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© Sanitanova Srl. Rischio clinico e responsabilità professionale: le diverse prospettive dell’errore – Modulo 5 1 Rischio clinico e responsabilità professionale: le diverse prospettive dell’errore Autore e responsabile scientifico: Avv. Maria Nefeli Gribaudi Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Fine evento: 31/12/2016; ID evento: 12-163540 Modulo 5 La comunicazione Obiettivi formativi Al termine del modulo formativo, il discente dovrebbe essere in grado di: valutare l’importanza della corretta gestione della comunicazione in ambito sanitario per la prevenzione di errori; comprendere gli ambiti di maggiore criticità e la rilevanza di deficit informativi nei rapporti tra gli operatori e nei rapporti tra medico e paziente; valutare tecniche strutturate di comunicazione (SBAR); comprendere i principali requisiti della documentazione sanitaria; conoscere informazione e requisiti del consenso informato. Sommario Le comunicazioni più soggette alla possibilità di errore sono le prescrizioni di cure e farmaci al paziente fornite verbalmente. Il passaggio di consegne si iscrive nella relazione tra più operatori sanitari e implica un processo di coordinamento e di comunicazione tra i diversi operatori sanitari che partecipano al processo di cura in cui l’operatore/unità operativa uscente trasferisce il ruolo di referente e di responsabile per la cura del paziente e informazioni a quello subentrante. Negli ultimi anni la documentazione sanitaria ha assunto una duplice valenza, l’una di tipo informativo, l’altra di tipo probatorio. Il rapporto tra il medico e il paziente negli ultimi anni ha subito profonde modifiche che hanno segnato il passaggio da una relazione di tipo paternalistico in cui il medico veniva considerato il miglior garante della tutela della salute del paziente e quindi soggetto legittimato a decidere in favore dello stesso, a un rapporto di tipo personalistico, in cui il paziente stesso diviene soggetto attivo di tale relazione. Il concetto di salute non ha oggi una valenza universale ed oggettiva, ma un’accezione intrinsecamente soggettiva e significativamente influenzata dall’età, dalle aspettative, dallo stile di vita e da considerazioni personali di varia natura, aprendo a spazi valutativi e decisionali del paziente insindacabili da parte di terzi. La sottoscrizione del modulo del consenso informato da parte del paziente non è di per sé sintomatico dell’effettiva e corretta acquisizione della volontà del paziente.

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Rischio clinico e responsabilità professionale: le diverse prospettive dell’errore Autore e responsabile scientifico: Avv. Maria Nefeli Gribaudi

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a

fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.

Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività

ECM.

Fine evento: 31/12/2016; ID evento: 12-163540

Modulo 5 La comunicazione

Obiettivi formativi Al termine del modulo formativo, il discente dovrebbe essere in grado di:

valutare l’importanza della corretta gestione della comunicazione in ambito sanitario per la prevenzione di errori;

comprendere gli ambiti di maggiore criticità e la rilevanza di deficit informativi nei rapporti tra gli operatori e nei rapporti tra medico e paziente;

valutare tecniche strutturate di comunicazione (SBAR);

comprendere i principali requisiti della documentazione sanitaria;

conoscere informazione e requisiti del consenso informato.

Sommario Le comunicazioni più soggette alla possibilità di errore sono le prescrizioni di cure e farmaci al paziente fornite verbalmente. Il passaggio di consegne si iscrive nella relazione tra più operatori sanitari e implica un processo di coordinamento e di comunicazione tra i diversi operatori sanitari che partecipano al processo di cura in cui l’operatore/unità operativa uscente trasferisce il ruolo di referente e di responsabile per la cura del paziente e informazioni a quello subentrante. Negli ultimi anni la documentazione sanitaria ha assunto una duplice valenza, l’una di tipo informativo, l’altra di tipo probatorio. Il rapporto tra il medico e il paziente negli ultimi anni ha subito profonde modifiche che hanno segnato il passaggio da una relazione di tipo paternalistico in cui il medico veniva considerato il miglior garante della tutela della salute del paziente e quindi soggetto legittimato a decidere in favore dello stesso, a un rapporto di tipo personalistico, in cui il paziente stesso diviene soggetto attivo di tale relazione. Il concetto di salute non ha oggi una valenza universale ed oggettiva, ma un’accezione intrinsecamente soggettiva e significativamente influenzata dall’età, dalle aspettative, dallo stile di vita e da considerazioni personali di varia natura, aprendo a spazi valutativi e decisionali del paziente insindacabili da parte di terzi. La sottoscrizione del modulo del consenso informato da parte del paziente non è di per sé sintomatico dell’effettiva e corretta acquisizione della volontà del paziente.

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La comunicazione trasparente e onesta degli eventi avversi riveste un ruolo fondamentale per la gestione del rischio clinico, in quanto evita di generare sfiducia nel sistema sanitario. L’aumento del ricorso alla tutela giudiziale è in buona parte causato dal fallimento del rapporto fiduciario tra il medico e il paziente: il rapporto invece di assumere carattere personale, traducendosi in un’alleanza terapeutica diretta alla ricerca del miglior interesse del paziente, spesso si rivela una relazione standardizzata, asettica e conflittuale, che fa sì che il medico venga percepito dal paziente come un antagonista più che come un alleato, complice un difetto di comunicazione che spesso rende l’atto medico non pienamente compreso e condiviso da parte del paziente. Quando si verifica un evento avverso, in particolare modo un evento sentinella, occorre attivare azioni di informazione e sostegno non solo nei confronti del paziente e/o dei suoi familiari, ma anche degli operatori sanitari coinvolti garantendo loro un supporto emotivo, relazionale, professionale attraverso periodi di training e re–training, e coinvolgendoli attivamente in un contesto confidenziale e non colpevolizzante nell’analisi reattiva dell’evento tesa all’individuazione delle cause più profonde e finalizzata all’apprendimento e al miglioramento.

La comunicazione come strumento di clinical governance All’interno di un sistema complesso e multidisciplinare, il corretto trasferimento di informazioni clinico/assistenziali tra operatori con la stessa qualifica e specializzazione nel cambio turno, tra operatori con profili diversi tra un setting e un altro, tra ospedale e cure territoriali o altre strutture sanitarie, tra operatori e paziente rappresentano un momento nevralgico del processo di cura in grado assicurare continuità di cure e ridurre potenziali rischi di errore. La comunicazione ha un ruolo significativo in tutti gli ambiti della promozione della sicurezza per i pazienti e rappresenta un processo che determina efficacia, efficienza e produttività della organizzazione, contribuendo, se non appropriata, completa o trasmessa nei tempi e nei modi più opportuni, all’insorgenza di fattori di rischio. La comunicazione spesso riveste un ruolo centrale nell’eziologia, nell’aggravamento e nel contenimento degli effetti degli errori in medicina, sia nei rapporti con il paziente per garantire l’efficacia dei processi di cura e per promuovere un rapporto di fiducia tra il paziente e l’équipe assistenziale, sia nei rapporti tra i diversi professionisti che prendono in carico il paziente; essa deve essere promossa a livello di sistema ma anche come strumento professionale di ciascun operatore e dirigente. I deficit informativi possono essere influenzati da diversi fattori di differente natura come la cattiva organizzazione a livello aziendale, la mancanza di procedure atte a garantire un efficace passaggio di informazioni, dal clima di lavoro e dal contesto relazionale, dalla mancanza di un’adeguata formazione del personale sanitario. Lo scarso livello di comunicazione può avere un impatto critico su diverse circostanze nel processo assistenziale, tra cui la prescrizione di cure al paziente in forma verbale o telefonica, la comunicazione in forma verbale o telefonica di risultati critici degli esami e le comunicazioni di handover. Le comunicazioni più soggette alla possibilità di errore sono le prescrizioni di cure e farmaci al paziente fornite verbalmente: accenti, dialetti e pronunce diversi possono rendere difficile per il ricevente la comprensione della prescrizione. Ad esempio, i nomi di farmaci e i numeri dal suono simile1, come ad esempio eritromicina invece di azitromicina o quindici invece di undici, possono influenzare l'accuratezza dell'ordine, le condizioni ambientali e il rumore di fondo, interruzioni e nomi di farmaci e terminologia sconosciuti, l’illegibilità della grafia, la trascrizione manuale della prescrizione spesso aumentano il problema. Il Ministero della Salute raccomanda le aziende sanitarie di dotarsi di strumenti e/o modalità prescrittive (ricorrendo anche, se possibile, alle nuove tecnologie informatizzate) per far sì che tutte le prescrizioni siano chiaramente leggibili e non diano adito a confusione. Le prescrizioni verbali o telefoniche vanno

