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direfrì di .i, anni, all 'in kra sesp .Intc11ìgciV Machiner n . RITI°Er e le reti neurali Il grande matematico inglese, celebre per la macchina, il test e la tesi che portano il suo nome, predisse altresì l'avvento dei calcolatori a reti neurali e dell'ipercalcolo di B. Jack Copeland e Diane Proudfoot Al an Mathison Turing concepì i primi calcolatori moderni nel 1935, e svolse un lavoro pionieristico nel campo dell'intelligenza artificiale (IA), pro- ponendo una celebre e ampiamente dibattuta procedura (che oggi prende il nome di «test di Turing») quale stru- mento atto a stabilire se un calcolatore, opportunamente programmato, possa pensare. Durante la seconda guerra mondiale lo stesso Turing eb- be un ruolo chiave nella decifrazione, da parte degli inglesi, del codice tedesco Enigma: un'operazione coperta dal mas- simo segreto che, secondo gli storici, contribuì ad abbrevia- re di due anni il corso del conflitto in Europa. Quando Tu- ring morì, a soli 41 anni, era impegnato nei primissimi stu- di in un campo del tutto nuovo: quello che oggi chiamerem- mo vita artificiale, cioè la simulazione dei processi chimici della crescita biologica. Fu un percorso di ricerca decisamente degno di nota, quello di Turing, che però non dimostrò mai uno spiccato interesse a far conoscere al pubblico le sue idee. Si deve for- se a questo il fatto che alcuni importanti aspetti del suo la- voro siano stati trascurati o addirittura dimenticati nel cor- so degli anni. Anche tra coloro che hanno una certa prepa- razione nelle scienze dei calcolatori, sono in pochi a cono- scere le affascinanti anticipazioni del connessionismo (o cal- colo neurale) formulate proprio da Turing. Lo stesso vale per le sue teorie nell'appassionante settore dell' «ipercalco- lo», che finora hanno goduto di scarsa notorietà. Secondo alcuni esperti, infatti, gli ipercalcolatori potranno un giorno risolvere problemi finora considerati intrattabili. La via di Turing Gli elaboratori digitali sono formidabili divoratori di nu- meri. Chiedete loro di prevedere la traiettoria di un razzo o di calcolare le previsioni di bilancio di una grande multina- zionale, ed essi saranno in grado di sciorinare i risultati in pochi secondi. Tuttavia alcune operazioni apparentemente semplici, che noi normalmente compiamo ogni giorno, co- me riconoscere un viso o leggere una pagina manoscritta, possono rivelarsi diabolicamente insidiose sotto il profilo della programmazione. Forse le reti interconnesse di neuro- ni di cui è composto il nostro cervello, per svolgere agevol- mente compiti del genere, impiegano risorse naturali di cui i calcolatori sono privi. Proprio per questo gli scienziati han- LE SCIENZE 370/ giugno 1999 no dedicato le loro ricerche a calcolatori modellati sempre più fedelmente sul cervello umano. Il connessionismo è una disciplina emergente che si pro- pone di eseguire calcoli mediante reti di neuroni artificiali. Oggi i ricercatori ricostruiscono simulazioni dei neuroni e delle loro interconnessioni impiegando normali calcolatori digitali (un po' come gli ingegneri possono creare modelli virtuali di grattacieli o di profili alari per gli aerei). Un algo- ritmo di apprendimento, applicato dal calcolatore, regola le connessioni tra i neuroni indirizzando la rete interconnessa in maniera da farla diventare una macchina specificamente dedicata a una particolare funzione, come per esempio la previsione dei mercati valutari internazionali. I connessionisti di oggi riconoscono il fondatore del loro indirizzo di ricerche in Frank Rosenblatt, lo studioso che pubblicò il primo dei numerosi articoli sull'argomento nel 1957. Pochi sanno che Turing aveva studiato le reti connes- sioniste già nel 1948, in un articolo intitolato Macchine in- telligenti, che tuttavia ebbe una diffusione molto limitata. Il manoscritto, che Turing redasse all'epoca in cui lavora- va al National Physical Laboratory di Londra, non ottenne l'approvazione del suo superiore. A quel tempo il direttore del laboratorio era Sir Charles Darwin, l'alquanto autorita- rio nipote del grande naturalista inglese, che respinse l'arti- colo definendolo un «compito scolastico». In realtà questo lungimirante contributo fu il primo manifesto dell'intelli- genza artificiale. Nel lavoro, rimasto inedito fino al 1968, Turing delineava i fondamenti del connessionismo e intro- duceva lucidamente molti concetti che avrebbero assunto un ruolo centrale nella teoria dell'intelligenza artificiale, in alcuni casi solo dopo essere stati reinventati da altri. In quelle pagine Turing proponeva una specie di rete neu- rale denominata «macchina disorganizzata di tipo B», for- mata da neuroni artificiali e da dispositivi in grado di modi- ficare le connessioni fra questi ultimi. Le macchine di tipo B possono contenere un numero illimitato di neuroni, connes- si in qualsiasi configurazione, che però sottostanno sempre alla restrizione per cui ciascuna connessione neurone-neu- rone deve passare attraverso un dispositivo modificatore. Tutti i modificatori sono provvisti di due ingressi usati per l'apprendimento. Quando uno degli ingressi riceve un impulso, il modificatore va in «modalità passante», e la connessione trasmette il dato (che può essere uno O o un 1) senza alcuna alterazione. Un impulso applicato sull'altro in- gresso mette il modificatore in «modalità interruzione», e la 95

