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la rivista ufficiale del all’interno Classica con Muti, Nagano, Fischer e Harding . Cellolandia Danza: dalla Zakharova a Twyla Tharp e Batsheva Jazz, folk, rock dal Sudafrica, Bollani, Nyman e Joan Baez Omaggio a Guerrini/Stecchetti . Dante e i Vespri Edizione 2016 UN CANTO PER LA LIBERTÀ Dedicato a Nelson Mandela e a tutti coloro che lottano per i diritti dell'umanità ISSN 2499-0221 EDIZIONI E COMUNICAZIONE

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la rivista ufficiale del

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2016

all’interno

Classica con Muti, Nagano, Fischer e Harding . CellolandiaDanza: dalla Zakharova a Twyla Tharp e Batsheva

Jazz, folk, rock dal Sudafrica, Bollani, Nyman e Joan BaezOmaggio a Guerrini/Stecchetti . Dante e i Vespri

Edizione 2016

UN CANTOPER LA LIBERTÀDedicato a Nelson Mandela e a tutti coloro che lottanoper i diritti dell'umanità

ISSN

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EDIZIONI E COMUNICAZIONE

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sommario3

Ravenna Festival Magazine 2016

Un canto per la libertà

9Rivendicazioni civiliPlus jamais ça. Donne sul fronte dei diritti umani

25Dante ai chiostri e Vespri a San VitaleEventi intorno alla poesia dantesca e canti sacri nella basilica

29Sinfonica: grandi maestri e illustri solistiSul podio Muti, Nagano, Harding e Fischer. Al piano Mitsuko Uchida

39Fra Rinascimento e BaroccoDa Palestrina a Pärt passando per Vivaldi. Celesti armonie sulle sacre corde

43Avanguardie musicaliIl suono del contemporaneo da Luigi Nono a Morton Feldman

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sommario 5Ravenna Festival Magazine 2016

46CellolandiaL’invasione sonora dei cento violoncelli guidati da Sollima

51Danza classica e modernaSulle punte con Svetlana Zakharova e sulle linee con Alonzo King

58Danza contemporaneaIl mito Twyla Tharp, l’energia di Batsheva, nanou e l’dentità perduta

65Musical per la libertà“Mandela Trilogy”, la vita di Madiba in scena con la Cape Town Opera

72Jazz e dintorniSuperBollani, “lupo solitario” della tastiera

77La cantautriceJoan Baez, la voce storica della canzone di protesta

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RavennaVia C. Ricci, 41 - V.le Alberti, 82

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80Il centenarioOlindo Guerrini, erudito burlone, cicloturista e buongustaio

92Olimpiadi ‘36, non solo sportFederico Buffa racconta il mito Owens

94Genius LociParco Teodorico, quinta verde urbana per il bianco mausoleo del Re dei Goti

98Arte graficaCostantini: ritratto di un artista paradossale fra visioni e tempo reale

98Arte graficaCostantini: ritratto di un artista paradossale fra visioni e tempo reale

Ravenna Festival Magazine

DIRETTORE RESPONSABILE: Fausto Piazza

In redazione: Andrea Alberizia, Federica Angelini, Serena Garzanti, Luca Manservisi - Maria CristinaGiovannini (grafica senior), Gianluca Achilli (grafica).

Collaboratori: Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Paolo Bolzani, Matteo Cavezzali, Federico Farabegoli, EnricoGramigna, Anna De Lutiis, Linda Landi, Marina Mannucci, Guido Sani, Serena Simoni, Attilia Tartagni,Roberto Valentino.

La rivista è realizzata in collaborazione con la Direzione del Ravenna Festival. Si ringrazia in particolareFabio Ricci, Giovanni Trabalza, Stefano Bondi, Giorgia Orioli.

Referenze fotografiche: Archivio Biblioteca Classense, Ruven Afanador, Rudy Amisano, Satoshi Aoyagi,Richard Avedon, Elian Bachini, Mario Benvenuti, Marco Borggreve, Sharon Bradford, Felix Broede,Daniele Casadio, Valentina Cenni, Marina Chavez, Emanuele Dello Strologo, Tim Dickeson, ShaneDoyle, Ian Douglas, Martin Elliott, Andrea Felvégi, Peter Fischli, Alessandra Freguja, Vladimir Fridkes,Francesco Guidicini, Julian Hargreaves, Rikimaru Hotta, Sankai Juku, Maarit Kytoharju, RoccoLamparelli, Alessio Lavacchi, Luis Leal, Silvia Lelli, Alfonso Malferrari, Roger Mastroianni, SergeyMisenko, Molina Visuals, Maurizio Montanari, Margo Moritz, RJ Muna, Susy Ninni, Valeria Palermo,Sergio Perini, Giuseppe Porisini, Raffaele Puce, Eric Richmond, Todd Rosenberg, Brett Rubin, ChristianRuvolo, John Snelling, Luigi Tazzari, Geert Vandepoele, Krijn van Noordwijk, Hyou Vielz, Quinn Wharton,Manfred Werner, Damir Yusupov, Fabrizio Zani (e altri non rintracciati che si ringrazia).

