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dott. R. Marcelli, Studio: Via Bergamo, 43 - 00198 Roma, Tel. 06.8841269, Fax 06.233221032 P. IVA: 05415621001, C.F.: MRCRRT47M24B663C sito www.studiomarcelli.com e-mail: [email protected] STESURA PROVVISORIA Roma, 1 ottobre ‘12 RIPETIZIONE DELLINDEBITO NEI RAPPORTI DI CONTO: CRITERI APPLICA- TIVI DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE S.U. N. 24418/10. Sommario . 1. Introduzione. 2. I principi fissati dalla Cassazione S.U. n. 24418/10. (pag. 2). 3. Il criterio di priorità dell‟art. 1194 c.c. (pag. 7). 4. Le rimesse solutorie e il saldo extra fido: saldo banca e saldo rettificato. (pag. 14). 5. Il pagamento degli interessi dopo la Delibera CICR 9 feb- braio „00. (pag. 34). 6. Procedura operativa di ricalcolo (saldo rettificato). (pag. 40). 7. L‟accertamento del fido disponibile: natura degli affidamenti. (pag. 45). 8. Il saldo zero e la sua applicazione. (pag. 52). 1. Introduzione. La Sentenza della Cassazione S.U. 2 dicembre 2010 n. 24418 ha introdotto significativi principi in tema di ripetizione e prescrizione degli indebiti pagamenti, con risvolti di apprezzabile rilievo nei procedimenti di recupero degli illegittimi interessi ultralegali e anatocistici. Le operazioni peritali condotte dai Consulenti Tecnici d‟Ufficio risultano oltremodo complesse, dovendo informare i criteri di calcolo in funzione del periodo prescritto/non prescrit- to, precedente/successivo alla Delibera CICR 9/2/00, distinguendo le rimesse solutorie da quelle ripristinatorie, gli interessi e competenze relative al fido e all‟extra fido, accertando tempo per tempo la legittima presenza e l‟ammontare del fido. Le scelte tecniche risultano pervase da pregnanti risvolti giuridici che, se non opportu- namente circostanziati nel quesito posto dal giudice, rimangono affidati alle scelte del CTU, con significative contrapposizioni con i CT di parte, alimentate dai ragguardevoli risvolti economici che discendono dalle scelte operate. Ad oltre un anno dalla Sentenza, e dopo la definitiva pronuncia della Corte Costituziona- le n. 78/12 in merito al provvedimento legislativo 10/11 (legge „mille proroghe‟, comma 61

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dott. R. Marcelli, Studio: Via Bergamo, 43 - 00198 Roma, Tel. 06.8841269, Fax 06.233221032

P. IVA: 05415621001, C.F.: MRCRRT47M24B663C sito www.studiomarcelli.com e-mail: [email protected]

STESURA PROVVISORIA

Roma, 1 ottobre ‘12

RIPETIZIONE DELL’INDEBITO NEI RAPPORTI DI CONTO: CRITERI APPLICA-

TIVI DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE S.U. N. 24418/10.

Sommario. 1. Introduzione. 2. I principi fissati dalla Cassazione S.U. n. 24418/10. (pag. 2). 3. Il

criterio di priorità dell‟art. 1194 c.c. (pag. 7). 4. Le rimesse solutorie e il saldo extra fido: saldo

banca e saldo rettificato. (pag. 14). 5. Il pagamento degli interessi dopo la Delibera CICR 9 feb-

braio „00. (pag. 34). 6. Procedura operativa di ricalcolo (saldo rettificato). (pag. 40). 7.

L‟accertamento del fido disponibile: natura degli affidamenti. (pag. 45). 8. Il saldo zero e la sua

applicazione. (pag. 52).

1. Introduzione.

La Sentenza della Cassazione S.U. 2 dicembre 2010 n. 24418 ha introdotto significativi

principi in tema di ripetizione e prescrizione degli indebiti pagamenti, con risvolti di apprezzabile

rilievo nei procedimenti di recupero degli illegittimi interessi ultralegali e anatocistici.

Le operazioni peritali condotte dai Consulenti Tecnici d‟Ufficio risultano oltremodo

complesse, dovendo informare i criteri di calcolo in funzione del periodo prescritto/non prescrit-

to, precedente/successivo alla Delibera CICR 9/2/00, distinguendo le rimesse solutorie da quelle

ripristinatorie, gli interessi e competenze relative al fido e all‟extra fido, accertando tempo per

tempo la legittima presenza e l‟ammontare del fido.

Le scelte tecniche risultano pervase da pregnanti risvolti giuridici che, se non opportu-

namente circostanziati nel quesito posto dal giudice, rimangono affidati alle scelte del CTU, con

significative contrapposizioni con i CT di parte, alimentate dai ragguardevoli risvolti economici

che discendono dalle scelte operate.

Ad oltre un anno dalla Sentenza, e dopo la definitiva pronuncia della Corte Costituziona-

le n. 78/12 in merito al provvedimento legislativo 10/11 (legge „mille proroghe‟, comma 61

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dell‟art. 2), le posizioni al riguardo assunte dai Giudici appaiono ancora incerte e frammentarie,

rispecchiando la peculiarità e complessità dei risvolti giuridici: nei quesiti spesso manca

un‟indicazione definita e circostanziata dei criteri ai quali informare i calcoli peritali1.

Si può ragionevolmente ritenere che i tempi necessari a definire e metabolizzare i nuovi

principi fissati dalla Cassazione si protrarranno nel tempo con indubbi riflessi sull‟efficienza e

correttezza dei procedimenti di causa. La dimensione dei risvolti economici implicati nelle ver-

tenze lascia presagire confronti giuridici e di computo particolarmente intensi.

Si avverte una diffusa esigenza di pervenire in tempi ragionevoli ad una definizione,

quanto meno, di criteri di calcolo condivisi, che eviti una proliferazione di algoritmi pervasi da

discrezionalità che dal piano tecnico travalicano ineluttabilmente sul piano giuridico.

Si propone, nelle riflessioni qui di seguito riportate, un impianto concettuale tecnico-

giuridico che può conciliarsi compiutamente con i principi fissati dalla Cassazione, senza disat-

tendere l‟equilibrato presidio, elaborato dalla precedente giurisprudenza, a tutela del creditore e

del debitore.

2. I principi fissati dalla Cassazione S.U. n. 24418/10.

La recente sentenza 78/12 della Corte Costituzionale, nel dichiarare l‟illegittimità costi-

tuzionale dell‟art. 2, comma 61, del cosiddetto provvedimento „Milleproroghe‟ (D.L. 225/10,

1 Nella ricostruzione contabile, curata in rispetto dei principi giuridici indicati nella sentenza

delle Sezioni Unite, insorgono perplessità di apprezzabile rilievo con risvolti economici diame-

tralmente opposti a seconda dei criteri tecnici adottati. A parte aspetti collaterali e di dettaglio,

la diatriba più significativa si pone nella distinzione delle rimesse solutorie dalle rimesse ripri-

stinatorie. A seconda che la distinzione sia effettuata prima o dopo la ricostruzione del conto,

le risultanze peritali cambiano sostanzialmente. Una rimessa che, al momento dell‟accredito,

risultava in extra fido e quindi solutoria, nella ricostruzione contabile – che depuri l‟estratto

conto degli interessi, commissioni e spese annotate sulla base di clausole nulle – può risultare

entro il fido, quindi ripristinatoria.

Appare evidente come, tanto più elevate e frequenti sono le precedenti annotazioni illegittime,

tanto più distorta è la rappresentazione in extra fido, offerta dagli estratti conto, che viene ad

indurre una natura falsata delle rimesse che, invece, sul piano oggettivo, di diritto, potrebbero

risultare pienamente ripristinatorie.

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conv. L. n. 10/11), ha confermato e consolidato, con circostanziate ed inequivocabili argomenta-

zioni, i principi di diritto fissati dalla sentenza della Cassazione S.U. 2 dicembre 2010 n. 244182.

La menzionata sentenza della Cassazione, pur riconoscendo formalmente l‟unicità del

rapporto di conto, non disconosce completamente l‟autonomia delle singole operazioni di prelie-

vo e versamento. Operando un distinguo fra i due rapporti – conto corrente e apertura di credito3

– circoscrive solo a quest‟ultima il rinvio del termine di prescrizione del pagamento degli interes-

si all‟estinzione del saldo di chiusura4.

Per l‟operatività che esula dall‟apertura di credito, alle rimesse viene riconosciuta una na-

tura di pagamento, con riflessi di pregnante rilievo, oltre che nel termine di prescrizione,

nell‟applicazione dell‟art. 1194 c.c. e, conseguentemente, nell‟effetto anatocistico indotto sui re-

lativi interessi.

2 La Corte Costituzionale ha rilevato l‟illegittimità dell‟intervento legislativo, avendo questo

modificato l‟orientamento giurisprudenziale espresso dalle Sezioni Unite mediante una norma

dichiaratamente interpretativa a valenza retroattiva. L‟intervento di legge, veniva ad esprime-

re un orientamento difforme, in contrasto con i limiti che presiedono l‟adozione di norme in-

terpretative, non sussistendo dubbi che giustificassero un intervento di tal genere.

3 Il conto corrente bancario o di corrispondenza si configura principalmente nella prestazione

da parte della banca di un servizio di cassa e di gestione del denaro, riconducibile allo schema

del mandato senza rappresentanza. L‟apertura di credito si qualifica come il contratto con il

quale la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro per un dato

periodo di tempo o a tempo indeterminato, che il cliente può utilizzare in tutto o in parte se-

condo le proprie necessità, ripristinando con versamenti il credito disponibile e riconoscendo

alla banca gli interessi, commisurati al tasso e all‟ammontare del credito effettivamente utiliz-

zato nel periodo. L‟apertura di credito costituisce un contratto distinto dal contratto di conto

corrente di corrispondenza, ha una vita autonoma, con separati momenti di apertura e chiusu-

ra. Per l‟apertura di credito non si impiega, di norma, un‟autonoma registrazione contabile,

bensì essa viene inserita nel conto corrente, determinando di fatto una disponibilità ulteriore

che si unisce a quella creata dal correntista mantenendo tuttavia la distinzione. In sede di pi-

gnoramento o di sequestro da parte dei creditori del cliente, il debito della banca oggetto di

procedura è quello risultante a credito del cliente, senza tener conto della disponibilità creata

con l‟apertura di credito (Cass. 2915/92).

4 “Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto cor-

rente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la correspon-

sione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo tito-

lo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualo-

ra i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione

ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in

cui gli interessi non dovuti sono stati registrati” (Cass. S.U. 24418/10).

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A norma dell‟art. 1422 c.c., mentre la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale

è imprescrittibile, la ripetizione di quanto indebitamente pagato a titolo di interessi illegittima-

mente computati è soggetta alla prescrizione decennale5. Per la ripetizione dell‟indebito il termine

di prescrizione comincia a decorrere, ai sensi dell‟art. 2935 c.c., dal giorno in cui il diritto alla ri-

petizione può essere fatto valere, che la sentenza riconduce a quello del pagamento

all‟intermediario bancario.

Con la sentenza delle Sezioni Unite viene ridimensionato il precedente orientamento giu-

risprudenziale di legittimità (Cfr. Cass. N. 5720/04, n. 19127/05) che, senza distinzione alcuna,

rinviava esclusivamente al termine del rapporto la decorrenza della prescrizione, in considerazio-

ne dell‟unitarietà del rapporto, seppur articolato in una pluralità di atti esecutivi. Il nuovo orien-

tamento delle Sezioni Unite viene a temperare quegli elementi di instabilità ed incertezza dei rap-

porti giuridici, che si vengono a determinare a seguito della durata a tempo indeterminato del

rapporto di conto. La ripetizione di operazioni illegittime risalenti ai decenni precedenti- ancor-

ché l‟azione di nullità sia imprescrittibile – incontra apprezzabili limiti e contenimento nei criteri

discriminanti introdotti dalla Cassazione S.U.

La banca registra in un unico conto, oltre alle poste modificative del credito, anche gli in-

teressi e competenze che calcola trimestralmente, incrementando il capitale a credito utilizzato

dal cliente, senza riferimento ad alcuna rimessa di pagamento: quest‟ultima, quando interviene,

viene portata a deconto dello stesso.

Il saldo viene così impropriamente influenzato dall‟annotazione in conto degli interessi e

questo induce una limitazione nella facoltà di maggior indebitamento, ma non configura un pa-

gamento anticipato degli stessi. Il correntista potrà agire per ottenere una rettifica delle risultanze

del conto, per recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti di fido concesso, ma

non potrà agire per la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, non ha ancora avuto luogo.

Nel conto assistito da apertura di credito, la presenza di un passivo che non configuri uno

scoperto, cioè che rimanga entro i limiti di fido, costituisce un debito del correntista non imme-

diatamente esigibile e le rimesse che intervengono in conto non hanno una funzione solutoria, ma

soltanto una funzione di ripristino della disponibilità.

5 Né si può ritenere che operi la prescrizione quinquennale ai sensi dell‟art. 2948 n. 4 c.c. pre-

vista per il pagamento degli interessi e, in generale, di tutto ciò che deve corrispondersi perio-

dicamente in ragione d‟anno o in termini più brevi. Questa norma si riferisca agli interessi do-

vuti e richiesti dal creditore, non agli interessi pagati e non dovuti e, quindi, alla ripetizione di

un indebito oggettivo. Parimenti non può ritenersi applicabile l‟art. 2947 c.c. non trattandosi di

credito risarcitorio per fatto illecito della banca.

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Il credito concesso dalla banca con il fido rimane alla stessa indisponibile, né in esso pos-

sono essere riversati gli interessi maturati, che si rendono esigibili, unitamente al capitale erogato,

alla scadenza6. Sino al limite di fido, la banca si è impegnata a „finanziare‟ il correntista per tutta

la durata del contratto di apertura di credito: all‟erosione del fido a seguito dell‟annotazione degli

interessi non corrisponde alcun finanziamento.

6 Non è trascurabile la differenza fra il conto corrente bancario e il conto corrente ordinario. Al

riguardo P. Ferro Luzzi, nel commentare la sentenza in parola, rileva:

a) che nel conto corrente bancario il „conto‟ inteso come documentazione contabile destinata

alle relative scritture è unico, ed è presso la banca, tenuto dalla banca, il che implica una rile-

vante differenza rispetto al conto corrente civilistico, dove in realtà un „conto‟ dedicato in sen-

so tecnico non c‟è, ciascuna delle parti tenendo proprie registrazioni, da confrontarsi alle sca-

denze periodiche;

b) che, anche in connessione, soltanto la banca ha il potere di annotare in conto il che, sem-

pre in connessione con quanto già detto, implica un‟ulteriore differenza rispetto al conto cor-

rente ordinario;

c) che l‟annotazione è fenomeno che dal punto di vista concettuale e giuridico va analizzato

sotto tre profili: il „fatto‟ (fatto, atto, negozio) che legittima la banca ad annotare; trattasi più

precisamente per la banca di un potere-dovere, sia l‟annotazione a favore della banca, venga

cioè annotata a debito del cliente una somma di cui la banca è creditrice,o a sfavore di essa,

venga cioè annotata a credito del cliente una somma di cui la banca è debitrice, in tutti e due i

casi la banca „deve‟ annotare; poi viene l‟‟annotazione‟, parola che ha un duplice significato:

attività di annotare ed il risultato di tale attività, cioè appunto il dato, la somma scritta; infine

l‟apposizione dell‟annotazione (l‟annotato) sul conto che determina (avrei qualche riserva sul

piano giuridico a parlare di effetto) la „variazione del saldo‟;

d) che oggetto dell‟annotazione è una „somma‟ rappresentata da una cifra che esprime una

quantità di denaro, e non crediti, come invece, ricordo ancora una volta, accade nel conto cor-

rente ordinario, crediti che, sempre nel conto corrente ordinario, malgrado la loro annotazione

in conto restano vivi (produttivi di interessi e assistiti dalle relative garanzie v. art. 1825 e

1828 c.c.) estinguendosi solo alla formazione periodica del saldo, si ritiene allora correttamen-

te per compensazione;

e) che invece nel conto corrente bancario l‟annotazione della somma provoca in automatico ed

in continuità la variazione in positivo o in negativo del saldo, saldo che non conserva traccia

della natura dei rapporti che hanno dato luogo all‟annotazione delle somme, l‟annotazione a-

vendo così valore costitutivo (stavo per dire reale) del saldo, cioè di quantità di „moneta‟ di-

sponibile;

f) che questo saldo è l‟oggetto del potere di disposizione del cliente, e si osservi ancora che il

potere di disposizione ha per oggetto il saldo „risultante‟ (v. art. 1852, comma 1, c.c.) dal con-

to, cioè dalla documentazione contabile, ogni discussione relativa alle singole poste che hanno

determinato le variazioni del saldo essendo ininfluente sul potere di disposizione fino al mo-

mento in cui il saldo non venga variato, anche per effetto di rettifica.

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L‟art. 1842 c.c. definisce: “L‟apertura di credito bancario è il contratto col quale la ban-

ca si obbliga a tenere a disposizione dell‟altra parte una somma di danaro per un dato periodo

di tempo o a tempo indeterminato”. La previsione contrattuale presente nel regolamento del conto

corrente – all‟articolo riferito alle aperture di credito in conto che la banca ritenesse eventualmen-

te di concedere – recita: “il correntista può utilizzare in una o più volte la somma messagli a di-

sposizione e può con successivi versamenti ripristinare la sua disponibilità. (…) il correntista, in

caso di apertura di credito a tempo determinato, è tenuto ad eseguire alla scadenza il pagamento

di quanto da lui dovuto per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio”.

Le rimesse, a meno di diversa indicazione del cliente, non possono che essere intese pri-

ma a ripristino del fido e poi a costituzione di scorte attive, mai a ripianamento degli interessi

dell‟apertura di credito.

Per i versamenti effettuati su un conto passivo privo di apertura di credito, o quando gli

stessi intervengono in un passivo eccedente il limite di fido, si configura invece un effettivo pa-

gamento, atteso che lo scoperto di conto costituisce per la banca un credito esigibile e la rimessa

non crea nuova disponibilità per il cliente, bensì assume carattere solutorio7. La rimessa acquisi-

sce il carattere solutorio per un importo commisurato alla dimensione del credito liquido ed esi-

gibile preteso dalla banca e, per l‟art. 1194 c.c., degli interessi e competenze maturati sullo stes-

so. L‟elemento fondante il discrimine fra rimesse solutorie e ripristinatorie è costituito dalla pre-

senza o meno di un debito esigibile. Solo in tali circostanze le rimesse che affluiscono sul conto

vengono ad assumere la veste di pagamenti aventi l‟effetto di uno spostamento patrimoniale in

favore della banca.

Tale versamento potrà essere oggetto di ripetizione, ove indebito, individuando il dies a

quo della prescrizione nella data di annotazione in conto della rimessa.

L‟apertura di credito è un contratto di durata, sviluppato su più atti esecutivi che conser-

vano una sostanziale unitarietà nel rapporto giuridico. La serie successiva di addebiti e accrediti

non dà luogo a singoli rapporti (costitutivi o estintivi), ma determina solo variazioni quantitative

dell'unico originario rapporto costituito tra banca e cliente: solo alla chiusura si regolano i debiti e

i crediti conseguenti (Cass. n. 1392/69; n. 2545/72; n. 2301/04; n. 10127/05; n. 1929/10). La

chiusura periodica (trimestrale) del conto ha solo una funzione contabile, con la quale la banca

calcola gli interessi maturati, che poi capitalizza: non determina alcuna cessazione del rapporto.

Solo alla chiusura ultima del rapporto e alla sua liquidazione, il saldo risultante dalle annotazioni

7 In tema di revocatoria fallimentare, si impiega il termine “conto passivo” per indicare il saldo

passivo compreso entro il fido e “conto scoperto” per indicare il saldo passivo in assenza di

apertura di credito o la quota sconfinante il limite di fido.

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contabili effettuate dalla banca si definisce, determinando l‟effettiva acquisizione a patrimonio

delle pretese, legittime ed illegittime, della banca.

Prima della chiusura del conto – o della revoca/scadenza dell‟apertura di credito – il tito-

lare del conto può solo avanzare una domanda di accertamento costitutivo, volta alla determina-

zione del saldo8. Dalla natura di contratto di durata, in analogia con gli altri contratti della spe-

cie9, discendono i termini prescrizionali posposti al rimborso finale del saldo del conto e/o

dell‟apertura di credito.