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direfrì di .i, anni, all 'in krasesp .Intc11ìgciV Machinern .

RITI°Ere le reti neurali

Il grande matematico inglese,celebre per la macchina,

il test e la tesiche portano il suo nome,

predisse altresìl'avvento dei calcolatori

a reti neuralie dell'ipercalcolo

di B. Jack Copeland e Diane Proudfoot

Al

an Mathison Turing concepì i primi calcolatorimoderni nel 1935, e svolse un lavoro pionieristico

nel campo dell'intelligenza artificiale (IA), pro-ponendo una celebre e ampiamente dibattuta procedura(che oggi prende il nome di «test di Turing») quale stru-mento atto a stabilire se un calcolatore, opportunamenteprogrammato, possa pensare.

Durante la seconda guerra mondiale lo stesso Turing eb-be un ruolo chiave nella decifrazione, da parte degli inglesi,del codice tedesco Enigma: un'operazione coperta dal mas-simo segreto che, secondo gli storici, contribuì ad abbrevia-re di due anni il corso del conflitto in Europa. Quando Tu-ring morì, a soli 41 anni, era impegnato nei primissimi stu-di in un campo del tutto nuovo: quello che oggi chiamerem-mo vita artificiale, cioè la simulazione dei processi chimicidella crescita biologica.

Fu un percorso di ricerca decisamente degno di nota,quello di Turing, che però non dimostrò mai uno spiccatointeresse a far conoscere al pubblico le sue idee. Si deve for-se a questo il fatto che alcuni importanti aspetti del suo la-voro siano stati trascurati o addirittura dimenticati nel cor-so degli anni. Anche tra coloro che hanno una certa prepa-razione nelle scienze dei calcolatori, sono in pochi a cono-scere le affascinanti anticipazioni del connessionismo (o cal-colo neurale) formulate proprio da Turing. Lo stesso valeper le sue teorie nell'appassionante settore dell' «ipercalco-lo», che finora hanno goduto di scarsa notorietà. Secondoalcuni esperti, infatti, gli ipercalcolatori potranno un giornorisolvere problemi finora considerati intrattabili.

La via di Turing

Gli elaboratori digitali sono formidabili divoratori di nu-meri. Chiedete loro di prevedere la traiettoria di un razzo odi calcolare le previsioni di bilancio di una grande multina-zionale, ed essi saranno in grado di sciorinare i risultati inpochi secondi. Tuttavia alcune operazioni apparentementesemplici, che noi normalmente compiamo ogni giorno, co-me riconoscere un viso o leggere una pagina manoscritta,possono rivelarsi diabolicamente insidiose sotto il profilodella programmazione. Forse le reti interconnesse di neuro-ni di cui è composto il nostro cervello, per svolgere agevol-mente compiti del genere, impiegano risorse naturali di cui icalcolatori sono privi. Proprio per questo gli scienziati han-

LE SCIENZE 370/ giugno 1999

no dedicato le loro ricerche a calcolatori modellati semprepiù fedelmente sul cervello umano.