IN COPERTINA UNA FOTO DI SCENA TRATTA DALLO SPETTACOLO MANDELA TRILOGY - CAPE TOWN OPERA

Editore: Edizioni e Comunicazione srl - www.reclam.ra.itViale della Lirica 43 - 48121 Ravenna. Tel. 0544 408312. DIREZIONE GENERALE: Claudia Cuppi

STAMPA: Grafiche Baroncini srl - Sede di Imola (BO)

RIVISTA UFFICIALE DEL RAVENNA FESTIVALAutorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1426 del 9 febbraio 2016

Ravenna Festival Magazine 2016 sommario

Professionalità, qualità e

tecnologiaper il tuo

benessere visivo

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9Rivendicazioni civiliRavenna Festival Magazine 2016

Plus jamais çaDonne sul fronte dei diritti umani

DI MARINA MANNUCCI

Non voglio combattere nessunocon nessuna arma; io non devo

combattere per i miei diritti, i mieidiritti devono venire da me

Bob Marley

Maya Zankoul è una giovaneblogger e graphic designer liba-nese. Cresciuta in Arabia Sauditae trasferitasi in Libano nel 2005,consegue il Bachelor of Arts inGraphic Design nel 2007. Nel2009 inizia a pubblicare fumettisatirici sulla sua vita quotidiana,denunciando i mali della societàlibanese (violenza sulle donne,disservizi tecnologici, malfunzio-namento dei trasporti pubblici…).Nasce il suo blog Amalgam che inpochi mesi raggiunge un succes-so internazionale, seguito poidalla pubblicazione di due libri(Amalgam e Amalgam 2), editianche in Italia da “Il Sirente”.Ava Marie DuVernay è una regi-sta e sceneggiatrice statunitense.È la prima donna afroamericana aricevere una nomination alGolden Globe e al Critics ChoiceAward come miglior regista per ilfilm Selma. La strada per la liber-tà. Il film rappresenta una rievo-cazione delle marce da Selma aMontgomery che dal 1965 segna-rono l’inizio della rivolta per idiritti civili negli Stati Uniti. AvaMarie viene dal cinema indipen-dente e afferma che il suo cinemavuole essere militante e vuoleraccontare e fare conoscere dellestorie.Si chiama Meysa Abdo, ma il suonome di battaglia è Narin Afrin. Èuna delle comandanti della resi-stenza curda della città siriana diKobanê. «La resistenza di Kobanêha mobilitato la nostra interasocietà, e molti dei suoi leader,compresa la sottoscritta, sonodonne. Quelle di noi che stannosulle linee del fronte sanno benecome lo Stato Islamico tratta ledonne. Ci aspettiamo che ledonne in tutto il mondo ci aiutino,perché stiamo combattendo per idiritti delle donne ovunque. Nonci aspettiamo che si uniscano alla

nostra lotta qui (anche se sarem-mo orgogliose se qualcuna lofacesse). Ma chiediamo alledonne di promuovere la nostracausa di far crescere nei loropaesi la consapevolezza rispettoalla nostra situazione e di farepressione sui loro governi affin-ché ci aiutino» (da un appello diMeysa Abdo pubblicato sul “TheNew York Times” nell’ottobre del2014).Atena Farghadani, vincitrice del2015 Courage in CartooningAward del Cartoonists Rights

Network International (CRNI), èstata condannata il 1° giugno2015 a dodici anni e nove mesi direclusione per aver disegnatouna vignetta raffigurante i parla-mentari iraniani con sembianzeanimali e averla postata sulla suapagina di Facebook. Atena è stataaccusata di «associazione e collu-sione contro la sicurezza naziona-le», «propaganda contro loStato» e «oltraggio» alla GuidaSuprema, al Presidente, ai mem-bri del Parlamento e ai Guardianidella Rivoluzione. Amnesty

International sostiene il suo rila-scio e il suo diritto ad avere liber-tà di obiezione di coscienza.Tawakkul Karman, giornalista eattivista politica yemenita, leaderdi spicco dell’Arab Spring, la“Primavera Araba”, ha trentatréanni ed è la più giovane donna adavere ricevuto il Nobel per lapace. Nel 2005 fonda il movimen-to Women Journalists withoutChains (Giornaliste senza catene).È membro del partito politico al-Tajammu al-Yamanī li-l-Iṣlāḥ(Raggruppamento yemenita perla riforma), branca yemenita deiFratelli musulmani.Leymah Gbowee è direttrice ese-cutiva di Women Peace andSecurity Network-Africa (Retedelle donne per la pace e la sicu-rezza), associazione che si batteper dare appoggio alle donnenella prevenzione e nella risolu-zione dei conflitti. Inoltre, parteci-pa alla Commissione per la veritàe la riconciliazione in Nigeria e haallargato a tutta l’Africa occiden-tale il “Programma delle donneper la costruzione della pace”(Women in PeacebuildingProgram). Con la sua attivitàsociale ha contribuito attivamen-te alla fine della guerra civile libe-riana, aprendo la strada all’ele-zione di Ellen Johnson-Sirleaf(prima donna africana a ricoprirela carica di presidente). A lei vainoltre il merito di aver saputounire donne musulmane e cristia-ne in una lotta non violenta per lapacificazione del paese.Patrizia Gentilini, membro ISDE(Associazione Medici perl’Ambiente), è medico oncologaed ematologa, ha lavorato peroltre trent’anni nel reparto diOncologia di Forlì. Da molti annisi occupa di problematiche sani-tarie legate a cause ambientali inparticolare delle conseguenzesulla salute dell’inquinamentoatmosferico. Promotrice della“Campagna per la difesa del lattematerno dai contaminantiambientali” si batte quotidiana-mente per la prevenzione e per la