Nel sistema di contabilizzazione impropriamente impiegato dalla banca, sino alla Delibe-

ra CICR 9/2/00 che ha legittimato tale sistema, consentendo l‟annotazione in conto capitale degli

interessi, tutte le rimesse venivano ad incidere sul saldo del capitale a credito, compresi interessi

ed anatocismo, costituenti una pretese non certa e, per la parte relativa al fido, né liquida, né tanto

meno esigibile.

3. Il criterio di priorità dell’art. 1194 c.c.

La menzionata sentenza della Cassazione, attribuendo un valore dirimente alla natura so-

lutoria o ripristinatoria delle rimesse in conto, viene a riconoscere implicitamente il criterio di

priorità posto a tutela del creditore con l‟art. 1194 c.c..

Prima di ripianare il credito, il pagamento deve essere rivolto a ripianare gli interessi.

Apparirebbe, al contrario, assai stridente con la tutela del creditore, prevista dal menzionato arti-

colo 1194 c.c., che, in una situazione di extra-fido, la rimessa in conto fosse rivolta a ripianare

l‟esubero del credito concesso, liquido ed esigibile, mentre il pagamento degli interessi, parimenti

liquidi ed esigibili, venisse posposto alla chiusura del conto.

8 F. Mastromarino, Il dies a quo della prescrizione dei diritti dell‟indebitamento nel conto cor-

rente bancario, Guida al Diritto, 2010.

9 Per il contratto di mutuo, ad esempio, la Cassazione (Cass. Civ. Sez. III, 10 settembre

2010, n. 19291) ha previsto: “E' pacifico, infatti, che nella specie, trattandosi di contratto di

mutuo, e quindi di contratto di durata, in cui l'obbligo di restituzione del capitale sia differito

nel tempo, i singoli ratei non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, bensì l'adempi-

mento frazionato di un'unica obbligazione. Ne consegue che la prescrizione decennale, appli-

cabile al caso in esame, non può che decorrere dalla scadenza dell'ultimo rateo previsto nel

piano di ammortamento e, perciò, come è stato ritenuto dai giudici di merito, dal giorno suc-

cessivo alla data di scadenza per il pagamento dell'ultima rata del mutuo stesso e cioè dal

26.11.90.”.

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Considerando separatamente capitale (credito/debito) ed interessi via via maturati, senza

commistione fra le due categorie di appostazioni, le rimesse che intervengono in presenza di ex-

tra-fido, vengono a costituire, secondo i dettami della sentenza, effettivi pagamenti10

. Tali paga-

menti, impiegati prioritariamente a ripianare gli interessi esigibili, per tale componente non con-

travvengono al rispetto dell‟art. 1283 c.c. e, se legittimamente calcolati, non determinano alcun

diritto a refusione di indebito soggetto a prescrizione decennale.

Con la liquidazione degli interessi, conseguente alla rimessa solutoria, non si configura

giuridicamente alcuna capitalizzazione. Quest‟ultima insorge invece nel sistema contabile ordina-

riamente impiegato dalle banche, che fonde e confonde in un unico conto poste aventi natura giu-

ridica diversa, determinando con l‟annotazione un meccanismo di registrazione che automatica-

mente trasforma gli interessi in capitale. Prima della Delibera CICR 9/2/00 che, uniformando

l‟applicazione periodale degli interessi a credito e a debito, ha previsto la capitalizzazione con

l‟annotazione in conto, il sistema di contabilizzazione impiegato risultava contravvenire ai prin-

cipi normativi che presiedevano il rapporto bancario.

In una corretta rappresentazione contabile, fisiologicamente funzionale alla distinta natu-

ra del capitale e degli interessi, per il periodo precedente la Delibera CICR 9/2/00 si dovrebbe

procedere ad una distinta registrazione, evitando il prodursi dell‟anatocismo con l‟annotazione in

conto capitale degli interessi maturati.

Tenendo distinto capitale e interessi, si palesa e chiarisce il portato della sentenza e

l‟applicazione dell‟art. 1194 c.c.. Per un conto, ad esempio, affidato per € 1.000, che presenta un

saldo a debito di € 1.800 e, distintamente, interessi per € 400, una rimessa di € 100 costituisce un

pagamento, rivolto a ridurre gli interessi prima di essere utilizzato per ripianare l‟extra fido liqui-

do ed esigibile.

Rimesse (+) e

pagamenti (-)

Capitale di

creditoInteressi

… … …

… … …

… 1.800 400

100 1.800 300

In considerazione della circostanza che le banche, di regola, contabilizzano le rimesse in

conto senza alcuna specifica distinzione fra capitale e competenze, fondendo queste due poste nel

saldo del conto, alcuni hanno sottolineato l‟assenza di un‟espressione della volontà del cliente,

10 Occorre distinguere il capitale concesso in affidamento dai relativi interessi. Su un fido di €

100 interamente utilizzato, maturano interessi a partire dal primo giorno, ma questi non de-

terminano alcuna circostanza di extra fido liquido ed esigibile prima della scadenza.

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altri la diretta imputazione al capitale da parte della banca. Tuttavia il comma 2 dell‟art. 1194 c.c.

non sembra lasciare spazio a letture difformi da quella sopra illustrata: nel pagamento la priorità è

accordata all‟interesse.

La giurisprudenza prevalente tuttavia ritiene che, per l‟applicazione del criterio legale di

imputazione dell‟art. 1194 c.c., si renda necessario che sia il capitale sia gli interessi risultino li-

quidi ed esigibili11

.

La Cassazione, in una sentenza del ‟03 (Cass. civile, sez. I, 16 aprile 2003 n. 6022) pun-

tualizza: “La disposizione dell'art. 1194 c.c. secondo la quale il debitore non può imputare il pa-

gamento al capitale piuttosto che agli interessi o alle spese senza il consenso del creditore, pre-

suppone che tanto il credito per il capitale quanto quello accessorio, per gli interessi e le spese,

siano simultaneamente liquidi ed esigibili”12

.

In precedenti sentenze la Cassazione aveva riferito la simultanea liquidità ed esigibilità

del capitale ed interessi, oltre che al comma 1 anche al comma 2 dell‟art. 1194 c.c.. Relativamen-

te ad una problematica attinente i versamenti effettuati in sede di esecuzione forzata, la Cassazio-

ne ha avuto modo di precisare: “… Ma non possono trovare applicazione nemmeno quelli legali

quale appunto quello contenuto nel secondo comma dell‟art. 1194 c.c., in quanto come già rite-

nuto da questa Corte (Cass. 26/10/60, n. 2911), la norma in esame secondo cui il pagamento fat-

to in conto di capitale ed interessi, debba essere imputato prima agli interessi, presuppone pur

sempre la simultanea esistenza della liquidità ed esigibilità di un credito per capitale e di un cre-

dito per spese e interessi per cui in mancanza di tale simultaneità l‟art. 1194 non trova alcuna

possibilità di applicazione. Questa linea interpretativa seguita dal giudice di merito, non è smen-

tita da Cass. 4/7/87, n. 5874 ed è confermata da Cass. 26/7/86 n. 4798.”. (Cass. Sez. I, 28/9/91,

n.10149; Cfr. anche Cass. Sez. III, 20/7/93, n. 8063)13

.

11 Un credito è liquido quando è determinato, o facilmente determinabile, nel suo ammontare,

è esigibile quando non è sottoposto a condizione o termine ovvero, se subordinato a contro-

prestazione, quando questa è stata eseguita.

12 Cfr. anche Cass. Civ. Sez. III, n. 10281/01; Cass. Civ. Sez. III, n. 5707/07; Cass. Civ. Sez.

Lav. n. 6228/94; Cass. Civ. Sez. III n. 11014/91; Cass. Civ. Sez. III, n. 2352/88.

13 “ (…) il criterio legale di imputazione del pagamento agli interessi anziché al capitale (in di-

fetto del consenso del creditore) di cui all'art. 1194 c.c. non costituisce un fatto che debba es-

sere specificamente dedotto in funzione del raggiungimento di un determinato effetto giuridi-

co, ma integra una conseguenza automatica di ogni pagamento, sicché non al creditore in-

combe l'onere di dedurre i limiti estintivi del pagamento sul capitale, ma al debitore di allegare

che il creditore aveva consentito che il pagamento fosse imputato al capitale anziché agli inte-

ressi. 5. Il ricorso va conclusivamente rigettato.” (Cass. Sez. III, 9/10/03, n. 15053).

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10

Ben si comprende che, per un capitale ed interessi liquidi ed esigibili, il debitore debba,

di regola, prima pagare gli interessi e poi il capitale, per evitare pregiudizio al creditore. Per gli

interessi relativi all‟apertura di credito tuttavia il capitale diviene liquido ed esigibile solo alla

scadenza: una commistione del credito entro il fido ed extra-fido e un‟inderogabile e incondizio-

nata applicazione del comma 2 dell‟art. 1194 c.c. è suscettibile di ingenerare il pagamento di inte-

ressi prima della scadenza dell‟apertura di credito, realizzando di fatto, in violazione dell‟art.

1283 c.c., una forma surrettizia di quell‟anatocismo che la Cassazione aveva ravvisato

nell‟annotazione in conto14

.

Appare pertanto coerente con il consolidato orientamento della Cassazione che il criterio

legale dettato dal comma 2 dell‟art. 1194 c.c. – “Il pagamento fatto in conto di capitale e

d‟interessi deve essere imputato prima agli interessi” – risulti applicabile ove entrambi i crediti,

per capitale ed interessi, siano liquidi ed esigibili.

14 Non è mancato chi non condivida la ferma opposizione della Cassazione ad una lettura „la-

sca‟ dell‟art. 1194 c.c. che aprirebbe il varco alla menzionata forma surrettizia di anatocismo.

Si sostiene che il divieto di anatocismo preclude ogni forma di capitalizzazione degli interessi,

ma non sussiste alcun impedimento a convenire la liquidazione degli stessi prima della sca-

denza del capitale, come in altre forme di finanziamento. Con la liquidazione in conto degli

interessi, conseguente ad una rimessa, formalmente non si configura alcuna capitalizzazione.

In questo senso si è espresso il Tribunale di Catania: “Devesi osservare che la regolamenta-

zione pattizia del rapporto di conto corrente bancario, fino al mutato orientamento giurispru-

denziale in materia di capitalizzazione trimestrale, contemplava all'art. 7 co. 2 n.u.b. la previ-

sione della contabilizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista: “i conti che risul-

tino, anche saltuariamente, debitori vengono chiusi contabilmente, in via normale, trimestral-

mente ... applicando agli interessi dovuti dal correntista e alle competenze di chiusura valuta

data di regolamento del conto...”. Ora, se è vero che la clausola summenzionata deve ritenersi

affetta da nullità, per come sopra evidenziato, avuto riguardo, tra l'altro, alla parte in cui pre-

vede il c.d. anatocismo bancario per violazione dell'art. 1283 c.c., vero è anche che la detta

clausola nelle sue due articolazioni segnalate (commi 2 e 3) mantiene una sua rilevanza giuri-

dica ai fini della ricostruzione della comune volontà negoziale delle parti, con particolare rife-

rimento alla debenza degli interessi dovuti dal correntista sulle somme messegli a disposizione

dalla banca. Non può infatti seriamente dubitarsi del fatto che gli interessi in questione risulti-

no dovuti, alla stregua della pattuizione citata, a cadenza trimestrale, in forza della chiusura

contabile del conto prevista per l'appunto alla fine di ogni trimestre. Il fatto, poi, che la clauso-

la in esame non possa ritenersi operante ai fini della capitalizzazione trimestrale non toglie che

essa valga ad individuare la debenza degli interessi alla fine di ogni trimestre.

Non appare configurabile nel sistema alcuna norma che precluda alle parti di prevedere una

scadenza trimestrale della obbligazione da interessi per la messa a disposizione di somme di

denaro da parte dell'istituto bancario.” (Tribunale di Catania, Giudice Fichera, 5-6 agosto

2010, Cfr. anche A. Quintarelli, Anatocismo e usura nei rapporti bancari, Giornata di formazio-

ne ASSO-CTU, Centro Congressi Università Sapienza, Roma 24/2/12, in www.assoctu.it).

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11

In stretta aderenza al principio richiamato, nei rapporti bancari affidati l‟esigibilità e li-

quidità di capitale ed interessi ricorre simultaneamente solo per il credito che deborda il fido e per

gli interessi ad esso relativi, mentre tale simultaneità, per il credito entro il fido ed i relativi inte-

ressi, è differita, come detto, all‟estinzione del saldo di chiusura del rapporto o dell‟apertura di

credito15

.

Il riferimento al termine del rapporto, esteso nelle precedenti sentenze della Cassazione

all‟intero coacervo dei rapporti negoziali che confluiscono nel rapporto di conto corrente banca-

rio, con la sentenza in esame viene ad essere circoscritto alla sola apertura di credito, come balu-

ardo posto a presidio dell‟anatocismo, la cui „perversione‟ si configura appunto nella trasforma-

zione di interessi in capitale, prima che questo venga a scadenza, determinando una lievitazione

geometrica del debito.

Quanto discende dalla sentenza rende opportuno tenere distinti gli interessi relativi al

credito compreso nel fido da quelli relativi al credito in extra fido. Questi ultimi, per la parte le-

gittima, se coperti da rimesse solutorie, risultano pagati nell‟immediato, non possono quindi esse-

re posposti al termine del rapporto e implicitamente inducono una forma spuria ma legale di capi-

talizzazione16

; per la parte illegittima, se coperti da rimesse solutorie, inducono anch‟essi una

forma spuria di capitalizzazione e, con il decorso della prescrizione, divengono irripetibili.

Non si ritiene che la prescrizione renda irripetibile solo il pagamento immediato degli in-

teressi illegittimi, lasciando tuttavia ripetibili i pagamenti delle implicite capitalizzazioni indotte

successivamente nel decennio di prescrizione. Con il pagamento dell‟interesse illegittimo, si pri-

va il capitale di credito dell‟afflusso di un pari importo della rimessa, non si spesano gli interessi

illegittimi al capitale come nell‟annotazione: i maggiori interessi che conseguono sul capitale nel

tempo risultano pertanto legittimi non avendo un diretto riferimento causale al pagamento pre-

scritto degli interessi illegittimi17

.

15 Frequentemente il fido subisce nel corso del rapporto sia incrementi che riduzioni. In

quest‟ultima circostanza, per l‟ammontare della riduzione, credito ed interessi divengono liqui-

di, esigibili e, di riflesso, oggetto di eventuali successive rimesse solutorie.

16 Finanziariamente, con la rimessa solutoria si realizza un effetto del tutto identico ad una

capitalizzazione degli interessi.

17 Qualche perplessità potrebbe sorgere sulla circostanza se alla componente legittima degli

interessi relativi all‟extra fido, rimasti non pagati, possa applicarsi la prescrizione quinquennale

ex art. 2948 c.c.: con l‟approvazione dell‟estratto sembra configurarsi un riconoscimento che

interrompe la prescrizione stessa, anche se appare carente uno specifico riferimento agli inte-

ressi.

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12

Gli interessi e competenze relativi al fido, congiuntamente a quelli relativi al credito in

extra fido rimasti non pagati, dovranno essere ricalcolati e ricongiunti al saldo capitale, alla chiu-

sura del conto o alla prima rimessa dopo la revoca/scadenza dell‟affidamento18

.

Le rimesse che intervengono oltre il fido sono prioritariamente rivolte a saldare gli inte-

ressi e competenze relativi al credito debordante il fido, poi a quest‟ultimo e da ultimo, per

l‟eventuale parte residua, vanno a ricostituire la disponibilità entro il fido.

Rimesse (+) e

pagamenti

Capitale di credito

inesigibile

(fido)

Interessi su

credito

inesigibile

Capitale di credito

esigibile

(extra-fido)

Interessi su

credito esigibile

… … … … …

… -1.000 -70 -200 -20

250 -970 -70 0 0

Per la situazione contabile rappresentata in tabella, una rimessa di € 250 estingue prima

gli interessi relativi al credito in extra fido (€ 20), poi lo stesso extra fido (€ 200) e, per la parte

residua (€ 30) riduce l‟esposizione all‟interno del fido, ripristinando il margine disponibile. Gli

interessi relativi al fido, tenuti distinti dal capitale, rimangono immutati19

.

Appare in tal modo coniugarsi, con maggiore equilibrio, un contemperamento tra lo spiri-

to perseguito dall‟art. 1194 c.c. e quello perseguito dall‟art. 1283 c.c.. Un‟attenta distinzione della

diversa natura delle due forme di credito, entro il fido ed oltre il fido, rispondenti a due distinti

rapporti negoziali, nonché il puntuale rispetto, per capitale e interessi, del criterio di simultanea

liquidità ed esigibilità stabilito dalla menzionata sentenza della Cassazione del ‟03, appaiono, per

altro, coerenti con la seconda parte della sentenza in esame, che fa discendere dalla nullità della

previsione negoziale degli interessi trimestrali l‟esclusione di ogni forma alternativa di capitaliz-

zazione e il rinvio alla chiusura del pagamento degli interessi20

.

18 Gli interessi relativi all‟apertura di credito, con la revoca/scadenza del fido, divengono, con-

giuntamente al credito stesso, liquidi ed esigibili: venendo meno il fido, ogni rimessa successi-

va diviene solutoria e attribuita prioritariamente a ripianare gli interessi.

19 Gli interessi che vengono maturando sul credito erogato non interferiscono nel saldo capi-

tale da porre a confronto con il fido per l‟accertamento della natura solutoria/ripristinatoria

della rimessa.

20 In un‟interpretazione che trascurando la simultanea liquidità ed esigibilità del credito e de-

gli interessi, non operi alcuna distinzione in questi ultimi, anche un piccolo debordo del fido

verrebbe a precludere la ricostituzione del credito accordato, se prima non fossero interamen-

te saldati tutti i pregressi interessi e competenze.

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13

Queste, si ritiene, costituiscano le innovative modifiche non espresse nell‟enunciato, ma

sostanzialmente implicite nella prima parte della sentenza in esame. Rinviando, nel caso di ri-

messe ripristinatorie, la decorrenza della prescrizione decennale all‟estinzione del saldo di chiu-

sura del conto, la sentenza da un lato esclude dalla prescrizione gli addebiti degli interessi in

quanto non costituenti pagamenti, dall‟altro introduce, a contrariis, uno spazio giuridico, seppur

definito e circoscritto (extra fido), nel quale diviene legale una forma spuria di anatocismo finan-

ziario21

.

Si osserva, per altro, che questa deroga al divieto dell‟anatocismo, che discende dalla

sentenza, prescinde dalla prescrizione decennale, consentendo, attraverso le rimesse solutorie, il

pagamento degli interessi legittimi relativi all‟extra fido, prima e durante il decennio di prescri-

zione, senza alcun rinvio in capitalizzazione semplice al termine del rapporto22

.

Rimesse (+) e

pagamenti

Saldo capitale di

credito inesigibile

(fido)

Interessi su credito

inesigibile

Capitale di credito

esigibile

(extra-fido)

Interessi su

credito esigibile

… … … … …

… -1.000 -200 -10 -2

100 -1.000 -102 -10 -

100 -1.000 -2 -10 -

100 -912 - - -

Come si evidenzia nell‟esempio, anche in presenza di un modesto scoperto di conto (€ 1.000

di fido e € 10 di extra fido) le successive rimesse verrebbero interamente rivolte a saldare in-

teressi e competenze pregressi (€ 202), sino al loro completo ripianamento, prima di pagare il

credito in scoperto e passare a ricostituire il margine di fido. Con tale interpretazione verrebbe

in buona parte vanificata la norma imperativa disposta dall‟art. 1283 c.c.. I riflessi economici,

in tale lettura, risulterebbero del tutto analoghi alla capitalizzazione: venendo meno la simul-

taneità di scadenza del credito e degli interessi, il pagamento anticipato di questi ultimi pro-

durrebbe implicitamente ulteriori interessi sino alla scadenza del credito stesso.

21 Risultando tipica del conto corrente l‟alternanza e frequenza di poste a debito e a credito,

qualora ricorra un saldo in extra fido, l‟annotazione degli interessi a debito troverebbe un

pronto pagamento alla prima rimessa a credito: la circostanza, come detto, non darebbe luogo

ad una formale capitalizzazione, vietata dall‟art. 1283 c.c., ancorché nella sostanza economica

si realizzerebbe, per l‟extra fido, una fattispecie del tutto analoga all‟anatocismo.

