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Ricerca Corrente 2011 – linea 1 - Preclinica Responsabile Scientifico: Massimo Gennarelli Principale obiettivo di questa linea di ricerca è lo studio delle basi molecolari dei disturbi mentali e delle demenze, come pure i meccanismi d'azione dei farmaci psicotropi e dei trattamenti non farmacologici utilizzati nel trattamento di questi disturbi. L’approccio sperimentale utilizzato è multidisciplinare, ed è rivolto all’ identificazione di marcatori biologici utili nella diagnosi e nella personalizzazione dei trattamenti integrando studi condotti in modelli animali e cellulari con studi biochimici, neurofisiologici, di brain imaging strutturale e funzionale e genetici condotti direttamente nell'uomo. In particolare, i progetti si sono focalizzati su: (1) sviluppo di nuovi modelli animali di disturbi mentali e studio dell’interazione geni- ambiente. Gli studi in modelli animali sono stati condotti al fine di identificare i meccanismi di plasticità cellulare, epigenetici e di regolazione dell’espressione genica coinvolti nella responsività allo stress e nei meccanismi d’azione dei trattamenti farmacologici. In parallelo sono stati condotti studi in vitro, utilizzando fibroblasti e leucociti di pazienti con disturbi mentali e neurodegenerativi e rispettivi controlli, al fine di identificare i meccanismi molecolari associati all’eziologia di queste malattie, alla differente risposta allo stress e per caratterizzare gli effetti indotti dai farmaci psicotropi; (2) caratterizzazione di endofenotipi neurofisiologici attraverso l’indagine dell’attività bioelettrica cerebrale, delle funzioni superiori e cognitive, associate anche all’invecchiamento fisiologico e patologico, utilizzando anche tecniche di stimolazione cerebrale; in questa prospettiva vengono utilizzati anche approcci innovativi per il monitoraggio della plasticità corticale nell'uomo in condizioni fisiologiche e patologiche. Inoltre sono stati analizzati i potenziali marcatori neurofisiologici associati alle caratteristiche macro- e micro-strutturali del sonno per l’identificazione in fase preclinica dei disturbi neurocognitivi; (3) utilizzo di strumenti innovativi di brain imaging per l’analisi della variabilità morfostrutturale cerebrale nell’età adulta ed anziana; (4) identificazione di marcatori molecolari di malattia e di risposta ai trattamenti farmacologici e non-farmacologici per la diagnosi differenziale e la personalizzazione dei trattamenti attraverso studi biochimici e di espressione in plasma, siero e modelli cellulari di pazienti e controlli; (5) identificazione di geni di suscettibilità e di profili genomici associati ai disturbi mentali ed alle forme sporadiche di demenza anche in comorbidità con sintomi psichiatrici. La strategia di indagine è stata quella della dissezione del fenotipo di malattia. In particolare grazie all’utilizzo di ampi campioni è stata possibile la stratificazione per endofenotipi derivati dalla dimensione sintomatologica, dalle caratteristiche neurofisiologiche, neuropsicologiche e di brain imaging e per la risposta a specifici trattamenti farmacologici (farmacogenomica) e non-farmacologici; (6) studio degli aspetti etico-giuridici correlati alla gestione di biobanche locali e delle questioni etiche legate all’utilizzo della stimolazione magnetica cerebrale nei disturbi mentali e nelle demenze. Nell’anno 2011, gli studi preclinici in modelli animali hanno permesso di evidenziare nuovi correlati molecolari associati all’effetto dello stress e all’azione dei farmaci

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Ricerca Corrente 2011 – linea 1 - Preclinica

Responsabile Scientifico: Massimo Gennarelli

Principale obiettivo di questa linea di ricerca è lo studio delle basi molecolari dei disturbi mentali e delle demenze, come pure i meccanismi d'azione dei farmaci psicotropi e dei trattamenti non farmacologici utilizzati nel trattamento di questi disturbi. L’approccio sperimentale utilizzato è multidisciplinare, ed è rivolto all’ identificazione di marcatori biologici utili nella diagnosi e nella personalizzazione dei trattamenti integrando studi condotti in modelli animali e cellulari con studi biochimici, neurofisiologici, di brain imaging strutturale e funzionale e genetici condotti direttamente nell'uomo. In particolare, i progetti si sono focalizzati su: (1) sviluppo di nuovi modelli animali di disturbi mentali e studio dell’interazione geni-ambiente. Gli studi in modelli animali sono stati condotti al fine di identificare i meccanismi di plasticità cellulare, epigenetici e di regolazione dell’espressione genica coinvolti nella responsività allo stress e nei meccanismi d’azione dei trattamenti farmacologici. In parallelo sono stati condotti studi in vitro, utilizzando fibroblasti e leucociti di pazienti con disturbi mentali e neurodegenerativi e rispettivi controlli, al fine di identificare i meccanismi molecolari associati all’eziologia di queste malattie, alla differente risposta allo stress e per caratterizzare gli effetti indotti dai farmaci psicotropi; (2) caratterizzazione di endofenotipi neurofisiologici attraverso l’indagine dell’attività bioelettrica cerebrale, delle funzioni superiori e cognitive, associate anche all’invecchiamento fisiologico e patologico, utilizzando anche tecniche di stimolazione cerebrale; in questa prospettiva vengono utilizzati anche approcci innovativi per il monitoraggio della plasticità corticale nell'uomo in condizioni fisiologiche e patologiche. Inoltre sono stati analizzati i potenziali marcatori neurofisiologici associati alle caratteristiche macro- e micro-strutturali del sonno per l’identificazione in fase preclinica dei disturbi neurocognitivi; (3) utilizzo di strumenti innovativi di brain imaging per l’analisi della variabilità morfostrutturale cerebrale nell’età adulta ed anziana; (4) identificazione di marcatori molecolari di malattia e di risposta ai trattamenti farmacologici e non-farmacologici per la diagnosi differenziale e la personalizzazione dei trattamenti attraverso studi biochimici e di espressione in plasma, siero e modelli cellulari di pazienti e controlli; (5) identificazione di geni di suscettibilità e di profili genomici associati ai disturbi mentali ed alle forme sporadiche di demenza anche in comorbidità con sintomi psichiatrici. La strategia di indagine è stata quella della dissezione del fenotipo di malattia. In particolare grazie all’utilizzo di ampi campioni è stata possibile la stratificazione per endofenotipi derivati dalla dimensione sintomatologica, dalle caratteristiche neurofisiologiche, neuropsicologiche e di brain imaging e per la risposta a specifici trattamenti farmacologici (farmacogenomica) e non-farmacologici; (6) studio degli aspetti etico-giuridici correlati alla gestione di biobanche locali e delle questioni etiche legate all’utilizzo della stimolazione magnetica cerebrale nei disturbi mentali e nelle demenze. Nell’anno 2011, gli studi preclinici in modelli animali hanno permesso di evidenziare nuovi correlati molecolari associati all’effetto dello stress e all’azione dei farmaci

