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MENSILE DEL SANTUARIO DELL’AMORE MISERICORDIOSO COLLEVALENZA ANNO LVIII 8 SETTEMBRE 2017 25 settembre, Festa del Santuario dell’Amore Misericordioso

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MENSILE DEL SANTUARIO

DELL’AMORE MISERICORDIOSO

COLLEVALENZAANNO LVIII

8SETTEMBRE

2017

25 settembre, Festa del Santuariodell’Amore Misericordioso

SOMMARIO

MENSILE DEL SANTUARIO

DELL’AMORE MISERICORDIOSO

COLLEVALENZAANNO LVIII

8SETTEMBRE

2017

25 settembre, Festa del Santuariodell’Amore Misericordioso

L’AMORE MISERICORDIOSORIVISTA MENSILE - ANNO LVIII

SETTEMBRE • 8

P. Mario Gialletti

Marina Berardi

Edizioni L'Amore Misericordioso

06059 Collevalenza (Pg)Tel. 075.89581 - Fax 075.8958228Autorizzazione:Trib. Perugia n. 275, 1-12-1959

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del sito del SantuarioSono sempre più quelli che vi trovanonotizie, informazioni, scritti dellabeata Madre Speranza, e molto ma-teriale di studio e di meditazione.

DAGLI SCRITTI DI MADRE SPERANZA

LA PAROLA DEL PAPA

LA PAROLA DEI PADRI

ATTUALITÁ

L’ACQUA DELL’AMORE MISERICORDIOSO 29

Carità e Misericordia

“Rendiamo grazie a Dio che ci ha trattato con amore”

L’UNITALSI di Fano a Collevalenza

VERSO UNA CULTURA DELLA MISERICORDIA

STUDI

LA LETTERA

ATTUALITÁ

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

24 settembreFesta del Santuariodell’Amore Misericordioso

L’Amore Misericordioso - settembre 2017 1

30 settembre 1959 - La Madre si rivolge ad un gruppo di pellegrini mala-ti che hanno visitato il Santuario; una trentina sono in carrozzella e so-no accompagnati da alcuni volontari che hanno consacrato la vita allaloro assistenza. Il testo che riportiamo è trascritto dalla viva voce della Madre Speranza.

... dico a quanti stanno soffrendo moltissimo: figli miei, auguri! … io vi in-vidio perché il Signore vi chiama alla santità e ad essere vittime di espia-zione; approfittate di questo dono per giungere alla santità che Lui vuoleda voi.

Vi confesso di essere gelosa di voi e di tutte quelle anime che soffrono. Figlimiei, non considerate il dolore come una croce, ma come un dono di Dio eapprofittatene. È lui, il Signore, che vi prova e vi chiama alla santità; siategenerosi soldati di Cristo nel dolore e nella sofferenza, anche se paralizzati.

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il30 settembre 1893 a Santomera morta in Col-levalenza l'8 febbraio 1983 Fondatrice delle An-celle e dei Figli dell'Amore Misericordioso e delSantuario di Collevalenza.

È in corso il Processo canonico per la sua cano-nizzazione;� il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata ve-

nerabile; � il 5 luglio 2013 è stato riconosciuto il miracolo

ottenuto per sua intercessione;� il 31 maggio 2014 è stata proclamata beata.� la festa liturgica si celebra il giorno 8 febbraio.

... io vi invidio perché il Signore vi chiama ad essere vittime

di espiazione ...

dagli scritti di madre speranzaa cura di P. Mario Gialletti fam �

L’Amore Misericordioso - settembre 20172

dagli scritti di madre speranza

Figli miei, è meraviglioso soffrire con gioia per nostro Signore! Quando ve-do un’anima che soffre, che non può muoversi, che a causa della sua ma-lattia, non può far nulla, ma ha solo il cuore libero per dire: “Signore, vo-glio amarti”, io provo invidia e soffro, perché vorrei essere come loro.

Coraggio, figli miei, coraggio! Soffrite con gioia e lodate il Signore. Interce-dete per la pace; pregate per le famiglie in difficoltà, per tante mammeche soffrono nel vedere i propri figli che non possono muoversi; pregateperché la devozione all’Amore Misericordioso si diffonda nel mondo interoe perché nelle famiglie regni l’amore e la vera pace che scaturisce dal-l’amore di Dio. Auguri, figli miei, auguri! Approfittate della prova, figlimiei! Ora vi darò la rivista “L’Amore Misericordioso” e la darò a quelli chenon la possono pagare...

Io sono la portinaia del Signore e voi dovete pregare, perché ogni giornosappia presentare bene al Signore tutte le necessità che le persone mi affi-dano e ottenere da Lui tutto ciò di cui le famiglie hanno bisogno. Pregateperché io sia una portinaia fedele al Signore e faccia sempre ciò che Luivuole.

Figli miei, voi che soffrite dite così al Signore: “Signore, aiuta la Madre”;non perché io abbia più salute, ma per fare sempre la sua divina volontà.Non desidero altro che fare la volontà del Signore, essere la sua portinaiaper presentargli tutte le necessità che le famiglie mi confidano e poter ot-tenere da Lui le grazie di cui hanno più bisogno.

Le famiglie soffrono molto, non per la malattia come voi, ma per i fatti egli avvenimenti della vita... Voi conoscete la follia e lo squilibrio che oggiregna, chi tira da una parte e chi dall’altra e oggi le famiglie sono una di-sgrazia... un disastro...

Poco tempo fa un bambino mi ha detto che voleva parlarmi da solo; gli hodomandato: che ti succede, figlio mio? Madre, a casa mia, babbo se ne vadi casa, mia mamma sta truccandosi continuamente... sono tornato a casacon la pagella e ho detto a mia mamma: mamma, guarda i miei voti! miha risposto: “lasciami, debbo truccarmi...” l’ho detto a mio papà e mi ha ri-sposto: “adesso non posso, debbo partire...” allora l’ho messa al collo delcane dicendogli: tienimela tu, perché qui nessuno vuole conoscere i mieirisultati! Avete capito? ha dovuto metterla al collo del cane, perché lamamma doveva farsi bella, il padre doveva uscire e il figlio che andavadall’uno all’altra con la pagella... Che pena!

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dagli scritti di madre speranza

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Ecco come sono oggi le famiglie, un disastro e i figli soffrono... Voi che sie-te stati chiamati dal Signore come vittime di espiazione con la malattia,pregate perché il Signore conceda alle famiglie l’unione, la pace e le aiutia vivere sane e cristiane. Pregate il Signore per tale intenzione e ancheper questa povera “portinaia”, perché possa fare sempre la volontà di Dio.(El Pan 21, 1-9)

Fammi iniziare questo anno nuovo come piace a Te e che il mio cuore nonintraprenda nessuna simpatia disordinata per una creatura, ma il mioamore sia solo e sempre per Te. Che col tuo amore e unita a Te possa aiu-tare quelli che soffrono, sia sempre disposta al sacrificio e pronta a dartiquanto mi chiedi, così come posso. Oggi col ricamo, Signore, fa’ che iorenda quanto devo. Domani con i malati o con i poveri pellegrini che ver-ranno al tuo Santuario... fa’ che possa diffondere l’odore del buon esempioper aiutarli a camminare nella via della santità, a migliorarsi e unirsi a Te.Questo, Signore, devo farlo solo col mio buon esempio, giacché non possofarlo per capacità o intelligenza. (El Pan 21, 275; 4.1.1965)

Che i poveri vengano a mangiare, i malati a curarsi, i sofferenti perché sipreghi per loro e che noi, Ancelle dell’Amore Misericordioso siamo sem-pre disposte a servire e ad alleviare ogni bisognoso. (El Pan 21, 717;4.8.1965)

29 Non so se mi inganno, ma sento di amare il buon Gesù più di prima. Ci sono mo-menti nei quali mi sembra che la mia anima venga attirata da Lui, staccata dalle coseche non sono Lui e con un ardente desiderio di soffrire con Lui. Con ansia attendo il mo-mento nel quale mi chiederà quel lavoro particolare che, aiutata da Lui, vuole da me.30 Che lavoro sarà? Mi creda, padre, non desidero altro che far contento il buon Ge-sù, sottomettendomi in tutto e per tutto alla sua divina volontà. Chieda al buon Gesù lagrazia che io non desideri mai altro che la sua volontà.

31 28 marzo 1929 Il buon Gesù mi dice che è giunto il momento di scrivere leCostituzioni che più tardi serviranno alla Congregazione dei Figli dell’Amore Misericor-dioso e molto presto alla Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso; daqueste dovrò estrapolare quanto si riferisce al ramo femminile, lasciando da parte quan-to più tardi dovranno osservare i Figli dell’Amore Misericordioso.

... dal Diario di Madre Speranza ... 9

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la Parola di Papa FrancescoPapa Francesco

Aula Paolo VI – Dall’Udienza generale - Mercoledì, 2 agosto 2017

La Speranza cristiana - 29. Il battesimo: porta della speranza

L’occidente è il punto cardinale deltramonto, dove muore la luce. L’o-riente, invece, è il luogo dove le

tenebre vengono vinte dalla prima lucedell’aurora e ci richiama il Cristo, Solesorto dall’alto all’orizzonte del mondo(cfr Lc 1,78).

Gli antichi riti del Battesimo prevedeva-no che i catecumeni emettessero la pri-ma parte della loro professione di fedetenendo lo sguardo rivolto verso occi-dente. Poi ci si volgeva verso l’abside, indirezione dell’oriente, dove nasce la lu-ce, e i candidati al Battesimo venivanodi nuovo interrogati: “Credete in Dio Pa-dre, Figlio e Spirito Santo?”.