22 La menzionata deroga verrebbe, di fatto, a gradualizzare l‟evoluzione normativa congiun-

gendosi con la Delibera C.I.C.R. 9/2/00, con la quale l‟anatocismo è stato sostanzialmente ri-

pristinato: con la menzionata Delibera alle registrazioni nel conto corrente risulta riconosciuto

un effetto di pagamento. All‟art.2 della Delibera si riporta: “Nel conto corrente l‟accredito e

l‟addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con la periodicità contrattualmente sta-

biliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità”.

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14

Si vengono in tal modo a ridimensionare le precedenti pronunce della Cassazione, che

avevano ravvisato proprio in tale forma di costrutto logico-contabile la fattispecie degli interessi

anatocistici vietati dall‟art. 1283 c.c., considerata dalla Cassazione stessa “norma imperativa, che

presidia l‟interesse pubblico ad impedire una forma, subdola, ma non socialmente meno dannosa

delle altre, di usura” (Cfr. Cass. 3479/71 e n. 1724/77)23

.

4. Le rimesse solutorie e il saldo extra fido: saldo banca e saldo rettificato.

L‟accertamento della nullità della capitalizzazione trimestrale e di eventuali altre clausole

contrattuali è imprescrittibile e comporta il venir meno della clausola ex tunc, vale a dire dal

momento iniziale, travolgendo ogni effetto successivo. I pagamenti indebiti derivanti dalle clau-

sole nulle si prescrivono invece nei dieci anni successivi, indipendentemente dal momento nel

quale sia stata accertata la nullità del titolo in base al quale detti pagamenti sono stati effettuati24

.

23 “Tale tesi inficia in radice l'operatività, nella fattispecie in esame, dell'art. 1283 c.c., giacché

si risolve nel sostenere che, per estinguere gli interessi passivi, che maturano giorno per gior-

no, verrebbero utilizzate le poste attive del conto corrente (o le aperture di credito concesse

dalla banca al cliente). Se così fosse però, ovviamente alcun anatocismo maturerebbe (il debi-

to da interessi verrebbe, infatti, immediatamente estinto) il che contraddice specificamente

quanto statuito dalle Sezioni Unite che, come detto, hanno individuato nel contenuto delle

clausole contrattuali “de quibus” proprio la fattispecie degli interessi anatocistici stabiliti in vio-

lazione della norma di cui all'art.1283 c.c.” (Trib. Torino, 5 ottobre 2007, in Foro It., 2008, 2,

I, pagg. 646 ss.).

24 Il giudice non può rilevare d‟ufficio la prescrizione. Affinché la causa estintiva della prescri-

zione possa operare è necessario: a) che sia opposta dalla banca; b) che siano individuate le

specifiche rimesse delle quali si eccepisce la prescrizione: “ l'eccezione di prescrizione, in

quanto eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand'anche su-

scettibili di diversa qualificazione da parte del giudice (vedi per l'appunto Cass. n. 11843,2007

citata). Ne consegue che il debitore, eccependo la prescrizione del credito, ha l'onere di allega-

re e provare il fatto che, permettendo l'esercizio del diritto, determina l'inizio della decorrenza

del termine a sensi dell'art. 2935 c.c.. “. (Cassazione n. 16326/09). Senza un‟esatta indicazio-

ne delle rimesse solutorie l‟eccezione risulterebbe passibile di rigetto: “Se è vero che, in tema

di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del

diritto fatto valere in giudizio, sicché la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione

implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di

manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indi-

rettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al

caso di specie e, in particolare, il termine di prescrizione previsto dalla legge (Cass., sez. un.,

10955/2002), è tuttavia indispensabile, già in base alla regola fondamentale del contradditto-

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15

Il giudice non può rilevare d‟ufficio la prescrizione. Affinché la causa estintiva della pre-

scrizione possa operare è necessario: a) che sia opposta dalla banca; b) che siano individuate le

specifiche rimesse delle quali si eccepisce la prescrizione: “ l'eccezione di prescrizione, in quanto

eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand'anche suscettibili di

diversa qualificazione da parte del giudice (vedi per l'appunto Cass. n. 11843,2007 citata). Ne

consegue che il debitore, eccependo la prescrizione del credito, ha l'onere di allegare e provare

il fatto che, permettendo l'esercizio del diritto, determina l'inizio della decorrenza del termine a

sensi dell'art. 2935 c.c.. “. (Cassazione n. 16326/09). Senza un‟esatta indicazione delle rimesse

solutorie l‟eccezione risulterebbe passibile di rigetto: “Se è vero che, in tema di prescrizione e-

stintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere

in giudizio, sicché la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia

fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di

profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso

specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie e, in partico-

lare, il termine di prescrizione previsto dalla legge (Cass., sez. un., 10955/2002), è tuttavia indi-

spensabile, già in base alla regola fondamentale del contraddittorio, oltre che in forza dello spe-

cifico precetto dettato dagli art. 414, n. 4, e 416, comma terzo c.p.c., che sia in qualche modo

specificato il detto elemento costitutivo, con l'indicazione, ove più siano i crediti azionati, del

momento iniziale dell'inerzia in relazione a ciascuno di essi. E' in relazione a queste necessarie

indicazioni che si determina il contenuto minimo dell'onere di specificare il motivo di appello.”

(Cassazione n. 4668/04, Cfr. anche Cassazione n. 21321/05 e n. 2305/07).

Anche recenti sentenze, successive alla pronuncia della Cassazione S.U. 24418/10, hanno

ribadito il circostanziato onere posto a capo della banca: “ (…) il pagamento che può dar vita ad

rio, oltre che in forza dello specifico precetto dettato dagli art. 414, n. 4, e 416, comma terzo

c.p.c., che sia in qualche modo specificato il detto elemento costitutivo, con l'indicazione, ove

più siano i crediti azionati, del momento iniziale dell'inerzia in relazione a ciascuno di essi. E'

in relazione a queste necessarie indicazioni che si determina il contenuto minimo dell'onere di

specificare il motivo di appello.” (Cassazione n. 4668/04, Cfr. anche Cassazione n. 21321/05 e

n. 2305/07).

Anche recenti sentenze, successive alla pronuncia della Cassazione S.U. 24418/10, hanno ri-

badito il circostanziato onere posto a capo della banca:

“ (…) il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si

sia tradotto nell‟esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spo-

stamento patrimoniale in favore dell‟ “accipiens”. Sarebbe stato quindi preciso onere della

convenuta quello di allegare ed indicare i pagamenti che eventualmente detta finalità ripristi-

natoria non abbiano avuto, onere che per contro non può ritenersi essere stato assolto.”. (Tri-

bunale di AOSTA, G. Colanzigari, 2 marzo 2012, n. 96).

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16

una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell‟esecuzione di una presta-

zione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell‟ “acci-

piens”. Sarebbe stato quindi preciso onere della convenuta quello di allegare ed indicare i pa-

gamenti che eventualmente detta finalità ripristinatoria non abbiano avuto, onere che per contro

non può ritenersi essere stato assolto.”. (Tribunale di AOSTA, G. Colanzigari, 2 marzo 2012, n.

96).

Come per la prescrizione, anche per la ripetizione dell‟indebito si porrebbe il problema

dell‟individuazione dei pagamenti indebiti. Tuttavia, in assenza di rimesse solutorie, solo al ter-

mine del rapporto si vengono a configurare le circostanze degli indebiti pagamenti: le illegittime

annotazioni in conto potrebbero risultare compensate da rimesse ripristinatorie e il saldo ultimo

potrebbe anche essere positivo25

.

Sul piano processuale “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che

ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l‟inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il di-

ritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l‟eccezione si fonda” (art. 2697 c.c..).

Tuttavia frequentemente il principio risulta, su un piano strettamente puntuale, apprezzabilmente

temperato: da un lato vengono prospettati gli elementi di nullità, senza ulteriori distinzioni, e

dall‟altra si eccepisce il decorso del termine di prescrizione decennale del diritto alla ripetizione

dell‟indebito, senza alcuna indicazione a specifiche rimesse solutorie.

25 Inoltre, essendo pacifico che il conto corrente per cui è causa era assistito da apertura di

credito, la Banca avrebbe dovuto, quanto meno, allegare quali versamenti abbiano avuto na-

tura ripristinatoria della provvista e quali abbiano avuto funzione solutoria; infatti,

l‟assolvimento di tale onere appariva necessario per individuare a quale rimessa di c/c poteva

essere ancorato il termine di decorrenza della prescrizione secondo il principio più volte ritenu-

to dalla S.C. e definitivamente assunto nella sentenza S.U. 2 dicembre 2010 n. 24418

(l‟azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità

della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo

ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta

all‟ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell‟ipotesi in cui i versamenti abbiano

avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di

ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo

di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell‟anzidetta

ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto

indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar

vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell‟esecuzione di

una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore

dell‟accipiens”. C. Appello Milano, n. 2195 del 20/6/21, Rel. M.R. Sodano).

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Sia per la prescrizione che per l‟azione di ripetizione, l‟individuazione delle specifiche

rimesse abbisogna di complesse elaborazioni che solo in sede di perizia vengono compiutamente

sviluppate, sulla base degli elementi di contestazione e delle eventuali precisazioni dei criteri di

calcolo, per gli aspetti tecnici più controversi.

L‟azione di nullità, pur non identificandosi con l‟azione di ripetizione, ne costituisce

l‟antecedente logico-giuridico. Un accertamento del mero diritto, volto alla ricostruzione

dell‟effettivo saldo del conto, ritenuto imprescrittibile come tutte le azioni di accertamento, com-

porterebbe un‟operazione di epurazione del conto dagli addebiti illegittimi e il ricalcolo degli in-

teressi e competenze al termine del rapporto26

.

Nel passaggio ad un‟azione di ripetizione dell‟indebito, se eccepita la prescrizione, oc-

corre invece lasciare immutati i pagamenti degli interessi ed oneri illegittimi intervenuti prima

del decennio che non risultano più ripetibili.

Per l‟individuazione dei pagamenti indebiti e del relativo dies a quo di prescrizione, di-

rimente risulta l‟accertamento della natura „solutoria‟ delle rimesse intervenute nel conto, le quali

sono strettamente connesse al saldo scoperto, passivo in assenza di fido, sconfinato in presenza di

fido.

Una pregnante diatriba è insorta sul saldo da impiegare nelle operazioni che presiedono

l‟individuazione delle rimesse solutorie: saldo banca, o il saldo depurato di tutte le annotazioni

illegittime, o ancora il saldo opportunamente „rettificato‟ per tener conto delle pretese annotate

dalla banca in conto, legittime e/o illegittime, via via coperte da rimesse solutorie intervenute nel

periodo prescritto.

La scelta del saldo risulta cruciale, per il notevole divario che induce nelle risultanze del

ricalcolo, con ragguardevoli riflessi economici. Per tale scelta occorre informarsi ai principi fissa-

ti dalla Suprema Corte: la sentenza n. 24418/10 risulta circostanziata nelle argomentazioni ad-

dotte, chiara nei principi giuridici esposti, complessa ma ciò non di meno consequenziale nei cri-

teri applicativi.

Per l‟individuazione dei „pagamenti‟ la Suprema Corte fa espresso riferimento alla natura

e al funzionamento del contratto di apertura di credito bancario, regolato in conto: “Occorre allo-

26 La nullità comporta il ripristino del capitale di credito senza la modifica intervenuta con

l‟annotazione: quod nullum est, nullum producit effectum; tuttavia permarrebbe con

l‟annotazione la pretesa avanzata dalla banca che, per la componente legittima (interessi rela-

tivi all‟extra fido), comporterebbe il pagamento anticipato alla prima rimessa solutoria, anzi-

ché al termine del rapporto.

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ra avere riguardo, più che al già ricordato carattere unitario del rapporto di conto corrente, alla

natura ed al funzionamento del contratto di apertura di credito bancario, che in conto corrente è

regolata. Come agevolmente si evince dal disposto degli artt. 1842 e 1843 c.c., l‟apertura di cre-

dito, si attua mediante la messa a disposizione, da parte della banca, di una somma di denaro

che il cliente può utilizzare anche in più riprese e della quale, per l‟intera durata del rapporto,

può ripristinare in tutto o in parte la disponibilità eseguendo versamenti che gli consentiranno

poi eventuali ulteriori prelevamenti entro il limite complessivo del credito accordatogli.”.

Le Sezioni Unite stabiliscono che le rimesse “intanto (…) potranno essere considerate

alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in

quanto abbiano avuto lo scopo e l‟effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della ban-

ca”. Qualifica poi come rimesse solutorie i versamenti “eseguiti su un conto in passivo (o, come

in simili situazioni si preferisce dire „scoperto‟) cui non accede alcuna apertura di credito a fa-

vore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti

dell‟accreditamento”.

L‟elemento giuridico discriminante le rimesse solutorie dalle rimesse ripristinatorie è da-

to dalla presenza o meno di capitale liquido ed esigibile che, in una corretta e fisiologica rappre-

sentazione contabile, si configura nel capitale erogato oltre il fido. La banca acconsente ad un

temporaneo sconfinamento, onorando ad esempio un assegno in extra fido: il credito nascente da

tale pagamento esula dal contratto di apertura di credito, risulta un credito liquido ed esigibile

nell‟immediato, alla prima rimessa, unitamente ai relativi interessi maturati e scaduti. All‟atto di

tale pagamento, la certezza del dovuto potrebbe risultare inficiata dalla presenza di interessi ul-

tralegali e anatocistici, oltre a illegittime commissioni e spese, pretesi dalla banca, ma le circo-

stanze nelle quali interviene la rimessa risultano configurare uno spostamento patrimoniale in

favore della banca. Al di fuori dell‟ammontare corrispondente al capitale liquido ed esigibile, e

delle pertinenze ad esso riferite, la rimessa non assume una natura solutoria. Ogni altro sposta-

mento che risultasse dal sistema di contabilizzazione della banca, risulterebbe solo apparente,

privo di efficacia traslativa.

Per la distinzione fra le operazioni aventi funzione di effettivo pagamento del debito e

quelle aventi una natura ripristinatoria del credito concesso, le Sezioni Unite richiamano i criteri

sanciti in precedenti pronunce espresse in tema di revocatoria fallimentare delle rimesse in conto

corrente bancario (regime ante riforma) (Cass. n. 5413/82, n. 23107/07, n. 245881/05): “pur se

elaborata ad altri fini, detta distinzione non può non venire in evidenza anche quando si tratti di

stabilire se è o meno configurabile un pagamento, asseritamente indebito, da cui possa scaturire

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una pretesa restitutoria ad opera del solvens; pretesa che è soggetta a prescrizione solo a partire

dal momento in cui si può affermare che essa sia venuta ad esistenza” 27

.

La sentenza in esame, nel fissare i principi di diritto, non può che riferirsi alla fisiologia

del rapporto e, nel distinguere il credito concesso a scadenza dal credito in extra fido, viene a

ravvisare solo in quest‟ultimo le condizioni di immediata liquidità ed esigibilità che rendono la

rimessa in extra fido un pagamento: consequenziale risulta la sorte degli interessi riferiti all‟una

e all‟altra forma di credito.

La commistione in conto del capitale di credito, posto a disposizione e utilizzato dal cor-

rentista, con gli interessi non ancora divenuti capitale e con gli illegittimi interessi anatocistici,

assimila in un unico saldo poste aventi natura giuridica diversa, attinenti rapporti negoziali distin-

ti, conto corrente e apertura di credito.

Pertanto, per l‟individuazione delle rimesse aventi una funzione di pagamento, si pone il

problema di distinguere e separare le diverse annotazioni, per ricostruire il corretto rapporto di

conto, che esprima la legale natura, passiva o di scoperto del saldo capitale, alla quale risulta in-

terconnessa la natura solutoria o ripristinatoria della rimesse successive28

.

“Per compiere tale accertamento non ci si può affidare alla contabilità della banca e alle

sue periodiche risultanze finali, in quanto queste sono spesso solo apparenti e virtuali, contro-

vertendosi innanzi tutto sulla validità di clausole contrattuali e di prassi contabili applicate an-

che se contrarie a norme imperative e inderogabili (ad es. in tema di tassi di interessi, di anato-

27 Venendo richiamato espressamente il carattere solutorio o ripristinatorio del versamento,

appare consequenziale mutuare dalle revocatorie anche il criterio del saldo disponibile che non

corrisponde necessariamente né al saldo per valuta, né al saldo contabile: risulterebbe oltre-

modo incongruo che, per il „gioco‟ delle valute, un addebito risultasse anteposto ad un prece-

dente accredito, determinando un momentaneo e fittizio scoperto di fido. Analogamente appli-

cabili risulterebbero gli ulteriori criteri ordinariamente impiegati nella determinazione delle po-

ste revocabili. Ad esempio, in presenza di un conto scoperto, sarebbero da escludere le rimes-

se aventi la funzione di fornire la provvista per l‟esecuzione di specifici ordini di pagamento,

mancando in tal caso il carattere solutorio del versamento (partite bilanciate).

28 “Sul piano del diritto vivente, la motivazione della sentenza della Corte Costituzionale (5 a-

prile 2012, n.78) rafforza l‟efficacia persuasiva del principio di diritto affermato dalle Sezioni

Unite (2 dicembre 2010, n. 24418). Sul piano operativo l‟individuazione dei „pagamenti‟ su-

scettibili di ripetizione, secondo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di

Cassazione, deve essere effettuato non sul conto corrente „as is‟ bensì dopo che il conto cor-

rente è stato depurato da interessi, commissioni e competenze prive di causa. In tal senso so-

no formulati oggi diversi quesiti ai Consulenti Tecnici d‟Ufficio.”. (D. Maffeis, Le nuove regole

sull‟anatocismo, Convenia, Milano 7/6/12).

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cismo, di C.M.S., di decorrenza delle valute). Occorre prima disporre una ricostruzione contabi-

le del conto corrente bancario, depurandolo dalle conseguenze contabili di clausole e prassi nul-

le e inefficaci, con le quali la banca ha appesantito indebitamente il passivo e/o lo scoperto di

conto corrente del cliente e solo dopo può stabilirsi, in relazione al limite dell‟affidamento ac-

cordato dalla banca, se i singoli versamenti eseguiti abbiano avuto una reale ed effettiva natura

solutoria (in presenza di uno scoperto ultrafido) ovvero ripristinatoria (in presenza di un passivo

intrafido)”. (F. Cusani, „La relazione banca cliente‟, Direkta, 2011).

Se il saldo banca, distorto dagli addebiti illegittimi, viene a celare la natura delle rimesse,

non appare neanche coerente depurare completamente il conto delle illegittime appostazioni: il

saldo risultante risulterebbe privo degli effetti che la presenza di rimesse solutorie induce sul sal-

do stesso.

In una fase iniziale, più che enucleare „le conseguenze contabili di clausole e prassi nulle

e inefficaci‟, si rende opportuno separare la linea capitale dalla linea interessi, per poi procedere,

in successione, ad individuare il capitale di credito in essere, distinguere le rimesse solutorie dalle

rimesse ripristinatorie e determinare il successivo capitale di credito: il nuovo capitale in essere

sarà necessariamente diverso a seconda che la rimessa sia stata rivolta al pagamento di interessi e

competenze esigibili o sia stata rivolta alla ricostituzione del margine di credito disponibile.

In una trasparente rappresentazione contabile, curando la distinzione del capitale dalle

competenze accessorie, sia legittime che illegittime, viene ad essere agevolato l‟accertamento del

corretto credito in essere. Il saldo capitale viene, volta per volta, ad essere opportunamente cor-

retto, in un processo iterativo, a seguito delle rimesse che, intervenendo in extra fido ed assumen-

do una „effettiva‟ funzione solutoria, vengono rivolte al pagamento delle competenze, legittime

ed illegittime, anziché a riduzione del credito utilizzato. Si viene così via via a distogliere dal sal-

do capitale quei pagamenti rivolti a soddisfare anche le illegittime pretese della banca che, in

quanto prescritte, non possono essere ricomprese nell‟azione di ripetizione; per le competenze

legittime relative all‟extra fido, invece, con il pagamento delle stesse, si viene ad anticipare

l‟incidenza implicita sul capitale, in luogo di posporla al termine del rapporto.

