimase fe-dele al mandato ricevuto.

Era di indole mite e delicata, ep-pure il Signore lo aveva chiamato“per sradicare e demolire, per di-struggere e abbattere”, ma anche“per edificare e costruire”. Avreb-be tanto voluto la pace per sé e pergli altri, invece si trovò a combatte-re contro tutti: re, sacerdoti e po-polo, al punto di arrivare a dire diessere diventato “oggetto di litigioe di contrasto per tutto il paese”.

Il Signore lo aveva scelto perannunciare agli uomini che la lorostoria, personale e comunitaria, èsempre storia di salvezza per colo-ro che credono; che anche nellesventure, che Dio stesso preannun-ciava, pure Lui non avrebbe abban-donato il suo popolo. Fu per que-sto un profeta di grande speranza,ma inascoltato. Ed è forse in unmomento di grande sofferenza cherievoca il ricordo della vocazionericevuta, quando aveva circa 20anni, per riprendere forza e prose-guire nella missione.

Quel giorno Dio aveva parlatoal suo cuore, rivelandogli che erastato suo da sempre, consacrato aLui perché fosse suo profeta. E al-le iniziali resistenze di Geremia,dovute al timore di essere troppogiovane e inadeguato, aveva rispo-sto che, come l’iniziativa era parti-ta da Lui stesso, così era sempreda Lui, e non dalle capacità uma-ne, che il giovane avrebbe attintoautorevolezza davanti a uomini po-tenti. Poi aveva suggellato quellaconsacrazione toccandogli le lab-bra, per renderle pure e adatte aparlare in suo nome; infine lo ave-va esortato a cingersi i fianchi e a

stare in piedi senza paura, per es-sere come un muro di bronzo e ri-portare la vittoria in tutte le situa-zioni, anche le più difficili.

Geremia aveva accettato. E, ognivolta che gli ostacoli che gli si para-vano davanti sembravano insormon-tabili, ecco che riannunciava a sestesso l’amore di Dio: «Tu mi hai se-dotto, Signore - pregava - e io misono lasciato sedurre; mi hai datoforza e hai prevalso». E quando loscherno dei suoi compatrioti era ta-le da portarlo al totale abbattimentoe alla decisione di ritirarsi, ecco che“c’era come un fuoco ardente,chiuso nelle ossa” che inutilmentesi sforzava di contenere: tale eral’amore che Dio gli aveva impressofin nelle midolla e che lo aveva con-quistato per sempre.

Fin dall’inizio la Tradizione cri-stiana ha accostato la sua figura a

quella di Gesù, che viene come“profeta” ma che “i suoi” non ac-colgono. Ma mentre Geremia a uncerto punto arriva a invocare lavendetta di Dio contro coloro cherifiutano la profezia, Gesù, che è“più che un profeta”, chiederà ilperdono per i suoi carnefici, a di-mostrazione di come la carità siapiù grande ancora delle profezie.

Clara Rioli(dalla trascrizione)

Il nome Yirmeyahu (Geremia)secondo una recente traduzionesignifica “Jahvè apre il ventre”,

ovvero: “Dio causa la nostra nascita”;un nome davvero significativo,che riassume le parole che Dio pronunciaper lui, in un dialogo intessuto di forzae tenerezza: «Prima che tu uscissi allaluce, ti avevo consacrato».Parole queste che ci indicano due verità:da una parte la fragilità della creatura,piccolissima, appena concepita,e dall’altra la potenza creatrice di Dio. Parole che oggi sono rivolte a ciascunodi noi. Ci dicono che Dio vuoleogni uomo e ogni donna fin dalprincipio, in ogni concepimentoe nascita umana; lo vuole come persona,creata per se stessa, fatta“a sua immagine”.E questo vale proprio per tutti, ancheper coloro che nascono con malattieo disabilità.Dovrebbero ricordarselo i coniugi,quando concepiscono un figlio,che va desiderato e accoltoper quello che è e sarà, nel mododi Dio, e non per essere appagatinei propri desideri e aspettativedi futuri genitori.Ogni creatura è pensata dal Creatorecon un progetto personale,che supera quello anche ottimo, che ungenitore può avere per suo figlio.Il desiderio umano infatti è sempresottoposto al limite del tempo, mentreil volere divino è eterno; ora l’originedella persona è unita innanzituttocon l’eternità di Dio e solo dopo,attraverso la paternità e maternità,si attua nel tempo.

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Dall’interventodi Clara

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stre ginocchia e voi stessi vi stupiretenel vedere l’opera di Dio in voi.

Presi anche una solenne decisione:avrei studiato musica per Gesù. Nonper diventare bravo per me stesso, maper trattare con il giusto zelo le cosedel Signore.

Così, anche grazie al sacrificio deimiei genitori, studiai per diverso tempopianoforte al Conservatorio, maturan-do il proposito che non avrei mai utiliz-zato il talento musicale che avevo sco-perto in me per scopi diversi da quellidi servire la Comunità e la Chiesa.

Consacrai la mia musica al Signo-re. Pensai: molti musicisti consacranola propria musica al demonio, in cam-bio di fama e soldi, io voglio consa-crarla a Gesù. Voglio offrirgli ogni no-ta, anche quella sbagliata, sperando dipoter dare ogni giorno di più.

Il mio primo Convegno fu quellodel 1994. Lo avevo preso in realtà co-me l’occasione per una gita ma, unavolta dentro, ne rimasi rapito. Comin-ciarono anche le prime note e, guar-dando verso il famoso “recinto”, mi siaprì il cuore: l’amore che c’era fra queifratelli, le preghiere che facevano l’unoper l’altro mi fecero tornare alla men-te le derisioni subite nel mio gruppo emi misero davanti all’incapacità cheancora avevo di perdonarli… e poi mifecero provare il desiderio di stare an-ch’io in quel “recinto”, a suonare conloro… ma subito ridimensionai il miopensiero, perché loro erano troppobravi e io troppo “scarso” per loro.

Tornato a casa avevo però un en-tusiasmo nuovo. Avevo intuito che ilsegreto per una buona riuscita di unaComunità parrocchiale è “tendere alConvegno” e facevo di tutto affinchéogni incontro di preghiera fosse ap-punto un piccolo Convegno.

L’animazione così potente dei fratel-li della Fondazione, i canti così gioiosi e,oserei dire, anche audaci, mi avevanofatto capire che, se il Signore è vivo, noidobbiamo annunciarlo con forza e conpotenza: con squilli di tromba, con suo-ni di tamburi e cembali e non con lagnee pesantezze. Questo ho compreso inquel mio primo, benedetto Convegno equesto è diventato il fondamento di tut-ta la mia vita carismatica.

Passano alcuni anni e i fratelli Fon-datori vengono di nuovo in missione aTaranto, che era diventata una delleComunità più numerose d’Italia. Im-

provvisamente una di loro mi si avvici-na e mi comunica che sono stato no-minato anch’io Responsabile naziona-le dei Canti; poi di botto si gira e se neva, lasciandomi in uno stato quasi di“coma profondo”. Ero tramortito;quell’annuncio così diretto e veloce miaveva sconvolto e la grazia di Dio chemi era piovuta addosso non l’avevomai sperimentata prima; era tale checomportò anche quel perdono che do-vevo dare e che diedi di cuore.

La Comunità era presente e vivaa Taranto e tutta la mia famigliavi partecipava con impegno, so-

prattutto mio zio parroco, che l’avevaaccolta nella sua chiesa. A quei tempimuovevo i primi passi nella musica,così i Responsabili di allora mi invitaro-no a dare una mano per quello che sa-pevo fare, inserendomi nel gruppocanti. E qui arrivarono le dolenti note,perché io non ero affatto bravo e i fra-telli con cui condividevo il servizio nonmi accolsero affatto. Le umiliazioniche ricevevo continuamente erano talida farmi sbagliare ancora di più, fino abloccarmi e a farmi decidere di nonsuonare più.

