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L’obiettivo principale della riabilitazione dell’atleta dopo intervento chirurgico a carico della cartilagine è il recupero della funzione e il ritorno allo sport in tempi rapidi e nel modo più sicuro possibile. Per questo la riabilitazione deve iniziare precocemente, essere progressiva ed avvenire sotto lo stretto con- trollo del team di cura. Nel Capitolo tratteremo i principi generali del per- corso riabilitativo dopo intervento di cartilagine ri- chiamando gli accorgimenti specifici a seconda delle tecniche chirurgiche impiegate e della sede di lesione (condilo femorale e rotulea). IL PROGRAMMA RIABILITATIVO Durante il percorso riabilitativo il paziente fa parte di un team di cura costituito da ortopedico, fisia- tra, medico dello sport, rieducatore e paziente stesso. L’ortopedico, una volta effettuato l’intervento, prescrive o meno l’utilizzo di un tutore e stabilisce le tempistiche per l’inizio della riabilitazione. Co- noscendo nei dettagli la situazione dei tessuti coinvolti dalla tecnica chirurgica, dà le indicazioni riguardo a tempi di carico e range of motion (ROM). Il fisiatra e il medico dello sport sono le prime figure con cui s’interfaccia il paziente dopo l’intervento chi- rurgico. Essi elaborano il protocollo riabilitativo in funzione delle indicazioni dell’ortopedico e delle linee guida (Figura 13.1). Il rieducatore è la figura professionale che quotidia- namente si relaziona con il paziente entrando in sintonia con lui. Il paziente, più che oggetto passivo delle terapie, è protagonista della sua riabilitazione. La comunicazione fra le diverse figure professionali è fondamentale per il raggiungimento del migliore risultato. La comunicazione è sia scambio di infor- mazioni per monitorare le condizioni del paziente e intervenire in caso di complicanze, sia spiegazione chiara e semplice al paziente degli obiettivi del per- corso riabilitativo e dei diversi stadi in cui questo avviene. GLI sPAzI RIABILITATIVI Il recupero del paziente avviene in un contesto che mette a disposizione luoghi idonei come palestra, piscina e campo sportivo. L’utilizzo di questi spazi in momenti ben definiti del percorso riabilitativo è fondamentale per il raggiungimento del massimo recupero funzionale possibile al completamento del percorso stesso. La palestra rappresenta l’ambiente riabilitativo per eccellenza dove avviene mediamente il 60% del nu- mero totale delle sedute. Durante la seduta riabili- tativa il paziente è sottoposto a un mix di terapie fisiche e manuali, oltre a svolgere gli esercizi speci- fici dei singoli stadi. Subito dopo la desutura, il paziente deve iniziare la riabilitazione in piscina, che copre circa il 20% delle sedute totali (Figura 13.2). L’ambiente acquatico offre numerosi vantaggi, dando la possibilità di la- vorare in assenza di gravità, controllare la progres- sione dei carichi, favorire l’articolarità, riprodurre gli schemi motori e simulare gesti specifici com- 183 Riabilitazione e ritorno allo sport Stefano Della Villa, Margherita Ricci, Davide Fazzini Figura 13.1. Elaborazione del protocollo. Capitolo 13

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L’obiettivo principale della riabilitazione dell’atleta

dopo intervento chirurgico a carico della cartilagine

è il recupero della funzione e il ritorno allo sport in

tempi rapidi e nel modo più sicuro possibile. Per

questo la riabilitazione deve iniziare precocemente,

essere progressiva ed avvenire sotto lo stretto con-

trollo del team di cura.

Nel Capitolo tratteremo i principi generali del per-

corso riabilitativo dopo intervento di cartilagine ri-

chiamando gli accorgimenti specifici a seconda

delle tecniche chirurgiche impiegate e della sede di

lesione (condilo femorale e rotulea).

IL PROGRAMMA RIABILITATIVO Durante il percorso riabilitativo il paziente fa parte

di un team di cura costituito da ortopedico, fisia-

tra, medico dello sport, rieducatore e paziente

stesso.

L’ortopedico, una volta effettuato l’intervento,

prescrive o meno l’utilizzo di un tutore e stabilisce

le tempistiche per l’inizio della riabilitazione. Co-

noscendo nei dettagli la situazione dei tessuti

coinvolti dalla tecnica chirurgica, dà le indicazioni

riguardo a tempi di carico e range of motion

(ROM).

