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Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - Anno XXIII - N. 56 - Aprile 2016 Quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 2 DCB - Roma Ridare il sorriso ai piccoli abbandonati: è tutto ciò che vogliamo!

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Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - Anno XXIII - N. 56 - Aprile 2016

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Ridare il sorriso ai piccoli abbandonati:

è tutto ciò che vogliamo!

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IL DECALOGO DELLA MISSIONE

In questo numero presentiamo il VII° imperativo del mandato missionario secondo il decalogo stilato da Bruno Maggioni

VII°Il missionario solidarizza con le situazioni in cui vive e

con le persone che gli sono accanto. Si preoccupa di tutti: come in casa è attento alla famiglia,

così in parrocchia, scuola, fabbrica e in ogni altro ambiente, nessuno gli è estraneo.

Editoriale

Cari amici,il tema di questo numero di nuova Luce, è fascinoso e tremendo, consolante e urti-cante ad un tempo. Mette in questione la consistenza della nostra realtà, il nostro esi-stere come uomini e come cristiani.

Il verbo “Solidarizzare”, dobbiamo ammettere, non è tanto usato in italiano, pre-feriamo il sostantivo "solidarietà" che, essendo astratto, immediatamente pone una di-stanza tra il nostro vivere concreto e i nostri, pur nobili, sentimenti.

Ma “solidarizza!” è detto nel settimo comandamento del decalogo che stiamo ana-lizzando in questi numeri e che, anno dopo anno, uscendo in primavera, sono comeun invito a rinascere, rifiorire, a mettersi in moto, a vivere più pienamente, dopo averraccolto in autunno, con i numeri sul rendiconto, i frutti, sempre gradevoli, ma maisufficienti, del nostro impegno missionario.

Dunque bisogna muoversi. Papa Francesco non cessa di stimolarci con le sue pa-role ed i suoi gesti tanto semplici quanto sorprendenti. Lui si muove e fa muovere lemontagne andando da una parte all'altra del mondo con il sorriso sulle labbra, occhi

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carezzevoli e gioia traboccante dal cuore per lenire ogni ferita dell’umanità. Ha saputomettere in moto anche i morti: come S. Pio e S. Leopoldo, di cui abbiamo visto le spo-glie mortali percorrere l’Italia e dietro a loro muoversi fiumi di fedeli pronti a ricevereed annunciare a tutti la Misericordia di Dio!

Ma, se la misericordia è “di Dio”, la solidarietà è umana: è il nostro modo di ap-propriarci dei sentimenti di Cristo e di riprodurre, per quanto possiamo, i suoi gesti sal-vifici.

Da tutto il nostro mondo missionario ci sono giunte indicazioni univoche: chi soli-darizza, non fa magari grandi cose, non se le propone neppure sognando imprese chenon sono alla sua portata ma, se fa ciò che può, in tutte le circostanze in cui c'è bi-sogno (e non chiude gli occhi, né la porta, davanti ai bisogni!) si accorge poi semprecon infinito stupore che “ha fatto grandi cose Colui che è potente e Santo è il suo Nome”(Lc 1,49). Canta allora con Maria il suo magnificat, sente rinvigorire le sue forze, au-mentare il suo coraggio e constata che davvero i credenti “Mettono ali come aquile,corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”. (Isaia 40,41)

Al contrario, quando, magari per rispetto alla tanto oggi decantata “privacy”,(spesso comoda maschera dell’egoismo!) “non ci curiamo di qualcuno che sta male oè in difficoltà [tornando al significato etimologico di solidarietà] apriamo una crepanel solido [di cui siamo parte]. Una sola, una crepa da nulla. Ma di crepa in crepa ilcorpo si indebolisce, le fenditure si allargano fino a renderlo fragilissimo, incoerente- che perde pezzi, fra i quali ci siamo noi. Il modo in cui questa parola viene usata cidice che è l’aiuto il cemento del solido in cui viviamo, il venirsi incontro nella parte-cipazione di un destino comune in cui nessuno dovrebbe essere lasciato indietro o di-menticato. una società solidale è una società solida. (E pare che sia un valore di uncerto rilievo, da qualche milione di anni a questa parte)”.

Ho citato qui la più banale delle fonti: internet cfr. (http://unaparolaalgiorno.it/)ma a prescindere dall'ironia dell'autore, sia che mi rifaccia ai padri latini “homo sum,nihil humani a me alienum puto”- sono uomo, niente di ciò che è umano mi è estra-neo!, che al più vicino don Milani il quale sulla parete della scuola di Barbiana avevascritto:

I CARE -mi sta a cuore! (ed ha acceso in tutta la mia ge-nerazione la passione per i problemi degli altri); trovo tra-dotto in ogni epoca e in ogni linguaggio il comanda-mento supremo del Signore: ama il tuo prossimo come testesso e dalle mie sorelle missionarie so che in tutto ilmondo questa è l’unica leva che solleva il mondo.

Grazie per il sostegno che date a questa impresa!Vostra

Sr. Irma SSA

SOMMARIO

Argentina .......................... 4Brasile ............................... 8Cameroun ....................... 10Kenia ............................... 18India ................................ 20Italia ................................ 23Messico ........................... 26Perú................................. 28Philippine ....................... 29

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La Provvidenza è Grandebasta confidare in Lui

di Bruno Bosio

Era il mese di Luglio 1984, da temponon pioveva, le riserve d’acqua si sta-vano esaurendo e agli aborigeni nes-suno ne portava.

La polizia di Missiòn Tacaàgle inca-ricata di rifornire d’acqua gli aborigeni,visto che essa scarseggiava aveva deci-so di non portarla loro, adducendo co-me pretesto che l’autobotte era rotta.

Ramòn, su invito del Cachique (ca-po tribù) Moratalla, percorse a piedi 25Km fino a General Belgrano venne danoi a dirci che erano senza acqua e achiederci se potevamo fare qualcosa.

Le famiglie della colonia Toba a Ta-caàgle, erano 70: avevamo dunque bi-sogno di 70 damigianette per comin-ciare a fornire almeno 10 litri – tantone conteneva ogni damigianetta – perfamiglia. Ma chi poteva prestarcele ?L’unica persona nelle condizioni di far-lo era il proprietario di un grande ma-gazzino di bevande, Pedro. Ma comechiedergli 70 damigianette in prestito?

Come avrebbe reagito?In fondo però – pensammo – non

chiedevamo nulla per noi, ma per i fra-telli: il Signore ci avrebbe suggerito leparole giuste per convincerlo. Andaicosì dal signor Pedro, gli spiegai il pro-blema e lui mi chiese: “Quali garanziemi può dare per la restituzione?”

Risposi: “Le riporterò io le damigia-nette e, se ne mancheranno, le pa-gherò”.

“Non so se ho 70 damigianette vuo-te, ma le darò tutte quelle che ho….Visto che lei lavora per la Chiesa e peri poveri, voglio fare anch’io qualcosa”.

Lo abbracciai forte con un GRA-CIAS ugualmente forte. Rientrato velo-cemente a casa, tornai con la camio-netta: le damigianette disponibili era-no 73 e le caricammo tutte”.

Ma e l’acqua ? “mi gridò Pedro. Già,e l’acqua? Anche da noi scarseggiava:la riserva rimasta nella nostra cisternaera ormai meno della metà.

Arrivato a casa con il pensiero del-l’acqua, trovai Esther in mezzo al corti-le vicino alla cisterna con un secchiogià pieno d’acqua, pronta per riempirele damigianette. Raccogliemmo l’ac-qua con il secchio finché fu possibile;poi Cristiano, il nostro figlio maggiore,scese in fondo alla cisterna (profondatre metri) con una tazza per attingerefino all’ultima goccia evitando di rac-cogliere anche le impurità.

Riempite e caricate le damigianette,partimmo per Tacaaglé.

Lì incontrammo gli aborigeni sullastrada ad aspettarci; andammo insieme

Argentina

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a loro al centro della riserva e con noivenne el Cachique, per aiutarci a distri-buire una damigianetta ad ogni fami-glia. Non avanzò nessuna damigianaperché, su indicazione di Moratalla, aqualche famiglia ne lasciammo due.

In seguito ci dirigemmo alla stazio-ne di Polizia, a chiedere che per favoreandassero a portare l’acqua agli abori-geni. Mi garantirono che sarebberoandati appena possibile, perché l’auto-botte era bucata. Chiesi di vederla, pertrovare il modo di aggiustarla, ma ac-camparono altre scuse. Mi resi contoche, quando un bene prezioso comel’acqua viene a mancare, si ha diffi-coltà a condividerla. Ci garantironoperò che avrebbero portato l’acqual’indomani mattina. Il capo della poli-zia ci diede una forte stretta di manoe, continuando a rassicurarci, tutti cifecero ampi sorrisi.

Ritornammo a casa contenti e can-tando il MAGNIFICAT .

Passammo da Pedro per ringraziarloe per raccontargli la nostra impresa;con lui c’era pure la moglie Letty. Vollesapere come era andata e se avessimoavuto damigianette a sufficienza; glicomunicammo anche che dalla poliziaci era stato garantito che avrebberoportato acqua agli aborigeni .

Nel salutarci, Letty ci porse un piat-to coperto da una salvietta di carta, di-cendo: “Tenete, vogliamo condividerecon voi la cena, sarete stanchi ed affa-ticati”. Posammo il piatto sul tavolo vi-cino e l’abbraccio fu grande, forte elungo, tanto che dura ancora dopo 32anni !

La Domenica successiva, Letty lesseuna lettura a Messa e Pedro proclamò ilSalmo. “Grandi cose fa l’Onnipotente”.

Arrivati a casa, scoprimmo che Cri-stiano aveva fatto bollire il latte, Anto-nella aveva preparato il tavolo e Ro-berto era andato a ritirare due botti-

glie d’acqua dal vicino; la condivisioneincominciava a funzionare.

Cenammo e poi pregammo un po’chiedendo alla Madonna di far piove-re, così si potevano riempire i bidonidei poveri.

Nella notte si videro in lontananzadei lampi, ma il temporale era moltodistante, perché il tuono arrivava mol-to tempo dopo e quasi non si sentiva.

Le preghiere si intensificarono edopo un po’, pur non udendosi tuoni,le gocce incominciarono a battere sul-le lamiere del nostrotetto. La nostra casaaveva infatti per tet-to delle lamiere dizinco, che produce-vano un gran caldoquando c’era il sole,ma quando piovevaci consentivano diraccogliere l’acquache finiva nell’aljibe(cisterna) ed era pu-lita, limpida.

“Piove, Piove”,gridò Antonella. An-tonella quando dor-miva non sentiva neanche le cannona-te, ma quella notte gridò come una vo-ce nel deserto. “Papà, papà, piove” ri-spose Roberto e con Cristiano saltam-mo dal letto per correre vicino al tuboche scendeva dalla grondaia.

