RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte...

26
Convegno annuale SISP 2016 Panel 10.2 Convergenza o divergenza? La riorganizzazione degli enti locali italiani tra policy e politics RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN CONTESTO IPER-FRAMMENTATO: L’ESPERIENZA LOMBARDA. Martino Mazzoleni Università Cattolica del Sacro Cuore ABSTRACT Nel contesto dei mutamenti istituzionali in atto negli “enti autonomi” della Repubblica (art. 114 co. 2 Cost.), sulla spinta della legge 56/2014 e della legge di revisione costituzionale sottoposta a referendum confermativo, gli attori politici ed istituzionali lombardi hanno avviato un ripensamento dell’assetto organizzativo e funzionale degli enti territoriali della regione, con particolare riguardo ai Comuni, alle loro aggregazioni e alle Province in transizione verso i futuri enti di area vasta. Il quadro lombardo, infatti, si caratterizza oltre che per la numerosità degli enti comunali (oltre 1500) e provinciali (11 più la Città metropolitana milanese) per l’estrema frammentazione e articolazione degli ambiti territoriali ottimali per la pianificazione e l’esercizio dei servizi pubblici locali e per la gestione delle policies regionali. In assenza di decisioni strutturali di riorganizzazione degli enti locali assunte in occasione dell’attuazione della legge ‘Delrio’ – che ha preso forma con la lr 19/2015 (sulle funzioni non fondamentali delle Province) e la lr 32/2015 (sulla Città Metropolitana di Milano) anche per l’opposizione politica alla ‘Delrio’ da parte della maggioranza al governo in regione, la presidenza Maroni ha da qualche mese avviato con decisione un processo finalizzato al riordino del sistema delle autonomie nella più popolosa regione italiana. L’obiettivo del paper è ricostruire, grazie ad un’analisi documentale e ad interviste ad alcuni protagonisti del processo, il network politico-istituzionale che sta governando il cambiamento in atto, gli interessi ed obiettivi degli attori e le dinamiche che li attraversano, anche per evidenziare eventuali peculiarità nel panorama nazionale. Facendo difetto una vera leadership dei partiti politici regionali su questo tema, attenzione particolare nel paper sarà dedicata al posizionamento della Giunta regionale e delle associazioni di rappresentanza dei livelli comunale e provinciale, nonché al disegno organizzativo emergente circa i medesimi livelli. NOTA: il paper è l’esito parziale di un lavoro in itinere. Si chiede quindi di non utilizzarlo per citazioni senza l’autorizzazione dell’autore. Grazie

Transcript of RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte...

Page 1: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

Convegno annuale SISP 2016

Panel 10.2 Convergenza o divergenza?

La riorganizzazione degli enti locali italiani tra policy e politics

RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN CONTESTO IPER-FRAMMENTATO:

L’ESPERIENZA LOMBARDA.

Martino Mazzoleni

Università Cattolica del Sacro Cuore

ABSTRACT

Nel contesto dei mutamenti istituzionali in atto negli “enti autonomi” della Repubblica (art. 114 co. 2 Cost.),

sulla spinta della legge 56/2014 e della legge di revisione costituzionale sottoposta a referendum

confermativo, gli attori politici ed istituzionali lombardi hanno avviato un ripensamento dell’assetto

organizzativo e funzionale degli enti territoriali della regione, con particolare riguardo ai Comuni, alle loro

aggregazioni e alle Province in transizione verso i futuri enti di area vasta. Il quadro lombardo, infatti, si

caratterizza – oltre che per la numerosità degli enti comunali (oltre 1500) e provinciali (11 più la Città

metropolitana milanese) – per l’estrema frammentazione e articolazione degli ambiti territoriali ottimali

per la pianificazione e l’esercizio dei servizi pubblici locali e per la gestione delle policies regionali.

In assenza di decisioni strutturali di riorganizzazione degli enti locali assunte in occasione dell’attuazione

della legge ‘Delrio’ – che ha preso forma con la lr 19/2015 (sulle funzioni non fondamentali delle Province) e

la lr 32/2015 (sulla Città Metropolitana di Milano) – anche per l’opposizione politica alla ‘Delrio’ da parte

della maggioranza al governo in regione, la presidenza Maroni ha da qualche mese avviato con decisione un

processo finalizzato al riordino del sistema delle autonomie nella più popolosa regione italiana.

L’obiettivo del paper è ricostruire, grazie ad un’analisi documentale e ad interviste ad alcuni protagonisti

del processo, il network politico-istituzionale che sta governando il cambiamento in atto, gli interessi ed

obiettivi degli attori e le dinamiche che li attraversano, anche per evidenziare eventuali peculiarità nel

panorama nazionale. Facendo difetto una vera leadership dei partiti politici regionali su questo tema,

attenzione particolare nel paper sarà dedicata al posizionamento della Giunta regionale e delle associazioni

di rappresentanza dei livelli comunale e provinciale, nonché al disegno organizzativo emergente circa i

medesimi livelli.

NOTA: il paper è l’esito parziale di un lavoro in itinere. Si chiede quindi di non utilizzarlo per

citazioni senza l’autorizzazione dell’autore. Grazie

Page 2: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

2

INDICE

1. Introduzione

2. Il caso Lombardo: frammentazione di enti e ‘geometria variabile’ degli ambiti ottimali

3. Attuare la riforma: una soluzione attendista e conservatrice

4. Il processo di revisione in corso

5. Conclusioni

6. Bibliografia

1. INTRODUZIONE

Il dibattito sul riordino del sistema delle autonomie locali in Lombardia, alla luce dell’attuazione

della legge 56/2014 e della revisione costituzionale approvata dal Parlamento, ha interessato una

molteplicità di attori, anche al di fuori delle istituzioni pubbliche, e ha sin qui seguito un percorso

che questo paper intende illustrare. La finalità non è proporre un quadro esaustivo delle vicende

inerenti l’attuazione della l.Delrio in Lombardia, né fornire risposte conclusive ad interrogativi di

natura teorica. L’obiettivo è invece quello di ricostruire il sottosistema di policy attualmente

interessato alla revisione degli enti territoriali lombardi, le attività svolte e le posizioni espresse a

tale riguardo, per generare alcune ipotesi sul policy process stesso1, anche alla luce del processo

legislativo conclusosi nel 2015 con l’approvazione di due leggi regionali di attuazione della l.

56/2014.

Il paper prende avvio con una sintetica illustrazione del quadro attuale degli enti locali in

Lombardia, che ne manifesta l’estrema frammentazione e complessità. Segue un rapido resoconto

della prima fase di attuazione della riforma dell’ente Provincia seguita alla l. 56/2014. Ci si focalizza

poi sul processo di revisione in atto, avviato a inizio 2016 per fornire, nelle conclusioni, un primo

quadro del sottosistema di policy – con particolare riguardo agli attori istituzionali, protagonisti del

processo – e del ciclo di policy descritto, alla luce di un consolidato schema analitico nell’ambito

dei policy studies (Howlett et al. 2009).

2. IL CASO LOMBARDO: FRAMMENTAZIONE DI ENTI E ‘GEOMETRIA VARIABILE’ DEGLI

AMBITI OTTIMALI

2.1 Gli enti locali

1 Considerando i cambiamenti istituzionali come una policy ‘costituente’ (Lowi 1972)

Page 3: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

3

Nel contesto italiano, la Lombardia – la regione più popolosa con circa dieci milioni di abitanti e tra

le più ampie con una superficie di 23.861 km² – si caratterizza per la numerosità degli enti locali e

la complessità e frammentarietà delle loro articolazioni organizzative.

Cominciando dalla dimensione comunale, il caso lombardo è esemplificativo della frammentazione

che caratterizza buona parte del territorio nazionale. Vi sono, infatti, 1530 Comuni (al 31.12.2014),

dei quali buona parte di piccola dimensione, come mostra la Tabella 1, tanto che – come per il

caso piemontese – è frequente trovare in letteratura la metafora della ‘polverizzazione’ degli enti

locali per descriverne la numerosità associata alle modeste dimensioni.

Tab. 1 – Il numero dei Comuni lombardi e la popolazione residente, per classe demografica, 2015

Abitanti Comuni Popolazione

N % N %

Fino a 1000 325 21,2% 175.939 1,8%

Da 1000 a 5000 736 48,1% 1.925.094 19,2%

PICCOLI COMUNI 1061 69,3% 2.101.033 21,0%

oltre 5.000 abitanti 469 30,7% 7.901.582 79,0%

TOT. 1530 100,0%% 10.002.615 100,0%

Fonte: adattamento da IFEL (2015, 3).

In molte Provincie la dimensione demografica media del comune è sotto i 5000 abitanti: Como

(3810), Cremona (3110), Bergamo (4489), Lecco (3822), Lodi (3668) e Sondrio (2318).

Naturalmente, nella regione sono da tempo attive aggregazioni tra comuni. L’IFEL (2015, 9)

censisce a dicembre 2014 solo 61 Unioni di Comuni, interessanti il 15% circa degli enti, come

illustra la tabella 2.

Tab. 2 – Composizione delle Unioni di Comuni lombarde

Classe demografica N. Comuni in Unione % Comuni in Unione

Fino a 1.000 abitanti 90 27,7%

Tra 1.001 e 2.500 abitanti 79 20,5%

Tra 2.501 e 5.000 abitanti 42 12,0%

Piccoli Comuni 211 19,9%

Oltre 5.000 abitanti 15 3,2%

Totale 226 14,8%

Italia 1.983 24,6%

Fonte: adattamento da IFEL (2015, 9)

Page 4: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

4

Quanto alla gestione associata di funzioni comunali, essa interessa oltre quattrocento Comuni

(compresi quelli in Unione)2 e vede come ente capofila per il 58% un Comune, per il 27%

un’Unione e per il restante 15% una Comunità montana.