Nel processo sopra descritto si palesa la corretta misura del credito utilizzato e, di rifles-

so, l‟esatta natura e misura delle rimesse solutorie che via via intervengono nel conto, consenten-

do la giusta attribuzione delle stesse alle finalità contemplate nella sentenza delle Sezioni Unite:

pagamento degli interessi, rimborsi del capitale esigibile (extra fido), ripristino del capitale di-

sponibile.

Superata la data di demarcazione del decennio di prescrizione, le rimesse solutorie ven-

gono rivolte esclusivamente al pagamento anticipato delle competenze legittime ed esigibili (ri-

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calcolate). Al termine del rapporto, infine, gli interessi ed oneri illegittimi, che non sono stati co-

perti da rimesse solutorie prescritte, possono definitivamente essere enucleati, mentre le compe-

tenze legittime (ricalcolate) che residuano vengono incorporate nel saldo capitale all‟atto

dell‟estinzione del conto e/o dell‟affidamento.

TRIMESTRERICOSTRUZIONE AZIONE DI RIPETIZIONE

(saldo rettificato)

…………. ...

……………..

…………. ...

……………..

trimestre

prescritto

saldo capitale - rimesse solutorie (competenze legittime e illegittime)

trimestre

prescritto

saldo capitale - rimesse solutorie (competenze legittime e illegittime)

…………. ...

……………..

…………. ...

……………..

trimestre non

prescritto

saldo capitale - rimesse solutorie (competenze legittime)

trimestre non

prescritto

saldo capitale - rimesse solutorie (competenze legittime)

…………. ...

……………..

…………. ...

……………..

estinzione del

conto

saldo capitale - rimesse solutorie - residue

competenze legittime

ultimo decennio

Secondo una diversa impostazione per l‟individuazione delle rimesse solutorie occorre

fare riferimento al saldo riportato dalla banca nell‟estratto conto.

Si argomenta che, in tema di ripetizione dell‟indebito, la precondizione è che vi sia una

richiesta indebita ed un pagamento non dovuto. “Solo dal momento in cui si pone una pretesa

della banca alla restituzione di somme date a prestito e solo da quel momento, nell‟ipotesi in cui

vi sia un versamento che ha funzione di pagamento, decorre il termine di prescrizione. (…) quel-

lo che rileva è l‟originaria ricostruzione contabile della banca, non quella depurata”29

.

29 G. Positano, Riflessioni sul contenzioso bancario dopo i recenti interventi giurisprudenziali e

normativi. CMS, Palazzo di Giustizia. Palermo, 15 aprile 2011. Nel documento si prospettano

posizioni che appaiono singolari quanto radicali: “Il consulente provvederà preliminarmente a

verificare tutte le rimesse solutorie, accantonando e „congelando‟ gli importi che servono ad

estinguere interamente o parzialmente le annotazioni relative alle competenze presenti, nel

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Si aggiunge, altresì, che se, in un accertamento del mero diritto e/o nella consueta rico-

struzione ex post del rapporto bancario, si depura il conto dalle indebite competenze, non esisterà

più la pretesa illegittima: “se il versamento non dovesse, per così dire „trovare‟ sul conto la

somma addebitata a titolo di interesse o altra competenza perché preventivamente eliminata,

come se ne potrebbe accertare la natura indebita e stabilire se per esso versamento è intervenuta

la prescrizione? Proprio l‟impianto argomentativo della Cassazione impone di considerare che

ogni versamento sull‟extra fido, per essere ripetibile in quanto solutorio deve per l‟appunto im-

pattare l‟annotazione di addebiti illegittimi, mentre operando ex ante la eliminazione dal conto

delle poste negative asseritamente non dovute si esclude che in concreto questo possa avvenire.”.

Di riflesso si propone per il CTU il quesito: “Dopo aver verificato il saldo giornaliero con il cri-

terio del c.d. saldo disponibile verifichi l‟esistenza di saldi extra fido per superamento delle stes-

so ovvero per mancanza di fido, ed in tal caso quantifichi i versamenti aventi carattere solutorio

– poiché eccedenti il fido ovvero allo scoperto – ed imputi tali versamenti a pagamento delle

competenze addebitate, a partire dalle più remote, in conformità al principio dell‟art. 1194 c.c.”

30.

La questione appare pregiudizialmente mal posta, capovolgendo i termini consequenziali

e facendo discendere la natura solutoria della rimessa dalla presenza dell‟indebito: la rimessa di-

verrebbe pagamento per le annotazioni stesse che hanno fatto lievitare il saldo in extra fido e ver-

rebbe impiegata prioritariamente in pagamento delle annotazioni stesse, a prescindere che le pre-

tese avanzate, pur anche illegittime, siano riferite al credito oltre il fido o entro il fido.

Facendo riferimento al saldo banca, che può includere un coarcervo di poste illegittime –

dagli interessi anatocistici, agli interessi ultralegali e usurari, alle CMS trimestrali capitalizzate,

alle valute fittizie – si ascrive la natura e la misura solutoria della rimessa all‟ammontare del

margine oltre il fido e da tale assunto si fa discendere l‟incondizionato pagamento delle pretese

avanzate dalla banca con le annotazioni in conto. Risultano in tal modo pregiudicati principi giu-

conteggio, il giorno precedente la rimessa. Naturalmente non solo le rimesse con funzione so-

lutoria avranno finalità di compensare, estinguendole, parzialmente o completamente, le an-

notazioni relative a competenze illegittime, ma anche tutte le rimesse e cioè i versamenti ese-

guiti nell‟intervallo di tempo in cui il correntista agiva entro il limite del fido. Infatti, le regoli

generali di imputazione dei versamenti, prima al titolo di interessi e poi a titolo di capitale ai

sensi dell‟art. 1194 del codice civile, operano comunque, indipendentemente dalla ripartizione

operata dalla sentenza delle Sezioni Unite tra rimesse con funzione solutoria e rimesse con

funzione ripristinatoria della provvista.”.

30 F. e G. Dell‟Anna Misurale, „L‟impostazione della consulenza tecnica d‟ufficio in materia di

interessi bancari‟, doc. 241/2011, www.ilcaso.it.

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ridici posti a presidio dei rapporti negoziali sottostanti, introducendo surrettiziamente pagamenti

di crediti che liquidi ed esigibili non sono.

Nel contratto di affidamento viene posto a disposizione un capitale di credito che, sino a

scadenza, rimane immutato. La Corte, richiamando l‟art. 1842 e 1843 c.c., riferisce all‟apertura

di credito la somma della quale il cliente “per l‟intera durata del rapporto, può ripristinare in

tutto o in parte la disponibilità eseguendo versamenti che gli consentiranno poi eventuali ulte-

riori prelevamenti entro il limite complessivo del credito accordatogli.”. L‟apertura di credito

non si erode con le continue annotazioni a debito degli interessi; legittimi o illegittimi che questi

ultimi siano, le annotazioni non modificano il credito utilizzato: quod nullum est, nullum produ-

cit effectum.

Al contrario, adottando un sistema di registrazione che fonde nel conto corrente annota-

zioni di diversa natura, la banca capitalizza alla fine di ciascun trimestre tutti gli interessi matu-

rati, gonfiando il saldo e mandandolo in extra fido, ma ciò non produce modifiche giuridiche

nell‟ammontare del credito utilizzato, né nell‟ammontare del credito esigibile, né tanto meno

nella esigibilità della pretesa avanzata. La Suprema Corte recita: “la circostanza che, in quel

momento, il saldo passivo del conto sia influenzato da interessi illegittimamente fin lì computati

si traduce in un'indebita limitazione di tale facoltà di maggior indebitamento, ma non nel paga-

mento anticipato di interessi”. Parallelamente la capitalizzazione a fine trimestre di interessi ed

oneri illegittimi determina un‟impropria riduzione del credito disponibile o un improprio aumen-

to del credito concesso in extra fido, ma non modifica la natura del saldo legale, alla quale si

vorrebbe vincolare, senza altra ragione, la funzione solutoria o ripristinatoria della successiva

rimessa.

Il requisito giuridico di liquidità ed esigibilità della pretesa, elemento costituente

l‟essenza stessa della rimessa, viene trasposto sul rapporto fra il saldo e il fido. Modificando im-

propriamente il saldo si ricava da quest‟ultimo la „solutorietà‟ della rimessa, ancorché abbia per-

so ogni nesso teleologico con l‟elemento costituente, in una mistificatoria spirale ascendente:

tanto maggiori sono le annotazioni illegittime incluse nel saldo, tanto più ampio risulterà il mar-

gine solutorio della rimessa.

Un conto affidato per € 1.000 ed utilizzato per € 800, se con la capitalizzazione degli in-

teressi trimestrali lievita a 1.000, la successiva rimessa risulterebbe ancora ripristinatoria, se in-

vece lievita a 1.100 risulterebbe solutoria. La contraddizione è evidente. In presenza di un con-

tratto volto a tenere a disposizione una determinata somma per un dato periodo di tempo (art.

1842 c.c.), il versamento volto ad esercitare il diritto (art. 1843 c.c.) di ripristino della disponibi-

lità di credito utilizzata, per via di un improprio sistema di contabilizzazione, viene inteso come

solutorio, distogliendolo dalla sua legittima finalità, per pagare gli stessi interessi, illegittima-

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mente annotati in conto. Tutto questo senza che si possa ravvisare alcuna consapevolezza e vo-

lontà del cliente.

La Sentenza delle Sezioni Unite si riferisce ad una situazione di fisiologia, non di pato-

logia: il credito in extra fido è riferito al capitale, non agli interessi; solo l‟esigibilità del capitale

in extra fido attribuisce la natura solutoria alla successiva rimessa nell‟ammontare corrisponden-

te allo stesso capitale in extra fido e, di riflesso, agli interessi e spese, legittimi ed illegittimi,

pretesi dalla banca con riferimento a detto capitale31

.

Da altri si argomenta che la ripetizione dell‟indebito non può concernere un effettivo

credito, proprio perché la ripetizione dell‟indebito richiede lo spostamento patrimoniale dal sol-

vens all‟accipiens e il pagamento di un importo che si sia accertato privo di causa: ne discende

che la distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie va verificata prima della rielabo-

razione del conto corrente epurato dalle nullità parziali.

Si arriva così ad introdurre una distinzione fra rimesse „apparentemente solutorie‟ e ri-

messe „effettivamente solutorie‟. “La tesi, secondo la quale le rimesse solutorie andrebbero indi-

viduate a posteriori secondo i criteri fissati dalla giurisprudenza in tema di revocatoria fallimen-

tare (v. ad es: Cassazione civ. Sez. I, 22/03/94, n. 2744), non sembra meritevole di adesione, in

quanto la rimessa „solutoria‟ presa in considerazione dalla sentenza n. 24418/10 è quella che

appare tale ma che in effetti, in tutto o in parte, non lo è, tanto da legittimare l‟azione di ripeti-

zione dell‟indebito, giacché il credito oggetto del detto pagamento in tutto o in parte non esiste.

Si coglie così la differenza tra l‟ipotesi in esame e la rimessa effettivamente „solutoria„ diretta ad

individuare il credito esistente e il pagamento dovuto suscettibile di declaratoria di inefficacia

per lesione della par condicio creditorum.”.

L‟autore correttamente sostiene che “la rimessa solutoria, diretta a soddisfare un credi-

to certo, liquido ed esigibile, se è tale, non può costituire oggetto di ripetizione dell‟indebito (…)

la ripetizione dell‟indebito non può concernere il credito esistente, proprio perché la ripetizione

dell‟indebito (art. 2033 c.c.) richiede lo spostamento patrimoniale dal solvens all‟accipiens e il

pagamento di un importo che si sia accertato privo di causa e, di conseguenza, non dovuto.”.

31 A questo principio fa espresso riferimento la recente sentenza della Corte d‟Appello di Tori-

no 23 marzo 2012 nell‟affermare: “ La Corte ritiene, inoltre, di aderire all‟orientamento della

giurisprudenza di legittimità in base al quale il meccanismo di imputazione di cui all‟art. 1194

c.c., risolvendosi in una modalità prettamente estintiva, ha motivo e possibilità di operare u-

nicamente in sede di chiusura (se non definitiva, quanto meno periodica) del rapporto, ovve-

ro allorché le reciproche posizioni di dare/avere tra le parti siano tutte non soltanto liquide e

liquidabili ma anche esigibili.”

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Pertanto “la ripetizione dell‟indebito può concernere esclusivamente quelle voci di credito che

all‟epoca del versamento apparivano come dovute, ma che in realtà si sono rivelate illegittime

perché frutto dell‟applicazione di clausole contrattuali nulle.” 32

.

Non si può ritenere che tutte le pretese di credito annotate in conto all‟epoca del versa-

mento – risultanti successivamente illegittime, a seguito dell‟accertamento di clausole contrat-

tuali nulle – risultino dovute e oltretutto in grado di determinare lo spostamento patrimoniale dal

solvens all‟accipiens. Non è trascurable la circostanza che la rimessa è priva di specifica indica-

zione del mandatario del rapporto di conto. Certamente non possono risultare pagabili le compe-

tenze relative al fido, la cui palese carenza del requisito di esigibilità non abbisogna di accerta-

mento.

L‟impianto motivazionale prospettato dalla pronuncia delle Sezioni Unite conduce ad

escludere il saldo banca e il connesso indiscriminato pagamento delle pretese annotate in conto.

Le argomentazioni avanzate in sentenza si fondano sui concetti di presidio delle revocatorie e di

corretta applicazione dell‟art. 1194 c.c., che guidano l‟applicazione dei principi ai quali la sen-

tenza perviene.

In una stretta lettura, anche per le competenze relative all‟extra fido – a fronte di una ge-

nerica rimessa, non imputata a competenze, né dalla banca né tanto meno dal cliente33

– assai la-

bile appare presumere, oltre al requisito di certezza del credito, la presenza di un animus solvendi

che possa far ritenere dovuto, al momento della rimessa, il pagamento di interessi ultralegali ille-

gittimi, CMS non pattuite, valute fittizie e soprattutto interessi anatocistici: “la legittimità della

capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista bancario va esclusa (…) in

32 F.L. Ciraolo, Il contratto di Conto Corrente, Aula della Adunanze Tribunale di Catania,

7/5/2011.

33 Al contrario la banca con l‟annotazione registra gli interessi in c/capitale e successivamente,

sempre sul capitale, scomputa la rimessa del cliente. “La tenuta del conto corrente è effettua-

ta dalla banca che imputa (autonomamente) tutti i pagamenti a capitale, ovvero è la banca

che manifesta la volontà di imputare le rimesse al capitale, in quanto è essa stessa a redigere

l‟estratto conto: chi non si pronuncia è solo il cliente (contraente debole), che subisce il rap-

porto bancario come sistema connotato dalla regola del prendere o lasciare. (…) Pertanto, i

versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto che non abbiano avuto solo fun-

zione ripristinatoria della provvista non vanno imputati prima agli interessi ed alle spese e poi

al capitale (come disposto dall‟art. 1194 c.c. in difetto di una volontà del creditore), ma si de-

ve continuare ad agire come la banca ha agito durante l‟intero rapporto: la banca al momento

del versamento imputa le somme al capitale e non agli interessi e spese.” (A. Tanza, La pre-

scrizione nel contratto di apertura di credito utilizzato con scoperto in conto corrente - Versa-

menti eseguiti dal correntista, in diritto.net).

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quanto difettano i presupposti per riconoscere (…) la convinzione dei clienti circa la doverosità

giuridica di tale prassi”. (Cass. S.U. 4 novembre 2005, n. 21095).

Le Sezioni Unite hanno fissato un criterio generale per l‟individuazione dei pagamenti: “

(…) in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter

formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e

l‟effetto (…)”.

Non è niente affatto conseguente che la Cassazione abbia inteso implicitamente riferirsi

all‟intero aggregato degli interessi e competenze indebite, nelle forme usualmente riscontrate

nell‟ordinario sistema di imputazione della banca. Non si possono per altro escludere casi parti-

colari, ancorché sporadici, nei quali possa ricorrere l‟espressione di una volontà del cliente che

configuri un pagamento, con l‟esplicito scopo ed effetto di uno spostamento patrimoniale in favo-

re della banca.

A parte tali circostanze, assai remote sul piano pratico, risulterebbe esclusa la natura so-

lutoria nelle ordinarie rimesse nelle quali risulta difettare completamente un comportamento vo-

lontario del cliente volto a rispondere ad una doverosità giuridica di pagamento. Anche per gli

interessi illegittimi relativi all‟extra fido risulterebbe mancare tale elemento, mentre per gli inte-

ressi e competenze legittime relative all‟extra fido risulterebbe sussistente l‟animus solvendi,

quindi regolare l‟eventuale pagamento, che non è passibile di prescrizione e induce un immediato

spostamento patrimoniale dal solvens all‟accipiens, altrimenti posposto alla chiusura del conto

e/o dell‟apertura di credito.

In questo senso, anche per l‟extra fido, risulterebbero prive di validi elementi giuridici di

sostegno le usuali eccezioni di prescrizione fondate sui presunti pagamenti illegittimi.

In una lettura meno stringente l‟atto giuridico, definibile come pagamento, che l‟attore

pretende essere indebito può essere ravvisato in tutte quelle pretese della banca che, in quanto ri-

ferite al credito in extra fido, risultavano, al momento del versamento, liquide ed esigibili, pur di-

fettando dell‟elemento di certezza del diritto – rilevato assente solo nel successivo accertamento

di nullità del negozio giuridico – in esecuzione del quale era stato effettuato il versamento stesso.

L‟effettivo credito in extra fido apporterebbe alla pretesa della banca una natura liquida

ed esigibile, che dà contenuto giuridico alla doverosità del pagamento, estendendosi al quantum,

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determinando l‟indebito pagamento, soggetto ad azione di ripetizione. In questo senso si configu-

rerebbe l‟atto giuridico preso in considerazione nel menzionato passaggio della pronuncia34

.

In tali circostanze solo enucleando a parte, senza tuttavia rimuoverle, le competenze rela-

tive al fido e all‟extra fido, legittime ed illegittime, si palesa l‟effettivo credito utilizzato, si pos-

sono individuare le rimesse solutorie e quantificare i pagamenti di pretese illegittime operate

sull‟extra fido, passibili di azione di ripetizione. Per un conto affidato, se il credito utilizzato è

compreso nel fido, non vi può essere rimessa solutoria; se tale credito esonda il fido e sul margine

aggiunto la banca ha annotato anche interessi ultralegali e anatocistici, la successiva rimessa è so-

lutoria e viene a coprire tali interessi, configurando proprio la circostanza di pagamento indebito

menzionato nella sentenza.

Una lievitazione del saldo banca, connessa alla presenza di interessi ed oneri illegittima-

mente addebitati, come espresso dalla sentenza in argomento, determina una „indebita‟ alterazio-

ne del credito vantato dalla banca e, di riflesso, una „falsa‟ rappresentazione della posizione entro

il fido o extra fido. Una indebita registrazione non può modificare la natura legale del saldo, né si

può ritenere che, decorso il decennio, tale saldo possa legittimamente mutare la natura delle ri-

messe35

. Se il limite di fido viene a risultare superato esclusivamente a seguito degli interessi e

34 Per un conto non affidato la presenza stessa di interessi scaduti connota la natura solutoria

della successiva rimessa.

35 Non condivisibile appare la diversa opinione di A. Quintarelli, sia per la prescrizione delle

annotazioni dalla quale si fa discendere il legittimo accertamento del saldo, sia per il principio

di unitarietà del rapporto che nella sentenza non risulta abbandonato ma soltanto ridimensio-

nato. “Se l‟azione a tutela della corretta gestione dell‟affidamento, che si collega alla domanda

di nullità del titolo della registrazione, può esercitarsi a decorrere da ogni singola annotazione

causata dal titolo nullo, cosa ne sarà di questa azione se il correntista non la esercita nei dieci

anni successivi all‟annotazione stessa? Sovviene l‟art. 2934 c.c., per il quale “ogni diritto si e-

stingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla leg-

ge”. Né a questa conclusione si potrà opporre la teorica dell‟unitarietà del rapporto di conto

corrente affidato dalla nascita alla morte, perché è stata proprio Cassazione Sez. Un.