Nei tempi moderni si è parzialmentesmarrito il fascino di questo rito: abbia-mo perso la sensibilità al linguaggio delcosmo. Ci è rimasta naturalmente laprofessione di fede, fatta secondo l’inter-

rogazione battesimale, che èpropria della celebrazione dialcuni sacramenti. Essa rima-ne comunque intatta nel suosignificato. Che cosa vuol direessere cristiani? Vuol direguardare alla luce, continuarea fare la professione di fedenella luce, anche quando ilmondo è avvolto dalla notte e

“Noi siamo coloro checredono che Dio è Padre:questa è laluce! Nonsiamo orfani”

la Parola del Papa

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dalle tenebre. Noi siamo coloro checredono che Dio è Padre: questa èla luce! Non siamo orfani, abbiamoun Padre e nostro Padre è Dio.

Vi è poi un altro segno molto bellodella liturgia battesimale che ci ri-corda l’importanza della luce. Altermine del rito, ai genitori – se èun bambino – o allo stesso battez-zato – se è adulto – viene consegna-ta una candela, la cui fiamma è ac-cesa al cero pasquale. Si tratta delgrande cero che nella notte di Pas-qua entra nella chiesa completa-mente buia, per manifestare il mi-stero della Risurrezione di Gesù; daquel cero tutti accendono la pro-pria candela e trasmettono la fiam-ma ai vicini: in quel segno c’è lalenta propagazione della Risurre-zione di Gesù nelle vite di tutti icristiani. La vita della Chiesa – diròuna parola un po’ forte è contami-nazione di luce. Quanta più luce diGesù abbiamo noi cristiani, quantapiù luce di Gesù c’è nella vita dellaChiesa più essa è viva. La vita dellaChiesa è contaminazione di luce.

L’esortazione più bella che possia-mo rivolgerci a vicenda è quella diricordarci sempre del nostro Batte-simo. Io vorrei domandarvi: quantidi voi si ricordano la data del pro-prio Battesimo? Non rispondeteperché qualcuno proverà vergogna!Pensate e se non la ricordate, oggiavete i compiti da fare a casa: vadalla tua mamma, dal tuo papà,dalla tua zia, dal tuo zio, dalla tuanonna, nonno e domanda loro:“Qual è la data del mio Battesimo?”.

E non dimenticarla più! È chiaro?Lo farete? L’impegno di oggi è im-parare o ricordare la data del Batte-simo, che è la data della rinascita, èla data della luce, è la data nellaquale – mi permetto una parola –nella quale siamo stati contaminatidalla luce di Cristo. Noi siamo natidue volte: la prima alla vita natura-le, la seconda, grazie all’incontrocon Cristo, nel fonte battesimale. Lìsiamo morti alla morte, per vivereda figli di Dio in questo mondo. Lìsiamo diventati umani come mai loavremmo immaginato. Ecco perchétutti quanti dobbiamo diffondere ilprofumo del Crisma, con cui siamostati segnati nel giorno del nostroBattesimo. In noi vive e opera loSpirito di Gesù, primogenito dimolti fratelli, di tutti coloro che sioppongono all’ineluttabilità dellatenebra e della morte.

Che grazia quando un cristiano di-venta veramente un “cristo-foro”,vale a dire “portatore di Gesù” nelmondo! Soprattutto per coloro chestanno attraversando situazioni dilutto, di disperazione, di tenebre edi odio.

In futuro, quando si scriverà la sto-ria dei nostri giorni, che si dirà dinoi? Che siamo stati capaci di spe-ranza, oppure che abbiamo messola nostra luce sotto il moggio? Sesaremo fedeli al nostro Battesimo,diffonderemo la luce della speran-za, il Battesimo è l’inizio della spe-ranza, quella speranza di Dio e po-tremo trasmettere alle generazionifuture ragioni di vita.

la parola dei padriSan Giovanni della Croce, sacerdote

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Per quanto siano molti i misterie le meraviglie scoperte daisanti dottori e intese dalle

anime sante nel presente stato divita, tuttavia ne è rimasta da dire eda capire la maggior parte e quindic’è ancora molto da approfondire inCristo. Questi infatti è come unaminiera ricca di immense vene ditesori, dei quali, per quanto si vada afondo, non si trova la fine; anzi inciascuna cavità si scoprono nuovifiloni di ricchezze.

Perciò san Paolo dice del Cristo:«In Cristo si trovano nascosti tutti itesori della sapienza e della scienza»(Col 2, 3) nei quali l’anima non puòpenetrare, se prima non passa per lestrettezze della sofferenza interna ed esterna. Infatti a quel poco che èpossibile sapere in questa vita dei misteri di Cristo, non si può giungeresenza aver sofferto molto, aver ricevuto da Dio numerose grazieintellettuali e sensibili e senza aver fatto precedere un lungo eserciziospirituale, poiché tutte queste grazie sono più imperfette della sapienzadei misteri di Cristo, per la quale servono di semplice disposizione.

La conoscenza delmistero nascosto inCristo GesùNel quale l’anima non puòpenetrare, se prima non passaper le strettezze della sofferenzainterna ed esterna.

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la parola dei padri

Oh, se l’anima riuscisse a capire che non si può giungere nel folto dellericchezze e della sapienza di Dio, se non entrando dove più numerosesono le sofferenze di ogni genere riponendovi la sua consolazione e il suodesiderio! Come chi desidera veramente la sapienza divina, in primoluogo brama di entrare veramente nello spessore della croce!

Per questo san Paolo ammoniva i discepoli di Efeso che non venisseromeno nelle tribolazioni, ma stessero forti e radicati e fondati nella carità, ecosì potessero comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, lalunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo chesorpassa ogni conoscenza per essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio (cfr.Ef 4, 17). Per accedere alle ricchezze della sapienza divina la porta è lacroce. Si tratta di una porta stretta nella quale pochi desiderano entrare,mentre sono molti coloro che amano i diletti a cui si giunge per suo mezzo.

Dal «Cantico spirituale» di san Giovanni della Croce, sacerdote. (Strofe 36-37)

– L’anima virtuosa, ma sola, e senza maestro, ècome il carbone acceso ma isolato, il quale invece diaccendersi si raffredderà.– Rinnega i tuoi desideri e troverai quello che il tuocuore desidera. Che sai tu se il tuo desiderio èsecondo Dio?– Anche se per gli uomini di buona volontà la via éfacile e leggera, chi cammina progredirà poco e confatica, se non avrà gambe buone, coraggio einsistenza tenace in essa.– L’albero coltivato e custodito con cura dal suopadrone dà i suoi frutti al tempo sperato.– Anche se rimani fra l’amarezza, non cercare dicompiere la tua volontà poiché, compiendola, tisentirai doppiamente amareggiato.

San Giovanni della Croce

Padre nostro che sei nei cieli,possiamo incontrarti sullaterra? Questa domanda può

essere il punto di partenza della no-stra riflessione sulla prima paroladella preghiera che Gesù ha inse-gnato ai suoi discepoli. Perché checi sia un Padre nei cieli può essere

una interessante rivelazione fattaalla nostra conoscenza, ma che que-sto Padre sia da noi raggiungibile elo sia non solo nel futuro, ma fin daquesto momento, significa potercolmare la nostra esistenza di unapresenza amorosa, di cui il nostrocuore sente ardentemente l’esigen-

Card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze *

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* L’intervento del cardinale Giuseppe Betori, a Spoleto il 1 luglio 2017, per il ciclo del Festival dei DueMondi che quest’anno ha fermato la meditazione sul Padre Nostro.

Card. Giuseppe Betori - foto di Andrea Kim Mariani/AGF

La paternità di Dio è fatta di tenerezza

za. Eppure, se il cuore manifestaquesto desiderio, per altri versi ilmondo attorno a noi registra quellache potremmo definire una doloro-sa assenza. L’enfasi sulla “morte delpadre” accompagna la retorica dellanostra epoca, almeno dal sorgeredella psicoanalisi. La riflessione diFreud, di Lacan, come anche delmeno citato Mitscherlich – l’autoredi Verso una società senza padre(1963) –, ci rende consapevoli dellascomparsa dell’immagine del padreconsegnataci dalla tradizione, il pa-ter familias, il padre a cui Kafka scri-veva la Lettera pubblicata postumanel 1952, la figura paterna che ave-va dominato la scena familiare persecoli.

Quando ci rivolgiamo a Dio col tito-lo di “Padre”, diciamo qualcosa dipreciso. Anzi, la rivelazione cristia-na – parlandoci di un Padre – nonsolo dice come dobbiamo intenderecorrettamente Dio, a ben vedere cidà anche un punto di vista nuovosul reale. Se Dio fosse solo un prin-cipio ordinatore, qualcosa di simileal Dio di cui possono parlare i filo-sofi, lo si potrebbe raggiungere me-diante il ragionamento. Lo stessoTommaso d’Aquino introduce unapiccola distanza, quando sottolineacome il principio del reale, raggiun-to in ciascuna delle vie della cono-scenza di Dio, «lo chiamiamo Dio»,«viene chiamato Dio» (SummaTheol., I, qu. 2, art. 3).

Dio, ci dice la rivelazione cristiana,non è solamente un Dio ordinatore:egli è Padre. E questa affermazioneporta con sé la conseguenza che an-che il reale è visto totalmente sottoun altro punto di vista; in particola-

re per quanto riguarda la creaturadotata di libertà e di intelligenza. Èla rivelazione di Gesù che provocaquesta “conversione paterna” dellanostra immagine di Dio. Qui possia-mo anche immaginare che il Bam-bino Gesù abbia avuto una scuola dipaternità nella testimonianza di sanGiuseppe. La famiglia di Nazarethfu per Lui il luogo in cui fare espe-rienza concreta e quotidiana dellasollecitudine amorosa di un padre.In quella dimora umile e dignitosa,alla presenza discreta e appassiona-ta di san Giuseppe, «cresceva in sa-pienza, età e grazia davanti a Dio eagli uomini» (Lc 2,52).