psicotropi su diversi sistemi di regolazione della plasticità sinaptica (fattori neurotrofici, sistema glutamatergico etc), dell'organizzazione sinaptica e del signalling cellulare. Gli studi genetici si sono focalizzati sull’identificazione di geni di suscettibilità associati alle principali patologie psichiatriche e alla ricerca di nuove mutazioni implicate nelle demenze familiari. L’identificazione di geni di suscettibilità è stata estesa anche ai tratti di personalità in soggetti non affetti da disturbi mentali. Per quanto riguarda la farmacogenetica, è stato dimostrato un coinvolgimento di un gene implicato nel sistema di trasduzione del segnale (GNB3) ed alcuni effetti collaterali dei farmaci antidepressivi. Inoltre altri studi hanno principalmente riguardato l'approfondimento del ruolo dei fattori neurotrofici e di crescita nelle patologie psichiatriche e nei meccanismi di risposta alle terapie. Per quanto riguarda gli studi neurofisiologici è stato possibile chiarire con l’utilizzo delle tecniche EEG, di stimolazione magnetica transcranica e della co-registrazione EEG/TMS alcuni aspetti dei meccanismi di plasticità corticale associati a diverse funzioni cognitive e al sonno in situazioni fisiologiche e patologiche. Inoltre sono stati ottenuti risultati sulle modulazioni indotte dalla rTMS ad alta frequenza sull’attività oscillatoria corticale. Inoltre sono stati indagati alcuni aspetti etico giuridici nella gestione delle biobanche locali. Infine sono state ottenute informazioni relative alla riserva cerebrale, noto fattore protettivo per lo sviluppo di demenza, e posto le basi per la standardizzazione della volumetria ippocampale –indice informativo sia per la riserva cerebrale che per la diagnosi di Alzheimer – necessaria sia per lo studio di farmaci disease-modifying, sia per l’accuratezza diagnostica. Descrizione dettagliata dei principali risultati ottenuti nei diversi progetti di ricerca corrente. Progetto n.1 - Caratterizzazione di modelli animali di depressione e valutazione degli effetti dello stress acuto e dei trattamenti con antidepressivi. (Referente Scientifico: Giorgio Racagni) Numerose evidenze hanno dimostrato che lo stress provoca atrofia e morte cellulare in diverse regioni limbiche, come l’ippocampo e la corteccia. Gli effetti patologici dello stress sull’ippocampo hanno contribuito ha suggerire il coinvolgimento di fattori neurotrofici nell’eziologia della Depressione Maggiore. Tra questi, la neurotrofina Brain-Derived Neurotrophic Factor (BDNF) è uno dei fattori più studiati per un suo coinvolgimento nei meccanismi di plasticità e funzionalità sinaptica. Risulta pertanto importante caratterizzare le alterazioni dell’espressione di BDNF e del suo signalling molecolare insieme ad altri marcatori di plasticità sinaptica (sistema glutammatergico, asse HPA e altri) in modelli animali, al fine di identificare i meccanismi di regolazione coinvolti nella responsività allo stress e associati all’azione dei trattamenti con antidepressivi. È noto che alterazioni nel sistema serotoninergico sono associate ad un’aumentata suscettibilità per lo sviluppo di depressione. Pertanto, un primo obiettivo del progetto è stato quello di valutare eventuali alterazioni di BDNF in un modello animale che presenta un deficit nella funzionalità del trasportatore della serotonina (SERT), ovvero ratti SERT KO. Inoltre, un secondo obiettivo è quello di valutare l’effetto di trattamenti con farmaci antidepressivi sui livelli di BDNF. Infine è stato valutato il ruolo di alterazioni sinaptiche

glutammatergiche, l’effetto dello stress sulla funzionalità sinaptica e sul rilascio di glutammato ed anche come i farmaci antidepressivi sono in grado di prevenire le alterazioni indotte da stress. Nell’anno 2011, studi su modelli animali hanno evidenziato una induzione dell’espressione di BDNF ma anche di altre molecole neuro plastiche, anche dopo trattamento acuto con il nuovo farmaco antidepressivo agomelatina, un effetto che sembra essere il risultato di un effetto sinergico tra le proprietà melatoninergiche e l’antagonismo serotoninergico (5-HT2C) (Calabrese et al., 2011, per review Racagni et al 2011). Anche il trattamento con un nuovo farmaco antipsicotico lurasidone regola l’espressione di BDNF (Fumagalli et al., 2011). Altri studi su modelli animali hanno dimostrato una modulazione dell’espressione di Arc/Arg3.1 come marcatore di cambiamenti neuronali associati all’esposizione a stress e cocaina (Caffino et al., 2011). Inoltre anche il pathway ELAV-GAP43, coinvolto nell’apprendimento fisiologico, viene alterato sotto stress e cocaina (Pascale et al., 2011). Al fine di comprendere il ruolo dei meccanismi sinaptici ippocampali coinvolti nella trasmissione glutammatergica è stato utilizzato come modello animale i ratti KO per l’acido lipofosfatidico (LPA), un lisofosfolipide naturale che regola la maturazione neuronale. I risultati hanno evidenziato a livello sinaptico una deregolazione dell’attività e della fosforilazione della Kinasi Ca2+/calmodulina dipendente (CamKII), con un marcato aumento dell’attività della chinasi Ca2+ dipendente probabilmente dovuto ad aumentati livelli di espressione dell’isoforma β di CaMKII. Inoltre, a livello post sinaptico sono stati riscontrate alterazioni nei livelli di espressione, nella fosforilazione nell’interazione dei recettori NMDA e AMPA, coinvolti nella trasmissione glutammatergica (Musazzi et al., 2011).

E’ stata inoltre eseguita l’analisi dei livelli di espressione del recettore della serotonina 5-HT2C durante trattamento cronico con fluoxetina e reboxetina nella corteccia prefrontale/frontale e ippocampo di ratti. I risultati hanno evidenziato che la somministrazione di antidepressivi modifica l’attività del recettore (Barbon et al., 2011a). Inoltre anche l’attività dei recettori glutamatergici AMPA viene influenzata dal trattamento con fluoxetina e reboxetina (Figura 1, Barbon et al., 2011b).

Figura 1. Livelli di espressione proteica di GluA1 (A), GluA2 (B), GluA3 (C) e GluA4 (D) nell’estratto totale di conteccia frontale e P/FC di ratti trattati con FLX e RBX. (E) Western blot analisi

Figura 2. Livelli di espressione proteica di GluA1 (A), GluA2 (B), GluA3 (C) e GluA4 (D) nell’estratto totale di HC di ratti trattati con FLX r RBX. (E) Western blot

Referenze Musazzi L., Di Daniel E., Majcox P., Racagni G. and Popoli M. Abnormalities in a/�-CaMKII and related mechanisms suggest synaptic dysfunction in hippocampus of LPA1 receptor knockout mice. Internat. J. Neuropsychopharmacol. 14(7); 941-953: 2011. Calabrese F., Molteni R., Garcia C., Mocaer E., Racagni G., Riva M.A. Modulation of neuroplastic molecules in selected brain regions after chronic administration of thenovel antidepressant agomelatine. Psychopharmacology 215; 267-275: 2011. Mallei A., Giambelli R., Gass P., Racagni G., Vollmayr B. and Popoli M. Synaptoproteomics of learned helpless rats involve energy metabolism and cellular remodeling pathways in depressive-like behavior and antidepressant response. Neuropharmacology 60; 1243-1253: 2011. Milanese M., Zappettini S., Onofri F., Musazzi L., Tardito D., Bonifacio T., Messa M., Racagni G., Usai C., Benfenati F., Popoli M., Bonanno G. Abnormal exocytotic release of glutamate in a mouse model of amyotrophic lateral sclerosis. J. Neurochem. 116(6); 1028-1042: 2011.

Barbon A., Orlandi C., La Via L., Caracciolo L., Tardito D., Musazzi L., Mallei A., Gennarelli M., Racagni G., Popoli M., Barlati S. Antidepressant treatments change 5-HT2C receptor mRNA expression in rat prefrontal/frontal cortex and hippocampus. Neuropsychobiology 63(3); 160-168: 2011.a Musazzi L., Racagni G., Popoli M. Stress, glucocorticoids and glutamate release: Effects of antidepressant drugs. Neurochemistry International 59; 138-149: 2011. Barbon A., Caracciolo L., Orlandi C., Musazzi L., Mallei A., La Via L., Bonini D., Mora C., Tardito D., Gennarelli M., Racagni G., Popoli M., Barlati S. Chronic antidepressant treatments induce a time-dependent up-regulation of AMPA receptor subunit protein levels. Neurochemistry International epub ahead of print 2011.b Pascale A., Amadio M., Caffino L., Racagni G., Govoni S., Fumagalli F. ELAV-GAP43 pathway activation following combined exposure to cocaine and stress. Psychopharmacology epub ahead of print 2011. Fumagalli F., Calabrese F., Luoni A., Bolis F., Racagni G., Riva M.A. Modulation of BDNF expression by repeated treatment with the novel antipsychotic lurasidone under basal condition and in response to acute stress. Int. J. Neuropsychopharmacol. epub ahead of print 2011. Caffino L., Racagni G., Fumagalli F. Stress and cocaine interact to modulate Arc/Arg3.1 expression in rat brain. Psychopharmacology epub ahead of print 2011. Racagni G., Riva M.A., Molteni R., Musazzi L., Calabrese F., Popoli M., Tardito D. Mode of action of agomelatine: synergy between melatonergic and 5-HT2C receptors. The World J.Biological Psychiatry (in press). Progetto n.2 - Genetica ed endofenotipi clinici e biologici nelle malattie neuropsichiatriche. (Referente Scientifico: Massimo Gennarelli) Questo progetto si focalizza principalmente sulla caratterizzazione delle basi genetiche e molecolari delle principali patologie neuropsichiatriche per l’implementazione di trattamenti farmacologici “personalizzati”. Questi studi porteranno all’identificazione di profili genetici di rischio per le malattie neuropsichiatriche e predittivi dell’efficacia terapeutica. E’ ad oggi ormai chiaro che le strategie utilizzate con successo negli studi genetici per altre malattie complesse non hanno permesso l’identificazione di specifici geni di suscettibilità per i disturbi psichiatrici quasi a confermare “biologicamente” le limitazioni dell’approccio diagnostico categoriale. Un promettente approccio per superare tali limitazioni consiste nella stratificazione in specifici endofenotipi derivati dalla dimensione sintomatologica, da caratteristiche neurofisiologiche, neuropsicologiche e di neuroimaging e di efficacia dei trattamenti. A questo scopo sono stati eseguiti studi di associazione nell’uomo attraverso l’approccio dell’analisi di geni candidati sia su base biologiche che di associazione genomica (GWAS). Le analisi condotte utilizzando questo approccio produrranno una tale mole di dati che sarà necessario lo sviluppo di analisi “bioinformatiche” complesse che sono ancora in via di sviluppo. Tuttavia, le conoscenze ad oggi disponibili sono già sufficienti per lo sviluppo e l’implementazione di test genetici utili nella prevenzione degli effetti collaterali e degli eventi avversi associati al trattamento con farmaci psicotropi come l’aumento di peso, lo