I minuti che precedevano l’iniziodella preghiera comunitaria erano perme terribili e ogni volta il timore pren-deva il sopravvento, così che spesso ri-manevo fuori, oppure entravo a pre-ghiera iniziata, per sedermi in fondo esperare di non essere notato tra le cen-

tinaia di fratelli. Ma sembrava che i Re-sponsabili avessero le antenne, perchéogni volta mi individuavano e mi veni-vano a chiamare. Insomma mi “inca-stravano” sempre; così decisi che perqualche mese non avrei più frequenta-to. Una sera però mio zio e uno di que-sti Responsabili mi presero in dispartee mi dissero una cosa che non ho piùdimenticato, ma che è rimasta impres-sa come un insegnamento nella miamente e nel mio cuore: «Gaetano, tu cimanchi e quindi ti invitiamo a tornare;però, se non vorrai farlo, il Signore su-sciterà qualcun altro che prenderà il tuoposto». Queste parole mi “destarono”e tornai. I fratelli che non mi accoglie-vano c’erano sempre, ma io cominciaia non farmene più un problema; anziero il primo ad arrivare e l’ultimo adandare via, pronto a svolgere compitimarginali e di pura “manovalanza”che, come compresi anni dopo, servi-rono al Signore per farmi crescere nel-la prova e nella fedeltà.

Chissà quanti fra voi condividonoun’esperienza simile. A voi la Comuni-tà dice: RESISTETE! Abbiate forza nelnome di Gesù, restate al vostro posto;permettete al Signore di piegare le vo-

Dall’interventodi GaetanoDall’interventodi Gaetano

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viene da Dio... esso ci porta, sevissuto con coerenza e convinzio-ne, a una vera e propria “rivolu-zione”. Solo se saremo “rivoluzio-nari dell’amore” potremo cam-biare il mondo».

È proprio così che mi sono sen-tita in questi due giorni. Personal-mente coinvolta in un “sogno” chequalcuno ha sognato anni fa; con-sapevole che, se saranno ancoratanti di questi sogni a diventare re-altà, noi potremo cambiare davve-ro, portando questo sogno oltre lebarriere del mondo. Ogni cosa èstata dedicata ai giovani: concerti,fuochi d’artificio, fontane “a tema”.Soprattutto siamo stati protagoni-sti: di domande, di dialoghi, di testi-monianze; ma anche di preghiere,riflessioni, gioia, pace e soprattuttodi un’immensa libertà, sotto quelmanto di stelle create dal Signore.Per molti è stata anche una notte di

silenzio, nella quale trovare forsepiù di ciò che si aspettavano.

La S. Messa, con l’incontro da-vanti all’altare con i miei fratelli esorelle, mano nella mano, è stataindimenticabile. Non riuscivo a to-gliere lo sguardo dal Papa: serio eriservato, eppure dal sorriso dolcee quasi timido, con gli occhi pienid’amore verso i giovani che eranoriuniti nel nome di Gesù Cristo eche ricevevano da lui “il mandato”.

Si sentiva la presenza del Si-gnore e del suo grande amore perognuno di noi. Adesso dobbiamoessere noi a guardarci intorno conlo stesso amore, volgere lo sguardoverso quelli che non hanno avutol’opportunità di incontrarlo e an-nunciare a tutti che Gesú Cristo è ilnostro Salvatore.

Valentina SorgLeeheim - Germania

In una Comunità tutto deve es-sere sottomesso al Pastorale,anche quando le cose che pen-

sano si allontanano da quelle che pensia-mo noi. I giovani hanno un forte impe-to, tanta voglia di fare e alti concetti digiustizia, che però spesso, proprio a cau-sa della giovane età, perseguono conmetodi sbagliati. Ad esempio, quandoero un adolescente fedele, non cono-scendo neanche bene la Comunità e lecose di Dio, portavo avanti vere e pro-prie battaglie solitarie, anche senza ilconsenso dei Responsabili della mia Co-munità; se vedevo cose che reputavo in-giuste, mi facevo trasportare dalla foga enon comprendevo che la giustizia ha an-che i suoi tempi e i suoi modi.

Da giovane Responsabile, nel pie-no vigore dei venti anni, se c’eranocorrezioni da dare non esitavo a usareparole e metodi duri, perché non ave-vo compreso che cosa significhi esse-re servi e non capi.

Oggi, da uomo adulto, ho impara-to il confronto: nel Pastorale della miaComunità parrocchiale, nella mia Co-munità di Crescita, nel Ministero na-zionale della Musica e del Canto. Chisi confronta infatti alleggerisce il pesodella decisione, rispetta il criterio dellacomunitarietà e soprattutto, sottomet-tendosi agli altri, si converte.

Ho imparato anche a correggerenon con parole dure, bensì conceden-do più fiducia. Usare la maniere forti èfacile, ma non sempre produce l’effet-to desiderato, perché l’altro può cam-biare solo apparentemente, per rispet-to o paura, e può anche ribellarsi dipiù. Concedere più fiducia invece fun-ziona sempre… magari con un po’ ditempo; del resto questo è l’atteggia-mento di Gesù verso i peccatori.

Impariamo quindi a controllare ilnostro impeto e lasciamo che il tempoe la Grazia che accumuliamo in Co-munità ci facciano diventare uomini edonne di Dio. Non rifiutiamo a nostravolta le correzioni, perché ci formano;sul momento ci fanno male, ma poiproducono salvezza, così come leggia-mo in Proverbi 3,11: «Figlio mio, nondisprezzare l’istruzione del Signore enon aver a noia la sua esortazione,perché il Signore corregge chi ama,come un padre il figlio prediletto».

Gaetano Larizza(dalla trascrizione)

Insieme ad altri 71 giova-ni, avevamo già parteci-pato al “pellegrinaggio

previo” che, a fine maggio – iniziogiugno, avevamo percorso sullaVia Lauretana. Tornati a casa co-me “veri pellegrini”, siamo di nuo-vo partiti verso Loreto, circa 30giovani italiani residenti in Germa-nia, per vivere insieme la Veglia ela S. Messa con il Santo Padre, chehanno avuto luogo l’1 e il 2 set-tembre nella spianata di Montorso.

I nostri cuori battevano, la no-stra attenzione era al massimo, ipiedi ansiosi di mettersi in cam-mino… E finalmente il momentotanto atteso è arrivato. Io ho avu-to addirittura il privilegio di staresul palco e di leggere negli occhidel Papa il desiderio di voler ab-bracciare, nel nome di Gesù, tut-ti i giovani convenuti ai piedi del-la “Santa Casa”.

«Questo è davvero un giorno digrazia: comprendere quale mera-vigliosa opera abbia compiuto ilSignore facendoci incontrare, quia Loreto, così numerosi, in un cli-ma gioioso di preghiera e di fe-sta!». Così il Santo Padre ci ha salu-tato al suo arrivo, e così è stato ve-ramente. Eravamo più di 500.000e la sola vista di così tanti giovani mitoglieva quasi il respiro: sembrava-mo onde gigantesche che si muove-vano verso l’altare, per sentirsi il piùvicino possibile a lui.

Ci siamo ritrovati subito in unclima di amicizia, condivisione efraternità, che speriamo duri oltrequesti giorni vissuti a Loreto e oltrele distanze. Ci siamo riuniti “con ilcuore” e questo ci ha fatto sentire“rivoluzionari dell’amore”. Citouna frase di un sacerdote che miha colpito molto: «L’amore vero

L’Agorà dei Giovani

A Loreto con il Papa

Valentina Sorg

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Questo è davvero “Un anno di grazia del Signore” (Lc 4,19)!Quando, durante l’ultimo Convegno Internazionale dellaComunità, il Signore ci ha annunciato questa profezia,

non avevamo ancora ben chiaro quali meravigliosi frutti avrem-mo visto di lì a poco. Lo stesso spettacolo, che noi giovani abbia-mo realizzato per celebrare il 20° anniversario della Comunità,ha aperto le porte a questa grande grazia che il Signore ci ha pre-annunciato e che vuole riversare su tutti noi in abbondanza.

E nel segno di questa benedizione siamo stati chiamati a por-tare quello stesso spettacolo a Piazza Navona, una delle piazzepiù grandi e frequentate della capitale, nell’ambito della missione“Gesù al Centro”, organizzata dal Vicariato di Roma. Pieni di stu-pore e di entusiasmo abbiamo subito iniziato a lavorare per ria-dattare uno spettacolo, pensato per il “compleanno della Comu-nità”, a una situazione ben diversa quale è una missione cittadinae a un pubblico ben diverso fatto di persone tra le più varie, chenon conoscono Gesù o che forse ne hanno solo sentito parlare,persone che si professano atee o che neanche parlano la nostralingua. Quindi, con tutte le difficoltà che si possono incontrare nelpreparare un concerto in cui coloro che vi prenderanno parteabitano a centinaia di chilometri di distanza, ci siamo rimboccatile maniche e, anche con metodi “davvero poco ortodossi” (pen-sate solo che è stato necessario spiegare i passi di un balletto al-le sorelle di Napoli via e-mail!), abbiamo preparato lo spettacoloche ha dato inizio alla missione, il cui titolo è stato «Avrete forzadallo Spirito Santo e mi sarete testimoni».