Maya Zancoul

Ava Marie DuVernay

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Rivendicazioni civili10

salute delle attuali e future gene-razioni. È stata perito di parte (informa gratuita) per associazioni ecittadini in procedimenti giudizia-ri per cause ambientali. Ha rice-vuto il premio in memoria diLorenzo Tomatis il 24 settembre2015 e l’8 marzo 2016 è stata frale vincitrici del premio “Pace,Donne Ambiente”, dedicato aWangari Maathari.Berta Cáceres era un’attivista peri diritti delle popolazioni indigenedell’Honduras. Appartenente allapopolazione Lenca, era diventatanota per la sua campagna controla costruzione della diga AguaZarca sul fiume sacro Gualcarque,progetto portato avanti dallaCompagnia Honduregna per losviluppo energetico e l’aziendapubblica cinese Sinohydro, senzaconsultare le popolazioni indige-ne, violando così i trattati interna-zionali. La diga avrebbe impeditoal fiume di continuare ad esserefornitore di acqua, cibo e medici-ne. Per la sua attività, BertaCáceres ha ricevuto nel 2015 ilGoldman Environmental Prize, il“premio Nobel per l’Ambiente”. Il3 marzo è stata uccisa, ufficial-mente durante una rapina, matutti la ritengono l’ennesima vitti-ma della guerra contro gli ecolo-gisti da parte dei proprietari diconcessioni terriere e minerarieche vorrebbero distruggere lebellezze ambientali e le popola-zioni indigene.Gennaio 2016: Gisela Mota, tren-tatré anni, viene uccisa a Temixoda quattro uomini armati qualcheora dopo aver assunto l’incaricodi prima cittadina. Aveva vinto leelezioni, promettendo di combat-tere la corruzione, la criminalità eil narcotraffico nella città. Erastata eletta nello stato diMorelos, ottantacinque chilometria sud di Città del Messico, avevaprestato giuramento e si era inse-diata nel primo giorno del primodei tre anni del suo mandato.Tantissime sono ancora le donneche stanno lottando per rivendi-care i loro diritti, delle quali, perproblemi di spazio, non possoraccontare.Pensarsi come titolari di dirittisignifica avere la capacità diavanzare pretese. Dunque, rispet-tare una persona, pensarla cometitolare della dignità umana signi-fica pensarla come potenzialeinterprete di rivendicazioni(maker of claims).

«Nonostante gli innumerevolitentativi di analisi definitoria, il

linguaggio dei diritti resta moltoambiguo, poco rigoroso e spesso

usato retoricamente»Norberto Bobbio, L’età dei diritti

L’affermazione storica dei dirittifondamentali dell’uomo parte damolto lontano, alcuni importantidocumenti ne tracciano la storia.Per citarne solo alcuni, ricordo: ilCilindro di Ciro, iscrizione persia-na del 539 a.C., l’EticaNicomachea di Aristotele, il Declementia di Seneca, la MagnaCarta Libertatum del 1215; Suldiritto naturale delle genti diGiambattista Vico, laDichiarazione dei diritti dell’uo-mo e del cittadino emanata inFrancia nel 1789, i primi dieciemendamenti della Costituzionedegli Stati Uniti del 1791 (Cartadei diritti), la Dichiarazione uni-versale dei diritti dell’uomo delleNazioni Unite del 10 dicembre1948, prima testimonianza dellavolontà della comunità interna-zionale di riconoscere universal-mente i diritti umani. «In un discorso generale sui dirit-ti dell’uomo occorre per primacosa tenere distinta la teoriadalla prassi, o meglio rendersisubito conto che teoria e prassicamminano su due binari distintie a velocità molto diverse. [...]Dei diritti umani si è parlato e sicontinua a parlare [...] molto dipiù di quel che si sia riusciti fino-ra a fare per riconoscerli e pro-teggerli effettivamente, cioè pertrasformare aspirazioni, nobilima vaghe, richieste giuste madeboli, in diritti in senso proprio»(Norberto Bobbio, intervento allatavola rotonda “Sociologia deidiritti dell’uomo”, Ravenna 1988,citato in Giuseppe FloresD’Arcais, Introduzione ad unapedagogia dei diritti umani, inPace, diritti dell’uomo, diritti deipopoli, IV, n. 1, 1990). La storiadei diritti coincide con quella delpensiero dell’uomo e, quindi, conquella dei suoi errori. Un percor-so che vede l’essere umanointerrogarsi oltre che sul suodestino, sui suoi bisogni e sullesue aspirazioni, anche sullemodalità e qualità dei rapporticon gli altri esseri viventi. Sel’Ottocento è stato il secolo del-l’affermazione del principio diuguaglianza formale e dei dirittiassoluti di libertà, «leCostituzioni democratiche con-temporanee completano e supe-rano l’impostazione liberale, indi-viduando nei diritti un momento