stroke, la sindrome metabolica, etc. Inoltre, per alcune applicazioni specifiche, come ad esempio l’ottimizzazione della scelta del trattamento con farmaci antidepressivi nelle forme meno gravi, le conoscenze acquisite dagli studi di farmacogenetica legati ai profili farmacocinetici e farmacodinamici permettono di dare inizio a trial prospettici di fase II per la validazione di test genetici predittivi. Infine, i disturbi comportamentali nelle demenze (BPSD) rappresentano una problematica di notevole rilevanza nell’assistenza al paziente affetto da demenza. Ad oggi pochissimi studi si sono focalizzati sugli aspetti biologici associati ai sintomi psicotici e/o depressivi nei BPSD. Anche in questo caso l’identificazione di profili genetici utili nella diagnosi e predittivi di efficacia terapeutica rappresenta un obiettivo di evidente ricaduta nella qualità della vita dei pazienti e dei “caregivers”. Nell’anno 2011, gli studi genetici si sono focalizzati sullo studio dei tratti di personalità in coorti di soggetti non affetti da disturbi mentali. In particolare è stata analizzata e trovata associazione di polimorfismi funzionali del gene del trasportatore della serotonina SLC6A4 (5-HTTLPR e rs25531) con specifici tratti di personalità legati all’ansia in soggetti sani, anche mediante approcci meta-analitici (Minelli et al., 2011). Inoltre, Per quanto riguarda la farmacogenetica, in un progetto multicentrico internazionale, è stata riportata l’analisi di 4 polimorfismi nel gene implicato nel sistema di trasduzione del segnale GNB3 su una popolazione di 811 soggetti affetti da depressione trattati con i farmaci escitalopram o nortriptilina. I risultati hanno evidenziato un coinvolgimento di questo gene in alcuni effetti collaterali di questi farmaci (Figura 1, 2, Keers et al., 2011). Per quanto riguarda gli studi sulla demenza frontotemporale e malattia di Alzheimer, sono state condotte analisi per la ricerca di nuove mutazioni potenzialmente implicate nei meccanismi eziopatogenetici di queste malattie neurodegenerative. In particolare sono state identificate mutazioni nei geni Progranulina (Borroni et al., 2011a) e Presenilina 1 (Borroni et al., 2011b). Inoltre per la malattia di Alzheimer è stato eseguito uno studio di associazione del polimorfismo c. 2495 A>G ATP7B nel gene Cu-ATPase 7B coinvolto nel metabolismo del ferro ed i risultati hanno evidenziato una significativa differenza nelle frequenze genotipiche tra pazienti e controlli (Bucossi et al., 2011). Infine è stato dimostrato che basse concentrazioni sieriche della neurotrofica BDNF potrebbero rappresentare utili marcatori biochimici associati ai tratti di personalità legati all’ansia, evidenziabili anche nella popolazione generale (Minelli et al 2011).

Figura 1. Effetti del genotipo GNB3 sui sintomi neurovegetativi, aumento di peso, e insonnia in pazienti trattati con nortriptilina e escitalopram

Figura 2.Cambiamenti in percentuale del peso alla 12 settimana in base al genotipo.

Reference Barbon A, Caracciolo L, Orlandi C, Musazzi L, Mallei A, La Via L, Bonini D, Mora C, Tardito D, Gennarelli M, Racagni G, Popoli M, Barlati S. Chronic antidepressant treatments induce a time-dependent up-regulation of AMPA receptor subunit protein levels. Neurochem Int. 2011 Aug 3. Borroni B, Grassi M, Archetti S, Papetti A, Del Bo R, Bonvicini C, Comi GP, Gennarelli M, Bellelli G, Di Luca M, Padovani A. Genetic background predicts poor prognosis in frontotemporal lobar degeneration. Neurodegener Dis. 2011;8(5):289-95. a Borroni B, Pilotto A, Bonvicini C, Archetti S, Alberici A, Lupi A, Gennarelli M, Padovani A. Atypical presentation of a novel Presenilin 1 R377W mutation: sporadic, late-onset Alzheimer disease with epilepsy and frontotemporal atrophy. Neurol Sci. 2011 Aug 6. b Bucossi S, Mariani S, Ventriglia M, Polimanti R, Gennarelli M, Bonvicini C, Pasqualetti P, Scrascia F, Migliore S, Vernieri F, Rossini PM, Squitti R. Association between the c. 2495 A>G ATP7B Polymorphism and Sporadic Alzheimer's Disease. Int J Alzheimers Dis. 2011;2011:973692. Minelli A, Bonvicini C, Scassellati C, Sartori R, Gennarelli M. The influence of psychiatric screening in healthy populations selection: a new study and meta-analysis of functional 5-HTTLPR and rs25531 polymorphisms and anxiety-related personality traits. BMC Psychiatry. 2011 Mar 31;11:50.

Barbon A, Orlandi C, La Via L, Caracciolo L, Tardito D, Musazzi L, Mallei A, Gennarelli M, Racagni G, Popoli M, Barlati S. Antidepressant treatments change 5-HT2C receptor mRNA expression in rat prefrontal/frontal cortex and hippocampus. Neuropsychobiology. 2011;63(3):160-8. Borroni B, Bonvicini C, Galimberti D, Tremolizzo L, Papetti A, Archetti S, Turla M, Alberici A, Agosti C, Premi E, Appollonio I, Rainero I, Ferrarese C, Gennarelli M, Scarpini E, Padovani A. Founder effect and estimation of the age of the Progranulin Thr272fs mutation in 14 Italian pedigrees with frontotemporal lobar degeneration. Neurobiol Aging. 2011 Mar;32(3):555.e1-8. Keers R, Bonvicini C, Scassellati C, Uher R, Placentino A, Giovannini C, Rietschel M, Henigsberg N, Kozel D, Mors O, Maier W, Hauser J, Souery D, Mendlewicz J, Schmäl C, Zobel A, Larsen ER, Szczepankiewicz A, Kovacic Z, Elkin A, Craig I, McGuffin P, Farmer AE, Aitchison KJ, Gennarelli M. Variation in GNB3 predicts response and adverse reactions to antidepressants. J Psychopharmacol. 2011 Jul;25(7):867-74. Progetto n.3 - Biomarcatori nella diagnosi differenziale e nel trattamento delle patologie psichiatriche e dementigene. (Referente Scientifico: Luisella Bocchio-Chiavetto) L’identificazione di marcatori molecolari associati alle malattie psichiatriche e alle demenze, oltre a fornire utili indicazioni sui meccanismi patogenetici e quindi portare allo sviluppo di nuovi target terapeutici, potrebbe avere una immediata applicazione nel processo di diagnosi differenziale di queste malattie, spesso complicata da un quadro sintomatologico sovrapponibile. Inoltre la caratterizzazione di biomarkers predittivi della risposta/resistenza ai trattamenti farmacologici e dell’insorgenza di eventi avversi ed effetti collaterali potrebbe fornire le basi per l’implementazione di test molecolari per la personalizzazione dei trattamenti. Infine, l’identificazione dei correlati biologici dei meccanismi d’azione dei trattamenti non farmacologici per le malattie neuropsichiatriche (ECT, psicoterapie, rTMS, tDCS, esercizio fisico etc) permetterebbe al clinico di ottimizzare la scelta terapeutica. Gli studi condotti nell'anno 2011 hanno principalmente riguardato l'approfondimento del ruolo dei fattori neurotrofici e di crescita nelle patologie psichiatriche e nei meccanismi di risposta alle terapie. In un primo studio è stato valutato il coinvolgimento della neurotrofina BDNF nei meccanismi patogenetici della dipendenza da alcool. Lo sviluppo della dipendenza da alcol dipende da una complessa interazione di fattori biologici, genetici e sociali ed è caratterizzato da adattamenti molecolari e cellulari del cervello a seguito dell'esposizione all'etanolo. In particolare, studi preclinici indicano che i cambiamenti neurobiologici indotti dall'esposizione prolungata possono modificare la regolazione della neurotrasmissione, del signaling neuronale ed i meccanismi di plasticità sinaptica. A questo proposito, recenti studi hanno ipotizzato che le alterazioni nel supporto neurotrofico regolato da neurotrofine possano essere coinvolte nella vulnerabilità alla dipendenza e nei danni cerebrali causati dal consumo cronico di alcol. Il Brain-derived neurotrophic factor (BDNF) è una neurotrofina che svolge un ruolo fondamentale nel neurosviluppo e nel mantenimento dell'omeostasi cerebrale attraverso la regolazione della neurogenesi e della plasticità neuronale. Il ruolo del BDNF e del suo signaling in meccanismi di neurotossicità indotta da etanolo, tolleranza e dipendenza è stato ben

