Risoluzione Dap 2015 Damiano Stufara (Prc)

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Atti Consiliari IX LEGISLATURA Perugia, 4 marzo 2015 Proposta di Risoluzione avente per oggetto: contrarietà all'atto n° 1793 - Documento Annuale di Programmazione 2015; nuovi indirizzi programmatici per la Regione Umbria visto l'atto n° 1793, concernente la Proposta di Documento Annuale di Programmazione della Regione Umbria per l'anno 2015; richiamato l'Articolo 82 del regolamento interno del Consiglio regionale, che nel disciplinare la procedura di approvazione del Documento Annuale di Programmazione prevede la presentazione da parte della 1° Commissione consiliare di una proposta di risoluzione all'Assemblea Legislativa; considerato il grave peggioramento della situazione economica e sociale della nostra Regione determinatosi nel corso del 2014, che non incontra nella Proposta di Documento Annuale di Programmazione adeguati strumenti di contrasto; la 1° Commissione consiliare esprime parere non favorevole all'atto n° 1793 - Documento Annuale di Programmazione 2015; propone l'Assemblea Legislativa di impegnare la Giunta regionale ad una revisione del Documento Annuale di Programmazione sulla base dei seguenti indirizzi; La programmazione dell'azione di governo regionale per il 2015 rappresenta un passaggio dal grande significato politico; una legislatura segnata da straordinarie criticità economiche e da una riarticolazione neocentralistica delle istituzioni volge a conclusione, mentre di qui a pochi mesi verrà scelta dalla popolazione umbra una nuova classe dirigente regionale, che oltre alle problematiche maturate nel corso di questi anni dovrà far fronte a nuove incertezze e emergenze, di cui già oggi sono riconoscibili le prime manifestazioni.

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Perugia, 4 marzo 2015

Proposta di Risoluzione avente per oggetto: contrarietà all'atto n° 1793 -Documento Annuale di Programmazione 2015; nuovi indirizziprogrammatici per la Regione Umbria

visto l'atto n° 1793, concernente la Proposta di Documento Annuale diProgrammazione della Regione Umbria per l'anno 2015;

richiamatol'Articolo 82 del regolamento interno del Consiglio regionale, che nel disciplinarela procedura di approvazione del Documento Annuale di Programmazioneprevede la presentazione da parte della 1° Commissione consiliare di unaproposta di risoluzione all'Assemblea Legislativa;

consideratoil grave peggioramento della situazione economica e sociale della nostraRegione determinatosi nel corso del 2014, che non incontra nella Proposta diDocumento Annuale di Programmazione adeguati strumenti di contrasto;

la 1° Commissione consiliare

esprime parere non favorevole all'atto n° 1793 - Documento Annuale diProgrammazione 2015;

propone l'Assemblea Legislativa di impegnare la Giunta regionale ad unarevisione del Documento Annuale di Programmazione sulla base dei seguentiindirizzi;

La programmazione dell'azione di governo regionale per il 2015 rappresenta unpassaggio dal grande significato politico; una legislatura segnata dastraordinarie criticità economiche e da una riarticolazione neocentralistica delleistituzioni volge a conclusione, mentre di qui a pochi mesi verrà scelta dallapopolazione umbra una nuova classe dirigente regionale, che oltre alleproblematiche maturate nel corso di questi anni dovrà far fronte a nuoveincertezze e emergenze, di cui già oggi sono riconoscibili le primemanifestazioni.

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A tutto questo si aggiunge il concomitante avvio della fase attuativa dellaprogrammazione comunitaria per gli anni 2014-2020, che vedrà assegnati allanostra regione risorse per oltre 1700 milioni di euro (Programma di SviluppoRurale, Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo,Programma Operativo Nazionale, Programma YEI, Fondo di Sviluppo eCoesione), da impiegare per interventi per la crescita, il rilancio del sistemaproduttivo, l'incremento dell'occupazione, la lotta alla povertà e la salvaguardiadella coesione sociale. Il 2015, infine, è anche l'ultimo anno nel quale saràpossibile impiegare le risorse residue della programmazione comunitaria 2007-2013, circostanza questa che conferma la portata strategica, per gli assettieconomici e sociali della nostra regione, delle scelte che tanto il governoregionale quanto la popolazione umbra saranno chiamati ad assumerenell'immediato futuro.In un tale contesto, caratterizzato da così forti elementi di transizione e didiscontinuità, l'individuazione delle possibili azioni di governo regionale non puòprescindere dalla valutazione di quanto messo in atto finora, dalla verifica degliobiettivi prefissati, delle analisi svolte e delle strategie praticate. Unavalutazione che deve necessariamente tener conto anche della gravità delquadro da tempo delineato dalle rilevazioni statistiche nel territorio regionale inmerito alla perdurante recessione economica, alla crescita della disoccupazionee della precarietà, alla contrazione del credito, al calo dei consumi, chetestimoniano un sostanziale fallimento delle azioni prodotte ad ogni livello digoverno del Paese nel fronteggiare gli effetti della crisi.