Come ricordava papa Francesconell’Omelia della Messa per l’iniziodel ministero petrino (19 marzo2013), san Giuseppe è il custode diMaria, di Gesù e della Chiesa, esvolge questo compito con attenzio-ne a Dio. Aggiungeva il Papa: «Ilprendersi cura, il custodire chiedebontà, chiede di essere vissuto contenerezza. Nei Vangeli, san Giusep-pe appare come un uomo forte, co-raggioso, lavoratore, ma nel suo ani-mo emerge una grande tenerezza,che non è la virtù del debole; anzi,al contrario, denota fortezza d’ani-mo e capacità di attenzione, di com-passione, di vera apertura all’altro,capacità di amore».

Ma Gesù, nel suo continuo richia-marsi al Padre, ci permette di rove-sciare un’altra prospettiva, oggisempre più diffusa. Come fa notareMarcel Gauchet in un brillante vo-lume, «se il XX secolo è stato quellodella scoperta del bambino reale, ilXXI secolo si apre nel segno dellasacralizzazione del bambino immagi-

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nario » ( Il figlio del desiderio, Vita epensiero, 2010). Così oggi siamosempre più proiettati nel guardareai figli come oggetti del desiderio,come prolungamento narcisisticodel nostro sguardo. Al contrario, fanotare Massimo Recalcati, occorrerecuperare il senso di un debitosimbolico, rendersi conto che siamoanzitutto figli. Solo a partire dall’as-sunzione consapevole del l’essere fi-gli possiamo diventare adulti e ge-nerare, a nostra volta, dei figli: altri-menti ci troviamo a essere in com-petizione con i nostri figli per glistessi spazi (adulti che si vestono esi comportano come ragazzini) op-pure pretendiamo che essi sianosempre felici e pieni di successo (esiamo incapaci di sostenerli negliinevitabili fallimenti della vita).

Recalcati si richiama a Telemaco co-me esempio del figlio che ha biso-gno del padre e lo cerca, che vuoleereditare qualcosa dal padre. Chinon accetta questo debito simbolicofa come i vignaioli omicidi dellaparabola evangelica: nelle parole diRecalcati, i vignaioli rigettano «la fi-liazione simbolica nel nome di unfantasma di autogenerazione» (Ilcomplesso di Telemaco, Feltrinelli2014). È l’inganno del serpente chenel paradiso terrestre suggerisce adAdamo ed Eva che saranno comeDio, cioè in grado di autogenerarsi(cfr. Gen 3,5). Non possiamo dimen-ticare che invece siamo tutti gene-rati dal Padre.

Ma che vuol dire allora che Dio èPadre? Dobbiamo ancora una voltarifarci a colui che ci parla di Dio in

questo modo: dobbiamo ancora unavolta rivolgerci a Gesù. Gesù ha in-contrato in Giuseppe la testimo-nianza di un amore paterno, la casapaterna è stata per lui un luogo disollecitudine e custodia, di tenerez-za e passione. Ma se Gesù parla diDio come un Padre, è perché ha

una testimonianza ancora più pro-fonda, ancora più radicale; dellaquale la vita di Giuseppe può consi-derarsi solo come l’immagine.

Se nelle parole di Gesù Dio ha i trat-ti del Padre, è perché ha su questoun’attestazione ancora più intima everitiera. Vale a dire che Gesù nonsi è creato l’immagine di Dio come

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un Padre, non si è fatto un concettodel Creatore, adattandolo a una fi-gura a tutti familiare, che trasmetteil senso della protezione e dell’affet-to. Gesù ha vissuto realmente l’e-sperienza di Dio Padre: se Gesù puòrivelare agli uomini che questo è ilvolto di Dio, è perché sperimenta

continuamente questo nel propriocuore. Gesù chiama il Padre Abbà,babbo, svelando un’intimità con Luiche scombina il modo con cui nellastoria gli uomini hanno guardato aDio. Per Gesù Dio è Abbà, perchéLui, Gesù è il Figlio. Gesù ci diceche Dio non è solo il Creatore, l’On-nipotente, l’Altissimo: è Babbo, lapersona che ogni figlio ha bisogno

di avere per sentirsi sicuro, peraprirsi al mondo con la fiducia ne-cessaria. L’intimità che Gesù ha conil Padre apre a un affetto nutrito ditenerezza.

C’è una cosa che forse non si nota asufficienza, ma che è piena di signi-ficato. A ben vedere, nel VangeloGesù distingue il suo rapporto conil Padre da quello che abbiamo noi.Nel giorno della Risurrezione, men-tre dice a Maria di Magdala di anda-re ad annunciare ai discepoli la suaascesa al Padre, lo fa con queste pa-role: «Non mi trattenere, perchénon sono ancora salito al Padre; mava’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgoal Padre mio e Padre vostro, Diomio e Dio vostro”» ( Gv 20,17). E an-che quando insegna la preghierache dà il titolo a questa conferenzanon dice: «quando preghiamo, dob-biamo dire: Padre nostro », ma dice:«Voi dunque pregate così: Padre no-stro...» ( Mt 6,9).

In un commento al passo di Matteoin cui Gesù parla del Padre nostro,Papa Francesco sottolinea che «se lospazio della preghiera è dire “Pa-dre”, l’atmosfera della preghiera èdire “nostro”: siamo fratelli, siamofamiglia» (Meditazione mattutina nel-la cappella della Domus Sanctae Mar-thae, 16 giugno 2016). Ecco perchéla preghiera che Gesù insegna co-mincia con queste parole: in questomodo ci ricordiamo che siamo fra-telli e che il mondo in cui siamonon è nostro, ma ci è stato donatoda un Padre sovrabbondante diamore per l’uomo.

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Siamo alla quinta domandadel Padre Nostro. Che è lapreghiera dove mai si dice io,

mai mio. Ma sempre tuo e nostro.Preghiera espropriata. Dove ci sco-priamo creature di legami, doveesistere è coesistere. In principioa tutto, il legame. Quello che ci

lega a Dio: orizzonte ultimo; equello che ci stringe all’orizzontepenultimo, i compagni di cordata.Pregare è aprirsi ai legami, apri-re la nostra casa, come si apre unafinestra al sole, una porta sul ventodella strada; aprirsi in due direzio-ni: quotidiano ed eterno; l’eterno

Ermes Ronchi *

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Il perdono è la sceltache libera il futuro

* Al Festival dei Due Mondi, a Spoleto il 14 luglio 2017, Chiesa di San Gregorio, la meditazione delservita Padre Ermes Ronchi sul Padre Nostro: «Perdonare è la capacità di ristabilire le relazioni chepermette di andare avanti e curare le ferite»

che si insinua nell’istante, l’istanteche si apre sull’eterno. Rimetti anoi come noi rimettiamo agli altri.Ci mettiamo davanti a Dio e ci im-pegniamo ad essere per gli altriquello che vogliamo che Dio siaper noi. Vogliamo il suo perdonoma ci impegniamo davanti a Dioad essere generosi di perdono. Lapremura per gli altri è dentro lapreghiera, è testo di preghiera.

Nella quinta domanda del PadreNostro accogliamo una definizio-ne dell’essere umano: ci defi-niamo tutti come debitori. È unmodo nuovo e leggero di abitare laterra: passare nel mondo come de-bitori grati a infiniti fratelli, e allamadre terra, riconoscenti e lietiper la vita, la salute, la cultura, ilbenessere, la scienza, le scoperte, iservizi, i miei maestri, il pilota del-l’aereo che mi ha portato qui, lamedicina, l’elettricista che ha fattofunzionare il microfono, il raccogli-tore di cotone da cui viene la miacamicia. Noi viviamo di unaospitalità cosmica. Verso cui sia-mo debitori non creditori cheesigono spietatamente ciò che pen-sano che spetti loro come diritto odovere. Debitori non pretendenti.Il debito di esistere si paga solocon la gratitudine e con l’amo-re: non abbiate con nessuno altrodebito che quello di un amore reci-proco. Il collante del mondo, il tes-suto connettivo della società, cheha il ruolo della particella Xi appe-na scoperta al Cern di Ginevra, de-finita la colla della materia, ebbenela colla degli spiriti è un debito,una gratitudine reciproca.

Ciò che tiene unito il mondo e con-nessa la storia non è la riscossionedei miei diritti, non è la meritocra-zia, non è neppure la verità (la miaverità contro la tua verità e nasco-no tutte le guerre). È una strada

che Nelson Mandela descrive così:«Il perdono libera l’anima, ri-muove la paura. È per questo cheè un’arma potente». «Il perdonostrappa dai circoli viziosi, spezza lecoazioni a ripetere su altri ciò chehai subito, la catena della colpa edella vendetta, spezza le simme-

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Padre Ermes Ronchi - Foto di Giacomo Ramaccini

trie dell’odio» (Hanna Arendt).Alle offese si può reagire in modoantitetico con la vendetta o con ilperdono. Chi imbocca la primastrada crede che al male subito sipossa “riparare” mediante un altromale. Usa il male come cicatrizzan-te. Ma allora saranno non più unama due ferite a sanguinare: «oc-chio per occhio. Se fosse applicataquesta legge il mondo sarebbe cie-co» (Kalil Gibran). Con il perdonoinvece si innesca un meccanismoche può portare a quel miracolodella storia che è stato il Sudafricadi Mandela alla fine dell’Apartheid,con la commissione per la giustiziae la riconciliazione.

Ricerca e riconoscimento della giu-stizia, innanzitutto: perché il per-dono non va confuso con il su -bi re in silenzio angherie, conl’accettazione dell’ingiustizia,come purtroppo per molto tempo èstato predicato soprattutto ai sog-getti deboli, fossero le donne o ibambini violati, o i contadini e ope-rai sfruttati dai padroni... Giusti-zia prima e poi riconciliazione.Noi siamo più della storia che ci hapartorito, possiamo andare oltre lavicenda che ci ha ferito. È chiaroche siamo anche quella storia econ quella dobbiamo fare i conti,non metterci semplicemente unapietra sopra, dimenticare: questo èrimozione, non perdono. Non fare iconti con il proprio passato ci ren-de pericolosi: le ferite rimangonoaperte e siamo ostaggio di quel ma-le che continua ad agire, anche seinconsapevolmente.