documentato in studi su modelli animali, mentre negli esseri umani i risultati sono contrastanti. Sulla base di questo razionale nello studio sono state analizzate: 1) le possibili alterazioni dei livelli di BDNF nel siero e nel plasma di pazienti con dipendenza da alcol e 2) le potenziali relazioni tra i livelli periferici di BDNF e le caratteristiche cliniche della dipendenza da alcol. Nello studio sono stati arruolati 37 pazienti (67,6% maschi, età media±DS: 50,11 ± 11,05) e 37 soggetti di controllo omogenei per sesso ed età. Tutti i pazienti avevano una diagnosi di dipendenza da alcol secondo i criteri del DSM-IV. Criterio di esclusione è stata la presenza di comorbidità mediche quali neoplasie, malattie autoimmuni, deficit cognitivi, gravi insufficienze epatiche, epatiti ed altre tossicodipendenze. Sei pazienti avevano comorbidità per depressione maggiore (DM) e tredici pazienti erano in trattamento con farmaci antidepressivi. L'analisi dei livelli di alcolemia nel sangue al momento del campionamento biologico (la mattina del ricovero per un trattamento disintossicante) ha evidenziato un consumo di alcol recente per 31 soggetti (alcolemia ≥0,5 g /L) mentre 6 soggetti non presentavano livelli misurabili di alcol nel sangue. Criterio di esclusione per i soggetti di controllo è stata una anamnesi personale e familiare positiva per disturbi di Asse I (valutati con una intervista psichiatrica e la MINI). I soggetti di controllo non presentavano comorbidità mediche e non erano in trattamento farmacologico. I livelli di BDNF sono stati misurati con metodo ELISA (kit Quantikine BDNF umano, R & D Systems). Il T-test e il Pearson test sono stati utilizzati per confrontare i livelli medi di BDNF nei pazienti rispetto ai controlli e per valutare l'effetto delle covariate demografiche e cliniche. I risultati evidenziano una riduzione significativa di BDNF nel siero dei pazienti (PZ: 35.97±10.49 ng/ml) rispetto ai controlli (CTRL: 41.70±11.49 ng/ml, p=0.028; Figura 1). La diminuzione di BDNF è più pronunciata nel sottogruppo di pazienti che non avevano assunto alcol prima del campionamento biologico (n=6; 27.03±57.08 ng⁄ml; p=0.004). Nessuna differenza è stata evidenziata nei livelli sierici di BDNF dei pazienti drug-free rispetto a quelli in trattamento con antidepressivi (p=0.729) o in pazienti con o senza comorbidità con DM (p=0,426). Inoltre, nessuna differenza è stata rilevata nei livelli plasmatici di BDNF tra pazienti e controlli (4.77±3.50 ng/ml e 4.08±4.00 ng/ml, rispettivamente p=0.433). I dati ottenuti evidenziano una riduzione dei livelli sierici di BDNF nei pazienti con dipendenza da alcol suggerendo un coinvolgimento di questa neurotrofina nella psicopatologia della malattia e nei meccanismi di neurotossicità. Questi risultati permettono di ipotizzare che il neuroadattamento che sta alla base dell'assunzione cronica di etanolo porti alla riduzione dell'espressione della neurotrofina con conseguente diminuzione di BDNF sierico nei pazienti. Il meccanismo protettivo svolto dal fattore neurotrofico smette di funzionare e la dipendenza da alcol aumenta (Zanardini et al. 2011).

Figura 1. Livelli sierici di BDNF (Media±SD) in pazienti con dipendenza da alcol ed in soggetti di controllo (PZ: 35.97±10.49; CTRL: 41.70±11.49 p=0.028). Un secondo studio si è invece focalizzato sul fattore di crescita Vascular endothelial growth factor (VEGF), una citochina angiogenica che svolge un ruolo di fattore di crescita dell'endotelio vascolare e regolatore della vasopermeabilità in molti tessuti tra cui la Barriera Emato-Encefalica. Questo fattore trofico nel sistema nervoso centrale è in grado di esercitare anche effetti neurogenetici e neuroprotettivi e può influenzare i processi di plasticità sinaptica ippocampo-dipendenti come l'apprendimento e la memoria. Studi preclinici hanno dimostrato una regolazione dell'espressione genica di VEGF nell'ippocampo di roditori trattati con diverse classi di farmaci antidepressivi e con paradigmi sperimentali di terapia elettroconvulsiva (ECT). Studi clinici in tessuti periferici (siero, RNA da sangue), alcuni condotti nel nostro laboratorio, di pazienti depressi trattati con farmaci antidepressivi hanno invece riportato risultati contrastanti. Sulla base di questo razionale abbiamo analizzato le possibili modulazione indotte dalla terapia ECT in un gruppo di 19 soggetti con depressione maggiore resistenti ai trattamenti farmacologici. I pazienti sono stati mantenuti in terapia farmacologica stabile per almeno 3 settimane prima del trattamento ECT e per tutta la durata dello studio. La gravità della sintomatologia è stata valutata utilizzando la scala Montgomery and Asberg Depression Rating Scale (MADRS), prima dell'inizio del trattamento ECT (T0), il giorno dopo la fine del trattamento ECT (T1) ed un mese dopo la fine del trattamento al momento della visita di controllo (T2). I risultati ottenuti trattamento ECT migliorava significativamente la sintomatologia depressiva (p<0.0001). Nessun cambiamento nei livelli sierici di VEGF è stato osservato prima e dopo il trattamento ECT mentre un significativo incremento è stato evidenziato al momento del follow-up (T2) (T0=360.65±191.75; T1=356.57±193.48; T2=394±191.68 T2 vs T0 p=0.042). Allo stesso modo nessuna associazione è stata evidenziata tra le variazioni di

VEGF e risposta al trattamento tra T0 e T1(p = 0.489) mentre una debole correlazione è stata osservata tra T0 e T2 (p = 0.049). I dati ottenuti non evidenziano modulazioni dei livelli di VEGF durante il trattamento ECT mentre un moderato incremento sembra manifestarsi dopo un mese dalla fine della terapia. In conclusione questi dati supportano un ruolo del VEGF nell'efficacia della terapia ECT anche se ulteriori studi in campioni più ampi sono necessari per chiarire la potenziale utilità della misurazione del VEGF nel siero come marcatore di risposta alla terapia ECT (Minelli et al. 2011). Infine nell'anno 2011 il Laboratorio di Neuropsicofarmacologia ha partecipato al programma internazionale per il Controllo di Qualità dei dosaggi dei Biomarkers per la Malattia di Alzheimer (International QC program for AD CSF biomarkers) portato avanti dall'Alzheimer’s Association e coordinato dal Clinical Neurochemistry Laboratory at the Molndal campus of the University of Gothenburg, Sweden. Questo studio ha l'obiettivo di standardizzare l'utilizzo del dosaggio di Abeta, Tau e fosfo-Tau nel CSF negli studi clinici e di ricerca sulla malattia di Alzheimer. Quaranta laboratori nel mondo hanno patecipato a questo studio. Ventisei utilizzavano kit ELISA INNOTEST, 14 il kit INNO-BIA AlzBio3 kit (tecnologia Luminex xMAP) e 5 il kit Meso Scale Discovery Aβ triplex (AβN-42, AβN-40, and AβN-38) o T-tau. Il coefficiente totale di variazione tra laboratori andava dal 13% al 36%. La precisione all'interno dei differenti laboratori differiva in modo consistente a seconda dei marcatori analizzati. In conclusione i dati ottenuti riportavano una considerevole variabilità tra laboratori, probabilmente causata da fattori legati alle procedure analitiche ed ai kit utilizzati. La standardizzazione delle procedure di laboratorio per il dosaggio dei biomarcatori nel CSF insieme ad uno sforzo per aumentare le performance da parte delle ditte che commerciaizzano i kit analitici potranno in futuro migliorare l'utilità di questi dosaggi nella pratica clinica e nella ricerca (Mattson et al. 2011).