Nel suo complesso, l'azione di governo nella nostra regione si è rivelata priva diuna strategia organica d'intervento sui fattori di debolezza del sistema socio-produttivo regionale: per anni si è inseguita la prospettiva di un'imminenteripresa economica a cui “agganciare” la crescita dell'Umbria, errata sotto tutti ipunti di vista e produttrice nei fatti di pesanti ritardi nell'azione di sostegno alladomanda interna, il cui drammatico calo è l'espressione diretta del grado disofferenza maturato in questi anni dalle famiglie umbre in termini di perdita direddito, di potere d'acquisto, di qualità della vita; sono mancati provvedimentispecifici sui fattori endogeni di crisi della base produttiva regionale, continuandoad assumere l'export quale unico volano di sviluppo e rinunciando ad azioni perla riqualificazione dei settori a più basso valore aggiunto, dai quali dipendeinvece gran parte dell'occupazione e del reddito prodotto; si è prodottaun'azione riformatrice sempre più avulsa dai principi di democraticità edinclusività, privilegiando interventi di riforma strumentale dell'apparato digoverno del territorio, dettati quasi esclusivamente dalla riduzione delle risorsedisponibili, ad interventi autenticamente programmatori, a tutela della coesioneeconomica, sociale e territoriale.L'approccio minimalista assunto in questi anni nell'azione di contrasto della crisieconomica e di riforma del sistema di governo del territorio, oltre ad essersirivelato inadeguato rispetto all'annunciato obiettivo di produrre una

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“discontinuità intelligente” nella nostra regione, si è dimostrato sempre piùrispondente ad un'ispirazione neoliberista delle istituzioni, concepite come meregaranti del funzionamento dell'economia di mercato e dell'attività dicommittenza nella gestione delle risorse pubbliche. In questo senso, laprogressiva convergenza del governo regionale con le scelte operate a livellocentrale dal Governo nazionale e con le politiche di austerità promosse dallaCommissione Europea, si è tradotta in una sostanziale subalternità politica enell'abbandono dell'idea stessa di un modello regionale di sviluppo, sostituitacon quella di una gestione delle risorse materiali ed immateriali che antepone lasolvibilità del debito pubblico e la valorizzazione del capitale finanziario albenessere della popolazione e alla qualità del territorio.

Nella predisposizione di una proposta programmatica all'altezza delladrammaticità del quadro economico e sociale della nostra regione, occorrepertanto partire dalla realtà determinatasi nel corso di questi anni. L'Umbriaproduce sempre meno ricchezza, e di questa una quota crescente è diretta fuoridella regione o disgiunta dal ciclo produttivo, fattori questi che compromettonoulteriormente la già bassa partecipazione degli umbri al reddito prodotto e cheprecludono la possibilità stessa di una ripresa economica ed occupazionale. Alcontempo, il drenaggio di risorse operato dal Governo nazionale ai danni delsistema delle autonomie locali, la centralizzazione di competenze e funzioni, laristrutturazione in atto degli assetti di governo del territorio, di cui gli esuberinella pubblica amministrazione e la relativa compromissione di serviziessenziali rappresentano la manifestazione più allarmante, determinano unoscenario che prelude alla liquidazione definitiva del regionalismo e di ogniipotesi di programmazione decentrata.

La proposta di modello socio-produttivo centrato sui principi di redistribuzionedella ricchezza prodotta e di rispondenza ai bisogni della popolazione non vainteso in antitesi con le esigenze di specializzazione ed innovazionedell'economia umbra; parimenti, la difesa dell'esperienza regionalista e delsistema delle autonomie locali non può esser travisata per il mantenimentodell'esistente. La questione centrale è appunto l'affermazione di una propostacomplessiva di intervento di natura economica, sociale e politico-istituzionale,che si faccia portatrice di una nuova idea dell'Umbria, rispondente alle esigenzeed alle aspettative della popolazione piuttosto che agli obiettivi di riduzione dellaspesa pubblica. Per questo ogni ipotesi di proposta programmatica devenecessariamente basarsi sul recupero di un rapporto con il Governo nazionalebasato sui principi di autorevolezza e di autonomia dell'ente Regione, a tutelaanche del sistema delle autonomie locali.La sfida della “discontinuità intelligente” per poter essere raccolta sul terrenoeconomico e sociale, deve essere praticata in primo luogo nei confronti delGoverno nazionale, rispetto al quale è necessario dunque aprire una nuovafase di confronto; la Regione Umbria può e deve svolgere un ruolo di