La cura non necessariamente sane-rà la ferita, ma può farci capire chenon tutto il mondo impugna uncoltello pronto a colpirci. Ci sonoanche mani che accarezzano ac-canto a quelle che ci hanno schiaf-feggiato. Se non perdoni, vivi ali-mentando il tuo rancore e la vita sifa rancida, senti che la vita ti ha de-rubato di qualcosa e non sei capacedi gratitudine né di stupore. Il per-dono nella Bibbia come nella vita èuna cosa seria. Non è fare come ilcagnolino che lecca la mano cheprima lo ha colpito. Non sempre èpossibile ristabilire la relazionecon chi ci ha ferito, non sempre èopportuno farlo. Non si può chie-

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a t t u a l i t à

La Chiesa di San Gregorio a Spoleto

dere alla vittima di uno stupro diperdonare il suo stupratore fino ariconciliarsi con lui. Sarebbe inop-portuno. Si può arrivare al perdo-no, a concedere e ricevere il perdo-no, senza che questo comporti il ri-stabilire un rapporto, un contatto.Anche la Bibbia ci racconta storiedove le ferite sono così gravi chenon è più possibile riallacciare unarelazione, come quando subentraun lutto. Se uccidi qualcuno nonpotrai più ristabilire la relazione.Puoi però fare un cammino perchéle nuove relazioni siano differenti.

Il perdono nella Bibbia come nellavita è una cosa seria. Siamo abi-

tuati a una immagine banaledel perdono, secondo una spet-tacolarizzazione del dolore. Chinon assistito alla classica scena te-levisiva del giornalista che piazza ilmicrofono davanti a un volto di-strutto e pone quella domandaoscena, indecente: perdona l’assas-sino di suo figlio? Questo riduce ilperdono ad un semplice fatto emo-tivo, da consegnare allo spettacolodell’audience, senza rispetto per ilserio, lungo, complesso processodi perdono, che non si risolve ma-gicamente, non va da sé come unfenomeno naturale, ma necessitadi maturazione, implica rischio,impone scelte. Il perdono non èun sentimento, è una decisione.Non fa la sua comparsa come unmoto spontaneo del cuore, doman-da decisione perseveranza cambia-mento. Perdonare non è una presadi posizione ideologica – se sei cre-dente devi saper perdonare –. Èpiuttosto una sapienza sorta dallavita, un discorso fatto a partire dal-la grammatica della condizioneumana. Perdonare il male ricevutoè come il tentativo di ristabilire re-lazioni che permettano di andareavanti, in modo positivo, nella vita,di essere se non proprio felici al-meno in grado di pensare che la vi-ta sia un dono e non un pacco, unafregatura... Perdonare non è di-menticare. È aprire futuro. Il bi-sogno di perdono è il bisogno dinon trascinarci dietro per sempreil peso dei nostri sbagli, delle feri-te, dei fallimenti, di non rinchiude-re nessuno, né noi né gli altri, den-tro ergastoli interiori, ma di libera-re il futuro.

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a t t u a l i t à

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PREGHIERA DI UNIONE

La raccomandazione costante di ogni maestro di spirito, a quanti nel loro camminodi preghiera giungono fino a gustare quanto è buono il Signore (cfr Sal 33, 9), è di

continuare ad essere perseveranti nel servizio di Dio.

All’inizio del cammino l’attenzione era concentrata su di sé e sulla propria conoscenza perpoter fare scelte concrete di conversione e così avanzare. Adesso che l’attenzione si spostasull’amore che Dio ha per noi, avendolo sperimentato nell’orazione, e Dio diventagiustamente il centro della preghiera, per proseguire il cammino e non tornare indietro,bisogna avere la forte risoluzione di scegliere nella propria vita in tutto e per tutto lavolontà di Dio.

“Sulla strada che conduce a Dio e alla santità non possiamo fermarci: o si avanza o siretrocede, perché chi desidera fermarsi, inevitabilmente cadrà”. (El pan 15, 83)

“È sbagliato pensare che per un’anima, che ha avuto la grazia di una specialecontemplazione, sia difficile commettere peccati mortali o veniali. In realtà tali anime,vivendo più unite a Dio, si impegnano ad amarlo intensamente e a dargli quanto chiedeloro senza mai rifiutargli alcunché, per quanto doloroso possa essere. Inoltre fanno grandeattenzione a diminuire i loro peccati veniali, si pentono e chiedono perdono a Dio dellemancanze volontarie e cercano di diminuire i peccati di fragilità. Queste anime hanno anche ricevuto la grazia di comprendere che il miglior modo di amareDio è conformare la propria volontà alla Sua, desiderando soltanto ciò che vuole Lui;pertanto odiano il peccato perché Dio lo detesta e per tale motivo commettono pochi orari peccati deliberati”. (El pan 15, 76)

Come fa intendere Madre Speranza, anche chi è giunto a questo punto del cammino dipreghiera, nonostante i progressi fatti, non è ancora docilmente e totalmente sottomesso allavolontà di Dio; per grazia ha soltanto ben chiaro che il miglior modo di amare Dio èconformare la propria volontà alla Sua. Così deve ancora continuare a sceglierla con volontàdecisa e perfino con molte lacrime, se necessario, perché il cammino continui e la preghieradiventi unitiva. Madre Speranza suggerisce di farsi aiutare e condurre dal buon Gesù.“Preghiamo e restiamo uniti al buon Gesù con fiducia filiale. Chiediamogli la grazia didiventare come Lui desidera, di tenere il nostro sguardo fisso su di Lui e di non desiderarealtro che fare sempre la Sua volontà a qualunque costo”. (El pan 15, 146)

Maria Antonietta Sansone

Gesù, Fonte di vita, fa’ che gustando di Te, io non abbia altra sete che di Te

Un ulteriore simbolo attribuito all’acqua è quello utilizzato dai Maestri di spirito per parlaredella preghiera, che può zampillare e dissetare all’improvviso senza fatica, per puro dono di Dioo come ricompensa ad una lunga, faticosa e perseverante ricerca. Come l’acqua la preghieraè dono e insieme conquista, e poiché non si può improvvisare e necessita di tutta la nostracollaborazione, proveremo a imparare a pregare alla scuola di Madre Speranza

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Acqua dell’Amore Misericordioso

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Riportiamo alcuni brani dell’Omelia che il Santo Padre il 4 giugno 1967 ha tenuto durante la celebra-zione della Santa Messa nella Basilica Vaticana, spiegando il tratto del Vangelo del giorno

L’onnipotenza, le sollecitudini, la bontà di Dio amore infinitoe la necessaria rispondenza degli uomini alla sua legge

Immaginare il volto di GesùImmaginiamo che a ciascuno di noi fosse proposto il tema: descrivete la fisionomia di

Cristo; fate il ritratto di Gesù, anche sensibile; tracciate il suo profilo, la sua immagine.Quante ne abbiamo viste di queste immagini!Ma quale è il tratto caratteristico a cui Egli ha tenuto?

Il buon pastore custodisce e cercaSoffermiamoci a quanto ci espone il Vangelo.Gesù ha tracciato un paragone che, si può dire, riassume l’intero suo insegnamento

quando ha detto: Io sono il BUON Pastore. Gesù ha voluto assimilarsi questa semplice figu-ra agreste che, meditata in chiave simbolica, ci dice una immensità di cose.

Ora proprio questo pensiero ritroviamo nella pagina di oggi, e quasi in fase polemica.

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Carità e misericordiadi Dio per tutti gli uomini

S.S. Paolo VI

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Avevano rimproverato al Divino Maestrodi conversare con gente assai discussa, coni pubblicani, i peccatori; di arrivare persinoad assidersi a mensa con loro. Non così do-veva agire un profeta. Come fa a chiamarsiil Cristo chi discende all’ultimo livello deirapporti sociali?

Allora Gesù, per difendersi, ricorre a dueparagoni: del pastore, il quale, avendo smar-rita una pecora, lascia nel sicuro recinto lenovantanove che non corrono pericolo e vain cerca della centesima, e non desiste dallafatica sin quando non la riporta all’ovile.

Il secondo raffronto è molto curioso. Ge-sù si paragona a una donna di casa, la qua-le cerca con ansia una moneta cadutale dalgruzzolo e rovista ovunque sin quando ri-esce a ritrovarla.

In questi affanni Gesù raffigura Sé stesso.Incontriamo così, nel racconto, il tratto

saliente della fisionomia umana e morale diGesù.

Gesù si è voluto raffigurare in un ricer-catore, poiché viene a ricuperare gli uominiperduti.

Gesù insegue un essere, un tesoro chegli è sfuggito di mano e si rappresentanell’ansia di chi sta appunto esplicando laricerca febbrile di ciò che per Lui è inestima-bile bene. Il Figlio di Dio ricercatore degliuomini.

Ciò vuol dire che gli uomini, e siamonoi, appartengono a Lui; sono Sua proprie-tà. Ancor prima di aprirmi alla coscienza ealla vita, io sono già nel Cuore di Cristo; so-no il Suo gregge, il Suo avere, la Sua ric-chezza.

Noi, iniziando la vita, siamo già parte diquesto patrimonio: esso è inestimabile. Noiapparteniamo a Dio.

E non basta: il miracolo di questa sco-perta procede in una rivelazione che non ciaspetteremmo e che sembra illogica.

Quegli che è creatura, a un tratto sfug-ge, si perde. Questo fatto quale reazioneprovoca? Noi penseremmo: di collera, con-danna, anatema.