Un’analisi di Éupolis Lombardia, l’istituto di ricerca e formazione della Regione, sulla situazione

dell’associazionismo nei piccoli Comuni rivela come la Lombardia è la Regione con “il primato

nazionale dei Comuni in obbligo GAO” (gestione associata obbligatoria delle funzioni) ma “dopo

cinque anni di tentativi e di proroghe i vincoli normativi, pensati per altri contesti, faticano ad

essere applicati” (Éupolis Lombardia 2015, 12). Analogamente agli altri territori d’Italia, esiste

infatti un ostacolo culturale ad avviare processi aggregativi laddove non vi sono tra enti locali

esperienze precedenti di cooperazione o legami significativi. In aggiunta, specialmente nel caso

delle Unioni di Comuni vi sono oggettive difficoltà sia dal punto di vista gestionale che sostanziale,

giacché – a differenza delle fusioni – esse non eliminano enti, anzi ne creano di nuovi (i Comuni

non scompaiono ma continuano ad esistere affianco all’Unione stessa), perciò gli iter burocratici e

i processi amministrativi non diminuiscono. Il vantaggio economico derivante dall’aggregazione in

Unioni, in altri termini, è ancora tutto da dimostrare. Dal punto di vista politico-amministrativo,

inoltre, l’Unione spesso rappresenta (rispetto al proprio Consiglio comunale) un’ulteriore sede di

negoziazione politica per uni sindaco ed una maggioranza innanzitutto desiderosi di attuare il

proprio programma senza troppi ostacoli. In sintesi, i sindaci e, a volte, i Consigli comunali non

hanno ravvisato l’opportunità né l’utilità delle Unioni e delle convenzioni per l’esercizio associato

di funzioni in termini di risparmi o efficacia nel produrre beni pubblici e collettivi. Per ricapitolare,

in tema di aggregazioni comunali anche in Lombardia si evidenzia Il rischio di insufficienti risultati

(in termini di efficienza) o addirittura di aggregazioni puramente formalistiche.

Nell’ambito del processo di revisione e riduzione degli enti non costituzionali operato da

Parlamento e Governo nell’ultimo decennio3, la Regione Lombardia ha deciso di proseguire

l’esperienza ultratrentennale delle Comunità montane come soggetti in grado di contribuire alla

coesione, lo sviluppo e la valorizzazione del territorio montano, che costituisce circa un terzo della

superficie della regione, soprattutto concorrendo all’attuazione delle politiche regionali negli

ambiti sociale, territoriale ed economico. Le odierne Comunità montane sono enti che associano

Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né

2 Come nel resto del Paese, i principali servizi gestiti in forma associata mediante Unione o convenzione sono:

protezione civile, catasto, servizi sociali, polizia locale, trasporto pubblico locale, rifiuti, edilizia scolastica, pianificazione urbanistica, organizzazione generale dell’amministrazione. 3 Si ricorda a tal proposito il tentativo di abrogazione delle Comunità montane con la legge finanziaria del 2008,

cassato dalla Corte costituzionale con sentenza 237/2009 in quanto la materia rientra tra le competenze residuali delle regioni in base all’art. 117 Cost. 4 In base all’art 1, obiettivo delle Comunità è : “conseguire l'ottimizzazione dei livelli di governo e delle caratteristiche

dimensionali, demografiche e strutturali, nonché il superamento della frammentazione, assicurando l'efficienza, la continuità dei servizi, l'efficacia delle politiche locali, la razionalizzazione e la semplificazione.”

Page 5: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

5

coincidono con le esperienze delle Unioni o delle gestioni associate5. 519 Comuni lombardi

costituiscono 23 Comunità montane, illustrate nella Figura 1.

Fig. 1 – Mappa delle Comunità montane della Lombardia

Fonte: Regione Lombardia (2016a, 26)

Quella del territorio montano è, ovviamente, una caratteristica non esclusiva della Lombardia. La

Regione, comunque, nel suo apparato legislativo ed amministrativo vi ha sempre riservato

un’attenzione particolare. L’ultimo esempio riguarda proprio la riforma degli enti territoriali

seguita alla l. 56/2014, che ha visto attribuire alla Provincia di Sondrio, a territorio interamente

montano, uno speciale riconoscimento di funzioni e ruoli nella governance regionale, come si

illustrerà nel paragrafo 3.

Passando ad una dimensione più ampia, si ricorda che gli enti provinciali lombardi sono oggi 11.

Accanto alle ‘storiche’ Province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia, Sondrio e

Varese, nel 1992 sono state istituite le Province di Lecco e Lodi e la l. 146/2004 ha istituito quella

di Monza e Brianza. Tutte le amministrazioni provinciali sono state interessate dall’elezione di

secondo grado prevista dalla l. 56/2014, ad eccezione di quelle di Mantova e Pavia, rinnovate poco

prima dell’approvazione della legge. Come noto, infine, la l.56/2014 ha definitivamente istituito la

Città Metropolitana di Milano in luogo della vecchia Provincia del capoluogo

5 Vi sono, pertanto, comuni in obbligo normativo di GAO e Unioni di Comuni che fanno parte di Comunità montane.

Page 6: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

6

2.2 Gli ambiti territoriali ottimali

Per tracciare, ancorché sinteticamente, il quadro della governance territoriale lombarda, occorre

ricordare accanto agli enti locali come la normativa settoriale lombarda, nelle materie di

competenza legislativa regionale, individua una serie di ‘ambiti territoriali ottimali’ per la gestione

di funzioni pubbliche. Come per gli enti locali, il disegno che ne emerge è alquanto complesso e

frammentato. Quello che segue è un elenco dei principali ambiti introdotti negli ultimi anni, divisi

per settori di policy, dai quali si escludono solo per economia di spazio quelli consolidati, come i

distretti socio-sanitari, e quelli di dimensione prettamente locale come i Gruppi di Azione Locale

(GAL):

nell’ambito del servizio socio-sanitario, in sostituzione delle vecchie 15 Aziende Sanitarie

Locali (ASL) di dimensione provinciale6, la lr 23/2015 “Evoluzione del sistema sociosanitario

lombardo: modifiche al titolo I e II della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo

unico delle leggi regionali in materia di sanità)” ha istituito (peraltro, in via sperimentale) 8

Agenzie di Tutela della Salute (ATS) procedendo ad una serie di accorpamenti: Cremona è

stata unita a Mantova; Lodi a Milano; Lecco a Monza; Varese a Como ad eccezione della

zona dell’Alto Lario; questa è stata a sua volta aggregata con Sondrio e con la Valcamonica

(BS), mentre il resto della provincia bresciana ha una sua ATS, così come le province di

Bergamo e Pavia. L’erogazione delle prestazioni avviene attraverso 22 Aziende

sociosanitarie territoriali (ASST), a fronte delle precedenti 29 Aziende ospedaliere (AO).

Nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, oggi esistono 5 Aziende Lombarde Edilizia

Residenziale (ALER), frutto degli accorpamenti tra le precedenti 12 ALER di dimensione

provinciale (più quella cittadina di Milano) dettati dalla lr 17/2013 “Modifiche alla lr

27/2009 - Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica”, sotto

la spinta del taglio ai costi della politica7. Oggi solo la Città metropolitana milanese ha una

sua ALER, mentre sul resto del territorio opera un’azienda per i territori delle Province di:

a) Varese, Como e Monza-Brianza; b) Bergamo, Lecco e Sondrio; c) Brescia, Cremona e

Mantova; d) Pavia e Lodi.

Nell’ambito del trasporto pubblico locale, la lr 6/2012 “Disciplina del settore dei trasporti”

(art. 7, modificato dalla lr 19/2015) ha istituito 6 bacini territoriali nei quali Province e

Comuni capoluogo, associati in apposite Agenzie di TPL, svolgono compiti di

programmazione e assegnazione del servizio di trasporto e relativi controlli. I bacini sono

6 ad eccezione della città di Milano, separata dalla sua provincia e divisa in due ASL, e dalla Valcamonica dotata di

propria azienda. 7 Le vecchie ALER erano rette da CdA con numerosi componenti, mentre le attuali ALER hanno solo un presidente

nominato dalla Giunta regionale, oltre ad un Consiglio territoriale con compiti consultivi composto da sindaci del territorio a titolo onorifico.

Page 7: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

7

costituiti dai territori provinciali di: a) Varese, Como e Lecco; b) Sondrio; c) Bergamo; d)

Brescia; e) Cremona e Mantova; f) Milano, Monza-Brianza, Pavia e Lodi.

La figura 2 illustra il quadro ‘a geometria variabile’ degli ambiti territoriali appena illustrati. Il

disegno che ne traspare è quello di un intreccio di connessioni piuttosto complicato, con poche

regolarità (Cremona con Mantova, Varese con Como) che si innesta sulle circoscrizioni provinciali

che restano ambiti ottimali per altre funzioni.

Figura 2 – Ambiti territoriali di alcune politiche regionali in Lombardia

Legenda: linea rossa: aziende di edilizia residenziale pubblica (ALER); linea grigia: agenzie di TPL; linea

arancione: aziende sanitarie (ATS).

In altri ambiti, invece, si ricalca la storica ripartizione amministrativa del territorio regionale. Ad

esempio, nel settore dell’ambiente, la programmazione della gestione dei rifiuti è tuttora

organizzata per piani provinciali. Idem per il settore del turismo (lr 27/2015, art. 6) dove

permangono alcune funzioni amministrative provinciali.

A ciò si aggiunga l’esistenza di ambiti territoriali ottimali per la gestione di materie di competenza

statale o concorrente, ad esempio nel campo dei servizi di pubblica utilità. Solo per citarne due di

forte interesse per gli enti e le comunità locali, per il servizio idrico integrato gli ATO8 in Lombardia

sono stati mantenuti nel consolidato alveo dei confini provinciali, con l’eccezione di Milano città

8 ai sensi dell’art. 147 co. del d.lgs. n. 152 del 2006

Page 8: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

8

che costituisce un ATO a sé9, mentre sono stati individuati ben 36 ambiti territoriali per la

distribuzione del gas naturale (ATEM)10.

2.3 Gli altri soggetti territoriali

Ricapitolando, il sistema di governance territoriale lombardo si caratterizza per una trama assai

intricata di enti locali, esperienze della cooperazione tra essi, e spazi di programmazione ed

attuazione delle politiche. In tale frammentazione e complessità i singoli enti, specialmente quelli

(i Comuni) di più piccole dimensioni e capacità, possono faticare a cogliere tutti i processi

decisionali per riuscire a governarli senza esserne, invece, governati. Specialmente considerando

che buona parte del territorio lombardo è altresì interessato dalla presenza di ulteriori soggetti

gestori di politiche e servizi pubblici: esistono infatti 24 Enti parco, 10 bacini imbriferi montani

(BIM) e 11 comprensori di bonifica ed irrigazione.

L’intreccio che abbiamo sinteticamente descritto, peraltro, è limitato ad attori e politiche

pubbliche. Il quadro si fa ancora più intricato se si considera che anche gli stakeholder e le

autonomie funzionali, partner della governance locale insieme a Comuni, Province e Regione, si

sono recentemente organizzati secondo una altrettanto complicata ‘geometria variabile’. Essa, più

che di scelte sistemiche e di una strategia univoca da parte di questi attori, pare il frutto di

esigenze di razionalizzazione che hanno portato i vari attori a scegliere opzioni di riorganizzazione

e accorpamenti caso per caso. Citiamo solo alcuni esempi, correndo il rischio di non essere

esaustivi. Il mondo delle associazioni di categoria industriale ha visto l’aggregazione di

Confindustria Lecco e Sondrio e la fusione di Confindustria Monza con Assolombarda (la

Confindustria milanese). In Api (Associazione Piccole Imprese), Mantova è unita a Brescia e

Sondrio a Lecco. Anche l’associazione dei costruttori ANCE di Sondrio si è unita a quella lecchese.