Meysa Abdo

Atena Farghadani

Tawakkul Karman

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Rivendicazioni civili12

di affermazione e sviluppo dellapersonalità e un principio diorganizzazione della società».Bobbio si sofferma anche su piùcontemporanee generazioni didiritti, successive a quella deidiritti civili e politici e a quelladei diritti sociali, citando i dirittiall’ambiente non inquinato, allaprivacy e all’integrità del propriopatrimonio genetico. La dinamicaa cui fa riferimento, prende inconsiderazione gli «effetti combi-nati della globalizzazione e delpluralismo culturale», che nongenerano però solo nuove cate-gorie di diritti. Secondo il filoso-fo-storico-giurista: «anche alcunidiritti della prima generazionedevono essere ridefiniti» e tute-lati in forme nuove, come ad

esempio la riservatezza della vitaprivata e la possibilità di svilup-pare la libertà di pensiero e lasua manifestazione e il dirittoalla vita che deve prevedere lariduzione della minaccia dellaguerra. Un processo che richiedemodifiche e ampliamenti dei regi-stri tradizionali dei diritti perchénecessita «di aprirsi alla sovrap-posizione e all’intreccio di diversicataloghi, scritti in lingue diffe-renti e a volte difficilmente tradu-cibili», probabilmente senza chel’accumulo si risolva in unanecessaria convergenza. Tuttoquesto, in qualche misura, è giàavvenuto; come ad esempio l’in-serimento dei diritti economici esociali nella “Dichiarazione uni-versale”, il “Patto sui diritti eco-

Leymah Gbowee

Patrizia Gentilini

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13Rivendicazioni civiliRavenna Festival Magazine 2016

nomici, sociali e culturali”, cheintroduce il diritto collettivoall’autodeterminazione dei popo-li, il parziale riconoscimento deidiritti collettivi alla terra deipopoli indigeni nellaConvenzione 169dell’International LabourOrganization e in alcune CarteCostituzionali. Documento, que-st’ultimo, che sancisce il dirittodei popoli indigeni a mantenere erafforzare le proprie istituzioni,culture e tradizioni nonché ildiritto a perseguire la forma disviluppo più adatta ai loro biso-gni e aspirazioni (cfr. LucaBaccelli, “Una rivoluzione coper-nicana: Norberto Bobbio e i dirit-ti”, in “Jura Gentium, Rivista difilosofia del diritto internazionalee della politica globale”, vol. VI,n. 1, 2009, pp. 7-25).Nei dibattiti scientifici e in quelligiuridici la questione ambientaleha acquisito nel tempo una cen-tralità crescente, in quanto ildegrado dell’ambiente condizio-na la qualità della vita con graviripercussioni anche sulla possibi-lità di usufruire di alcuni essen-ziali diritti della persona. La pro-blematica ambientale è dunqueanche un problema di difesa deidiritti fondamentali della personaumana, proprio perché sussiste

una stretta interrelazione traambiente e diritti. Del resto, sianel nostro ordinamento, sia inquelli della stragrande maggio-ranza dei paesi industrializzati,sono ormai presenti norme chedisciplinano la materia ambienta-le tanto che ormai si può parlaredi un diritto dell’ambiente. Saràcompito dei Governi e quindidella Giurisprudenza identificarein maniera ancora più accurata isoggetti titolari dei diritti all’am-biente per poi individuarne especificarne i contenuti negliordinamenti nazionali, comunita-ri ed internazionali (cfr. FloraVollero, “Diritti umani e dirittifondamentali fra tutela costitu-zionale e tutela sovranazionale: ildiritto ad un ambiente salubre”,tesi di Laurea in DirittoCostituzionale, Università deglistudi di Napoli “Federico II”,Facoltà di Giurisprudenza, a.a.2001-2002).In chiusura, una breve riletturadella Dichiarazione Universaledei diritti umani perché «A chiun-que si proponga di fare un esamespregiudicato dello sviluppo deidiritti dell’uomo dopo la secondaguerra mondiale consiglierei que-sto salutare esercizio: leggere laDichiarazione universale e poiguardarsi attorno. Sarà costrettoa riconoscere che, nonostante leanticipazioni illuminate dei filo-sofi, le ardite formulazioni deigiuristi, gli sforzi dei politici dibuona volontà, il cammino dapercorrere è ancora lungo. E gliparrà che la storia umana, perquanto vecchia di millenni, para-gonata agli enormi compiti che cispettano, sia forse appenacominciata» (Norberto Bobbio,“Presente e avvenire dei diritti

In sintonia con il tema dell’edizione di quest’anno dedicato a NelsonMandela e alla lotta universale per la libertà e i diritti civile, il RavennaFestival, nell’ambito del progetto “Via Sancti Romualdi”, ospita una confe-renza dal titolo “Conflitti, giustizia, mediazione, riconciliazione”.L’incontro è in programma sabato 11 giugno (alle ore 18) al chiostro dellaBiblioteca Classense e prevede la partecipazione di Adolfo Ceretti ordina-rio di criminologia, (Università di Milano-Bicocca) e Danila Indirli, magi-strato presso la Corte d’Appello di Bologna. introduce Enzo Morgagni. La conferenza vuole approfondire la riflessione su quelle che sono le espe-rienze internazionali e nazionali tese alla risoluzione dei conflitti, nella pro-spettiva della costruzione di una nuova giustizia (“giustizia riparativa”)realizzata attraverso la pratica della mediazione.