Il connessionismo è una disciplina emergente che si pro-pone di eseguire calcoli mediante reti di neuroni artificiali.Oggi i ricercatori ricostruiscono simulazioni dei neuroni edelle loro interconnessioni impiegando normali calcolatoridigitali (un po' come gli ingegneri possono creare modellivirtuali di grattacieli o di profili alari per gli aerei). Un algo-ritmo di apprendimento, applicato dal calcolatore, regola leconnessioni tra i neuroni indirizzando la rete interconnessain maniera da farla diventare una macchina specificamentededicata a una particolare funzione, come per esempio laprevisione dei mercati valutari internazionali.

I connessionisti di oggi riconoscono il fondatore del loroindirizzo di ricerche in Frank Rosenblatt, lo studioso chepubblicò il primo dei numerosi articoli sull'argomento nel1957. Pochi sanno che Turing aveva studiato le reti connes-sioniste già nel 1948, in un articolo intitolato Macchine in-telligenti, che tuttavia ebbe una diffusione molto limitata.

Il manoscritto, che Turing redasse all'epoca in cui lavora-va al National Physical Laboratory di Londra, non ottennel'approvazione del suo superiore. A quel tempo il direttoredel laboratorio era Sir Charles Darwin, l'alquanto autorita-rio nipote del grande naturalista inglese, che respinse l'arti-colo definendolo un «compito scolastico». In realtà questolungimirante contributo fu il primo manifesto dell'intelli-genza artificiale. Nel lavoro, rimasto inedito fino al 1968,Turing delineava i fondamenti del connessionismo e intro-duceva lucidamente molti concetti che avrebbero assuntoun ruolo centrale nella teoria dell'intelligenza artificiale, inalcuni casi solo dopo essere stati reinventati da altri.

In quelle pagine Turing proponeva una specie di rete neu-rale denominata «macchina disorganizzata di tipo B», for-mata da neuroni artificiali e da dispositivi in grado di modi-ficare le connessioni fra questi ultimi. Le macchine di tipo Bpossono contenere un numero illimitato di neuroni, connes-si in qualsiasi configurazione, che però sottostanno semprealla restrizione per cui ciascuna connessione neurone-neu-rone deve passare attraverso un dispositivo modificatore.

Tutti i modificatori sono provvisti di due ingressi usatiper l'apprendimento. Quando uno degli ingressi riceve unimpulso, il modificatore va in «modalità passante», e laconnessione trasmette il dato (che può essere uno O o un 1)senza alcuna alterazione. Un impulso applicato sull'altro in-gresso mette il modificatore in «modalità interruzione», e la

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connessione trasmette sempre 1, indipendentemente dal da-to fornito. In quest'ultimo stato il modificatore distruggequalsiasi informazione che tenti di attraversare la connes-sione cui esso è collegato.

Una volta impostato, un modificatore manterrà la suafunzione (o «passante» o «interruzione») a meno di non ri-cevere un impulso sull'altro ingresso di apprendimento. Lapresenza di questi ingegnosi modificatori della connessioneconsente a una macchina disorganizzata di tipo B di appren-dere mediante quella che Turing chiamava una «interferenzaappropriata, che imita l'educazione». Di fatto, Turing giun-se a teorizzare che «la corteccia di un bambino in età infanti-le è una macchina disorganizzata che può essere organizzatamediante un opportuno addestramento d'interferenza».

Ciascuno dei «neuroni modello>, di Turing ha due ingres-si, e l'uscita di un neurone è una semplice funzione logicadei suoi due valori d'ingresso. Ogni neurone della rete ese-

gue la stessa operazione logica NAND [corrispondente allacomposizione di NOT e AND, fornisce un risultato oppo-sto a quello dell'operatore AND, N.d.T.]: il valore d'uscitaè 1 se almeno uno dei due valori d'ingresso è O. Se entrambii valori d'ingresso sono 1, il valore d'uscita è O.