Cristiano girò il gomito del tubofuori dalla cisterna, in modo che il tet-to si lavasse per bene, poi rimise il go-mito verso il pozzo, e … piovve tutta lanotte ed il pozzo si riempì.

GUSTATE E VEDETE

QUANTO BUONO È

IL SIGNORE.

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L’Amore per Sofiaha fatto superare ogni difficoltà

di Sr. Leni Pereira de Melo SSA

La nostra comunità di Santa Rosa – LaPampa-Argentina, divenne nel 2004 unaComunità Alloggio, grazie ad una bam-bina chiamata Jessica, di 10 anni, che do-vette trascorrere la notte con noi perchésua madre era uscita da casa lasciandolaper la strada, così come era sua abitudine.

Quella volta la bambina venne a bus-sare alla porta della nostra comunità amezzanotte, chiedendo cibo e riparo. Sr.Ernestina e Sr. Marykutty provando tantatenerezza, l’hanno accolta per una setti-mana, mentre cercavano di investigaredove fosse la mamma per comunicarleche la figlia era nella nostra comunità. Mala risposta della mamma è stata che se latenessero o la lasciassero per la stradaperché lei non aveva la possibilità di pren-dersi cura della sua figlia.

Passati alcuni giorni sono venute altredue sorelline di Jessica supplicando di es-sere accolte. Le Suore hanno letto in que-sti avvenimenti la manifestazione dellavolontà di Dio che desiderava che la no-stra casa a Santa Rosa diventasse un luo-go dove offrire accoglienza e cure a que-ste e ad altre bambine abbandonate. Ab-

biamo così cominciato le pratiche legalipresso gli organi giudiziari per avere lebambine con una tutela giuridica e inquello stesso anno abbiamo accolto le-galmente altre cinque bambine con si-tuazioni familiari simili a quelle di Jessica.

In questi undici anni sono passate nel-la nostra Comunità - Alloggio, circa 30bambine che sono rimaste nella Comu-nità alcuni anni, per poi ritornare con ipropri familiari o con parenti prossimi oessere affidate a una famiglia sostitutiva.

Sofia è stata la prima ad essere legal-mente adottata. È arrivata in Comunità nelmese di ottobre di 2012, aveva 6 anni. Unabella bambina, spontanea, sempre alle-gra nonostante le molte difficoltà cheaveva avuto nella sua breve vita, avevasempre la speranza di tornare dai suoi ge-nitori. Ma ciò non era possibile visto cheera stata portata in Comunità proprio per-ché stava vivendo in una situazione mol-to precaria, praticamente per la stradaperché i suoi genitori erano coinvolti nelmondo della droga e della prostituzionee non si prendevano cura né di lei né deisuoi quattro fratelli che sono stati portatiin altre Comunità e famiglie.

È arrivata alla Comunità molto sporcae sciupata con vestiti troppo grandi perlei, faceva molti capricci perché avevapaura dell’acqua per lavarsi, non sapevacome alimentarsi, non era ancora andataa scuola, sembrava proprio un animalet-to. Con molto affetto, tenerezza e fer-mezza pian piano le è stato insegnato avivere dignitosamente.

Nella nostra Comunità funziona ancheun laboratorio femminile, che alcunedonne frequentano per imparare lavorimanuali. Certe volte abbiamo organizza-

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N. 56 - Aprile 20167

to una cena con le partecipanti ed eranopresenti anche le bambine della Comu-nità Alloggio. La signora Silvia Alacha ri-mase affascinata da Sofia, tanto che, ap-pena l’ebbe conosciuta ne parlò con unasua nipote sposata, che non aveva figli edesiderava fare un’adozione.

Pochi giorni dopo, abbiamo ricevutola visita di questa coppia, Germán MatíasLira y Griselda López Alacha, che desi-derava conoscere Sofia, perché la zia neaveva parlato loro. Si vedeva che era unacoppia molto buona, con molti valori.Anche loro rimasero incantati di Sofia esubito cominciarono a “sognare” di po-terla adottare, ma ciò sarebbe stato dif-ficile perché abitavano in un’altra Pro-vincia e perciò non avevano il diritto diadottare una bambina della Provincia deLa Pampa.

Abbiamo allora affidato questa causaai nostri venerati Fondatori, chiedendo laloro intercessione, se era per il bene del-la bambina.

Matías e Griselda hanno deciso di la-sciare il proprio lavoro, casa e famiglia etrasferirsi a Santa Rosa, con la speranza diriuscire ad adottare la piccola Sofia.

Hanno trovato molte difficoltà perchénon è stato facile trovare un lavoro, chepermettesse loro di affittare una casa de-gna per poter cominciare le pratiche perl’adozione. Senza dubbio la Provvidenzadi Dio ha guidato tutto. A Griselda, che èinfermiera domiciliare, hanno offerto lapossibilità di prendersi cura di alcuni in-fermi, e Matías ha trovato lavoro, instal-lando e sistemando il sistema di gas nel-le case. Poco a poco abbiamo permessoche Sofia rimanesse il fine settimana conloro per rendere più forti i legami affetti-vi. Gli assistenti sociali e avvocati hannocominciato il loro lavoro, spiegando an-che che c’era tutta una lista di coppie di-sposte all’adozione.

Matías e Griselda insieme a noi prega-vano perché si realizzasse la volontà diDio nella loro vita per il bene della bam-

bina, con la quale i legami crescevanosempre di più. Dopo un anno di prepara-zione e con molta gioia i due aspiranti ge-nitori si sono sposati in Chiesa per con-solidare con la grazia del sacramento laloro unità familiare.

Alla fine il “Juzgado de la Familia y elMenor” (organo giudiziario responsabiledelle adozioni nella Provincia de La Pam-pa), vedendo la costanza della coppia nel-la ricerca del suo obiettivo, ha deciso af-fidare loro Sofia, inizialmente per tre me-si. Anche noi siamo state chiamate a te-stimoniare riguardo la loro idoneità adadottare Sofia.

La Provvidenza di Dio si è manifestatain ogni tappa. Durante il processo per l’a-dozione il padre biologico di Sofia è mor-to, lui era l’unico che, ogni tanto, deside-rava vedere Sofia. Questo avvenimentoha anche contribuito ad accelerare il pro-cesso di adozione.

Finalmente all’inizio di dicembre 2015è arrivata l’adozione legale della piccolache già da luglio condivideva la vita conMatías e Griselda.

La famigliola, finalmente completa, ètornata alla sua Provincia il 12 dicembre,ma prima di partire è venuta nella nostraComunità a salutarci e a dirci: “andateavanti con questa difficile missione di ac-cogliere, educare e formare queste bam-bine al loro futuro. Vi vogliamo bene e sa-remo per sempre grati a voi”.

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Da benefattrici a beneficate

di Sr. Eliane Raimundo SSA

Nella nostra comunità di Curitiba,con il desiderio di rispondere alle ne-cessità di tante adolescenti gestanti, ab-biamo pensato di cominciare anche qui(come già abbiamo fatto da tempo in al-tre comunità) un progetto con la fina-lità di accompagnare le ragazze a vive-re bene la gravidanza affinché loro e iloro figli possano avere una vita più di-gnitosa. Avevamo un obiettivo teoricoe pratico, ossia, volevamo offrire lorouna formazione di base riguardo gliaspetti socio-sanitari, le cure necessa-rie per se stesse durante la gravidanza,le cure per i neonati, l’importanza del-l’allattamento al seno, dell’educazione,ecc. Poi, concretamente, vedevamo lanecessità di aiutarle nella confezionedel corredino. Abbiamo allora invitatoalcune gestanti ed esse hanno espressol’interesse a partecipare, e abbiamo an-che contattato alcune signore della co-munità invitandole a collaborare connoi. Loro hanno dato la disponibilità, atitolo di volontariato.

Abbiamo provveduto il materiale ne-cessario e comunicato a tutte la datadell’inizio del progetto, che si realizza

una volta alla settimana di po-meriggio e che abbiamo chia-mato: “tecendo vidas”, ossia,“tessendo vite”.

Ma, nella data prevista, si so-no presentate le undici volon-tarie e poche gestanti!!!

Ciò che avrebbe potuto es-sere una grande delusione si ètrasformato però in qualcosa diveramente grande, perché gra-tuito!

Ed è ciò che ci colpisce in questo fat-to: una settimana dopo l’altra, le volon-tarie, quando hanno visto che le ge-stanti non si facevano presenti, ci do-mandavano: “dove sono le gestanti? Ilprogetto non era per loro?”

Si percepiva nelle volontarie unacerta indignazione, che con la grazia diDio pian piano si è trasformata in ge-nerosità e solidarietà. Ogni settimana,anche se non si presentava nessuna, opoche gestanti, noi le accoglievamo, fa-cevamo un momento iniziale di rifles-sione e le aiutavamo nella confezionedi qualche indumento per i neonati.

Queste volontarie, delle quali ottosono molto perseveranti, pian pianohanno scoperto la bellezza di poter sta-re insieme, di condividere i lorodoni/talenti e anche la loro vita. Hannosperimentato una gioia inesprimibilenel momento della consegna del corre-dino a una gestante che aveva parteci-pato e poi quando sono venute insiemea noi nelle case di altre gestanti biso-gnose per portare i corredini, anche senon avevano partecipato al progetto.

Brasile

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riva una mamma con ilneonato che sta utiliz-zando qualcosa che ha ri-cevuto dal gruppo.

Per mezzo di questevolontarie, che si sento-no beneficate, più dellegestanti, perché hannoscoperto la gioia di esse-re solidali, il progetto di-venta sempre più cono-sciuto e molte altre per-sone hanno il piacere didonare qualcosa, che

serve alle mamme o ai bimbi, siaper l’igiene, sia come aiuto econo-mico per comprare tutto ciò di cui

hanno bisogno.

Rendiamo grazie a Dio per questepersone che continuano a tessere la lo-ro vita all’insegna della solidarietà edella gratuità e contribuendo affinchétante nuove vite, direttamente o indi-rettamente, siano tessute con più di-gnità e amore.

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Oggi esse ci ringraziano per la gioiache abbiamo regalato loro con la pos-sibilità di trovarsi nella nostra casa, econtribuire ad aiutare tante giovani ma-dri e famiglie bisognose.

Puntualmente ogni lunedì alle 14:00arrivano alla nostra comunità portandosempre tanta gioia, molto umorismo etante novità che hanno da condividere,portano anche sempre qualche mate-riale che hanno comperato e che servenella confezione del corredino o coseche hanno ricevuto in dono dalle loroamiche e che loro sistemano, lavano eprofumano facendole diventare comenuove. Sempre ci ripetono: “è tutto pu-lito e profumato”.

Settimana dopo settimana viviamoun’esperienza sorprendente. Ci colpi-sce la disponibilità di queste signore,desiderose di aiutare, insegnare ed im-parare, sempre per il bene delle nuovevite che stanno per nascere.