Conferenza

La risoluzione dei conflittie una nuova giustizia riparativa

Storia di nove donne

consapevoli e tenaci

nella lotta pacifica

per i diritti civili

E una breve rilettura

della Dichiarazione

Universale

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15Rivendicazioni civiliRavenna Festival Magazine 2016

dell’uomo”, in L’età dei diritti,Torino, Einaudi, 1990, p. 44).

Art. 1 Tutti gli esseri umaninascono liberi e uguali in dignitàe diritti. Sono dotati di ragione edi coscienza e devono agire gliuni verso gli altri in spirito di fra-tellanza.Art. 2 A ogni individuo spettanotutti i diritti e tutte le libertàenunciate nella dichiarazione,senza distinzioni di razza, colore,sesso, lingua, religione, opinio-ne, origine nazionale o sociale,ricchezza, nascita.Art. 3 Ogni individuo ha dirittoalla vita, alla libertà ed alla sicu-rezza della propria persona.Artt. 4 e 5 Nessun individuopotrà essere trattato come schia-vo o torturato.Art. 6 Ogni individuo ha diritto, inogni luogo, al riconoscimentodella sua personalità giuridica.Artt. 7, 10, 11 La legge è ugualeper tutti. Tutti hanno diritto aun’uguale tutela da parte dellalegge e a un processo giusto epubblico.Art. 8 Ogni individuo ha diritto adun’effettiva possibilità di ricorsoai competenti tribunali controatti che violino i diritti fondamen-tali a lui riconosciuti dalla costi-tuzione o dalla legge.Art. 9. Nessun individuo potràessere arbitrariamente arrestato,detenuto o esiliato.Art. 12 Tutti hanno diritto allapropria privacy.Artt. 13 e 14 Tutti hanno dirittoalla libertà di spostarsi e, se per-seguiti, di cercare e avere asilo inaltri paesi.Art. 15 Ogni individuo ha dirittoalla cittadinanza.Art. 16 Uomini e donne in etàadatta hanno il diritto di sposarsie di fondare una famiglia, senza

alcuna limitazione di razza, citta-dinanza o religione.Art. 17 Ogni individuo ha il dirittoad avere una proprietà privatasua personale o in comune congli altri. Nessun individuo potràessere arbitrariamente privatodella sua proprietà.Artt. 18 e 19 Ogni individuo hadiritto alla libertà di pensiero, direligione e di espressione.Art. 20 Ogni individuo ha il dirittoalla libertà di riunione e di asso-ciazione pacifica. Nessuno puòessere costretto a far parte diun’associazione.Art. 21 Tutti hanno il diritto dipartecipare al governo del pro-prio paese, sia direttamente, siaattraverso rappresentanti sceltiliberamente in elezioni periodi-che.Art. 22 Ogni individuo, in quantomembro della società, ha dirittoalla sicurezza sociale e alla rea-lizzazione dei diritti economici,culturali e sociali i indispensabilialla sua dignità.Art. 23 Ogni individuo ha dirittoal lavoro e a una retribuzioneequa.Art. 24 Ogni individuo ha il dirittoal riposo ed allo svago, compren-dendo in ciò una ragionevolelimitazione delle ore di lavoro eferie periodiche retribuite.Art. 25 Tutti hanno il diritto apretendere un tenore di vitadignitoso.Art. 26. Tutti hanno il diritto diandare a scuola. L’istruzionedeve promuovere la comprensio-ne, la tolleranza e l’amicizia.Art. 27 Tutti hanno il diritto dipartecipare alle vita culturale e alprogresso scientifico della pro-pria comunità.Art 28 Ogni individuo ha dirittoad un ordine sociale e internazio-nale nel quale i diritti e la libertàenunciati in questa Dichiarazionepossano essere pienamente rea-lizzati.Art. 29 Ogni individuo ha deidoveri verso la comunità, e deverispettare i diritti degli altri edella cosa pubblica.Art. 30 Nulla nella presenteDichiarazione può essere inter-pretato nel senso di implicare undiritto di qualsiasi Stato gruppoo persona di esercitare un’attivi-tà o di compiere un atto mirantealla distruzione dei diritti e dellelibertà in essa enunciati. ❍

«Credo che avere la terra e nonrovinarla sia la più bella forma

d’arte che si possa desiderare»Andy Warhol

Berta Caceres

Gisela Mota

Norberto Bobbio

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L’invocazione sboccia fra le righe dei grandi scrittori, nei versi dei poeti e delle canzoni,

nelle immagini emblematiche prodotte da artisti di tutti i paesi, ieri come oggi

Freedom, Oh! Freedom!Parole in Libertà

Ravenna Festival Magazine 2016

Linguaggio universale16

DI ANNA DE LUTIIS

freedom Freiheit

ελευθερίαslobodalibertad

libertékebebasan

svobodae così via...