Quanto al mondo sindacale, mentre la UIL lecchese si è aggregata a quella comasca, la CISL di

Lecco si è fusa con quella di Monza, come hanno fatto quelle di Cremona, Lodi e Mantova tra loro;

esistono, infine, strutture territoriali della CGIL a Legnano (MI) e in Valcamonica (BS).

Menzioniamo infine, senza entrare nei dettagli giacché materia in divenire, già oggetto di

molteplici rinvii, la rivisitazione del sistema camerale in atto in seguito alla c.d. legge ‘Madia’ di

riforma della pubblica amministrazione, che pure comporterà tagli alle prefetture anche in

Lombardia, con accorpamenti tra le strutture esistenti.

3. ATTUARE LA RIFORMA DELRIO: UNA SOLUZIONE ATTENDISTA E CONSERVATRICE

9 fino al subentro alle Autorità d’Ambito da parte delle amministrazioni provinciali e comunale di Milano ai sensi del

D.L. n. 2 del 25/1/2010 convertito in L. 26/3/2010 n. 42. 10

Per i dettagli si veda: www.reti.regione.lombardia.it

Page 9: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

9

Il percorso di attuazione della l. 56/2014 in Regione Lombardia si caratterizza decisamente per

l’inerzia. La Regione, come quasi tutte le altre, non rispetta la prima scadenza fissata dalla legge

(dicembre 2014) per la presentazione di un progetto legislativo a cura della Giunta. Giunta e

Consiglio riusciranno a portare a termine il processo con la lr 19/201511 dell’8/7/201512 seguita

dalla lr 3213 del 12/10/2015 per la Città metropolitana di Milano.

Le motivazioni sono innanzitutto politiche: fatta eccezione per NCD, la maggioranza che governa in

regione si compone di quelle forze politiche che si sono opposte in parlamento alla l. Delrio. La

Regione a giugno 2014 muove ricorso alla Corte Costituzionale, come Veneto, Campania e Puglia,

su svariati commi dell’unico articolo della legge 56/2014. La sentenza n. 50 si attende fino a marzo

2015. Riconosciuta dalla Corte la legittimità costituzionale delle norme, il processo di attuazione

della Delrio quindi prosegue anche in Lombardia.

L’esito di tale inerzia è una legge, la 19/2015, votata il 30 giugno 2015, intesa da tutti gli attori

regionali come ‘legge ponte’ verso un futuro assetto da meglio definire attraverso un ulteriore

processo politico-istituzionale, sul quale ci si concentra nel paragrafo successivo. La lr 19, infatti,

non definisce un nuovo assetto istituzionale, come invece cercano di fare altre leggi regionali, in

primis la lr 13/2015 dell’Emilia-Romagna. Essa è invece ispirata alla conservazione dell’assetto

provinciale (numero e funzioni di enti) esistente, cui vengono apportate modifiche marginali. La

legge consta di 11 articoli dei quali, oltre a quello introduttivo e a quelli di natura tecnica, solo due

(art. 2 e l’art. 5) concernono la vera e propria attuazione della l. 56/2014, mentre lo scarno art. 3

conferma in capo alla Città metropolitana milanese tutte le funzioni precedentemente attribuite

alla Provincia di Milano. L’art. 214, in particolare, rialloca alla Regione una serie di funzioni

provinciali in materia di caccia e pesca, agricoltura e foreste e alcune attività relative ad ambiente

ed energia (concessioni idriche, le dighe, la destinazione transfrontaliera di rifiuti e le risorse

geotermiche), con allegata una serie analitica delle funzioni. Per le restanti funzioni non

fondamentali delle Province, essa si limita a riconfermare, senza citarle in modo esplicito, le

funzioni già delegate dalle leggi regionali. Resta quindi vigente una pletora di norme che nel tempo

hanno delegato o trasferito alle Province una serie di funzioni e attività in numerose materie15. Per

11 Legge Regionale 8 luglio 2015, n. 19 “Riforma del sistema delle autonomie della Regione e disposizioni per il

riconoscimento della specificità dei territori montani in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni)” pubblicata sul BURL n. 28, suppl. del 10 Luglio 2015. 12

la Lombardia sarà preceduta solo da Toscana, Umbria, Marche, Liguria e Calabria, comunque oltre l’iniziale scadenza del 30 aprile 2015 13

Legge Regionale 12 ottobre 2015, n. 32 “Disposizioni per la valorizzazione del ruolo istituzionale della Città metropolitana di Milano e modifiche alla legge regionale 8 luglio 2015, n. 19 (Riforma del sistema delle autonomie della Regione e disposizioni per il riconoscimento della specificità dei Territori montani in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 'Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di comuni'”, pubblicata sul BURL n. 42, suppl. del 16 Ottobre 2015. 14

“Funzioni confermate in capo alle province e funzioni trasferite alla Regione” 15

istruzione scolastica superiore, formazione professionale, biblioteche, cultura, turismo, sport e tempo libero, trasporti pubblici e privati, viabilità (trasporti e concessioni, competizioni sportive, assetto del territorio), polizia

Page 10: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

10

garantire l'attuazione della riforma, la legge (art. 10) prevede lo stanziamento di risorse pari a 195

milioni all'anno da mettere a disposizione delle Province lombarde e della città metropolitana di

Milano. A queste risorse si aggiunge, per il solo 2015, un ulteriore stanziamento di 10 milioni di

euro per il servizio di trasporto dei disabili.

Forse la maggiore innovazione introdotta riguarda i profili di autonomia e differenziazione

concessi alla Provincia di Sondrio. Cogliendo l’opportunità per le Province interamente montane,

del resto inserita nel testo di legge grazie ad un efficace lobbying dei soggetti interessati, prevista

dal comma 86 dell’unico articolo della l. Delrio, la lr 19/2015 (art. 516) ha previsto un ruolo

‘rafforzato’ per la Provincia di Sondrio, riconoscendola, ai sensi dell'art. 1 co. 3 della legge

56/2014, quale Provincia con territorio interamente montano. In particolare, oltre alle funzioni già

attribuite in passato, a Sondrio ne vengono assegnate ulteriori17 e, insieme, si prevede che le

future leggi regionale di settore contengano disposizioni particolari per quel territorio che, quindi,

assurge ad un rango di autonomia particolare nella governance regionale18.

provinciale, pianificazione territoriale e urbanistica, valutazione di impatto ambientale, edilizia Zona sismica, difesa del suolo (risorse minerali e termali, risorse geotermiche, tutela e valorizzazione ambientale (iniziative ambientali, industrie a rischio, complessi ippc, verifica assoggettabilità alla via), rifiuti, inquinamento acque, inquinamento aria, inquinamento acustico, caccia e pesca, parchi (parchi sovracomunali, polizia amministrativa riserva naturali), valorizzazione risorse idriche ed energetiche, protezione civile, servizi alla persone e alla Comunità, sistema integrato dei servizi sociali, autorizzazione all’esercizio di strutture sociali, registro del volontariato e dell’associazionismo, beneficenza pubblica, politiche per i minori, industria. 16

“Riconoscimento, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 56/2014, della specificità della Provincia di Sondrio quale provincia con territorio interamente montano” 17

a) di approvazione del piano provinciale delle cave di cui agli articoli 7 e 8 della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava); b) di concessione o di autorizzazione riferite alle grandi derivazioni d'acqua pubblica ai sensi del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), compresa l'applicazione delle procedure previste dall'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), per le grandi derivazioni ad uso idroelettrico di cui all'articolo 53 bis della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche); l'esercizio delle funzioni amministrative di cui alla presente lettera è effettuato d'intesa con la Regione; c) di partecipazione nella definizione e programmazione dei servizi educativi di istruzione e formazione, di cui alla legge regionale 6 agosto 2007, n. 19 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia). In base al comma 6 del medesimo articolo, ulteriori funzioni potranno essere trasferite, previa intesa, dalle Comunità montane alla Provincia. 18

Si pensi che l’art. 5 della lr 19/2015 istituisce anche (comma 10) un “comitato paritetico per la specificità della Provincia di Sondrio, composto da tre rappresentanti della Regione e da tre rappresentanti della provincia stessa. Il comitato svolge funzioni consultive, di raccordo e di concertazione ai fini del conseguimento delle forme particolari di autonomia di cui al comma 3. Inoltre, il comma 12 prevede che “Il Presidente della Provincia di Sondrio partecipa, su invito del Presidente della Regione e senza oneri a carico del bilancio regionale, alle sedute della Giunta regionale in cui si trattano atti di interesse della stessa provincia. Le modalità di tale partecipazione sono definite dal regolamento di funzionamento delle sedute della Giunta regionale.

Page 11: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

11

Ricapitolando, la legge lombarda di attuazione (parziale, poiché ne seguirà una apposita per la

Città metropolitana) della l.Delrio offre un’immagine di sostanziale conservazione, con alcuni

aggiustamenti nell’ottica di una centralizzazione di alcune funzioni, fatta eccezione per Sondrio19.

La lr 19 viene votata dalla sola maggioranza di centro-destra, che non manca l’occasione dei

dibattiti di Consiglio per scagliarsi contro la legge Delrio, accusata di essere una riforma di facciata

mentre i tagli dello Stato a Regioni ed enti locali si accentuano. Contrario il Movimento 5 Stelle,

paladino dell’abolizione delle Province, che vede nella legge una riconferma delle stesse e, anzi, un

ruolo accresciuto per la Provincia di Sondrio. Il PD e gli alleati della lista civica di centrosinistra non

partecipano al voto, lamentando la riconferma di oltre 200 attività alle Province senza adeguate

coperture economiche.

Contemporaneamente (il 29 giugno 2015) la Giunta delibera un progetto di legge sulle funzioni

della Città metropolitana, che con qualche modifica il 29 settembre viene approvato come lr

32/2015. Anche in questo caso, la legge arriva con qualche ritardo anche per l’assenza di

protagonismo della Giunta così come il relativo disinteresse del Sindaco metropolitano. La lr 32

prende atto del ruolo unico della Città metropolitana rispetto al resto del territorio, definendone

nel dettaglio funzioni e rapporto con Regione e Comuni. Viene quindi istituita (art. 1) la Conferenza

permanente Regione - Città metropolitana, “quale sede istituzionale paritetica di concertazione

degli obiettivi di comune interesse”, in particolare per raccordare il Programma Regione di

Sviluppo (documento di programmazione strategica pluriennale) con il Piano strategico della Città

e si dà attuazione alla previsione della l. Delrio sulla costituzione di zone omogenee (art. 4).