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opposizione al processo di riforma neoliberista in atto, con l'obiettivo di porrefine ai tagli operati in questi anni ai danni degli enti locali, che hanno nel patto distabilità interno il principale fattore di compromissione del sistema pubblico diservizi; può e deve contrastare la restrizione degli spazi di democrazia, chenelle proposte di riforma costituzionale rischia di trovare un'ulteriore, definitivaconvalida; può e deve rivendicare la necessità di politiche d'intervento di respironazionale sulle maggiori aree di crisi presenti nel territorio. Proponiamo pertantodi costruire un fronte comune per un “patto contro il patto di stabilità”,capace di coniugare la rivendicazione delle necessarie garanzie di autonomiafinanziaria con la difesa della democrazia partecipativa, del carattere pubblicodei beni comuni, del primato dell'interesse collettivo su quello privato.

Su queste basi può essere avanzata una piattaforma programmatica in grado diprodurre un modello di sviluppo autonomo e sostenibile nel tempo, capace dioperare un intervento attivo di contrasto della crisi economica, a partire dallemaggiori vertenze industriali del territorio, di finalizzare l'uso delle risorsecomunitarie alla piena e buona occupazione, alla conversione ecologica ed alsostegno alla domanda interna, di definire un sistema di governo del territorioincentrato sul controllo pubblico dei servizi, sulla partecipazione dellapopolazione e sull'uso efficiente e trasparente delle risorse.

1) intervento pubblico sulle crisi industriali

La rilevanza delle evoluzioni che stanno interessando le vertenze dei maggioripoli produttivi presenti nel territorio regionali, come nel caso dell'AST, del Polochimico di Terni e della ex Merloni, rendono ora più che mai urgentel'individuazione di una proposta complessiva da parte della Regione Umbria infunzione della risoluzione delle criticità accumulatesi in questi anni, del rilanciodel sistema produttivo locale e della difesa dei livelli occupazionali, attraversouna nuova stagione di intervento pubblico in economia all'altezza della portataassunta dalla “Vertenza Umbria” in questi anni.Riconoscimento dello stato di crisi complessa per l'area di Terni-Narni,revisione ed attuazione dell'accordo di programma per l'ex Merloni,introduzione di una normativa di contrasto delle delocalizzazioni e delledismissioni produttive sono i punti sui quali delineare un interventocomplessivo di rilancio industriale, basato sulla definizione di programmispecifici di innovazione e diversificazione produttiva, sulla sostenibilitàambientale e la bonifica del territorio, sulla promozione di politiche di distretto edi filiera, anche per mezzo di un intervento diretto delle istituzioni per ridefiniregli assetti societari delle proprietà e assicurare la necessaria governancepubblica degli interventi individuati. In questo senso, nell'ambito della discussione sul rilancio del compartosiderurgico ternano va avanzata, alla luce del rischio di una profondadestrutturazione dell'AST nonostante l'accordo dello scorso 3 dicembre, la

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proposta di acquisizione diretta delle acciaierie da parte dello Stato permezzo del Fondo Strategico Italiano. Al contrario di quanto avvenuto rispettoall'AST, le altre due maggiori vertenze siderurgiche italiane - l’ILVA di Taranto ela Lucchini di Piombino – hanno avuto infatti nell’iniziativa pubblica un fattoredecisivo, benché ancora largamente inadeguato, nella ridefinizione degli assettiproprietari e nell'individuazione di un quadro di risorse certe per gli interventi sulprocesso produttivo e sul risanamento ambientale. Si tratta dunque di colmare ilvuoto determinato dal problematico esito della vertenza, promuovendo unintervento volto a ripristinare un modello di controllo pubblico della maggiorefabbrica dell'Italia centrale, quale primo passo di una più complessiva strategiadi ricollocazione nel settore ai fini della costituzione di un autentico “sistemaItalia” della siderurgia. Il perdurante blocco delle risorse nazionali per il pagamento della cassaintegrazione sta determinando ritardi che minano la coesione sociale, alla lucedell'ampio ricorso nella nostra regione allo strumento degli ammortizzatorisociali e dell'allarmante quota delle sospensioni dal lavoro a zero ore. Si ponepertanto l'esigenza non solo di rafforzare l'azione nei confronti del Governo pergarantire la tempestività degli stanziamenti, ma anche di far propria l'iniziativaespressa in questo senso da altre regioni italiane, anticipando risorse proprieper la copertura della cassa integrazione nelle more dello sblocco deglistanziamenti stessi.