24418/2010 a non ritenerla convincente e ad abbandonarla. Trascorsi 10 anni

dall‟annotazione, quindi, il diritto di dolersi della illegittima gestione dell‟affidamento, che ha

determinato una indebita variazione dell‟importo affidato ed anche eventualmente il supero

del limite di fido con conseguente aumento dell‟extra fido e, conseguentemente, non si potrà

avere alcuna variazione del conto, che è divenuto intangibile a tale titolo. Ciò fa sì, che per il

tempo anteriore al decennio, ai fini della determinazione dei saldi del conto, per verificare la

natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse ai fini della prescrizione, anche le annotazioni

per interessi generati dall‟importo accreditato resteranno immutate e, se hanno prodotto extra

fido o sono state registrate integralmente extra fido, ne condivideranno in toto il trattamento.”

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competenze – siano essi legittimi o illegittimi, ultralegali o anatocistici - il saldo rimane fittizio e

non qualifica esigibile alcuna conseguente pretesa della banca36

.

D‟altra parte, in dottrina e in giurisprudenza si è sempre sottolineata la distinzione fra gli

atti giuridici da cui insorgono diritti di credito e debito e le operazioni contabili curate dalla ban-

ca, unica titolare del diritto di scritturazione. Il diritto vive sul piano dei rapporti sostanziali, non

nasce dalle annotazioni ma dai rapporti sottostanti.

Solo per il credito effettivamente utilizzato oltre il fido ricorre la simultanea liquidità ed

esigibilità di capitale che trascina con sé gli interessi. Con riferimento al capitale in extra fido,

nel rispetto dell‟art. 1194 c.c. – riconoscendo, pur nella illegittimità, la natura degli interessi - si

può ricomprende nel pagamento, nell‟ordine: interessi ed oneri legittimi, interessi illegittimi (ul-

tralegali e anatocistici), lo stesso capitale in extra fido e, solo dopo, gli oneri illegittimi37

, ma

l‟eventuale misura della rimessa che residua dopo tali pagamenti non può essere rivolta a ripia-

nare gli ulteriori interessi ed oneri concernenti il fido. Per questi ultimi, ancorché ricompresi nel-

la pretesa avanzata dalla banca con l‟annotazione in conto, senza una specifica indicazione del

(A. Quintarelli, Anatocismo e usura nei rapporti bancari, Giornata di formazione ASSO-CTU,

Centro Congressi Università Sapienza, Roma 24/2/12, in www.assoctu.it).

36 Di opinione diversa G. D‟Amico il quale sostiene: “Cominciamo con l‟osservare che sulla

„provvista‟, ricostituita nel modo ipotizzato (e cioè attraverso „versamenti‟ che affluiscono sul

conto), la banca potrà „prelevare‟ (restius: „addebitare‟ sul conto in occasione della sua suc-

cessiva chiusura contabile, come del resto essa aveva già fatto in occasione delle precedenti

chiusure periodiche) gli interessi che le spettano.

Certo, fintantoché il calcolo degli interessi passivi non porti il „saldo negativo‟ a superare

l‟ammontare del fido concesso, il suddetto „prelievo‟ non andrà al di là della mera „annotazione

sul conto‟ degli interessi, e non consisterà in particolare nella „esazione‟ materiale degli inte-

ressi medesimi (la banca, infatti, fino al limite del fido concesso, si è impegnata a „finanziare‟ il

correntista per tutta la durata del contratto di apertura di credito).

Ma una situazione siffatta, prima o poi, condurrebbe (se non intervenissero ulteriori „versa-

menti‟ all‟esaurimento del fido, anche se si immaginasse che le uniche annotazioni „a debito‟

siano quelle degli interessi dovuti alla banca; e, superato questo limite, sarebbe evidente che i

„versamenti‟ (successivi) rappresentano veri e propri „pagamenti‟, quanto meno di quella parte

di interessi il cui importo – annotato in conto – abbia determinato a un certo momento lo

„sconfinamento‟ del fido.” (G. D‟Amico, Operazioni bancarie in conto corrente e decorrenza

della prescrizione, I Contratti n. 6/12).

37 In una diversa lettura, anche gli interessi illegittimi, che in quanto tali interessi non sono,

dovrebbero essere posposti al capitale in extra fido: ancorché siano stati dalla banca riferiti al

capitale esigibile ed acquisiti a patrimonio, per essi appare poco consistente la prelazione pre-

vista dall‟art. 1194 c.c..

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debitore, viene a mancare il requisito di esigibilità del capitale di riferimento, che qualifichereb-

be „solutoria‟ la rispettiva quota parte di rimessa.

Ancorché la rimessa risulti di regola neutrale, nel senso che non viene indicata

l‟imputazione né dalla banca né tanto meno dal cliente, in forza del saldo precedentemente scrit-

turato dalla banca in extra fido si vorrebbe rivolgerla a ripianare, prima ancora del capitale in ex-

tra fido, tutti gli interessi ed oneri, senza alcun riferimento al capitale liquido ed esigibile, con

un‟impropria estensione della prelazione dell‟art. 1194. Così che alla rimessa deriverebbe la veste

di pagamento dalla presunta natura liquida ed esigibile di un credito gonfiato in extra fido dalla

capitalizzazione degli interessi, per venir poi utilizzata prioritariamente, e senza alcun discrimine,

al pagamento degli stessi interessi illeciti che hanno fittiziamente condotto in extra fido il saldo.

Doppia è la discrasia in cui si incorre, travisando, prima ancora della sentenza delle Sezioni Uni-

te, principi di diritto consolidati. All‟atto della rimessa non vi poteva essere nel cliente alcuna

convinzione che il versamento effettuato, anziché saldare l‟extra fido e/o ripristinare il margine

disponibile entro il fido, dovesse andare a pagare interessi illegittimi e/o esigibili solo alla sca-

denza.

La giurisprudenza sulla revocatoria, richiamata dalle Sezioni Unite 24418/10, prevede: „i

versamenti in conto corrente bancario hanno natura di pagamento e sono, quindi, revocabili a

norma dell‟art. 67, 2° comma, l. fall. soltanto nell‟ipotesi di conto „scoperto‟ (quando cioè la

banca abbia anticipato somme oltre i limiti di fido)‟ (…). (Cass. I Sez, n. 5413/82). Appare di-

versa la circostanza del conto che passa in extra fido con l‟addebito degli interessi. Lo stesso

principio ha fatto escludere, nelle revocatorie bancarie, la scelta del riferimento al saldo per valu-

ta, discriminante risultando l‟accertamento che il cliente abbia effettivamente utilizzato l‟intero

credito compreso nel fido.

Con riferimento all‟individuazione delle rimesse solutorie e ripristinatorie, la Cassazione

22/3/94 n. 2744 ha avuto modo di precisare: „In linea concettuale, quindi, può dedursi che anche

il saldo per valuta non dia la soglia di disponibilità del conto, utilizzabile al fine della revocabili-

tà delle rimesse. Nella revocatoria delle rimesse in conto, infatti, occorre accertare se il corren-

tista abbia utilizzato l‟intera provvista disponibile sul conto (comunque creata, con mezzi propri

o con l‟utilizzo dell‟apertura di credito concessagli dalla banca) e a questo fine, il ricorso in via

esclusiva ad un dato convenzionale, qual è la valuta delle diverse operazioni attive e passive (e

per di più convenzionalmente disposto ad un fine diverso da quello della individuazione della di-

sponibilità, qual è la determinazione del tipico compenso, per la banca, dell‟operazione finanzia-

ria), può determinare effetti fuorvianti.”. E ancora Cassazione 11/9/98 n. 9018: „Al fine di verifi-

care, inoltre, se i versamenti in conto corrente bancario abbiano natura solutoria e siano, conse-

guentemente, assoggettabili a revocatoria fallimentare se eseguiti in periodo sospetto, la loro

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funzione di ripianamento di somme prelevate oltre i limiti del fido concesso ben può essere indi-

viduata con accertamento „ex post‟, rilevatore della concreta incidenza sul debito del cliente ver-

so la banca (…).‟.

La Cassazione Civ., Sez. I, 1/10/07, n. 10692, seppur per altre finalità, ha avuto modo di

affermare: “Una volta esclusa la validità della clausola sulla cui base sono stati calcolati gli in-

teressi, soltanto la produzione degli estratti a partire dall'apertura del conto corrente consente,

attraverso una integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, di

determinare il credito della banca, sempreché la stessa non risulti addirittura debitrice, una vol-

ta depurato il conto dalla capitalizzazione degli interessi non dovuti. Allo stesso risultato, evi-

dentemente, non si può pervenire con la prova del saldo, comprensivo di capitali ed interessi, al

momento della chiusura del conto. Infatti, tale saldo non solo non consente di conoscere quali

addebiti, nell'ultimo periodo di contabilizzazione, siano dovuti ad operazioni passive per il clien-

te e quali alla capitalizzazione degli interessi, ma a sua volta discende da una base di computo

che è il risultato di precedenti capitalizzazioni degli interessi.”.

Le menzionate rimesse „apparentemente solutorie‟ discendono dal sistema di registrazio-

ne adottato dalla banca: occorre distinguere l‟extra fido apparente, che discende dal saldo banca,

dall‟extra fido effettivo, che solo consente di individuare l‟ammontare del credito effettivamente

utilizzato e l‟effettiva quota esigibile. Impiegando il saldo banca, senza curarne una scomposizio-

ne, emergerebbero rimesse solutorie anche in assenza di credito liquido ed esigibile.

Nell‟impiego del saldo banca, con la commistione di capitale ed interessi, si riscontrano

apprezzabili analogie con la tesi – a suo tempo reiteratamente sostenuta – di un‟indiscriminata

applicazione dell‟art. 1194 c.c., rigettata dalla Cassazione che rilevava in tale lettura una forma

celata di anatocismo.

La distinzione, nella registrazione in conto, fra capitale ed interessi, entro il fido e extra

fido, consente sia di individuare l‟effettiva rimessa solutoria, sia di imputarla correttamente se-

condo i criteri dell‟art. 1194 c.c.: la rimessa „trova‟ la posta illegittima relativa al credito esigibi-

le, che viene pagata ed è ripetibile nei dieci anni, ma la „trova‟ distinta e separata dal capitale e

dalle poste relative al credito inesigibili, che non possono essere ricomprese nel pagamento. Tale

rimessa, volta a pagare competenze esigibili, priverà il capitale di credito di un pari ammontare di

riduzione. In tal modo il saldo del capitale di credito risulterà rettificato del pagamento delle

competenze, registrate a latere, in una distinta e trasparente rappresentazione contabile.

Né l‟inclusione delle pretese nel saldo banca, né la loro completa esclusione consente una

puntuale individuazione del credito erogato, delle rimesse solutorie e delle competenze pagate,

ripetibili e non più ripetibili.

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La confusione come detto discende dalla commistione, nel medesimo conto, di negozi e

imputazioni aventi natura giuridica diversa. Se, come di regola effettuato per le anticipazioni, la

banca evidenziasse in un separato conto di servizio l‟apertura di credito, registrandovi utilizzi e

rimesse ripristinatorie, tenendo altresì separati gli interessi maturati sullo stesso che, unitamente

al capitale, solo al termine divengono liquidi ed esigibili, si offrirebbe in tutta trasparenza, in o-

gni momento del rapporto, la dinamica dell‟effettivo credito impiegato dal cliente, gli interessi

inesigibili annotati dalla banca sull‟apertura e, distintamente, quelli esigibili associati al credito

debordante il fido registrato sul conto.

Per un fido di € 1.000 ed un utilizzo di € 1.100, ad esempio – quale che sia il distinto ca-

rico di interessi maturati e scaduti – una rimessa di € 400 assolve lo scopo sopra indicato solo

per la quota che può determinare un legale spostamento patrimoniale in favore della banca. Tale

quota è data dal credito in extra fido (€ 100) e dagli interessi sullo stesso maturati ed evidenziati

a latere, divenuti liquidi ed esigibili con la pretesa annotata dalla banca: per la somma di tali va-

lori la rimessa costituisce un pagamento, che può essere acquisito dalla banca a soddisfazione

delle proprie pretese di interessi ed oneri attinenti la parte liquida del credito (legittimi ed illegit-

timi in una lettura dell‟animus solvendi estesa a tutte le pertinenze relative al credito in extra fi-

do); per gli interessi, legittimi ed illegittimi, relativi al fido, la parte residua della rimessa non

assolve una funzione solutoria, non rivestendo né lo scopo, in assenza di ogni convincimento di

„doverosità‟ giuridica di pagamento, né tanto meno l‟effetto di uno spostamento patrimoniale in

favore della banca, in mancanza di un credito liquido da esigere.

E‟ questa la ricostruzione che appare corretto effettuare per accertare e quantificare le

rimesse solutorie, i pagamenti illegittimi, quelli ripetibili e quelli non più ripetibili, nonché quelli

legittimi che, in quanto tali, non devono essere posposti al termine del rapporto.

La soluzione proposta da taluni autori che, senza alcuna ulteriore distinzione, si ricondu-

ce esclusivamente al saldo banca, incorporando quest‟ultimo gli interessi capitalizzati relativi al

fido, che liquidi e esigibili non sono, non consente di individuare la natura e l‟ammontare della

rimessa solutoria per le argomentazioni diffusamente esposte nel paragrafo 2. Per contro, la so-

luzione di depurare completamente dal conto gli addebiti illegittimi non consente di cogliere le

modifiche indotte sul capitale di credito dai pagamenti legittimi e dai pagamenti illegittimi ma

prescritti.

Un‟esemplificazione può meglio illustrare il divario che si viene a determinare impie-

gando il saldo banca in luogo del saldo rettificato.

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FIDO:1.000 SALDO BANCA

Rimesse (+) e

pagamento (-)

Saldo capitale

concesso a credito

+ competenze

Saldo capitale

concesso a credito

Competenze sul

fido (€ 1.000)

concesso

Competenze sul

credito in extra

fido

… … … … …

… -1.450 -1.100 -300 -50

+250 -1.200 -900 -300 0

interamente solutoria

-1.200 -900 -300 0

+150 -1.050 -750 -300 0

rimessa solutoria

SALDO RETTIFICATO

rimessa ripristinatoria

solutoria per 50, ripristinatoria per 200

Nel prospetto sopra riportato è illustrato il processo di determinazione dei pagamenti,

avendo a riferimento il „saldo banca‟ e distintamente il „saldo rettificato‟, dove in quest‟ultimo si

riporta separatamente il capitale corrispondente al credito via via utilizzato e ripristinato, e di-

stintamente le competenze annotate per il fido e per l‟extra-fido38

. L‟esempio mostra una situa-

zione nella quale, a fronte di un fido di € 1.000, il saldo banca riporta un importo a debito di

€1.450, caratterizzato da un credito erogato per € 1.100, interessi relativi al fido per € 300 e rela-

tivi all‟extra fido per € 50.

La rimessa di € 250, se riferita semplicemente al saldo banca, risulta interamente soluto-

ria, se riferita al saldo rettificato, è solutoria per solo €50.

Il nuovo saldo banca, dopo aver abbattuto interessi per € 250, è pari a € 1.200, mentre il

nuovo saldo rettificato, evidenzia sì un credito della banca di € 1.200, costituito però da un uti-

lizzo del fido per € 900 e interessi relativi a tale utilizzo per € 300, esigibili solo alla scadenza.

La successiva rimessa di €150, per il saldo banca è nuovamente solutoria per l‟intero

importo, mentre per il saldo rettificato è interamente ripristinatoria.

Ben si comprende che, sulla base del saldo banca, la rimessa non può ricostituire il fido

se prima non paga interamente tutte le competenze.

Il procedimento di ricalcolo riferito al saldo banca risulterebbe del tutto coincidente con

quello riferito al saldo rettificato, se fosse compiutamente rispettato l‟art. 1194 c.c., rapportando

la dimensione solutoria della rimessa al capitale e competenze liquidi ed esigibili; ma solo

scomponendo tale saldo si ha evidenza del credito in essere (saldo rettificato) e si può circoscri-

vere la natura di pagamento alla quota di rimessa attinente gli interessi del credito oltre il fido,

38 Per semplicità si assumono competenze composte esclusivamente di interessi.

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determinando di converso la residua quota rivolta a estinguere il credito oltre il fido e ricostituire

il margine entro il fido.

Con il solo fatto che le pretese illegittime intervengono in extra fido, marcato dal saldo

banca, si pretende di riconoscere ad esse una natura solutoria, eludendo i presupposti del paga-

mento e prevaricando i criteri legali di imputazione dell‟art. 1194 c.c. che, nelle pronunce della

Suprema Corte, vengono posti a presidio da forme indirette e celate di anatocismo, che realizza-

no, prima ancora che il capitale venga a scadenza, con l‟immediato pagamento degli interessi en-

tro il fido, lo stesso effetto della capitalizzazione degli interessi.

Le argomentazioni avanzate da alcuni autori, delle quali si è dato sinteticamente conto in

precedenza, ripropongono sotto vesti diverse tesi dalla dottrina e giurisprudenza già diffusamente

valutate e rigettate39

.

39 Ancor più radicalmente una parte della dottrina, con suggestive argomentazioni, sostiene

che l‟azione di ripetizione dell‟indebito debba necessariamente trascinare con sé la contesta-

zione delle annotazioni riportate in conto: il mancato esercizio dell‟azione di accertamento pro-

tratto nel tempo impedirebbe un‟azione volta alla ripetizione delle poste illegittimamente ad-

debitate: “… occorre chiedere se le disposizioni del Codice Civile consentano di ritenere che

l‟azione di ripetizione di indebito richiede, come condizione necessaria, la tempestiva contesta-

zione delle annotazioni indebitamente operate sul conto, e se pertanto il mancato esercizio

dell‟azione di accertamento della invalidità di tali annotazioni entro i termini prescrizionale,

quale effetto della nullità delle clausole contrattuali da cui sono derivate, impedisca di rimette-

re in discussione la validità di tali poste passive. Si tratta cioè di verificare se – accanto

all‟azione di nullità diretta alla ripetizione dell‟indebito – si debba collocare una diversa azione,

da esercitare necessariamente entro un preciso termine prescrizionale, al fine di contestare le

risultanze delle scritture contabili, che siano alterate da indebiti accreditamenti a favore della

banca. (…) l‟annotazione in conto rappresenta un atto di documentazione, mentre il diritto vi-

ve sul piano dei rapporti sostanziali sottostanti. Pertanto i diritti non nascono certamente dalle

annotazioni, bensì dai rapporti sottostanti che le hanno determinate. I due piani – quello car-

tolare (o contabile) da un lato, e quello causale (o sostanziale) da un altro – sono dunque di-

stinti. Tuttavia, essi non sono avulsi l‟uno dall‟altro, in quanto la annotazione di un credito in

conto, alla pari dell‟accettazione del conto da parte del cliente, ha anche la natura di un nego-

zio unilaterale di accertamento delle situazioni giuridiche che sorgono progressivamente nel

corso di svolgimento del rapporto. La valenza negoziale delle annotazioni è testimoniata dal

fatto che da esse derivano effetti di carattere sostanziale, quali la determinazione della provvi-

sta disponibile e del saldo periodico su cui calcolare gli interessi che maturano giorno per gior-

no.

A tal punto è lecito chiedersi se tali scritture, oltre a costituire la manifestazione documentale

e probatoria delle reciproche obbligazioni, non costituiscano anche lo strumento per favorire la

certezza e la stabilità delle situazioni giuridiche, rendendo irretrattabile e non più contestabile

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5. Il pagamento degli interessi dopo la Delibera C.I.C.R. 9 febbraio 2000.

I conti oggetto di esame nella sentenza delle Sezioni Unite iniziavano e terminavano pri-

ma dell‟entrata in vigore della Delibera C.I.C.R. 9/2/00; pertanto si è fatto riferimento esclusiva-

mente alla disciplina antecedente il 22 aprile ‟00.

Con la menzionata Delibera si è prevista la possibilità di prevedere contrattualmente

l‟anatocismo sulla base di una pari periodicità degli interessi a debito e a credito.