Inoltre, si istituisce il Piano territoriale metropolitano (in sostituzione del PTCP provinciale) per la

pianificazione territoriale dell’area, che viene quindi rafforzata e, per alcuni aspetti, diventa

sovraordinata agli strumenti urbanistici comunali. La legge, inoltre, ridefinisce alla Città funzioni

già della Provincia per la programmazione del TPL nel bacino già esistente (art. 7) e di sviluppo

economico (art. 8)20. Ciononostante, la legge rialloca alla Regione quelle attività in materia di

caccia e pesca, agricoltura e ambiente che già la lr 19/2015 aveva trasferito dalle Province alla

Regione stessa.

Come in altre regioni, frattanto, si apre la partita del finanziamento delle funzioni rimaste in capo

alle amministrazioni provinciali, a fronte delle ulteriori difficoltà finanziarie delle Province, e del

relativo personale. Dopo intense negoziazioni, si giunge solo il 15 dicembre 2015 ad un’intesa “per

19 Dissentiamo in parte, quindi, dalla lettura di Bolgherini et al. (2015, 39) che interpretano come “settoriale” sotto il

profilo della portata e “neo-centralista” sotto il profilo della strategia di riallocazione delle funzioni provinciali la lr 19/2015 che, a nostro parere, si qualifica più come un provvedimento di portata “adempimentale/attendista” varato in una strategia “conservativa” da una maggioranza di governo ostile alla riforma Delrio e quindi non desiderosa di sconvolgere il quadro di funzioni e ruoli delle autonomie lombarde, anzi approfittando per assegnare un nuovo ruolo alla provincia sondriese. 20

In aggiunta, in tema di servizio idrico integrato, l’art. 6 apporta una serie di modifiche alla lr 26/2003, procedendo da una parte alla ridefinizione di un unico ambito territoriale per tutto il territorio corrispondente ai confini amministrativi della nuova Città metropolitana, dall’altra all’individuazione, da qui a otto mesi, di un corrispondente unico ente di governo per tutto l’ambito.

Page 12: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

12

la funzione delle funzioni regionali delegate e del personale soprannumerario in attuazione della

legge 56/2014 e della l.r. 19/2015 e l.r. 32/2015”, firmata tra Regione Lombardia, UPL (Unione

delle Province Lombarde), i Presidenti delle Province, Città Metropolitana e ANCI (Associazione

Nazionale dei Comuni Italiani) Lombardia, che alloca ulteriori risorse regionali alle Province e Città

metropolitana per svolgere le funzioni delegate e per il personale ad esse collegate.

4. IL PROCESSO DI REVISIONE IN CORSO

Archiviata l’ottemperanza all’obbligo di attuazione della l.56/2014, Regione Lombardia si attiva

sollecitamente per superare la condizione di stallo ed incertezza normativi (non ci occupiamo in

questa sede delle problematiche di ordine finanziario) nella quale gli enti locali si trovano ad

operare. L’idea-chiave è quella di ridisegnare il sistema delle relazioni tra gli enti locali lombardi

nel tentativo di anticipare le novità che entreranno a regime una volta approvata la riforma

costituzionale in itinere, anche “anche al fine di non cadere nelle incertezze subite negli ultimi due

anni a seguito dell’attuazione della riforma Delrio” (ANCI Lombardia-UPL 2016, 5). Obiettivo della

Presidenza regionale è, quindi, quello di costruire il progetto di un nuovo assetto istituzionale, con

una rivisitazione delle attribuzioni di funzioni e delle relazioni istituzionali tra gli enti, in grado di

trovare il consenso tra tutti i partner, con la finalità di proporre al Governo un modello da seguire

una volta approvata la riforma costituzionale. In concreto, il progetto da configurare, a valle di un

ampio percorso di confronto con gli stakeholder, si declinerebbe in una “proposta di legge

regionale di riordino degli Enti di Area vasta e delle Autonomie locali in Lombardia” oppure “come

Documento con proposte ed orientamenti da sottoporre al Governo e quindi al Parlamento,

all’esito della eventuale approvazione e conferma referendaria del d.d.l. di riforma costituzionale,

per legiferare sui profili ordinamentali generali degli Enti di area vasta in termini rispettosi degli

spazi di intervento delle Regioni.” (Regione Lombardia 2016a, 16).

Nel gennaio 2016 Roberto Maroni fornisce l’input al processo, lanciando pubblicamente l’idea di

razionalizzare gli enti territoriali lombardi in otto Cantoni, in sostituzione delle Province esistenti,

con una ‘sforbiciata’ anche a tutti i vari enti intermedi21. Maroni avvia quindi formalmente il

processo di consultazione e dibattito, che interesserà gli attori territoriali e una parte della

stampa, sulla parola d’ordine della semplificazione e con l’obiettivo di “essere pronto, tra fine

2016 e inizio 2017, con un Sistema delle autonomie, che, attuando la riforma costituzionale, innovi

il nostro sistema”22. Il primo momento è la costituzione e insediamento, il 19 gennaio, di un

Comitato riforme che funge da cabina di regia del processo, composto, oltre che da Maroni, dal

21 Il Cittadino MB, Riforma delle province in Lombardia, il piano Maroni: ecco gli otto Cantoni, 15/1/2016.

22 Lombardia Notizie, 19/1/2016

Page 13: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

13

sottosegretario regionale alle Riforme istituzionali Daniele Nava, dai presidenti delle Commissioni

del Consiglio regionale interessate e dai presidenti di ANCI, UPL e Unioncamere23.

Il processo è articolato su più livelli e in più tappe. La roadmap della Giunta prevede l’elaborazione

di un documento di lavoro sulla base del quale sviluppare la riflessione in appositi tavoli territoriali

da convocare con la partecipazione, oltre che degli attori istituzionali locali, degli stakehloder

socio-economici. I tavoli, dopo due sedute, dovrebbero fornire entro fine maggio 2016 le proprie

proposte di riassetto istituzionale, in base alle quali la presidenza della Giunta entro fine giugno

formulerebbe una proposta di riordino, coinvolgendo pure il Consiglio regionale.

La Giunta, quindi, con delibera n. 4879 del 7 marzo apre un processo partecipato costituendo,

sulla base dell’art. 7 co. 1 della lr 19/201524, tavoli istituzionali di confronto in ognuna delle

Province e, ai sensi dell’art. 1 co. 2 della lr 32/2015, il Tavolo per la Città metropolitana nell’ambito

della Conferenza permanente Regione-Città metropolitana25. Partecipano ai tavoli, in ogni

Provincia, i seguenti attori istituzionali:

a) il sottosegretario alla Presidenza con delega alle riforme istituzionali, Daniele Nava

b) eventuali assessori e sottosegretari

c) i consiglieri regionali eletti nel territorio

d) il Sindaco del capoluogo

23 In coerenza, la maggioranza del Consiglio regionale promuove ed approva lo stesso giorno un apposito ordine del

giorno (deliberazione n.X/989) che impegna il Presidente e la Giunta regionale “ad avviare un percorso di interlocuzione con gli enti locali e le loro rappresentanze, ivi incluso il Consiglio delle autonomie locali, che coinvolga le autonomie funzionali e sociali e le rappresentanze del mondo del lavoro e dell’impresa, con lo scopo di dare corpo ad una proposta condivisa di definizione in Lombardia degli assetti istituzionali capace di rispondere in modo efficace ed efficiente ai bisogni dei cittadini lombardi”. L’odg impegna altresì la Giunta a “favorire momenti di discussione e dibattito nelle diverse realtà territoriali e provinciali che consentano di far emergere peculiarità, valori, sensibilità ed esperienze espressione più autentica delle aspettative e volontà delle singole comunità locali” e “a individuare e proporre al Consiglio regionale, al termine di questo percorso che confermi in capo alla Lombardia il ruolo di protagonista attivo del riordino istituzionale, un modello originale di rivisitazione del sistema delle autonomie adeguato alla realtà lombarda che sappia far sintesi delle proposte e delle esigenze del territorio e definire, altresì, i contorni di un ente di livello intermedio adeguato alla richiesta di governance efficiente ed efficace della realtà territoriale, produttiva e sociale lombarda”. 24

Art. 7 – Tavoli istituzionali di confronto sugli ambiti territoriali ottimali e omogenei e per la promozione della specificità dei territori montani 1. È istituito, per ogni provincia, un tavolo istituzionale di confronto, al fine di indicare, in via sperimentale e in accordo con la Regione, le zone omogenee eventualmente individuate dagli statuti provinciali quali ambiti territoriali ottimali per lo svolgimento in forma associata, da parte dei comuni ricompresi negli stessi ambiti, di specifiche funzioni e servizi comunali. Il tavolo può altresì considerare, in via sperimentale, le zone omogenee quali ambiti territoriali ottimali per l'esercizio di specifiche funzioni, conferite o confermate dalla Regione alle province, con il concorso di comuni, forme associative intercomunali o comunità montane. Con convenzione tra gli enti interessati e la Regione sono disciplinate le modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma, nell'ambito delle zone omogenee, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica. 25

“sede istituzionale paritetica di concertazione degli obiettivi di comune interesse, la cui composizione e le cui modalità di funzionamento sono stabilite di concerto con la Città metropolitana, con deliberazione della Giunta regionale, previo protocollo d'intesa sottoscritto dal Presidente della Giunta regionale e dal Sindaco della Città metropolitana di Milano, prevedendo forme di consultazione con le autonomie funzionali e le associazioni di rappresentanza degli interessi socio-economici maggiormente rappresentative”, art. 1 co. 2 della lr 32/2015.

Page 14: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

14

e) il Prefetto o un suo delegato

f) il Presidente della CCIAA

g) i rappresentanti delle Comunità montane

h) un rappresentante di ANCI ed altre associazioni di enti locali

i) il Presidente della Provincia.

Essi sono affiancati dai Parlamentari del territorio (invitati) e dagli stakeholder socio-economici

(associazioni di categoria e del Terzo settore). Analoga composizione ha il tavolo per la Città

metropolitana.