2) piano regionale per il lavoro

La natura strutturale della crisi e il particolare impatto assunto nella nostraregione, dimostratosi sotto molteplici punti di vista maggiore che in altre areedel Paese, pone l'esigenza di una programmazione unitaria delle azioni per lariqualificazione delle produzioni, per l'innovazione d'impresa, per le politiche diformazione e di apprendimento permanente, per la promozione di formeoccupazionali stabili nel tempo. Nel corso di questi anni abbiamo assistito adinterventi da parte della Regione tesi a dividere l'apparato produttivo regionalein due componenti; l'una, votata ad un'economia di esportazione e di altaspecializzazione, su cui si sono concentrate le misure di sostegno, e l'altra, aminore valore aggiunto, di dimensione mediamente inferiore e legata adun'economia di committenza e di subfornitura, concepita come dipendenteesclusivamente da dinamiche macroeconomiche. Su quest'ultimo terreno si èconsumata una quota rilevante della perdita di posti di lavoro di questi anni, chetestimonia appunto la necessità di un intervento sistemico, che tenga uniti tutti ifattori che compongono il tessuto produttivo regionale in una visione d'insieme.Si pone pertanto la necessità di predisporre entro l'anno un Piano regionaleper il lavoro, che si ponga strategicamente l'obiettivo della piena e buonaoccupazione e della conversione ecologica dell'economia, in alternativa ad unmodello basato sulla mera crescita quantitativa e votato esclusivamente allagenerazione di ricchezza in funzione dell'export. Attraverso tale strumento si

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concentreranno le risorse disponibili, tanto di provenienza regionale che dinatura nazionale e comunitaria, dando priorità agli interventi in grado digenerare maggiore occupazione e vincolando maggiormente l'accesso aifinanziamenti pubblici da parte delle imprese alla stabilizzazione dei rapporti dilavoro.Piano per il Lavoro significa operare anche in direzione di una riforma delruolo delle agenzie regionali per lo sviluppo e per l'accesso al credito,superando logiche assistenzialistiche e la frammentazione degli interventi,intervenendo al contempo per una tempestiva definizione di un quadro stabile difunzioni, competenze e risorse per i centri per l'impiego. Un interventoriformatore di ampio respiro, capace di recuperare alle istituzioni pubbliche ilruolo di soggetto economico attivo nella progettazione e nell'attuazione diprogrammi di reinsediamento produttivo ed occupazionale, nella promozionedella partecipazione dei lavoratori e della cittadinanza alla programmazionedello sviluppo regionale, nella verifica dell'effettivo impiego delle risorsepubbliche e dei risultati conseguiti.

3) impiego a fini socio-occupazionali dei beni agro-forestali

Nel settore agricolo è necessaria un'inversione di tendenza rispetto ai processidi abbandono e sottoutilizzo dei terreni, di riduzione delle imprese del settore edei coltivatori diretti, di concentrazione delle proprietà, spesso a fini speculativi.Tali dinamiche rafforzano l'esigenza di contrastare le disposizioni del Governonazionale volte a favorire le alienazioni del patrimonio pubblico di natura agro-forestale, che invece potrebbe essere messo al servizio della popolazione eimpiegato per un rilancio complessivo di un settore che in Umbria,caratterizzata da un territorio prevalentemente rurale, rappresenta un valoresocio-ambientale oltre che economico-produttivo. Entro la presente legislatura èdunque necessario operare per la piena attuazione della Legge Regionale n°3 del 2014 per l'insediamento produttivo ed occupazionale in agricoltura,per l'agricoltura sostenibile e per la semplificazione della lavorazione dipiccoli quantitativi di prodotti agricoli, attraverso la predisposizione el'adozione dei relativi regolamenti attuativi.Le finalità di questa legge incidono direttamente sulle politiche patrimoniali dellaRegione, rispetto alle quali occorre superare le previsioni basate sulla ricezionedella normativa nazionale e procedere alla revoca dei processi di alienazionedei beni agro-forestali suscettibili di impiego produttivo da parte dellapopolazione, anche al fine di salvaguardare e regolamentare le esperienzeagricole sorte a vario titolo in questi anni.A sostegno del potenziale socio-economico insito nella messa a valore dei beniagro—forestali pubblici, all'interno del piano di sviluppo rurale andrà adottatauna misura specifica di sostegno alla creazione di nuove attività economiche inagricoltura da parte di lavoratori svantaggiati, in modo da dare adeguatosostegno alle previsioni della Legge regionale n° 3 del 2014 e di finalizzare

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maggiormente le risorse disponibili ad impieghi funzionali alla crescitaoccupazionale e del reddito agricolo.