Nel Vangelo, invece, — ecco la sublimenovità — questo distacco che, col Catechi-smo alla mano, chiamiamo peccato (la piùgrande disgrazia che l’uomo può infliggerea se stesso, poiché lo separa dalla vita), in-vece di provocare un abbandono, una con-danna, suscita affanno ed amore anche piùintensi. Sembrerebbe trattarsi di un para-dosso: invece è così.

Ora, se adunque riflettiamo che quelleanime siamo noi, che noi siamo l’oggettod’una trama divina, di questa attenzione chesi concentra su di noi e ci insegue e perseguee ci vuole, coglieremo il contenuto della pa-gina di Vangelo che stiamo meditando.

L’uomo se ne va; si allontana. E Dio, rin-correndolo e ritrovandolo, disvela la meravi-

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Carità e misericordia di Dio per tutti gli uomini

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glia della Sua grandezza più nel perdonare ifuggiaschi, nel colmare l’abisso di nullitàprodotta dal peccato che non nella stessacreazione!

Abbiamo mai pensato quanto noi valia-mo?

Noi siamo oggetto e tanto più realequanto meno degno, dell’Amore di Dio. Orase Dio ci ama è segno che l’essere umano,la nostra vita è di un valore incalcolabile. IlSignore ha dato Sé stesso per recuperarci.

C’è ancora di più. Nonostante questonostro dramma di incoscienza e di maliziacol quale dissipiamo il tesoro datoci dal Si-gnore per vivere la Sua luce e la Sua grazia,noi possiamo essere reintegrati nella dile-zione di Dio.

Come la pecorella smarrita, la monetaperduta.

Siamo fatti per il salutare ritorno.Di questa rivelazione del Vangelo do-

vremmo ringraziare, con le lacrime agli oc-chi, il Signore; poiché concerne il destino diciascuno di noi.

Io sono salvabile: dunque non vi è piùalcun motivo di disperazione.

Ci accoglie sempre l’amore infinitoQuesta pagina del Vangelo cancella,

quindi, la disgrazia più grande che possatoccare all’umanità: appunto il ritenersi ab-bandonati, reietti; il disperare. Quando sipensa agli scritti, di gran parte della lettera-tura moderna che terminano con asserzionidesolate sulla impossibilità del recupero, deltornare, del riprendere, del rivivere, del risor-gere, bisogna proclamare che il Vangelosconfigge tali errori, supera l’abisso e pro-clama: tu devi sperare. Voltati indietro: guar-da chi ti insegue: Dio ti è vicino. Gesù tiama: è il Salvatore. Basta aprire le braccia,abbandonarti fiducioso sul Suo Cuore. Eglinon ti farà aspettare. Ti desidera proprio inquesto atteggiamento di umiltà e intendesvelarsi a te nel supremo dono della Suabontà. Tu eri morto e il Signore ti risuscita.

Soffermiamoci su di un solo tratto, quel-lo che ci proponevamo di cogliere per impri-mere nel nostro cuore l’immagine di Cristo.E’ il tratto che lo definisce di più. Ricordate-vi, o figli, o fratelli, che Cristo è buono: anziè la Bontà inesauribile; è l’Amore infinito.

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“Rendiamo grazie a Dioche ci ha trattato con amore”(Tob. 12, 6)

(Dalla prima lettera di San Giovanni apostolo)

Carissimi, Dio è l’Amore.Ed ecco in qual modo l’amore di Dio si è manifestato tra noi:Dio mandò nel mondo il Figlio suo unigenito affinché noiavessimo la vita per mezzo suo.Questo infatti è l’ordine della sua carità: non fummo noi adamare Dio per primi, ma fu lui il primo ad amarci e mandò ilFiglio suo per il perdono dei nostri peccati.Carissimi, se Dio ci amò a tal punto, noi pure dobbiamoamarci scambievolmente.. . . se ci ameremo l’un l’altro, Dio dimorerà in noie il suo amore troverà in noi il suo compimento.

Dio è l’Amore:Chi dimora nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.Questa è la perfezione somma di tale amore di Dio in noi:che, cioè, noi conserviamo piena sicurezzaper il giorno del giudizio . . .Nell’amore non trova posto il timore:l’amore perfetto esclude il timore, poiché iltimore suppone il castigo.Colui che teme non ha la perfezione dell’amore.

Dopo quasi 80 anni in cui, come Unitalsi, abbiamo organizzato pellegrinaggi eportato malati pressoché esclusivamente a Lourdes e Loreto, per la prima vol-ta siamo andati a Collevalenza. Siamo arrivati in 160, provenienti dalle Sotto-

sezioni Unitalsi delle Diocesi di Fano e Urbino, con un convoglio di due autobus, unacorriera attrezzata, due pulmini per disabili, alcune auto ed un camion per il mate-riale, ma soprattutto con grande spirito di amicizia, comunione e fratellanza.

È stata un’esperienza nuova, importante, impegnativa, che ha dato una scossa alpiù o meno tranquillo trascorrere della vita di Sottosezione. È stato rinsaldare anti-chi e nuovi legami di amicizia e collaborazione fra le due Sottosezioni e fra gli stessiappartenenti alle singole Sottosezioni. È stato riaffermare la nostra fede cristiana ela nostra fiducia in Dio e nel Suo Amore Misericordioso che continuamente ed ab-bondantemente ci viene donato. È stato irrigare con l’acqua del Pozzo voluto daMadre Speranza le nostre radici cristiane perché portino nuova linfa alla Chiesa enuovi ed abbondanti frutti alla nostra Associazione.

Siamo partiti portando un bagaglio personale di peccati da confessare, di preghiereda recitare, di grazie da implorare. Ma anche un bagaglio collettivo di preoccupazio-ne per la salute di persone a noi care o di chi aveva chiesto la nostra preghiera. Fra i

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L’UNITALSI di Fano a Collevalenza

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quali il Vescovo di Fano Mons. Trasarti,che doveva partecipare al pellegrinaggioma che era stato ricoverato in ospedale,i coniugi Maria Pia e Vincenzo, la picco-la Chiara, il marito della Presidente diUrbino Maria Luisa… e tanti altri.

Siamo stati a Collevalenza tre giorni,perché il Vangelo ci insegna che tre so-no i giorni che Cristo fu nel sepolcro eche precedettero la festa della Pasqua:Il primo giorno (venerdì) per fare peni-tenza (liturgia penitenziale e via crucis),il secondo giorno (sabato) per purificarcie prepararci (liturgia delle acque, pro-cessione mariana), il terzo giorno (do-menica) per far festa (Santa Messa).

Ci siamo radunati e siamo stati assiemecome una grande famiglia: da ogni pae-se delle due Diocesi, dai bambini ainonni, dal personale ai malati, ognunoportando il suo contributo di gioia, dicompetenza, di aiuto. Una grande fami-glia che ha avuto in questi giorni il donodella presenza dall’Arcivescovo di Urbi-no Mons. Giovanni Tani a cui va il nostroringraziamento per la guida spirituale eper le meditazioni tenute, e dell’Assi-stente Ecclesiastico dell’Unitalsi FanoDon Luigi Spallacci per la costanza concui accompagna e sta vicino agli anzianie ai malati. Un ringraziamento sentitoanche al Cardinale Elio Sgreccia, che hacelebrato con noi la Santa Messa dome-

nicale nella cripta dove riposa il corpodella Beata Madre Speranza.

Abbiamo sentito le parole di Madre Spe-ranza nelle toccanti esperienze personalidi Marina (che ci ha edotto sulla vita esulle opere di Madre Speranza, ma so-prattutto sulla sua spiritualità e di comel’incontro con tale esperienza abbia cam-biato la sua vita) e del Prof. Pietro (cheha raccontato con dovizia di particolari isuoi anni a fianco della Madre)

Abbiamo visto la mano di Madre Spe-ranza nella grande disponibilità delRettore del Santuario, Padre Ireneo, checi ha dato anche utili consigli e (poichénon presente in quei giorni) validi sacer-doti per sostituirlo.

Abbiamo capito il pensiero di MadreSperanza nelle Ancelle dell’Amore Mise-ricordioso (che gestiscono) e in SuorMediatrice (che dirige) la Casa del Pelle-grino (immensa, pulita, ordinata, multi-mediale e con l’aria condizionata… chedi questi tempi di canicola non è po-co!!!!) a cui abbiamo creato mille pro-blemi e fatto mille richieste: tutto risol-to, tutto esaudito… una grande e preci-sa organizzazione con un cuore ancorapiù grande.

Piergiuseppe ManentiPresiedente UNITALSI Fano

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Èquesto il titolo del libro di Daniel Pittet che porta la straordinaria prefazione di Papa Fran-cesco. La testimonianza di Daniel – scrive il Pontefice – è «necessaria, preziosa e coraggio-sa… Sono felice che altri possano leggerla oggi e scoprire a che punto il male può entrare

nel cuore di un servitore della Chiesa». Dopo aver espresso tutta la sua sofferenza e aver chie-sto umilmente perdono, il Papa esprime ammirazione per chi ha avuto il coraggio di incontrareil proprio aguzzino, 44 anni dopo, offrendogli perdono.

Il libro inizia in modo tragico: racconta l’aggressio-ne del babbo alla moglie incinta di Daniel. Segueil “caos dell’infanzia”. Sfrattati dal loro paese d’ori-gine, i genitori di Daniel si separano e il babbopraticamente sparisce fino al momento in cui, ver-so la fine della sua vita, non avrà una provviden-ziale e commovente riconciliazione con il figlio.

«Io e i miei fratelli veniamo dispersi tra famiglie af-fidatarie e istituti». La madre cade in depressione.In questa già tristissima situazione, avviene il peg-gio: un prete religioso, P. Joel Allaz, lo violenta perben 4 anni, dall’età di 9 anni fino a 13. Le violenzesi susseguono numerose in modo brutale e umi-liante. Daniel non riesce ad aprirsi con nessuno.Un’esperienza terribile che, nonostante l’aiuto ditante persone, lo porta a crisi d’angoscia, alla de-pressione e perfino alla meningite.