Lo scopo della missione era ovviamente l’evangelizzazione;dunque raggiungere i cuori di coloro che si fossero trovati anche“per caso” sabato 29 settembre a Piazza Navona doveva essereil nostro obiettivo. Così la stessa scelta dei canti è stata fatta allaluce della nostra esperienza d’incontro con il Signore, quell’incon-tro che cambia la vita, che chiama a nuova vita!

Un’esplosione di gioia ha dato inizio allo spettacolo sulle pa-role dell’inno della missione “Gesù al centro”, composto da unodei nostri Responsabili Nazionali della Musica e del Canto, le qua-li poi ci hanno accompagnato lungo tutto il resto della settimanadi evangelizzazione, acclamando a Dio e riconoscendo la suaMaestà nella nostra vita. Lo abbiamo poi lodato ringraziandoloper la forza che ci dona ogni giorno; ci siamo riconosciuti deside-rosi di incontrarlo con il canto “Sete di Dio” e abbiamo procla-mato lo Spirito Santo “Fonte di Vita”; così abbiamo cantato che“È Signore e dà la vita” e danzato pieni di gioia agitando dei ponpon argentati, come se dagli stessi promanassero benedizioni pertutti. Una volta invocato, abbiamo lasciato che fosse Dio a par-

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larci e Lui ci ha fatto la sua stupenda dichiarazioned’amore, accompagnata dalla danza sponsale diIsraele che, liberata dalla schiavitù del peccato,

Spettacolo di evangelizzazioneA Roma,in Piazza Navona

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Nell’ambito della missione “Gesù al Centro”,la nostra Comunità è stata chiamata a portareun suo récital nella piazza affollata di turisti.

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danza libera per il suo Re: «Sarai unamagnifica corona nella mano del Si-gnore, sarai un diadema regale nellamano del tuo Dio. Nessuno ti chiame-rà più abbandonata… perché il Signo-re si compiacerà di te!». E anche noi,Popolo di Dio, abbiamo fatto la nostrapromessa di fedeltà cantando: «Ed ioper sempre ti amerò, e la tua grazianel mio cuore sarà... ed io annunzieròil tuo Nome, alle genti dirò del mioamore per Te».

Esultando per la libertà, che è verae piena solo Lui, abbiamo elevatoquindi un “Canto di ringraziamento”,annunciando al mondo che Cristo è lanostra speranza, e abbiamo ringrazia-to Maria, che ha un amore specialeper i suoi figli e che anche oggi inter-cede per tutti noi, proprio come fece aCana. La danza dei popoli ci ha unitiinfine in un unico abbraccio, mentrebandiere di diverse nazionalità, chesventolavano insieme, hanno messonei nostri cuori la speranza di una pa-ce e di unità che l’amore di Dio e perDio può veramente realizzare. A Lui,che è nostro Padre e che è il solo chesalva e guarisce, abbiamo innalzato uninno di lode e ringraziamento.

Ogni cosa ha concorso a racconta-re come Tu, o Signore, hai trasforma-to la nostra vita: il susseguirsi dei canti,le danze, gli stessi abiti, che volevanomostrare la purezza che ci viene rido-nata, le luci, sommesse nei momenti diintimità, esplosive e colorate in quellidella lode e dell’esultanza. Lo speaker,che è stato veramente travolgente, leimmagini proiettate con il volto di Ge-sù, di Maria, di persone che lodano, gliinterventi parlati si sono trasformati poiin brevi ma intense preghiere di invo-cazione allo Spirito; in una delle quali cihai dato la forza di infondere coraggioa tutti coloro che ci ascoltavano, ricor-dando che nella Scrittura il Signore di-ce che siamo peccatori, ma che graziea Lui rinasceremo, avremo una vitanuova, non perché rientreremo nelgrembo materno, ma perché ricevere-mo la “potenza dall’alto”, saremo im-mersi nell’acqua viva e sentiremo unaforza nuova, una pace e una gioia maiprovate prima. Concetti ripresi nella te-stimonianza di una nostra giovanissima

sorella, la quale ha annunciato con fre-schezza ed entusiasmo le meravigliecompiute da Gesù nella sua vita e lagioia di appartenergli, senza farsi inti-morire dalla pronta contestazione di al-cuni astanti, raggiunti e scossi da quan-to stavano ascoltando. Tutto ha con-corso ad attirare davvero un gran nu-mero di persone, che si assiepavanointorno al palco nonostante il freddo, eche poi hanno trovato un momentoper incontrarti, Signore, nell’intimitàdella vicina chiesa di S. Agnese, in cuieri presente nel Santissimo Sacramen-to dell’Altare.

Quale grande annuncio hai per-messo che fosse fatto attraverso le no-stre bocche e quali e quante meravigliehai potuto compiere attraverso il donodell’amore e della comunione! Sì, per-ché tutto questo è stato possibile gra-zie alla dedizione di molti fratelli chehanno davvero lasciato ogni cosa perservirti; hanno lasciato casa, famiglia,lavoro e con tanti sacrifici si sono mes-si a tua disposizione. Pensate ai fratel-li che sono convenuti dalla Puglia, dal-la Calabria, dalla Sicilia proprio perrendere possibile questo spettacolo eai fratelli della Campania che sono ri-partiti la sera stessa per tornare a ca-sa, nonostante l’ora tarda e la stan-chezza, ma colmi della gioia ricevutanell’aver fatto dono di sé.

Credo che la potenza di questospettacolo abbia potuto dispie-garsi proprio grazie alla grande

comunione che ci ha accompagnatonella sua preparazione e svolgimento;all’amore e alla gioia di lavorare insie-me, che ci hanno permesso di annun-ciare il Signore come fossimo un’uni-ca voce, un unico corpo. Sono certache ciò è stato percepito anche da chisi è soffermato a guardarci e che pro-babilmente si è interrogato su cosapossa aver spinto tante persone a“perdere la faccia” per Gesù, sui moti-vi di tanti sorrisi e di quella gioia con-tagiosa che ha spinto anche chi non loaveva mai fatto ad alzare le braccia alcielo; beh, sono certa che queste per-sone hanno saputo anche trovare unarisposta e la risposta a quelle doman-de sei Tu, Signore!

Francesca Tinti

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«Come stai?» e l’abbraccio chesegue evidenzia tutto l’affettoche c’è fra noi e la gioia di ri-

vederci. Il calore e l’entusiasmo concui ci salutiamo dimostrano che ci vo-gliamo bene; forse perché tutti noi chesiamo qui, giunti dalle varie diocesid’Italia e d’Europa (è presente anche ladelegata della Germania), siamo acco-munati e abbiamo a cuore, insieme alCNS, un unico, grande, prezioso be-ne: la Comunità Gesù Risorto, di cui imembri del CNS rappresentano “lecolonne” e noi delegati “le sentinelle”.

E subito, dopo i saluti, cominciamoa parlare, ad aggiornarci non sullequestioni o situazioni personali o fami-liari, che non riteniamo prioritarie, masu quelle delle varie Comunità che rap-presentiamo. E lì è tutto un “trapelare”di notizie, di novità: «Nella mia diocesisono nate altre due Comunità…», «Ab-biamo fatto un Ritiro, dove abbiamocontemplato le meraviglie e le opereprodigiose del Signore…», «Quel fra-tello, quella sorella sono stati guari-ti…», «Si sono riconciliati i coniugi se-parati…», «Si è riunita la tale e tal altrafamiglia…» ecc. ecc. Che bello! Gra-zie, Signore! Lode e gloria a Te!

E ora, nell’accogliente salone checi ospita, ha inizio la grande preghieradi lode del mattino: il canto ci introdu-ce immediatamente alla presenza delSignore: «Che gioia quando mi disse-ro saliamo al monte del Signore...Vedere il mio corpo davanti al mioSignore. Ero come impaurito, maLui mi venne vicino, prese la miamano e mi invitò a danzare...».

