Riccardo Dalisi - Il gioco dell'Arte

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Riccardo Dalisi "Il gioco dell'Arte" catalogo della mostra a Pordenone, Zagabria e Parenzo (febbraio - maggio 2015)

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Organizzazione

Patrocini

Collaborazioni

Piazza G. Trinchese, 1880035 NOLA (NA) Piazza XX Settembre

33170 PORDENONE

Comune di Pordenone Ministero della CulturaRepubblica di Croazia

Regione IstriaAssessorato alla Cultura Città di ParenzoRegione Istria

viale Trieste, 19 33170 PORDENONEtel. ++39 0434 552174

e-mail [email protected]: www.laroggiapn.it

Università Popolare di Porec

Istituto Italiano di Cultura ZagabriaPreobraženska 4 - 10000 Zagreb

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Pordenone 14 febbraio - 12 marzo 2015 Associazione Culturale “la roggia”Zagabria 17 marzo - 22 aprile 2015 Istituto Italiano di CulturaParenzo 30 aprile - 8 giugno 2015 Università popolare aperta

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sabato 14 febbraio 2015ore 11,30 Associazione Culturale

“la roggia”INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

ore 17,00 Biblioteca Civica di Pordenone

Saletta “Degan”L’Assessore Claudio Cattaruzza

incontrail maestro Riccardo Dalisi

martedì 24 febbraio 2015 ore 18,30Biblioteca Civica di Pordenone

Saletta “Degan”Presentazione del volume

d’arte a quattro mani(Mimmo Paladino - Riccardo Dalisi)

“PALADISI”edito da Vittorio Avella per il

Centro di Arti Grafiche“Il Laboratorio” di Nola (NA)

EVENTO A PORDENONE14 febbraio - 12 marzo 2015

Associazione Culturale “la roggia” viale Trieste 19

MOSTRA A ZAGABRIA (HR)Istituto Italiano di Culturamartedì 17 marzo 2015

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

MOSTRA A PARENZO (HR)Galeria Zuccato Decumanus 34giovedì 30 aprile 2015 ore 18

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

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Riccardo Dalisi è un artista che rifugge da qualsiasi facile classificazione tanto è originale il suo estro creativo quanto sono versatili le traduzioni che ne fa. Architettura, scultura, pittura, design le espressioni artistiche che ha esplorato e continua ad esplorare con freschezza e originalità conferendo a ciascuna delle sue creazioni un significato profondo. Il suo sguardo acuto va oltre le opere realizzate, mettendo in primo piano l’uomo e la realtà. Precursore nell’applicare i concetti di riciclo, decrescita e ecocompatibilità, ora tanto attuali, Riccardo Dalisi è stato uno dei primi artisti italiani a formulare il concetto di sostenibilità applicato al design industriale. La sua ricerca si è sempre concentrata sul “design povero”, lavorando materiali comuni con manualità artigiana, sperimentando animazioni con la partecipazione di bambini e anziani di quartieri in difficoltà, unendo così la ricerca alla didattica e la vocazione artistica al valore sociale e politico.In altre parole cercando di dare contenuto e senso compiuto al ruolo educativo dell’arte.I suoi lavori diffondono messaggi di serenità e di speranza, di gioia di vivere, di fiducia nelle possibilità dell’Essere Umano ma sono anche espressioni di un “universo leggero” che non ha smarrito la dimensione poetica e giocosa, che non ha perso l’entusiasmo, né la voglia di scoprire e di imparare, che non ha perso il gusto dello stupirsi né quello dello stupire. Sono lieto che la nostra comunità possa rendere omaggio ad un così grande artista e desidero esprimere tutto l’apprezzamento e la gratitudine all’Associazione “la roggia” per aver organizzato questa mostra e per averci offerto l’opportunità di comprendere quali significati e traduzioni possa esprimere la creatività intesa nel senso più ampio e profondo della sua essenza.