Turing scelse l'operatore NAND perché qualsiasi altraoperazione logica (o booleana) può essere ottenuta per mez-zo di gruppi di neuroni NAND. Inoltre egli dimostrò che glistessi modificatori della connessione possono essere a lorovolta costruiti a partire da neuroni NAND. In tal modo Tu-ring giunse a delineare il più semplice modello possibile del-la corteccia cerebrale mediante una rete costituita esclusiva-mente da neuroni NAND e dalle loro connessioni.

Nel 1958 Rosenblatt definì sinteticamente in questi termi-ni il fondamento teorico del connessionismo: «L'informa-zione memorizzata assume la forma di nuove connessioni, odi canali di trasmissione all'interno del sistema nervoso (ov-

Turing precursore del connessionismo

In un articolo rimasto inedito per 14 anni dopo la sua scomparsa (qui sopra), Alan Turing descrisse una rete di

neuroni artificiali interconnessi in maniera casuale. In que-sta «macchina disorganizzata di tipo B» (in basso a sinistra),ciascuna connessione è munita di un modificatore che vie-ne impostato in modo da consentire ai dati di attraversarloinalterati (in verde) oppure da distruggere l'informazionetrasmessa (in rosso). La commutazione dei modificatori dauna modalità all'altra consente alla rete di venire istruita.Ogni neurone è provvisto di due ingressi (in basso, nel ri-quadro) ed esegue la semplice operazione logica NAND: se

i dati in entrata su ambedue gli ingressi sono 1, allora il da-to in uscita è O. Altrimenti, il dato in uscita è 1.

Nella rete interconnessa di Turing i neuroni si colleganoliberamente l'uno all'altro. Invece, nelle moderne reti inter-

connesse (al centro), ilflusso dell'informazio-ne tra i vari livelli dineuroni è limitato. Sco-po dei connessionistiè simulare le reti neu-rali interconnesse delcervello (qui sotto).

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vero consiste nella creazione di condizioni equivalenti, sottoil profilo funzionale, a nuove connessioni)». Poiché l'elimi-nazione di connessioni esistenti può risultare equivalente, aifini funzionali, alla creazione di nuove connessioni, si puòcostruire una rete per l'esecuzione di specifici compiti par-tendo da una rete caratterizzata da un eccesso di connessio-ni e sfrondandone selettivamente alcune. Entrambe le azio-ni, la distruzione e la creazione, hanno un ruolo nell'appren-dimento delle macchine disorganizzate di Turing di tipo B.

Fin dall'inizio, le macchine di tipo B contengono connes-sioni interneurali casuali i cui modificatori sono stati impo-stati arbitrariamente in modalità passante o di interruzione.Durante l'apprendimento le connessioni indesiderate ven-gono soppresse commutando i relativi modificatori in mo-dalità interruzione. Viceversa, la commutazione di un mo-dificatore dalla modalità di interruzione a quella passantecrea di fatto una nuova connessione. Questo processo dicernita selettiva delle connessioni indirizza la rete intercon-nessa, che in origine aveva una struttura casuale, organiz-zandola in vista di un determinato compito.

Turing avrebbe voluto studiare altri tipi di macchine di-sorganizzate e avvertiva l'esigenza di simulare una rete neu-rale interconnessa e il suo regime di apprendimento me-diante un normale calcolatore digitale. Sosteneva che avreb-be «lasciato lavorare l'intero sistema per un tempo conside-revolmente lungo per poi effettuare un controllo a sorpresa,un po' come un "ispettore scolastico", in modo da poter ve-rificare i progressi compiuti». Purtroppo le sue ricerche ter-minarono prima che fossero disponibili i primi calcolatorielettronici. (Solo nel 1954, anno della morte di Turing, Bel-mont G. Farley e Wesley A. Clark riuscirono a simulare unapiccola rete neurale su un calcolatore al Massachusetts In-stitute of Technology.)

A Turing bastarono carta e penna, comunque, per dimo-strare che una rete neurale di tipo B sufficientemente grandepuò essere configurata (per mezzo dei suoi modificatori diconnessione) in modo tale da trasformarsi in un calcolatoreelettronico. Questa scoperta getta luce su uno dei problemifondamentali delle scienze cognitive.