1 Vd. Raccomandazione ministeriale n. 12, Raccomandazione per la prevenzione di errori in terapia con farmaci “Look - Alike/Sound – Alike (LASA)”; disponibile al link: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1307_ulterioriallegati_ulterioreallegato_0_alleg.pdf

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evitate e, laddove presenti, devono essere limitate solamente a circostanze particolari e in ogni caso verificate immediatamente (ad esempio, facendo ripetere l’operatore) e subito riportate in cartella clinica2. Anche la refertazione dei risultati critici degli esami diagnostici (test diagnostici, esami di laboratorio, esami radiologici, esami di medicina nucleare, risonanza magnetica..) rappresenta una tematica significativa per la sicurezza del paziente: i risultati che si collocano significativamente al di fuori del normale intervallo di riferimento possono essere forieri di una condizione ad alto rischio o di imminente pericolo di vita per il paziente per cui occorre provvedere a un sistema formale di refertazione che identifica chiaramente le modalità e i tempi di comunicazione dei risultati critici degli esami diagnostici ai professionisti sanitari e le modalità di documentazione dell'avvenuta comunicazione, riducendo i rischi del paziente. Le pratiche sicure per le comunicazioni verbali includono la limitazione della comunicazione verbale di prescrizioni di terapia o farmaci alle sole situazioni di urgenza in cui non sia possibile una comunicazione scritta o elettronica immediata; ad esempio, le prescrizioni verbali possono essere rifiutate quando il medico prescrittore è presente e la cartella clinica del paziente è disponibile. Sotto tale profilo l’organizzazione ospedaliera deve attivarsi per lo sviluppo di linee guida per la richiesta e la ricezione degli esiti degli esami in caso di emergenza o di necessità istantanea, l'identificazione e la definizione degli esami e dei valori critici, dei soggetti che comunicano i risultati critici degli esami e i destinatari di tali informazioni, nonché il monitoraggio della conformità, per evitare il verificarsi di errori che possono determinare un grave danno per il paziente. Anche gli interventi chirurgici su paziente sbagliato, con procedura sbagliata o nella parte del corpo sbagliata3 sono errori particolarmente comuni negli ospedali e sono conseguenza di una comunicazione inefficace o inadeguata tra i membri del team operatorio, del non coinvolgimento del paziente nella marcatura del sito chirurgico e della mancanza di procedure per la verifica del sito chirurgico. Inoltre, spesso intervengono altri fattori favorenti, quali l'inadeguatezza della valutazione del paziente, l'inadeguatezza della verifica della cartella clinica, una cultura refrattaria alla comunicazione aperta tra i membri del team operatorio (a volte dovute a dinamiche relazionali ascrivibili a una diversa posizione gerarchica degli operatori) o problemi dovuti all'illeggibilità della scrittura manuale e l'utilizzo di sigle e abbreviazioni. Tali errori possono essere prevenuti attraverso la messa in atto di alcune procedure che predispongano verifiche preoparatorie, ad esempio attraverso l’analisi clinica e degli esami strumentali, l’utilizzo di check list e di apposite voci, la marcatura del sito chirurgico, controlli immediatamente prima l’incisione chirurgica. Le cartelle cliniche sono una fonte primaria di informazioni sul processo assistenziale e sui progressi del paziente e sono quindi uno strumento di comunicazione essenziale in grado di veicolare le informazioni rilevanti tra più soggetti professionali, anche con diverse specializzazioni e che intervengono in tempi successivi; sotto il profilo giuridico assumono un ruolo centrale ai fini della prova da parte del medico in ordine al corretto adempimento degli obblighi di informazione nei confronti dei colleghi e più in generale della corretta esecuzione della prestazione medica. Il foglio unico di terapia è invece il documento che attesta l’attività clinica (medica e infermieristica) di gestione della terapia farmacologica e costituisce parte integrante della documentazione sanitaria e congloba e trasferisce le informazioni prescrittive del medico (prescrizione, sospensione e variazione della terapia) e quelle inerenti la somministrazione o la consegna di medicinali al paziente. Alcune rilevanti criticità relative alla comunicazione possono verificarsi anche nel rapporto tra il medico e il paziente, all’interno del quale una corretta gestione delle informazioni relative ai rischi e ai benefici in concreto attendibili dal trattamento sanitario permette principalmente l’instaurarsi di una relazione di

2 Rif. A Raccomandazione ministeriale n. 7, Raccomandazione per la prevenzione della morte, coma o grave danno

derivati da errori in terapia farmacologica in cui il Ministero della Salute prevede una serie di azioni che le aziende sanitaria devono adottare per prevenire errori legati alla terapia farmacologica. Disponibile al link: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_675_allegato.pdf

3 Vd. Raccomandazione ministeriale n. 3 Raccomandazione per la corretta identificazione del pazienti, del sito

chirurgico e della procedura; disponibile al link: http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_pubblicazioni_587_allegato.pdf

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natura personalistica e fiduciaria all’interno della quale il trattamento sanitario diviene espressione di una scelta consapevole e condivisa. La comunicazione deve quindi orientare il rapporto tra il medico e il paziente e deve avere carattere di reciprocità: non è solo il medico a dover informare ma è anche il paziente (o per lui i suoi familiari) a dover correttamente informare il medico sulla sua storia clinica e/o sull’assunzione di eventuali farmaci, allergie, dando al medico ogni informazione utile per consentirgli di effettuare una corretta e puntuale anamnesi, una ricognizione terapeutica, evitare la somministrazione di farmaci rispetto ai quali il paziente ha avuto reazioni allergiche e più in generale al fine di garantire una maggior sicurezza delle cure.