Claudio Cattaruzza Assessore alla Cultura del Comune di Pordenone Design ultrapoverissimo, 2002

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Piatto 1

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Dedicare una mostra a Riccardo Dalisi non significa soltanto elevare il consueto panegirico dell’eccellenza e della unicità del made in Italy, della sintesi felice tra sti-le e gusto italiano e della sua fama e riconoscibilità nel mondo. Parlare di Dalisi significa puntare l’attenzione su un architetto, designer e artista che ha accompagnato la sua ricerca espressiva ponendo al centro l’uomo come politikòn zóon, rivalutando quel concetto di umanità che vede nell’uomo la misura di tutte le cose e indagando poi in concreto nel corpo di una città controversa come Na-poli, tra i meandri della sua armonia perduta, per arrivare a comprenderne il cuore.Dalisi ha sviluppato ed esaltato la poetica del quotidia-no nei suoi oggetti composti di semplice lamiera, umile rame, povera cartapesta, che diventano preziosi soltanto se siamo noi ad arricchirli di valore. Oggetti leggeri, ironi-ci, addirittura maschere, come nel caso della Caffettiera di Pulcinella, la cui genesi è addirittura una casuale e straor-dinaria citazione da “Le voci di dentro” di Eduardo.È per l’aver dato alla sua ricerca una qualità politico e so-ciale, riconosciuta anche dai numerosi premi ottenuti nel corso di una carriera lunga e prolifica, che siamo sincera-mente felici di poter presentare a Zagabria l’opera di un Maestro che attraverso le sue creazioni racconta la forza dei sogni che diventano progetti e si trasformano in prove d’artista. Ringrazio la Dr Jerica Ziherl, storica dell’arte e curatrice di Cittanova, l’Associazione Culturale “la roggia” di Pordenone e l’Università popolare aperta di Parenzo perchè aver collaborato insieme a questa iniziativa regala a noi tutti quella piacevole sensazione di condivisione di una idea dell’architettura e del design aperta ai bisogni so-ciali dell’uomo medio.

dott.ssa Maria Sicadirettrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria

Design ultrapoverissimo 2, 2002

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Egregi signore e signori, amanti dell’arte, amici della nostra città, cari ospiti! È con grande piacere che voglio darvi il benvenuto a Parenzo che ha l’onore di ospitare la mostra del grande Riccardo Dalisi. Architetto, designer e artista a tutto tondo, come molti lo definiscono, della generazione di Sottsass, Mendini e Bran-zi, una figura di spicco nel panorama internazionale dell’arte e dell’architettura contemporanea. Sono particolarmente felice per il fatto che gli abitanti della nostra città, come anche gli ospiti e amanti dell’arte che la visitano, avranno l’occasione di conosce-re le opere di questo artista che ha lasciato un segno indelebile nell’architettura e design moderni, molto più profondo di quan-to queste poche parole possano far intendere. Dalisi è stato un precursore nell’applicare i concetti di riciclo ed ecocompatibilità, architettura e scultura, pittura e design, ha saputo utilizzare ogni espressione artistica in modo speciale, dando un significato spe-ciale a qualsiasi cosa creasse. Cercando di approfondire il mio sapere su Dalisi sono rimasto impressionato dal modo in cui introduce nel design il folclore, la manualità artigianale, i ma-teriali antichi. L’oggetto più conosciuto della sua produzione è sicuramente la Caffettiera Napoletana per Alessi, premiata con il Compasso d’Oro, autorevole premio per il design nel 1981, con la quale Dalisi diventa conosciuto in tutto il mondo. Designer con grande esperienza ha creato forme che sono state commer-cializzate da note aziende quali Oluce, Fiat, Rex, per nomina-re solo alcune. Le opere del Dalisi artista invece, sono presenti nei più prestigiosi musei europei ed americani - il Gugenheim Museum di New York, la Fondazione Cartier di Parigi, il Museo delle Arti decorative di Montreal, il Museo Zitadelle Spandau di Berlino sono solo alcuni fra tanti. Tutto questo è già più di un invito a visitare la mostra di Dalisi nella nostra città. Ed è per questo che siamo molto onorati di essere una delle poche tappe della mostra di Dalisi in Croazia.Ringrazio di cuore l’associazione culturale “la roggia” e tutti quelli che hanno contribuito affinché questa preziosa mostra faccia parte del ricco mosaico culturale della nostra città. Spero che questa collaborazione serva a dare un ulteriore impulso a futuri scambi culturali.