Non posso nascondere la commo-zione, perché questo è il “mio” cantoprofetico e mi ricorda il primo incon-tro con Gesù, quando Lui “veramen-te”, carnalmente mi è venuto vicino,scovandomi da dietro una colonna,dove stavo versando tutte le mie lacri-me, e mi ha invitato a danzare, dando-mi la mano.

Che ricordo meraviglioso hai susci-tato in me, Signore!

E subito lo stesso canto ci rende uncorpo solo; ora tutti siamo davanti aTe, che sei venuto a visitarci e a donar-ci la tua pace e la tua gioia. «Pace avoi!» risuona nella grande sala.

Soffia la potenza dello Spirito chevuole operare una profonda liberazioneda tutto ciò che si oppone e che vuoleostacolare il progetto di Dio in noi.

Si innalza la profezia, piena di pro-messe, di incoraggiamenti, di consola-zioni: «Mio servo tu sei, ti ho scelto,non ti ho rigettato. Non temere, per-ché io sono con te; non smarrirti,perché io sono il tuo Dio. Ti rendoforte e anche ti vengo in aiuto. E tisostengo con la destra vittoriosa.…Non temere, vermiciattolo di Gia-cobbe, larva di Israele; io vengo intuo aiuto – oracolo del Signore – tuoredentore è il Santo di Israele… Tirendo come una trebbia acuminata,nuova, munita di molte punte; tutrebbierai i monti e li stritolerai, ri-

durrai i colli in pula. Li vaglierai e ilvento li porterà via, il turbine li di-sperderà. Tu, invece, gioirai nel Si-gnore, ti vanterai del Santo di Israe-le» (Isaia 41,8-16).

Grazie, Signore: ancora una voltaci tendi la mano e ci risollevi a Te. Iltuo chiamarci “servi” denota un rap-porto non tra padrone e schiavo, mane implica uno di piena fiducia e diamore.

Attraverso un possente canto inlingue, il Signore accorre a liberarcidalla mentalità di questo mondo e dauno spirito di sopravalutazione che,subdolamente e con astuzia, intossicae inquina con il suo veleno il nostro

cuore; mediante l’amore e la com-passione che ci scambiamo con lapreghiera con l’imposizione delle ma-ni, Egli mette definitivamente in fugail suo nemico.

Intanto continua a rassicurarci conla sua Parola: «Ti rendo forte, non te-mere…», mentre noi rispondiamo:«Tutto posso in colui che mi dà forza».

Ora il nostro cuore, pacificato daogni tempesta e da ogni divisione, èpronto per accogliere ogni cosa diDio, ridiventando strumento docilenelle sue mani. Con il canto “Tu sei ilRe”, proclamiamo la sua signoria sututti noi, sul nostro delicato servizio,sulle Comunità che rappresentiamo,sui Responsabili e sui Pastorali tutti,sparsi in Italia e nel mondo. Durante

l’armonioso canto in lingue, che haspalancato i cieli, Gabriele, membrodel CNS, ha avuto la visione di tantifratelli di colore e ha compreso chesaranno i Delegati del futuro. MentreRoberto, altro membro del CNS,ascoltando nello spirito la Parola delSignore a Zorobabele, «Non con lapotenza, né con la forza, ma con loSpirito di Dio…», ha avuto un’illumi-nazione sul pericolosissimo diavolo“dell’autonomia spirituale” e su quel-lo “dell’egoismo spirituale”, che, co-me leoni ruggenti, sono sempre inagguato.

L’“autonomia spirituale” ci convin-ce che non abbiamo più bisogno deifratelli, in quanto possediamo numero-

VViittaa ddeellllaa CCoommuunniittàà

Incontro dei Delegati diocesani

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compreso che esso rappresenta la Co-munità, guidata da Gesù, mentre le ve-le sono il CNS, i Responsabili e i De-legati, condotti dal vento dello Spirito,senza del quale il veliero rimane fer-mo. È seguita la presentazione deinuovi delegati di Milano, Brindisi, Gio-ia Tauro, Taranto, Messina e Caltanis-setta, perché il veliero è grande e quin-di le vele devono aumentare; di tuttiabbiamo notato la maturità e la dona-zione nello svolgimento del delicatocompito a cui sono stati chiamati.

Nel pomeriggio, muti e innamora-ti, siamo stati in Adorazione davanti alRe, elevando a Lui le nostri lodi, il no-stro cuore, la nostra infinita gratitudi-ne, la nostra vita.

E Lui ci ha parlato: «Come il Pa-dre ha amato me, così io ho amatovoi, rimanete nel mio amore», «Pen-sate alle cose di lassù, non a quelledi questa terra», «Dio ha tanto ama-to il mondo, da donare suo Figlio,affinché chiunque crede in Lui, nonmuoia, ma abbia la vita», «Siate mi-sericordiosi, come è misericordioso ilPadre mio… perdonate e sarete per-donati…».

E noi, a queste profezie, ci siamoinginocchiati con tutto il Creato e ab-biamo inneggiato al Re della gloria conpossenti, liberanti canti in lingue, of-frendo a Lui la nostra vita, le nostre fa-miglie, i fratelli che sono nella prova onella ribellione e tuttele Comunità che rap-presentiamo. Il primogiorno si è conclusocon la CelebrazioneEucaristica. Don Stefa-no, con l’accoglienza el’entusiasmo che lo di-stinguono, ha messoin risalto l’atteggia-mento dell’“ammini-stratore astuto”, il qua-le è lodato da Gesùnon per la sua scaltrez-za, ma poiché ha mes-so in comunione i be-ni. Infatti rimarrà soloquello che abbiamocondiviso. L’esempiopiù alto è naturalmenteGesù stesso, che non

ha trattenuto niente per Sé, nemmenola vita; è Lui che dobbiamo imitare eseguire.

Il secondo giorno è stata la volta dinoi Delegati, che abbiamo relazionatosulle varie Comunità d’Italia: alcunedelle quali si stanno rigenerando, altresono in fermento, altre ancora sonostabili, ma vive e operanti all’interno diParrocchie e anche ospedali, case peranziani e carceri.

Abbiamo ascoltato notizie che cihanno molto edificato, come quella didigiuni e veglie di preghiera organizza-ti per l’insediamento di un nuovo Ve-scovo o parroco, o per importanti ini-ziative comunitarie, come alcune mis-sioni portate avanti dai più giovani.

All’ascolto di queste notizie inco-raggianti, abbiamo sperimentato l’at-tuazione della profezia del Convegno:«Un anno di grazia del Signore».

Ciò che stupisce, in questi Ritiri deiDelegati, è il fatto che volutamentenon viene preparato alcun insegna-mento da parte del CNS, e ogni voltaverifichiamo che è lo Spirito Santo adammaestrarci, dirigerci, educarci, rige-nerarci, perché Lui sa, più di ogni al-tra programmazione umana, quello dicui abbiamo bisogno in questo partico-lare momento storico della ComunitàGesù Risorto, che è solo opera sua.

Ernesta Masci

se esperienze passate che ci rendonosicuri di noi stessi, autosufficienti, ca-paci, abili, dotati di tanta pratica e pe-rizia per sapere come agire in ogni cir-costanza e risolvere i vari problemi.

L’“egoismo spirituale”, invece,convincendoci ad amministrare soloquello che già abbiamo, non ci per-mette di aprirci alle novità dello Spiri-to, di voler fare nuove cose o di vivereeventi originali, che possono portarcifino al punto di “perdere” ancora dipiù la nostra vita.

Entrambi sono “diavoli abomine-voli”, che dobbiamo combattere contutte le nostre forze e con lo Spirito diDio, da cui dobbiamo continuamentefarci guidare e illuminare; così comeaccade in missione, dove non ci si puòbasare su esperienze passate, né sufratelli più esperti (perché non ci so-no). Inoltre non si conosce la lingua,non si conoscono le persone e le loroabitudini e allora su chi riponiamo lanostra speranza, le nostre aspettative,la nostra fiducia? Solo e soltanto sul Si-gnore. E lì accadono allora miracoli efatti eccezionali; così si realizza la Pa-rola «Non per potenza, né per forza,ma per lo Spirito di Dio».

Per combattere e vincere questi ri-pugnanti demoni ci sono alcuni ine-spugnabili baluardi: la comunione,l’unità e la predisposizione a fare sem-pre il bene. Se noi facciamo il bene chipuò farci del male?