Ogni lingua ha nel proprio diziona-rio questa parola perché ognipopolo aspira ad una società in cuiogni individuo può decidere dellapropria vita, pur rispettando quelladegli altri. Per molti ancora oggi èun sogno e con il sogno «Puoi arri-vare da qualsiasi parte, nello spa-zio e nel tempo, dovunque tu desi-deri» seguendo la scia del gabbia-no Jonathan Livingstone di RichardBach e con lui essere trascinato inuna «entusiasmante avventura divolo, di aria pura, di libertà». O come i gabbiani di Cardarelli chepaiono volare senza fermarsi mai,volatili misteriosi che sorvolanomari calmi e in tempesta ad alispiegate: Non so dove i gabbianiabbiano il nido, / ove trovino pace./ Io sono come loro, / in perpetuo

volo.Senza dubbio ottimiste le parole diBach «Quei gabbiani che nonhanno una meta ideale e che viag-giano solo per viaggiare, non arri-vano da nessuna parte, e vannopiano. Quelli invece che aspiranoalla perfezione anche senza intra-prendere un viaggio, arrivanoovunque, e in un baleno», paroleche non si adattano alle migliaia difacce stravolte che attraversano ilnostro mare verso una meta certama incontro ad un futuro ignoto,eppure nella loro mente il progettoera ben definito, prima di partire. Dall'Africa al Medio Oriente,dall'Occidente all'Est europeo,dagli Stati Uniti all'America Latina,dall'Asia all'Australia, dalGiappone all'India: poeti di tutto ilmondo gridano la struggentenecessità di conservare e difenderela propria identità, la propria libertàa fronte del dispotismo di ognigenere e sotto qualunque cielo.Questo vuole essere un viaggionon cronologico ma fatto di emo-zioni, seguendo il pensiero da unaparte all’altra della terra, da tempiantichi fino ai nostri giorni. Maquale libertà? Quella della propriapatria? Quella personale, quella

della donna o quella della libertà diparola? Di espressione nel campoartistico?Dante Alighieri, nella suaCommedia, spesso induce i perso-naggi, che incontra nelle treCantiche, a parlare di libertà, luiche fu costretto a vivere lontanodalla sua Firenze, cercando altrovela possibilità di esprimere libera-mente il suo pensiero. Lo troviamo,nel Purgatorio dove, propriomemore di quanto costa essereliberi, pone Catone che, essendosuicida, avrebbe dovuto avere unadiversa sistemazione. Lo riscatta ilsuo essersi sacrificato per la libertàche ha il valore morale di grazia,anche se non era propriamentequelle cristiana.

libertà va cercando, ch’è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta. Tu ’l sai, ché non ti fu per lei amara

in Utica la morte, ove lasciastila vesta ch’al gran dì sarà sì chiara.

Ma Dante sa quanto la libertà èpreziosa, come sa chi per essarinuncia alla vita proprio come feceCatone, che in nome di essa si sui-cidò a Utica.Di atti di eroismo è ricca la storia ditutti i tempi. Erodoto ci racconta lastrage delle Termopili, un manipolodi uomini contro un esercito infini-to, Sparta contro Serse, Greci con-tro i Persiani. Il conflitto greco -persiano è visto da Erodoto comelo scontro tra due opposte e incon-ciliabili civiltà fondate l'una sullalibertà e il rispetto per la legge, l'al-tra sul dispotismo di un monarcaassoluto. Si sa che alla fine della

Amos Nattini, Purgatorio I canto

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17Linguaggio universaleRavenna Festival Magazine 2016

battaglia sul campo degli spartaninon c’era più vita. Il mito ce li hatramandati come guerrieri dallaforza innaturale, sprezzanti dellaloro sorte, capaci di opporsi a unesercito mille volte più numeroso:300 uomini alla testa di qualchemigliaia di soldati che affrontanoun impero così vasto che l’occhionon riesce ad abbracciarlo. E pro-prio il mito ci tramanda l’epigrafe inonore degli spartani caduti:

Va’, straniero, e di’ a Sparta che noiqui cademmo in obbedienza alle

sue leggi.