Edi Štifanic Sindaco di Porec / ParenzoGioco sacro, 2013, ferro battuto a cassetta e fiammato

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Piatto 6

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Dal disegno nascono le mie sculturedallo scrivere nasce il mio disegnare

dal pensare nasce il mio scriveredal dolore nasce il mio pensaredal vivere nasce il mio dolore

dall’amore nasce il viverenell’amore tutto riunisce.

E di nuovo poi a scendere.Dall’amore, la vitadalla vita, il dolore

ed il pensieroe lo scrivere

e il disegnaree lo scolpire,

perciò nello scolpirescorgi l’amore.

Riccardo Dalisi

Pannello, 2012, ferro e acrilici

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Guerriero, 2013, ferro e acrilici

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Gli anni Settanta registrarono, in Campania, un’autentica esplo-sione di creatività, grazie alla contemporaneità di esperienze e proposte che avrebbero condizionato la cultura visiva per i decenni successivi fino alla situazione attuale. L’evento più cla-moroso fu certamente l’”esplosione” della Transavanguardia che - grazie ad Achille Bonito Oliva e a Lucio Amelio - avrebbe ra-pidamente conquistato posti di rilievo a livello mondiale. Ma, a mio modesto avviso, la proposta più pregnante, anche se meno “di successo” fu l’ipotesi di una “operatività estetica nel sociale” che trovò terreno fertile e si legò quasi immediatamente alla ten-sione culturale che si era espressa negli anni immediatamente precedenti, grazie soprattutto al lavoro di Pierre Restany e di Luca. Il suggerimento fondamentale che veniva dall’ipotesi di Crispolti era il favore accordato alla “creatività” (patrimonio col-lettivo, quasi connaturato e troppo spesso soffocato - come, in fondo, suggeriva “il Fanciullino” di Pascoli); e, accanto a questa, una funzione dell’artista che andava al di là del semplice “fare arte” per renderlo protagonista di una “creatività collettiva” che spesso si colorava di ideologia. Non produceva “artisti”, il mec-canismo dell’”operare estetico nel sociale”, perchè privilegiava il lavoro di gruppo e l’animazione (anticipando largamente la di-dattica creativa e l’arte-terapia che si sarebbero affermate dopo); ma anche (e soprattutto) perchè mancarono gli operatori capaci di dare forza di sintesi e di personalità ad una proposta di per sé pregnante. Nell’idea di un’arte che fosse popolare, che coinvol-gesse la gente (le masse, si diceva al tempo) apparteneva però anche a certi settori dell’architettura che nella direzione del coin-volgimento e della coralità già si muovevano autonomamente.Non fu quindi solo per caso che tanti personaggi (gruppi di per-former, band musicali e l’architetto Riccardo Dalisi) si trovassero ad operare a Ponticelli e, in genere, nell’area vesuviana, dove si concentravano i gruppi più attivi di operatori nel sociale, dove c’era un luogo di riferimento divenuto presto imprescindibile - la Casa del Popolo - e dove i problemi erano più acuti e urgenti. Dopo un percorso durato più di quarant’anni, diventa indiscuti-bile riconoscere che, se un “operare estetico nel sociale” c’è stato, Maschera 1, 2011, ferro battuto e fiammato