La gioia aumenta quando a quell’o-rario riceviamo la visita di mamme chehanno ricevuto il corredino, sia che ab-biano partecipato “per bene” al pro-getto, sia che siano venute poche vol-te, o che abbiano ricevuto il corredinonella loro casa. È bellissimo quando ar-

Natale a Curitiba, con la gioia di un Gesù vivo, accolto da una grande famiglia felice del suo arrivo.

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N. 56 - Marzo 201610

Il viaggio che recentemente ho fatto inCameroon (dal 16 novembre al 7 dicem-bre 2015), il cui scopo era primariamentelegato al servizio di economa generaleche svolgo all’interno della mia Congre-gazione, mi ha permesso di fare un tuffonella nostra missione e che sintetica-mente mi piace intitolare: “a scuola disolidarietà”!

Ho ricevuto lezioni brevi, ma intenseed efficaci, su come si può vivere spen-dendosi per le necessità dell’altro, perquella persona che ti compare davantinel tuo quotidiano lavoro, apostolato …o semplicemente mentre cammini per la“tua” strada e qualche angelo custode tipermette di accorgerti che è anche lastrada di un altro.

Al mio arrivo nella nostra comunità diMessa Mendongo, la più vicina all’aero-porto di Yaoundé, ho ricevuto la prima le-zione: tra le Sorelle che danzavano per lagioia dell’accoglienza c’era anche Angele,una bambina di poco più di tre anni chemi ha messo nelle mani una pianta carat-teristica, segno di pace e di benedizione,e mi ha accompagnato in cappella congrande devozione! Le Sorelle di questacomunità ospitano da tempo la piccolaAngele e sua sorella più grande, abban-

donate e senza punti di riferimento, mal-nutrite e fragili, con uno sguardo velatodi tristezza, ma sensibilissime ad ogni ge-sto di attenzione e di affetto, che le facciasentire “a casa”. Angele era orgogliosa diavermi accolto “a casa sua”! Non è pas-sato molto tempo per la seconda lezione,ricevuta nella stessa comunità il giornodopo, quando alla fine di una giornata dilavoro nella Scuola dell’Infanzia fre-quentata da più di 200 bambini, due diloro, fratello e sorella, alle 7 di sera sta-vano ancora aspettando i loro genitori. Labambina era anche febbricitante. Per unlitigio tra i genitori che non vanno d’ac-cordo, i bambini sono rimasti “fuori” deiloro programmi e nonerano andati a prenderli altermine dell’orario scola-stico. Le Sorelle, vista la si-tuazione, hanno lasciato lacena già pronta e tutte sisono adoperate per accu-dirli: chi a cambiarli, chi atrovare un letto per la bam-bina con la febbre, chi perpreparare per loro un po’ dicena e … chi per rintrac-ciare i genitori cercando difarli rinsavire sulle loro re-

A scuola di solidarietà!di Sr. Sabrina Miriam Pollini SSA

Cameroun

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è stato bellissimo constatare come leSuore e tutto lo Staff dei docenti sonoben consapevoli di avere tra le mani legiovani generazioni a cui trasmettere ivalori più veri della cultura del Paese e delcarisma del nostro Istituto. Il bello e ilvero si armonizzano attraverso la faticaquotidiana dell’educare e si esprimononelle manifestazioni del folkore e nelleoccasioni di festa in cui non mancanomai la danza e il canto.

A Bamenda la lezione di solidarietà miè stata impartita da una vera è propriamaestra di carità: Mamma Foncha. Il suodefunto marito è stato Vice Presidente ePrimo Ministro per la regione anglofonadel Cameroon [al tempo di Ahidjo], difamiglia ricchissima, ma di un cuore al-trettanto ricco ha molto lavorato per lariunificazione del Paese. Hanno donato ilterreno per la costruzione della Parroc-

sponsabilità genitoriali! Anche io misono trovata coinvolta nel rifare il lettoper il più piccolo che non ce la faceva atenere gli occhi aperti per il sonno …come dire: la scuola di attenzione allanecessità del più fragile prevede anche laparte pratica: il tirocinio!

Quando sono giunta nella caldaLimbe, ho visitato la scuola parrocchialein cui le nostre Sorelle prestano servizio,alla quale è annesso anche un educan-dato per ragazze. Spazi limitati per 800 ra-gazze in piena età dello sviluppo. E lospazio deve sembrare troppo stretto aCarla (nome di fantasia), un’adolescenteribelle e arrabbiatissima con la vita chesfoga la sua collera facendo il “bullo” conle altre ragazzine. La terza lezione di so-lidarietà è consistita nel farla incontrarecon il coeso gruppo delle Suore educa-trici (compresa me come ospite) per farlaragionare sul suo comportamento e pro-metterle solennemente che tutteavremmo pregato per lei. Siamo quindiandate alla volta di Mokunda, il villaggioin cui sta sorgendo l’ultima opera educa-tiva delle Suore di Sant’Anna. La scuola el’educandato si sono aperti quest’anno,ma il terreno è ancora un cantiere aperto,nel senso che ci sono ancora tantissimilavori da fare, ma soprattutto è apertoalla gente del villaggio, nel quale non esi-ste neanche un negozio per comprare ilpane, e il capannone che fungeva da

“cappella” per i cattolici, ècrollato già da tempo. E cosìle suore della comunitàstanno diventando il puntodi riferimento del villaggio,per il culto, per l’acquistodi generi di prima necessitàe per la distribuzione di ac-qua! Indimenticabile que-sta lezione di solidarietàfatta di concretezza evan-gelica.

Nella Scuola di Bafous-sam, già avviata da vari anni,

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12N. 56 - Marzo 2016

chia e di di-verse casereligiose delluogo e an-cora adessoM a m m aFoncha, allabella età di92 anni, èpunto di ri-

ferimento per la gente, specialmente peralcuni bambini che, quasi ogni pomerig-gio, si radunano a casa sua per pregarecon lei il rosario. Si è sentita onorata dellavisita delle Suore, ma per me è stato undono grandissimo ricevere la sua bene-dizione e la sua lezione di semplicità.

Sempre dono della Famiglia Foncha èil luogo dove sorge il Divine Mercy Cen-tre, in cui le nostre Suore permettonoalla gente di recarsi a trascorrere in pre-ghiera tutto il tempo che desiderano, edinoltre si mettono a disposizione perascoltare i drammi che le persone si por-tano in cuore. La cassettina ai piedi delS.S.mo Sacramento è sempre colma dilettere e intenzioni di preghiera e la portadella cappella è sempre aperta per rice-verle. Nel dialogo con le suore e nel si-lenzio della preghiera molte persone ri-trovano la pace e la forza per affrontare leloro pene, ma anche la grazia della solu-zione dei loro problemi, quando è vo-lontà di Dio.

Il viaggio è proseguito per Fuanantui,inerpicato sulla montagna e immerso inun paesaggio verde stupendo. Qui, pro-prio la vegetazione è stata protagonistadella ennesima lezione: dalle svariatepiante locali si ricavano estratti, infusi,sostanze di vario genere, che costitui-scono la fornitura per la Clinica del Vil-laggio, gestita dalla Comunità delleSuore, che soccorrono i malati della zonacon le medicine tratte delle erbe curative.

Dal fresco della montagna di Fuanan-tui siamo poi andate alla caldissimaManfe, in cui la stagione secca mette a

dura prova la resistenza fisica di piccoli egrandi. Le Suore sono qui solo dall’iniziodi questo anno scolastico e la scuola par-rocchiale in cui prestano servizio ri-chiede tutta la loro tenacia per insegnarea tutti i costi! I numerosi bambini, glispazi ristretti, la scarsità di materiale e ilcaldo torrido sono un esercizio di resi-stenza, che indica quanto è importantecredere nell’educazione e lavorare affin-ché anche le famiglie si rendano consa-pevoli di questo impareggiabile valore.Un lavoro faticoso, gratificato solo dallostupendo sorriso dei bambini!

Tobin e Bayelle sono due delle case diformazione delle nostre Suore, rispetti-vamente l’Aspirandato e il Postulandato,ossia le prime due tappe del camminodelle giovani che vogliono verificare lavocazione religiosa. Il compito delleSuore è accogliere queste giovani con leloro storie, i loro talenti e le loro fragilità,ed aiutarle a crescere come donne di Dio,affinché possano essere spose di Cristo,maestre di solidarietà e di attenzione alpiccolo e al povero.

Dopo tutte queste lezioni che mi sonostate impartite inconsapevolmente, per-ché sorte spontaneamente dalla quoti-dianità, posso solo rendere grazie a Dioper tutto il bene che si fa attimo per at-timo, gesto dopo gesto, in questa caraterra di missione. Ma rendo grazie adogni Sorella anche per la solidarietà cheho ricevuto abbondantemente in ognimia necessità, mentre cercavo di adat-tarmi alle usanze del posto, al clima, alcibo … Ritengo che tutte siano state pro-mosse a pieni voti in questa scuola pra-tica di solidarietà!

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N. 56 - Aprile 201613

Nei primi anni ‘80 i miei genitori(Francesco Yuyun e Fiorenza Shalla)sono stati attratti l’uno dall’altra dauna grande passione d’amore. Que-sta unione avrebbe potuto esserelegalizzata solo civilmente, perchéin precedenza il mio papà avevacontratto un matrimonio cristianocon un’altra ragazza (la mia attuale ma-trigna) purtroppo però, caddero benpresto in una crisi che li costrinse a se-pararsi.

Nonostante la separazione, papà,mamma e matrigna continuarono a vi-vere tra loro in modo pacifico.

I figli di entrambe le donne [in tutto14!] sono rimasti sotto la cura dei geni-tori: di mio padre e, naturalmente, dimia madre che si assunse la responsabi-lità materna per tutti.

La vita continuò quasi normalmentee l’impegno nella chiesa si fece più for-te con il pontificato di papa Francescoche, mentre li faceva sentire vivi nellacomunità cristiana, rendeva acuto il rim-pianto dell’aspetto che era necessaria-mente carente: i sacramenti del matri-monio e dell’eucaristia. Nonostante il lo-ro grande impegno nella vita pastoraledella chiesa locale, nella parrocchia diShisong in diocesi di Kunbo in Came-roon- Africa, si sentivano sempre comecristiani di “seconda classe”. Nessunopoteva convincerli del contrario [né isaggi del villaggio, che vedono ciò come“costume” né la comunità cristiana che

non sapeva come aiutarli a vivere que-sta situazione con serenità.]