Da un punto di vista deduttivo, la conoscenza comprendecomplessi processi sequenziali, che spesso coinvolgono il lin-guaggio o altre forme della rappresentazione simbolica, co-me accade per il calcolo matematico. Invece, da un punto divista induttivo, la conoscenza non è altro che una sempliceattivazione di neuroni. I ricercatori che operano nel campodelle scienze cognitive si trovano di fronte all'arduo proble-ma di come conciliare queste due prospettive assai diverse.

La scoperta di Turing offre una possibile soluzione: lacorteccia cerebrale, proprio in virtù del fatto di essere unarete neurale interconnessa che opera come un calcolatoreelettronico, è in grado di svolgere quell'elaborazione se-quenziale e altamente simbolica che è la conoscenza, consi-derata sotto il profilo deduttivo. Nel 1948 questa ipotesiera molto in anticipo sui tempi, e ancora oggi rimane unadelle migliori ipotesi per risolvere un fondamentale proble-ma delle scienze cognitive.

Calcolare l'incomputabile

Nel 1935 Turing ideò il dispositivo immaginario noto co-me «macchina di Turing». Esso è composto da una memo-ria illimitata che registra programmi e dati e da una testinadi lettura (o scanner) che si sposta avanti e indietro nellamemoria per leggervi le informazioni, simbolo dopo simbo-lo, e scrivervi ulteriori simboli. Le singole azioni elementarisvolte dalla macchina sono molto semplici, come «identifi-

care il simbolo su cui è posizionata la testina», «scrivere 1»o «spostarsi di una posizione a sinistra». La complessità siottiene concatenando numerose azioni elementari. Nono-stante la sua semplicità, una macchina di Turing è in gradodi eseguire qualsiasi compito che possa essere svolto dai piùpotenti calcolatori odierni. Di fatto, tutti gli elaboratori di-gitali moderni sono, sostanzialmente, macchine di Turing.

L'intento di Turing, nel 1935, era quello di progettareuna macchina estremamente semplice, in grado di svolgerequalsiasi calcolo eseguibile - in base a qualche algoritmo -anche da un matematico umano che potesse contare su ri-sorse illimitate in termini di tempo, energie, carta e matita,oltre che su di una concentrazione perfetta. (Definire «uni-versale» una macchina significa semplicemente asserire cheessa è capace di tutti i calcoli di questo tipo.) Come scrisselo stesso Turing: «Si presume che i calcolatori elettronici sa-ranno in grado di eseguire qualsiasi procedura, basata suregole dell'ingegno, che potrebbe essere effettuata da unesecutore umano operante in maniera comunque rigorosaancorché non intelligente».

Tuttavia, in presenza di dispositivi di calcolo di tale po-tenza, sorge un interrogativo: si possono progettare calcola-tori capaci di conseguire risultati ancor più ambiziosi? La ri-sposta è che questi «ipercalcolatori» si possono descriveresulla carta, ma a tutt'oggi nessuno può dire se sarà possibilecostruirne uno. Questo campo di ricerca sta richiamandol'interesse di un crescente numero di studiosi. Vi è anche chisostiene che lo stesso cervello umano, l'elaboratore più com-plesso che si conosca, è in effetti un ipercalcolatore naturale.

Prima del recente rinnovato interesse per l'ipercalcolo,qualsiasi elaborazione che fosse notoriamente troppo arduaper le macchine di Turing veniva scartata in quanto «in-computabile». Sotto questo profilo, un ipercalcolatore è ap-punto il calcolatore in grado di calcolare l'incomputabile.

Esempi di compiti di questo genere si possono attingerepersino dagli ambiti più astratti della matematica. Dinanzia proposizioni aritmetiche scelte a caso, una macchina diTuring potrebbe dimostrarsi incapace di distinguere fra iteoremi (quali «7 + 5 = 12») e i non-teoremi (quali «ogninumero è la somma di due numeri pari»). Altri problemi in-computabili si possono formulare in geometria. Un insiemedi tasselli quadrati di varie dimensioni con gli spigoli colo-rati permette una «tassellatura del piano» qualora il pianoeuclideo possa essere coperto da copie dei tasselli senza cherimangano dei vuoti o si formino sovrapposizioni, e soddi-sfacendo altresì la condizione in base a cui gli spigoli adia-centi devono risultare sempre dello stesso colore. Di recen-te, i logici William Hanf e Dale Myers dell'Università delleHawaii hanno scoperto un insieme di tasselli che consento-no una tassellatura del piano con configurazioni troppocomplicate per essere calcolate da una macchina di Turing.