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Maschera 2, 2011, ferro battuto e fiammato

questo non può essere individuato che nell’attività e nella pro-duzione di Riccardo Dalisi, autentico uomo-sintesi delle tensioni (estetiche e sociali) che per un quarto di secolo hanno sostenuto un umanesimo poetico/politico che vede al centro di tutto l’uomo e affronta i problemi nei termini della creatività. In sostanza, l’at-tività di Dalisi incarna perfettamente l’ideale - mai chiaramente definito - di quell’”operatore estetico nel sociale” che nei primi anni Settanta sembrava un’utopia o una bestemmia (“E’ sociolo-gia; non ha niente a che vedere con l’Arte” ebbe a dirmi una volta un autorevole esegeta) e che nella pratica quotidiana ha dato vita a tensioni e linee di condotta che vanno dall’arte-terapia all’arredo urbano, dalla creatività spontanea all’ironia nell’arte. Nelle prime esperienze presso la Casa per anziani di Ponticelli Dalisi avviò quel processo di convergenza tra l’Architetto e il creativo creando momenti di coinvolgimento degli ospiti nella manualità al servi-zio dell’Arte, mentre dialogava con gli amministratori su progetti (quasi sempre irrealizzati) di urbanizzazione del territorio.Con i ragazzi del rione Traiano - quando era appena nato rac-cogliendo tutti i diseredati della città col rischio di degradarsi a ghetto - avviò le prime esperienze di creatività in funzione del recupero sociale “costruendo” con loro oggetti spesso utilizzati dall’editoria d’arte (in particolare, “Il Laboratorio” di Nola). L’e-sperienza andò successivamente ben oltre e si ripeté con successo in altri quartieri disagiati, come Scampia, o nei luoghi tradizio-nalmente “difficili” come il carcere minorile dove di recente ha avviato un laboratorio di ceramica.Sempre fedele al suo primo interesse, quello dell’Architettura, Da-lisi ha puntato sulla “creatività spontanea” per far emergere la ca-pacità di costruire col materiale più povero oggetti esteticamente affascinanti e con essi “decorare” il territorio di vita quotidiana: il primo esempio, a rua Catalana, fu segnalato come evento in-ternazionale; ma ad esso sono seguite altre iniziative che hanno lasciato la “cifra” di Dalisi e del suo modo di operare in varie zone della città. L’ultima operazione è quella compiuta a via dei Tribu-nali dove sono stati realizzati artistici lampioni con l’attività e il contributo degli immigrati a Napoli, nel nome di un umanesimo

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universale che concretamente si fa corpo. Nella sua visione in bili-co tra umanesimo politico ed umanesimo poetico, Dalisi ha guar-dato a un artigianato in coma, quello dei lattonieri, con i quali ha realizzato “l’Università di strada” per la realizzazione di tutti i de-cori urbani e soprattutto - attraverso la “rivisitazione” della caffet-tiera napoletana, atavico prodotto di questi artigiani - ha sconvol-to la “cultura aulica” prima che questa si decidesse a prendere atto del valore della “cultura popolare” assegnandogli due Compassi d’oro, di cui uno per l’attività sociale. Più in generale, da sempre Dalisi si è mosso lungo una linea inflessibile di intervento che ha preso a soggetto “gli ultimi degli ultimi” e li ha resi protagonisti della loro vita e della città in cui risiedono. Se un’immagine può essere emblematica di questa sua passione, forse la più opportu-na è quella raccolta da Salvatore Sparavigna, nelle fotografie del calendario “Se la mia strada fosse stata un’altra?” dove l’architet-to ed una serie di personalità napoletane sono ripresi in abiti da barboni. Ma, soprattutto, ha fatto esplodere sempre e comunque il bisogno di creatività. Molto significativo, in questo senso, ri-sulta un aneddoto che Dalisi ama spesso ricordare, quello del barbone al quale regalava ogni giorno una moneta finché decise che l’elemosina non era dignitosa e gli propose di realizzare con frammenti di latta oggetti che gli avrebbe comprato; il barbone accettò e in breve diventò assai bravo a maneggiare il materiale trasformando l’elemosina in una sorta di compenso e imparando a “creare” artisticamente. La biografia di Riccardo Dalisi è lunga, articolata e composita e svaria tra l’insegnamento universitario, l’attività di architetto, il design e l’attività di artista, con mostre e premi di vario genere. Personalmente, mi piace pensare che sia la perfetta incarnazione di quel che Pascoli suggeriva, un adulto che non soffoca il fanciullino che ha dentro di sé, ma gli dà libera voce e lo lascia incantare davanti alle cose per cogliere quel senso di “poesia trovata” che nelle cose c’è sempre: basta saperla cercare e trarre fuori.