Altre armi per attaccare vittorio-samente il nemico sono inoltrel’ascolto attento e continuo di

Dio, una perseverante preghiera per-sonale per riconoscerne le ispirazioni ela condivisione di tutto con i fratelli coni quali condividiamo il servizio, altri-menti rischiamo di crearci dei “regni”nel “regno” e di provocare divisioni.

Noi dobbiamo agire sempre cari-smaticamente e il nostro grande com-pito nella Chiesa, nella quale siamo apieno titolo inseriti, è risvegliare e usa-re i carismi. Certo non dobbiamo ricu-sare le esperienze passate, che sono ilnostro patrimonio spirituale, ma poidobbiamo lasciare lo Spirito libero diintervenire.

Qualcuno fra noi ha avuto l’imma-gine di un “veliero” molto grande e ha36

Presentazione dei nuovi Delegati diocesani:Dario Di Maria (Caltanissetta), Fausta Berrica (GioiaTauro), Maria Concetta Viti e Maria Luisa D’Angella(Milano), Filomena De Leonardis (Brindisi),Paolo Ettorre (Taranto), Giuseppe Cingari (Messina).

Roberto Fium

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Ringraziamo il Signore che,dopo varie difficoltà organizza-tive, ci ha donato la grazia diincontrarci con tutti i fratelli e

le sorelle della Sicilia per il Ritiro Re-gionale, che si è svolto domenica 18novembre nella Sala Papardo del-l’Università di Messina. Sono pre-senti anche la nascente Comunità diPalermo e alcune Comunità della vici-na Calabria. Con il canto iniziale esplode una gran-de lode e le profezie fatte dagli anima-tori, i Delegati diocesani, toccano i pre-senti, che si abbandonano all’azionedello Spirito, che tutto risana; la sala èpervasa da una grande pace e sereni-tà, pure i cuori più duri iniziano a cede-re, anche i fratelli venuti per la primavolta liberano attraverso il pianto il lorocuore pieno di ferite. Si respira l’amo-re di Dio Padre per ciascuno dei suoi fi-gli. Questo clima continua anche du-rante l’insegnamento, fatto da Giaco-

preghiera comunitaria. Durante que-sta lode potente il Signore ci ha datoquesto passo «…Paolo lo fissò negliocchi e si accorse che aveva fede peressere guarito, perciò gli disse ad al-ta voce: “Alzati, diritto in piedi ...”»(At 14,9-10).Questo verset-to ha dato unoscossone a tut-ta l’ assemblea,tanti fratelli so-no stati invitatia fare un passodi fede, e la po-tenza di Dio hacominciato aoperare. Alla fi-

ne tutti danzavano e lodavano. Il dele-gato Gianni Gargiulo ha invitato a cre-dere nel Figlio di Dio che ci ha amatoe dato se stesso per ognuno di noi.Tutti sono stati esortati a ripeterlo alfratello accanto: «Gesù ti ama!». Gian-ni ha poi presentato Maria come mo-dello di fede, che in quanto tale haaspetti personali e comunitari, e hacoinvolto quindi tutta l’assemblea ingesti di fede. Nel pomeriggio la fede siè fatta adorazione: abbiamo contem-plato Gesù e poi lo abbiamo toccato…anzi è Lui che ci ha toccato, quando èpassato alla fine in mezzo all’assem-blea. La giornata è culminata con laCelebrazione Eucaristica, presiedutadall’Arcivescovo della diocesi di Poz-zuoli, S. E. Gennaro Pascarella, che ciha conquistato con la sua paternità ela sua dolcezza, incoraggiandoci anco-ra una volta alla fede e al servizio, macome “servi inutili”. Alla fine tutti sia-mo tornati a casa felici della grazia diquesta giornata, testimoniandoci vi-cendevolmente i prodigi che Dio ave-va operato per noi. Vito Barra

Domenica 7 Ottobre 2007 laComunità della Campania si èdata appuntamento al Pala-

partenope di Napoli per il consuetoRitiro regionale annuale. La salaFederico II era piena, con circa 1500fratelli provenienti da tutte le diocesidella Campania; c’era anche qualchefratello del Lazio, della Puglia e del-l’Abruzzo. Il tema scelto è stato «Que-sta vita nella carne, io la vivo nellafede del Figlio di Dio» (Gal 2,20). Ed èstata soprattutto la fede nel Figlio diDio a caratterizzare tutta la giornata,iniziata come sempre con una grande

Campania

Sicilia

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mo Vitale, De-legato di Mes-sina. Il passoche il Signoreha suggerito è:“Ecco il mioservo che io ho scelto: il mio predilet-to nel quale mi sono compiaciuto.Porrò il mio Spirito sopra di lui e an-nunzierà la giustizia alle genti” (Mt12,18). Ascoltiamo che solo facendociservi del nostro prossimo diventiamo ifigli prediletti del Signore, in quantoLui per primo si è fatto servo nostro;solo diventando strumenti della volontàdi Dio, possiamo superare i giorni buie sofferenti e riconquistare la pace e laserenità che avevamo perduto. Ma so-prattutto che solo testimoniando la no-stra conversione e annunciando cheGesù è risorto possiamoscuotere i cuori e assiste-re a guarigioni spirituali.Nel pomeriggio l’adora-zione al Santissimo, aicui piedi affidiamo ciòche abbiamo nel pro-

fondo, chiedendo con forza, a Lui cheè vivo davanti a noi, di liberarci da ognioppressione, rancore, odio e di faredella nostra vita una gioia.La Celebrazione eucaristica è presie-duta da p. Piergiorgio Rasano, checonferma lo spirito di gioia di questagiornata e conclude incitandoci a esse-re portatori d’amore, perché amarevince e convince; e noi siamo certi cheda questa giornata torniamo a casatutti vincenti e convincenti.

Il PastoraleParr. “S. Matteo” - Messina

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Il 10 e 11 novembre il CNS hasvolto una breve ma intensamissione nella diocesi di

Mileto-Nicotera, conclusasi con unritiro molto partecipato e ricco di be-nedizioni. Alle Comunità locali di Ma-rina di Nicotera, Girifalco, Vibo Valen-tia, Università “Arcavacata”, si sonoaggiunte anche alcune Comunità vici-ne, che hanno voluto cogliere congrande gioia questa opportunità.

Calabria

La Provincia CarmelitanaCroata a Zagabria lo scorsoanno scolastico ha iniziato lo

studio sistematico della Spiritualità.Uno dei corsi, che ha attirato grandeinteresse, è stato quello sui Movimen-ti spirituali moderni, nel contestodel quale, all’interno del Rinnovamen-to Carismatico Cattolico, è stata pre-sentata anche la Comunità Gesù Ri-sorto, con diverse foto e materiale vi-deo. Così la conoscenza della Comu-nità si è diffusa anche all’interno dellaCroazia. p. Anton Mario Cirko

CROAZIAA questo gioioso evento abbiamopartecipato anche noi missionariprovenienti da Roma. La calorosaaccoglienza riservataci ci ha fattosentire subito come a casa e allora,con sollecitudine, insieme ai respon-sabili locali, abbiamo preparato gliincontri e gli insegnamenti dei gior-ni successivi.L’esperienza che il Signore ci ha fat-to fare nel corso della prima giorna-ta è stata molto coinvolgente; abbia-mo sentito la forza dello Spirito San-to scendere su ognuno e operaregrandi meraviglie. Difatti molti sonostati guariti da quel senso di solitudi-ne, smarrimento, isolamento da cuisono afflitti coloro che, come i nostrifratelli della Comunità della Germa-nia, sono emigrati in terra straniera.L’incontro del secondo giorno, ca-ratterizzato da un clima di reciprocaaccoglienza e di profonda comunio-ne, ha visto il manifestarsi di unamolteplicità di carismi.Paure, dubbi, divisioni tutto è statospazzato via dalla potenza del nomedi Gesù più volte invocato, così glieffusionandi, con il cuore libero daogni ostacolo, alla presenza del par-roco della Missione Cattolica di

Gross Gerau, hanno pronunciato lerinunce a Satana e rinnovato le pro-messe battesimali. Nel pomeriggiopoi, nel corso della preghiera perso-nale, hanno ricevuto l’effusione del-lo Spirito Santo.A coronare la bella giornata, è sta-ta celebrata la Santa Messa e, du-rante la preghiera dei fedeli, è sta-to chiesto al Signore di accrescerela Comunità Gesù Risorto in terradi Germania.

Diana Pasquarelli

L’effusione dello SpiritoSanto per i nuovi fratelli del-la Comunità della Germania

è avvenuta nella chiesa “S. Alban” aLeeheim, nella diocesi di Mainz.