4) urbanistica, commercio e artigianato

La crisi che investe il settore del commercio e dell'artigianato nella nostraregione, oltre a scaturire dal drammatico calo dei consumi, si intreccia conpolitiche urbanistiche che hanno favorito processi di concentrazione delleattività, in funzione di pochi, grandi operatori. Il fatto che nel 2014 le vendite aldettaglio a prezzi correnti siano calate solo tra i piccoli esercenti, mentre lagrande distribuzione organizzata ha registrato una crescita, sta a dimostrarel'inadeguatezza non solo delle politiche di sostegno dei centri commercialinaturali, ma anche delle politiche urbanistiche. La recente approvazione delTesto Unico in materia offre l'occasione per promuovere un nuovo approccioalla pianificazione dello sviluppo del territorio, basato sul contrasto del consumodel suolo, sulla prevenzione del dissesto idro-geologico, sulla salvaguardia delpatrimonio socio-ambientale e sulla tutela e la valorizzazione dei centri storiciquali centri commerciali naturali, anche ai fini della promozione del compartoturistico. Occorre inoltre operare direzione del rafforzamento delle filiere e dellaloro riconoscibilità da parte della cittadinanza; in questo senso, proponiamol'introduzione della certificazione etico-solidale dei produttori e degliesercenti, basata sulla commercializzazione di prodotti di filiera regionale, sullasostenibilità ambientale delle attività economiche e sulla qualità dell'impiegodella forza lavoro. Occorre infine riprendere l'iniziativa nei confronti del Governonazionale rispetto alla liberalizzazione di questi anni nel settore del commercio,che ha privato gli enti regionali della possibilità stessa di regolare attivamenteorari di lavoro e aperture nei giorni festivi, con pesanti conseguenze sullecondizioni di lavoro nel settore e sui margini di tenuta dei piccoli negozi divicinato; nei prossimi mesi va pertanto sostenuta un'iniziativa congiunta con lealtre regioni italiane, al fine di conseguire l'abrogazione delle norme sullaliberalizzazione delle aperture degli esercizi commerciali, disposte dal DL n.201 del 2011 (convertito con modificazioni dalla Legge 214 del 2011).

5) politiche di risanamento ambientale e conversione ecologica economia

Il territorio umbro in questi anni si è dimostrato esposto ad una pluralità di fattoridi rischio, a cui non sono esenti le strategie regionali adottate nella presentelegislatura in materia di energia e di gestione del ciclo dei rifiuti. Entro l'anno vapertanto attuata una profonda revisione della normativa regionale sulle fontirinnovabili, ripristinando l'obbligo di approvvigionamento su base localedelle centrali a biomasse e adottando misure incentivanti per l'applicazioneecosostenibile delle fonti termiche rinnovabili, in particolare rispetto allagestione ed al trattamento dei reflui zootecnici in ambito aziendale.

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Una radicale inversione di tendenza va operata rispetto alla gestione del ciclodei rifiuti. La decisione della Giunta regionale e del Consiglio di ricorrere allaproduzione di CSS per la chiusura del ciclo dei rifiuti, oltre a non avere effettosulla riduzione dei fabbisogni di discarica, rischia di determinare nel prossimofuturo il diretto inserimento della nostra regione nella filiera dell'incenerimentodei rifiuti urbani e la sostanziale interdizione di ogni ipotesi di sviluppo delsettore riciclo e del riuso in ambito regionale, impedendo al contempo l'aumentodella raccolta differenziata. Una circostanza aggravata dalla possibilità concretache rifiuti urbani di provenienza extraregionale vengano di qui a breve conferitinegli inceneritori presenti a Terni, territorio fortemente compromesso dallapresenza di contaminanti ambientali e che registra peraltro fortissimi ritardinell'azione di bonifica dell'area individuata come SIN, comprovata dai risultatidel monitoraggio sulla presenza di diossine e pcb nella filiera alimentare.Le integrazioni al Piano regionale di gestione dei rifiuti recentemente approvate,con le quali si è inteso promuovere nel territorio regionale la produzione diCSS, vanno pertanto integralmente sostituite con la promozione delmassimo recupero di materia prima seconda dai rifiuti e l'adozione dellastrategia “Rifiuti Zero”, in funzione del rilancio della raccolta differenziata sututto il territorio regionale, andando oltre l'obiettivo del 65%, e della costituzionedi filiere locali del riciclo e del riuso, secondo l'esempio offerto da numeroserealtà del nostro Paese. Allo stesso tempo, è necessario uno specificointervento sull'area di Terni, incentrato su due azioni: il superamento di ogniforma d'incenerimento dei rifiuti, sia urbani che industriali, in funzione dellatutela della qualità dell'aria e della cessazione di attività estranee ed avverse alcontesto socio-produttivo locale, e l'apertura di una nuova fase di confronto conil Governo nazionale per l'attuazione del programma di bonifica del SIN diTerni-Papigno.È urgente infine l'individuazione di misure specifiche di contrasto delleinfiltrazioni della criminalità organizzata nel settore delle energie rinnovabili edei rifiuti, settori che si dimostrano esser particolarmente favorevoli alradicamento delle attività malavitose ed al riciclaggio dei proventi illeciti. Ladefinizione nel territorio regionale di un protocollo di legalità specifico per isettori dell'energia e dei rifiuti può in questo senso rappresentare lapremessa per l'elaborazione di modello d'intervento che abbandoni unapproccio formalistico, che guarda al governo del territorio e alle procedure diappalto concentrandosi sulla mera riduzione dei costi. L'adozione di un similestrumento si dovrà accompagnare con un'azione che vada dal basso versol’alto nella prevenzione e nel contrasto della corruzione, nell'individuazione deglioperatori dei settori maggiormente a rischio d'infiltrazione, nella trasparenza enel monitoraggio delle procedure di appalto, nella diffusione nel territorio dellacultura della legalità e nella definizione di prassi trasparenti e partecipative nellagestione delle risorse pubbliche.