Enzo di Grazia Maschera 3, 2011, ferro battuto e fiammato

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Maschera 4, 2011, ferro battuto e fiammato

Olimpiadi 4, 2014, rame

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Olimpiadi 2, 2014, rame

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Olimpiadi 1, 2014, rame

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Olimpiadi 3, 2014, rame

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Olimpiadi 6, 2014, rame

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Dondolando, 2010, rame e verderame

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Arciere, 2002, rame e acrilici

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Totocchio e la sedia di Rietveld, 2010, rame e ottone

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Totocchi suonatori, 2010, rame e verderame

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Tenera-mente, ferro battuto e fiammato, 2012

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Il compasso di latta, 2009

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senza titolo, 2013, ferro e acrilici

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Nato a Potenza nel 1931, vive a Napoli da sempre, dove ha insegnato presso la Facoltà di Architettura dell’Ateneo Fe-dericiano. Artista, architetto e designer di rilievo interna-zionale, i suoi lavori sono presenti in numerose collezioni private e nei più prestigiosi musei europei e d’oltreoceano.Nel panorama dell’arte contemporanea le sue opere rivela-no un artista “che sa essere garbato... gioioso, ilare, ironico e anche umano, fantastico, persino grottesco” (G. Dorfles). I suoi disegni sgorgano rapidi dal vivo della sua interiorità più sensibile e sembrano uscire spontaneamente dalla penna, dalla mano. Le sue opere sono il frutto di un capovolgimento del processo creativo, in cui “il progetto non è l’idea a monte del lavoro... bensì lo sbocco, lo svelamento finale di un’attività concreta” (A. Bonito Oliva).Dalisi usa il linguaggio come strumento di comunicazione diretta. “Non c’è una ricerca intellettuale del simbolico”, precisa l’artista, “perché è l’immediatezza del sentimento che mi interessa, questa fonte del nostro sentire da cui viene l’amicizia, la simpatia, l’amore su cui si fonda la cultura”.La sua ricerca espressiva spazia, quindi, nel mitico, nell’arcaico, nel sacro. Materiali poveri (ferro, rame, ottone) sono impiegati con amorevole manualità artigianale; nell’epoca dell’elettronica e della high tech, ridona umanità e giocosa piacevolezza alle sculture, alle figure.“Da queste materie, opportunamente lavorate, vengono alla vita dell’arte i Suonatori, i Re, i Centauri e la Sfinge, le figure della Devozione, Cristo e la Madonna, i Guerrieri. Questi materiali umili vengono trattati dall’artista con tecniche anti-che e memoria sapienziale, a sottolineare lo scarto fra la loro povertà e la persistenza e vitalità di un patrimonio irrinun-ciabile. A indicare quella corrente che attraversa, nel profondo, animandoli, luoghi e concezioni distanti” (A. Trimarco).Nell’arte del nuovo millennio le sue statue, i suoi disegni, le decorazioni, gli oggetti d’uso emanano messaggi di serenità e speranza, di gioia di vivere, di fiducia nelle possibilità dell’Uomo e nella religiosità da cui si genera limpida intelligenza.Dalisi appartiene a quella generazione di architetti, cresciuti sulle ceneri di un razionalismo ormai in crisi. Laureatosi a Napoli nel ‘57, in pieno “razionalismo organico”, si è distinto come “architetto inventivo”. Allievo di Della Sala, che aveva lavorato con Gropius, imparò da lui l’incontentabilità: non essere mai soddisfatti dei risultati, lasciarsi stimolare anche dall’errore, una variabile che apre spazi mai programmabili.Nel 1967 scrive, Forma, Intervallo, Spazio, affrontando uno studio sull’intervallo tra la forma e lo spazio che sembra vuoto...Nel 1969 prende la libera docenza all’Università.Nel 1970 scrive Architettura dell’imprevedibilità esponendovi la “geometria generativa” che vede lo spazio come una pulsazione di regole geometriche ricchissime, accumulabili, con proprie regole e riscontri nella realtà urbana moderna. Ogni situazione ne può generare altre diverse. La geometria generativa è divenuta una teoria verificata in un metodo didattico insieme agli studenti che ancora oggi si mostrano interessati a lavorare su questa base di impostazione teorica.Ha lavorato con Capobianco e con Pica Ciamarra per la Borsa Merci di Napoli contribuendo al progetto secondo i principi della geometria generativa riferiti all’architettura.Un giorno del 1971 a Milano discute, con Giancarlo De Carlo, il progetto di una scuola, architettonicamente impostato