La Giunta (nello specifico, l’ufficio del Sottosegretario Nava) propone al confronto di tutti questi

attori un documento (Regione Lombardia 2016a) che, oltre ad offrire una diagnosi dettagliata

dello stato della governance multilivello lombarda e dei suoi attori, indica gli obiettivi che il

processo di “ripensamento complessivo” del sistema dovrebbe avere: “semplificazione della vita

dei cittadini; riordino dei livelli di governo (livello comunale, in forma singola o associata, livello

intermedio di area vasta e livello regionale); riduzione di tempi e costi della PA; sussidiarietà per

l’attuazione delle politiche”. Il tutto per “migliorare la qualità dei servizi resi a cittadini” e

“assicurare un contesto maggiormente competitivo per le imprese” (ibi, 9). Per declinare questi

obiettivi in scelte precise, il documento lancia una serie di questioni aperte all’attenzione degli

stakeholder inerenti numero, circoscrizioni e funzioni dei futuri enti di area vasta. Attenzione

particolare è riservata – oltre che alle Province – agli Enti parco, ai Bacini Imbriferi Montani, ai

Consorzi di bonifica e alle Comunità montane, sul cui futuro ci si interroga. Circa le Province,

l’elemento di principale novità è l’idea, già lanciata da Maroni, dei Cantoni, termine

evidentemente evocativo di autonomia territoriale per una regione confinante con la

Confederazione elvetica. I Cantoni ricalcherebbero sostanzialmente le aree vaste già previste nel

settore socio-sanitario in seguito alla definizione, da parte della lr 23/2015, di otto Aziende di

tutela della salute in sostituzione delle ASL. La Figura 3 illustra l’ipotesi.

Figura 3 – Ipotesi di Cantoni di Regione Lombardia (ATS esistenti)

Fonte: Regione Lombardia (2016a, 23)

Page 15: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

15

Subito si attivano i rappresentanti degli enti territoriali. L’ANCI regionale ha già formato un

apposito gruppo di lavoro e ipotizza una proposta con due punti-chiave. Da un lato, Enti di area

vasta ridotti al minimo (sia come numero che come funzioni), partendo dal presupposto di una

loro evidente delegittimazione politica, già sancita dalla l. Delrio e dalla scomparsa delle garanzie

costituzionali delle Province, ora “case dei Comuni”, contenuta nel ddl di revisione costituzionale:

“in questo quadro istituzionale, le Aree Vaste saranno orientate al coordinamento, alla

pianificazione, alla regolazione e alla programmazione di politiche specifiche oltre alle funzioni

definite nella normativa nazionale e avranno il compito di rappresentare le esigenze dei territori

nei confronti di Regione in tema di programmazione di reti e di destinazione di risorse.” (ANCI

Lombardia-UPL 2016, 4). Dall’altro, il rafforzamento della cooperazione intercomunale attraverso

Zone omogenee26 pensate non come nuovi livelli istituzionali o enti, bensì come “semplici forme di

aggregazione e condivisione delle modalità di erogazione dei servizi propri da parte dei Comuni,

che organizzano e governano direttamente le strutture erogative dei servizi, definite in base ai

principi di sussidiarietà, adeguatezza ed economicità” (ibi, 9). Tali zone potrebbero consentire di

superare limiti e fallimenti dell’esperienza della gestione associata obbligatoria (GAO) di funzioni

comunali, finalità che ANCI da tempo persegue. Il riproporsi di proroghe annuali per l’attuazione

della GAO, infatti, testimonia lo scollamento tra il dettato normativo e la realtà sul territorio dei

processi aggregativi, tanto da farla descrivere come una “politica simbolica” (Casula 2016)27.

L’UPL, tuttavia, con la quale ANCI condivide proposte e documenti già dall’avvio del processo di

attuazione della l. Delrio due anni or sono, si oppone a tale visione, cercando di mantenere un

ruolo per il livello intermedio degli Enti di area vasta non solo con proprie funzioni ma anche con il

compito di supportare le funzioni e le aggregazioni comunali, come peraltro previsto dalla l. Delrio

stessa. Alla fine ANCI e UPL redigono un documento comune, presentato il 26 aprile 2016, nel

quale l’idea di Zone omogenee come spazio aggregativo di funzioni comunali da istituire ‘dal

basso’, sulla spinta di processi di aggregazione tra enti locali in tutto il territorio regionale, convive

con la proposta di Enti di area vasta deputati a svolgere le attività di:

“1. pianificazione e gestione di infrastrutture e servizi nelle materie di competenza (es. viabilità,

edilizia scolastica, ambiente, servizi pubblici locali a rilevanza economica in coerenza con quanto

verrà previsto nell’attuazione della L. 125/2015);

26 benché le Zone omogenee introdotte dalla legge 56/2014 siano da questa concepiti come articolazioni “per

specifiche funzioni” delle sole Province montane (art. 1 co. 57) nonché delle Città metropolitane (art. 1, co. 11 lett. c). 27

Riprendendo le osservazioni di Éupolis Lombardia (2015, 32), i problemi emersi alla gestione associata di funzioni comunali, brevemente richiamati anche nel par. 2, “richiedono agli attori istituzionali (Governo, Regione, Comuni) di confrontarsi con storie associative e contesti differenti e di verificare gli obiettivi realmente raggiungibili” superando l’associazionismo forzoso (ibidem), come peraltro più volte richiesto da ANCI in sedi ufficiali. Il tema delle Zone omogenee, quindi, viene sollevato anche in funzione del superamento dei limiti di efficacia evidenziati dalla cosiddetta GAO.

Page 16: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

16

2. coordinamento delle politiche di sviluppo degli enti locali per favorirne l’armonizzazione e la

coesione dei territori

3. servizi di back-office (stazioni appaltanti, avvocatura, gestione dei concorsi, sistemi informativi…)

in base alla scelta delle assemblee dei sindaci che possono essere gestiti unitariamente dall’ente di

area vasta in modo ottimale per tutti gli enti locali secondo un criterio di specializzazione;

4. programmazione delle strategie territoriali, nell’ambito della programmazione strategica e di

settore della Regione nonché della programmazione europea e sostegno dello sviluppo

dell’economia digitale per permettere lo sviluppo socio-economico anche nei territori lontani dalle

aree ad elevato livello di urbanizzazione (…).

5. regolazione degli standard dei livelli di servizio declinati a livello locale a favore dei Comuni

appartenenti ai confini definiti dall’Area Vasta con legge nazionale/regionale e secondo quanto

stabilito dal nuovo art. 40 della riforma costituzionale in atto e da quanto stabilito dalla normativa

nazionale di riferimento in vigore.” (ibi, 9).

Preoccupazione comune dei rappresentanti comunali e provinciali è che con lo sviluppo della Città

Metropolitana, che già costituisce polo di attrazione per alcuni territori (Vigevano e Lodi ma anche

Monza, dove le associazioni industriali premono per un accorpamento tra la CCIAA brianzola e

quella milanese), rischia di lasciare i Comuni del resto del territorio lombardo – fatta eccezione per

Sondrio – in una situazione di evidente debolezza, una volta che le Province dovessero scomparire

definitivamente, nei rapporti con la Regione e lo Stato.

Nel frattempo si apre la fase dei tavoli territoriali, che vengono effettivamente frequentati dagli

attori convocati ma dove, tuttavia, non emerge un quadro chiaro del futuro assetto istituzionale. Il

dibattito nei tavoli, e soprattutto sulla stampa, assume toni paradossali laddove quasi tutti gli

attori, istituzionali ed economici, esprimono proprie preferenze sulle aggregazioni provinciali, pur

affermando che la questione principale di cui dibattere dovrebbe essere quella di ruoli e funzioni

degli Enti di area vasta, sui quali tuttavia non offrono molte proposte concrete.

Gli attori economici paiono ben più preoccupati dell’assetto futuro del sistema delle Camere di

Commercio, oggetto di accorpamenti in attuazione della cosiddetta ‘legge Madia’; attori che,

quando si esprimono pubblicamente sulle aree vaste, lo fanno per sottolineare contiguità tra

territori su temi e profili di interesse economico, come il sistema della viabilità o la presenza di

distretti turistici comuni. Scarsa attenzione è dedicata al tema delle aggregazioni comunali.

Nel disegnare o, meglio, ipotizzare il nuovo assetto delle aree vaste, la vera partita la svolgono gli

attori leader nei territori, i Sindaci dei Comuni capoluogo e, in qualche caso, i Presidenti di

Provincia e la stampa locale (come il quotidiano comasco La Provincia). Non senza problemi e

polemiche. Pare consolidata la conferma del passaggio ‘naturale’ da province ad aree vaste a

Bergamo e Brescia, territori con dimensioni demografiche ed economiche adeguate, oltre che

connotati da forte identità locale. Ma nei territori piccoli (Lodi e Lecco in particolare) si discute sui

possibili accorpamenti in un déjà vu dei dibattiti seguiti alla proposta del Governo Monti di

eliminare le Province piccole. In Valcamonica si preferisce rimanere con Brescia (dove l’idea è

Page 17: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

17

condivisa) piuttosto che andare con Sondrio. Il territorio comasco sembra rifiutare nettamente lo

smembramento, ipotizzato dalla Regione in coerenza con i confini delle ATS, e chiede di aggregarsi

a Lecco, che invece guarda con preferenza a Monza, almeno così come si esprimono l’Assemblea

dei Sindaci e vari Consigli comunali. In primavera i Presidenti delle Province di Como, Lecco e

Monza siglano un protocollo d’intesa finalizzato alla condivisione di prassi ed esperienze tra le

rispettive amministrazioni, per promuovere il futuro esercizio delle funzioni di area vasta in forma

collaborativa.

Non mancano, inoltre, spinte centrifughe: nel Cremasco vi è chi non guarda di buon occhio la

fusione della Provincia cremonese con Mantova e si fanno strada idee di sinergia con Lodi28. Nei

Comuni della Valle San Martino (LC) prende piede una raccolta firme, molto partecipata, in favore

di un ‘ritorno’ alla Provincia bergamasca, dalla quale la valle fu staccata nel 199229. Infine, come

sopra accennato, la città di Vigevano, secondo centro urbano della Provincia pavese, ha avviato un

processo di adesione alla Città metropolitana di Milano30. Dove, naturalmente, le questioni

oggetto di dibattito sono altre e muovono, sostanzialmente, sul ridisegno istituzionale dell’ente

(elezione diretta del Sindaco metropolitano e degli amministratori metropolitani, conferimento

agli organi della città di un proprio status autonomo rispetto ai Comuni così da evitare duplicazioni

di arene deliberative e iter amministrativi farraginosi)31 e sulle risorse finanziarie da destinare ai

progetti di sviluppo, per i quali l’interlocutore primario è ovviamente lo Stato, oltre che sul

rapporto tra documenti di programmazione con le politiche regionali. Ma, naturalmente,

l’attenzione degli attori è sulla campagna elettorale nel capoluogo, che diviene il perno di tutte le

prese di posizioni pubbliche degli attori politici32.