Dopo 18 anni di terapia, Daniel si sente libero diraccontare in modo realistico e talvolta crudo la tri-ste vicenda, una «traccia indelebile, che resterà persempre» (p.37).

Dai monaci di Einsieldeln riceve l’attenzione giusta eimpara a non generalizzare: «quel che mi è capitato non significa che tutti i preti sonomarci. La mia esperienza mi autorizza a dirlo. La mia fiducia nella Chiesa è intatta» (p.84).

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Verso una cultura della misericordiaMons. Domenico Cancian

La perdono,Padre*

* D. Pittet, La perdono, Padre, prefazione di Papa Francesco, Edizioni Piemme, Segrate 2017.

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Daniel non perde la fede, anzi questa diventa più forte. Riesce a costruire una bella famiglia, amici-zie sincere. Dalla moglie si sente capito, accolto, amato. Diventa padre di sei figli (una adottata).

Daniel vuole rendersi utile alla famiglia della Chiesa «che non ho rinnegato […] perché in essaho conosciuto persone piene di umanità e impegnate nella loro vocazione» (p.99). S. GiovanniPaolo II lo incontra, gli afferra la spalla e gli dice: «Il Signore ti protegge perché hai fede» (p.101).Accetta di guidare, insieme alla moglie, l’associazione Apostolato della preghiera, organizzandoconferenze, testimonianze, preghiere.

Il lungo percorso lo porta alla capacità di denunciare lo stupratore, con lo scopo di fare verità fi-no in fondo, di aiutare gli abusati che hanno taciuto e soprattutto di interdire a livello pastoralee civile il religioso perché non faccia altri danni. Accetta di testimoniare, comparendo in televi-sione davanti ai giornalisti che, al termine dell’intervista, gli chiedono: «ma lei chi è oggi?». Da-niel risponde: «Sono un uomo in piedi!» (p.127). Tuttavia, in questa situazione, avverte ancora latentazione del suicidio, perché denunciare un abuso è doloroso, provoca vergogna e ulterioresofferenza. «Ho reagito cercando e ottenendo un risarcimento per torto morale».

Finalmente Joel è sospeso dal ministero. Il vescovo Genoud chiede perdono a Daniel a nomedella Chiesa. Glielo chiede anche Joel, il quale, si scopre, ha abusato di tante persone.

Daniel ricorda con sincera gratitudine tutti coloro che l’hanno aiutato. Dice con sicurezza a se stes-so: «Ho la fede, la vera fede, quella che ho scelto io. È un atto libero. […] Ho continuato a pregareogni giorno» (pp. 162, 165). Scrive un libro, dal titolo: Amare è donare tutto, che raccoglie testimo-nianze esemplari di religiosi/e e che Papa Francesco fa distribuire in piazza San Pietro.

L’ultimo capitolo del libro La perdono, Pa-dre racconta l’incontro, dopo 44 anni, il 12novembre 2016, tra Daniel e il suo stupra-tore. «Il mio carnefice! Mi sono alzato, glisono andato incontro e, senza riflettere gliho teso la mano: “Ciao Joel” mi sono senti-to di dirgli».

Lo definisce un uomo dallo sguardo spen-to. «Penso che abbia sofferto, in particolaredurante l’infanzia; era grasso e poco ama-to. Il mio carnefice è un debole che ha usa-to violenza per creare delle relazioni»(p.184).

Daniel tiene presente la parola di Gesù: “Chiè senza peccato scagli la prima pietra”. Ca-pisce che quella persona è veramente mala-ta, dissociata. «L’ho perdonato e ho costruitola mia vita su quel perdono» (p.186).

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verso una cultura della misericordia

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L’aveva perdonato fin da quando aveva 12 anni. «Il perdono non ha niente a che vedere con lagiustizia degli uomini che condanna, né con la scusante che annulla il problema. Il perdono noncancella la ferita, ma mi ha reso libero, non dipendo più da lui, mi ha messo in piedi». Danielnon ha mai messo in discussione il perdono.

«Il titolo del libro, La perdono Padre, è da prendersi alla lettera».

Concludo con tre riflessioni:

1) Daniel ci presenta la potenza sconvolgente del male che devasta l’uomo - sia il carnefice chela vittima - e che si innesta anzitutto a livello psico-patologico, come emerge in varie espressionidel tipo: «Io sono un mostro; sono dissociato e schizofrenico, il mostro si è mangiato l’umano».

Domanda: Perché non prevenire (nella misura del possibile)? E curare? Padre Joel dice che tut-to è cominciato con l’essersi sentito incapace di relazioni fin da piccolo.

2) La pedofilia è un crimine. C’è quindi una gravissima responsabilità. Gesù arriva a dire che èmeglio “legarsi una pietra al collo e gettarsi in mare”. Joel afferma di «aver fatto strage di inno-centi, di essere un Giuda, di morire lasciando dei danni irreparabili».

Domanda: Come è possibile che, durante il suo percorso cristiano, sacerdotale e religioso, pa-dre Joel non abbia avvertito nella sua coscienza la tragica contraddizione evangelica? Come èpossibile che i formatori, la comunità e i confratelli non si siano resi conto e non l’abbiano difatto aiutato?

3) L’onnipotenza della Grazia e della Misericordia del Signore può trasformare anche le formepeggiori di male, fino a permettere che siparli, paradossalmente, di “Felix culpa!”. Eciò attraverso la Grazia e la responsabilitàdel perdono. È impressionante come Da-niel riesca, con molto sacrificio, a conser-vare la Fede, anzi, a farla crescere, a svilup-pare relazioni molto positive dal punto divista umano e cristiano, a superare l’odio ea ritrovarsi “in piedi” davanti a Dio, agli al-tri e a se stesso. Ma anche lo stesso Joelha la possibilità di una profonda conver-sione che non toglie la speranza: «moriròlasciando dei danni, ma ho fiducia».

Mi pare che anche l’esperienza del perdo-no in extremis di Gesù al buon ladrone va-da a incoraggiare la speranza della conver-sione di tutti gli uomini, compreso il peg-gior peccatore.

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Il decimo e ultimo comandamentodel decalogo recita così:”Non deside-rare la casa del tuo prossimo, né il

suo campo, né il suo schiavo, né la suaschiava, né il suo bue, né il suo asino,né alcuna cosa che appartenga al tuoprossimo” (Dt 5,21).Partiamo fin da subito da una consta-tazione. Leggiamo qui, da questo ver-setto, il riconoscimento della proprietàprivata e la sfera privata di una perso-na.In Israele fin dall’antichità non solo ve-niva riconosciuto ciò ma veniva purepraticata l’ospitalità, nel senso che ipropri beni potevano essere condivisicon gli altri, allorché, però, che si veni-va garantiti e protetti. Si chiedeva chevenisse assicurato cioè lo spazio di si-curezza per condurre la propria esi-stenza senza che gli altri potessero pri-vare la persona della sua proprietà.Questo comandamento potremmo in-tenderlo come completamento del set-timo comandamento “non rubare”,

che tocca l’argomento di qualcosa cheè proprietà altrui. Mentre lì si condan-na il furto, qui si vieta di impadronirsidelle cose appartenenti agli altri. E sifa riferimento, come nel comanda-mento precedente, al desiderio; a queldesiderio smoderato, pronto a metterein atto ogni espediente pur di raggiun-gere lo scopo.Questo comandamentointende proteggere, quindi, la vita del-la persona, ovvero la casa ove ci si sen-te a proprio agio. Per questo il riferi-mento alla casa, campo, bue, asino,ecc… Non si può essere privati dellapropria casa, spazio vitale della vitapropria e della famiglia a cui si appar-tiene, simbolo dell’esistenza, neppuredel “campo” che rappresenta la con-dizione per la sopravvivenza del pro-prietario; lo stesso vale per i collabora-tori domestici che lavorano per il pro-prietario (una volta si trattava di schiavie schiave). Anche il bue e l’asino: stan-no a significare non solo le bestie dalavoro ma anche gli animali che forni-

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Sac. Angelo Spilla

I COMANDAMENTI (11)Non desiderare i beni del tuo

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scono latte e carne per il sostentamen-to del proprietario.È il comandamento questo che ci facapire come i precetti divini sono de-cisivi in ordine a una serena conviven-za sociale e rafforzano la benefica per-cezione di ciò che è mio e di ciò cheappartiene agli altri. Con ciò comun-que non si esclude il comando di soc-

correre ed aiutare chi è nel bisogno oprivo di beni.Qui il comandamento di Dio si rivolgeai desideri legati non alle necessità, maall’invidia, all’ingordigia del possesso,all’avidità e alla cupidigia che portano

di conseguenza all’infelicità e all’odio.Fa riferimento alle manovre affettiveper impossessarsi dei beni del prossi-mo.È il comando a rivedere il cuore del-l’uomo che non trova più ad intrave-dere i beni più alti, quelli spirituali, di-ventando invece schiavi del possederee del godere, senza badare alla propriaed altrui dignità, né al bene della so-cietà, né a Dio stesso. Apprendiamoda San Giovanni Paolo II che ci ricorda:”La libertà è difficile, bisogna imparar-la, bisogna imparare a essere vera-mente liberi, bisogna imparare ad es-sere liberi in un modo tale che la no-stra libertà non diventi la nostra schia-vitù, la nostra prigionia interiore, e chenon diventi motivo per limitare la liber-tà altrui. Questo fatto grava molto sul-la sfera dell’economia mondiale… Im-parate la verità del decimo comanda-mento. Il desiderio delle cose è la ra-dice dell’egoismo, e persino dell’invi-