Infine, un esempio di problema incomputabile è rappre-sentato dal «problema dell'arresto»: una macchina di Tu-ring, infatti, non è in grado di prevedere se un dato pro-gramma giungerà a termine oppure continuerà l'esecuzioneindefinitamente. Questo stesso principio viene talora for-mulato rilevando che nessun linguaggio di programmazioneper uso generico (Pascal, BASIC, Prolog, C e così via) puòessere corredato di una procedura universale di ricerca deglierrori (debugger), ossia di un dispositivo che cerchi e indivi-dui tutti gli errori di programmazione che potrebbero con-durre a una situazione di stallo in fase d'esecuzione, com-presi gli errori che determinano processi ricorsivi.

Fu proprio Turing il primo a indagare l'idea di macchineche fossero in grado di svolgere compiti matematici troppodifficili per le macchine di Turing. Nella tesi di dottora-to del 1938, che presentò alla Princeton University, Turing

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ESTRATTO DALLA TESI DI TURING

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ILPROGRAMMA

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CONCLUSIONEORACOLO

MEMORIA DELL'ORACOLO CON T=0,00000001101...

100001...001111 1.111111.11. 8 735 439 111~1111111*RAPPRESENTAZIONE BINARIA EQUIVALENTE IN BASE DECIMALE

DEL PROGRAMMA DEL NUMERO BINARIO

Come funzionaun Oracolo

Aan Turing dimostrò l'esistenza diproblemi che la sua macchina

universale (e, per estensione, i più po-tenti computer odierni) non avrebbe-ro mai potuto risolvere. Una macchinadi Turing, per esempio, non è semprein grado di stabilire se un dato pro-gramma giungerà a conclusione delsuo compito o se continuerà a lavora-re indefinitamente. In alcuni casi, tutto quello che il calcola-tore può fare è eseguire il programma e attendere che giun-ga al termine. Nella sua tesi di dottorato (qui sopra) Turingimmaginò una macchina provvista di uno speciale «oraco-lo» che avrebbe potuto svolgere questo e altri compiti «in-computabili». Qui di seguito presentiamo un esempio di co-me possa lavorare, in linea di principio, un oracolo.

Consideriamo una macchina immaginaria che dovrà ri-solvere il «problema dell'arresto» (letteralmente, il problemadel «completamento del programma», qui sopra). Un pro-gramma di elaborazione può essere rappresentato come

una sequenza finita di 1 e di O. Questa stringa di cifre può es-sere immaginata anche come la rappresentazione binaria diun numero intero, allo stesso modo in cui 1011011 è l'equi-valente, in formato binario, di 91. Il compito dell'oracolo puòdunque essere riformulato come segue: dato un intero cherappresenti un programma (per un qualsiasi elaboratoreche possa essere simulato da una macchina di Turing), il ri-sultato sia 1 se il programma giungerà a conclusione, altri-menti sia 0.

L'oracolo è costituito da un dispositivo di misurazioneperfetto e da un magazzino, o memoria, che contiene un va-

lore preciso (che chiameremo T. come Turing) di una certaquantità fisica. (Tale memoria potrebbe assomigliare, peresempio, a un condensatore che immagazzini un ben preci-so quantitativo di elettricità.) Il valore di tè un numero irra-zionale; la sua rappresentazione scritta sarebbe una sequen-za infinita di cifre binarie, quale 0,00000001101...

La proprietà fondamentale del numero T è che le singolecifre rappresentano esattamente quali programmi giunge-ranno a conclusione e quali no. Così, per esempio, se il nu-mero intero che rappresenta un determinato programmafosse 8 735 439, l'oracolo potrebbe ottenere, per misurazio-

ne, la 8 735 439a cifra di T (contando da sinistra a destra do-po la virgola decimale). Se quella cifra fosse 0, l'oracolo giun-gerebbe alla conclusione che il programma continuerà a gi-rare indefinitamente.