È il Romanticismo il movimento let-terario e filosofico che propone congrande passione i temi della libertàe della patria. Uno dei romanzi piùsignificativi del poeta e scrittoreitaliano Ugo Foscolo è Le ultime let-tere di Jacopo Ortis. L’opera è con-siderata il primo romanzo epistola-re della letteratura italiana. Si ispi-ra ad un fatto realmente accaduto:la vicenda del suicidio di uno stu-

dente universitario, Girolamo Ortis.Ugo Foscolo prende spunto dalmodello letterario de I dolori delGiovane Werher di Goethe e risentemolto dell’influsso del poeta edrammaturgo Vittorio Alfieri, tantoche il suo capolavoro è consideratouna tragedia alfieriana in prosa. Sitratta anche di un romanzo auto-biografico, poiché si ispira alla dop-pia delusione avuta da Foscolo, dauna parte, per l’amore impossibileper Isabella Roncioni che non riuscìa sposare, e dall’altra parte, per lapatria, riferendosi al Trattato diCampoformio dove Napoleonedecide di cedere all’Austria partedel territorio. Foscolo, nella suaopera, tratta il tema del suicidioconsiderato come una scelta del-l’ultima libertà che il destino nonpuò togliere. Tra gli altri temi tratta-ti troviamo quello della patria,tanto caro allo scrittore, il tema del-l’amore inteso come una forzapositiva da cui scaturiscono la bel-lezza e l’arte, quello della morte,della speranza di essere compianto

Eugene Delacroix, La liberte

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19Linguaggio universaleRavenna Festival Magazine 2016

(«la morte non è dolorosa») e dellasepoltura nella propria terra.L'Ortis non è soltanto l'alter-ego diFoscolo, ma il paradigma di tuttauna generazione che visse la delu-sione storica.

Dalla delusione all’esaltazione,quella che vediamo nella splendidaopera di Delacroix che, nel 1830,realizzò una della sue opere piùnote La libertà guida il popolo, unquadro politico, forse quello in cuisi manifestano con maggiore effica-cia i sentimenti dei giovani roman-

tici. Rappresenta l'insurrezionepopolare avvenuta a Parigi tra il 27ed il 29 luglio 1830 che portò alladestituzione di Carlo X. Il quadroraffigura il popolo che avanzaarmato sulle barricate, incitato dauna figura femminile, la personifi-cazione della libertà. Nell’operal'artista riuscì ad unificare allegoriae realtà, fantasia e storia.L’importanza e la fama dell’operadi Delacroix sono tali che hannoispirato una copia davvero origina-le in cui l’ estro di Pierre-AdrienSollier, pittore parigino 32enne lau-

reato in graphic design, ha prodot-to un omaggio a colui che è consi-derato tra gli artisti più celebri dellastoria dell’arte: La libertà guida ilpopolo realizzato con i Playmobil.Mai questa parola è passata in dis-uso in una Francia che l’aveva esal-tata, dove oggi troviamo la statuadella Libertà, trionfante, in Place dela Republique.

Se la situazione politica nel brevetempo di due secoli ha portato inEuropa la consapevolezza di essereliberi, sono ancora tanti i luoghi e ipopoli che la libertà la devonoancora conoscere e gustarne lasensazione. Per questo uno degliappuntamenti più importanti delFestival 2016 è Mandela Trilogy, unmisto di musical e opera dedicatoall’eroe africano. È un’importanteproduzione di Cape Town Opera, laprincipale struttura produttiva inambito operistico attiva nel conti-nente africano, scritta da MichaelWilliams, che ne è anche regista,con musiche di Allan Stephenson,Mike Campbell e Peter Louis vanDijk.La trilogia, divisa in tre parti, rac-

conta le fasi della vita di Mandela,

con difficoltà che mai l’ha spaven-tato e fermato:«Non esiste un cammino facile perla libertà e molti di noi dovrannopassare attraverso la valle dell’om-bra della morte, più e più volteprima di raggiungere la vetta deipropri desideri». (Nelson Mandela)La lunga lotta per rivendicare i dirit-ti del popolo africano l’ha reso unvero e proprio eroe, una figura miti-ca, punto di riferimento e di spe-ranza, ispiratore di poesie e di can-zoni.

Ascolta il poeta lontano da te / mavicino al tuo cuore. / Mandela il

leone / Tu non sei solo Mandela /tu sei il Messia / che abolisce la

repressione / non per instaurareun'altra / eterno dualismo tra il

bianco ed il nero, / bensì per sep-pellire la sordida povertà / in una

terra / libera / per l'amore del cuoree dell'anima. / A quando il tuo rug-gito di speranza? / Speranza di unaterra senza razzismo / Mandela - il

leoneBoubacar Traore, Il tuo regno ti domanda

Si soffre nei paesi dell’Africa in cuila guerra e la povertà la fanno da

Termopili

Place de laRepublique

Joan Baez, Hamburg 1973

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Ravenna Festival Magazine 2016

Linguaggio universale20

padrone e da cui c’è, lo vediamoogni giorno, una fuga continua epiena di rischi. Non tanto diversaera, in America, la situazione deglischiavi, proprietà assoluta, oggettisenza valore umano, sofferenzafisica e spirituale, eppure nascostain fondo all’anima c’era sempre lasperanza di essere liberi, un gior-no.