Figura 2: Risultati ottenuti da diversi laboratori utilizzando i kit ELISA (A–C), xMAP (D–F), e Meso Scale Discovery (G–I) per i campioni 1A, 1B, 2A e 2B. I diversi simboli indicano differenti lotti di produzione dei kit utilizzati.

Pubblicazioni prodotte Zanardini R, Fontana A, Pagano R, Mazzaro E, Bergamasco F, Romagnosi G, Gennarelli M, Bocchio-Chiavetto L. Alterations of brain-derived neurotrophic factor serum levels in patients with alcohol dependence. Alcohol Clin Exp Res. 35, 1529-33, 2011. Minelli A, Zanardini R, Abate M, Bortolomasi M, Gennarelli M, Bocchio-Chiavetto L. Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) serum concentration during electroconvulsive therapy (ECT) in treatment resistant depressed patients. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry 35, 1322-5, 2011. Mattsson N, Andreasson U, Persson S, Arai H, Batish SD, Bernardini S, Bocchio-Chiavetto L, Blankenstein MA, Carrillo MC, Chalbot S, Coart E, Chiasserini D, Cutler N, Dahlfors G, Duller S, Fagan AM, Forlenza O, Frisoni GB, Galasko D, Galimberti D, Hampel H, Handberg A, Heneka MT, Herskovits AZ, Herukka SK, Holtzman DM, Humpel C, Hyman BT, Iqbal K, Jucker M, Kaeser SA, Kaiser E, Kapaki E, Kidd D, Klivenyi P, Knudsen CS, Kummer MP, Lui J, Lladó A, Lewczuk P, Li QX, Martins R, Masters C,

McAuliffe J, Mercken M, Moghekar A, Molinuevo JL, Montine TJ, Nowatzke W, O'Brien R, Otto M, Paraskevas GP, Parnetti L, Petersen RC, Prvulovic D, de Reus HP, Rissman RA, Scarpini E, Stefani A, Soininen H, Schröder J, Shaw LM, Skinningsrud A, Skrogstad B, Spreer A, Talib L, Teunissen C, Trojanowski JQ, Tumani H, Umek RM, Van Broeck B, Vanderstichele H, Vecsei L,Verbeek MM, Windisch M, Zhang J, Zetterberg H, Blennow K. The Alzheimer's Association external quality control program for cerebrospinal fluid biomarkers. Alzheimers Dement. 7, 386-395, 2011. Progetto n.4 - Aspetti etico giuridici nella gestione delle biobanche locali (Referente Scientifico: Corinna Porteri) Sì è conclusa nel 2011 l’indagine condotta presso i comitati etici locali iscritti al registro delle sperimentazione cliniche dell’AIFA finalizzata a un censimento delle linee guida bioetiche e delle politiche, anche non scritte, per la gestione degli aspetti etici legati all’utilizzo di materiale biologico adottate in Italia a livello locale. Hanno riposto all’indagine complessivamente 22 comitati etici di IRCCS (su 42) e 26 comitati etici locali non IRCCS (su 187). La ricerca, che è stata condotta all’interno del progetto FIRB 2006 “Bioetica e aspetti giuridici a confronto con la ricerca biomedica per la processazione, conservazione e l'utilizzo di campioni biologici umani”. I risultati sono in fase di elaborazione. È continuato lo studio della letteratura sulle questioni etiche relative alle biobanche (Porteri C. Biobanks for non-clinical purposes: an ethical overview. In Caenazzo L, Pegoraro R. (editors). Padova, 2011). A completamento della ricerca che ha coinvolto i comitati etici e in vista dell’elaborazione di linee guida per la gestione degli aspetti etici delle biobanche è stata condotta un’indagine per indagare l’attitudine di un campione di familiari riguardo alla partecipazione alla costituzione di una biobanca. In particolare il progetto è stato mirato ad indagare l’attitudine di un campioni di famigliari di pazienti afferenti all’istituto nei confronti i) della ricerca medica ii) della ricerca genetica in generale e della ricerca genetica in ambito psichiatrico iii) della partecipazione alla costituzione di una biobanca. Sono stati elaborati i questionari relativi allo studio. In particolare il questionario relativo all’attitudine a partecipare alla costituzione di una biobanca indaga le stesse aree di interesse del questionario destinato ai comitati etici, per verificare somiglianze e differenze tra le scelte dei comitati etici locali e quelle del pubblico. Sono stati raccolti dati relativi a 150 famigliari. I dati verranno elaborati e confrontati con quelli raccolti nell’ambito della ricerca che ha coinvolto i comitati etici. Progetto n.5 - La plasticità corticale nell'uomo in condizioni fisiologiche e patologiche: induzione e monitoraggio attraverso approcci innovativi (Referente Scientifico: Carlo Miniussi) La possibilità di modificare l’attività cerebrale si rivela particolarmente vantaggiosa e promettente, con possibili risvolti di notevole interesse in molti ambiti delle neuroscienze cliniche e di base. Molti studi hanno dimostrato che diversi protocolli sperimentali (per

esempio nell’ambito dell’apprendimento) o terapie cliniche (stimolazione cerebrale) possono indurre sostanziali cambiamenti a livello corticale e dunque favorire fenomeni di plasticità corticale. A tal proposito un contributo fondamentale viene dall’utilizzo di tecniche non invasive di stimolazione cerebrale transcranica (stimolazione magnetica transcranica TMS; stimolazione elettrica transcranica tES). Tali metodiche consentono di manipolare l’attività di aree corticali circoscritte e se applicate con protocolli specifici, i cambiamenti indotti possono protrarsi nel tempo. L’obiettivo di tale progetto di ricerca è lo studio dei meccanismi neurofisiologici che sottendono la plasticità cerebrale, attraverso l’indagine dei processi di apprendimento e delle modificazioni che intervengono sia nell’invecchiamento fisiologico normale sia in quello patologico. L’interesse di tale progetto sta nella possibilità di determinare in vivo i processi neuronali coinvolti, direttamente o indirettamente, in protocolli mirati all’induzione della plasticità corticale e di misurarne la loro potenzialità tramite l’utilizzo di nuove metodiche. In particolare l’obiettivo è l’indagine dei suddetti cambiamenti plastici tramite la registrazione delle risposte elettroencefalografiche (EEG) indotte dalla TMS. La combinazione ti queste due metodiche, infatti, consente di valutare con indici corticali diretti le modulazioni indotte dalla stimolazione ed eventuali cambiamenti nella connettività corticale nel corso di una specifica patologia, di una terapia farmacologica, riabilitativa o in seguito ad altri fattori. Dopo una prima fase volta ad analizzare se e come gli effetti della stimolazione ripetitiva si costruiscono nel tempo, ovvero durante l’erogazione degli stimoli (Veniero et al.; J Neurophysiol 104:1578-1588, 2010), che ci ha consentito di evidenziare come la rTMS sia in grado di potenziare le risposte dell’area stimolata, è stato progettato un esperimento volto a indagare se e come lo stesso tipo di protocollo sia in grado di indurre effetti che perdurano dopo la fine della sessione. È ampiamente condivisa l’idea che tale protocollo induca delle modificazioni plastiche a livello della corteccia stimolata, ma generalmente la valutazione dei suoi effetti avviene tramite indici periferici. Con l’utilizzo della coregistrazione EEG e TMS, siamo stati in grado di evidenziare quali modulazioni avvengano a livello corticale subito dopo l’applicazione di ciascun treno di impulsi e dopo la fine dell’intera sessione sperimentale. A tal fine è stata valutata l’attività oscillatoria che caratterizza le aree sensori-motorie, ovvero la banda α (8-12 Hz) e la banda β (14-30 Hz). Lo studio ha rivelato che la stimolazione ripetitiva induce una marcata modulazione dell’attività α. In particolare, l’aumento di tale attività aumenta con l’aumentare del numero di stimoli (vedi figura). Inoltre, come ipotizzato, dopo la fine della stimolazione, l’aumento dell’attività α persiste e si estende verso le aree posteriori. Anche per la banda β si assiste ad incremento che aumenta in funzione del numero di stimoli erogati, senza tuttavia protrarsi a stimolazione cessata (vedi figura). Tali risultati non solo indicano che la TMS è in grado di indurre cambiamenti plastici a livello corticale, ma che tali cambiamenti riguardo specifiche attività corticali (Veniero et al.; Psychophysiology 2011, 48(10):1381-9).