Il fisiatra e il medico dello sport sono le prime figure

con cui s’interfaccia il paziente dopo l’intervento chi-

rurgico. Essi elaborano il protocollo ria bilitativo in

funzione delle indicazioni dell’ortopedico e delle

linee guida (Figura 13.1).

Il rieducatore è la figura professionale che quotidia-

namente si relaziona con il paziente entrando in

sintonia con lui.

Il paziente, più che oggetto passivo delle terapie, è

protagonista della sua riabilitazione.

La comunicazione fra le diverse figure professionali

è fondamentale per il raggiungimento del migliore

risultato. La comunicazione è sia scambio di infor-

mazioni per monitorare le condizioni del paziente

e intervenire in caso di complicanze, sia spiegazione

chiara e semplice al paziente degli obiettivi del per-

corso riabilitativo e dei diversi stadi in cui questo

avviene.

GLI sPAzI RIABILITATIVIIl recupero del paziente avviene in un contesto che

mette a disposizione luoghi idonei come palestra,

piscina e campo sportivo. L’utilizzo di questi spazi

in momenti ben definiti del percorso riabilitativo è

fondamentale per il raggiungimento del massimo

recupero funzionale possibile al completamento del

percorso stesso.

La palestra rappresenta l’ambiente riabilitativo per

eccellenza dove avviene mediamente il 60% del nu-

mero totale delle sedute. Durante la seduta riabili-

tativa il paziente è sottoposto a un mix di terapie

fisiche e manuali, oltre a svolgere gli esercizi speci-

fici dei singoli stadi.

Subito dopo la desutura, il paziente deve iniziare la

riabilitazione in piscina, che copre circa il 20% delle

sedute totali (Figura 13.2). L’ambiente acquatico

offre numerosi vantaggi, dando la possibilità di la-

vorare in assenza di gravità, controllare la progres-

sione dei carichi, favorire l’articolarità, riprodurre

gli schemi motori e simulare gesti specifici com-

183

Riabilitazione e ritorno allo sport

Stefano Della Villa, Margherita Ricci, Davide Fazzini

Figura 13.1. Elaborazione del protocollo.

Capitolo 13

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plessi che poi dovranno essere riportati nell’am-

biente esterno.

Il campo sportivo rappresenta la sede principale

dell’ultimo stadio che permette al paziente di tor-

nare a praticare la sua attività sportiva. Sul campo

si svolge il restante 20% delle sedute.

IL PROTOCOLLO RIABILITATIVOIl protocollo riabilitativo deve essere personaliz-

zato, progressivo e supervisionato (1):

personalizzato, in base alle caratteristiche del

paziente (età, livello sportivo, obiettivi e stato

generale di salute), al tipo di lesione (localizza-

zione e dimensione) e alla tipologia di inter-

vento chirurgico (tecnica chirurgica e chirurgia

associata) (2)

progressivo, secondo le precauzioni suggerite

dall’ortopedico e le risposte clinico funzionali del

paziente

supervisionato e modificabile, sulla base

delle eventuali complicanze (“freno”) e dei feed-

back positivi (“accelero”). Per questo sono previ-

ste visite di controllo periodiche dell’orto pedico e

del fisiatra e sono programmati i test di valuta-

zione.

Il protocollo riabilitativo è suddiviso in 4 periodi ca-

ratterizzati dal raggiungimento di obiettivi clinico-

funzionali e di criteri di sicurezza per passare allo

stadio successivo (Tabella 13.1).

Primo stadio La sua durata è indicativamente di 3 mesi, a partire

dall’intervento. I suoi obiettivi sono controllo del

dolore e dell’infiammazione, recupero iniziale del-

l’articolarità e recupero del cammino. Il caricoprogressivo e la mobilizzazione precoce sono

gli elementi fondamentali di questo stadio. Le sedi

principali sono palestra e piscina.

Gli effetti deleteri dell’astensione dal carico e del-

l’immobilizzazione sono noti in letteratura (3) e ri-

scontrati nella pratica quotidiana. D’altra parte il

carico progressivo e il ROM graduale e controllato

sono determinanti per favorire la guarigione della

cartilagine e prevenire le adesioni e le rigidità (2).