Nei primi anni del ‘90 papà e la primamoglie avevano cercato di riavvicinarsi,lei ebbe la possibilità di vivere in unadelle case di famiglia. Siccome tutti e trei genitori crescevano nella maturità cri-stiana c’era una conversione graduale ecostante dalla passione a quello checonsideravano essenziale nella vita. Pen-sarono allora di riconciliarsi anche conla comunità cristiana e di vivere secon-do gli insegnamenti della Chiesa. Perquesto motivo hanno cercato l’assisten-za pastorale del sacerdote della parroc-chia che li ha accompagnati per un buonperiodo di tempo. Considerata la gravitàdella questione e le implicazioni soprat-tutto per i familiari più stretti, papà haconvocato una riunione di famiglia du-rante la quale ha annunciato a tutti i suoifigli l’intenzione di rendere regolare laloro situazione con la chiesa. Ciò impli-cava che, la prima moglie doveva torna-re nella casa coniugale mentre mia ma-dre spostarsi fuori della casa di famiglia

Desidero condividere con tutti voi l’esperienza di amore e fede dei miei genitori.

Sr. Jaqueline Yuyun Wiysenyuy SSA

Da sinistra: l’autrice con le mamme e alcuneconsorelle presenti all’evento narrato.

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N. 56 - Marzo 201614

e vivere da sola, senza ulteriori respon-sabilità coniugali verso papà.

Questo era stato anche il grande de-siderio di mia mamma che non vedeval’ora di poter tornare a ricevere i sacra-menti. Tuttavia, non è mancata, nel cor-so della riunione, la tensione perché perla maggior parte dei figli, sembrava chela famiglia si dividesse. (Questo è moltonormale in un contesto dove il sensodella famiglia è molto forte). Il dolore ela gioia, la grazia e la natura hanno se-gnato il ritmo di quel giorno glorioso.Dopo l’annuncio, mamma e papà sonoandati per la confessione sacramentale,dopo 35 anni di vita senza sacramenti.Questo è stato un grande e importantemomento per loro. Anche un bambinopoteva leggere la profonda gioia dei lo-ro cuori che si rifletteva sui loro volti do-po quel sacramento.

Poi venne il grande evento. Il 28 Di-cembre, 2014, mio padre e la mia matri-gna hanno rinnovato i loro impegni co-niugali di fronte alla comunità cristianamentre la mia carissima madre FiorenzaShalla si è consacrata nell’associazionedelle donne cattoliche, ha scelto di usci-re dalla casa di famiglia e di vivere da so-la e dedicandosi alla pastorale della co-munità.

I riti per il rinnovamento dell’impe-gno coniugale e di dedizione ebbero

momenti molto emozionanti con la pre-senza di una buona parte dei fedeli cheassisteva alla cerimonia in lacrime. Eradifficile distinguere le lacrime di gioia daquelle di desolazione. Con questo gestoil mio papà (Francesco) e mamma (Fio-renza) non hanno più alcuna responsa-bilità coniugale l’uno verso l’altro. Que-sto evento è stato vissuto con un mistosia di preoccupazione che di gioia percoloro che vi hanno assistito. Il parrocodi Shisong padre Kenneth Kinyuy hadetto che era il primo caso del generenella sua parrocchia.

Alla fine della Messa, una buona par-te della comunità cristiana ha accompa-gnato mamma Fiorenza nella sua nuovacasa. Praticamente tutti i figli erano fuo-ri dal pericolo di subire un’improvvisaseparazione dei genitori ancora una vol-ta, perché essi avevano preparato le no-stre menti per più di cinque anni, chie-dendo a noi di capire il valore che c’eradietro quella separazione.

Molti membri della famiglia, nel cer-chio intimo e in quello più largo, sul mo-mento, hanno preso questa comunica-zione come: “l’ultima notizia dalla fami-glia”, ma con la grazia di Dio, molti sistanno rendendo conto del valore die-

tro quel gesto. La fe-de e il coraggio cheha portato i miei ge-nitori a questo è statafonte di grande con-solazione, ed ha per-messo di affrontare lesfide di questa nuovarealtà con serenità e

un grande spirito di fede. Sì, illoro è stato un passaggio dallapassione a un amore autentica-mente cristiano vissuto nella fe-de. Ringrazio Dio per il donodella loro fede e sono orgoglio-sa di essere loro figlia.

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N. 56 - Aprile 201615

Noi, suore di S. Anna e novizie dellacasa di formazione di Bamenda abbiamograndi opportunità di sperimentare l’a-more e la misericordia di Dio ognigiorno incontrando i bambini e le per-sone povere della nostra zona.

Nell’aprile 2015 il nostro Signore mi-sericordioso ci ha dato l’occasione di vi-vere una situazione in cui siamo statechiamate ad esprimere la Sua cura amo-revole e a manifestare il carisma “di es-sere strumenti della Provvidenza”.

Una delle nostre studenti che fre-quenta il Centro di sartoria ha portatocon sé i suoi fratellini che sono stati ab-bandonati dalla madre. Emmanuel è unbimbo di appena due anni, la sorella

Rejoice di 4 anni e il fratello Desiré diotto l’hanno raggiunta a Bamenda, unasera senza nulla in mano inviati dallaloro madre, che è irresponsabile e in-differente. Lei dà alla luce i bambini e liabbandona a sua madre, che è invec-chiata e vive in cattiva situazione. Que-sti bambini erano malnutriti. Emmanuel,anche se di due anni, non poteva cam-minare e parlare. Guardando le condi-zioni dei bambini abbiamo subito fatto ilnecessario per il soc-corso urgente e for-nito loro, in partico-lare, il cibo con moltocontenuto proteico.Suor Agnes, allora re-sponsabile della co-munità, insieme conle sorelle, ha deciso diinserire Emmanuel eRejoice nel nostroprogramma PAD e hainviato la richiesta aRoma dove è statafatta immediatamentel’adozione. Nel frat-tempo suor Valsa, in-sieme alle novizie, hasensibilizzato la pic-cola comunità cri-stiana i cui volontari sono venuti ad as-sistere i bambini con cibo e vestiti. Dopopochi mesi Emmanuel è stato in grado dicamminare e cominciare a parlare.Siamo rimaste molto colpite dal suo pro-gresso.

Quanto è buono e tenero il modo in cui Dio si prende cura dei suoi piccoli!

di Sr. Letizia D’Souza SSA

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N. 56 - Marzo 201616

Mentre viveva con la nonna abbiamonotato che lei si impegnava in altre atti-vità e la sua povertà non le permetteva didargli le attenzioni che avrebbe dovutoavere.

La nostra assistenza costante ha por-tato molto miglioramento per la salute diquesti bambini ma permaneva negli oc-chi di Emanuel la tristezza causata dal-l’assenza di amore materno. Tutti noi ab-biamo pregato ardentemente perché sipotesse trovare una casa dove avrebbepotuto sentirsi amato e curato.

Durante il tempo diAvvento, in particolare,abbiamo pregato in-sieme affinché anche ilnostro piccolo Emanuelpotesse trovare unabuona casa, così comenoi la stavamo prepa-rando nel nostro cuoreper l’Emmanuele, il “Diocon noi” che sarebbevenuto liturgicamente aNatale.

L’amorevole Provvi-

denza di Dio subito si èattivata e ci ha permessodi risolvere il problema.Oggi Emmanuel vive inuna casa con suo fratelloDesiré curato da France-sca, una donna affet-tuosa, che ha già un fi-glio suo, ma che haamore in abbondanzada dare anche a questifratellini che la Provvi-denza le ha affidato.Siamo grate a tutti co-loro che ci hanno sup-portato per “cambiare”in questi fratelli “le la-

crime di disperazione in quelle dolcidella speranza” attuando il compito chela nostra venerabile fondatrice Giulia diBarolo ci ha lasciato e a cui lei ha dedi-cato tutta la sua vita.

Rejoice, è tornata a vivere con lanonna, ma è seguita attentamente dallesuore della Casa di formazione sia per lascuola che le necessità del vitto e del-l’abbigliamento cui la povera nonna nonpuò provvedere, ed il sorriso è tornatosul volto di tutti.

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N. 56 - Aprile 2016

Sacerdote quello che era successo, questiprese il bambino e lo sollevò davanti al-l’intera assemblea e disse “oggi siamo be-nedetti con un nuovo membro”. Tutte lepersone riunite per la Messa batterono lemani e ringraziarono Dio per il grandedono fatto alla parrocchia. La signora,Mullu Winifred, subito ricominciò a gri-dare “questo bambino è mio, questobambino è mio”. Successivamente il bam-bino fu portato in ospedale e lei fece tuttele pratiche per ottenere l’accertamentodi tutti i requisiti per l’adozione legaleperché voleva che questo bimbo dive-nisse suo vero figlio.

Dopo pochi mesi fu battezzato. La si-gnora, che lo aveva adottato dopo avervisto due sorelle indiane nella scena delritrovamento, voleva che il bambino rice-vesse un nome indiano che significasse“dono di Dio”; Egli dunque fu battezzatocome Vardan John perché era stato trovatonella chiesa di San Giovanni, -(per altro, anche il nome delsuo nuovo padre è Johnson eil Parroco che lo battezzò è an-che chiamato John).

Oggi Vardan John è un belbambino, ben nutrito e amo-revolmente allevato dalla suanuova famiglia. L’amore e lamisericordia di Dio si sono an-cora una volta manifestati inun modo imprevedibile nelgiorno della festa della nostraBeata Madre Enrichetta cheper i bimbi sempre fa sentire la sua po-tente intercessione presso il Suo “BabboBuono”.

Il 21 febbraio 2014, il giorno della festadi Madre Enrichetta, tutte noi siamo an-date per la Celebrazione Eucaristica nellanostra chiesa parrocchiale. Mentre aspet-tavamo l’inizio della celebrazione ab-biamo sentito il pianto di un neonato. laMessa è iniziata e il pianto persisteva.Poco prima della lettura della Parola diDio un bambino di 7 anni si precipitò dame e mi informò che c’era un bambinofuori della chiesa in una scatola abban-donata lì da qualcuno. Piena di ansia esorpresa corsi fuori insieme ad altri. Arri-vata all’ingresso della chiesa trovammoun bambino di 2 settimane ben avvolto edeposto in una scatola. Come ebbi guar-dato con tenerezza il bambino, il suopianto cessò.