Una parte sempre più rilevante della giurisprudenza ritiene che, con la dichiarata illegit-

timità del 3° comma dell‟art. 25 D. Lgs. 342/99 ad opera della Corte Costituzionale (sentenza

425/00), è venuto meno il presupposto legittimante l‟art. 7 della Delibera C.I.C.R. 9/2/00, finaliz-

zato a disciplinare i rapporti in essere al momento dell‟entrata in vigore della Delibera stessa, per

i quali rimane applicabile il regime precedente. Né il 2° comma dell‟art. 25 sembra conferire al

C.I.C.R. il potere di prevedere disposizioni di adeguamento, con effetti validanti la sorte delle

condizioni contrattuali stipulate anteriormente40

.

quanto sia stato annotato oltre il periodo di prescrizione ordinario. In questa ottica, il conto

può essere soggetto a revisione limitatamente a questo arco temporale, e l‟azione di ripetizio-

ne non può essere esercitata se non si è tempestivamente agito per eliminare dal conto gli

importi indebitamente annotati. Questa soluzione si armonizza con le disposizioni che riguar-

dano gli obblighi di conservazione delle scritture e, in particolare, con l‟art. 2220 c.c., per il

quale „le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell‟ultima registrazione‟,

e con l‟art. 119, quarto comma, del t.u.b., secondo cui „ il cliente … ha diritto di ottenre, a

proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della do-

cumentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni‟ (…) Non va-

le opporre che il conto è tenuto dalla banca, perché esso non ha una rilevanza puramente in-

terna. Per il combinato disposto degli artt. 1832 e 1857 c.c. esso deve essere trasmesso pe-

riodicamente al cliente e costituisce oggetto di approvazione, divenendo quindi elemento rile-

vante nella regolazione dei rapporti che scaturiscono dal contratto.” (M.L. Guida, L‟azione di

ripetizione di indebito nel rapporto di conto corrente bancario e profili di rilevanza delle anno-

tazioni in conto, Mialno, 23 maggio 2012).

40 Nel d.lgs. n. 342/1999 l‟art. 25 ha regolamentato la produzione di interessi sugli interessi

nell‟ambito dei rapporti bancari; in particolare:

a) con il comma 1 si sostituiva la formulazione della rubrica dell‟art. 120 del t.u.b. da «De-

correnza delle valute» a «Decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi»;

b) con il comma 2, si aggiungeva allo stesso art. 120 un secondo comma che, in tema di a-

natocismo, in relazione alle «operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività banca-

ria», affidava al CICR il compito di determinare le relative modalità e criteri di calcolo,

prevedendo, in ogni caso, che, con riferimento alle operazioni di conto corrente, dovesse

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Per i rapporti precedenti non vi sarebbe possibilità alcuna per la banca di modificare uni-

lateralmente le condizione contrattuali, imponendo la parità nella periodicità degli interessi per il

periodo successivo alla Delibera C.I.C.R. 9/2/00. Tale variazione non verrebbe a costituire una

modifica ai sensi dell‟art. 118 T.U.B. ma una illegittima sanatoria di una clausola nulla. Il 3°

comma dell‟art. 25 D. Lgs. 342/99, nel prevedere, per le clausole contenute nei contratti prece-

denti, la validità e l‟efficacia sino alla Delibera C.I.C.R. in parola, ne disponeva altresì

l‟adeguamento, attribuendo al C.I.C.R. stesso il compito di stabilire le modalità ed i tempi. Di-

chiarato illegittimo tale comma, le clausole anatocistiche precedenti rimangono nulle e viene me-

no il presupposte legittimante l‟art. 7 della Delibera C.I.C.R.. “La fondatezza del mezzo di gra-

vame è quindi evidente, dal momento che la norma dichiarata costituzionalmente illegittima (il

3° comma dell‟art. 25 D. Lgs. 342/99), quale che sia la natura del vizio accertato, cessa di avere

efficacia (e non può quindi più essere applicata) dal giorno successivo alla pubblicazione della

decisione (art. 136, primo comma, Cost.). Il venir meno di tale disposizione, eliminando l'ecce-

zionale salvezza della validità e degli effetti delle clausole già stipulate, lascia queste ultime, se-

condo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sotto il vigore delle norme an-

teriormente in vigore, alla stregua delle quali, per quanto si è detto, esse non possono che essere

dichiarate nulle, perché stipulate in violazione dell'art. 1283 c.c.” (Cass. Civ., Sez. I, 22 febbraio

2005, n. 3589) 41

.

essere assicurata una stessa periodicità del conteggio sia degli interessi a debito che di

quelli a credito;

c) con il comma 3, si stabiliva che le clausole relative alla produzione di interessi sugli inte-

ressi maturato, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigo-

re della suddetta delibera del CICR – poi emessa il 9 febbraio 2000 ed entrata in vigore il

22 aprile del 2000 – fossero «valide ed efficaci» (da ciò, evidentemente, l‟espressione “de-

creto salva interessi” utilizzata dai mass media), mentre, successivamente, dovessero es-

sere adeguate, a pena di inefficacia, da farsi valere solo dal cliente, alle disposizioni con-

tenute nella citata delibera del CICR.

Com‟è noto, poi, la norma di cui al terzo comma dell‟art. 25 del d.lgs. n. 342/1999 – che vole-

va essere una disposizione di sanatoria dei rapporti pregressi – non ha retto al vaglio della

Corte costituzionale che, con sentenza n. 425 del 2000178, ne ha dichiarato l‟incostituzionalità

per eccesso di delega e conseguente violazione dell‟art. 76 della Costituzione.

41 Ad analoghe conclusioni sembra pervenire la sentenza delle S. U. in esame, ribadite ulte-

riormente dalla Cassazione 9695/11: “ (…) pertanto, occorre cassare anche sul punto la gra-

vata sentenza, con formulazione del seguente principio di diritto per il giudice di rinvio: è ille-

gittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi

per il cliente, se prevista da clausole anatocistiche stipulate prima del D.Lgs. n. 342 del 1999,

e della delibera del CICR prevista dall'art. 25, comma 2 di tale Decreto, in quanto siffatte clau-

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36

In merito poi all‟eventuale intervento applicativo dell‟art. 120, 2° comma, si è osservato:

“ (…) la variazione in melius o in peius presuppone pur sempre una valida pattuizione sottostan-

te laddove la ricognizione negativa ad opera della Corte di Cassazione, cioè la statuizione di i-

nesistenza di un uso normativo bancario idoneo a derogare all‟art. 1283 c.c., comporta inevita-

bilmente la nullità della relativa clausola normalmente contenuta al punto 7 delle condizioni ge-

nerali predisposte. E‟ evidente che rispetto ad una clausola nulla non può operare alcun mecca-

nismo di variazione, tantomeno semplificato, ad iniziativa di una sola delle parti.

La banca confonde tra ius variandi di una pattuizione valida, come quella in punto interessi, e la

sua nullità come quella per mancanza della forma scritta per gli interessi convenzionali. Talvolta

il legislatore interviene in via sostitutiva come con l‟art. 117 TUB ove il tasso minimo/massimo

dei BOT sostituisce il tasso mancante: più in generale opera il meccanismo di sostituzione auto-

matica ex art. 1339 c.c. Tuttavia l‟integrazione ope legis postula sia la nullità della clausola da

sostituire sia l‟imperatività di quella sostitutiva mentre l‟art. 120, secondo comma, ha mera na-

tura dispositiva come si evince dalla lettera stessa della norma: il legislatore consente che

l‟anatocismo sia pattuito tra le parti, ma non lo assicura di necessità alla banca. Pertanto nep-

pure l‟art. 1339 c.c. consente l‟inserzione automatica dell‟art. 120, secondo comma TUB nei

contratti stipulati prima del 21 aprile 2000.

In definitiva la banca interpreta la Circolare CICR in contrasto con i principi generali la cui de-

roga può ammettersi solo in presenza di una chiara, puntuale direttiva del legislatore delegante;

essa manca nel caso di specie: nessuna norma della legge delega autorizza in claris siffatta de-

viazione.“ (Tribunale di Padova, D. Bruni, 27 aprile 2008, il caso.it.)

42.

In maniera conforme si è venuta esprimendo una parte rilevante dei Tribunali: Venezia,

22.1.2007, M. A. Maiolino; Torino, n. 6204 del 5/10/07, G. Rizzi; Benevento, n. 252 del

18.02.08; Mantova, 12/7/08, Aliprandi; Mondovì, 10/2/09, Demarchi; Orvieto, n. 166 del

30/7/05, G. Baglioni; Pescara, n. 722 del 30/3/06, G. Falco; Torino n. 5480 del 4/7/05 e n.

sole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate

dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerare nulle in quanto stipula-

te in violazione dell'art. 1283 c.c., perchè basate su di un uso negoziale, anzichè su di un uso

normativo, mancando di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella con-

sapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica, per

la convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme

ad una norma che già esiste o che si reputa debba fare parte dell'ordinamento giuridico.”.

42 Cfr. Roberto Marcelli, L‟anatocismo dopo la Delibera C.I.C.R. del 9/2/00: fatta la pentola il

diavolo c‟è cascato dentro, in assoctu.it.

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6204/07, G. Rapelli; Teramo n. 1071 dell‟11/12/06, G. Marcheggiani; Crotone, 11/7/07, M. Ses-

sa; Lecce, Sez. Campi Salentina, n. 23 del 7/2/11, De Pasquale; Nola, 20/12/11, F. Maffei.

Da ultimo anche la Corte d‟Appello di Milano (22/5/12 n. 1796) ha ribadito in una chiara

enunciazione: “mentre per i contratti di conto corrente bancario stipulati successivamente al

9/2/00 la Delibera CICR 9/2/00 stabilisce che le „clausole relative alla capitalizzazione degli in-

teressi non hanno effetto se non sono specificatamente approvate per iscritto‟, per i contratti in

corso all‟entrata in vigore della predetta Delibera il sopra citato art. 7 prevede che

l‟adeguamento debba essere esplicitamente approvato dalla clientela solo nel caso in cui le nuo-

ve condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente appli-

cate.

Poiché alla assenza di capitalizzazione o alla capitalizzazione annuale, quali conseguenze della

declatoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, si è sostituita la reciproca capita-

lizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi, è di tutta evidenza che vi è stato un peggio-

ramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è cau-

sa, con la conseguenza che tale modifica peggiorativa doveva essere espressamente approvata

dal cliente.

Inoltre, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/00, che ha dichiarato la illegit-

timità dell‟art. 25 comma 3 del D. Lgs. 4/8/99 n. 342, è venuta meno la possibilità per il CICR di

sanare la nullità derivante dalla pattuizione anatocistica preesistente ed è venuto meno anche il

presupposto legittimante l‟art. 7 della Delibera CICR 9/2/00, finalizzato a disciplinare i rapporti

in essere al momento della entrata in vigore della medesima Delibera CICR.

Infatti, il comma 2 dell‟art. 25 D. Lgs 342/99 non conferisce al CICR il potere di prevedere di-

sposizioni di adeguamento con effetti validanti in relazione alle condizioni contrattuali stipulate

anteriormente.

Ne deriva che, per i contratti in essere alla data di entrata in vigore delle più volte citata Delibe-

ra CICR 9/2/00, la modifica delle condizioni contrattuali introdotta dalla banca conformemente

all‟art. 7 della predetta delibera, in mancanza dell‟approvazione scritta del cliente, risulta priva

di qualsivoglia effetto obbligatorio.”.

Seguendo l‟interpretazione sopra esposta, per i conti preesistenti la Delibera – a meno di

una nuova formalizzazione scritta del rapporto – si continuerebbero ad applicare i criteri prece-

dentemente esposti sino alla scadenza del rapporto.

Secondo una diversa interpretazione l‟illegittimità costituzionale dell‟art. 25, 3° comma,

del D. Lgs. 342/99 non intaccherebbe il 2° comma dell‟art. 25, che ha introdotto l‟ammissibilità

dell‟anatocismo bancario, purchè sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità

nel conteggio degli interessi, sia debitori sia creditori: “ (…) la delibera CICR del 09.02.2000 è

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un atto regolamentare che, nel suo complesso, trova la sua legittimità sul 2° comma dell‟art. 120

TUB e, quindi, resiste senz‟altro alla declaratoria di incostituzionalità del 3° comma del mede-

simo articolo, come nessuno dubita. Ne consegue che il suo art. 7, essendo parte di un atto legit-

timo, si presume anch‟esso legittimo, sempre che, attraverso una rigorosa opera interpretativa,

rispettosa dei canoni dettati dall‟art. 12 preleggi, non si pervenga alla conclusione che la previ-

sione esuli dalla delega concessa con il 2° comma della‟art. 120 TUB. Orbene, l‟art. 120 TUB,

2° comma, prevede chiaramente che “il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di

interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell‟esercizio dell‟attività ban-

caria ….”. La norma, evidentemente, si riferisce alla regolamentazione dei rapporti che andran-

no a nascere dopo la sua efficacia con l‟adozione e l‟efficacia della deliberazione delegata, ma

la sua formulazione assai ampia è idonea a ricomprendere e sorreggere anche la regolamenta-

zione dei rapporti in essere, anche qui limitatamente al tempo successivo alla sua efficacia con

l‟adozione e l‟efficacia della deliberazione delegata. Ciò non è contrario al principio di irretro-

attività e non integra la “disciplina di sanatoria (per il passato) e di validazione anticipata (per

il periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge delegata e quella della delibera

del CICR) di clausole anatocistiche bancarie”, che è stata ritenuta esorbitante dalla delega e che

ha determinato la Corte Costituzionale ad espungere dall‟ordinamento il 3° comma dell‟art. 120

TUB introdotto dal D.Lgs. 342/1999. (A. Quintarelli, Anatocismo ed usura nei rapporti bancari,

Incontro di formazione ASSOCTU, 16/12/11, Cfr. anche Trib. Torino 5/10/07, Trib. Chieti

23/4/08).

Qualora si ritenga applicabile la Delibera C.I.C.R. anche ai rapporti preesistenti, rimar-

rebbero limitati agli interessi pregressi i principi di ricalcolo esposti nei paragrafi precedenti43

,

mentre per i nuovi interessi addebitati a partire dal 30/6/00, data dalla quale iniziano a decorrere

gli effetti dell‟adeguamento, occorrerebbe riferirsi all‟art. 2, 1° comma, della Delibera C.I.C.R.

che prescrive: “Nel conto corrente l‟accredito e l‟addebito degli interessi avviene sulla base dei

tassi e con la periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo

le medesime modalità”.

43 Per i conti posti a cavallo della Delibera C.I.C.R. 9/2/00, gli interessi semplici maturati pre-

cedentemente alla Delibera, vanno posti in pagamento al termine del rapporto o in scomputo

delle prime rimesse successive alla revoca/scadenza dell‟affidamento. Privo di fondamento ri-

sulterebbe l‟addebito di tali interessi al 30/6/00, con la conseguente produzione di interessi

capitalizzati trimestralmente. L‟intervento legislativo 342/99 e la successiva Delibera C.I.C.R.

9/2/00 lasciano immutati gli effetti già prodotti dalle clausole stipulate, secondo i principi che

regolano la successione delle leggi nel tempo, sotto il vigore delle norme anteriori. Come pre-

cisato dalla sentenza in esame, tali effetti sono rinviati al pagamento del saldo finale, alla

chiusura del conto e/o dell‟apertura di credito.

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39

L‟art. 2, 1° comma, della Delibera C.I.C.R. legittima il pagamento degli interessi con

l‟addebito degli stessi in conto. Di riflesso si viene a derogare ai principi stabiliti dalla Cassazio-

ne: a partire dalla Delibera per gli interessi si prescinde dalle rimesse e la stessa registrazione in

conto viene ad assolvere la funzione di pagamento degli stessi, decurtando di fatto e di diritto le

disponibilità di credito preesistenti. Con la registrazione in conto degli interessi, questi divengono

capitale e il nuovo saldo viene a produrre da subito interessi44

.

44 Non risulta del tutto pacifica ed assodata l‟estensione dell‟applicazione della Delibera

C.I.C.R. 9/2/00, riferita dalla stessa al contratto di conto corrente, anche all‟apertura di credi-

to. In una non recente sentenza del Tribunale di Milano (6 settembre ‟06, Vanoni) si è ritenuto

che solo ricorrendo un‟unitarietà della causa si possa giustificare un‟interferenza delle discipli-

ne, estendendo all‟apertura di credito le clausole espressamente stabilite per il conto corrente:

“Allorquando tra la banca ed il cliente sia stato sottoscritto un unico contratto avente ad og-

getto un rapporto di conto corrente „affidato‟ (da apertura di credito), è possibile estendere

all‟apertura di credito sullo stesso concessa le clausole normative relative agli interessi ultrale-

gali ed alla capitalizzazione trimestrale espressamente previste nel contratto di conto corren-

te.”.

La Cassazione si è più volte occupata del collegamento fra le due tipologie di negozi: “I due

contratti (quello di conto corrente e quello diretto alla creazione della disponibilità) sono strut-

turalmente autonomi, benché funzionalmente collegati. Il conto corrente di corrispondenza ha

natura di contratto misto, alla cui costituzione concorrono, insieme coi principi del mandato,

che hanno una posizione preminente nella sua struttura e disciplina, anche elementi di altri

negozi” (Cass. Civ. n. 3637/68).

Anche volendo accogliere la distinzione, curata in dottrina, fra contratti collegati e contratti

misti, per questi ultimi recenti sentenze delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 26298 e n.

11656/08) hanno ribadito che “per stabilire la disciplina applicabile al contratto di specie, deve

individuarsi quale tra i vari elementi causali prevalga sugli altri (secondo la nota teoria della

prevalenza, appunto, o dell‟assorbimento), fatta salva l‟applicabilità della disciplina prevista

per gli altri elementi, in quanto compatibile; ovvero della disciplina che risulta dalla sintesi di

tutti gli elementi (teoria della combinazione) qualora nessuno di essi possa dirsi prevalere su-

gli altri.”.

Frequentemente il contratto di conto corrente assume una funzione accessoria all‟apertura di

credito, altre volte l‟apertura di credito interviene in un momento successivo: anche se appog-

giata funzionalmente al conto corrente, conserva una propria autonomia negoziale. La senten-

za della Cassazione S.U. in esame, onde evitare commistioni che pregiudicano l‟essenza stessa

dell‟apertura di credito, ne ha stabilito e presidiato la distinta disciplina giuridica. Per l‟apertura

di credito non si pone alcun problema di uniformità periodale degli interessi e, trattandosi di

un contratto di durata, la produzione di interessi su interessi, sul capitale ancora illiquido ed

inesigibile imporrebbe, salvo specifica deroga normativa, che gli stessi siano esatti al termine

del rapporto, unitamente al capitale. Né le Sezioni Unite, nel formulare, in conclusione delle

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40

6. Procedura operativa di ricalcolo (saldo rettificato).

Come diffusamente argomentato nei paragrafi precedenti, ciò che configura la circostan-

za di un pagamento o alternativamente di un ripristino della provvista, non può essere affidato al

saldo risultante dalle appostazioni contabili curate dalla banca, né al saldo risultante dalla depura-

zione delle indebite annotazioni. Il legittimo saldo si ricostruisce enucleando a parte gli interessi

ed oneri addebitati e spesando in conto solo quelli coperti da rimesse di pagamento: il saldo così

rettificato consente di accertare la corretta natura passiva o di scoperto del saldo stesso45

.

Sul piano operativo il processo di ricostruzione del rapporto di conto può essere suddivi-

so in n. 4 distinte fasi:

1. Fase.

L‟estratto conto viene riordinato per data di disponibilità secondo i criteri della revocatoria indi-

viduando le eventuali partite di giro e le rimesse ad imputazione specifica escluse

dall‟accertamento delle rimesse solutorie.

2. Fase.

Il saldo del conto viene scisso in:

a) saldo capitale, nel quale vanno ricompresi gli interessi a credito; per questi ultimi

l‟annotazione in conto è legittima e la capitalizzazione è contestuale;

b) saldo competenze (interessi, commissioni e spese) entro il fido, ulteriormente distinto in:

b1) saldo interessi (b11 saldo interessi legittimi; b12 saldo interessi illegittimi);

b2) saldo commissioni e spese (b21 saldo commissioni e spese legittime; b22 saldo

commissioni e spese illegittime);

c) saldo competenze (interessi, commissioni e spese) extra fido, ulteriormente distinto in:

c1) saldo interessi (c11 saldo interessi legittimi; c12 saldo interessi illegittimi);

argomentazioni prospettate, il generale principio di diritto riferito alla funzione ripristinatoria

delle rimesse, ne ha escluso l‟applicazione successivamente alla Delibera C.I.C.R. 9/2/00.

45 Si può procedere, prima comprendendo nel saldo tutte le rimesse e pagamenti e poi ag-

giungere, a debito, volta per volta, gli interessi e oneri relativi all‟extra fido coperti da rimesse

di pagamento; alternativamente si può, volta per volta, ridurre le rimesse che intervengono

nel saldo della quota solutoria volta a ripianare interessi e oneri relativi all‟extra fido. Il saldo

rettificato che si ottiene nei due casi è identico.