6) politiche di welfare, reddito sociale e diritto allo studio

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La drammatica riduzione delle risorse disponibili per le politiche di welfare siconfigura ormai come un'autentica emergenza sociale, che rende ormaiindispensabile una specifica azione nei confronti del Governo nazionale per ilripristino delle risorse per la non autosufficienza, per il sostegno al reddito, perla riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico a fini abitativi.È necessaria in particolare una strategia complessiva finalizzata a renderepienamente effettivo il diritto alla casa, assumendo e perseguendo due obiettivistrategici: impedire la perdita dell'abitazione in caso di sfratto per morositàe contrastare la pratica degli affitti a nero. Per questo va superata la logica,spesso clientelare, basata sull'assegnazione di risorse per mezzo di bandi rivoltiprincipalmente al ceto medio, utilizzando invece le risorse disponibili perintervenire sul patrimonio edilizio disponibile e aumentare l'offerta di alloggisociali. Allo stesso tempo, occorre operare un'autentica concentrazione delle risorsedisponibili in ambito comunitario per interventi attivi di lotta alla povertà e dipromozione dell'inclusione sociale, ambiti dove si è registrata in questi anni unaprogressiva dispersione degli interventi, che nel nuovo ciclo di programmazione2014-2020 va invece superata. Funzionale a tale impostazione è lapredisposizione di uno strumento unico di accesso ed erogazione dibenefici per tutti i “poveri” e i “potenziali poveri”, che alla risposta alladomanda dei bisogni unisca un'adeguata analisi delle competenze individuali ela progettazione di interventi di inserimento socio-economico. A questo siunisce, necessariamente, l'introduzione in Umbria del reddito sociale, per ilcontrasto alla povertà e la promozione della cittadinanza sociale, in coerenzaperaltro con le indicazioni della risoluzione del Parlamento europeo del 20ottobre 2010. Al tal fine nell'anno corrente si potrebbero impiegare in viasperimentale le risorse residue del FSE e del FSC del ciclo 2007-2013,prevedendo per i beneficiari la progettazione individuale di programmi diinserimento socio-lavorativo, necessari per qualificare l'uso di tali fondi e perconiugare il sostegno al reddito con l'intervento sulla persona. Lo stato di profonda compromissione del sistema di istruzione pubblica,determinato dalle reiterate riduzioni di risorse statali, pone infine l'esigenza dirafforzare l'iniziativa istituzionale da parte della Regione nei confronti delGoverno, ai fini della stabilizzazione del personale docente precario. Allostesso tempo, occorre operare una revisione organica della normativaregionale in materia di diritto allo studio e di politiche giovanili,accogliendo le sollecitazioni espresse in tal senso dalla popolazionestudentesca, in particolare sui seguenti punti: riqualificazione dell'ediliziascolastica, regolamentazione dello status degli studenti in stage, promozionedell'uso dei libri digitali, integrazione linguistico-culturale, potenziamento delletutele e dei servizi per gli studenti con disabilità, agevolazioni nell'accesso ailuoghi di cultura e aggregazione, contrasto della dispersione scolastica erilancio dell'esperienza del tempo pieno.

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7) politiche per la mobilità

In questi anni gli effetti dei tagli al trasporto pubblico regionale, acuitidall'assenza di interventi compensativi da parte della Regione e dallevicissitudini che hanno determinato il cambio di proprietà della società regionaledei trasporti, hanno portato a forti ricadute negative sul sistema regionale ditrasporto pubblico, reso sempre meno competitivo rispetto alla mobilità privata.Il nuovo Piano Regionale dei Trasporti offre in questo senso la possibilità di unospecifico intervento di promozione dell'intermodalità e del biglietto unicoregionale, quali punti qualificanti dell'articolazione del sistema di trasportopubblico regionale e decisivi per la predisposizione della prossima gara diassegnazione dei servizi.Occorre inoltre esprimere una netta contrarietà al progetto ditrasformazione della E45 in autostrada, in ragione dell'aggravamento delpeso della mobilità pesante nel territorio regionale, dell'assenza di ricadutepositive per l'economia regionale e delle conseguenze per l'ambiente e laqualità della vita della popolazione residente.