Figura - Effetti della TMS sull’attività della banda α (A) e banda β (B) in funzione del tempo. Nella parte superiore di ciascuna figura viene mostrata la distribuzione topografica dei due tipi di attivazione. Il periodo mostrato copre 20 min,(ogni mappa riguarda 5 min). Le prime due si riferiscono a ciò che avviene tra un treno e il successivo durante la sessione di stimolazione; le ultime due indicano i cambiamenti che persistono nei 10 minuti dopo la fine della sessione. Nella parte inferiore viene mostrato l’andamento dell’attività α per ciascun elettrodo (A) o per le tre aree corticali (B) nel caso della banda β (Veniero et al.; Psychophysiology 2011, 48(10):1381-9). L’obiettivo generale di questo progetto è studiare i meccanismi neurofisiologici responsabili della plasticità cerebrale utilizzando diversi approcci. Tale fenomeno sarà indagato mediante la combinazione di tecniche di stimolazione cerebrale e di visualizzazione elettrofisiologica dell’attività corticale. Tali metodiche fisiologiche possiedono un enorme potenziale per la comprensione della plasticità e delle funzioni cerebrali. Queste metodiche, infatti, consentono di ottenere in tempo reale informazioni sullo stato di attività corticale, sulla connettività funzionale e sul modo in cui specifici protocolli, in grado di indurre plasticità cerebrale, possono modificare tale attività e connettività. Referenze Veniero D, Brignani D, Thut G, Miniussi C. Alpha-generation as basic response-signature to transcranial magnetic stimulation (TMS) targeting the human resting motor cortex: a TMS/EEG co-registration study. Psychophysiology, 2011, 48(10):1381-9. Ferreri F I M, Pasqualetti P, Määttä S, Ponzo D, Ferrarelli F, Tononi G, Mervaala E, Miniussi C, Rossini P M..Human brain connectivity during single and paired pulse transcranial magnetic stimulation. NeuroImage, 2011, 54, 90–102. Progetto n.6 - Markers neurofisiologici per l’identificazione preclinica della demenza: caratteristiche macro- e micro-strutturali del sonno (Referente Scientifico: Maria Concetta Pellicciari) Nell’ambito della ricerca di marcatori neurofisiologici ed indicatori dell’avanzamento o dello stabilizzarsi della malattia di Alzheimer (AD), il progetto ha perseguito nella sua evoluzione, l’obiettivo di valutare le caratteristiche EEG in termini di frequenza e di coerenza in un gruppo di pazienti AD prima e dopo la somministrazione di un

trattamento neuroriabilitativo. L’applicazione della stimolazione elettrica transcranica a corrente continua (tDCS) si è rivelata un’utile metodica neuroriabilitativa in grado di indurre effetti specifici su misure di eccitabilità corticale in relazione alla polarità di corrente utilizzata (anodica vs catodica). Attualmente, vi è un crescente interesse nell’applicazione di questa metodologia a fini terapeutici, allo scopo di ridurre i deficit cognitivi nei pazienti con disturbi neurodegenerativi, quali la demenza di Alzheimer, ma risulta ancora poco chiaro l’impatto diretto della modulazione indotta dalla tDCS sull’eccitabilità corticale. Uno strumento, all’avanguardia nell’ambito delle neuroscienze, abile ad indagare tali effetti è rappresentato dall’utilizzo combinato della registrazione elettroencefalografica (EEG) e della stimolazione magnetica transcranica (TMS). In questo contesto, si inserisce il nostro studio che ha previsto delle registrazioni elettroencefalografiche (acquisizione dell’attività corticale a riposo, nella condizione ad occhi chiusi e di seguito ad occhi aperti, effettuata da 19 elettrodi collocati in posizione standard ed in accordo con il sistema internazionale 10-20) e di coregistrazione EEG-TMS, all’inizio di un trattamento di stimolazione elettrica transcranica, dopo 2 e 4 settimane. Allo studio hanno partecipato 14 pazienti con probabile o possibile diagnosi di AD, in accordo ai criteri NINCDS-ADRDA (McKhann G, 1984). I pazienti sono stati assegnati a due gruppi sperimentali, di cui il primo era sottoposto a 4 settimane di trattamento reale, mentre il secondo a 2 settimane di trattamento placebo a cui seguivano due settimane di trattamento reale. Il trattamento tDCS prevedeva l’applicazione della stimolazione anodica sulla corteccia prefrontale dorso laterale sinistra (intensità di corrente 2 mA) per 25 minuti durante una condizione di riposo da parte del soggetto. La valutazione neurofisiologica ha previsto la registrazione dell’attività elettroencefalografica (occhi chiusi e occhi aperti) per 5 minuti a cui seguiva la registrazione della reattività corticale attraverso la combinazione di EEG-TMS. Per valutare le modificazioni della reattività corticale dopo il trattamento tDCS, sono stati analizzati i potenziali evocati dalla TMS sulla corteccia prefrontale sinistra e su quella controlaterale, attraverso un’analisi di local field power. Le analisi statistiche finora svolte sul confronto tra le variazioni indotte dalla stimolazione placebo e quella reale, indicano che il trattamento tDCS, in condizione di riposo, non induce specifici effetti sull’eccitabilità corticale in pazienti affetti da demenza di AD. Obiettivo ulteriore dello studio riguarderà l’indagine qualitativa del sonno e delle sue possibili variazioni dopo il trattamento, elemento quest’ultimo importante al fine di valutare l’efficacia nei pazienti AD del trattamento neuroriabilitativo nel determinare un miglioramento nella loro qualità del sonno. Questo studio si pone come punto di partenza fondamentale per comprendere le basi neurofisiologiche del cambiamento indotto da protocolli di neuroriabilitazione. Alla luce di questo, si valuta la possibilità che la stimolazione elettrica durante l’esecuzione di un compito possa potenziare maggiormente e più efficacemente l’area sottoposta a stimolazione rispetto alla condizione di riposo del paziente. A tale scopo, il progetto proseguirà nel valutare i marcatori neurofisiologici del cambiamento prima e dopo un trattamento che vede la combinazione della stimolazione elettrica a un training cognitivo.

Progetto n.7 - Studio delle principali funzioni cognitive e della loro modificazione nei soggetti normali e nell'invecchiamento fisiologico e patologico mediante l'utilizzo di metodiche di "brain stimulation" (Referente Scientifico: Carlo Miniussi) Le metodiche di stimolazione cerebrale transcranica rappresentano oggi un importante mezzo per lo studio della relazione tra cervello e comportamento. Sia la stimolazione magnetica transcranica (TMS) che le stimolazioni elettriche transcraniche (a corrente continua - tDCS, alternata - tACS o random noise - tRNS) sono infatti utilizzate per modulare il funzionamento cerebrale in modo non invasivo e non doloroso (Sandrini et al., 2011; Nitsche et al., 2008). Questa linea di ricerca ha lo scopo di valutare il ruolo di diverse aree corticali nelle funzioni superiori, quali percezione, memoria, linguaggio, decisione. Tale ruolo sarà indagato attraverso l’utilizzo di queste metodiche non invasive di stimolazione cerebrale. Le informazioni ottenute ci consentiranno di estendere le nostre conoscenze su queste funzioni e capire come possano essere alterate in seguito a invecchiamento fisiologico, patologico o danno cerebrale. Quando svolgiamo un compito di memoria, studi di neuro immagine hanno mostrato un reclutamento asimmetrico delle regioni cerebrali prefrontali (Habib et al., 2003). Questa asimmetria risulta solitamente ridotta negli anziani, in particolare in quelli che hanno una prestazione migliore al compito (Rosen et al., 2002). Nella nostra unità di ricerca è stato svolto uno studio con la TMS che ha consentito di chiarire questo fenomeno (Manenti et al., Behavioural Brain Research, 2011, 216, 153–158). I risultati di questo studio hanno mostrato che negli anziani che ottengono basse prestazioni al compito l’applicazione della stimolazione sulla corteccia prefrontale sinistra nella fase di codifica influenza maggiormente la prestazione rispetto alla stimolazione destra. Per quanto riguarda i partecipanti con alte prestazioni, invece, la stimolazione della corteccia frontale destra e quella a sinistra influiscono in modo paragonabile. Questi dati hanno portato dati a favore dell’idea che gli anziani con una migliore prestazione di memoria mettano in atto una riduzione dell’asimmetria funzionale delle cortecce frontali come strategia compensatoria allo scopo di contrastare il declino fisiologico correlato all’età. La stimolazione transcranica random noise (tRNS) è una metodica di stimolazione che solo recentemente ha incontrato l’interesse della comunità scientifica, grazie al lavoro di Terney e collaboratori (2008). Questi autori hanno evidenziato un forte effetto della tRNS sull’eccitabilità della corteccia cerebrale misurata con la TMS attraverso i potenziali evocati motori. Hanno inoltre sottolineato la sua efficacia in un compito di apprendimento motorio implicito. Nel nostro laboratorio abbiamo voluto mettere a confronto l’efficacia delle diverse tecniche di stimolazione cerebrale, nello specifico tDCS anodica e catodica e tRNS ad alta e bassa frequenza (Fertonani et al., Journal of Neuroscience, 2011, 26,31(43):15416-23). Abbiamo applicato i differenti tipi di stimolazione sulla corteccia cerebrale visiva in diversi gruppi di soggetti durante l’esecuzione di un compito di apprendimento percettivo, confrontando per la prima volta le tecniche in un unico studio. I risultati (vedi Figura) hanno mostrato un forte effetto della tRNS ad alta frequenza, in grado di migliorare in modo significativo la prestazione dei soggetti sani, mentre con la tDCS anodica, considerata una stimolazione eccitatoria, abbiamo ottenuto un’iniziale facilitazione poi diminuita nel corso del compito. Sempre in questo lavoro abbiamo dimostrato la specificità focale della stimolazione: se invece di essere applicata sull’area

cerebrale di interesse viene erogata in un altro punto della corteccia, non si verifica nessun effetto nel compito.