Riccardo Dalisi

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sulla geometria generativa che contiene, intenzionalmente, l’idea di partecipazione a cui è già interessato. Partecipazio-ne intesa come accumulo di forme diverse e di soluzioni che derivano dal rapporto con la molteplicità delle relazioni sociali.Ne nascono delle critiche che gli fanno dire: “La partecipazione la faccio davvero”.Tornato a Napoli, va nel Rione Traiano e con i suoi studenti inizia quel lavoro sulla partecipazione creativa, poi pubbli-cato su “Casabella”, da cui nascono gli scritti per il libro “Architettura d’animazione”, del 1975.L’andare al quartiere costituisce in sé, globalmente, uno stimolo continuo; è uno stimolo, soprattutto, la tensione a provocare i bambini “di strada” alla produzione creativa. In primo piano balza l’interazione intensa e la rottura d’uno schema mentale, cioè di una distinzione netta tra cultura popolare e cultura aulica.Dalisi chiama “tecnica povera” quel lavoro, in corso già da diversi anni, di grande interesse sia linguistico che politico, i cui temi principali sono la tecnica ed i materiali poveri.Parte degli oggetti nati da questa ricerca fanno oggi parte della collezione permanente del FRAC Centre di Orléans.Nel 1973 è tra i fondatori, con Mendini, Branzi, Sottsass ed altri, della Global Tools, una contro-scuola di architettura e design che riunisce, all’interno di un programma di ricerca unitario, tutti i gruppi e le persone che in Italia coprono l’area più avanzata della cosiddetta architettura radicale.Si tratta di raccogliere le tante energie delle avanguardie, che già vacillano verso un’incerta maturazione, e di incanalarle oltre gli anni della grande compressione creativa del ‘68.Le esperienze di Riccardo Dalisi al Rione Traiano di Napoli sono un importante riferimento alla ricerca della Global Tools.Negli stessi anni si dedica allo studio su Gaudí: Dalisi è particolarmente attratto dalla personalità del maestro catalano tanto da sentirsi in parte un suo continuatore.Nel libro “Gaudí mobili e oggetti”, c’è una grande attenzione per l’uso dei materiali, per alcuni particolari accostamenti,

per la ricerca di frammenti da cui nascono ogget-ti richiamati ad una nuova vita, ad un nuovo si-gnificato che compie Gaudí e che tuttora compie Dalisi.L’esaltazione del ruolo della manualità comincia a sviluppare i primi comportamenti teorici e speri-mentali che dovevano preparare l’avvicinamento al design. In questo senso Gaudí ridiventa esem-plare ed importante. Nel 1979, incaricato dalla ditta Alessi di produr-re una versione della classica napoletana, inizia il suo lavoro di ricerca sulla caffettiera napoletana. Partendo dai prototipi inventati nel quotidiano rapporto coi lattonai di Rua Catalana, Dalisi ha