“Chi accoglie i piccoli accoglie Me”, ri-suonava nei nostri cuori mentre noi losollevavamo dalla scatola, racconta SuorLetizia D’Souza, che è allora entrata inscena, uscendo di chiesa anche lei, e aduna voce con tutti noi ha esclamato: “è undono di Dio!” Una donna che era con leigridò a gran voce e disse: “Oh Dio ti rin-grazio, questo Bambino è mio”. Sr. Letitia,portato il bambino in Chiesa, lo tenne trale braccia con affetto fino alla fine dellacelebrazione eucaristica. Al termine dellaSanta Messa la signora salì all’altare e pro-clamò: “oggi un altro membro si è ag-giunto nella nostra parrocchia”. Il sacer-dote chiese a suor Letitia di portare ilbambino verso l’altare. Tutti erano mera-vigliati e si misero intorno a guardarlo.Non appena la signora ebbe raccontato al

Vardan =Regalo di Diodi Sr. Valsa SSA

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grande che il Signore ci ha fatto di chie-derci di aiutarlo in questo e veramenteammiro moltissimo Giuliana che è ca-pace di essere vicino a tutti. Lei è la ve-ra missionaria! Mentre eravamo con lo-ro è arrivato il papà di Bryan: un giova-ne di 18 anni che era affetto da un gravetumore del collo e cheè morto lo scorso me-se a causa di questamalattia. Che dire? Miha fatto tanta penaquesto papà che ha vi-sto un sogno spegner-si piano piano: quellodi un figlio che stavastudiando per poterpoi aiutare i fratellinipiù piccoli ad andare ascuola. Ma lui ora nonc’è più e il papà è ve-nuto a casa nostra conun piccolo album di foto e continuavaa farcele vedere. Le passava e ripassavaper mostrarci Bryan e per farci capirequanto era prezioso per il suo cuore dipadre. Abbiamo ascoltato tutti i suoiracconti, Bryan era importante ancheper noi! Una novizia mi aveva tantoparlato di lui, del suo dolore e mi ave-va chiesto come avremmo potuto aiu-tarlo, ma non c’era nulla da poter farese non amarlo, infatti dopo una setti-mana sarebbe morto.

Ci sono realtà che si presentano nel-la nostra vita in cui c’è solo una cosa dafare: sedersi ed ascoltare. Ieri per esem-pio il Cardinale ha celebrato il sacra-

L’altro ieri, èarrivata a casanostra una gio-vane donna, sichiama Giulia-na, malata diaids. Giuliana èspeciale per-ché nonostan-te la sua malat-

tia va in giro cercando di aiutare coloroche soffrono e lo fa con un sorriso cheè davvero un grande insegnamento perme! Ha portato a casa nostra la suamamma con un bimbo, chiamato Jo-shua figlio della sorella di Giuliana e cheè stato “buttato” dalla propria mammadopo averlo dato alla luce. La nonna loha raccolto ed ora cerca di portarlo

avanti con grande difficoltà perché illatte costa troppo. Che dire? Joshua =Gesù!

Gesù è venuto al quinto giorno dellanovena, nella nostra comunità e ci hachiesto un po’ di latte. Certo è un dono

N. 56 - Marzo 2016

Kenya Il missionario solidarizzacon le situazioni in cui vive

e con le persone che gli sono accantodi Sr. Noemi Minicucci AV

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N. 56 - Aprile 201619

mento della Cresima per i sordomutiche le nostre sorelle seguono sia qui inNairobi che in Ol Moran. Dopo la cele-brazione ci hanno mandato un smsperché volevano venire a salutarci. Noneravamo pronte ad accogliere questogruppo perché la casa era piena, maper fortuna in quel momento non pio-

veva allora velocemnente chi ha prepa-rato un po’ di chai (latte, acqua e te) chiha preparato il tavolo, chi le sedie, in-somma, quando sono arrivati tutto erapronto... È stato bellissimo! Un silenziogrande perché la maggior parte eranosordomuti, parlavano con il linguaggiodei segni, ma tutti hanno cercato di co-municare la loro gioia di essere insie-me. Le mamme di due di questi ragaz-zi erano venute anche loro ed hannoespresso la loro gioia per questa mis-sione delle sorelle! È stato un momen-to così importante per noi perché ci hafatto comprendere che non è tantoquanto doniamo, ma quanto ascolto of-friamo, ciò che importa.

Alla fine avevamo improvvisato unsegno: l’immaginetta dei due Papi santie di Papa Francesco con un rosario diquelli di plastica, legati con un fiocchet-to! Erano felicissimi! La loro gioia eraquella di stare insieme e la nostra gioiaera quella di stare insieme! È stato Na-

tale, la gioia del dono reciproco! Mentre scrivo mi è arrivata la notizia

dell’attacco all’autobus di un gruppo dipersone che andavano nel villaggio percelebrare il Natale. I Cristiani sono statimessi da un lato e i musulmani da un al-tro. Stavano per uccidere i cristianiquando i musulmani si sono messi inmezzo dicendo che se volevano avreb-bero dovuto uccidere anche loro e i ter-roristi se ne sono andati! Un miracolodella misericordia di Dio... che emozio-ne! Non riesco a trattenere le lacrime eora che andremo alla novena, il cantodel Magnificat sarà anche per loro, i no-stri fratelli musulmani che hanno salva-to i nostri cristiani, è davvero Magnifi-cat!

[Purtroppo apprendiamo propriomentre andiamo in redazione che inquell’attacco ci furono feriti ed ora sap-piamo che il generoso e coraggiosomussulmano Salh Farah di 34 anni, pro-prio un mese dopo l’attentato, ha persola vita per le ferite riportate nel tentativodi impedire agli shebaah di assassinare icristiani-ndr]

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20N. 56 - Marzo 2016

Gesù si è identificato con l'umanità, assumendo la natura umana e facendola sua dimora su questa terra. Il suo cuore era pieno di compassione e amo-re per i deboli e i bisognosi. Gesù è il riflesso del volto del Padre ed Egli ciinvita ad essere misericordiosi come il Padre celeste. Ogni volta che ci rivol-giamo a chi è nel bisogno, ogni azione fatta per sostenere la dignità di unapersona che sta soffrendo noi riflettiamo il volto misericordioso del Padre.

Durante le recenti inonda-zioni che hanno devastatomolti Distretti del Tamilna-du, nel mese di dicembre2015, abbiamo sentito il gri-do di tante persone che han-no perso il loro rifugio e tut-ti i loro averi.Abbiamo potuto vedere ivolti spaventati e senza spe-ranza dei bambini, le faccesconvolte e disperate dei ge-nitori e degli anziani in cercadi consolazione. Di fronte a questa situazione ci siamolanciate nell’azione senza preoccupar-ci per la nostra salute o convenienzedi tempo, di mezzi e di luogo... A Chengalpattu sono state ospitatenelle aule 300 vittime delle inondazio-

ni ed è stato fornito loro cibo, vestiti ebeni prima necessità per quasi 10 gior-ni. Siamo rimaste con loro giorno enotte dando loro speranza e coraggio.Le suore della Casa Provinciale, delCentro di Animazione Madonna Villa,a Melamaiyur, hanno visitato quotidia-

namente le persone colpite dalleinondazioni nei villaggi vicini edistribuito vestiti, articoli di igie-ne e prodotti alimentari. Non sipoteva arrivare a tutti ma la pre-senza premurosa con le parole egesti di consolazione hanno datoconforto alle persone addolorateper il disastro subito. La Comu-nità Provinciale continua l’operapregando con loro. Le comunità

Uno con i BisognosiDalle suore di St.Ann

del Convento Melamaiyur e Chengalpattu, SI

India

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N. 56 - Aprile 201621

della Provincia del Sud sono state tut-te coinvolte inviando aiuti in naturaper sfamare gli sfollati nei giorni del-l’emergenza.Le sorelle di Mambakkam fornisconoda sempre assistenza medica ai malatidel villaggio, evidente che in questacircostanza il loro lavoro si è moltipli-cato perché molti anziani si sono am-malati dopo le inondazioni. Tutti ap-prezzano molto la loro presenza per-ché hanno compassione e usano mi-sericordia nel tempo della calamità edin ogni tempo. In particolare gli anzia-ni e i giovani di questo villaggio, sonostati soccorsi tempestivamente data la

presenza di un dispensario gestito dal-le suore e del programma di adozionia distanza attivo da molti anni.Rendere aiuto alle vittime delle inon-dazioni ha anche fornito a noi suoreun grande motivo di ringraziamento aDio per i benefici di cui godiamo ognigiorno, ma che spesso diamo perscontati.La sofferenza del popolo è stata una

rivelazione per tutti noi consacrati pervalorizzare la nostra vocazione e rin-novare la nostra fedeltà a Dio.

Gli amici degli uccelli del cielodi Sr. Evelyn Sequera SSA-CI

Il 10 dicembre del 2002, Dio nostro Padre amorevole, ha scelto e chiamatome dalla nostra Congregazione per condividere il suo amore e la misericordianel ministero chiamato “MercyHarvest Mission Society”, noto anche come“Amici degli uccelli del cielo”, animata dal Rev. P. Paul G. L’essenza della mia

chiamata era di essere pienamente coinvolta nel lavoro dievangelizzazione. Dio quindi mi ha insegnato con il Suo

Spirito Santo, che cosa è realmente l’evangelizzazio-ne: “È condivisione dell’amore e della misericordia

di Dio in azione - amare i non amati; prendersi curadei rifiutati, trascurati e oppressi; riparo per le ani-me perdute; conforto per chi è confuso e addolo-rato e preghiera incessante per la guarigione, li-berazione e salvezza delle anime di tutti vivi emorti”.

Questo Ashram, accoglie gli indigenti che vaga-no per le strade - pazienti colpiti da malattie menta-

li, trascurati e disconosciuti dalla loro famiglia e dallasocietà, per le quali non hanno dignità di esseri umani.

Dal 2002 sono incaricata di questo Ashram - San Jose Seva-laya, Yerragondapalem, Prakasam Distretto, Stato di Andhra Pradesh. Nel corsodi questi 13 anni, il numero dei beneficiati è stato 25. Molti sono venuti, hannoricevuto la guarigione e, tornati in sé, sono stati restituiti alle loro famiglie. L’ar-tefice principale di tutto questo è la preghiera insieme con l’azione amorevole

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N. 56 - Aprile 201622

e la cura. Questi ospiti si alzano alle 05:00, ricevono una tazza di caffè e poi ini-ziano la giornata con la lode e l’adorazione per un’ora, recitano il Rosario dellamisericordia con le intercessioni. Lo stesso viene ripetuto 4 volte al giorno.Questo è il programma di ogni giorno. Di conseguenza, questo ministero ècompletamente assorbito nella preghiera, come preparazione per combattereogni tipo di difficoltà, malattie e tentazioni di ogni tipo.

Con gratitudine a Dio rendo il mio servizio con tutto il cuore agli ospiti diquesto Ashram e mi sto dedicando a questo ministero fino ad oggi. In aggiun-ta, come dono per questo servizio, Dio mi ha dato una salute perfetta in tuttiquesti anni. La cosa più bella di questo ministero è che l’intero Ashram e tuttele sue attività sono curati dalla Provvidenza di Dio. Abbiamo assistito a innu-merevoli miracoli e benedi-zioni del Signore. “Chiedetee vi sarà dato” è scritto e quiconstatiamo che non èun’illusione. Dio opera mi-racoli per tutti coloro checredono in Lui. Quandopreghiamo e lavoriamo congiustizia davanti a Dio, i mi-racoli avvengono.

