Riflessione sul vangelo di oggi

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RIFLESSIONE SUL VANGELO DI OGGI

VENERDI’

27 APRILE

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei si misero a discutere

aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne

da mangiare?».Gesù disse loro: «In verità, in

verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in

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voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita

eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia

carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita,

ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia

me vivrà per me.Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono

i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a

Cafàrnao.

L’ultima parte del discorso di Gesù sul «pane di vita» ne costituisce anche il momento più intenso, di

carattere marcatamente

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eucaristico, con parole sempre più nette e sconcertanti: mangiare il

pane che è Gesù, mangiare la carne del Figlio dell’uomo e bere il suo sangue, è unire la nostra vita alla sua vita, che è la vita eterna. L’invito ad assumere il sangue co-me bevanda, del tutto ripugnante

agli interlocutori in quanto violazione di uno dei precetti più

sacri della Legge, li pone di fronte alla realtà di una morte salvifica che va al di là delle prescrizioni

rituali. Per la prima volta, attraverso il linguaggio

eucaristico, viene espressa la presenza di Gesù nel credente, il

quale è così introdotto nella dimensione trinitaria (Gv 6,56- 58).

La vita stessa del Figlio di Dio, il suo sangue, la sua carne da

«masticare» (il verbo trogo indica realisticamente un’azione molto

cruda) sono messi nelle mani degli uomini. Possiamo dimenticarcene,

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possiamo far solo finta di ricordarcene, oppure possiamo

farne il cardine della nostra vita: anche la nostra vita è da donare o

rifiutare agli uomini, anche noi possiamo essere fermento di

un’esistenza nuova o raggelamento delle istanze di

condivisione e di comunione che ogni momento ci provengono dagli

altri.