In linea generale è prevista l’astensione totale dal

carico nell’immediato post-operatorio (deambula-

zione concessa con l’ausilio di 2 antibrachiali) in cui

è fondamentale la protezione del graft. Seguiranno

un adeguato periodo di carico sfiorato (Figura 13.3)

e il progressivo abbandono degli antibrachiali

(prima uno, poi entrambi). I tempi variano in rela-

zione al tipo di intervento chirurgico e alla sede

della lesione. Mediamente si va dai 40 giorni per le

microfratture ai 2 mesi per il trapianto di condrociti

autologhi, senza dimenticare le elevate variazioni

individuali. Non c’è accordo sui tempi esatti di con-

cessione del carico. Alcuni studi hanno confrontato

un carico accelerato (6-8 settimane) con il carico in

tempi standard (8-10 settimane) con risultati clinici

e funzionali buoni a 2 anni nel gruppo con carico

accelerato (4). Nei casi di lesione femoro-rotulea è

possibile un carico precoce con tutore bloccato in

estensione. La ripresa del carico è un momento

molto importante del percorso riabilitativo. Essa

deve essere graduale ed avvenire con l’ausilio della

palestra e della piscina che devono integrarsi via via

con le attività quotidiane del paziente. L’eventuale

comparsa di dolore o gonfiore è un evento relativa-

184 caRtilagine istruzioni per l’uso

Figura 13.2. Riabilitazione in piscina.

Figura 13.3. Il carico progressivo.

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185caPitOlO 13

Riabilitazione e ritorno allo sport

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mente frequente che comporta il rallentamento

della cura.

La mobilizzazione continua passiva (CPM) (Figura

13.4) è introdotta il più presto possibile, anche in se-

conda giornata, per evitare le conseguenze dell’im-

mobilizzazione e per promuovere la guarigione della

cartilagine (5, 6). La conoscenza della biomeccanica

(area di contatto e carichi generati durante i movi-

menti) è essenziale per evitare il danneggiamento

del graft. Diversi studi suggeriscono un protocollo

di 1 ciclo al minuto per 6/8 ore al giorno per le prime

settimane (7, 8). Il ROM per cui è prescritta la CPM

dipende ovviamente dalla localizzazione della le-

sione. Con il passare del tempo, alla CPM vengono

aggiunti altri esercizi per recuperare l’articolarità,

quali esercizi di mobilizzazione in scarico e cyclette,

entrambi in un ROM libero da dolore. Indipenden-

temente da sede e tipo di intervento è fondamentale

raggiungere il prima possibile l’esten sione completa

che permetta il pieno recupero del passo.

In questo stadio il paziente alterna sedute in palestra

a sedute in piscina. L’acqua offre infatti numerosi

vantaggi tra cui lavoro in assenza di carico, maggior

controllo nella progressione dei carichi e recupero

precoce dello schema del passo. Inoltre agevola la

fluidità articolare ed è un valido supporto per il con-

dizionamento aerobico del paziente. In palestra il

rieducatore alterna l’applicazione di terapie fisiche

quali il laser a elio-neon (HeNe) a terapie manuali

quali la mobilizzazione rotulea e il massaggio dre-

nante di ginocchio, molto utile per ridurre l’edema

post-operatorio. Vengono inoltre proposti esercizi di

mobilizzazione assistita, esercizi passivi quali stret-

ching della catena posteriore per il recupero del-

l’estensione, contrazioni isometriche del quadricipite

ed elettrostimolazione. Per il controllo del dolore e

dell’infiammazione sono fondamentali anche l’uti-

lizzo di ghiaccio e la prescrizione di riposo.

I criteri di sicurezza per passare allo stadiosuccessivo sono:

nessuna controindicazione chirurgica

dolore e gonfiore minimi o assenti

estensione completa

schema del passo recuperato.

Secondo stadioLa sua durata è circa 2 mesi. Gli obiettivi sono recu-

pero completo dell’articolarità e recupero progres-

sivo della forza muscolare. La progressione deicarichi e il ricondizionamento aerobico sono

gli elementi fondamentali, ma non esclusivi, di que-

sto stadio. Infatti si continua a lavorare sull’artico-

larità e sono introdotti gli esercizi propriocettivi che

sono caratteristici dello stadio suc cessivo. Le sedi

principali sono ancora palestra e piscina.