Questo ministero implicamolte sfide, difficoltà, disa-gi, incertezze, dolori e lotte, ma è molto gratificante. Non c’è quasi tempo li-bero, non c’è tempo per compassionarsi. Come S. Paolo sono orgogliosa di di-re: “Ho combattuto la buona battaglia, ho vinto la gara”. Sperimentando moltimiracoli, guarigioni e le risposte alle preghiere, la mia fede è stata approfondi-ta e sono portata più vicino al Signore, che mi fa vedere il volto del suo Figlio,nei miei fratelli e sorelle, che io servo giorno e notte. Il mio stile di vita, gli at-teggiamenti e l’approccio verso la vita sono cambiati; Ho imparato a dipendereda Dio come un bambino dipende dai suoi genitori con semplicità e umiltà.Sono felice e contenta con il poco che ho e Dio mi ha insegnato a condividerequel poco con i bisognosi.

Le difficoltà e le sfide sono state trasformate in opportunità, per mostrarel’amore e la misericordia di Dio.

Dal momento che questo è l’anno della Misericordia, per mezzo della Chie-sa, Dio chiede a tutti noi di fare ancor di più opere di misericordia.

Prego ardentemente, che Dio possa scegliere e chiamare molte altre perso-ne amorevoli, generose e sacrificate, per servire in questo tipo di ministero.

Con l’amore e la Parola di Dio nei nostri cuori, stiamo lavorando ovunque.Che il Dio della misericordia e della compassione ci dia la grazia di rispon-

dere alla sua chiamata in tutti i giorni della nostra vita soprattutto quando in-contriamo l’opportunità di essere un buon samaritano per il nostro fratello osorella nel bisogno.

Che Dio sia lodato!

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N. 56 - Aprile 201623

Sono Ettore Milanesio nato a Carma-gnola, via Enrichetta Dominici n. 4 il 22 giu-gno 1947; coniugato con Carla Dogliani il 22settembre 1968, abbiamo un figlio e quattronipoti.

Il mio primo servizio di volontariato èstato nel 1972, anno in cui pensai di fon-dare la “Croce Rossa” nella regione di Car-magnola perché ne era sprovvista. Eravamo8 persone disponibili e abbiamo deciso diiniziare un’attività con un mezzo antiquatoe senza avere nessuna istruzione in merito;si faceva tutto il possibile e l’impossibile peraiutare chi aveva bisogno; si son poi fatticorsi di pronto soccorso e altre esperienzedi aggiornamento. Col tempo sono aumen-tate le ambulanze e i volontari. ed è cre-sciuta la mia esperienza nell’aiutare gli altricon i mezzi più efficaci e si è reso più sicuroil mio servizio.

Nel 1983 mi son dimesso dalla CroceRossa per aprire il gruppo della “Protezionecivile”, nominata “Emergenza radio Carma-gnola” in cui tutt’ora sono attivo aiutandonei bisogni per calamità, emergenze, servi-zio di viabilità, nelle manifestazioni pubbli-che della zona, per far sì che i cittadini sianoin sicurezza. Una delle manifestazioni più ri-correnti è la processione dell’Immacolata a

Carmagnola,alla cui festatutti parteci-pano perché cisentiamo figliprotetti del-l’Immacolata(come testimo-nia nei suoiscritti autobio-grafici la beata

madre Enrichetta diquando fu giovane car-magnolese).

Ora, come pensio-nato di età e di lavoro mi son dato da fareper essere utile più agli altri e donare mestesso, con mia moglie Carla, a chiunquenecessita di noi e dal 2011 sono entrato nel-l’Associazione “Giovanni Gallo” da volonta-rio a tempo pieno; Questa comunità - fami-glia è un’ associazione che ha per scopo didare il cuore, il tempo e la gioia ai deboli chearrivano e hanno bisogno del nostro aiuto.Il motto del fondatore Giovanni è: “Non è iltempo ma l’amore la misura di una vita”.

In questa Casa famiglia come in altri luo-ghi dei borghi di Carmagnola: nella Parroc-chia di Salsasio, con i miei amici e cono-scenti, (tra cui le Suore di Sant’Anna), nellaprotezione civile, nel banco di sangue, nel-l’associazione alpini ecc., faccio di tutto, dalportare i bambini alla scuola, a fare le spese,a portare all’ospedale o in altri posti chi habisogno di un trasporto, al fare l’elettricista,il falegname, il tecnico informatico o l’i-draulico, insomma, di tutto, e più che altrofare il fratello, il padre e l’amico, sono pro-prio disponibile a fare di tutto, perché, comecristiano cattolico e come persona che ha ri-cevuto tanto da Dio mi sento in debito, per-ché gratuitamente ho ricevuto, dunque gra-tuitamente dono. Il mio essere volontariocristiano, anche se nella fatica e nelle diffi-coltà normali dell’età e della storia chestiamo vivendo, mi stimola ad essere semprevicino agli altri e di essere il laico cristiano dicui la Chiesa necessita per seminare il beneche Dio ha messo dentro di noi e che ioposso anche dare come risposta a quelloche Dio nella sua misericordia mi dona.

Gratuitamente ho ricevuto,gratuitamente mi dono ...

di Ettore Milanesio

Italia

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N. 56 - Marzo 201624

Seduto su una pan-china appoggio la testatra le mani e vi cercoconforto, ma non lo

trovo. In me si sta aprendol’abisso e mi sento risuc-chiare verso un fondo sen-za fine. Una voce nell'o-

recchio mi dice: “te l’avevo detto, che fini-va così...” Ormai è tardi per tornare indie-tro, per riavvolgere la matassa della vita enon so che fare.

Ho una moglie, due figli piccoli, ho co-struito negli anni tanto benessere, ma misono fidato di appoggi politici che si so-no ormai rivelati nefasti. Ho la testa vuo-ta, il portafoglio vuoto, soprattutto il frigovuoto.

Ahh...ho appena detto: “Ho una mogliee due figli..:” ma se stasera non torno a ca-sa con almeno un litro di latte per il più pic-colo, mia moglie fa i bagagli e via tutti. Nonpotrei darle torto.

Sono giorni che vago per la città, passoda amici che spero possano aiutarmi, mal’unico è un macellaio che mi regala sem-pre qualche osso, con una parvenza di so-stanza, per fare il brodo per i bambini. Tut-to molto umiliante.

La mattina esco di casa, porto il piccoloall’asilo e faccio sempre più o meno lo stes-so giro a piedi. Anche la macchina è anda-ta...e mi siedo su una panchina ad aspetta-re di rifare il giro al contrario.

Oggi piove e non so perché cerco ripa-ro in una chiesa. Almeno sto all’asciutto edaspetto che mio figlio esca da scuola. Mi famale il cuore, non credo di reggere a lun-go provato così.

Entro e mi siedo su un banco, si sta be-ne qui. Silenzio e pace mi avvolgono e mi

danno un momento di tranquillità. Mi per-do nei miei pensieri sotto un grande cro-cifisso che mi guarda. Anzi, ci guardiamo.Chi sei tu appeso a quel legno? Non sonulla di te. Questa è casa tua? È accoglien-te, grazie, mi sento meglio seduto qui.

Sono settimane ormai che torno tutti igiorni in questa chiesa. Dapprima perchénon sapevo dove ripararmi, poi mi sono ac-climatato ed anche incuriosito: leggo qua elà i foglietti della messa dimenticati e qual-che santino...tanto per passare il tempo.

Sono però curioso e questo Gesù perme totalmente sconosciuto, ini-zia ad incuriosirmi e mi metto aleggere qualsiasi cosa sia suibanchi e appeso ai muri. Lenta-mente quel Dio appeso alla cro-ce si svela e si fa conoscere.

Stamane, seduto al solitobanco, talmente preso nel leg-gere una pagina di una rivistafrancescana, non mi accorgoche accanto a me si siede unprete. Mi giro e: “oh, non l’ave-vo sentita arrivare!” Il prete sorride e a bru-ciapelo:” ti vuoi confessare?”

Confessare? nella mia testa un terre-moto: una voce forte impetuosa mi dicescappa, è una stupidaggine!, non sa nean-che chi sei e ti chiede una cosa tanto as-surda! E un’altra, nell’altro orecchio, quasiun soffio impercettibile che mi dice...fida-ti. Resta.

Mi giro verso di lui e a testa bassa: “ nonso cosa sia una confessione, non l’ho maifatta”. E lui, grand’uomo e gran prete, sen-za crearmi imbarazzo:” non preoccuparti,ti aiuto io”.

Si rompe così lo scrigno della mia ani-ma e ne esce tutto il male, tutte le delusio-

a cura di Anna De Acutis

Occupati delle cose di Dio e...non preoccuparti

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25N. 56 - Aprile 2016

ni, la solitudine, l’angoscia e la preoccupa-zioni che mi soffocavano da una vita. Men-tre l’otre si svuota di tutto il vecchio e ilbrutto, il prete chino su di me, attentissi-mo all’ascolto, sembra lavare a fondo lamia anima. Lentamente mi scende la quie-te e capisco che l’otre, ormai pulito si stariempiendo di qualcosa di nuovo e di bel-lo. Si chiama Speranza.

Torno a casa leggero come una piumae guardo tutti con occhi diversi: “Dio co-me li amooo!” Comincio a capire quel“Dio Amore” cosa vuol dire, lo sento sullamia pelle, nella mia carne. Guardo mia mo-glie come il giorno delle nozze e i miei fi-gli come in quello della nascita.

Vado a letto per la prima volta con ilcuore in pace.

Oggi è un altro giorno e torno in chie-sa al solito banco. Tutto ora mi parla di

amore, speranza ed ini-zio ad invocare inces-santemente il nomedel Signore con la cer-tezza che, come mi hasuggerito il sacerdote ilgiorno prima, “chiun-que lo invocherà saràsalvato”.

Da dietro l’altarespunta di nuovo il pre-te della confessione emi chiama in sacrestia:

ci sono altre persone con lui e mi propon-gono, sapendo la mia situazione, un pic-colo lavoro. È l’inizio di una mia secondavita.

Si susseguono lavori piccoli, umili chesicuramente non mi hanno dato modo diammantarmi nuovamente di vanagloria,ma di contro mi hanno permesso di capi-re chi sono, dove sono diretto e perché.

Da questo incontro la mia risurrezionee quella del mio matrimonio. Frattanto, in-credibile a dirsi, anche mia moglie, atea in-callita, per “caso” inizia un percorso in unacomunità di preghiera. Tutti e due, ognunoper suo conto, in silenzio, senza dircelo

finché non siamo stati certi che ci eravamoinnamorati di Dio e, attraverso Lui, inna-morati nuovamente di noi.

Passa del tempo ed inizio a lavorare piùstabilmente per un movimento ecclesia-stico, ma il Signore, in seguito, mi chiamaancora ad altro e ora mi occupo delle coseche Lo riguardano attraverso la bellezzanell’arte sacra.

Chi l’avrebbe mai detto che io, Marco,ateo e mangiapreti, dissipatore di quattri-ni e poi povero, sarei diventato quello chesono oggi?