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o prossimo

dia e dell’odio reciproci” (7/6/1991).L’invidia toglie la pace, fa perdere lastima degli altri e non permette di go-dere la comunione e l’armonia, rendeavari, chiude gli occhi alle necessità deifratelli, fa litigare e odiare.Dio ci raccomanda di non desiderare atal punto le cose degli altri da volerce-ne appropriare ingiustamente; a nondesiderare il male che porta al peccatoe che rovina la nostra anima.Gesù ci ricorda:”badate di tenervi lon-tano da ogni cupidigia perché, anchese uno è nell’abbondanza, la sua vitanon dipende dai suoi beni”. Poi rac-conta la parabola della campagna diun uomo ricco che aveva dato unbuon raccolto: “Ma Dio gli disse: Stol-to, questa notte stessa ti sarà richiestala tua vita. E quello che hai preparatodi chi sarà? Così è di chi accumula te-sori per sé, e non arricchisce davanti aDio”(LC 12, 15-21).È il comandamento che ci mette da-vanti all’invidia sociale, quando ci fan-

no comprendere che la nostra imma-gine sociale dipende in gran parte daciò che acquistiamo. Il ben desiderare,invece, ci porta alla lotta della frenesiaconsumistica, concentrandoci sull’es-senziale. Qui in questo comandamen-to siamo invitati ad essere riconoscentidi quello che abbiamo, che ci è datodi possedere e di ringraziare il Signoreper questo.Questo ultimo comandamento, al po-sitivo, ci insegna questo: essere rico-noscenti per le cose che Dio mi ha do-nato; riconoscere i propri doni, i propritalenti, essere pronti a farli fruttificarecon entusiasmo. Mi libera dall’impulsodeleterio che mi spinge a confrontarmidi continuo con gli altri. La riconoscen-za mi porta, anche, a rallegrarmi congli altri e per quanto essi posseggono.Siamo contenti di ciò che abbiamo, af-fidandoci sempre a Dio. Si è felici soloquando si comprende di essere nelcuore di Dio.

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La lettera �

Carissimo,

lo stupore di un sogno: “Quando il Signore ricondusse i prigionieri diSion ci sembrava di sognare”.

È sogno arrivare.Arrivare da dove? Certo, dalle nostre case, dalle nostre strade, ma ar-

rivare da Dio.Arriviamo da lontano, da millenni di anni luce: “Prima che tu fossi nel

seno di tua madre, io ti ho conosciuto, io ti ho amato”.Arriviamo dal cuore di Dio, dal sogno di Dio. Il sogno di Dio che ci ha

voluto qui.È bellissimo pensare che Egli già lo sapeva. Egli che scandisce il re-

spiro della nostra storia, che non smette di cercarci, tra “le fenditure del-la roccia”, di balzo in balzo.

La follia dell’amore, l’indicibile, l’eccessivo, l’inimmaginabile di unDio che si dà all’uomo.

È sogno fermarsi.Corriamo tutto il giorno, siamo perseguitati dal tempo, sovraffollati da

parole.Gesù, prima di narrare se stesso, il mistero di noi stessi, faceva sede-

re le folle. Così, nelle Beatitudini, così nel segno dei pani. Dice il Van-gelo: “E fece sedere la folla”.

Fermarci, fare esperienza, estasi, silenzio, ascolto. Silenzio adorante,ascolto contemplativo, stupore religioso, lode e lamento, spazio perl’umanità ferita, accoglienza, riparo.

Per tutti noi, mendicanti, pellegrini, smarriti sulla strada. Il dopo, lapaura, “si fa sera”. Il grido, “davvero è risorto”, lo spezzare il pane cheriempie di canto, di festa, di danza l’incontro con i fratelli.

È sogno ritornare.Ecco, avere il volto di gente che ha visto il Signore, avere il cuore di

gente che ama.La grande Notizia, la gioia, lo stupore di un Dio che ci ama.

NINO BARRACO

Parole nella tenda

L’Amore Misericordioso - settembre 201730

Carissimi,mi piace condividere con tuttivoi affezionati lettori di questarivista, la gioia e l’emozione nelfar crescere un progetto che hoparticolarmente a cuore da di-versi mesi: “La Casa di MadreSperanza”.Si tratta di dare le ali ad un so-gno che è frutto di un lungocammino maturato nel tempo,ovvero quello di allestire un percor-so nuovo nelle stanze in cui la Ma-dre ha vissuto e accolto tanti pelle-grini che accorrevano per incon-trarla e ricevere uno sguardo, unaparola, una preghiera.Gli ambienti che saranno oggettodella nostra attenzione hanno diper sè una grandissima forza evoca-tiva e comunicano una Presenza an-cora oggi.Si tratta di inserire elementi cheaiutino una visita “immersiva”, perentrare nel cuore del carisma che cifa incontrare l’Amore Misericordio-so, essenza del messaggio di Colle-valenza.Per questa ragione non amo parlaredi museo perché è un termine checollego a qualche cosa di passato, di

finito, di storico senza avere la forzadi rispondere alle domande che vi-viamo oggi.Da torinese posso pensare, al ri-guardo, al nostro Museo Egizio op-pure al Museo del Risorgimentoche, come appassionato di storiapossono interessarmi, senza peròcoinvolgermi nella mia vita più inti-ma e personale.Mi piace invece per il luogo in cuiha vissuto Madre Speranza parlaredi Casa, un termine che di per sé tiscalda, ti avvolge e ti coinvolge.Quando si arriva a Collevalenza tut-to parla di Lei e tutti parlano di Lei.Difficile coniugare anche i verbi alpassato quando la si ricorda perchéLei vive, cammina, affianca, guar-da, incoraggia ed è presente in ogniangolo, pronta a colpire la tua atten-

Paolo DamossoA t t u a l i t à

VERSO “LA CASA DI MADRESPERANZA”

L’Amore Misericordioso - settembre 2017 31

a t t u a l i t à

zione con il suo sguardo maternoper catturarti nel Roccolo…Entrare nelle sue stanze è un’emo-zione forte e lo è stata anche perme che pure ero venuto qui già piùdi vent’anni fa.I muri parlano, basta fare silenzio,spegnere le ansie quotidiane e… ac-cendere le antenne del cuore. Non è difficile!Non c’è oggetto, suppellettile, mo-bile, foto, quadro che non sottolineitutto questo e allora ci si accorgeche occorre farsi guidare, farsiprendere per mano senza paura esenza fare resistenza.Ci si sente piccoli di fronte a questogigante esemplare di vita vissuta al-la luce del Vangelo e in dialogo co-stante con quel Gesù che qui è alcentro di tutto, con una presenzache riempie anche l’ossigeno che sirespira tra queste colline.L’idea di toccare gli oggetti presenti,di immaginare una nuova disposi-zione, di inventare soluzioni narra-tive ed espositive che aiutino il pel-legrino in questo viaggio spirituale,mette i brividi e non mi fa quasiprendere sonno.Chi sono io per potermi immaginareun percorso lungo questi ambienti? Ma poi leggi, studi, approfondisci escopri che questa donna meraviglio-sa voleva essere una scopa, una pata-ta, una flauta… similitudini povere esemplici come lei è sempre stata.E questo m’incoraggia!Una grande mistica ed insieme unadonna incarnata nella semplicità,con i piedi per terra, spesso in cuci-na a preparare da mangiare per isuoi figli, per la sua grande famigliadi Collevalenza.

Madre Speranza è viva, più che maiviva. Ed allora come è possibile provarea ripensare alla sua stanza, alla salain cui preparava i cordoni per i sa-cerdoti, a quella in cui faceva entra-re le persone che desideravano ilsuo sguardo materno?Occorre vivere e respirare il climaumano e spirituale di Collevalenza.Occorre incontrare i tanti membriche compongono la sua famiglia.Stare con loro, vivere con loro perun po’. Così ho fatto e sto facendo.È meraviglioso respirare la fre-schezza della memoria che si fa vi-va e presente, fino a diventare tan-gibile. Questo è Collevalenza. Qui si tocca la freschezza delle ori-gini, la tensione spirituale che hamosso le grandi scelte e che ha ri-chiesto tanti sacrifici, preghiere,sofferenze e unità d’intenti.Con il passare del tempo compren-do una grande verità: la Fondatriceè ben visibile nelle pupille degli oc-chi delle tante Ancelle, dei padri,dei fratelli, dei laici che ho incon-trato qui.Ognuno mi racconta, s’intrattienevolentieri, vuole spiegarmi e vuoleraccontarmi di lei con l’ansia di chidesidera condividere un tesoro chenon ha senso tenere per sé gelosa-mente ma al contrario ha la forza dipropagarsi, di entrare, di bussare alcuore di ognuno per non lasciarlopiù.Per questo mi sono messo in viag-gio e in ascolto, con pazienza, senzafretta.Piano piano questo luogo è diventa-to un viaggio, non solo fuori ma an-che dentro di me.

Ogni volta che parto da Torino per-corro i circa seicento chilometrisenza accorgermene perché sentoche in realtà mi avvio verso una ri-cerca che non si ferma al puroaspetto professionale, ma compren-de tutto me stesso.Ormai ogni cosa mi risulta familiareed è facile per me incontrare occhi,mani, sorrisi, parole che mi fannosentire a Casa.… e torniamo alla parola Casa.Quel termine che deve campeggia-re sul nostro progetto.Perché la Casa di Madre Speranza èla Casa di tutti.Una Casa per ritrovare una Madre,una Mamma che ti fa entrare dopoun viaggio, pronta a raccogliere ilsudore della fatica e le lacrime dellesofferenze, per condividerle e tra-sformarle in Sorriso, in Grazia, in…Speranza.Stiamo lavorando intensamente per

realizzare questo ambizioso proget-to, pregando e affidandoci soprat-tutto a Lei, alla Madre perché cipossa ispirare nel miglior modo, nelrispetto dei suoi ambienti, in sinto-nia con il suo stile e il suo modod’essere.Cammino con i miei due compagnidi viaggio, Antonella Taggiasco eAntonio Venere della Fogo Multi-media, uniti da venticinque anniper comunicare e divulgare storiedi uomini e donne che hanno vissu-to il Vangelo nella vita e che devonoincoraggiare ognuno di noi, oggi,nel mondo in cui siamo e nel quoti-diano che dobbiamo affrontare.Sarà un piacere per me potervi aggior-nare meglio nei prossimi numeri.Per il momento vi saluto con gran-de affetto, chiedendovi di pregareper questo progetto e per noi checamminiamo verso una Casa.La Casa di Madre Speranza.