Un adeguato tono muscolare di tronco (core-sta-

bility), coscia e gamba è fondamentale per l’am-

mortizzazione dei carichi durante il cammino e la

corsa (9). La progressione dei carichi prevede l’al-

ternanza di esercizi a corpo libero e macchinari,

zavorre ed elastici, esercizi in concentrica ed ec-

centrica (Figura 13.5), fondamentali per la spinta

e l’ammortizzazione durante l’attività fisica. Du-

rante il percorso riabilitativo sono eseguiti esercizi

in catena cinetica aperta (CCA) e in catena cinetica

chiusa (CCC), con l’intento di privilegiare l’eserci-

zio che non sollecita la regione dell’intervento e

che avviene negli angoli liberi da dolore. Per en-

trare nello specifico, la rieducazione della cartila-

gine ha un diverso approccio negli interventi sulla

femoro-rotulea rispetto a quelli sulla femoro-ti-

biale. Per la femoro-rotulea si prediligerà la CCC

e quindi esercizi in carico naturale, pressa ad ela-

stici e leg-press. Per la femoro-tibiale invece la

preferenza andrà alla CCA e quindi a esercizi quali

estensione di quadricipite (in primis il vasto me-

diale), con utilizzo di zavorra, elastico, leg exten-

sion e isocinetica. L’allenamento isocinetico

presenta infatti tre grandissimi vantaggi:

la resistenza che si incontra durante l’esercizio è

accomodante e quindi direttamente proporzio-

nale alla forza del paziente con minor rischio di

sovraccarico

il feedback visivo e verbale durante la seduta di

186 caRtilagine istruzioni per l’uso

Figura 13.4. La mobilizzazione.

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allenamento consente di motivare il paziente a

superarsi in ogni seduta

il test e i successivi controlli permettono di mo-

nitorizzare il recupero della forza rispetto al-

l’arto controlaterale

in questo stadio è solitamente programmato il

test isocinetico iniziale per quantificare il deficit

di forza tra arto sano e arto leso.

Il ricondizionamento aerobico avviene con l’utilizzo

di topxt e sedute in piscina quando il carico non è

ancora presente. Seguono l’ellittica e il tappeto ela-

stico fino alla ripresa della corsa su tapis roulant.

I criteri di sicurezza per passare al terzo sta-dio sono:

assenza di dolore e gonfiore

articolarità completa

adeguato tono-trofismo di tronco, coscia e

gamba.

Terzo stadioLa sua durata è circa 4 mesi. Gli obiettivi sono il re-cupero della coordinazione, il recuperocompleto della forza e della corsa su tapis-roulant. Gli esercizi propriocettivi a difficoltà cre-

scente, unitamente alla prosecuzione di rinforzo

muscolare e ricondizionamento aerobico, sono gli

elementi fondamentali di questo stadio. La sede

principale è la palestra.

Il recupero della propriocettività inizia in realtà

già nei periodi precedenti attraverso l’utilizzo di

tavolette con superfici instabili di diversa natura;

gli esercizi sono svolti dapprima in assenza di ca-

rico, poi con carico bi- e mono-podalico. Questo

lavoro è implementato da percorsi propriocettivi

a difficoltà crescenti con l’utilizzo di strumenti

sportivi che ripropongono gesti sport specifici (Fi-

gura 13.6) (Come da immagine, più calcio al pal-

lone). Un’attività importante è rappresentata da

una successione di appoggi monopodalici semplici

fino ad arrivare a balzi bi- e mono-podalici con

l’utilizzo di superfici instabili ed elastiche tipo

bouncer.

I criteri di sicurezza per iniziare il quarto stadio, ov-

vero la riabilitazione sul campo, sono:

forza > 80% rispetto all’arto controlaterale al

test isocinetico

capacità di correre su tapis-roulant a 8 km/h

per 10 minuti.

Quarto stadioLa sua durata è indicativamente 3 mesi e il suo

obiettivo è il ritorno allo sport. Il recupero delgesto tecnico sport-specifico è l’elemento fon-

damentale di questo stadio che si svolge prevalen-

temente sul campo sportivo (riabilitazione sul

campo).