Allora una voce “di silenzio sottile” ri-sponde sempre dentro di me: “La Grazia,Marco, la Grazia...”

Questa è una storia vera e Marco e suamoglie Rosa sono miei amici-fratelli dellaScuola di Preghiera. Il Signore nei mo-menti difficili della vita non ci lascia soli,mette sempre un cireneo accanto a noiche, quando tutte le luci intorno si spen-gono, accende una lampada ad indicarci ilcammino giusto. La lampada la tiene acce-sa sotto l’ infuriare della tempesta, ma ilsuo braccio è fermissimo.

I cirenei non sanno di essere stru-menti del Signore, non sanno quantaGrazia attraverso di loro raggiunge il “po-vero, l’orfano e la vedeva” o più chiara-mente, raggiunge l’altro, ma sono segniindelebili dell’intervento di Dio nelle no-stre piccole vite.

Un giorno confidandomi con Marco suun problema enorme che attraversa la miavita mi ha guardata con due occhi così lu-minosi da sembrare irreali e mi ha detto:“occupati delle cose di Dio e non preoc-cuparti, lascia fare al Signore”. In quel mo-mento mi sono sentita attraversata dalla te-nerezza del Signore che trasformava il miotormento in Grazia.

Questa frase, neanche lui lo sa, ha cam-biato il corso della mia vita.

Siamo tutti cirenei e al contempo, po-veri orfani e vedove e se guardiamo al Si-gnore con fiducia, Lui sa sempre cosa faredi noi.

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N. 56 - Aprile 201626

Missione Santa Chiara:insieme e a servizio...

Missione Santa Chiara:insieme e a servizio...

La missione “Santa Chiara” esiste dapiù di cinquanta anni e ha la caratteristi-ca di unire frati, religiose e laici con un so-lo obiettivo: educare bambini indigeni wi-rarika, con uno spirito religioso e far loroconoscere che sono amati da Dio nostroPadre. Dall’agosto 2015 anche noi, Sr. Oli-via e Sr. Martha, abbiamo il privilegio diessere membri della “famiglia Santa Chia-ra”, così come si fanno chiamare i missio-nari che fanno parte dell’equipe.

mito a gomito, ci insegna a vivere l’unitàfra di noi per non essere di scandalo aibambini e le loro famiglie.

Il compito non è facile, poiché implicalasciare da parte le nostre idee, fare at-tenzione a non calpestare l’altro, a nonvolere che i laici siano dei religiosi, ma ri-spettare la loro diversità per migliorare gliobiettivi della missione. Ed è proprio co-sì che si sperimenta la bellezza e la ric-chezza dell’essere dono.

Tutti insieme ci prendiamo cura di 143bambini e bambine, dalla domenica amezzogiorno, quando arrivano, fino alvenerdì quando ritornano in famiglia. Ibambini sono ammessi nell’internato dai4 anni di età, cioè dalla scuola materna, fi-no ai 12 o 13 anni quando finiscono lascuola elementare. La maggior parte di lo-ro vengono alla missione perché nelle lo-ro famiglie la situazione economica èmolto precaria e inoltre sono famiglie nu-merose; alcuni bambini vivono con i non-ni perché i genitori lavorano a Nayarit o aGuadalajara; altri sono orfani. Quando ri-tornano alla missione, dopo il fine setti-mana, sono molto inquieti ed abbiamodifficoltà per tranquillizzarli, questo è do-vuto alle situazioni che vivono in famiglia:aggressioni, abusi di diverso tipo, ecc. Al-cuni genitori scelgono per i figli l’inter-nato perché loro stessi sono ex alunni e

Non c’è dubbio che è una grande sfi-da per noi perché esige molto per ciò cheriguarda la testimonianza, il saper essereper gli altri donando il meglio di noi stes-se. I missionari, con cui condividiamo lavita e l’apostolato, sono, per lo più, gio-vani che prestano il loro servizio disinte-ressatamente contribuendo all’educazio-ne di questi bambini indigeni e allo stes-so tempo sperimentando la chiamata adessere testimoni del Vangelo. Questaesperienza di missionarie tra giovani chefanno esperienza “missionaria “, ci moti-va a valorizzare la fraternità nel rispettodelle differenze, ed a dare anche una bel-la testimonianza del nostro essere Con-sacrate. Inoltre Il lavoro quotidiano, go-

Messico

di Sr. Olivia Reyes Jaime e Sr. Martha Anaya SSA

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vogliono che i figli imparino non solo lalingua spagnola, ma che ricevano una for-mazione che permetterà loro di avere unfuturo migliore.

Certamente inculcare in loro i veri va-lori non è facile e tanto meno ottenere di-sciplina perché hanno in sé uno stile divita libero proprio degli ambienti indige-ni della “Sierra”, per cui le ore di scuola edi studio sono per loro una grande fatica.Il nostro impegno è prepararli a vivereuna vita cristiana, per cui cerchiamo di av-vicinarli alla persona di Gesù attraverso lalettura del Vangelo, prepararli a riceverei sacramenti e aiutarli a sperimentare lagioia di essere figli di un Dio che è Padree che li ama.

La difficoltà che abbiamo incontratoall’inizio è il fatto che la maggior parte deibambini parla soltanto la lingua maternae perciò studiare le materie di base dellascuola primaria è piuttosto difficile, percui dobbiamo dedicare tempo e pazien-za per insegnare loro la lingua spagnola.Per il fatto di essere “indigeni” non rice-vono dal governo gli strumenti necessariper la loro educazione, mancano i libri eogni tipo di materiale scolastico, e ciòrende ancora più difficile il processo diapprendimento per i bambini. C’è da te-ner presente poi che coloro che imparti-scono le lezioni non sempre sono degliinsegnanti, gli stessi “missionari”, hannotanta buona volontà di servire, ma nonhanno la preparazione adeguata per l’in-segnamento.

Questa missione si sostiene grazie al-l’aiuto generoso dei benefattori dellescuole che i frati francescani hanno aMonterrey, Guadalajara e Aguascalientes,e anche degli aiuti che si ricevono attra-verso un conto bancario a nome della

missione. I missionari volontari non rice-vono nessuna remunerazione, il servizioè totalmente gratuito ed è bello toccarecon mano la Provvidenza divina.

I genitori aiutano i francescani per ot-tenere i permessi presso le autorità hui-cholas per le manutenzioni o le costru-zioni che si vanno man mano realizzandonella missione, giacché i frati, non essen-do del luogo, non li possono ottenere.

Le famiglie non possono contribuirecon denaro, però, si impegnano a porta-re un po’ di legna, in cambio del servizioche si offre ai loro figli, e addirittura, conil furgone della missione la si va a pren-dere nel luogo stesso dove la tagliano. L’I-stituzione provvede ai bambini tutto ciòdi cui hanno bisogno: alimenti, materialescolastico, coperte, medicine, ecc.

Noi suore siamo incaricate dell’edu-cazione delle 86 bambine e uno dei fratidi quella dei bambini. Insieme ai frati dia-mo anche la formazione all’equipe mis-sionaria, tanto a livello intellettuale comespirituale. Riguardo la disciplina, ci met-tiamo d’accordo con i frati e i missionariper avere gli stessi criteri e lavorare sui va-lori umani e cristiani.

Stiamo seminando e probabilmentenoi non vedremo i frutti, ma sappiamoche “Dio non vuol perdere l’opera uscitadalle Sue mani” [come ci ripete il nostrofondatore Carlo T. di Barolo - ndr]. Confi-diamo dunque in Lui per il compimentodi un’opera tanto affascinante quanto dif-ficile.

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N. 56 - Marzo 201628

Mani unite per unmondo migliore

Nella scuola N° 20188 del “Centrode Mujeres” della Provincia di San Vi-cente - Cañete- Perù, da sei anni circa,si porta avanti un’iniziativa: “Mani uni-te per un mondo migliore” che ha perscopo di educare i sentimenti, le emo-zione, i comportamenti delle ragazzeche frequentano la scuola secondaria.

Quest´iniziativa, partita dall´espe-rienza educativa, ha preso maggioreconsistenza quando, assieme alle ra-gazze, abbiamo preso coscienza che la

nostra società èormai invasa damolteplici situa-zioni di povertà edi negazione del-la dignità dell’uo-mo. Di fronte aquesta realtà, noidonne e cristianedel XXI° secolo,cosa facciamo?rimaniamo sem-plicemente spet-

tatrici passive, abituate a camminareaccanto ai poveri - molti di loro sonostate anche allieve o compagne nostrenegli occhi dei quali ormai è spenta lasperanza e la felicità?! Pure i nostri oc-chi sono stati spenti quando ci siamodimenticate di essere membri di unagrande famiglia che è la Chiesa ed una

Chiesa chiamata ad essere samarita-na…

Prendere coscienza di tutto ciò ciha spinto a promuevere nelle allieve isentimenti del Figlio di Dio, riflessodel volto del nostro Padre Buono. Co-sì, dopo esserci avviate verso una pri-ma tappa di sensibilizazione in tutte leclassi della scuola, abbiamo dato le in-dicazioni per elaborare dei progetti esuccessivamente la possibilità di met-terli in atto, tenendo sempre in menteche: il bene bisogna farlo bene e chel´unione fa la forza! Infine la verifica ciha offerto delle conclusioni sconvol-genti, e cioè che sperimentavamo unafelicità più piena e che, nonostante lenostre povertà, noi “valevamo” comele monetine della vedova del vangelo,insignificanti però significative…

Molti, fino ad ora, sono stati i luo-ghi visitati, molte le famiglie assiemealle quali abbiamo trascorso momentialtamente formativi, lezioni di vita chefanno – poco per volta – dei nostricuori di pietra, cuori di carne- capacidi misericordia, di ascolto, di rispetto,di dialogo, di stare accanto a coloroche hanno fame e sete di dignità.

Perù

di Sr. Martha Belén Magallanes Lima SSA

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N. 53 - Marzo 201529

La nostra chiamata al servizio dei poverici fa sperimentare l’amore misericordiosoe la felicità di Dio. Ci sentiamo arricchiteda molti doni: il dono delle famiglie po-vere e ricche che abbiamo imparato a co-noscere, gli amici, la comunità, il batte-simo, la fede. Abbiamo solo bisogno difermarci per un po’, di tanto in tanto, farememoria delle benedizioni e ricordare co-loro con i quali le condividiamo. Dio dà li-beramente e generosamente così anchenoi cerchiamo di condividere liberamentee con gioia la felicità che sperimentiamonell’essere al servizio degli altri.

Come Madre Teresa di Calcutta avevadetto, quando possiamo veramente rico-noscere Cristo spezzato per noi nell’Eu-caristia, riconosciamo Lui nei corpi spez-zati dei poveri e nella loro vita sofferente.Allo stesso modo, l’essere comunità reli-giosa, ha permesso a noi di essere in qual-che modo pane spezzato per il bene deinostri fratelli e sorelle poveri e sofferentiper essere solidali con questa parte del-l’umanità bisognosa.