GERMANIA

La giovane Comunità Gesù Ri-sorto di Quilpué - Los Pinossi è messa a disposizione della

parrocchia per vari servizi, fra cui an-che la catechesi dei giovani, che inconseguenza affluiscono numerosi an-che alla preghiera comunitaria. Qui al-cuni di loro circondano affettuosamen-te Eric, uno dei nostri responsabili.

CILE

Anche quest’anno la Comu-nità di Civitavecchia hapreparato l’inizio dell’anno

comunitario con un ritiro spirituale,che si è tenuto i primi di settembrepresso le Suore Francescane di Sutri,le quali ci hanno accolto nella loro“Oasi della pace” in uno scambio diamore fraterno. La bellezza del pae-saggio naturale, tra ulivi e querce, e lalontananza dai fragori del mondo han-no dato impulso alla preghiera e uncanto di lode si è alzato al cielo per be-nedire Colui da cui proviene ogni co-sa. Sotto lo sguardo amorevole di Ma-ria e nella ricorrenza della sua nascita,lo Spirito Santo ha effuso alle nostraossa inaridite vita nuova (Ezechiele16,60-63). Dopo averci aiutato a de-porre affanni, lutti e ogni tristezza, Ge-sù è venuto a cambiare i cuori e a dar-

Lazio ci ali per volare sulle vie: è Lui che ciguida e ci fa uscire dalle tenebre. Ungrido accorato si è elevato dal popolopovero e bisognoso che attende la sal-vezza dal Signore. Rinnovati nello spi-rito, ci siamo aperti all’ascolto della ri-flessione della sorella Savina (Efesini6,10-20): è stato un momento di for-te meditazione, dove abbiamo acquisi-to gli strumenti per riconoscere e com-battere tutte quelle tentazioni che sonoostacolo al cammino di santità e allacrescita personale e comunitaria.Nella S. Messa conclusiva un “Lauda-to sii, mio Signore” ha riempito i cuo-ri: cielo e terra si sono uniti in un pe-renne ringraziamento a Dio per que-sti giorni di grazia.Ora ognuno ritorna alla propria vitacarico dell’amore e del fuoco che Luiha messo nei nostri cuori per poterglidare testimonianza ovunque saremochiamati a essere dono per gli altri.

Antonietta CarraroGiulio Remorini

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Oggi ho quarantadue anni,quando entrai per la primavolta in Comunità ne avevo

diciannove; fu a un Corso per i Gio-vani, a Sassone, vicino Roma, dovemi aveva invitato una mia carissimaamica, Anna, che ora sta nella glo-ria di Dio. A quell’epoca ero in Se-minario e lei, che frequentava l’Uni-versità Lateranense, mi diceva sem-pre. «Dai, Stefano, vieni a pregarecon noi!». Era di un’insistenza vera-mente unica. Quando domandavo inSeminario, mi rispondevano che si

trattava di gente esaltata; ma poi,guardando lei, restavo colpito dallasua bellezza e dalla sua intelligenza.Così decisi di andare a vedere, dipersona.

Non conoscevo nessuno e le pri-me parole in lingue che sentii mi mi-sero una paura da morire, tanto dafarmi pensare che fossero tutti inde-moniati e che da un momento all’al-tro qualcuno potesse saltare in aria.Al pranzo mi misi in un angolo,sembravo un pulcino fuori dal gu-scio. Vennero alcuni responsabili emi chiesero come mi chiamassi eche cosa avevo pensato della pre-ghiera. «Mi sembrate tutti matti» ri-sposi; e loro confermarono di averavuto tutti questa impressione al pri-mo incontro. Bene, di questa pazziail Signore ha contaminato ben pre-sto tutta la mia famiglia, che una set-timana dopo portai con me nellachiesa di “S. Angelo in Pescheria”.

Io conoscevo già il Signore; finda bambino avevo fatto parte digruppi di preghiera mariani, dove di-cevamo tre rosari per volta. Peròavevo sempre un dubbio: sì, il Si-gnore mi amava, ma io non ne ave-vo diritto, perché mi conoscevo, co-noscevo i miei limiti e i miei peccati.Ma in uno di questi primi incontriuna frase mi si stampò nel cuore:«Dio ti ama così come sei, adesso,davanti a Lui!».

Sembra una cosa così sempli-ce… ce lo dicono i preti, noi lo dicia-mo agli altri, ma finché non sei fol-gorato da questo amore, tu non nehai in realtà nessuna esperienza.

Un’altra pietra miliare fu il gior-no della mia effusione. In realtà il li-bretto per la preparazione non loavevo letto, anche perché, comeseminarista, pensavo in realtà dinon averne bisogno. Mentre stavoricevendo la preghiera, tutti prese-ro a dirmi: «Hai il dono delle lin-gue», «Ma che devo fare?» «Prega edì: Maranathà…». Ricordo che perl’emozione dissi una cosa per un’al-tra… ma a un certo punto successeun fatto straordinario: mi si sonochiusi gli occhi ed è partito un can-to in lingue potente, irrefrenabile,che mi ha sconvolto. Poi mi hannoraccontato che quelli che passava-no nella strada lì accanto si voltava-no… Io sono una persona timida,anche se negli anni poi il Signoremi ha fatto vincere questa timidez-za, e la cosa che più mi sconvolge-va in quel momento era che nonfossi padrone di comandare allelabbra e al cervello di tacere. Ma ilSignore parlava Lui. Questo cantomi veniva dal cuore.

E poi ebbi il carisma della fede,per il quale ci è dato di credere chedavvero possiamo spostare le mon-tagne; anche se purtroppo non duròa lungo.

Mi sembrava di camminare sul-le nuvole. Per questo il rientro inSeminario fu uno shock; perchéall’inizio i doni sono irrefrenabili:ti trovi a pregare in lingue di not-te, a fare preghiere di liberazionementre dormi, a gridare in lingueper i corridoi quando nessunoascolta. Soprattutto durante la S.Messa, al momento dell’elevazione

temevo di uscirmene con questocanto e, di conseguenza, che nonmi ordinassero più sacerdote!

Il sabato riscappavo di nascosto a“S. Angelo”, anche se in realtà imiei superiori avevano capito benis-simo che andavo a pregare dai “ca-rismatici”.

Una volta ci fu una preghiera for-tissima e io ricevetti come una luce,che mi fece capire che non avevomai pregato affinché le personeguarissero. Fino ad allora avevopensato che solo i Santi potevanointercedere presso Gesù perché toc-casse le persone; ma quando capiiche non era la santità dell’uomo checompiva i miracoli, bensì l’amore delSignore, il quale vuole che tutti i suoifigli siano salvati, allora gli chiesi dipoter diventare come quegli amicidel paralitico, che avevano scoper-chiato il tetto della casa, pur di calar-glielo davanti ai piedi.

È per la fede di quegli amici cheil Signore guarisce lo spirito del pa-ralitico e poi conferma con la gua-rigione del corpo, dicendogli: «Al-zati e cammina!». Così dobbiamoessere tutti noi, anche verso quelloche è entrato adesso, per la primavolta, qui in Comunità. Dobbiamoportare a Lui tutti i paralitici, per-ché sono tanti coloro che aspetta-no la risurrezione; è un mondo pa-ralitico il nostro e noi dobbiamo 39

La mia esperienza dei carismiLa mia esperienza dei carismi

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portarlo a Gesù, che è venuto persalvare l’umanità. Dobbiamo soloportare le persone e poi dire: «Si-gnore, so che ci ami, che ami que-sto mio fratello. E anche io loamo», poiché è questa compassio-ne che smuove il cuore di Dio.

Voglio raccontarvi a questo pro-posito un altro episodio, che hacambiato radicalmente la mia espe-rienza sacerdotale e che racconto agloria di Dio.