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41

c2) saldo commissioni e spese (c21 saldo commissioni e spese legittime; c22 saldo

commissioni e spese illegittime);

3. Fase.

Lo scostamento dal fido del saldo capitale via via rettificato, nelle modalità qui di seguito indica-

te, se positivo, viene a costituire, sommato al saldo competenze relativo all‟extra fido, l‟importo

massimo solutorio della rimessa successiva46

.

In un processo iterativo:

▪ al termine di ciascun trimestre il saldo competenze legittime – nelle distinte voci che lo com-

pongono – viene ricalcolato sulla base del saldo capitale rettificato del trimestre: la differenza al-

gebrica, rispetto alle competenze legittime della precedente scomposizione, viene travasata nel

saldo competenze illegittime, che viene così anch‟esso rettificato (il saldo complessivo delle

competenze rimane invariato);

▪ ciascuna rimessa, entro la quota solutoria sopra indicata, viene enucleata dal saldo capitale (che

viene così ad essere rettificato) e portata a scomputo (pagamento) nell‟ordine47

:

1) del saldo degli interessi, legittimi (c11) e illegittimi (c12), relativi all‟extra fido;

2) del saldo commissioni e spese legittime (c21), relativi all‟extra fido;

3) del capitale in extra fido;

4) del saldo commissioni e spese illegittime (c22), relativi all‟extra fido.

L‟eventuale quota residua della rimessa assume natura ripristinatoria e rimane attestata nel saldo

capitale rettificato.

▪ Successivamente alla data di demarcazione del decennio di prescrizione, vengono meno i pa-

gamenti relativi a poste illegittime e le rimesse solutorie vengono portate esclusivamente a scom-

puto dei punti 1) c11; 2) e 3).

46 Può talora accadere che il saldo risulti per un breve periodo in extra fido, rientrando nel fido

prima dell‟annotazione degli interessi. In tali circostanze la successiva rimessa, ancorché lo

scostamento del saldo dal fid sia negativo, assume una valenza solutoria limitatamente

all‟ammontare degli interessi sull‟extra fido, annotati in conto.

47 Anche per le CMS e spese si renderà opportuno suddividerle, come gli interessi, nella quota

parte relativa all‟extra fido, pagabile con la rimessa solutoria, e quota parte relativa al fido,

pagabile alla scadenza. Se regolarmente contrattualizzate, seguono la sorte degli interessi:

quelle relative al credito in extra fido, divenendo anch‟esse periodicamente liquide ed esigibili,

devono essere ricomprese nelle rimesse di pagamento e spesate dopo gli interessi.

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42

▪ Successivamente all‟1/7/00, qualora ricorrano le condizioni per l‟applicazione della Delibera

CICR 9/2/00, tutti gli interessi (legittimi e illegittimi, relativi al fido e all‟extra fido), addebitati al

termine del trimestre, vengono a risultare pagati con l‟annotazione in conto. Se la Delibera prece-

de la data di demarcazione del decennio di prescrizione, le menzionate annotazioni vengono por-

tate interamente a rettifica del saldo capitale e le rimesse solutorie continuano a pagare eventuali

poste di competenze pregresse nelle modalità sopra riportate; se invece la Delibera segue la data

di demarcazione del decennio di prescrizione, solo le annotazioni di interessi e competenze legit-

timi vengono portate a rettifica del saldo capitale, mentre le rimesse solutorie continuano a paga-

re soltanto le eventuali poste di competenze pregresse legittime dei punti 1) c11 e 2).

4. Fase.

Gli interessi che risultano non pagati nel corso del rapporto, in quanto appostazioni prive

di efficacia giuridica immediata, rimangono esclusi dal capitale rettificato. Solo gli interessi e

competenze legittimi non coperti da rimesse solutorie, residuate nel saldo interessi legittimi retti-

ficato, vengono portate, in regime di capitalizzazione semplice, in scomputo delle prime rimesse

successive alla revoca/scadenza del fido o nel saldo capitale finale del conto48

.

48 La procedura di ricalcolo con il saldo banca risulterebbe apprezzabilmente più semplice.

Dopo aver riordinato l‟estratto conto per data disponibilità, l‟individuazione degli ammontari

affluiti a credito del conto aventi una natura solutoria totale o parziale è espressa dalla diffe-

renza fra i saldi extra fido espressi nell‟estratto conto ed il fido stesso.

Evidenziando distintamente le menzionate differenze, alle quali vengono associate le rimesse

solutorie, vengono enucleate dal saldo, per il periodo prescritto, le competenze non coperte da

rimesse solutorie e, per l‟ultimo decennio, solo le competenze legittime non coperte da rimes-

se solutorie; quest‟ultime, congiuntamente a quelle enucleate nel periodo prescritto, vengono

riportate in conto, in capitalizzazione semplice, alla scadenza.

In tal modo ogni rimessa solutoria viene impiegata in pagamento delle competenze. Per

un‟attribuzione a queste ultime, che rispetti nell‟ordine i principi dell‟art. 1194 c.c., si renderà

comunque necessario tenere distinti interessi legittimi e illegittimi, oneri e spese legittimi ed

illegittimi.

Dal 30/6/00, data di decorrenza della delibera CICR 9/2/00, le competenze del trimestre ven-

gono a risultare direttamente spesate sul capitale, mentre le rimesse solutorie continueranno

ad essere impiegate in pagamento di eventuali pregressi interessi ed altre competenze legit-

time (ed illegittime se prescritte), non precedentemente coperti da rimesse solutorie.

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43

int. deb. CMS spese int. deb. CMS spese

SALDO FINALE RETTIFICATO

TOTALEcomp. entro fido legittime

residuo comp. extra fido

legittimesaldo

capit.

data

oper.

data

valutadare avere saldo

ESTRATTO CONTO BANCA

ESTRATTO CONTO PER DATA DISPONIBILITA'

data

oper.

data

valutadare avere saldo

data

disp.

dare avere

E/C CAPITALE (COMP. INT. CRED.) PER DATA DISPONIBILITA'

data

oper.

data

valuta

data

disp.saldo

capitale inter.

Cred. int. deb. CMS spese int. deb. CMS spese

SALDO COMPETENZE DEBITORIE

entro fido extra fido

FASE 1Ordinare l’estratto conto per data disponibilità secondo gli usuali criteri delle revocatorie bancarie.

FASE 2Ricostruire il saldo capitale distinguendo le competenze entro ed extrafido.

FASE 3Classificare i versamenti in conto in rimesse ripristinatorie e rimesse solutorie.

FASE 4Determinare il saldo finale sommando al capitale gli interessi ricalcolati.

Rimessa

ripristinatoria

Rimessa

solutoria

dare avere

E/C CAPITALE (COMP. INT. CRED.) PER DATA DISPONIBILITA'

data

oper.

data

valuta

data

disp.saldo

capitale inter.

Cred. int. deb. CMS spese int. deb. CMS spese

SALDO COMPETENZE DEBITORIE

entro fido extra fido

PROCESSO DI RICOSTRUZIONE DEL SALDO RETTIFICATO

I principi e i criteri illustrati, onde evitare incongruenze nel complesso processo di rical-

colo del saldo rettificato, devono essere opportunamente riportati nella formulazione del quesito

al CTU.

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44

Per l'individuazione degli interessi ed altri oneri oggetto di rimesse solutorie nel corso del

rapporto, nonché degli interessi ed oneri da considerare, invece, al termine del rapporto o della

scadenza/revoca dell'affidamento, si dovrà procedere a:

1) ordinare l'estratto conto, determinando per ciascuna operazione la data disponibile, secondo

gli usuali criteri previsti per la revocatoria delle rimesse bancarie;

2) separare il saldo del capitale di credito, al netto di pagamenti e versamenti, dagli interessi e

altre competenze addebitati dalla banca;

3) ricostruire il saldo capitale rettificato. Si modificherà, volta per volta, in un processo iterati-

vo, il saldo capitale determinato al punto 2), delle rimesse che assumono la veste di pagamen-

to. Tali rimesse verranno prioritariamente rivolte al pagamento, con riferimento al credito in

extra fido, nell‟ordine: degli interessi, legittimi ed illegittimi, nonché delle commissioni e

spese legittime, poi dello stesso credito in extra fido e, da ultimo, delle commissioni e spese;

4) verificata l‟applicazione ed il rispetto della Delibera CICR 9/2/00, tutti gli interessi e compe-

tenze (relativi al fido e all‟extra fido), risultano pagati con l‟annotazione in conto, con conte-

stuale rettifica del capitale; le rimesse solutorie continueranno a pagare eventuali pregressi in-

teressi legittimi (e illegittimi se prescritti) relativi sempre all‟extra fido.

5) gli interessi ed altre competenze legittime ricalcolate sul capitale entro il fido, unitamente ai

residui interessi ed altre competenze legittime sull'extra fido rimaste non pagate, verranno ri-

portate - in regime di capitalizzazione semplice - alla chiusura del conto o in scomputo delle

prime rimesse successive alla revoca/scadenza dell'affidamento;

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45

7. L’accertamento del fido disponibile: natura degli affidamenti.

Come si è mostrato, il ricalcolo del saldo capitale e la conseguente determinazione del

legittimo saldo finale risultano particolarmente delicati e complessi per rapporti affidati che pre-

sentano alternativamente saldi a debito entro il fido ed oltre il fido.

Quando sullo stesso conto insistono affidamenti di diversa natura si renderà necessario

tenere distinta l‟apertura di credito dalle altre forme di affidamento, curando uno specifico e di-

stinto esame della documentazione sottostante per sceverare la presenza e misura dei distinti fidi

attivi. Frequentemente al cosiddetto „fido di cassa‟ si affianca un „castelletto di sconto‟ o un „fido

per anticipo fatture e/o effetti salvo buon fine‟: questi affidamenti sono talvolta collegati ad un

unico conto di corrispondenza. In tali circostanze assume rilievo particolare ciascun affidamento

e la natura della rimessa deve essere valutata con riferimento a ognuno di essi.

Ai fini della determinazione dei saldi disponibili, e quindi del carattere solutorio dei ver-

samenti, si rende opportuno non tener conto degli affidamenti diversi dalle aperture di credito,

che non consentono una immediata ed incondizionata disponibilità di credito. A differenza

dell‟apertura di credito, nel castelletto di sconto e nell‟anticipazione la banca non attribuisce la

facoltà di disporre immediatamente di una somma di denaro ma si impegna ad accettare per lo

sconto, entro una somma predeterminata, i titoli che saranno presentati dall‟affidatario49

. In tali

circostanze il fido non rappresenta l‟ammontare della somma di cui il cliente dispone, bensì il li-

mite massimo entro il quale la banca si impegna ad accettare i titoli presentati. Tali forme di cre-

dito assumono la veste di operazioni auto-liquidanti: la banca anticipa una somma di denaro al

cliente che verrà automaticamente saldata attraverso la „canalizzazione‟ del pagamento sullo stes-

so conto50

.

49 Il cosiddetto "castelletto di sconto" e il fido per smobilizzo crediti, "non attribuiscono al cli-

ente della banca, a differenza del contratto di apertura di credito, la facoltà di disporre con

immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono esclusivamente fonte, per l'isti-

tuto di credito, dell'obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare,

dei titoli che l'affidatario presenterà". (Cass. Civ. Sez. I. 14 luglio 2010, n. 16561). Secondo

una giurisprudenza di merito, con il castelletto di sconto la banca si obbliga, sino all'ammonta-

re del castelletto, a concedere credito al cliente; tale credito, tuttavia, - ed è questa la partico-

larità del castelletto di sconto che differenzia tale figura dall'apertura di credito - potrà essere

utilizzato soltanto tramite lo sconto di effetti o di altri titoli scontabili (fatture, ricevute banca-

rie, ecc.) a condizione che i titoli presentino i requisiti richiesti dalla banca, la quale, nell'accet-

tarli o meno, opera un giudizio discrezionale.

50 Il conto di riferimento è un mero conto di appoggio, privo di identità autonoma, definito

conto indisponibile, la cui esistenza non è neanche indispensabile, potendo la banca regolare

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46

Nella forma ordinaria l‟anticipo di carta commerciale e/o titoli è curato in un‟unica solu-

zione, al più in un roll-over di successivi finanziamenti che si auto-liquidano alla scadenza. In tali

circostanze non vi è provvista da ricostituire con successive rimesse. Nel roll-over su effetti viene

meno un‟incondizionata disponibilità, avente le caratteristiche di ripristinabilità e riutilizzabilità:

il credito viene inizialmente interamente erogato e si auto-liquida alla scadenza dell‟effetto sotto-

stante, seguito eventualmente da un nuovo credito, associato ad un effetto di diverso importo e

scadenza.

Per il conto ordinario l‟accredito dell‟anticipo si risolve in una rimessa che, se interviene

in extra fido, assume la funzione di pagamento, non configurandosi alcun margine di provvista da

ricostituire. Il credito in extra fido, eccezionalmente concesso dalla banca, può ben essere saldato,

unitamente agli interessi, attraverso l‟anticipo. Parimenti, alla scadenza della carta commerciale

e/o dei titoli, a prescindere che questi siano onorati o meno dal debitore, il credito diviene liquido

ed esigibile, congiuntamente ai relativi interessi e, in un preordinato quadro negoziale di riferi-

mento, si autoliquida in conto, a prescindere dalla circostanza che il saldo risulti entro il fido o

oltre il fido.

In considerazione della natura di credito a breve che contraddistingue l‟anticipo di carta

commerciale, nel conto di servizio si realizza un continuo roll over di finanziamenti a breve. Tali

crediti della banca divengono rapidamente esigibili, congiuntamente ai relativi interessi e quindi

appare consequenziale che, oltre al rimborso del credito a breve, vengano pagati anche i relativi

interessi.

le operazioni di anticipo fatture e carta commerciale direttamente in conto (Cfr. Tribunale Mi-

lano 12 luglio ‟05, n. 8689).

Quando la banca accetta all‟anticipazione una fattura entro il limite del castelletto concordato,

registra a debito del conto anticipi il credito anticipato e contestualmente accredita nel conto

corrente di corrispondenza la somma anticipata. Al momento dell‟incasso della carta commer-

ciale la somma viene accreditata direttamente nel conto anticipi, pareggiando il precedente

anticipo. Se invece il credito non va a buon fine la banca addebita l‟importo nel conto corrente

accreditando il conto anticipi. A questa modalità di base si affiancano altre forme analoghe di

contabilizzazione. Nell‟anticipazione s.b.f. si accredita il conto di appoggio con valuta differita e

contemporaneamente si effettua un giro al conto ordinario con valuta corrente: in tal modo il

conto di appoggio presenta saldo zero e valute differenti. Alla scadenza se l‟effetto risulta in-

soluto verrà addebitato il conto ordinario. Dato il sistema di contabilizzazione, per i conti dedi-

cati ad anticipi e sconti di effetti e carta commerciale, di regola, non si possono riscontrare

saldi extra fido.

Non si può propriamente parlare di ripristino della provvista per l‟anticipazione e sconto di car-

ta commerciale accreditata nel rapporto di conto, salvo che queste forme non assumano an-

che la veste di apertura di credito.

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Nella prassi bancaria è invalso sempre più frequentemente l‟impiego del cosiddetto „fido

promiscuo‟, altrimenti chiamato „fido mobile‟, costituito sostanzialmente dalla somma di un fido

di cassa e di un fido s.b.f.: l‟apertura di credito è costituita da una parte sempre incondizionata-

mente disponibile (fido di cassa) e da una parte, entro un massimo predefinito, utilizzabile solo

nel limite dei crediti/titoli accettati all‟incasso. In tali circostanze il fido effettivo risulta appunto

„mobile‟, variando giorno per giorno in funzione degli effetti presentati all‟incasso e di quelli nel

frattempo scaduti: la determinazione dell‟ammontare delle rimesse solutorie non potrà, in tali ca-

si, prescindere da una puntuale ricognizione dell‟ammontare del fido attivo in essere al momento

della rimessa, risultante dai movimenti del portafoglio effetti giacenti presso la banca e non anco-

ra scaduti.

Gli interessi maturati su tali crediti, evidenziati in conti di servizio, vengono di norma gi-

rati sul conto ordinario, confluendo trimestralmente con gli interessi maturati sullo stesso: nella

ricostruzione del capitale rettificato, considerando la natura del credito sottostante (auto-

liquidante), tali interessi, come detto, divengono esigibili alla scadenza di quest‟ultimo.

Determinante risulta altresì l‟accertamento dei distinti rapporti formali di affidamento po-

sti in essere con la banca.

In assenza del contratto di conto corrente con la determinazione delle condizioni, si rende

applicabile il tasso legale, ma se non risulta provato alcun accordo di affidamento le rimesse ri-

sultano solutorie, con pagamento, prima del capitale, degli interessi maturati sullo stesso51

. In tali

circostanze frequentemente risulta preclusa, per il periodo ultradecennale, oltre alla ripetizione

dell‟anatocismo anche la ripetizione del tasso ultralegale. Per l‟ultimo decennio occorre invece

distinguere la quota parte di interessi al tasso legale legittimamente saldata da rimesse di paga-

mento, che induce implicitamente un legale anatocismo, da quella relativa agli interessi debor-

danti il tasso legale che risulterebbe invece ripetibile.

Tuttavia la presenza di un‟apertura di credito può essere dedotta, per il periodo precedente la leg-

ge 154/92, per “facta concludentia”52

, e successivamente per presunzione dalle eventuali indica-

51 Per i rapporti successivi alla L. n. 154/92, in assenza di una forma scritta, il contratto (art.

117, comma 3) è nullo e, se tale nullità è rilevata ai sensi dell‟art. 127 comma 2 del T.U.B., si

ritiene che gli interessi siano da calcolare al tasso legale, sia quelli a debito che quelli a credito

(Trib. Udine, dott.ssa M. A. Chiriacò, 10/5/08 n. 809).

52 La forma scritta per la conclusione dei contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari è

stata disposta dall‟art. 3 della legge 154/92, disciplina poi confluita nell‟art. 117 del T.U.B. (D.

Lgs. 385/93). L‟orientamento giurisprudenziale vigente in precedenza (Cass. n. 2915 del

1992, Cass. n. 3842 del 1996 e Cass. n. 19941 del 2006, Cass. n. 17090 del 2008) prevedeva

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zioni presenti nell‟atto di fideiussione, nella lettera di revoca e/o dall‟estratto conto: frequente-

mente in quest‟ultimo si distingue esplicitamente il tasso „entro il fido‟ e il „tasso „oltre il fido‟.

Per altro, una reiterata o continua posizione in extra fido, senza che siano intervenuti inviti al ri-

entro, può costituire più che un mero indizio53

. La presenza di un‟esposizione in extra fido che si

protrae nel tempo, soprattutto se il saldo presenta frequenti oscillazioni, induce una significativa

presunzione di un fido di fatto, risultando incontrovertibile il reiterato riconoscimento da parte

della banca degli ordini di addebito pervenuti in conto: “per ravvisare la tacita conclusione di un

contratto di apertura di credito può assumere rilevanza, in relazione alle concrete circostanze

(ammontare degli importi pagati, regolarità e durata del comportamento), il comportamento del-

la banca che paghi assegni privi di copertura”. (Cass. N. 2915/92). Connotazioni ben diverse

presenta l‟occasionale tolleranza di sconfinamento di breve momento. La giurisprudenza di legit-

timità ha più volte precisato (cfr. Cass. 4 aprile 1998, n. 3487) che la circostanza che la banca in

che il contratto di apertura di credito potesse essere concluso per facta concludentia e ciò alla

luce del comportamento rilevante della banca, consistente nel pagamento di assegni emessi

dal cliente senza copertura con la conseguenza che anche il relativo recesso, intervenuto pri-

ma dell‟entrata in vigore della normativa innanzi richiamata, “non richiedeva la forma scritta,

potendo essere valida la semplice comunicazione anche verbale della banca al cliente, relativa

all‟intenzione di recedere dai contratti”.

I contratti bancari uniformi precedenti la c.d. legge sulla trasparenza bancaria n. 154/92 e la

successiva entrata in vigore del T.U.B. D. Lgs. 385/93 riportavano, all‟art. 17: “E‟ facoltà

dell‟Azienda di credito di assumere o meno gli incarichi del Cliente. Col valersi dei servizi

dell‟azienda di credito si intendono senz‟altro accettate dal Cliente le norme e le condizioni da

essa stabilite per singoli servizi (come incasso ed effetto documenti, aperture di crediti docu-

mentari, incasso cedole e titoli estratti, custodia od amministrazione titoli, ecc.).”.