Frattanto, il Parlamento ad aprile approva definitivamente la legge di revisione costituzionale in

cui si conferma la scelta del governo di eliminare ogni riferimento alla Province dalla Carta

fondamentale, mentre restano enti costituzionali le Città Metropolitane, e nell’art. 40 co. 4 della

legge si mantiene l’idea di Enti di area vasta, ancora da precisare33.

28 Il Cittadino, «Andare con Crema, l’idea ci piace», 22/7/2016.

29 Nel principale Comune, Calolziocorte (14mila abitanti) è in programma un referendum consultivo.

30 Nell’autunno 2015 il Consiglio comunale vigevanese si è espresso unanimemente sull’iniziativa, motivata con la

migliore connessione logistica e infrastrutturale con Milano, rispetto a Pavia, e con i possibili vantaggi finanziari derivanti dall’ingresso nell’ente metropolitano. In coerenza con quanto disposto dalla l. 56/2014, l’art. 9 (Richieste di adesione alla Città metropolitana di Milano da parte dei comuni appartenenti ad altre circoscrizioni provinciali) della lr 32/2015 prevede, previa richiesta correlata di apposita relazione d’impatto da parte degli enti interessati, la Regione si esprima iul procedimento per acquisire il parere della Città metropolitana. È atteso il pronunciamento del Consiglio regionale, e a seguire della Giunta, il prossimo ottobre. 31

Comincini (Vicesindaco Città metropolitana): no allo spezzatino di competenze, la legge Delrio va cambiata, www.ilsussidiario.net, 21/3/2016. 32

Ad es: Il Giorno, Città metropolitana, Pisapia: “Più autonomia, è necessaria allo sviluppo del Milanese”, 14/4/2016; Libero Quotidiano.it, Milano: Passera, città metropolitana scatola vuota, Pisapia fuori luogo, 10/5/2016. 33

L’art. 40 (Disposizioni finali), co. 4 della legge di revisione recita: «Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale».

Page 18: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

18

Avvicinandosi il traguardo del percorso istituzionale di confronto, disegnato da Maroni a gennaio, i

nodi vengono al pettine e, in definitiva, le posizioni più radicali si smussano.

ANCI Lombardia prende atto dell’inesistenza delle condizioni politiche per un’imposizione in tutto

il territorio di di Zone omogenee come ambiti di gestione associata di funzioni comunali.

A luglio, Maroni innesta la retromarcia circa i Cantoni. La Giunta fa sintesi del dibattito in un breve

documento (Regione Lombardia 2016b) che ancora una volta ha esplicitamente per obiettivo

quello di “semplificare ed eliminare i livelli di governo egli enti intermedi (tra Comuni e Regione)

per razionalizzare la spesa e limitare l’eccesso di burocrazia” e tuttavia ribadisce la necessità di una

governance di area vasta attraverso i Cantoni per creare “un equilibrio tra i diversi territori”. A

questi nuovi Enti di area vasta andrebbero attribuite, insieme a Regione e Comuni, le funzioni già

di livello intermedio ed attualmente esercitate da Comunità montane, enti parco, consorzi di

bonifica e BIM34. Inoltre, in questo disegno i Cantoni si vedrebbero attribuire funzioni di

pianificazione territoriale e tutela dell’ambiente; pianificazione dei servizi di trasporto; costruzione

e gestione delle strade provinciali; programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia

scolastica; elaborazione di strategie di sviluppo economico e politiche attive per il lavoro;

formazione professionale. La delimitazione dei Cantoni conferma quella già proposta (Regione

Lombardia 2016a), con la conservazione delle circoscrizioni provinciali esistenti a Bergamo e Pavia

e con l’aggregazione di Lecco con Monza, di Como con Varese, di Mantova con Cremona, delle

zone settentrionali delle Province di Como e Brescia con Sondrio nel ‘Cantone Montagna’ e di Lodi

con la Città metropolitana milanese, come da orientamento emerso nel tavolo territoriale

lodigiano. In sintesi, il disegno emergente dalla proposta regionale è tutto sommato conservatore

per quanto attiene alle funzioni di area vasta, mentre comporta rilevanti novità circa la

delimitazione (con riduzione nel numero) degli enti.

Quanto alla dimensione comunale, il documento riprende la richiesta, da più parti sostenuta, per

una rivisitazione della disciplina sulla gestione associata obbligatoria, nella linea di ridurre le

funzioni oggetto di obbligo e innalzare a 15.000 abitanti la soglia demografica per i Comuni in

obbligo, opponendosi ad una eventuale futura legislazione statale di dettaglio (alla luce del nuovo

art. 117, co. 2, lettera p Cost.35) che non lasci spazio alle diversità regionali. Il documento riprende

inoltre la possibilità di costituzione di Zone omogenee da intendersi non come nuovi enti, bensì

come articolazioni organizzative dei Comuni per lo sviluppo di sinergie e l’eventuale “erogazione di

alcuni servizi sovracomunali” (p. 7). Infine, la Regione insiste sulla particolarità dell’area montana,

proponendo di salvaguardare l’esperienza positiva delle Comunità montane nel nuovo assetto,

magari come Zone omogenee, per la condivisione di funzioni comunali in aree caratterizzate da

34 Naturalmente, “ove l’ambito d’intervento su tali Enti sia riconducibile alla potestà legislativa esclusiva statale, la

Regione Lombardia si farà portatrice degli interessi del territorio e richiederà l’intervento dello stato per uniformare le scelte intraprese” (Regione Lombardia 2016b, 3). 35

che annovera tra le materie di esclusiva legislazione statale: “ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni”.

Page 19: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

19

forte frammentazione degli enti comunali stessi. Ma a fine luglio Maroni fa dietrofront. Di fronte a

un coro di critiche36, provenienti anche da esponenti del suo partito37, il Presidente rinvia la

discussione sul nuovo assetto territoriale prevista in Consiglio regionale ed invia una lettera ai

Sindaci dei Comuni capoluogo e ai Presidenti di Provincia, prefetti, consiglieri regionali e

parlamentari locali, nella quale dichiara che “la Regione non ha preso alcuna decisione sui nuovi

Cantoni” e che la fase di dialogo coi territori proseguirà, in attesa di conoscere l’esito del

referendum costituzionale38. Svolto il quale, Maroni si impegna a presentare al Consiglio regionale

un nuovo documento con nuove ipotesi.

5. CONCLUSIONI

5.1 Il sottosistema di policy: gli attori

Volendo individuare il ‘sottosistema di policy’ attivatosi in questa fase, cioè l’insieme degli attori e

delle istituzioni direttamente o indirettamente interessate (Howlett et al. 209, 81), rileviamo i

seguenti soggetti:

Attori istituzionali: Giunta regionale (Presidente, Sottosegretari alle riforme e alla città

metropolitana), Città metropolitana, UPL, ANCI, (alcuni) Presidenti di Provincia e di CCIAA.

Stakeholder: attori non istituzionali partecipanti ai tavoli territoriali (associazioni di

categoria economiche)

Stampa locale

Non si riscontrano contributi di rilievo pubblico del mondo accademico o degli esperti in generale,

sebbene l’oggetto della policy possa essere di forte interesse, ad esempio, per geografi, studiosi di

economia regionale, urbanisti.

Concentrandoci in dettaglio sugli attori istituzionali e i ruoli da essi esercitati39, il presidente

Maroni si propone come promotore di policy nel tentativo di riformare un sistema frammentato e

complesso. Egli ha un evidente obiettivo di contenuto, quello di portare a termine una riforma

36 Si veda, ad es.: Corriere di Como, Livio: “Così prende in giro il nostro territorio”, 22/7/2016; La Provincia ed. Varese,

"Varese con Como? No, grazie", 22/7/2016; La Prealpina, «Giù le mani dalle Comunità montane». I vertici di Verbano e Piambello respingono l’ipotesi di soppressione, 22/7/2016. 37

La Provincia di Lecco, Arrigoni: «colpa di Piazza, Nava e Pd: ignorati i cittadini», 22/7/2016. 38

Corriere di Como, Ora Maroni ci ripensa "non divido il lago", 22/7/2016; Il Giorno Lecco-Como, Cantone Lario dietrofront. Maroni: “nulla è deciso”, 22/7/2016. 39

per i quali ci si rifà allo schema proposto da Dente (2011, 86-91)

Page 20: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

20

strutturale e funzionale del sistema delle autonomie, cioè inerenti la struttura (numero degli enti

di area vasta, ad esempio) e gli aspetti decisionali (funzioni ed attività) dei vari enti territoriali,

nonché organizzativa, cioè inerente l’organizzazione interna degli enti (Dente e Kjellberg 1988, 11).

La finalità esplicita e ripetutamente dichiarata è quella di semplificare e risparmiare. Il suo

obiettivo di processo è coinvolgere partner e stakeholder per creare consenso sull’obiettivo di

contenuto. Ma questi due obiettivi sembrano collidere, poiché non consentono di raggiungere il

risultato atteso e, in ultima analisi, non permettono a Maroni di giocare il ruolo del regista. Le

resistenze che Maroni si trova dinanzi, specialmente in quei territori la cui autonomia è stata

messa in discussione (ad esempio Varese e Como) sono state forti. È risultato quindi impossibile al

Presidente giocare fino in fondo il ruolo di regista o imprenditore di policy a causa dei veti

reciproci tra attori territoriali40, nonché della mancata coesione della sua Giunta. Aprendo infatti

una fase di formulazione delle ipotesi di riforma molto partecipata, egli si trova sostanzialmente

‘intrappolato’ nella parte dell’innovatore che, a livello nazionale, per anni hanno giocato altri

schieramenti politici al Governo e in Parlamento, trovando l’opposizione proprio di alcune regioni

e molti enti locali soprattutto a guida leghista (la Lombardia ha mosso ricorso alla Corte

costituzionale contro la l. 56/2014), nonché dei gruppi parlamentari leghisti e forzisti. Si pensi ala

battaglia della Lega Nord in difesa degli enti provinciali. Del resto, lo stesso Maroni ha più volte

dichiarato la propria contrarietà alla revisione costituzionale oggetto del prossimo referendum41,

anche se non soprattutto per le consistenti modifiche al Titolo V. Il Presidente resta pertanto

confinato in un ruolo, tutt’altro che marginale, di agenda-setter, mostrando comunque un

evidente cambiamento dallo stile inizialmente reattivo nei confronti della l. Delrio, con il ricorso

Corte cost. contro 56/2014 e leggi regionali di attuazione ‘adempimentali’, ad uno stile

decisamente anticipatorio e propositivo.