La riabilitazione sul campo è rivolta a tutte le tipo-

logie di pazienti: la persona comune che vuole tor-

nare a svolgere le attività di vita quotidiana come

fare una passeggiata e il calciatore che vuole tornare

all’attività agonistica. Per l’atleta è senz’altro lo sta-

dio più importante perché dopo mesi di duro lavoro

può finalmente rivivere il ritorno alla sua attività.

Il recupero del gesto tecnico sport specifico inizia

già nei periodi precedenti con l’esecuzione di eser-

cizi propedeutici in piscina così da favorire il pro-

cesso di neuroplasticità.

Ogni seduta dura mediamente 90 minuti, dalle 3

alle 5 volte a settimana (a seconda del livello di at-

187caPitOlO 13

Riabilitazione e ritorno allo sport

Figura 13.5. Rinforzo muscolare.

Figura 13.6. Percorsi propriocettivi.

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tività) e per un minimo di 10 settimane prima del

rientro agonistico. All’atleta vengono proposti

esercizi sport specifici progressivi supportati da un

programma di condizionamento aerobico che gli

per - metteranno di ritornare gradualmente all’at-

tività agonistica (Figura 13.7).

La riabilitazione sul campo avviene in 5 fasi:1. nella prima fase l’atleta cammina prima in retti-

lineo per prendere confidenza con il terreno; poi

esegue delle curve “dolci e larghe” e infine inizia

la corsa in rettilineo, alternata ad esercizi di mo-

bilità articolare. Per camminare e per effettuare

i primi appoggi senza saltare viene utilizzata

anche la sabbia. L’atleta svolgerà un test incre-

mentale su tapis roulant per definire le sue soglie

di allenamento: S2, soglia aerobica e S4, soglia

anaerobica (test di soglia)

2. nella seconda fase sono inseriti in progressione

la corsa con le curve, le andature singole (ginoc-

chia alte e calciata dietro), la coordinazione con

la corda, le progressioni con frenata allungata e

gli scivolamenti laterali con baricentro alto. Sulla

sabbia vengono effettuati i primi salti con appog-

gio bi-podalico, curando l’aspetto di “ammortiz-

zazione” del ginocchio. Da questo momento in poi

l’atleta è munito di cardiofrequenzimetro per il

monitoraggio dell’allenamento (corsa in S2 e S4)

3. nella terza fase sono inseriti l’andatura calciata

avanti, le progressioni con frenata normale, i per-

corsi con le rotazioni, i primi appoggi bipodalici

su erba e gli scivolamenti laterali con baricentro

basso. Gli appoggi monopodalici con cura del-

l’ammortizzazione sono eseguiti su sabbia. Gli

strumenti specifici dello sport di pertinenza sono

introdotti in questo stadio

4. nella quarta fase si inseriscono l’andatura a dop-

pio impulso, i percorsi con rotazioni a velocità ed

intensità maggiori, gli appoggi monopodalici e i

cambi di direzione, curando la fase di carico del

ginocchio e di spinta del piede

5. nella quinta fase vengono eseguiti cambi di dire-

zione a massima velocità e situazioni che simu-

lano quanto avviene nel momento agonistico.

La riabilitazione sul campo è sempre alternata a se-

dute in palestra per proseguire il lavoro di rinforzo

e tonificazione e per effettuare i test di controllo.

I criteri di sicurezza per tornare alla propria attività

agonistica sono:

valutazione clinica del chirurgo positiva

nessun deficit di forza al test isocinetico

soglie adeguate per sport praticato e ruolo

completamento del lavoro sul campo.

LA PROGREssIONE BAsATA sU CRITERINella descrizione del protocollo sono stati indicati

i criteri di sicurezza clinico-funzionali necessari per

passare da uno stadio all’altro. Essi tengono conto

delle risposte funzionali del paziente; la progres-

sione del protocollo basata su criteri è preferibile a

quella basata su tempi predefiniti (10). La progres-

sione dettata da tempi rigorosamente predefiniti ha

il vantaggio di permettere regole precise ed evitare

rischi di sovraccarico, ma, al tempo stesso, non

tiene conto della diversa compliance di ogni singolo

atleta rallentando così, in alcuni casi, i tempi di re-

cupero. I tempi dei diversi stadi saranno registrati

a posteriori e daranno utili informazioni prognosti-

che. Questi tempi probabilmente risulteranno ri-

dotti nell’atleta professionista in quanto più

motivato ad eseguire più sedute settimanali. Natu-

ralmente il tempo per raggiungere un dato obiettivo

dipende anche dal tipo di lesione e dalla tecnica chi-

rurgica utilizzata. A proposito di tecnica chirurgica,

una recente review indica un tempo medio di ri-

torno allo sport che va dagli 8 mesi dopo microfrat-

ture ai 18 mesi dopo trapianto di condrociti

autologhi (11).