8) sanità

Il sistema sanitario regionale, nonostante i riconoscimenti conseguiti in ambitogovernativo, risente delle gravi prospettive di riduzione delle risorse disponibili,che trovano ulteriore conferma nell'ulteriore ciclo di tagli promosso dal Governocon la legge di stabilità. A ciò si aggiunge la mancata attuazione della riformasanitaria, dove si registra la violazione delle previsioni di legge in meritoall'adozione del nuovo Piano sanitario regionale, nonché il ritardo nelprogramma di riqualificazione infrastrutturale della rete ospedaliera, inparticolare rispetto alla realizzazione del nuovo Ospedale di Narni-Amelia e agliinterventi nell'area del Trasimeno-Pievese.In materia di sanità la questione centrale è dunque il rispetto degli impegnipresi; è necessario un nuovo Piano sanitario regionale, come pure l'avviodelle azioni di riqualificazione del sistema ospedaliero nei territori dove siregistrano le maggiori criticità.Ad oltre due anni dalla sua approvazione, la riforma del sistema sanitario inoltreha messo in luce una serie di problematiche rispetto alla gestione delle risorse,concentrata nelle mani di poche figure apicali. Tale concentrazione del poteredecisionale non è affatto funzionale alla riqualificazione della spesa, che invecerappresenta, in un contesto segnato da una drammatica scarsità di risorse, unelemento essenziale nell'azione di governo. Va pertanto recepita la propostadi legge di iniziativa popolare di modifica della riforma sanitaria del 2012,funzionale a dotare i distretti della necessaria autonomia e di risorse certe eprogrammabili nel tempo. Ad integrazione dell'opera di riforma del sistemasanitario si pone inoltre la completa attuazione alla legge per la

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somministrazione di farmaci cannabinoidi, predisponendo i protocolliattuativi per consentire alle Aziende Sanitarie Locali di soddisfare il bisogno dicura espresso dalla popolazione

9) politiche fiscali

La restrizione dei margini operativi finanziari della regione dettata dallacessazione dei trasferimenti statali e dalle disposizioni legate al patto di stabilitàsi inserisce, come detto in precedenza, all'interno di un processo diriarticolazione neocentralistica dell'apparato di governo del territorio, che rischiaprogressivamente di compromettere il ruolo delle Regioni. Il confronto con ilGoverno nazionale dovrà pertanto tornare a basarsi sul contrasto alle politichedi austerità, mettendo esplicitamente all'ordine del giorno dell'azione dellaGiunta regionale la revisione del patto di stabilità e la costituzione di frontelargo delle regioni, degli enti locali e della popolazione contro i tagli alla spesapubblica per le funzioni essenziali per il governo del territorio, a tutela deiprincipi di efficienza, efficacia e sussidiarietà.Va inoltre operata una più forte politica di redistribuzione della ricchezzadall'alto verso il basso attraverso la fiscalità regionale, in particolare rispetto alleaddizionali Irpef, per conseguire un extra-gettito da destinare finanziamento diun fondo anticrisi in favore delle famiglie in condizioni di povertà evulnerabilità sociale.L'esigenza di rivedere la fiscalità regionale si intreccia con il rilancio dell'azioneper il superamento della tassa di bonifica; la Regione Umbria deve farsiinterprete di una proposta di legge nazionale per l'abolizione dei consorzidi bonifica, centri di spesa paralleli e virtualmente incontrollabili da parte deglienti regionali, ai quali dovrebbero invece competere integralmente le funzioni dibonifica e di tutela del territorio, sulla base dei relativi, necessari stanziamenti.Va infine operata una revisione dei canoni ambientali per l'utilizzo delle risorseidriche per la produzione di energia elettrica. Il canone unitario previsto dallanostra regione, pari a poco più di 15 euro/KW, è largamente inferiore a quellamedia delle altre regioni italiane, a fronte peraltro di enormi profitti derivantidalla produzione di energia da impianti idroelettrici. Una valutazione analogavale anche per i canoni di prelievo delle acque minerali e per quelli di estrazionedi materiali da cava, dove la fiscalità regionale si è dimostrata largamenteinsufficiente a fronte sia del prezzo di vendita dei prodotti finali che degli ingentiprofitti realizzati attraverso lo sfruttamento di beni della collettività. Si ponedunque la necessità, a partire dalla prossima legge di bilancio, di uniformare icanoni ambientali della Regione Umbria per il prelievo dai corpi idrici, peri giacimenti di acque minerali e per le attività estrattive alla media dellealtre regioni italiane, destinando le risorse così ricavate ad interventi dicompensazione ambientale e di risanamento del territorio, anche in funzionedella sua valorizzazione turistico-paesaggistica.