In preghiera era stato procla-mato il brano di Pietro e Giovanniche vedono un paralitico alla PortaBella e che “nel nome di Gesù” lofanno alzare e camminare. Io erouscito correndo, per rientrare intempo in Seminario; quando vedoun povero anziano appoggiato almuro di Palazzo Venezia, come senon riuscisse a stare in piedi. Ave-vo il colletto da sacerdote e il pas-sare oltre avrebbe dato scandalo…vedete come Dio adopera tutto,anche la vergogna del giudizio de-gli altri, per i suoi fini…

«Fratello, che ti è successo?» do-mando e questo mi dice: «Ho unamalattia che a un certo punto miblocca gli arti; posso fare in tempo

solo a buttarmi su qualcosa perchémi si bloccano le gambe e mi rat-trappisco tutto. Poi dopo una mez-z’ora mi passa». Io, che venivo daquella preghiera, l’ho preso per ma-no e nel mio cuore ho ripetuto lestesse parole di Pietro: «Non ho néoro né argento, ma nel nome di Ge-sù dico a questo fratello: alzati ecammina!». Poi ad alta voce ho det-to a lui: «Vieni sotto braccio a me;dove devi andare?» e quello mi haseguito saltando dalla felicità, cosìemozionato che stava quasi per fini-re sotto un autobus. Mi ha chiesto:«Chi sei?», «Non sono nessuno; solouno che vuole bene a Gesù» ho ri-sposto. E da lì ho capito che è la fe-de che realizza la salvezza.

Un’altra esperienza bellissima ilSignore me l’ha fatta fare ancoracon il dono delle lingue, un carismaimportantissimo, perché fa pregaredirettamente il nostro Spirito.

Ero sacerdote da poco e avevoricevuto una delusione fortissimadal gruppo dei giovani che segui-vo, tanto forte che ero arrivato ascioglierlo e a ritenere inutile “per-dere tempo” con loro, capaci solodi chiacchierare e non di impe-

gnarsi realmente per i fratelli sof-ferenti. Ma da quel momento ini-ziò un martellamento nel mio spi-rito; una frase in lingue mi risuo-nava dentro giorno e notte, qua-lunque cosa facessi. Conoscevouna laureanda in archeologia, unapersona davvero preparata e, nonvolendomi compromettere diretta-mente, le dissi di aver visto un filmin cui un sacerdote leggeva questafrase in un tempio, frase di cuiavrei voluto sapere la traduzione,se esisteva. Lei mi assicurò che neavrebbe parlato anche al suo pro-fessore di lingue semitiche antichee dopo una settimana arrivò con larisposta: si trattava della linguaugaritica (1.800 anni avanti Cri-sto), inoltre (in un libro che posse-devano solo 3 Università in Italia)aveva trovato la foto di un tempionel quale questa frase era riporta-40

Nella sua prima Lettera, S. Pietro ci scrive:«Siate temperanti, vigilate, perché il vostronemico, il diavolo, come un leone ruggen-te va in giro cercando chi divorare; ma voiresistetegli, saldi nella fede». Un giorno, inpreghiera, il Signore mi ha suggerito un’im-magine a questo proposito: un accampa-mento di tende nel deserto, come quellidei nomadi, e una persona che, volendoessere libera e indipendente, se ne allon-tana di notte, di nascosto, nonostante glianziani gli abbiano detto più volte di nonfarlo. È un giovane, che vuole prendereda sé le decisioni per la sua vita, pensan-do di essere più scaltro degli altri; ha co-munque una promessa nel suo cuore:quella di tornare subito indietro, senzapensarci due volte, se, facendo i primipassi fuori dell’accampamento, dovessescorgere un qualsiasi pericolo.

Riporto questa testimonianza così come mi è stata raccontata. Siamo ai mar-gini del “gay pride” che si è svolto a Roma: due ragazze che vi hanno parteci-pato, e che convivono, si sono sedute stanchissime su una panchina; accantoa loro due signore, che le guardano senza astio, senza spirito di polemica, masemplicemente dicono loro: «Gesù vi ama!». Tutto qui.Solo che queste due ragazze hanno anche un trascorsodi vita di fede, di percorso parrocchiale… Così la lo-ro è una “difesa” per modo di dire: «Ci ama anchese siamo così?». «Sì, vi ama al di là e al di sopra diogni cosa. Poi, proprio per questo, voi potrete cer-care una via per guarire. Il Signore stesso vi aiuterà».Se ne vanno via confuse; non conosco il resto dellastoria. Penso però con ammirazione a queste due si-gnore, che non sono rimaste a casa a “indignarsi” (co-me è di moda dire oggi), ma che si sono poste accantoa questi nostri fratelli e sorelle così bisognosi, nella certez-za che Gesù avrebbe concesso loro di annunciare a qualcunoil suo amore e il dono della salvezza. Alberta

COME UNA PECORA RUGGENTEcercando chi evangelizzare…COME UNA PECORA RUGGENTEcercando chi evangelizzare…

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ta sui dodici pilastri. La traduzioneera: «Vieni presto, Dio della pace».

Ecco che cosa implorava il miospirito, che non aveva pace, con“gemiti inesprimibili”.

Un’altra volta mi è capitato dipregare per una persona importan-te, di una famiglia ebraica di Roma.Questa persona era fortemente inte-ressata a Gesù, anche se aveva natu-ralmente difficoltà a riconoscerlo co-me Messia. Allora io ho chiesto initaliano: «Spirito Santo, fa’ che que-sta figlia possa riconoscere Gesù co-me Messia e come suo Salvatore»,poi ho cantato e pregato nelle lin-gue. Alla fine lei mi fa: «Come maiprima lo hai detto in italiano, poi mel’hai cantato in aramaico antico epoi me lo hai ripetuto in iddish, ildialetto che mia nonna usava all’ini-zio del Novecento?». Quando le hospiegato che non conoscevo queste

altre lingue, è rimasta strabiliata; co-sì le ho spiegato della Pentecoste,dell’effusione dello Spirito, degliApostoli, e così via.

Ma anche io ho capito una co-sa nuova, importantissima: S.Paolo ci rivela che, nel nome diGesù, ogni ginocchio deve pie-garsi e “ogni lingua” deve procla-mare che Lui è il Signore; ora loSpirito Santo vuole che ciò av-venga davvero in “tutte le lin-gue”: anche in quelle passate,che non hanno potuto conoscereGesù, come in quelle presenti efuture, anche dei marziani, se maici fossero i marziani. Ecco l’es-senza ultima del dono delle lin-gue: glorificare il Padre e il Figlio,nella potenza dello Spirito Santo,anche in quelle lingue che nonavevano potuto ancora dare lorolode, gloria e onore! 41

La Comunità ha questo grandedono, quello di pregare; e poi di te-stimoniare che la salvezza passa perle mani di uomini deboli e peccatori,ma amati da Dio e resi strumentidella sua misericordia. Vedete, caris-simi, tutti abbiamo bisogno di amo-re. E Dio è amore. È questo il mes-saggio che vince il mondo; non lanostra potenza, non le nostre forze.È l’amore che metteremo nel nostroannuncio; se io sono qua è perchéventitré anni fa una ragazza mi hatormentato per un mese intero, per-ché mi voleva bene e voleva che ioconoscessi davvero il Signore.

Noi dobbiamo evangelizzare tuttoil mondo, andare ovunque e dire: «Dioti ama! Fratello, sorella, Dio ti ama co-sì come sei, adesso, davanti a Lui».

Don Stefano Ranfi(sintesi dell’omelia del Convegno 2007)

Acquattato tra l’erba e le sterpaglie c’èun altro personaggio: un leone, prontoa ghermire gli uomini dell’accampa-mento; non osa però attaccare tutta latribù, attende piuttosto coloro che siisolano. Il leone vede il giovane, ma nonl’aggredisce subito, temendo che possasfuggirgli e rientrare; comincia invece aseguirlo, mimetizzandosi tra le piante egli alberi. È ormai giorno e il giovane hapercorso un bel po’ di strada nel deser-to, senza incontrare nessun pericolo:tutte le paure degli anziani erano dun-que infondate, pensa, e lui aveva pro-prio ragione. Si gira e non vede più l’ac-campamento; ma è solo un attimo discoramento, da cui si riprende subito,pensando alla libertà conquistata. Soloche a quel punto, con passo lento e mi-naccioso, balza fuori il leone, il quale sache ormai non ci sarà più nessuno a di-fenderlo…Devo dire che questa vicenda l’ho vissutarealmente in prima persona, nel lontano1992, quando, per motivi che ritenevogiusti, decisi di allontanarmi dalla Comuni-tà. Feci però una promessa nel mio cuo-re: appena verrà meno il motivo di attritoritornerò e, comunque, lo farò in ogni ca-so, qualora la mia vita spirituale dovessepeggiorare sensibilmente.Andai via e, per un anno, provai una no-tevole pace nel cuore; anche la preghierapersonale sembrava più fervida e profon-da, come mai l’avevo avuta, quasi chel’appartenenza alla Comunità fosse statalimitante. Dopo di che, invece, la mia vitaspirituale cominciò a cadere in picchiata eripresero forza antichi peccati e antiche