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sperimentato nuovi usi e funzioni per quello strumento che è ormai diventato il fulcro di un’“opera buffa del design”, premiata con il Compasso d’Oro 1981.Questa ricerca, che ha prodotto “caffettiere animate” di varie fogge e sculture che giocano con i sottintesi di quelle vecchie forme, sembra non aver mai fine. “È stato come entrare nei sotterranei della storia d’un popolo, nell’anima di una città attraverso un processo di analisi storica e sociologica”, dice Dalisi; la caffettiera si è animata, si è fatta produzione fantastica, espandendosi sempre più. Nel 1987 la caffettiera napoletana entra in produzione e Dalisi diviene internazionalmente noto.Dalisi introduce così nel design il folclore, la manualità artigianale, i materiali antichi e poveri associandovi l’invenzione poetica. Come designer ha lavorato con Zabro, Zanotta, Alessi, Oluce, Playline, Morphos, Fiat, Munari, Kleis, Baleri, Rex, Slamp, Eschenbach, W.M.F., Rosenthal, Ritzen-hoff, Glass, Bisazza e altri.Nel 1995 incomincia a scolpire ottenendo subito esiti importanti e sicuri come attestano le diverse mostre personali in Italia e all’estero prima tra le quali quella di Palazzo Reale di Napoli (1997). Sempre nel 1997, in collaborazione con la C.N.A. di Napoli, la Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali e il Comune di Napoli, ha coinvolto i suoi artigiani per l’allestimento, diventato permanente, di Rua Catalana con le sue

sculture e i suoi lumi.L’esperienza è partita dall’originale ed interessante idea di realizzare opere d’arte da lui disegnate con la manodopera locale e con i materiali già definiti “poveri”, trasformando e illuminando Rua Catalana.L’esperienza, denominata Napolino, dal nome di un lume-scultura realizzato per l’occasione, aveva e ha l’obiettivo di far emergere la strada come monumento vivente. Qui tutto avviene all’insegna di un laboratorio sperimentale che vuole far emergere il grande tema della necessità del piano estetico e della forza immaginativa; un laboratorio per rinnovare, mantenere in vita e sviluppare l’attività produttiva manuale e l’artigianato. L’attività, svolta con la partecipazione dei suoi studenti di architettura, ha fatto denominare tutta l’iniziativa “Università di Strada”.Nel 1998 Napolino è stato selezionato dalla Comunità Europea come uno degli otto progetti pilota da adottare e diffon-dere nel mondo all’interno del programma Creative Links. Participation for a Better World. Da sempre impegnato nel sociale (resta fondamentale l’esperienza del lavoro di quartiere con i bambini del Rione Tra-iano, con gli anziani della Casa del Popolo di Ponticelli negli anni ’70 e, negli ultimi anni, l’impegno con i giovani del Rione Sanità di Napoli, del Centro territoriale Il Mammuth di Scampia e dell’Istituto penale per i minorenni di Nisida), ha unito ricerca e didattica nel campo dell’architettura e del design accostandosi sempre più all’espressione artistica come via regia della sua vita. Nel 2014 ha vinto il secondo Compasso d’Oro per l’impegno nel sociale.

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RICCARDO DALISI - ARTE COME GIOCO

MostrePordenone 14 febbraio - 12 marzo 2015Associazione Culturale “la roggia” viale Trieste 19 - 33170 PordenoneZagabria 17 marzo - 22 aprile 2015Istituto Italiano di Cultura Preobraženska 4 - 10000 Zagabria Parenzo 30 aprile - 8 giugno 2015Galleria Zuccato Dekumanus 34 - 52470 Parenzo

CuratoriEnzo di Grazia - Jerica Ziherl

OrganizzazioneAssociazione Culturale “la roggia” - PordenonePučko otvoreno učilište Poreč / Università popolare aperta di Parenzo Istituto Italiano di Cultura di Zagabria / Talijanski institut za kulturu u ZagrebuCollaborazioneBiblioteca civica Piazza XX Settembre33170 PORDENONE “Il Laboratorio” Piazza G. Trinchese, 18 80035 NOLA (NA)

Patrocini Comune di PordenoneMinistero della Cultura della Repubblica di CroaziaGrad Poreč / Città di Parenzo Regione Istria Assessorato alla Cultura

Fotostudio Dalisi: Fulvio Cutolo

Arturo di Grazia

StampaTipografa Menini Spilimbergo (PN)

Progetto gra�co

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