53 Significativo, al riguardo, risulta quanto espresso dalla Cassazione in tema di conclusione e

recesso dell‟apertura di credito concessa prima della legge 154/92: “Prima dell'entrata in vigo-

re della citata L. n. 154 del 1992, art. 3 il contratto di apertura di credito veniva considerato

un contratto a forma libera. Vigente il precedente regime giuridico questa Suprema Corte ha

affermato, infatti, che il comportamento della banca, consistente nel pagamento di assegni

emessi dal cliente senza copertura, può essere valorizzato, in relazione alle circostanze del ca-

so concreto, per ravvisare la tacita conclusione di un contratto di apertura di credito, trattan-

dosi di rapporto non soggetto alla forma scritta, ammettendosi quindi la costituzione di detto

contratto per facta concludentia (cfr. Cass. n. 2915 del 1992; Cass. n. 3842 del 1996). Nel ca-

so che ne occupa è pacifico che sia l'apertura di credito che il fido negoziazione assegni sono

stati concessi prima dell'entrata in vigore della normativa su richiamata; conseguentemente è

giuridicamente corretto ritenere che il recesso da tali contratti - avvenuto peraltro prima della

entrata in vigore di detta normativa - non richiedesse, come invece sostenuto dalla banca ri-

corrente, la forma scritta e che fosse valida la comunicazione anche verbale da parte della

banca stessa al cliente della intenzione di recedere dai contratti summenzionati.” (Cassazione,

Sez. I n. 17090 del 24/6/08).

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precedenza abbia consentito il superamento del limite di fido costituisce mera tolleranza ed espli-

citazione di una facoltà discrezionale di volta in volta esercitata dalla banca in relazione a speci-

fiche valutazioni, ma non integra una manifestazione di volontà idonea a costituire clausole con-

trattuali pattuite tra le parti.

Un ruolo rilevante per l‟accertamento del fido può assumere lo storico della Centrale dei

Rischi, che è agevolmente reperibile, quanto meno per il periodo successivo all‟1/1/96, presso la

Banca d‟Italia54

. La segnalazione alla Centrale dei Rischi, che risponde ad un precipuo obbligo di

legge, consente di fotografare, con cadenza mensile, le categorie di credito concesso

dall‟intermediario, con la distinzione dell‟importo „accordato‟ e di quello „utilizzato‟. Alla stre-

gua di una auto-certificazione della banca attesterebbe l‟esatto importo del fido accordato in cia-

scun mese, rimanendo a carico della banca la prova dei tassi e condizioni concordati. D‟altra par-

te la nullità prevista per l‟inosservanza della forma scritta opera soltanto a vantaggio del cliente.

In presenza di contratto di conto corrente in forma scritta, che risulti privo

dell‟indicazione del tasso di interesse e/o delle altre condizioni, oltre che di uno specifico con-

tratto di affidamento, si renderà applicabile il tasso legale e/o l‟art. 117 del TUB (D. Lgs.

385/93)55

. In tali circostanze l‟assenza della specifica forma scritta dell‟affidamento non porta

necessariamente alla nullità del contratto. Il rigore disposto dal 1° comma dell‟art. 117 viene at-

tenuato nel 2° comma: il C.I.C.R. può prevedere che particolari contratti possano essere stipulati

in forma diversa. In passato, per lungo tempo, non essendo intervenuta alcuna Delibera C.I.C.R.

al riguardo, hanno continuato a trovare applicazione, ai sensi dell‟art. 161, commi 2 e 5, D.Lgs.

n. 385/93, l‟art. 3, commi 2 e 3, L. 154/92 e il D.M. del Tesoro 24 aprile 1992, nonché le istru-

zioni operative della Banca d‟Italia 24 maggio 1992, che prevedevano una deroga alla forma

54 Per il periodo precedente l‟estrazione dei dati presenta difficoltà, riconducibili ai mutamenti

intervenuti nell‟organizzazione e gestione del sistema informativo di rilevazione ed archivia-

zione dei dati stessi.

55 Per i contratti stipulati prima dell‟entrata in vigore della L. n. 154/92, risultando nulle le

clausole che non prevedono una specifica pattuizione scritta del tasso di interesse o prevedono

il riferimento agli usi di piazza, ne consegue l‟applicazione dell‟interesse legale ex art. 1284

c.c.. Per le obbligazioni sorte successivamente alla menzionata legge, per il contratto posto in

essere prima, si deve continuare ad applicare il tasso legale ex art. 1284 c.c., in quanto l‟art.

161 del D.Lgs. 385/93 prevede, per i contratti in essere, l‟applicazione delle norme anteriori

(Cass. Civ. Sez. I n. 11466/08, Trib. Torino, n. 450/10). Quest‟ultima interpretazione è stata

più recentemente oggetto di un‟autorevole conferma della Corte Costituzionale (Ordinanza n.

338 del 18/12/09).

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scritta “per le operazioni ed i servizi contemplati in contratti già redatti per iscritto”56

. E il con-

tratto uniforme di conto corrente, all‟art. 6 delle “Norme che regolano i conti correnti di corri-

spondenza e servizi connessi”, prevede espressamente, seppur genericamente, le aperture di cre-

dito.

Sulla base di tali richiami la Cassazione ha riconosciuto in passato la validità delle dispo-

sizioni derogatorie alla forma scritta emanate dalla Banca d‟Italia57

.

56 Solo con la Delibera del 4 marzo ‟03, relativa alla disciplina della trasparenza delle condizio-

ni contrattuali, il C.I.C.R. ha previsto all‟art. 10, relativo alla “Forma dei contratti”, che “la

Banca d‟Italia può individuare forme diverse da quella scritta per le operazioni e i servizi, og-

getto di pubblicità ai sensi della presente delibera, che hanno carattere occasionale ovvero

comportano oneri di importo contenuto per il cliente”. Le nuove disposizioni di trasparenza

della Banca d‟Italia prevedono che la forma scritta non è obbligatoria per: a) le operazioni e i

servizi effettuati in esecuzione di contratti redatti per iscritto; b) le operazioni e i servizi pre-

stati in via occasionale – quali, ad esempio, acquisto e vendita di valuta estera contante, e-

missione di assegni circolari – purché il valore complessivo della transazione non ecceda 5.000

euro e a condizione che l‟intermediario: 1) mantenga evidenza dell'operazione compiuta, 2)

consegni o invii tempestivamente al cliente conferma dell'operazione in forma scritta o su altro

supporto durevole, indicando il prezzo praticato, le commissioni e le spese addebitate; c)

l‟emissione di prodotti di moneta elettronica anonimi non ricaricabili, ovvero nei casi previsti

dall‟articolo 25, comma 6, lett. d), del D.lgs. n. 231 del 21 novembre 2007.

57 “La sentenza impugnata ha affermato che sulla base della disciplina di legge (art. 3 legge

154/1992 e art. 117 T.U.B.) il contratto di apertura di credito deve essere redatto per iscritto

a pena di nullità e che a nulla rilevano eventuali disposizioni meno restrittive emanate in via

amministrativa dalla Banca d‟Italia. Tale affermazione non può essere condivisa. Le norme

emanate dal C.I.C.R. (nel 1992 in via d‟urgenza, in sua sostituzione, dal Ministro del Tesoro) e

dalla Banca d‟Italia completano ed integrano la norma di legge, in virtù di una facoltà espres-

samente prevista dalla legge stessa. Non si tratta pertanto di atti amministrativi illegittimi

perché contra legem, ma di atti a contenuto ed efficacia normativi, emanati dal C.I.C.R. e

dall‟Autorità di vigilanza nell‟esercizio di un potere espressamente loro attribuito dal legislato-

re. Tali norme integrano il precetto legislativo e, nei limiti consentiti dalla legge stessa, vi de-

rogano, con la conseguenza che hanno natura di atti normativi, sia pur non di rango primario

e debbono pertanto essere conosciute d‟ufficio dal giudice, secondo il principio iura novit curi

(…) Dal 1992 a tutt‟oggi le disposizioni della Banca d‟Italia, a tanto autorizzata dal CICR, han-

no sempre previsto, pur nel variare dei testi normativi, che non fosse richiesta la forma scritta

per i contratti relativi ad operazioni e servizi già previsti in contratti redatti per iscritto, tra cui

il contratto di conto corrente, in base alla considerazione che costituisce sufficiente garanzia

per il cliente che il contenuto normativo del contratto sia redatto per iscritto, mentre poi la sua

concreta stipulazione, alle condizioni riportate nel contratto scritto, potrà avvenire in altra

forma nel rispetto delle esigenze di celerità ed operatività che taluni tipi di contratti esigono.”.

(Cassazione, sentenza del 9/7/05 n. 14470).

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Il principio viene ribadito dalla Cassazione 19941/06 e, più recentemente, dalla Cassa-

zione n. 8953/10 che, per una revocatoria bancaria relativa al „96, precisa: “È vero che la banca

potrebbe provare l‟esistenza dell‟apertura di credito anche per “facta concludentia”, ma tale

dimostrazione può essere fornita dalla banca soltanto nel caso in cui risulti applicabile la deroga

al requisito della forma scritta, prevista nelle disposizioni adottate dal C.I.C.R. e dalla Banca

d‟Italia ai sensi del citato art. 117 del D. Lgs. n. 385 del 1993 (che al comma 2 stabilisce che il

C.I.C.R. può prevedere che, per motivate ragioni, particolari contratti possono essere stipulati in

altra forma) e, anteriormente, ai sensi dell‟art. 3 della legge n. 154 del 1992, per essere stato ta-

le contratto già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto

(cfr. in tal senso Cass. n. 14470 del 2005; Cass. n. 19941 del 2006).”.

Da ultimo la Cassazione civ., Sez. I, 17 febbraio ‟11, n. 3903 ha stabilito: “Con il secon-

do motivo, la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione: la tra-

sformazione dell'originario conto corrente in un' apertura di credito doveva essere documentata

dalla banca. Anche tale motivo va rigettato, siccome infondato. Secondo giurisprudenza consoli-

data la pattuizione relativa alla trasformazione del conto in apertura di credito può realizzarsi

anche per facta concludentia (tra le altre, Cass. n. 14470/2005); nella specie - chiarisce il giudi-

ce a quo - già una clausola del contratto di conto corrente prevedeva le condizioni per l'apertura

di credito e la concessione di continui sconfinamenti, protratti costantemente nel tempo, ha dato

luogo al perfezionarsi di tale apertura.”.

Uno sconfinamento che non sia temporaneo e contingente perfeziona un rapporto che, se

non formalizzato per iscritto, distintamente dal rapporto di c/c, è in questo ricompreso attraverso

il richiamo riportato nel regolamento: in tali circostanze si configura, più che uno sconfinamento,

un passivo che può, sul piano operativo, essere commisurato al massimo scoperto del periodo58

.

D‟altra parte, accertata la presenza di un fido – sia attraverso estratto conto, segnalazione alla

Centrale dei Rischi o altro documento o, più semplicemente per facta concludentia – poiché

l‟onere della prova per l‟azione di prescrizione spetta alla banca, sarà questa a dover fornire il

58 Il conto corrente può offrire servizi di finanziamento secondo due modalità, che è bene

mantenere distinte per le differenti implicazioni in termini sia di effettiva disponibilità dei fondi

sia, soprattutto, di costi per la clientela. Il normale percorso da seguire per ricevere un finan-

ziamento in conto corrente prevede che il cliente, sia esso famiglia o impresa, richieda for-

malmente alla banca una linea di credito (fido) cui poter attingere nei momenti di necessità; la

banca, dopo averne esaminato il merito di credito, mette a disposizione del cliente una somma

determinata di fondi su cui egli può fare affidamento e che può all‟occorrenza utilizzare. Diver-

so è il caso in cui un cliente abbia improvvisa necessità di ottenere credito a valere su un con-

to corrente privo di fido: in tal caso l‟utilizzo dei fondi (scoperto di conto) ha carattere ecce-

zionale, è soggetto alla discrezionalità della banca ed è di breve durata.

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documento di affidamento per il discrimine tra pagamento e ripristino. “ (…) Tuttavia tale soglia

di affidamento non è stata precisamente individuata neanche con la CTU disposta in sede di ap-

pello e allora deve domandarsi su chi grava l‟onere della prova della reale entità

dell‟affidamento al fine di stabilire il discrimine tra „pagamento‟ e „rimesse‟ destinata a riespan-

dere la misura dell‟affidamento nuovamente utilizzabile dal correntista (come insegnato dalla

Suprema Corte con la sentenza n.24418/2010), La risposta non può essere che una sola (in virtù

del principio di prossimità della prova) ed é che quella prova incombeva alla banca. Infatti

quest‟ultima aveva tutto l‟interesse a definire quale era stata la soglia dell‟affidamento (conces-

so in concreto al correntista) al fine di stabilire quali versamenti del correntista rientrassero nel

limite previsto (ricostituzione della misura dell‟affidamento) e quali (quelli oltre il fido) costi-

tuissero „pagamenti‟, con la conseguente applicabilità, a questi ultimi, dell'art1194 c.c. Appari-

rebbe invero troppa semplice (e comodo) non dare la prova della soglia di affidamento e da ciò

far derivare, conseguentemente, che i versamenti del correntista siano da considerare tutti – in-

distintamente – dei „pagamenti‟ eseguiti su un conto corrente passivo, senza tener conto della

concreta realtà del rapporto (con affidamento di fatto concesso dalla banca al correntista). La

questione va peraltro rovesciata, nel senso che, in mancanza di prova della soglia di affidamento

(concretamente effettuato dalla banca verso il proprio cliente versamenti costantemente effettuati

nel tempo dalla correntista non possono essere considerati tutti „pagamenti‟ bensì rimesse effet-

tuate per ripristinare l‟affidamento sul quale il correntista poteva contare e continuare a gode-

re.” (Corte d‟Appello Torino, 23 febbraio ‟12).

8. Il saldo zero e la sua applicazione.

Secondo i principi del nostro ordinamento in materia di onere della prova le parti

devono produrre in giudizio i contratti ed estratti conto al fine di provare il loro diritto e i

Giudici, con l‟ausilio dei CTU, devono accertare il corretto saldo del rapporto di conto e

la relativa differenza rispetto al saldo indicato dalla banca.

Laddove la Banca non produca, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, nei

termini perentori ex art. 184 c.p.c., la documentazione di conto corrente concernente la

totale durata del rapporto di conto, limita le possibilità di calcolo, impedendo al CTU di

ricostruire correttamente il “saldo iniziale” ovvero il saldo realmente maturato a debi-

to/credito del cliente precedentemente alla prima operazione di conto disponibile in atti.

Inoltre, come ribadito da una recente Sentenza del Tribunale di Pescara “la deca-

denza istruttoria maturata in capo alla Banca per non avere prodotto nei termini la pre-

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detta documentazione contabile non può essere aggirata attraverso l‟attribuzione al no-

minato CTU del potere di acquisire d‟ufficio presso gli uffici della Banca la documenta-

zione da questa colpevolmente non prodotta in giudizio, pena violazione della disciplina

dell‟onere della prova e della perentorietà dei termini di cui all‟art. 184 c.p.c.”

Il CTU, quindi, non potendo vagliare la giustificazione contabile e negoziale di

tale “saldo iniziale”, contestato dal correntista, né depurarlo dagli anatocismi passivi ille-

gittimi ex art. 1283 c.c. conteggiati nei relativi estratti conto, né verificare la rispondenza

del contratto ai requisiti inderogabili di forma e di sostanza previsti dall‟art. 117 TUB,

deve procedere all‟azzeramento del suindicato saldo59

.

Il principio è stato più recentemente ribadito dalla Cassazione n. 23974 del

25/11/10: “La Corte d'appello ha correttamente ritenuto che la nullità della clausola di

capitalizzazione trimestrale degli interessi e di quella di determinazione del tasso in base

agli usi di piazza comportava per la Banca l'onere di provare l'effettiva entità del pro-

59 Nel caso in cui intervenga anche una domanda in via riconvenzionale, l‟applicazione del

saldo zero non consentirebbe tuttavia di ricomputare l‟eventuale saldo positivo a favore del

cliente, non avendo anch‟egli provato la movimentazione del rapporto di conto: “Il metodo del

saldo zero si giustifica alla luce del principio generale in forza del quale la lacuna probatoria

non può che tradursi in danno della parte su cui incombe l‟onere di dimostrare il fatto costitu-

tivo del diritto fatto valere. (…) Tale sistema si fonda, dunque, sul mancato riconoscimento del

credito eventualmente maturato dalla banca nei segmenti del rapporto negoziale sprovvisti di

documentazione. La mancanza di documentazione non giustifica, tuttavia, che le somme (per

tale ragione) non riconosciute alla banca siano oggetto di richiesta di restituzione da parte del

correntista.

Nel caso di specie l‟azione di ripetizione dell‟indebito si fonda, invero, sull‟illegittimità della

clausola di capitalizzazione e, di conseguenza, sul carattere indebito delle appostazioni conta-

bili a debito compiute dalla banca in conseguenza della applicazione di tale clausola.

Ciò implica in capo al correntista l‟onere di dimostrare: a) la pattuizione e l‟applicazione di una

clausola anatocistica; b) l‟annotazione a debito delle somme risultanti dell‟illegittima capitaliz-

zazione.

Tale assunto è il corollario del principio generale secondo il quale incombe all‟attore in ripeti-

zione la prova dell‟inesistenza della causa debendi – nella specie costituita dalla nullità della

clausola anatocistica – e dell‟avvenuto pagamento (Cass. N. 5896/06).

Ne deriva che ove, come nella specie, l‟opponente in via riconvenzionale formuli una domanda

siffatta non può ottenere la condanna dell‟istituto di credito alla restituzione delle somme in-

debitamente attribuitegli ove non provi integralmente la movimentazione dle rapporto di conto

corrente.

In caso contrario non può chiedere a tale titolo la differenza di saldo derivante

dall‟applicazione del metodo saldo zero, perché detta differenza non deriva dalla applicazione

indebita di interessi, ma dalla mancata dimostrazione del credito maturato dalla banca nei pe-

riodi sprovvisti di documentazione.” (Tribunale di Latina, L. Mancini, n. 1774 del 19/6/12).

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prio credito non essendo a tal fine sufficiente la produzione dei saldo conto come avve-

nuto nella specie. Tale affermazione è del tutto conforme all'orientamento espresso da

questa Corte secondo cui "una volta esclusa la validità della clausola sulla cui base sono

stati calcolati gli interessi, soltanto la produzione degli estratti a partire dall'apertura

del conto corrente - considerato che, in virtù dell'unitarietà del rapporto, da tale momen-

to decorre la prescrizione del credito di restituzione per somme indebitamente trattenute

dalla banca a titolo di interessi (Cass. 9 aprile 1984, n. 2262) - consente, attraverso una

integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, di deter-

minare il credito della banca, semprechè la stessa non risulti addirittura debitrice, una

volta depurato il conto dalla capitalizzazione degli interessi non dovuti. Allo stesso risul-

tato, evidentemente, non si può pervenire con la prova del saldo, comprensivo di capitali

ed interessi, al momento della chiusura del conto. Infatti, tale saldo non solo non consen-

te di conoscere quali addebiti, nell'ultimo periodo di contabilizzazione, siano dovuti ad

operazioni passive per il cliente e quali alla capitalizzazione degli interessi, ma a sua

volta discende da una base di computo che è il risultato di precedenti capitalizzazioni

degli interessi" (Cass. 10692/07 Cass. 16679/09).

La sentenza riportata fa riferimento al termine prescrizione fondato esclusivamen-

te sull‟unitarietà del rapporto. La sentenza 24418/10, intervenuta pochi giorni dopo, in-

troducendo il principio delle rimesse solutorie/ripristinatorie, indurrebbe un temperamen-

to ad una rigida applicazione del saldo zero. Occorre infatti verificare se il saldo negativo

iniziale, nel quale possono essere ricompresi interessi anatocistici ed ultralegali, non sia

stato coperto da rimesse solutorie intervenute successivamente e ormai prescritte. In tali

circostanze, assai particolari ma non remote, non vi è dubbio che si renderebbe necessa-

rio applicare i criteri illustrati nei precedenti paragrafi, riconducendo detto saldo

all‟importo corrispondente alle rimesse di pagamento intervenute anteriormente al de-

cennio di prescrizione.

dott. Roberto Marcelli