IL RITORNO ALLO sPORT Il tempo in cui avviene il ritorno allo sport e i risul-

188 caRtilagine istruzioni per l’uso

Figura 13.7. Riabilitazione sul campo.

Page 7: Riabilitazione e ritorno allo sport - isokinetic.com · LSobiettivo principale della riabilitazione dellSatleta dopo intervento chirurgico a carico della cartilagine è il recupero

tati clinici sono influenzati dalle caratteristiche del

paziente (età, livello di attività, motivazione e ria-

bilitazione), dalla sede della lesione e dalla tecnica

chirurgica utilizzata (Figura 13.8) (12).

L’83% di calciatori professionisti sottoposti a tra-

pianto di condrociti autologhi è tornato all’attività

agonistica a fronte del 16% fra gli amatoriali (13).

Questi risultati sono evidentemente dovuti alla gio-

vane età, ai più rapidi tempi di intervento diagno-

stico e terapeutico, alla maggiore motivazione e a

una riabilitazione meglio supervisionata negli atleti

di alto livello.

Abbiamo valutato il ritorno allo sport di atleti sot-

toposti a trapianto di condrociti autologhi e trattati

secondo due diversi protocolli riabilitativi: standard

ed intensivo (allenamento isocinetico e riabilita-

zione sul campo). Gli atleti che hanno seguito il pro-

tocollo intensivo hanno recuperato più velocemente

rispetto agli altri (ritorno all’allenamento con la

squadra: 8.6±1.7 mesi vs 10.6±1.7 mesi; prima par-

tita ufficiale: 10.6±2.0 mesi vs 12.4±1.6 mesi). Que-

sti risultati e il netto miglioramento ottenuto

nell’international Knee Documentation committee

(IKDC) prova che l’utilizzo di isocinetica e campo

favorisce il ritorno allo sport precoce senza danneg-

giamento del graft nel tempo (14).

Sono stati valutati il tempo di ritorno allo sport e il

risultato funzionale in un gruppo omogeneo di cal-

ciatori sottoposti a 2 differenti tecniche chirurgiche

e allo stesso protocollo riabilitativo. Gli atleti sotto-

posti a microfratture (I gruppo) hanno recuperato

più velocemente rispetto a quelli sottoposti a tra-

pianto di condrociti autologhi di seconda genera-

zione (II gruppo) (8 mesi vs 12.5 mesi). I risultati

clinici a distanza sono stati significativamente mi-

gliori nel II gruppo. Le microfratture consentono

quindi un recupero più rapido ma un peggior out-

come nel tempo mentre il trapianto di condrociti

autologhi ritarda sì il ritorno allo sport, ma dà un

risultato migliore a distanza (15).

sOMMARIO PER PUNTIIl protocollo riabilitativo

Il carico progressivo e la mobilizzazione precoce

La progressione dei carichi

Il recupero del gesto tecnico sport-specifico

La progressione basata su criteri

Il ritorno allo sport.

TAkE hOME MEssAGEsL'obiettivo della chirurgia delle cartilagini non èsolo riparazione di un danno articolare, maanche recupero della funzioneRiabilitazione e ripresa sportiva non devono es-sere considerate tappe distinte dalla chirurgia, mamomenti diversi dello stesso percorsoIl recupero del paziente avviene in un contestoche mette a disposizione luoghi idonei come pa-lestra, piscina e campo sportivoIl protocollo riabilitativo deve essere progressivo,personalizzato e supervisionato dal team di cura.Il protocollo riabilitativo è suddiviso in 4 periodicaratterizzati dal raggiungimento di obiettivi cli-nico-funzionali e di criteri di sicurezza per passareallo stadio successivo.

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189caPitOlO 13

Riabilitazione e ritorno allo sport

Figura 13.8. Ritorno allo sport.

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