Il passaggio di consegne (Handover) Il passaggio di consegne è definibile come il trasferimento di responsabilità e del ruolo di referente da un professionista o da una equipe medica all’altra su base temporanea o permanente per alcuni aspetti o per l’interezza della cura di un paziente o di un gruppo di pazienti, da una fase a un’altra del percorso di cura4. Il passaggio di consegne si iscrive nella relazione tra più operatori sanitari e implica un processo di coordinamento e di comunicazione tra i diversi operatori sanitari che partecipano al processo di cura in cui l’operatore/unità operativa uscente trasferisce il ruolo di referente e di responsabile per la cura del paziente e informazioni a quello subentrante. A tal fine le strutture devono impegnarsi a prevedere un set minimo di informazioni cliniche e assistenziali condivise fra chi invia e chi accoglie il paziente, che permetta una comunicazione scritta e/o verbale sintetica, esaustiva e immediatamente interpretabile volta a garantire la sicurezza del paziente attraverso l’impiego di uno schema comunicativo strutturato e condiviso dagli operatori tale da garantire la raccolta e la continuità informativa dei dati noti e rilevanti per il percorso di cura. L’impiego di più modalità comunicative diversificate (scritta e verbale/faccia a faccia) è in grado di garantire la ridondanza del messaggio e una maggiore efficacia nella sua trasmissione. Le difficoltà e le complessità di comunicazione tra gli operatori sanitari sono dovuti a molteplici ed eterogenei fattori, quali la complessità e la dinamicità del sistema sanitario, i bisogni degli assistiti, che spesso si manifestano inaspettatamente e richiedono quindi scambi informativi non programmati tra sanitari e spesso in situazioni urgenza, numerosità dei sanitari anche con differenti specializzazioni che intervengono nel processo di cura del paziente, anche nell'arco di una stessa giornata, talvolta in luoghi diversi, con conseguenti limiti nella possibilità di interazioni “face to face”, tensioni relazionali o stato eteronomico nel rapporto gerarchico che rendono difficili la comunicazione. A ciò si aggiungono i diversi stili di comunicazione e le diversità nella terminologia impiegata, i differenti modelli di valutazione e la non univocità interpretativa, elementi che inducono ad relazionarsi con stili di comunicazione sostanzialmente diversi, generando incomprensioni e fraintendimenti, non facilitando né il confronto né una collaborazione aperta tra professionisti e rendendo i processi comunicativi poco efficaci. Strumenti comunicativi come lo SBAR (Situation, Background, Assessment and Recommendation) aiutano gli operatori a focalizzare la comunicazione per aumentare l’efficacia nel trasferire informazioni relative al paziente nei rapporti infermiere-paziente, medico-medico, infermiere-medico quando avviene il cambio turno, il passaggio di consegne, in condizioni di emergenza e quando si verifica deterioramento/variazione delle condizioni del paziente, nel briefing multidisciplinare prima di intervento chirurgico/procedura ad alto rischio. L’impiego di uno strumento comunicativo standardizzato aiuta a organizzare la comunicazione e a focalizzare sugli aspetti critici e, se condiviso, permette la costruzione di un terreno comune per il trasferimento di informazioni rilevanti supportando il processo di sintesi. Inoltre devono essere presenti elementi di verifica della avvenuta comunicazione, attraverso segno di spunta dell’avvenuta trasmissione verbale e, qualora il paziente sia trasferito in altra unità operativa, segno di spunta dell’avvenuta comunicazione al paziente del trasferimento in altro setting.

4 Wong MC, Yee KC, Turner P. Clinical Handover Literature Review. eHealth Services Research Group University of

Tasmania, Australia.2008. disponibile online: http://www.safetyandquality.gov.au/wp-content/uploads/2008/01/Clinical-Handover-Literature-Review-for-release.pdf; ultimo accesso: 27/07/2016

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Il passaggio di consegne tra i professionisti implica il trasferimento della responsabilità dall’operatore uscente/unità operativa a quello/a entrante per cui è necessario garantire la tracciabilità delle informazioni.

Il metodo SBAR L’acronimo SBAR fa riferimento a:

S (Situation): identificazione del paziente, rapido inquadramento della situazione;

B(Background): diagnosi , anamnesi significativa, allergie, risultati di laboratorio e di altri interventi diagnostici;

A (Assesment): segni vitali, valutazioni cliniche, preoccupazioni con dati oggettivi a supporto;

R (Raccomendation): specificare richieste, formulare suggerimenti chiarendo i tempi e le modalità di attuazione.

La figura 1 riporta un esempio di report SBAR applicato a situazioni critiche.

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La documentazione sanitaria Negli ultimi anni la documentazione sanitaria ha assunto una duplice valenza, l’una di tipo informativo, quale veicolo di trasmissione a più professionisti a vario titolo coinvolti nell’assistenza del paziente di dati personali e clinici del paziente o come promemoria a uso del singolo della attività svolta, al fine di garantire continuità delle cure, l’altra di tipo probatorio quale atto attraverso il quale dimostrare l’attività professionale svolta, le modalità e i tempi, attraverso la registrazione di informazioni sufficienti a supportare la diagnosi, a giustificare le cure e il trattamento e a documentare il decorso e i risultati del trattamento. La corretta pianificazione e il corretto utilizzo della documentazione sanitaria rappresentano uno degli strumenti fondamentali per la gestione del rischio clinico: a tal fine è particolarmente rilevante la predisposizione di un’adeguata documentazione sanitaria delle prestazioni effettuate durante il ricovero, ma anche in regime ambulatoriale, garantendone l’accesso a tutti i professionisti che partecipano al processo di cura, ad esempio attraverso l’utilizzo di codici diagnosi standardizzati, procedure codificate, simboli, definizioni dichiarate e condivise, definizione delle informazioni e dei dati specifici che devono essere registrati nella documentazione sanitaria. La qualità e la completezza delle informazioni facilita l’integrazione operativa tra più professionisti, garantisce la tracciabilità delle attività svolte e la continuità assistenziale. L’ospedale deve pianificare e progettare i processi per la gestione delle informazioni idonei a soddisfare i fabbisogni informativi interni ed esterni, tenendo conto della mission dell'ospedale, dei servizi erogati, delle risorse, dell'accesso a tecnologie economicamente compatibili e garantendo il supporto dell'efficacia delle comunicazioni tra gli operatori sanitari. I processi informativi devono essere garantiti a livello globale e comprendere tutti i reparti e i servizi dell'ospedale. Le informazioni contenute nella documentazione sanitaria devono essere trattate nel rispetto della privacy e della riservatezza come garantite dalla normativa, graduando il grado di riservatezza da accordare alle diverse categorie di informazioni (es. dati personali e dati sensibili). All’interno della documentazione sanitaria deve essere attribuito particolare rilievo alla cartella clinica per il paziente ricoverato ma anche alla documentazione sanitaria redatta in riferimento ai pazienti in regime ambulatoriale, altrettanto importante nel registrare le azioni e gli eventi verificatisi durante il percorso assistenziale e a garantire la continuità assistenziale. In particolare la documentazione sanitaria deve consentire l’identificazione del paziente, del singolo episodio di cura e della struttura che eroga la prestazione, la data e se necessario l’ora in cui viene erogata e la documentazione deve recare un proprio numero d’identificazione univoco. Al termine del singolo episodio ambulatoriale o dell’iter diagnostico/ciclo di cura deve essere redatta una documentazione/referto contenente la denominazione della prestazione erogata, l’identificazione del richiedente e la sua affiliazione, data la e ora della richiesta, il quesito diagnostico o motivazione della richiesta, la sintesi anamnestica eventualmente strutturata in anamnesi familiare, anamnesi remota e prossima, gli esami obiettivi, la sintesi dei problemi aperti e la valutazione del dolore ex legge 38/10, la prestazione eseguita e le relative modalità (es. utilizzo di eventuali farmaci), le eventuali complicanze intercorse e il relativo trattamento, l’eventuale prelievo di materiale biologico, la formulazione dell’esito/parere, le conclusioni diagnostiche e gli eventuali suggerimenti, se possibile il grado di affidabilità dell’esame, l’identificazione di eventuali collaboratori in caso di prestazioni particolarmente complesse, l’identità e la firma del refertante5. Quando la prestazione non si esaurisca in un unico contatto e occorrano visite periodiche le valutazioni devono essere aggiornate. Tale documentazione è fondamentale per garantire continuità delle cure, facilitare l’integrazione operativa tra più professionisti e strutture, documentare l’attività svolta anche ai fini medico-legali, evitare il verificarsi di eventi avversi.