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10) riforma endoregionale e pubblico impiego

il processo di riforma endoregionale avviato nel 2011 è andato incontro neglianni successivi a continue modifiche ed aggiornamenti, sulla base non solo digravi e ripetuti interventi legislativi nazionali, ma anche di una oggettivaproblematicità delle previsioni della riforma nel territorio. Ad oggi non si èancora completata la liquidazione delle comunità montane, il cui personale è inattesa a tutt'oggi di un ricollocamento; la mancata costituzione delle unionispeciali dei comuni ha lasciato nell'indeterminatezza le funzioni necessitanti diun coordinamento sovracomunale, anche a causa della riduzione dei compitidegli ATI in vista della loro prossima soppressione; lo stravolgimento dellanatura e del ruolo delle Provincie, la portata degli esuberi del personale diquesti enti, la loro futura cancellazione nell'ambito del processo di riformacostituzionale, completano il quadro di grave incertezza normativa,amministrativa e finanziaria che pesa sulla qualità e l'efficacia dell'azione digoverno del territorio, peraltro in una delicatissima fase della storia della nostraregione. È dunque urgente porre rimedio in tempi brevi, individuando unadeguato equilibrio nell'attribuzione di funzioni e competenze e ricostituendole indispensabili forme di coordinamento di area vasta tra l'azione deglienti comunali e l'azione della regione, attraverso un nuovo patto per leautonomie.Per questo va in primo luogo definito in tempi rapidi, attraverso lapartecipazione dei lavoratori e della cittadinanza alle scelte, un quadro stabiledi ripartizione dei servizi e delle risorse di competenza delle Provincie,della Regione e del sistema della autonomie locali, dal quale dipende lapercorribilità e la sostenibilità delle ipotesi di riordino delle funzioniamministrative regionali, di area vasta, delle forme associative di comunie comunali. A ciò si aggiunge la necessità di un forte intervento in sede diConferenza delle Regioni ai fini del ripristino degli stanziamenti necessari perscongiurare i rischi di dissesto finanziario delle Provincie, nonché per definiretempi e modalità certi per il ricollocamento di tutti i lavoratori e le lavoratrici diquesto ente. La drammaticità delle previsioni delle disposizioni governative per centinaia didipendenti pubblici, come pure le condizioni di lavoro precario e sottopagatoche caratterizzano l'erogazione di molteplici servizi e prestazioni, spessopertinenti il rapporto diretto con la cittadinanza, pongono ulteriormente in risaltoil forte livello di sperequazione tra le figure apicali del comparto amministrativo esanitario e il resto del personale. Secondo rilevazioni statistiche dello stesso Governo nazionale, il costo totaleper lo Stato dei dirigenti pubblici è di 28 miliardi: la sola parte variabile deglistipendi, quella accessoria legata ai premi di risultato, vale un 10/15% deltotale. Tali evidenze rendono pertanto doveroso il blocco, per l'anno 2015,dell'erogazione dei premi per i dirigenti pubblici, in vista di una profondarevisione delle modalità di valutazione e dell’introduzione di criteri di definizione

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degli obiettivi e delle risorse coordinati con la misurazione dell'impatto socio-economico dell'attività amministrativa e delle prestazioni sanitarie nel territorioregionale.Va infine affrontata da subito la questione del futuro del regionalismo nel nostroPaese. L'Umbria è stata nei decenni precedenti interprete di una lunga stagionedi ascesa economica e sociale, costituendo un modello di governo non esenteda contraddizioni, ma nel suo complesso equilibrato e fortemente incentratosulla valorizzazione della coesione del corpo sociale. La lunga fase di riduzionedelle risorse e degli spazi di democrazia, dopo aver contribuito a svuotaredall'interno questa impostazione, sta conoscendo adesso un salto di qualità,diretto esplicitamente a ridefinire non solo il ruolo futuro dell'ente regione nelnuovo assetto istituzionale del Paese, ma a riordinare anche le identitàterritoriali maturate in questi decenni, fondate in gran parte sulla stessa storiadel territorio nazionale. È necessario contrastare ad ogni livello il tentativo del Governo di operare unasostanziale messa in liquidazione dell'esperienza regionalista, che trova la suapiena manifestazione nell'ipotesi delle macroregioni, operando invece perrafforzare il coordinamento e la collaborazione con le regioni limitrofe ecostruire un'alternativa autorevole alla centralizzazione di poteri e funzioni, chesappia coniugare le positività del decentramento con la partecipazione popolarealle scelte.

Damiano Stufara

Presidente Gruppo consiliare PRC