Il Consiglio regionali si rivela invece sostanzialmente inerte, in un sistema presidenziale dove è la

Giunta a fissare l’agenda di policy. Peraltro, con la convocazione dei tavoli territoriali, il Consiglio

diviene un attore ancora più marginale del confronto. La Commissione speciale per il riordino delle

Autonomie non fornisce alcun contributo di rilievo e l’odg votato dal Consiglio il 19 gennaio 2016 è

evidentemente strumentale all’avvio del processo guidato dalla Giunta, che parte appunto il

giorno stesso.

Sul fronte delle rappresentanze degli enti locali, l’UPL assume una posizione piuttosto

conservatrice, con un forte obiettivo di processo ad essere pienamente coinvolta nel ridisegno

istituzionale (pur essendosi ridimensionate la legittimazione politica e la rappresentatività

popolare da parte delle ‘nuove’ amministrazioni provinciali indirettamente elette) ed uno di

40 Emblematiche le dichiarazioni di Maroni alla stampa, citate nelle note precedenti, dove si ricostruisce la volontà

(non unanime) di Varese di unirsi a Como, di Como di aggregarsi a Lecco, di Lecco di rivolgersi a Monza (dopo aver dapprima guardato anche a Sondrio). Ma analoga situazione si ritrova nella Bassa. 41

Corriere di Como, Ora Maroni ci ripensa "non divido il lago", 22/7/2016; Il Giorno Lecco-Como, Cantone Lario dietrofront. Maroni: “nulla è deciso”, 22/7/2016.

Page 21: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

21

contenuto a mantenere il massimo di funzioni e risorse in capo al livello intermedio, giocando il

ruolo di oppositore ad alcune delle alternative proposte da altri attori42.

ANCI si propone invece come innovatore di policy43. Come del resto ANCI nazionale, l’associazione

è da tempo alla ricerca di una strada per individuare un mix di opportunità e obbligatorietà per la

gestione associata di funzioni comunali. Opportunità sui costi, dimostrando che ci possono essere

risparmi nell’aggregare l’esercizio di funzioni; e obbligatorietà affinché le convenzioni per gestioni

associate, ma anche le stesse Unioni di Comuni, non corrano il rischio di essere paralizzate dai veti

di anche solo un sindaco e di sciogliersi al cambiare delle maggioranze politiche nei Comuni44.

Perciò l’ANCI lombarda coglie la finestra di opportunità offerta dall’iniziativa del Presidente

Maroni del percorso indirizzato ad elaborare una proposta di riordino da offrire al Governo in

previsione della futura revisione della normativa sulle GAO e sugli Enti di area vasta dopo

l’eventuale approvazione per via referendaria della revisione costituzionale. Tuttavia, non solo

ANCI al proprio interno vede infine prevalere una tendenza più prudente, ma non trova nemmeno

alleati, poiché UPL boicotterà le principali innovazioni proposte dall’associazione dei Comuni. ANCI

e UPL vivono infatti un rapporto di alleanza quasi forzata, mossa dall’obiettivo di difendere gli enti

periferici da ogni tentativo di neocentralismo regionale – oltre a far fronte ai ripetuti tagli ai

trasferimenti in una fase di incertezza istituzionale come quella in corso – ma in preda ad una

dialettica sul ruolo da assegnare ai futuri Enti di area vasta45.

I singoli Comuni, con qualche eccezione, non utilizzano questi mesi per promuovere una maggiore

integrazione nella gestione di servizi in zone omogenee né paiono vivere con entusiasmo il tema

delle aree vaste, probabilmente in fatalistica attesa di una futura legislazione che obblighi a nuove

forme di aggregazione gli enti comunali, per i quali in molti casi l’attenzione prevalente è rivolta

alla sopravvivenza finanziaria, posta in gioco quasi quotidianamente.

Concludendo, per proporre una sintetica descrizione del sottosistema, pare che la rete degli attori

sia poco strutturata e sia possibile dunque rifarsi all’idea di issue network¸ notoriamente

introdotta da Heclo (1974) per cogliere sistemi non istituzionalizzati di rappresentanza degli

interessi. Gli attori emergenti sono, da un lato, quelli istituzionali. Tra costoro la rete è

42 A livello individuale, si segnala che il Presidente della Provincia di Bergamo si attiva per facilitare l’ingresso dei

Comuni della Valle San Martino (LC) nell’area vasta bergamasca e, seguito da altri, promuove l’individuazione di zone omogenee tra Comuni del territorio. 43

Come visto, ANCI promuove un’operazione di rescaling istituzionale a favore dell’aggregazione dell’esercizio di funzioni e servizi comunali in un quadro di aree vaste di dimensioni molto ampie. In esse i futuri Enti di area vasta, privati di garanzie costituzionali, non dovrebbero esercitare molte funzioni operative, mentre conserverebbero un ruolo di programmazione, coordinamento degli enti locali e sostegno strategico ai territori. 44

Intervista a funzionario ANCI Lombardia (13.7.2016) 45

Nulla di nuovo, se si considerano – ad esempio – le posizione differenziate che nel tempo (anni Novanta-Duemila) le due associazioni hanno avuto sulle Città metropolitane, l’ANCI favorevole alla istituzione e l’UPI favorevole ad un mantenimento del ruolo delle Amministrazioni provinciali e una riduzione del numero delle aree metropolitane. Per non citare il favore di ANCI a fare delle Province degli enti controllati dai, anziché sovraordinati ai Comuni, ciò che è stato uno dei motori della riforma Delrio (Pizzetti 2015).

Page 22: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

22

naturalmente integrata, poiché gli attori fanno parte di altri network consolidati in tutti gli ambiti

di policy. Per riprendere le dimensioni di una delle classiche descrizioni dei policy network (Wilks e

Wright 1987), i membri di questa rete sono quindi stabili, con relazioni consolidate, ed

interdipendenti a causa del l’intreccio multi-livello di competenze tra enti territoriali; tuttavia, la

rete su cui ci siamo concentrati in questo lavoro è tutt’altro che isolata dalle altre, poiché gli attori

del governo locale sono sempre gli stessi. Dall’altro lato, ed è questo che ci fa propendere per

l’ipotesi di issue network, vi partecipano degli stakeholder i cui principali interessi ed attività non

hanno a che vedere con la policy in discussione, cioè il ridisegno istituzionale, e che vengono

coinvolti nel processo (come partecipanti ai tavoli territoriali) o si affacciano allo stesso (la stampa)

per fornire il proprio contributo più di consenso che di informazione tecnica, con rare eccezioni46.

Concentrandoci sui contenuti delle proposte di policy degli attori, mancano, come visto, paradigmi

di fondo condivisi dagli attori. Vi sono infatti (poche) idee tra loro in competizione: una visione

riformatrice, portata avanti dal presidente regionale e da una parte dei rappresentanti comunali

sulla base di un discorso tendente alla razionalizzazione e al risparmio di risorse pubbliche, che

fronteggia una tendenza conservatrice di una parte dei partiti di maggioranza in regione e degli

enti locali, che difendono una narrativa in favore della sussidiarietà e del ‘piccolo è bello’. Una

contested discourse community, quindi, con poche idee in competizione in assenza di una opzione

in grado di affermarsi chiaramente sulle altre (Howlett et al. 2009, 84).

5.2 Il policy cycle: il processo

Il processo che abbiamo descritto pare corrispondere a quanto tipicamente si riscontra nelle

analisi di cicli di policy (Howlett et al. 2009, 13-14): un processo non univoco e lineare, bensì

circolare, nel quale tra le diverse fasi esistono molteplici feedback e, anzi, si possono individuare

molteplici ‘sotto-cicli’ che aggregano solo alcune fasi47. Nel caso in esame, se si prende in

considerazione l’intera revisione dell’assetto degli enti territoriali lombardi a partire

dall’approvazione della l. 56/2014, pare evidente come la maggioranza di governo in regione abbia

preferito dapprima una “non decisione” (Bachrach e Baratz 1962), limitandosi ad approvare due

leggi ‘attendiste’ e conservatrici in presenza di un obbligo normativo a legiferare, che quindi ha

dall’esterno fissato l’agenda di policy regionale. Le lr 19 e 32/2015 hanno prodotto un

cambiamento frutto non della ricerca di un esito ottimale, ma di un processo incrementale,

laddove la volontà politica di mantenere lo status quo senza stravolgere l’assetto territoriale ha

46 Per esempio, i Comuni dell’Area omogenea del Cremasco hanno commissionato ai consulenti Vitale Novello Zane &

Co. uno studio sulle prospettive dell’area nell’ipotizzata area vasta Cremona-Mantova. Confindustria Milano-Monza e Pavia hanno commissionato uno studio su Vigevano nella Città Metropolitana. 47

Per citare Lindblom (1959, 86), una policy non è “fatta una volta per tutte. È fatta e rifatta in continuazione. Il policymaking è un processo di approssimazioni successive a alcuni obiettivi desiderati nei quali anche ciò che è desiderato continua a essere riconsiderato e a cambiare”.

Page 23: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

23

prevalso sulla eventuale desiderabilità tecnica (Lindblom 1959) di possibili cambiamenti all’assetto

delle funzioni provinciali, che in realtà non è stata sondata a fondo. L’attuazione è stata poi

complicata dai noti problemi inerenti finanze e personale che hanno interessato le Province di

tutte le altre regioni. Essa non è stata oggetto di approfondita valutazione, né pare abbia dato vita

ad un vero e proprio apprendimento giacché non vi sono stati i tempi per valutare i prodotti delle

due leggi regionali citate. Si è comunque generato un feedback del quale tutti gli attori coinvolti

(Regione, Province e Comuni) hanno preso coscienza: comune è la volontà, espressa nei

documenti che abbiamo analizzato, di non ripercorrere l’incertezza e confusione sperimentate in

occasione dell’attuazione della l. Delrio nel corso del 2015.

Dopo l’implementazione, però il processo non si è concluso. In coerenza con la logica circolare del

policy cycle, come visto il presidente Maroni ha riproposto in agenda il tema ad inizio anno ed il

ciclo è pertanto ripartito. Concentrandoci sul processo tuttora in corso, è agevole distinguere

almeno tre fasi, riprendendo le canoniche configurazioni dei cicli di policy.

1) Per quanto riguarda l’agenda-setting, di indubbio protagonismo è il ruolo di Roberto

Maroni. Egli coglie l’opportunità di sfruttare la prevedibile finestra di opportunità per la revisione

del sistema delle autonomie in Lombardia, nel caso di una vittoria del ‘sì’ al rerefendum sulla

riforma costituzionale dell’autunno48. Il modello di creazione dell’agenda pare assolutamente top-

down, diretta dalla leadership politica, finalizzata a produrre un cambiamento di policy.