5 Manuale della documentazione sanitaria, Regione Lombardia, 2013.

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La revisione delle cartelle cliniche La regolare revisione del contenuto e della completezza delle cartelle cliniche basata su un campione rappresentativo delle cartelle dei pazienti tuttora in cura e di quelli dimessi volta a valutare la leggibilità, la completezza, la tempestività e la conformità in base alla legislazione e alle normative, rappresenta uno strumento di gestione del rischio e di miglioramento della qualità delle cure, in grado di ridurre la possibilità di errori e di aumentare l’integrazione fra i diversi setting assistenziali6. La Regione Lombardia ha proposto 26 requisiti minimi di valutazione della completezza e leggibilità della documentazione riguardanti le sezioni rilevanti della cartella clinica (vedi Tabella 1). Requisiti minimi per la verifica delle cartelle cliniche proposti da Regione Lombardia7

N° Requisito Quando è applicabile?

01 La cartella clinica è disponibile per la consultazione?

Sempre

02 La SDO è firmata dal medico responsabile (anche sigla)?

Sempre

3 Il motivo del ricovero è indicato? (nel foglio di ricovero o nel diario medico in 1^ g. o nella documentazione di valutazione all’ingresso).

Sempre

04 L’anamnesi patologica prossima è presente? Sempre

05 L’anamnesi patologica prossima è leggibile (cioè: è scritta con grafia leggibile)?

Sempre

06 L’esame obiettivo all’ingresso è firmato (anche sigla)?

Sempre

07 L’esame obiettivo all’ingresso è datato? Sempre

08 L’esame obiettivo all’ingresso è leggibile? Sempre

09 L’esame obiettivo all’ingresso comprende almeno apparato respiratorio + cardiocircolatorio + sede del problema?

Sempre

10 Il diario medico è presente? Sempre

11 Il diario presenta annotazioni in tutte le giornate di degenza?

Sempre

12 Le annotazioni riportate in diario medico sono firmate/siglate?

Sempre

13 Il diario infermieristico è presente/allegato? Sempre

14 Il diario presenta annotazioni in tutte le giornate di degenza?

Sempre

15 Le annotazioni riportate nel diario infermieristico sono firmate/siglate?

Sempre

16 Nel consenso informato all’intervento chirurgico è presente sia la firma del paziente che quella del medico?

Quando eseguita almeno 1 procedura chirurgica

17 Nel consenso informato all’intervento chirurgico è presente la data di compilazione?

Quando eseguita almeno 1 procedura chirurgica

18 La documentazione/cartella anestesiologica è presente/allegata?

In caso di procedura chirurgica effettuata in anestesia generale o locoregionale

19 Nella documentazione/cartella anestesiologica è documentato il monitoraggio intraoperatorio?

In caso di procedura chirurgica effettuata in anestesia generale o locoregionale

20 Nel referto operatorio è identificabile il primo Quando eseguita almeno 1 procedura chirurgica

6 JCI, Standard Joint Commission International per l’accreditamento degli ospedali , 2014, Standard MO1.12; Manuale

della Cartella clinica, Regione Lombardia, 2007. 7 Manuale della cartella clinica, Regione Lombardia, 2007, p.67

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operatore (il nome deve essere leggibile)?

21 Nel referto operatorio è presente la data dell’intervento?

Quando eseguita almeno 1 procedura chirurgica

22 Nel referto operatorio è identificabile l’intervento eseguito?

Quando eseguita almeno 1 procedura chirurgica

23 È presente la lettera di dimissione? Sempre

24 Nella lettera di dimissione è presente la data di stesura?

Sempre

25 Nella lettera di dimissione è identificabile il medico redattore (leggibile)?

Sempre

26 Nella lettera di dimissione è presente una sintesi descrittiva del decorso clinico?

Sempre

La cartella clinica: funzione, natura, requisiti La cartella clinica è un documento complesso, progressivo e doveroso all’interno del quale vengono raccolti tutti i dati personali e clinici del paziente ricoverato presso strutture sanitarie pubbliche o private e composto da documenti eterogenei: ne sono parte integrante, quando presenti, il foglio della terapia farmacologica, il foglio delle prescrizioni non farmacologiche, i referti, le consulenze, il registro operatorio, le informative e le dichiarazioni di volontà del paziente (consenso informato), il diario clinico e, più in generale, i documenti correlati con le attività cliniche, assistenziali e riabilitative che possono caratterizzare le fasi di un ricovero (pre-ricovero, ingresso in ospedale, degenza, trasferimento interno, dimissione, post dimissione). La SDO è una componente obbligatoria della cartella clinica. La cartella clinica assolve molteplici funzioni così sintetizzabili:

svolge una funzione informativa sulla situazione clinica del paziente perché consente di attingere le indicazioni relative alla continuità terapeutica nei diversi momenti assistenziali prestati al paziente e di veicolare le informazioni tra le diverse professionalità coinvolte nella prestazione sanitaria;

rappresenta uno strumento essenziale, con valore privilegiato, per valutare a posteriori la qualità della prestazione sanitaria che assume un particolare rilievo ai fini delle valutazione medico-legale per ricostruire gli eventi giuridicamente rilevanti ai fini della responsabilità civile e penale;

consente la tracciabilità delle azioni svolte, le modalità e la cronologia individuando le relative responsabilità;

costituisce una fonte informativa per le ricerche clinico-scientifiche, per la formazione degli operatori, per studi valutativi dell’attività assistenziali, per esigenze amministrative e gestionali.

La cartella clinica rappresenta quindi lo strumento informativo privilegiato in grado di veicolare le informazioni rilevanti tra più soggetti professionali, anche con diverse specializzazioni e che intervengono in tempi successivi; sotto il profilo giuridico assume invece un ruolo centrale ai fini della prova da parte del medico sulla corretta esecuzione della prestazione medica: ogni operatore sanitario che interviene nella cura del paziente inserisce nella cartella le annotazioni relative all’attività compiuta indicando data, ora/minuti, l’identità con denominazione chiaramente leggibile (anche mediante timbro), firma o sigla o comunque con altri strumenti idonei a garantirne la certa individuazione. L’organizzazione deve pianificare e progettare i processi per la gestione delle informazioni atti a soddisfare i fabbisogni informativi interni ed esterni e a garantirne la disponibilità della cartella clinica al personale sanitario al fine di facilitare la comunicazione delle informazioni essenziali; l’ospedale deve definire il contenuto, il formato e la posizione delle annotazioni delle cartelle cliniche e i soggetti autorizzati a fare annotazioni in cartella clinica. La cartella clinica riveste un ruolo particolarmente importante nel registrare il percorso di accertamento seguito, dall’ipotesi diagnostica ai vari passaggi dell’iter clinico-assistenziale che devono essere in corrispondenza del loro verificarsi contestualmente annotati in cartella clinica; al momento della dimissione del paziente deve cessare la compilazione del diario clinico medico e di tutte le parti della

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cartella che registrano i fatti accaduti durante il ricovero della persona assistita. La chiusura della cartella clinica è effettuata nel più breve tempo possibile dopo la dimissione della persona assistita, compatibilmente col tempo necessario per raccogliere i referti di esami effettuati nel corso del ricovero, ma non ancora pervenuti al momento della dimissione e per la compilazione della SDO.