catene, più forti e invincibili di prima.Eppure avevo conosciuto il Signore ela sua potenza: Lui mi aveva toccatonello spirito, mi aveva strappato dallamorte e donato la gioia di vivere e miaveva anche guarito da una malattiache mi affliggeva da due anni… Doveera il mio Signore adesso?... Anzi, do-ve ero io? E mi tornava alla mentequesto Salmo: «Questo io ricordo e ilmio cuore si strugge: attraverso la fol-la avanzavo tra i primi fino alla casa diDio, in mezzo ai canti di gioia di unamoltitudine in festa. Perché ti rattristi,anima mia, perché su di me gemi? Di-rò a Dio, mia difesa: “Perché mi haidimenticato? Perché triste me ne va-do, oppresso dal nemico?”».Otto lunghissimi anni lontano dallaComunità e dai miei fratelli, che ognitanto incontravo per le vie della città eai quali invidiavo quella luce negli oc-chi che io non avevo più.Nel 1999 i mass media cominciaro-no a parlare insistentemente delGiubileo e cominciarono a mostrareimmagini e interviste di persone chesi preparavano a quell’evento mera-viglioso, a quell’anno di liberazionedegli schiavi. Nel dicembre incontraiuna sorella e cordialmente scam-biammo quattro chiacchiere dinanzia un aperitivo. A un certo punto il

mio cuore non ce la fece più e chie-si della Comunità; ne parlammo percirca un’ora e mezza. Tornai a casaconvinto che il Signore continuava arichiamarmi e che era venuto ormaiil tempo del mio Giubileo, anno digrazia, anno di liberazione dallaschiavitù; mi ripromisi di ritornare inpreghiera il primo giorno utile del2000 e così fu.Durante quell’anno mille altre meravi-glie mi fece vedere il Signore. In parti-colare, il giorno 4 ottobre mi si mani-festò una grave perdita di sangue al-l’apparato urinario. Passai i mesi suc-cessivi tra ricoveri e analisi, avendo nelcuore la certezza che il Signore avreb-be operato di nuovo, che la sua manonon si era raccorciata. Dopo 6 mesi,l’esame istologico fu negativo, tra lostupore dei medici. Ma il Signore nonha più smesso di meravigliare me e lamia famiglia, mettendoci anche allaprova con il silenzio. Da allora solouna cosa credo: che il Signore è uno,e si manifesta nella Chiesa e nella Co-munità. Il cammino del cristiano non èun cammino solitario, ma insieme aifratelli che sono pronti a sorreggerciquando non ce la facciamo più.Che il Signore ci conservi uniti e nellasua grazia. Dario

“S. Maria delle Grazie” - San Cataldo

COME UN LEONE RUGGENTEcercando chi divorare…COME UN LEONE RUGGENTEcercando chi divorare…

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Ho frequentato la Comunità perpiù di 10 anni, avvolto dall’amore delSignore e dalla gioia dei fratelli, e lìmi ero anche fidanzato. Poi, non sonemmeno bene il perché, ho comin-ciato a frequentare cattive compa-gnie. Che mi hanno portato a fareuso di droga. Inizialmente lo facevo“per gioco”; poi naturalmente è di-ventato vizio e quindi dipendenza.

In Comunità non andavo più, enemmeno in chiesa; con la mia fidan-zata mi ero lasciato ed ero andato via

Le testimonianze hannoessenzialmente questo triplicescopo: dare gloria a Dio per lagrandezza della sua misericordia,crescere nella gratitudine e nellatestimonianza (testimone è coluiche ha visto, che ha sperimentato),mettere nel cuore di chi ascolta lasperanza che quello che ilSignore ha operato per uno deisuoi figli non lo rifiuterà a un altro.Che non occorre andarea cercare altrove, né servedenaro, né può essere meritato.È Dio, il quale ci ha permessodi chiamarlo Padre, che èimmensamente buono verso tutti.

anche da casa, facendomi ospitaredai miei nuovi “amici”, se così si pos-sono definire. I familiari e gli amiciveri non sapevano della mia situazio-ne e io, per mascherare il mio com-portamento, mi scagliavo contro diloro con continui litigi.

Trascorrevo le notti in ambientisconosciuti, annebbiato da dosi di co-caina che non riuscivo più a quantifi-care; la mia vita era in rovina: incate-nato alla droga, rassegnato a morire,depresso, sempre più trascurato.

Queste persone negativenon facevano che ripetermiche da una tale dipendenzanessuno è mai guarito e chepertanto le mie speranze era-no frutto di malattia menta-le… per cui l’unico rifugio perme era la morte.

Avevo perso ormai tutto,compresa la stima di me stesso,convinto che nemmeno il Si-gnore potesse farci niente. Ungiorno però, desideroso di in-contrare di nuovo la mia ex fi-danzata, mi confido con lei, poicon un fratello della Comunità,poi con un sacerdote… e tuttiprendono a offrire la mia situa-zione a Gesù, invitandomi ad af-fidarmi a Maria e a lasciarmiproteggere da Lei, come fa unfiglio. Dopo due anni di soffe-

renza e di sventura, ritorno in Comu-nità e di lì a poco vengo al Corso deiGiovani, anche se ancora pieno didubbi e tentato fino all’ultimo di tor-narmene indietro. Il titolo è “Voi sieteil sale della terra” e l’immagine del fon-dale rappresenta due mani unite, checontengono una manciata di sale…ma ai miei occhi non appare come sa-le, bensì come droga! Sono così turba-to che voglio uscire dalla sala; quando,proprio in quel momento, un ragazzosul palco testimonia di aver fatto uso inpassato di sostanze stupefacenti e diessere stato guarito dal Signore!

«Ma - penso - allora il Signoredavvero può guarirmi!». Preso dalla

gioia, condivido con questo fratellola mia sofferenza, chiedendogli di in-tercedere per me. Nella preghieracomunitaria che segue un membrodel CNS invita tutti coloro che vo-gliono deporre il proprio peso aipiedi di Gesù ad andare verso il San-tissimo, che è stato esposto sul pal-co, per lasciarsi guarire.

Io sono piuttosto scettico; peròfaccio un atto di fede, chiudo gliocchi e chiedo aiuto dicendo: «Si-gnore, se questa profezia è perme, mandami un segno tangibiledella tua volontà: aiutami ad alzar-mi». Alzo lo sguardo e vedo quelfratello di cui ho detto venire ver-so di me ; quindi mi prende permano e mi dice: «Ecco, è il mo-mento: alzati, rendi grazie a Dio;inginocchiati davanti a Lui e offritutto te stesso».

Sorpreso e commosso dall’imme-diatezza dello Spirito Santo, lo faccio.E lì, davanti al Santissimo, mi sentocome immerso in un braciere di car-boni ardenti. Un fuoco mi avvolge,mentre dentro di me sento il Signoreche mi dice: «Oggi ti ho rigenerato eti ho donato nuova forza»!

Qualche istante dopo sento annun-ciare profeticamente la stessa cosa dauna sorella in mezzo all’assemblea: «Ilfuoco che senti è lo Spirito Santo, checancella ogni tuo peccato. Ora alzati eva’; la tua fede ti ha salvato».

Torno al posto e mi riconciliocon i fratelli della mia Comunità,quelli contro i quali mi ero scagliatoin passato. Una sorella mi abbracciae io percepisco l’amore maternodella Madonna.

Questa rinascita, nello spirito e nelcorpo, è confermata in seguito da tut-te le preghiere ricevute, ma soprattut-to da quello che io personalmenteposso constatare: ero stato incatenatoe plasmato dal male, ma ora il Signo-re aveva dissolto tutto con il suo amo-re, guarendomi dalla dipendenza e sal-vandomi dalla morte.

Testimonianza firmata

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42

Non ho più bisogno della droga

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BBUUOONN NNAATTAALLEE!!

CONVEGNO INTERNAZIONALE“Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”

24/27 aprile 2008nuova località: Fiuggi (FR)

Iscrizioni nei mesi di gennaio e febbraio,presso la propria Comunità parrocchiale.

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Ora completamente rinnovatoe tradotto in altre lingue.

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di c/c/p (vedi pag. 2 di questo numero)

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