L’Amore Misericordioso - settembre 201732

a t t u a l i t à

33

P. Ireneo Martín fam

Luglio-Agosto 2017

Realizza un sogno grazie ai colleghi

DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZADAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA

DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Esercizi Spirituali per laici

Campo-servizio giovani “Ogni vita è servizio”

34

UNITALSI Di Fano

Da Bari

Da Cagliari

Da Caivano (NA)

Dal Canton Ticino

Da Andria

Notizie di Famiglia

DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

35

Da Caserta

Da Cerveteri (RM)

Da Conegliano Veneto

Dalla Polonia

Dalla Sicilia

Da Como Dalla Polonia

DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

36

Dalla Spagna

Da Formia

Da Padova - Gruppo Alleluia

Da Iesi

Da Napoli

DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Da Roma - Via CasilinaDa Verona

Da Latina

Da Maddaloni (CE)

Da Madonna dell’Arco (AN)

Da Napoli e Pompei

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DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

I gruppi di pellegrini

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Da Orta di Stella (CE)

Da Prato

Da Rieti

Da Rimarmonica (VT)

Chiesetta di Santa Maria delle GrazieP. Giovanni racconta l’arrivo della Ma-dre a Collevalenza

DAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZADAL SANTUARIO DI COL L E VA L ENZA

Gruppi di luglio e agosto

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Da Palermo

Da Roma

Da San Marco in Lamis (FG)

Da San Salvo (CH)

Da Salerno

Dalla Svizzera Da TreviDa Viterbo

DAL 14 AL 22 SETTEMBRE 2017ore 18,00 Novena solenne all’Amore

Misericordioso

GIOVEDÌ 21 SETTEMBRE Giornata del Malato e dell’Anziano

ore 15,00 Accoglienza, Liturgia delleAcque.

ore 17,00 S. Messa del pellegrinoammalato: Mons. AntonioCardarelli, Vicario generaledella Diocesi di Orvieto-Todi -Momento di fraternità

VENERDÌ 22 SETTEMBREGiornata dei Ragazzi e dei Giovani

ore 17,00 S. Messa

ore 21,00 Veglia di preghieragiovanile-vocazionale in Cripta

Nel 50° Anniversario

della Casa del Pellegrino

Festa del Santuario dell’Amore

Misericordioso

COLLEVALENZA14-30 settembre 2017

www.collevalenza.it

SABATO 23 SETTEMBREore 09,30 Liturgia delle Acqueore 12,00 S. Messa del Pellegrino presieduta da

P. Ireneo Martín FAM, Rettore del Santuario ore 15,30 Liturgia delle Acqueore 17,30 S. Messa presieduta da P. Aurelio Pérez, Superiore generale FAM. ore 21,15 Grande Fiaccolata in piazza

DOMENICA 24 SETTEMBRE Festa diocesana dell’Amore Misericordioso

ore 09,00 Auditorium: Lodi solenniore 09,30 Casa del Pellegrino: “Alloggiare nel cuore dell’Amore

Misericordioso”. Sui passi della storia... Marina Berardiore 11,30 S. Messa solenne presieduta da S. Ecc. Mons. Luigi RENNA,

vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano. Anima il Coro “Madre Speranza” ore 18,30 Celebrazione Eucaristica presieduta da S. Ecc. Mons.

Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello

SABATO 30 SETTEMBRE - Ricorrenza compleanno Madre Speranza e Celebrazione 50° Anniversario Casa del Pellegrino

ore18,30 S. Messa presieduta da S. Ecc. Mons. Benedetto Tuzia,vescovo di Orvieto-Todi

Ore 21,15 Rassegna corale “La nostra Speranza”. Partecipano i cori:Madre Speranza di Collevalenza, San Benedetto di Norcia, S. Francesco di Terni, Edi Toni di Narni

PER Collevalenzada Roma Staz. Tiburtina 7,00 Ditta Sulga ferialeda Roma Staz. Tiburtina 8,15 Ditta Sulga festivo

da Roma Staz. Tiburtina 14,00 Ditta Sulga ferialeDitta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivo

da Roma Staz. Tiburtina 16,00 Ditta Sulga - Fermata al Bivio paese Collevalenza ferialeda Fiumicino 16,30 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivoda Fiumicino 17,00 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto ferialeda Napoli 8,15 Ditta Sulga - a richiesta - su Prenotazio ne* giornalieroda Pompei 7,15 Ditta Sulga - a richiesta - su Prenotazio ne* giornalieroda Roma Staz. Tiburtina 18,00 Ditta Sulga - Fermata a Todi Pian di Porto festivoda Roma Staz. Tiburtina 18,30 Ditta Sulga -Fermata a Todi Pian di Porto feriale

DA Collevalenzaper Roma Staz. Tiburtina 7,40 Dal bivio paese Collevalenza ferialeper Roma Staz. Tiburtina 14,45 Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Prenotazio ne* ferialeper Roma Staz. Tiburtina 15,20 Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Prenotazione * festivoper Napoli - Pompei 14,45 FERIALI (Navetta)

15,20 FESTIVI (Pullman di linea) ( ) giornaliero

per Roma - Fiumicino 8,10 Da Todi Pian di Porto festivoper Roma - Fiumicino 8,40 Da Todi Pian di Porto ferialeper Roma - Fiumicino 9,10 Da Todi Pian di Porto festivoper Roma - Fiumicino 9,40 Da Todi Pian di Porto feriale

* Le prenotazioni vanno effettuate al n. verde 800.099661 entrol’ultimo giorno feriale antecedente la parten za (entro le 19.00)

Dal Centro informazioni - Fermata a richiesta - Preno tazione*

2017 iniziative a Collevalenza

31 m

aggi

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24 settembre Festa del Santuariodell’AmoreMisericordioso

20 - 22 ottobre Convegno ALAM Nazionale

13-17 Novembre Esercizi Spirituali per SacerdotiDiocesani

18 - 19 Novembre Seminario CESAM

20 - 24 Novembre Convegno CISM

ESERCIZI SPIRITUALICORSI PER SACERDOTI Esercizi Spirituali 2017

CORSI PER SACERDOTI 19-23 GIUGNOGuida: Mons. LorenzoChiarinelli (Vescovo emerito diViterbo) Tema: “... perché so che tu sei unDio misericordioso...” (Giona 4,2)

28 AGOSTO 1 SETTEMBRE:Guida: Don Rocco D’Ambrosio(Docente Pontificia Università diRoma)Tema: Dall’umanità sacerdotale alministero dell’Ordine Sacro delsacerdote: tra spiritualità e azionepastorale/sociale

13-17 NOVEMBRE:Guida: Mons. Luigi Mansi(Vescovo di Andria)Tema: I SALMI DELLA LITURGIADELLE ORE: voce del mondo chesale al Padre attraverso la voce diCristo e della Chiesa

8 GIUGNOGiornata di SantificazioneSacerdotaleLuogo: Santuario dell’AmoreMisericordioso- Collevalenza

***CORSO PER LAICI6-9 LUGLIOGuida: D. Giuseppe Alessi,SDFAM (Caltanissetta)Tema: Il viaggio spirituale: “Beatochi trova in Te la sua forza e decidenel suo cuore il santo viaggio”(Salmo 83)

***CORSI PER GIOVANI22-25 APRILETema: Riconciliarsi con gli altri03-06 AGOSTOTema: Riconciliarsi con Dio

Orari e Attività del Santuario

Orari e Attività del Santuario

Come arrivare a

Dall’autostrada del Sole:per chi viene da NORD: uscire al Casello di VALDICHIANA e prose-

guire per Perugia, Ponte San Giovanni, Todi, Collevalenza;per chi viene da SUD: uscire al Casello di ORTE e proseguire (sulla

linea di Perugia) per Sangemini, Acquasparta, Collevalenza.

Con il pullman:Vedi orari sullo specchietto “SERVIZI DI PULLMAN” sulla pagina

precedente (III di Copertina)

In trenola rete delle Ferrovie dello Stato è collegata con la rete ferroviariadella Centrale Umbra: Sansepolcro – Terni.

SANTUARIO AMORE MISERICORDIOSO - COLLEVALENZAhttp://www.collevalenza.it

Centralino Telefonico 075-8958.1Conto Corrente Postale 11819067

Tel.: 075-895 82 82 - Fax: 075-895 82 83E-mail: [email protected]

TELEFONI – FAX – E-MAIL– CASA del PELLEGRINO

075-8958.1 - [email protected]

– ATTIVITÀ GIOVANILE VOCAZIONALE075-8958.209 - 075-8958.291

E-mail: [email protected] - http://www.giovaniamoremisericordioso.it

– POSTULAZIONE CAUSA DI CANONIZZAZIONE DI MADRE SPERANZA075-8958.1 -

Accoglienza dei sacerdoti diocesani a Collevalenza:1. Presso la Comunità FAM del Santuario, per i sacerdoti che vogliono trascorrere qualche

giorno in comunità (referente il Superiore della Comunità del Santuario).2. Presso la Comunità di Accoglienza sacerdotale dei FAM, per i sacerdoti diocesani anziani,

in modo residenziale (referente il Superiore della Comunità di Accoglienza).