Secondo la più recente giurisprudenza, le conseguenze derivanti dall’impossibilità per incompletezza della cartella clinica di trarre da essa elementi di valutazione utili ad accertare un’eventuale colpa del medico ovvero le cause di un evento lesivo occorso al paziente non possono ricadere in pregiudizio del paziente ma devono gravare sul professionista non diligente nella redazione documentale e operano come presunzione di colpa o della sussistenza del nesso eziologico in riferimento alla quale il medico potrà offrire la prova contraria (ad esempio, nel caso di omessa indicazione in cartella sarà il medico, per andare esente da responsabilità, a dover provare di avere effettivamente compiuto l'operazione non annotata nella cartella clinica). In riferimento alla redazione della cartella clinica della struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata con il SSN, il medico esercitata un potere certificativo amministrativo in virtù del quale assume veste di pubblico ufficiale e la cartella clinica assume natura di atto pubblico munito di fede privilegiata (fino a querela di falso) per quanto attiene le trascrizioni delle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, restando, invece, non coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa espresse. I requisiti a cui deve conformarsi il contenuto dei documenti della cartella clinica sono:

tracciabilità;

chiarezza;

accuratezza e appropriatezza;

veridicità;

attualità;

pertinenza;

completezza.

Tracciabilità = consente di ricostruire a distanza di tempo la cronologia e le modalità delle azioni eseguite identificatone gli autori; tale requisito ha particolare rilevanza sotto il profilo giuridico ai fini dell’individuazione delle relative responsabilità e in particolare della colpa, del nesso causale e degli autori. Chiarezza = è il requisito che fa riferimento ai parametri grafici (in caso di cartella clinica cartacea) e contenutistici. Il testo deve essere facilmente leggibile e non dare adito a incertezze: nel caso vengano utilizzate abbreviazioni, sigle, codici devono essere standardizzati e condivisi e devono essere offerti i parametri per la comprensione del relativo significato. Accuratezza e appropriatezza = devono essere annotati attraverso l’utilizzo di un linguaggio tecnico professionale tutti i passaggi relativi al percorso clinico-assistenziale, compresa l’ipotesi diagnostica. Veridicità = il contenuto di quanto indicato in cartella deve essere veritiero, specie per quanto riguarda gli atti avvenuti in presenza o da parte del medico, che assume in riferimento agli stessi veste di pubblico ufficiale che esercita un potere certificativo amministrativo. I dati ivi contenuti assumono un particolare valore probatorio. Attualità e definitività = le attività compiute e gli eventi verificatosi devono essere registrati contestualmente al loro compimento/verificarsi; in relazione a ogni singola annotazione la cartella clinica esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata, trattandosi di atto avente funzione di “diario” della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui

annotazione deve avvenire contestualmente al loro verificarsi. Pertinenza = i dati riportati nella cartella clinica devono essere pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per cui sono raccolti o trattati. L’ autorizzazione del Garante privacy 2/2007 precisa che i dati che anche a seguito di verifiche risultano eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati, salvo che per l’eventuale conservazione, a norma di legge, dell’atto o del documento che li contiene.

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Completezza = la cartella clinica deve essere completa di tutte le sezioni e i documenti costitutivi correlati alle attività cliniche, assistenziali e riabilitative che possono caratterizzare la fasi del ricovero (documentazione anestesiologica, diario clinico, scheda di valutazione del dolore ex L. 38/10, foglio unico di terapia farmacologica, prescrizione e richiesta di trattamenti, referti, informative e consenso informati, documentazione relativa norme specifiche es. trasfusione)

Informazione e consenso informato Il rapporto tra il medico e il paziente negli ultimi anni ha subito profonde modifiche che hanno segnato il passaggio da una relazione di tipo paternalistico in cui il medico, in ragione della sua competenza tecnica, veniva considerato il miglior garante della tutela della salute del paziente e quindi soggetto legittimato a decidere in favore dello stesso, a un rapporto di tipo personalistico in cui il paziente stesso diviene soggetto attivo di tale relazione: ciò implica che non solo ogni atto sanitario compiuto sulla sua persona deve essere da lui espressamente autorizzato, ma anche che il centro decisionale si sposta verso il paziente il quale da un lato è titolare del diritto di scegliere se, a quale e quando sottoporsi al trattamento medico, dall’altro ha il diritto, a determinate condizioni, di rifiutarlo o di interromperlo in qualunque tempo. Tale cambiamento s’inscrive all’interno di un percorso culturale, giurisprudenziale e normativo di valorizzazione della persona nella sua interezza, considerata non solo nella sua integrità psico-fisica, ma comprensiva di aspetti relazionali, esistenziali e decisionali in cui vengono in rilievo considerazioni di carattere soggettivo, anche di natura etica, morale, filosofica e religiosa, dando vita a una nozione di salute che non si identifica con la mera assenza di malattia, ma con un più generale benessere psico-fisico della persona (definizione accolta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). Ne deriva che il concetto di salute non ha oggi una valenza universale ed oggettiva, ma un’accezione intrinsecamente soggettiva e significativamente influenzata dall’età, dalle aspettative, dallo stile di vita e da considerazioni personali di varia natura, aprendo a spazi valutativi e decisionali del paziente insindacabili da parte di terzi. All’interno di questo contesto devono essere considerati il consenso (e il rifiuto) informato, quale sintesi del diritto libertà di autodeterminazione del paziente e del diritto alla salute, così inteso. Per garantire l’attuazione del diritto alla libertà di autodeterminazione del paziente sono posti in capo al medico obblighi informativi volti a consentire di attenuare la naturale asimmetria informativa che caratterizza il rapporto con il paziente, consentendo a quest’ultimo di scegliere se sottoporsi al trattamento sanitario, quando farlo e, in presenza di tecniche alternative, a quale sottoporsi: solo una effettiva conoscenza della natura dell’intervento sanitario, dei rischi ad esso correlati, delle complicanze e dei suoi possibili esiti e di eventuali tecniche alternative disponibili, consente al paziente di compiere una scelta consapevole. L’informazione non deve tuttavia essere un momento statico e standardizzato, strumentale alla mera acquisizione del consenso informato, ma deve consistere in un processo diacronico e dialogico che deve accompagnare l’intero rapporto di cura e porsi a fondamento del rapporto tra il medico e il paziente. La comunicazione deve quindi orientare il rapporto tra il medico e il paziente, ma non può essere meramente unilaterale ma deve avere carattere di reciprocità: non è solo il medico a dover informare ma è anche il paziente (o per lui i suoi familiari) a dover correttamente informare il medico sulla sua storia clinica e sulla assunzione di eventuali farmaci, consentendogli di effettuare una corretta e puntuale anamnesi, rilevare la presenza di eventuali allergie o fattori di rischio e stabilire la ricognizione terapeutica al fine di garantire una maggior sicurezza delle cure. È tuttavia un precipuo compito del medico quello di sollecitare il paziente a fornirgli tutte le informazioni per garantire l’efficacia delle cure e per permettergli una corretta diagnosi, formulando apposite domande idonee a selezionare le informazioni che gli sono utili (ad esempio quali famaci assume, eventuali allergie conosciute, la familiarità ad alcune patologie, ecc.). Nel nostro ordinamento il contenuto dell’informazione che il medico deve rendere al paziente è stato progressivamente definito da parte della giurisprudenza (salvo specifiche ipotesi in cui il contenuto degli obblighi informativi su determinate attività è stabilito dalla legge, come ad esempio in materia di procreazione medicalmente assistita) in modo proporzionale rispetto al grado di rischiosità del trattamento