Nella nostra piccola realtà, vediamo lavita in continuo processo per “diventare ilCorpo di Cristo”. Sia che si tratti di genitoripoveri, di alunni spenti o intelligenti, disemplici volontari, o di ricchi benefattori,ci rendiamo conto che, veramente, Cristonon fa differenze: Egli ci prende comesiamo, ci fa diventare “uno” tra noi per co-struire il suo Regno, qui e ora. Pertanto, seabbiamo sperimentato che la condivisionedi noi stessi con gli altri in particolare coni deboli e i meno privilegiati, è la nostra ric-chezza e la nostra gioia, non abbiamo bi-sogno di cercare un posto per essere felici.“È dall’amore vicendevole e, in partico-lare, dalla sollecitudine per chi è nel biso-gno, che saremo riconosciuti come veri

discepoli di Cristo ...” (Messaggio di sanGiovanni Paolo II per la giornata missio-naria del 2005).

Vorremmo condividere un esempioconcreto, di come tutti noi abbiamo spe-rimentato ultimamente la meravigliosacura di Dio durante il mese di dicembre2015. I gruppi di volontariato non solohanno dato ai nostri bimbi poveri dei donimateriali, ma hanno giocato con loro emostrato la loro gentilezza con espres-sioni di amore e di apprezzamento cheerano toccanti e commoventi. C’erano sor-risi e sensazione di soddisfazione sulleloro piccole facce, come in quelle dei ge-nitori e degli spettatori che hanno condi-viso la loro felicità. Veramente il mese didicembre è stato un tempo di Provvi-denza, in cui la solidarietà, la condivisionesperimentata [dopo i tanti disagi dei tifonidei mesi precedenti], ha diffuso la gioia ela bontà del Natale. Talvolta, noi suore,non riusciamo a compiere atti di solida-rietà e di carità come vorremmo, ci mancala possibilità di poter disporre di qualcosacosì spontaneamente, ci sentiamo inade-guate e paralizzate nelle emergenze.

Assumendo però, un atteggiamento diumiltà, a nome dei poveri e sofferenti,come la donna cananea nel Vangelo di Mt15: 21-28: “Signore, almeno le briciole!”,per intercedere nella preghiera davanti alSignore e anche davanti ai nostri amici per

A Manila in solidarietàcon il nostro prossimo

Filippine

di Bernadette Albuquerque SSA

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N. 56 - Aprile 201630

la collaborazione e il sostegno, la reden-zione che Gesù porta al mondo potrebbeessere realizzata ...

Siamo in grado di vedere e sentire l’e-normità della sofferenza nel mondo con-temporaneo, ma dobbiamo avere il co-raggio di agire e di abbracciare la realtà piùvicina accettando le sfide che offre. Peressere in solidarietà con gli altri, dobbiamoessere attenti ad ogni situazione in mododa conformare al bisogno la vita, la mis-sione e la visione di fede.

Nella Comunità di Dama de Noche,dopo aver riflettuto sulla ricchezza di in-tuizioni espresse da Papa Francesco in“Misericordiae Vultus”, un’idea è emersaper riscoprire e rivivere le Opere di Mise-ricordia corporali. Abbiamo raccolto lasfida e fatto un piano per l’Anno 2016: an-dare in piazza e raccogliere 25 bambinipoveri ogni Sabato, per dare loro il pranzo,insegnare loro a pregare e stare insiemeattraverso il canto e il gioco.

Perché abbiamo scelto questi bambinidi strada? Poiché questi bambini sonosenza alcuna coscienza della loro dignità,nessun senso di identità, nessun senso diappartenenza e di futuro, perché nonhanno casa né famiglia. Per loro la vita èsolo l’esistenza quotidiana; in età infan-tile, semplicemente si uniscono a una cer-chia di amici scelti a caso, il che è moltopericoloso perché può portarli ben prestoa diventare parte di gruppi illegali legatialla droga e al crimine.

Il progetto è iniziato il 9 gennaio 2016 ela risposta del popolo per il supporto èstata meravigliosa, perché nel giro di unasettimana siamo state in grado di avere 14famiglie generose che si sarebbero presocura di fornire il pranzo per i 52 sabati ditutto l’anno 2016. Il programma si tiene incasa nostra ogni Sabato, con i collaboratoriLASA [laici amici del S. Anna] che pren-dono in carico il pranzo e l’animazione deibambini, mentre gli altri prendono la re-sponsabilità del coordinamento.

Abbiamo già avuto la gioia di conoscere

un po’ questi bambini e vedere i loro caldisorrisi, ma possiamo anche sentire che c’èil dolore nei loro cuori, soprattutto quellii cui genitori sono separati, quelli abban-donati che non hanno posto permanentedove vivere. Quindi abbiamo tanto da fareper far sentire che siamo amici, mostrandoche crediamo in loro, che sono impor-tanti, che ci preoccupiamo di loro e liamiamo. Si tratta di un compito semplice,ma impegnativo, che condividiamo conamici generosi e famiglie sensibili ai biso-gni degli altri, e, naturalmente, attraversoi nostri preziosi collaboratori LASA.

Speriamo che questi bambini, nelcorso di questo anno, inizino ad aprirsi,così potremo conoscerli meglio e trovareil modo di far conoscere loro Gesù. Siamoconvinti che questa opera di Dio è soste-nuta dal suo Spirito che guida i Suoi ope-rai generosi e ci auguriamo che continueràa crescere con maggiore impegno, di unitàe comunione

Con questo piccolo progetto siamo ingrado di raggiungere un piccolo numerodi persone, ma c’è ancora una lunga stradada percorrere. La nostra missione non èancora compiuta, e non lo sarà mai finchéci sono i poveri e i bisognosi attorno a noiche non hanno ancora conosciuto Cristo,così come tutti i cristiani battezzati dob-biamo continuare ad essere missionari.

Guardando indietro possiamo dire conil salmista: “Dio ha fatto grandi cose pernoi e siamo contenti” (Sal 126:. 3).

Un grazie convinto a tutti coloro che sisono assunti i diversi compiti e per losforzo fatto di lavorare insieme nella vignadel Signore come lavoratori, colleghi, so-stenitori, collaboratori e benefattori.

Dio ci benedica tutti!

56-NuovaLuce2016 ok_56 29/02/16 07:43 Pagina 30

COME PARTECIPAREALLE INIZIATIVE MISSIONARIE

DELLE SUORE DI S. ANNA

• per L’ADOZIONE A DISTANZA dei bambini bisognosi

• per i PROGETTI (costruzione e allestimento, mantenimento)

• per EMERGENZE ed INIZIATIVE Puoi dare il tuo contributo sul c/c bancario o postale

IBAN IT 21 H 02008 03298 00010 1779293C/CP N. 1003514583

intestati ad: AMICI del S. ANNA-ONLUS,Via degli Aldobrandeschi, 100 - 00163 ROMA

L’importo delle offerte è detraibilenella dichiarazione dei redditi

N. 56 - Aprile 201631

Dona il 5 x Millealla onlus Amici del S. Anna AMISA

Codice Fiscale: 97644190585

Grazie!

56-NuovaLuce2016 ok_56 29/02/16 07:43 Pagina 31

Anno XXIII - N. 56 -Aprile 2016Quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abb.Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1 comma 2 DCB - RomaAut. Trib. di Roma N° 156/94 del 14.4.1994Redazione e AmministrazioneIst. Suore di S. Anna e della ProvvidenzaVia degli Aldobrandeschi, 100 - 00163 RomaTel. 06.66.41.81.45 - Fax. 06.66.54.11.14E-mail: [email protected] Responsabile: Annalisa RossiDirezione Editoriale: Sr. Fátima MarafonRedazione: Anna De Acutis - Sr. Irma de SantisFotografie: Archivio S. Anna - Internetwww.suoredisantanna.org

Stampa: Tip. Istituto Salesiano Pio XIVia Umbertide, 11 - 00181 Roma - Tel. 06.7827819Fax 06.7848333 - E-mail: [email protected] di stampare:  Marzo 2016

Il sottoscritto, in data ........................................., chiede di poter adottare a distanza un bambino/bambina per � � � o più anni (barrare)

Cognome e Nome .................................................................................................

Via ........................................................................................................ N. ..............

C.A.P. ..................... Città ................................................... PR ...........................

Tel. ...................................... e-mail .......................................................................

Firma ............................................................................................................

N.B. Non inviare subito quote di adozione, attendere l’arrivo dei documenti comprovanti l’adozione avvenuta.

MODULO DOMANDA DI ADOZIONEAlla FAMIGLIA AMICI DEL S. ANNA - ONLUS

VIA DEGLI ALDOBRANDESCHI, 100 - 00163 ROMA

PROGETTO ADOZIONI A DISTANZA

Lo scopo dell’iniziativa è di aiutare la cresci-ta umana di bambini privi di famiglia o che si tro-vano in famiglie non in grado di farli vivere incondizioni economiche ed educative adeguate. L’adozione a distanza intende aiutare il bambi-no lasciandolo nel suo ambiente naturale (pos-sibilmente la sua famiglia), pur stabilendo unrapporto particolare di conoscenza, di affetto edi solidarietà con una famiglia italiana.Come funziona. Gli adottanti non si attendo-no niente in cambio del legame che stabilisco-no con il bambino e la sua famiglia o coloro chene hanno cura. Essi si impegnano soltanto adaccompagnarlo nella sua crescita fino al raggiungimento dell’autonomia. Essi, peraltro, pense-ranno al bambino come parte integrante della loro famiglia ed aiuteranno così anche il proprionucleo familiare ad aprirsi a valori nuovi, rispondenti all’esperienza più profonda della visioneumana e cristiana della vita.Un modesto contributo. Gli adottanti si impegnano ha versare per l’adozione a distanza al-la Famiglia Amici del S. Anna - Onlus, per un tempo da essi definito, la somma di almeno € 18al mese (rateizzabili anche diversamente), destinate ad un determinato bambino, perché gli sia-no garantite le necessità primarie, in particolare l’educazione scolastica.Ogni anno il resoconto. La Famiglia, tramite le suore missionarie, amministra le offerte, nedà un rendiconto annuale, s’impegna a fornire una scheda del bambino, con i suoi dati anagra-fici, indirizzo della missione che lo assiste, foto e quanto altro può favorire la sua conoscenza,insieme ad aggiornamenti sulla sua situazione che le missionarie invieranno all’ufficio.

ATTENZIONE

• Non si impegna a fornire servizio di corrispondenza privata tra adottanti e adottati.• In alcuni casi può, proporre la sostituzione del bambino divenuto irreperibile o non

più in stato di necessità.• Il 5% delle offerte copre le spese dell’organizzazione. • Le offerte per il PAD sono deducibili dalle imposte sul reddito.

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