Figura. Effetto delle diverse tecniche di stimolazione transcranica nei 7 blocchi di un compito di apprendimento percettivo visivo (Fertonani et al., Journal of Neuroscience, 2011, 26,31(43):15416-23). Questi risultati sono importanti perché rappresentano un ulteriore passo verso l’applicazione di tali tecniche in ambito neuro riabilitativo. Lo studio dell’efficacia della stimolazione cerebrale transcranica per la riabilitazione di pazienti cerebrolesi o con malattia di Alzheimer è da sempre al centro del nostro interesse, come dimostrano le recenti review pubblicate su riviste internazionali (Miniussi e Rossini, Neuropsychological Rehabilitation, 2011, 30: 1-23; Miniussi e Vallar, Neuropsychological Rehabilitation, 2011, 21(5):553-9). Particolarmente promettente risulta la possibilità di applicare le stimolazioni transcraniche per più giorni consecutivi affiancandole una riabilitazione cognitiva classica. L’ipotesi è che la stimolazione possa potenziare i risultati normalmente ottenuti con la riabilitazione cognitiva, contribuendo al loro consolidamento. Referenze Miniussi C, Vallar G. Brain stimulation and behavioural cognitive rehabilitation: a new tool for neurorehabilitation? Neuropsychol Rehabil. 2011, 21(5):553-9. Miniussi C, Rossini PM. Transcranial magnetic stimulation in cognitive rehabilitation. Neuropsychol Rehabil. 2011, 21(5):579-601. Fertonani A, Pirulli C, Miniussi C. Random noise stimulation improves neuroplasticity in perceptual learning. J Neurosci. 2011, 26;31(43):15416-23. Manenti R, Cotelli M, Miniussi C. Successful physiological aging and episodic memory: a brain stimulation study. Behav Brain Res. 2011, 1;216(1):153-8. Cotelli M, Fertonani A, Miozzo A, Rosini S, Manenti R, Padovani S, Ansaldo AI, Cappa SF, Miniussi C. Anomia training and brain stimulation in chronic aphasia. Neuropsychological Rehabilitation, 2011, 21(5):717-41. Cacciari C, Bolognini N, Senna I, Pellicciari MC, Miniussi C, Papagno C. Literal, fictive and metaphorical motion sentences preserve the motion component of the verb. A TMS study. Brain and Language, 2011, 119(3):149-57.

Ruzzoli M, Abrahamyan A, Clifford CWG, Marzi CA, Miniussi C, Harris JA. The effect of TMS on visual motion sensitivity: an increase in neural noise or a decrease in signal strength? Journal of Neurophysiology, 2011, 106, 1: 138-43. Ricciardi E, Basso D, Bonino D, Sani L, Vecchi T, Pietrini P, Miniussi C. Functional inhibition of the human middle temporal cortex affects non-visual motion perception: a repetitive transcranial magnetic stimulation study during tactile speed discrimination. Experimental Biology and Medicine, 2011, 236:138-44. Bolognini N, Rossetti A, Maravita A, Miniussi C. Seeing touch in the somatosensory cortex: a TMS study of the visual perception of touch. Human Brain Mapping, 2011, 32(12):2104-14. Cotelli M, Calabria M, Manenti R, Rosini S, Zanetti O, Cappa SF, Miniussi C. Improved language performance in Alzheimer disease following brain stimulation. Journal of Neurology, Neurosurgery, and Psychiatry, 2011, 82, 7: 794-7. Calabria M, Manenti R, Rosini S, Zanetti O, Miniussi C, Cotelli M. Objective and subjective memory impairment in elderly adults: a revised version of the Everyday Memory Questionnaire. Aging Clinical and Experimental Research, 2011, 23, 1, 1-7. Calabria M, Jacquin-Courtois S, Miozzo A, Rossetti Y, Padovani A, Cotelli M, Miniussi C. Time perception in spatial Neglect: a distorted representation? Neuropsychology, 2011, 25, 2, 193–200. Manenti R, Cotelli M, Miniussi.C. Successful physiological aging and episodic memory: a brain stimulation study. Behavioural Brain Research, 2011, 216, 153–158. Abrahamyan A, Clifford CW, Ruzzoli M, Phillips D, Arabzadeh E, Harris JA. Accurate and rapid estimation of phosphene thresholds (REPT). PLoS One, 2011, 6(7):e22342. Bortoletto M, Lemonis MJ, Cunnington R. The role of arousal in the preparation for voluntary movement. Biological Psychology, 2011, 87: 372-378. Bortoletto M, Mattingley JB, Cunnington R. Action intentions modulate visual processing during action perception. Neuropsychologia, 2011, 49: 2097-2104. Bortoletto M, De Min Tona G, Scozzari S, Sarasso S, Stegagno L. Effects of sleep deprivation on auditory change detection: a N1-Mismatch Negativity study. International Journal of Psychophysiology, 2011, 81:312-16. Progetto n.8 - Oscillazioni cerebrali e funzioni superiori indagate mediante l’utilizzo di tecniche di stimolazione cerebrale. (Referente Scientifico: Debora Brignani) Le variazioni dell’attività elettrica che avvengono in concomitanza con un evento mentale, sia esso generato da fattori interni od esterni, sono definiti potenziali evento correlati (ERP). In diverse condizioni di attivazione cerebrale, si possono osservare variazioni nelle forme d’onda che caratterizzano questi segnali, nella loro latenza o nella loro distribuzione topografica sullo scalpo. Di fatto, gli ERP costituiscono dei preziosi strumenti di misura per lo studio dei meccanismi neurofisiologici che sottendono i processi cognitivi, come la percezione, l’attenzione e la memoria. Anomalie nell’ampiezza o nella latenza di queste componenti neurali sono state evidenziate in diversi pazienti affetti da disturbi cerebrali. In particolare, la Mismatch Negativity (MMN) è una componente degli ERP che si origina, in modo automatico, in risposta a stimoli acustici rari e devianti, inseriti all’interno di stimoli ripetuti e frequenti (Näätänen et al., 1978). Essa ha una latenza compresa fra i 100-200ms e un’ampiezza di circa 2-5μV ed è principalmente localizzata a livello temporo-

frontale. È considerata la traccia neurale della memoria sensoriale uditiva, in quanto la traccia mnestica del tono deviante genera una differente risposta neurale rispetto alla traccia generata dal tono standard (Näätänen et al., 1978, 1999, 2003). Le applicazioni cliniche e sperimentali della MMN sono numerose. Si può trovare infatti un’ampia letteratura che prevede l’impiego di questa componente in popolazioni pediatriche, in relazione ai disturbi del linguaggio in età evolutiva (dislessia) oppure in popolazioni psichiatriche (schizofrenia) o in pazienti affetti da Morbo di Parkinson. Ancora la MMN viene registrata a scopi clinici e sperimentali in pazienti in stato comatoso e in alcuni studi sul sonno. Infine esiste un’ampia letteratura in relazione alla MMN e all’invecchiamento normale o patologico, con particolare riferimento alla demenza di Alzheimer (Näätänen; 2003). Poichè vi sono evidenze che l’invecchiamento fisiologico sia caratterizzato da un rallentamento delle funzioni percettive e cognitive, abbiamo svolto uno studio allo scopo di valutare i cambiamenti nella memoria sensoriale uditiva nel corso dell’invecchiamento normale, usando la MMN come indice fisiologico (Ruzzoli et al., Neurobilogy of Aging, 2011, in press). E’ stato utilizzato un paradigma che prevede un accorgimento tecnico, rispetto ai paradigmi standard, al fine di ridurre i tempi di registrazione e di rendere il paradigma sopportabile anche per i soggetti maggiormente compromessi. Il tono standard (75ms) e il tono deviante (25ms) differivano per la loro durata, mentre rimanevano invariate le altre caratteristiche come intensità e frequenza. Erano inoltre previste due sessioni separate, nelle quali veniva modulato l’intervallo temporale della presentazione degli stimoli (400ms vs 4000ms). Hanno partecipato all’esperimento tre gruppi di soggetti suddivisi in base all’età: giovani (21-40), di mezza età (41-60), anziani (61-80). I risultati indicano che nella condizione in cui l’intervallo temporale fra gli stimoli è breve i gruppi non mostrano differenze nella MMN. Nella condizione in cui l’intervallo temporale è più lungo, invece, la MMN scompare nel gruppo degli anziani. Inoltre la durata della MMN varia in base all’età dei partecipanti (vedi figura). Questi dati forniscono evidenze elettrofisiologiche a favore della teoria secondo la quale l’elaborazione percettiva degli stimoli acustici è preservata durante l’invecchiamento normale, mentre la memoria sensoriale sarebbe compromessa. Considerando i vantaggi offerti dal paradigma MMN utilizzato in questo studio, questi risultati potrebbero rappresentare un punto di riferimento per la valutazione della memoria sensoriale uditiva nelle popolazioni con invecchiamento patologico, come nei pazienti affetti da malattie degenerative.