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a cui il paziente deve sottoporsi e alle alternative terapeutiche disponibili, dando spazio a ipotesi di responsabilità del medico quando non siano fornite al paziente le informazioni necessarie per determinarsi consapevolmente in ordine al trattamento medico. In particolare, l’informazione deve riguardare:

la/le diagnosi;

il/i referto;

la prognosi, prospettandone le ragionevoli evoluzioni e conseguenze in riferimento al tempo in cui il paziente si sottopone al trattamento terapeutico ovvero in tempi ristretti, in tempi successivi, o in tempi dilazionati o in relazione all’ipotesi in cui decida di non sottoporsi al trattamento;

la natura dell’intervento, gli effetti verosimili, i benefici, i rischi e le complicanze prevedibili e le modalità con cui verrà eseguito, e i cosiddetti rischi specifici connessi a determinate scelte terapeutiche e a singole fasi dotate di una propria autonomia, come ad esempio la fase dell’anestesia;

i rischi e gli effetti connessi a una determinata terapia, anche farmacologica;

le eventuali alternative terapeutiche (ad esempio chirurgica, medica, farmacologica, psicologica) e i vantaggi e i rischi propri di ciascuna;

i tempi di degenza, il decorso post-operatorio e i suoi tempi, le cure e terapie successive all’intervento e la loro incidenza sulle abitudini e sulla vita (lavorativa, di relazione, affettiva, sessuale, ricreativa, di relazione) del paziente, il comportamento che deve adottare e gli accertamenti necessari da effettuare successivamente al trattamento sanitario, al fine di verificarne il buon esito;

le dotazioni disponibili e la loro efficienza e adeguatezza, le carenze strutturali e organizzative anche temporanee, della struttura sanitaria;

il diritto di rifiutare o interrompere il trattamento sanitario. Le informazioni rese dal medico devono essere comprensibili e fruibili da chi è privo di competenze mediche e devono essere adeguate al livello culturale del paziente, senza che si possa ritenere presunta la prestazione del consenso informato sulla base delle qualità personali, sociali e culturali del paziente, potendo esse incidere unicamente sulle modalità dell'informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate e adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado di conoscenze specifiche di cui dispone, avvalendosi anche di schede illustrate e materiale video che consentano al paziente di comprendere ciò che verrà effettuato specie in presenza di interventi particolarmente invasisi o demolitivi. L’informazione deve essere veritiera e oggettiva e deve basarsi su fonti che abbiano un’ effettiva validità scientifica. Gli obblighi d’informazione sono un elemento essenziale della prestazione medica perché l’informazione permette di superare la naturale asimmetria informativa che caratterizza tale relazione e che vede il paziente in una posizione di “debolezza”, poiché privo delle competenze tecniche necessarie per comprendere e, quindi, per scegliere. A tal fine la giurisprudenza si è orientata nel senso di un progressivo e sensibile ampliamento del contenuto degli obblighi informativi che il medico è chiamato ad adempire e che devono presiedere tutta la durata della relazione col paziente: la fase diagnostica, quella terapeutica ed il momento delle dimissioni. Il processo informativo e quello di acquisizione del consenso informato è definito nelle politiche e nelle procedure di ogni struttura, tenendo conto della legislazione e delle pronunce giurisprudenziali più significative. L’acquisizione del consenso informato deve essere documentato, sottoscritto dal paziente e dal medico e allegato alla cartella clinica. In un eventuale contenzioso in cui venga dedotta la mancata/incompleta informazione, è il medico a dover provare di avere correttamente ottemperato agli obblighi informativi e di aver validamente acquisito il

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consenso al trattamento sanitario, per cui anche a tali fini l’acquisizione del documento sul consenso informato e delle relative informazioni assumono un particolare rilevo. Il trattamento sanitario prescinde dall’acquisizione del consenso del paziente solo quando, nel rispetto dei presupposti e delle condizioni stabilite dalla legge, sia necessaria l’applicazione di un trattamento sanitario obbligatorio (rif. L. 180/78; L. 833/78) o quando sussistono presupposti della scriminante dello stato di necessità8, salvo in quest’ultimo caso che il paziente non abbia espresso un valido ed espresso rifiuto al trattamento medico che gli deve essere somministrato. La sottoscrizione del modulo del consenso informato da parte del paziente non è tuttavia di per sé sintomatico dell’effettiva e corretta acquisizione della volontà del paziente. La giurisprudenza, privilegiando un approccio sostanziale rispetto a uno di tipo formalistico e burocratico, ha ben distinto il concetto di “consenso informato” da quello di “consenso documentato” affermando che, ai fini della prova della valida informazione, non può ritenersi sufficiente la mera sottoscrizione da parte del paziente di moduli prestampati dal contenuto generico che sono inidonei a garantire un’adeguata informazione: ne consegue da un lato che la sottoscrizione del modulo del consenso informato non è di per sé sufficiente a dimostrare il corretto adempimento degli obblighi informativi da parte del medico quando abbiamo un contenuto generico, incompleto, incomprensibile; dall’altro lato la mancata sottoscrizione del modulo prestampato non implica necessariamente che sia priva di una corretta ed esaustiva informazione e di una consapevole adesione da parte del paziente che dovrà comunque essere provata dal medico. Il consenso informato deve essere manifestato personalmente da persona maggiorenne capace di intendere e di volere, cioè in grado di capire il significato delle proprie scelte e orientarsi in base al significato percepito. Nella realtà sanitaria vi sono casi specifici o alcune tipologie di paziente in cui è difficile stabilire l’effettiva capacità di intendere e volere, come ad esempio nel paziente molto anziano affetto da forme di demenza, problemi cognitivi o da malattie degenerative o nel paziente psichiatrico in cui non sempre è facile stabilire l’effettivo livello di comprensione del paziente e la sua capacità di autodeterminarsi. In un’ottica di alleanza terapeutica e di rapporto fiduciario con il paziente e di rispetto della sua persona deve sempre essere ricercata la sua volontà e completa adesione al trattamento sanitario: vi sono tuttavia casi di incapacità legale in cui la stessa legge attribuisce il potere di manifestare la volontà della persona - anche in ambito sanitario - al suo rappresentante legale come nei casi di persona interdetta o minore di età; anche in questi casi tuttavia il rappresentante legale non deve interamente sostituirsi sotto il profilo decisionale al paziente incapace, ma deve ricercare laddove ciò sia possibile, la sua volontà. Vi sono poi casi in cui il paziente non è legalmente incapace (e quindi non è minore di età o un maggiorenne interdetto) ma versa in stato d’incapacità di intendere e volere, magari anche solo temporanea, parziale o indotta perché ad esempio sottoposto a un intervento chirurgico: in questi casi, se non vi è una situazione di emergenza o urgenza o una situazione non differibile se non con un grave danno per il paziente, occorre attendere che il paziente riacquisti la sua capacità di intendere e di volere o che sia nominato un amministratore di sostegno.