2) Il resto del processo che abbiamo illustrato consiste sostanzialmente nella fase di

formulazione, cioè il momento in cui “si generano opzioni su cosa fare in merito ad un problema

pubblico”, opzioni che vengono “identificate, raffinate e formalizzate” (Howlett et al. 2009, 110).

La formulazione vede indubbiamente come protagonisti la Presidenza regionale, supportata

dall’ufficio del sottosegretario competente, ed ANCI in sinergia con UPL. I primi, in realtà, non

formulano una proposta univoca e strutturata. La principale innovazione della proposta regionale

consiste nella riduzione degli enti intermedi e nell’ipotesi dei Cantoni; ma quanto alle funzioni

provinciali, così come successo per la lr 19/2015, la Regione si dimostra assai conservatrice. Dopo

la proposta, essa apre la fase dei tavoli territoriali più per cercare il consenso anziché proposte

alternative. E infatti il documento di luglio, a valle della fase di consultazione dei partner nei tavoli

territoriali, non cambia sostanzialmente nulla alla proposta originaria sulle aree vaste, mentre è

più ricettivo circa le proposte su aggregazioni e sinergie tra enti comunali. L’impressione è che la

‘vera’ partita sulle leadership territoriali e il ridisegno delle aree vaste, nonché sulla governance di

interi settori di policy si giochino su altri tavoli. Ad esempio, nel riassetto del sistema camerale, per

il quale la Regione (Regione Lombardia 2016b, 8) auspica una “coerenza” col nuovo disegno

territoriale regionale e sul quale gli attori economici si sono mobilitati da tempo. Oppure nel

ridisegno degli Enti parco, proposto dalla Giunta attraverso il pdl “Riorganizzazione del sistema

48 Si tratta di una evidente “routinized political window”, in cui degli eventi istituzionali previsti da specifiche

procedure producono delle prevedibili aperture di finestre di opportunità (Cobb e Primo 2003).

Page 24: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

24

lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul

territorio” il 9 giugno 2016, che prevede l’aggregazione dei diversi parchi esistenti in medesimi

ambiti territoriali; per non citare la già attuata riforma del sistema socio-sanitario lombardo

avviata nel 201549.

Ricapitolando, la formulazione ha visto la presenza di almeno due gruppi di attori che hanno

proposto idee (più complementari che alternative), cioè la Giunta e le rappresentanze degli enti

locali. Essa ha seguito un percorso di dialogo strutturato tra gli attori, nella fattispecie dei tavoli

territoriali sopra descritti. La fase della formulazione è stata dunque “aperta” (Howlett et al. 2009,

137), con nuove idee (come i Cantoni di Maroni o le zone omogenee di ANCI) e nuovi attori (gli

stakeholder convocati ai tavoli). Forse troppo aperta, tanto da non consentire la costruzione di un

sostegno politico sufficiente per una proposta in grado di soddisfare tutti i partecipanti, mentre

anche dal punto di vista tecnico non vi sono stati approfondimenti risolutivi per creare le premesse

di una decisione.

3) Infine, la fase decisionale è stata sospesa a causa dello scetticismo di vari attori (Lega Nord

e amministrazioni provinciali in primis) in attesa di conoscere l’esito del referendum

costituzionale. Il ciclo di policy si è perciò interrotto sulla formulazione degli obiettivi della policy di

revisione istituzionale, prima ancora che sui suoi strumenti. Non è quindi possibile analizzarne le

dinamiche e razionalità50, né è possibile definire quale tipo di cambiamento di policy si sia

effettuato.

Si rimandano quindi le conclusioni definitive a dopo il varo di una nuova legge lombarda sugli enti

territoriali che, a questo punto, si immagina avverrà dopo una nuova legge statale di revisione

della l. 56/2014, che inevitabilmente seguirà la linea tracciata dall’atteso esito referendario. Legge

che si troverà di fronte almeno due sfide rilevanti.

Da un lato, razionalizzare la ‘geometria variabile’ degli ambiti ottimali sopra descritti, sia

semplificando le diverse zonizzazioni che dando loro una coerenza col nuovo assetto del sistema

camerale e delle Prefetture, cosa che l’idea di Cantoni come aree vaste di ampie dimensioni

potrebbe facilitare. Una partita tutt’altro che semplice vista la complessità del sistema lombardo di

enti e di servizi pubblici. Ma il rischio che comporterebbe il permanere della frammentazione e

complessità che abbiamo descritto sarebbe quello di consegnare i sindaci, intrappolati in un

sistema di governance spezzettato a seconda delle attività degli enti e dei servizi pubblici coinvolti,

ad una perenne e strutturale debolezza nell’interlocuzione tanto con la Regione (in assenza di

Province in grado di fare sintesi tra i territori), che dello Stato (poiché i rappresentanti dei territori

49 Tutte partite tra loro non coordinate, tanto da far parlare di ‘improvvisazione’ un sindaco di capoluogo intervistato

(2.9.2016). 50

Anche se, vista l’estrema incertezza tanto sui problemi (come e perché definire nuove aree vaste e nuove modalità di collaborazione tra Comuni) che sulle soluzioni proposte, nonché la presenza di più partecipanti con diverso interesse, ci pare possibile ipotizzare che la decisione si stesse indirizzando verso il modello del “bidone della spazzatura” (Cohen et al. 1972).

Page 25: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

25

in Parlamento saranno designati da collegi elettorali diversi dai vari ambiti territoriali sopra

illustrati51). Nonché di continuare a patire le conseguenze in termini di accountability di farraginosi

processi decisionali multi-livello solo perché gli interlocutori più prossimi dei cittadini.

Dall’altro, razionalizzare anche i canali finanziari dedicati alle funzioni comunali, a quelle regionali

ereditate dalle Province e a quelle dei futuri Enti di area vasta (fondamentali e non), così da

assicurare una maggiore responsabilità e trasparenza dei processi decisionali.

Vista la complessità del policy process che abbiano illustrato, il superamento di tali sfide sembra

tutt’altro che scontato.

6. BIBLIOGRAFIA

ANCI Lombardia – UPL (2016), Documento congiunto Anci Lombardia –Unione Province Lombarde

in occasione dell'insediamento dell'Osservatorio regionale per l'attuazione della Legge 56/14, 14

ottobre 2014.

ANCI Lombardia – UPL (2016), La riforma delle autonomie locali in Lombardia. La proposta dei

Comuni in sinergia con le Province, 26 aprile 2016.

ANCI Lombardia – IPSOS Public Affairs (2016), Le opinioni dei cittadini e dei sindaci lombardi nel

2015. Rapporto di ricerca completo.

ANCI Lombardia (2011), Piccoli Comuni, grandi progetti. Associazionismo e innovazione per

affrontare il futuro.

Bachrach P. e M.S. Baratz (1962), “Decisions and Non-Decisions: An Analytical Framework”,

American Political Science Review, vol. 56, n. 2, pp. 632-642.

Bolgherini S., A. Lippi, S. Maset (2015), “I processi decisionali delle regioni e i loro assetti infra-

regionali dopo la Legge Delrio”, in ANCI Toscana, La riallocazione delle competenze e del

personale provinciale e i processi di costituzione delle città metropolitane. Una ricognizione sullo

stato di attuazione della L.56/2014, Treviso, pp. 7-56.

Casula M. (2016), “Il vincolo della gestione associata per i piccoli Comuni: caso di politica

simbolica?”, EyesReg, vol. 6, n. 1.

Cobb R.W. e D.M. Primo (2003), The Plane Truth: Airlinie Crashes, the Media, and Transportation

Policy, Washington, Brookings Institution.

Cohen M., March. J., Olsen J. (1972), “A Garbage Can Model of Organizational Choice”,

Administrative Science Quarterly, vol. 17, n. 1, pp. 1-25.

51 I collegi elettorali dell’Italicum ricalcano gli attuali confini provinciali solamente a Como e Pavia. Lecco e Sondrio

sono accorpate. Bergamo e Brescia hanno due collegi ciascuna. In tutti gli altri territori i collegi coprono solo una parte di una provincia e/o sono ‘a scavalco’ tra più province.

Page 26: RIORGANIZZARE LE AUTONOMIE LOCALI IN UN ......Comuni montani in base alla lr 19/2008, più volte modificata4, ma che non esauriscono né 2 Come nel resto del Paese, i principali servizi

26

Dente B. e F. Kjellberg (1988), The dynamics of institutional change: Local government

reorganization in Western democracies, Londra, Sage.

Dente B. (2011), Le decisioni di policy, Bologna, Il Mulino.

Éupolis Lombardia (2015), La gestione associata tra obbligo e opportunità, relazione del dott.

Alberto Ceriani alla VI Assemblea regionale dei piccoli Comuni della Lombardia, Osnago (LC).

Harris R. e S. Milkis (1989), The Politics of Regulatory Change, Oxford, Oxford University Press.

Heclo H. (1974), Modern Social Politics in Britain and Sweden: From Relief to Income Maintenance,

New Haven, Yale University Press.

Howlett M., M. Ramesh, A. Pearl (2009), Studying Public Policy. Policy Cycles and Policy

Subsystems, Oxford, Oxford University Press.

IFEL (2015), I piccoli Comuni della Lombardia 2015. Le dinamiche socio-economiche, relazione

presentata all’ Assemblea Regionale Piccoli Comuni della Lombardia, Osnago, 20 giugno 2015.

Lindblom C. (1959), “The Science of Muddling Through”, Public Adminstration Review, vol. 19, n. 2

pp. 79-88.

Lowi T. (1972), “Four Systems of Policy, Politics and Choice”, Public Administration review, vol. 32,

n. 4, pp. 298-310.

Pizzetti F. (2015), La riforma degli enti territoriali. Città metropolitane, nuove province e unione di

comuni. Legge 7 aprile 2014, n. 56 (Legge “Delrio”), Milano, Giuffré.

Regione Lombardia (2016a), La riforma delle Autonomie in Lombardia. Verso una proposta di

riordino del livello intermedio di governo del territorio tra i Comuni e la Regione Lombardia.

Documento di base per il confronto politico, istituzionale, sociale ed economico, marzo 2016.

Regione Lombardia (2016b), La proposta regionale per il riordino istituzionale territoriale della

Lombardia, anche in esito ai tavoli territoriali ex art. 7 lr. 19/2015. Documento di riferimento per

la sessione del Comitato riforme, 13 luglio 2016, Milano.

Wilks S. e M. Wright (1987) a cura di, Comparative Government-Industry Relations: Western

Europe, the United States, and Japan, Oxford, Clarendon Press.