Figura. Nel riquadro A è mostrato il grand-average elicitato dal tono standard (in nero) e dal tono deviante (in rosso) nei soggetti giovani, di mezza età e anziani. La condizione con l’intervallo temporale breve (400 ITI) è mostrata sulla sinistra e quella con l’intervallo temporale lungo (4000 ITI) sulla destra. I riquadri grigi sovrapposti alle forme d’onda marcano le differenze significative fra i toni standard e deviante come rivelato dallo Student’s t-tests eseguito punto per punto. Nel riquadro B è mostrata la MMN ottenuta dalla differenza fra toni standard e deviante nei soggetti giovani (in blu), di mezza età (verde) e anziani (rosso). In basso sono mostrate le mappe topografiche dello scalpo ottenute dall’ampiezza della MMN nella finestra temporale fra 150 e 180 ms. Referenze Ruzzoli M, Gori S, Pavan A, Pirulli C, Marzi CA, Miniussi C. The neural basis of the Enigma illusion: a transcranial magnetic stimulation study. Neuropsychologia, 2011, 49(13):3648-55. Thut G, Veniero D, Romei V, Miniussi C, Schyns P, Gross J. Rhythmic TMS causes local entrainment of natural oscillatory signatures. Current Biology, 2011, 21, 14: 1176-85. Moretti DV, Frisoni GB, Fracassi C, Pievani M, Geroldi C, Binetti G, Rossini PM, Zanetti O. MCI patients' EEGs show group differences between those who progress and those who do not progress to AD. Neurobiol Aging, 2011, 32(4):563-71.

Progetto n.9 - Studio fattori di rischio per disordini cognitivi e mentali, e sulla variabilità morfostrutturale cerebrale nell’età adulta e anziana (Referente Scientifico: Marina Boccardi) Lo studio relativo alla operazionalizzazione di tre variabili di riserva cerebrale (la volumetria ippocampale, dei ventricoli cerebrali, e la gravità delle lesioni della sostanza bianca) è stato completato, e il relativo lavoro scientifico (Enrica Cavedo, Samantha Galluzzi, Marina Boccardi, Michela Pievani, Giovanni B. Frisoni. Norms for imaging markers of cognitive reserve). è attualmente sottomesso presso il Journal of Alzheimer’s Disease. Per quanto riguarda la definizione di un protocollo armonizzato per la volumetria ippocampale, ricordiamo che il contesto generale in cui si colloca lo studio è la recente definizione della volumetria ippocampale quale marker diagnostico per la malattia di Alzheimer, secondo i nuovi criteri diagnostici (Dubois et al., 2007, 2010; McKhann et al., 2011; Sperling et al., 2011; Albert et al., 2011). Tale definizione da una parte costituisce un sostanziale avanzamento per lo studio, la diagnosi e la terapia della malattia di Alzheimer. Dall’altra, tuttavia, pone il problema di come si debba raccogliere questa misura. Infatti, attualmente esistono numerosissimi protocolli per il tracciamento dell’ippocampo: Konrad (Konrad et al., 2009) ne ha esaminati circa ottanta, fra loro diversi, ed è noto come tali differenze conducano a stime volumetriche del tutto eterogenee (Geuze et al., 2005). Questa situazione impone che si lavori alla armonizzazione dei protocolli per la volumetria ipopcampale, con l’obiettivo di definire un protocollo univoco che sia accettato quale standard internazionale, capace di fornire stime volumetriche costanti anche in laboratori diversi e distanti nel mondo. Il nostro studio ha appunto intrapreso questo complesso compito, coinvolgendo tutti gli esperti di volumetria ippocampale che si occupano di demenze nel mondo. Nell’ambito di questo progetto, il primo lavoro che descriveva le differenze fra i protocolli più usati nella letteratura relativa alla demenza di Alzheimer è stato pubblicato (Boccardi et al., 2011a). Il secondo lavoro, in cui le differenze fra i protocolli disponibili sono state operazionalizzate e misurate, è in corso di sottomissione (Boccardi et al., to be submitted). Questo lavoro è stato presentato in diversi meeting internazionali (per es.: Boccardi et al., 2011b) Sulla base di questi dati, sono stati completati tutti i round di votazione con metodo Delphi, che hanno condotto alla definizione di un protocollo armonizzato per la volumetria ippocampale. Questo protocollo consiste nella somma di tutte le unità di tracciamento risultate dalla fase di operazionalizzazione, e coincide quindi con la definizione più inclusiva che si può estrapolare dalla letteratura sulla volumetria ippocampale (figura 1).

Figura 1: protocollo armonizzato per la volumetria ippocampale, come definito da un panel di 16 massimi esperti internazionali, mediante metodo Delphi. I round richiesti per questa definizione sono stati quattro. Ogni caratteristica definita mediante consenso è stata accettata quando i panelist a favore erano significativaemtne più numerosi di quelli contrari al binomial test (figura 2).

P1 <0.0005P2 =0.001

Median = 86% 6% 88%

Fre

qu

enc

y

P1 <0.0005P2 =0.001

Median = 86% 6% 88%

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Figura 2: distribuzione dei voti (round finale) relativi all’accordo per l’inclusione delle specifiche unità: Alveo/Fimbria, Mophology (subiculum), Tail.

Provincia Lombardo-Veneta Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio - Fatebenefratelli

“CENTRO S. GIOVANNI DI DIO - FATEBENEFRATELLI” ISTITUTO DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO

(D.I. 19 dicembre 1996)

ATTIVITÀ DI RICERCA Ricerca Corrente 2011 – linea 1

La medesima procedura Delphi è stata adottata per la definizione delle modalità di tracciamento (per esempio come disambiguare l’ippocampo dall’amigdala, come orientare le immagini per il tracciamento, come trattare il liquor interno al tessuto ippocampale, ecc). per tutti gli items è stato possibile raggiungere una definizione consensuale. Il paper che descrive questa fase del progetto è in corso di stesura. Le prossime fasi consisteranno nella validazione del protocollo armonizzato. Questi step sono fondamentali per le applicazioni pratiche prossimamente richieste, che richiederanno metodi standard di misurazione dei marker diagnostici di malattia di Alzheimer (come appunto la volumetria ippocampale) nel confronto di clinical trials relativi a disease-modifying drugs, nella diagnosi precoce (o preclinica) della malattia per intervenire al più presto con interventi terapeutici, e nella rilevazione della progressione della malattia stessa. Reference Boccardi M, Ganzola R, Bocchetta M, Pievani M, Redolfi A, Bartzokis G, et al. Survey of Protocols for the Manual Segmentation of the Hippocampus: Preparatory Steps Towards a Joint EADC-ADNI Harmonized Protocol. Journal of Alzheimer's Disease 2011a (26):61-75. Boccardi Marina; Bocchetta Martina; Ganzola Rossana; et al., 2011b Operationalization of Differences among Protocols for Manual Hippocampal Segmentation: Quantitative Data for EADC-ADNI Consensual Decisions on a Harmonized Protocol. NEUROLOGY Volume: 76 Issue: 9 Supplement: 4 Pages: A661-A661 Boccardi M, Bocchetta M, Ganzola R, Robitaille N, Redolfi A, Duchesne S, Jack CR, Frisoni GB. Operationalization of differences among protocols for manual hippocampal segmentation. (to be submitted to Alzheimer’s and Dementia).