Requisiti di validità del consenso PERSONALE: il consenso deve provenire dal diretto titolare del diritto alla salute cioè da colui che si sottopone al trattamento medico, salvo casi eccezionali di incapacità legale previsti da legislatore (minori di età, interdetto e nei casi in cui sia previsto dal decreto, persona sottoposta ad amministrazione di sostegno) in cui può essere validamente assentito dal rappresentante legale.

8 Lo stato di necessità rappresenta una causa di giustificazione prevista dagli artt. 2045 del codice civile e 54 del codice

penale, ovvero una circostanza che vale a rendere lecito sia sotto il profilo civilistico sia sotto quello penalistico sia deontologico, un comportamento che in mancanza di determinati presupposti sarebbe invece considerato illecito. In ambito sanitario i presupposti di tale scriminante, che devono trovare riscontro nella cartella clinica, si traducono nella necessità di salvare il paziente dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, a condizione che tale pericolo non sia altrimenti evitabile che con l’atto medico e sempre che sussista una rigorosa proporzione tra il trattamento medico e il pericolo derivante dallo stato in cui versa il paziente; il pericolo alla salute del paziente deve essere presente o comunque imminente e non deve essere dipeso da una condotta negligente del medico.

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In ogni caso, il presupposto per la validità del consenso è la capacità naturale del paziente ovvero la sua capacità di comprendere il significato dei propri atti e di determinarsi secondo il significato percepito (cd. capacità di intendere e di volere). LIBERO: deve trattarsi di una libera determinazione del paziente, la cui volontà deve essersi formata liberamente e non deve essere coartata o viziata attraverso ipotesi di violenza, minaccia o di errore. ATTUALE: il consenso del paziente al trattamento sanitario non deve essere inteso come un momento statico e standardizzato; se è vero che l’acquisizione del consenso deve precedere l’esecuzione del trattamento sanitario è altrettanto vero che nei trattamento che si protraggono nel tempo, l’adesione del paziente deve permanere per tutta la sua durata e deve presiedere tutte le fasi che lo compongono. INFORMATO: l’acquisizione del consenso deve essere preceduto da un’adeguata, veritiera e comprensibile informazione in ordine alla diagnosi, ai benefici attesi dal trattamento, al tipo di intervento da effettuare, ai rischi, ai possibili effetti collaterali, alle complicanze, alle eventuali alternative terapeutiche e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto dell'intervento consigliato. SPECIFICO ED ESPRESSO: il consenso deve avere a oggetto un determinato trattamento medico che deve essere individuato nei suoi elementi essenziali e deve essere manifestato in modo chiaro e univoco. La richiesta di uno specifico trattamento medico può far presumere che il consenso sia esteso a tutte le operazioni preparatorie, successive e complementari che vi sono connesse, prive di una propria autonomia; tuttavia quando vi siano più tecniche e modalità esecutive e ognuna comporti rischi e vantaggi diversi, è dovere del sanitario informare il paziente delle stesse e intervenire se e in relazione a quanto espresso dal paziente. REVOCABILE: il consenso in precedenza manifestato può essere revocato in ogni tempo ben potendo tradursi nella successiva volontà di interrompere un trattamento medico già in atto.

La comunicazione degli eventi avversi

Premessa La comunicazione trasparente e onesta degli eventi avversi riveste un ruolo fondamentale per la gestione del rischio clinico, in quanto evita di generare sfiducia nel sistema sanitario. Nella relazione con il paziente l’ammissione, la descrizione e l’analisi dell’errore, nonché le informazioni sull’iter diagnostico-terapeutico-riabilitativo avviato o da avviare per risolvere la situazione o contenere i danni e favorire il recupero consentono di gestire l’evento avverso all’interno di un rapporto personale e non conflittuale con il paziente, arginando le conseguenze e diminuendo la probabilità di un contenzioso legale. L’aumento del ricorso alla tutela giudiziale è in buona parte causato dal fallimento del rapporto fiduciario tra il medico e il paziente: il rapporto invece di assumere carattere personale, traducendosi in un’alleanza terapeutica diretta alla ricerca del miglior interesse del paziente, spesso si rivela una relazione standardizzata, asettica e conflittuale, che fa sì che il medico venga percepito dal paziente come un antagonista più che come un alleato, complice un difetto di comunicazione che spesso rende l’atto medico non pienamente compreso e condiviso da parte del paziente. Spesso non è la presenza di un vero e proprio errore ad indurre il paziente a ricorrere alla tutela giudiziale quanto il fallimento sotto il profilo umano e comunicativo della relazione tra il medico e il paziente, non sufficientemente coinvolto e informato in merito al percorso terapeutico; tuttavia anche in presenza di un errore questo viene diversamente percepito, recepito e compreso dal paziente se s’inscrive all’interno di un rapporto attivo, personale, fiduciario, collaborativo e trasparente: in tali ipotesi l’errore viene normalmente vissuto e gestito dal paziente in maniera meno conflittuale, maggiormente risolutiva e con una maggior propensione a una prospettiva conciliativa. La comunicazione dell’errore e delle sue conseguenze al paziente consente inoltre l’attiva e consapevole partecipazione dello stesso al processo assistenziale volto a mitigarne gli effetti dannosi. La corretta gestione della comunicazione dell’evento avverso verso l’esterno, in particolare verso i mass media e altri soggetti interessati, consente invece di salvaguardare la reputazione della struttura mitigando gli effetti dannosi in termini di credibilità, affidabilità e immagine della stessa: tempestività, trasparenza,

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competenza, completezza e disponibilità a rilasciare informazioni, la manifestazione del proprio rincrescimento, della presa in carico di quanto è avvenuto e dell’avvio di strumenti interni per indagarne le cause, sono elementi chiave nella gestione della comunicazione verso l’esterno. Quando si verifica un evento avverso, in particolare modo un evento sentinella, occorre attivare azioni di informazione e sostegno non solo nei confronti del paziente e/o dei suoi familiari, ma anche degli operatori sanitari coinvolti garantendo loro un supporto emotivo, relazionale, professionale attraverso periodi di training e re–training, e coinvolgendoli attivamente in un contesto confidenziale e non colpevolizzante nell’analisi reattiva dell’evento tesa all’individuazione delle cause più profonde e finalizzata all’apprendimento e al miglioramento.