Ovviamente, in mancanza di T l'oracolo sarebbe inutilizza-bile, e d'altra parte potrebbe essere impossibile individuarein natura qualche variabile che assuma precisamente questovalore. La ricerca di qualche via percorribile per corredare l'o-racolo di quanto richiesto è tuttora in corso. Se si trovasse unmezzo per farlo, ciò potrebbe avere conseguenze rivoluzio-narie nel campo delle scienze dei calcolatori.

descrisse «una macchina di nuovo tipo», la «macchina O».La macchina O è sostanzialmente una macchina di Tu-

ring corredata da una scatola nera, o «oracolo», vale a direda un dispositivo in grado di elaborare problemi incompu-tabili. Sotto un altro profilo, le «macchine O» somigliano anormali calcolatori. In esse viene immesso un programmacodificato in forma digitale; quando questo viene eseguito,secondo una procedura passo-passo che prevede il reiteratoimpiego di operazioni elementari, a partire dai dati immessila macchina è in grado di produrre un risultato, anch'esso informa digitale; una di queste operazioni elementari consistenel trasmettere i dati all'oracolo e registrarne i responsi.

Turing non fornì alcuna indicazione su come potesse fun-zionare un oracolo. (D'altra parte non aveva neppure maispiegato, nei suoi precedenti lavori, come potessero effet-tuarsi le azioni elementari di una macchina di Turing.) Tut-tavia non è difficile immaginare quali ipotetici meccanismisoddisferebbero le specifiche previste per la scatola nera diuna macchina O (si veda la finestra in queste due pagine).In linea di principio, anche una rete interconnessa di tipo Bpuò calcolare l'incomputabile, purché l'attività dei neuronivenga desincronizzata. (Se il battito di un orologio incorpo-rato nella macchina tiene i neuroni al passo l'uno rispettoall'altro, il funzionamento della rete interconnessa può esse-re simulato con precisione da una macchina di Turing.)

Nell'esoterica teoria matematica dell'ipercalcolo, compiticome quello di distinguere i teoremi aritmetici dai non-teore-mi non vengono più ritenuti incomputabili. In teoria, è addi-rittura possibile scrivere una semplice procedura di ricercadegli errori in grado di stabilire se un programma scritto inlinguaggio C, per esempio, sia o meno destinato a rimanereindefinitamente bloccato in un'iterazione circolare.

Se gli ipercalcolatori si possono costruire (ed è un grosso«se»), le prospettive di risolvere problemi logici e matemati-ci finora considerati intrattabili si amplieranno enormemen-te. Può darsi, in effetti, che la scienza dei calcolatori stia perfare un formidabile passo avanti, paragonabile a quellocompiuto quando, qualche decennio or sono, si riuscì per laprima volta ad assemblare l'elettronica di una vera e pro-

pria macchina di Turing. D'altra parte è anche possibile chela ricerca sugli ipercalcolatori si dissolva in una bolla di sa-pone, se non si troverà un metodo per costruire un oracolo.

Nel frattempo proseguono le indagini per scoprire un fe-nomeno fisico, chimico o biologico in grado di offrire unsupporto adatto per la costruzione di questo dispositivo.Forse la risposta si troverà in molecole complesse o in altrestrutture in grado di essere collegate in configurazioni com-plicate come quelle scoperte da Hanf e Myers. È anche pos-sibile che, secondo l'ipotesi avanzata da Jon Doyle del MIT,in natura esistano sistemi autoequilibranti con spettri ener-getici discreti che si rivelerebbero capaci di risolvere proble-mi incomputabili dopo essere stati bombardati con i datid'ingresso, e di fornire un risultato appropriato.