La comunicazione dell’errore al paziente In caso di evento che abbia provocato un danno al paziente, oltre ad avviare immediatamente un’analisi interna e dettagliata di quanto avvenuto, è necessario spiegare al paziente l’accaduto in modo trasparente, onesto e in maniera comprensibile, creando un clima solidaristico e collaborativo e manifestando il proprio rincrescimento. Il Ministero della Salute9 ha fornito le indicazioni generali sulla comunicazione dell’evento avverso ai pazienti e/o ai familiari alla stregua delle quali la struttura deve adottare una procedura che definisca le modalità di comunicazione degli eventi avversi, in modo da assicurare un comportamento omogeneo e corretto di tutto il personale e ridurre la sofferenza dei pazienti e dei familiari. In particolare devono essere definiti:

Chi deve comunicare l’evento avverso L’evento avverso e il suo esito devono essere comunicati al paziente da un operatore dell’unità operativa che ne conosca la storia clinica, preferibilmente dal medico di riferimento per il paziente. Laddove non sia presente una figura professionale di riferimento per il paziente, il direttore della unità operativa complessa individua, in collaborazione con l'equipe, la persona deputata alla comunicazione, che sarà anche quella che raccoglierà la documentazione relativa. In un secondo momento può essere valutata l’opportunità di un incontro con il direttore della unità operativa, con il referente aziendale per il rischio clinico o il rappresentante della direzione strategica. A seconda della situazione, il colloquio con il paziente e/o con i familiari potrebbe essere sostenuto da 2 persone, dal direttore della unità operativa e dal professionista di riferimento per il paziente. Anche nel caso in cui il paziente venga trasferito in un’altra struttura, la comunicazione dell’evento avverso deve essere effettuata dal personale della struttura dove si è verificato l’evento, in sinergia con la struttura che accoglie il paziente.

Dove deve svolgersi il colloquio È necessario che sia scelto un luogo appartato e raccolto, nel quale sia possibile comunicare senza interruzioni, garantendo assoluta riservatezza.

Quando deve essere comunicato l’evento avverso La comunicazione dell’evento avverso deve avvenire non appena accertato il fatto, quando il paziente è clinicamente stabile e in grado di accogliere quanto gli verrà detto. Se l’evento avverso ha provocato gravissime conseguenze, come inabilità o morte, i familiari o il rappresentante legale del paziente devono essere informati tempestivamente.

Come deve essere comunicato l’evento avverso - Va stabilito un rapporto empatico con il paziente e/o i familiari. L’operatore deve comprendere gli

stati d’animo, i sentimenti del paziente e le sue motivazioni. È necessario creare un clima di onestà, trasparenza, partecipazione e solidarietà, tenendo in considerazione che tutte le persone coinvolte possono trovarsi in uno stato emotivo alterato.

- Far esprimere al paziente tutte le conoscenze che possiede rispetto all’evento, al suo vissuto e alle sue aspettative, tenendo tutto ciò nella dovuta considerazione.

9 Raccomandazioni per fornire la comunicazione ai pazienti degli eventi avversi, all’interno delle Linee guida per

gestire e comunicare gli Eventi Avversi in sanità, Ministero della Salute, 2011.

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- Va assecondata, nel caso in cui il paziente lo desideri, la richiesta di contattare un familiare o altra persona significativa.

La struttura deve stabilire le concrete modalità del colloquio con il paziente, la cui esecuzione deve essere annotata in cartella clinica, in cui gli vengono comunicati e descritti in modo chiaro e senza ambiguità i fatti come si sono verificati e le sue conseguenze, rendendo tempestivamente disponibile, se richiesta, la documentazione clinica e la documentazione relativa alle azioni intraprese a seguito dell’evento avverso; vanno inoltre fornite informazioni sulle analisi in corso o sull’eventuale avvio di un’indagine interna di approfondimento. La struttura deve inoltre garantire al paziente un’adeguata informazione sulla procedura per la richiesta di risarcimento danni.

Questionario ECM

1. È possibile accettare una prescrizione verbale di una terapia? a) sarebbe meglio evitarle e circoscriverle a casi particolari b) no, mai c) sì, perché diminuisce il rischio di errore d) sì, non esistono controindicazioni al riguardo 2. Un intervento chirurgico sul lato sbagliato del corpo è un evento sentinella, in quanto presuppone

che all’interno dell’organizzazione siano presenti i seguenti deficit eccetto: a) non venga effettuata una diagnosi puntuale b) vi sia una comunicazione inefficace o inadeguata tra i membri del team operatorio c) non sia stato coinvolto il paziente d) non esistano o non siano utilizzate procedure per la verifica del sito chirurgico 3. L’acronimo SBAR fa riferimento a: a) Simulation, Background, Assesment, Raccomendation b) Situation, Background, Assesment, Raccomendation c) Situation, Background, Assesment, Reconciliation d) Simulation, Background, Assesment, Reconciliation 4. Qual è il limite invalicabile per l’attività medica? a) il costo delle cure b) il rifiuto cosciente e responsabile c) l’integrità fisica d) nessuna delle risposte indicate 5. Il medico su cosa deve basare la quantità di informazioni da fornire al paziente? a) il paziente deve poter effettuare un bilancio di rischio/ benefici b) il paziente deve essere tranquillizzato c) il paziente deve essere impaurito d) nessuna delle risposte indicate 6. In caso di emergenza nei confronti di un paziente dissenziente, come si dovrebbe comportare

l’operatore sanitario? a) intervenire in ogni caso senza considerare la volontà del paziente b) intervenire solo in caso di pericolo di morte c) richiedere il permesso ai familiari senza considerare il paziente d) rispettare la libertà del soggetto anche se comporta un imminente pericolo di vita, salvo accertarsi

che il rifiuto sia consapevole, informato e attuale

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7. Per un incidente automobilistico, un giovane maggiorenne si presenta in macchina in pericolo di

vita. Gli amici presenti dichiarano che ha espresso la volontà di non essere rianimato. Qual è il comportamento più corretto da tenere?

a) non rianimare il paziente, così come detto dagli amici b) cercare di contattare i parenti per avere da loro indicazioni al riguardo c) nell’urgenza e in assenza di una manifestazione di volontà certa, univoca ed attuale dell’assistito

deve rianimare il paziente per non incorrere nel reato di omissione di soccorso d) rianimare, in quanto i sanitari non lasciano morire i pazienti senza cercare di curarli

8. La documentazione sanitaria è a) fondamentale per garantire continuità delle cure b) facilitare l’integrazione operativa tra più professionisti e strutture c) documentare l’attività svolta anche ai fini medico-legali d) tutte le risposte indicate

9. Quando l’incompletezza della cartella clinica non consente di trarre da essa elementi di valutazione

utili ad accertare le cause di un evento occorso al paziente? a) il paziente deve dimostrare che il danno è conseguenza dell’operato medico b) le conseguenze operano come presunzione di colpa o della sussistenza del nesso eziologico con

l’operato del sanitario c) verrà convocato un perito che analizza la situazione d) nessuna delle risposte indicate 10. Nella redazione della cartella clinica in una struttura sanitaria privata non convenzionata? a) il medico esercita un potere certificativo amministrativo in virtù del quale assume veste di pubblico

ufficiale e la cartella clinica assume natura di atto pubblico munito di fede privilegiata b) il medico esercita un potere certificativo amministrativo in virtù del quale assume veste di pubblico

ufficiale e la cartella clinica assume natura di atto pubblico munito di fede privilegiata per quanto attiene le trascrizioni delle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento

c) il medico non esercita un potere certificativo amministrativo d) il medico non esercita un potere certificativo amministrativo per quanto attiene le trascrizioni delle

attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento 11. Nel caso di un evento avverso, la comunicazione verso i mass media: a) non deve essere fatta per non rischiare di danneggiare la reputazione della struttura b) se fatta correttamente, consente invece di salvaguardare la reputazione della struttura c) deve essere fatta solo dal direttore sanitario d) nessuna delle risposte indicate