Al di là dei confini della logica matematica, le macchineO di Turing sono per lo più cadute nell'oblio, e una leggen-da ne ha preso il posto. Secondo una testimonianza apocri-fa, Turing avrebbe dimostrato, sin dalla metà degli annitrenta, l'impossibilità di costruire ipercalcolatori. Si attri-buisce infatti erroneamente a Turing e ad Alonzo Church -che era suo relatore per la tesi di dottorato a Princeton - l'e-nunciazione di un principio in base al quale una macchinadi Turing universale è in grado di simulare con precisione ilcomportamento di una qualsiasi altra macchina in grado dielaborare informazioni. Tale enunciato, impropriamentechiamato tesi di Church-Turing, implica altresì che nessunamacchina possa eseguire un compito di elaborazione al difuori del campo d'azione di una macchina di Turing univer-sale. In verità, Church e Turing avevano solo affermato cheuna macchina di Turing universale può confrontarsi con ilcomportamento di qualunque matematico in carne e ossache esegua calcoli con carta e matita in base a un metodoalgoritmico: un enunciato decisamente più debole, che nonesclude affatto la possibilità di costruire ipercalcolatori.

Finora le innovative tesi di Turing non sono state prese inconsiderazione, neppure da coloro che sono impegnati nel-l'impresa di ideare ipercalcolatori. Gli esperti parlano ormaiabitualmente dell'esecuzione di compiti «oltre il limite diTuring», e fanno riferimento al proprio lavoro come al ten-

tativo di «infrangere la barriera di Turing». Una recenterassegna delle ricerche in questo campo emergente, pubbli-cata dal settimanale «New Scientist», riferisce che le nuovemacchine «si situano al di là delle stesse concezioni di Tu-ring» e sono «calcolatori di un tipo mai immaginato da Tu-ring», come se il genio inglese non avesse già preso in consi-derazione dispositivi del genere più di mezzo secolo fa. Pur-troppo sembra che si stia ripetendo, una volta di più, ciòche era già accaduto alle idee di Turing sul connessionismo.

Gli ultimi anni

All'inizio degli anni cinquanta, Turing si dedicò a unapionieristica esplorazione del campo della vita artificiale.Egli si proponeva di simulare il meccanismo chimico grazieal quale i geni di una cellula uovo fecondata possono deter-minare lo sviluppo della struttura anatomica dell'organi-

B. JACK COPELAND e DIANE PROUDFOOT inse-gnano entrambi presso il Dipartimento di filosofia dell'U-niversità di Canterbury, in Nuova Zelanda, dove sono an-che a capo del «Progetto Turing», un programma di ricer-ca che mira a sviluppare e a mettere in pratica le idee diTuring alla luce delle tecniche moderne. Copeland, inoltre,ha un incarico di visiting professor di scienze dei calcola-tori presso l'Università di Portsmouth, in Gran Bretagna.Di Copeland sono in procinto di essere pubblicati, pressola Oxford University Press, due volumi: Turing's Machinese The Essential Turing; il suo precedente libro, ArtificialIntelligence, ha visto le stampe, nel 1993, per i tipi diBlackwell. Oltre che allo studio logico degli ipercalcolato-ri e alle simulazioni delle reti neurali di tipo B, gli autori sistanno dedicando alla modellizzazione informatica dellacrescita biologica, a cui stava lavorando Turing all'epocadella scomparsa.

smo adulto. Secondo Turing, questa ricerca «non era deltutto scollegata» dai suoi precedenti studi nel campo dellereti neurali, perché «la struttura del cervello.., deve essere

realizzata per mezzo del meccanismo embriologico geneti-co, e la teoria su cui sto lavorando ora potrebbe contribuirea chiarire quali restrizioni ciò implichi effettivamente». Inquel periodo, Turing fu il primo a impegnarsi nell'esplora-zione di sistemi dinamici non lineari con un calcolatore. Lasua teoria impiegava equazioni differenziali non lineari peresprimere la chimica della crescita.

Nel pieno di questa ricerca di avanguardia, Turing morìper un'intossicazione da cianuro, forse ingerito deliberata-mente. L'8 giugno 1954, pochi giorni prima del suo qua-rantaduesimo compleanno, fu trovato privo di vita nellasua stanza. Lasciava un'alta pila di appunti manoscritti e al-cuni programmi per calcolatore. A svariati decenni dallasua scomparsa, questo affascinante materiale attende di es-sere compreso appieno.

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