We shall overcome, / we shall over-come some day. / Oh, deep in my

heart, I do believe / we shall overcome some day

Un giorno ci riusciremo. Lo sentonel profondo del cuore che

un giorno ci riusciremo

La canzone deriva forse da unacanzone gospel. Dal 1963, fu legata

a Joan Baez che la registrò e lacantò in numerose marce per i dirit-

ti civili. I lavoratori agricoli negliStati Uniti cantarono la canzone in

spagnolo durante gli scioperi e iboicottaggi dell'uva alla fine degli

anni '60. La canzone fu poi utilizza-ta anche in Sud Africa durante gli

ultimi anni del movimento anti-apartheid. In India, la traduzione

letterale in hindi Hum HongeKaamyab / Ek Din divenne una can-

zone patriottica negli anni '80 ecantata ancora oggi. Molte delle

canzoni della cantante americanaparlano di libertà, sono contro la

guerra, contro la violenza; avremomodo di ascoltarla il prossimo

luglio, nell’ultimo appuntamento diRavenna Festival.

Non manca la speranza che le co -se, un giorno cambieranno, anzi c’èla certezza nella poesia del poeta

americano Langston Hughes: I, too(Anch’io)

I, too, sing America. / I am the dar-ker brother. / They send me to eat

in the kitchen /When company comes, / But I

laugh, / And eat well, / And growstrong. / Tomorrow, /

I’ll be at the table / When companycomes. / Nobody’ll dare / Say to

me, / “Eat in the kitchen"/ Then. /Besides, / They’ll see how beautifulI am / And be ashamed./ I, too, am

America.Anch’io canto l’America, Io sono ilfratello nero. Mi mandano a man-giare in cucina quando arrivano gliamici. Ma io sorrido, mangio benee cresco forte.(qui si allude anchealla crescita intellettuale. ndr).Domani sarò al tavolo con loro e

Fabrizio De Andre

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21Linguaggio universaleRavenna Festival Magazine 2016

nessuno oserà dirmi di andare amangiare in cucina. Allora ovvia-mente si renderanno conto diquanto sono bello e si vergogne-ranno, perché anch’io sono e misento americano.

La storia ci ricorda che eranomigliaia gli uomini in catene, cari-cati come merci sulle navi per unlungo ed estenuante viaggio versoun luogo sconosciuto. Essi sapeva-no bene che al loro arrivo li atten-deva la schiavitù. Molti di loro pre-ferirono gettarsi in mare durante ilviaggio, piuttosto che vivere daschiavi. Questo profondo senti-mento di sofferenza ci viene ricor-dato dagli spirituals, canzoni chesgorgano dall’anima e rappresenta-no lo spirito di libertà di un popoloche, pur nella profonda sofferenza,è riuscito a trovare nella musica enella fede la forza per sopravvivere.La morte viene vista non come lafine ma come l'inizio di una nuovavita, libera dalle sofferenze e dalleprivazioni.

Oh freedom, oh freedom over me! /And before I'll be a slave, / I'll be

buried in my grave / and go hometo my Lord and be free. / No more

moarning, no more moarning overme / No more shouting, no more

shouting over me! / No morecrying, no more crying over me!

Oh libertà, per me. E prima didiventare schiavo preferisco morire

e tornare a casa dal Signore edessere libero. Non più lamenti non

più grida, non più pianti.

Sono solo pochi esempi tratti da

una tradizione letteraria e musicaledavvero infinita e trasversale neltempo e nello spazio, ieri comeoggi. In una società presumibilmentecivile il concetto di libertà ha supe-rato i confini andando a coinvolge-re altri campi quale quella delladonna, della libertà di parola, diespressione in tutti i campi.Meno drammatici rispetto agli spi-

rituals i versi di alcune canzoni diautori più vicini ai nostri giorni maugualmente emozionanti e spuntodi riflessione:Il suonatore Jones, di Fabrizio DeAndré, tratto dall’album Non aldenaro non all’amore né al cielo(1971), è ripreso dall’Antologia diSpoon River di Edgar Lee Masters.

Libertà l’ho vista dormire nei campicoltivati, a cielo e denaro, a cielo

ed amore, protetta da un filo spina-to. Libertà l’ho vista svegliarsi ognivolta che ho suonato per un fruscio

di ragazze a un ballo, per un com-pagno ubriaco.

Per Giorgio Gaber La libertà non èstar sopra un albero, non è nean-che il volo di un moscone, la libertànon è uno spazio libero, libertà èpartecipazione.

Poter viaggiare, vestirsi a piacere,cantare a squarciagola, anche que-sta è libertà. Cat Stevens ce lo con-ferma con If you want to sing out,sing out (Se vuoi cantare ad altavoce, canta ad alta voce): è unabellissima canzone sulla libertà,una canzone per tutti, adulti ebambini.

Courbet, Les demoiselles des bords de la Seine

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Ravenna Festival Magazine 2016

Linguaggio universale22

Beh, se vuoi cantare ad alta voce,canta ad alta voce / e se vuoi esse-re libero, sii libero / perché ci sono

un milione di cose che puoi essere./ E se vuoi vivere in alto, vivi in alto

/ e se vuoi vivere in basso, vivi inbasso / perché ci sono un milionedi strade da prendere / sai che ci

sono / tu puoi fare quel che vuoi /hai varie opportunità / e se riesci a

trovare una nuova strada / puoiintraprenderla oggi stesso / puoifar avverare tutto / e puoi anchenon far nulla / vedrai… è facile...

Ancor più intensa è la dichiarazio-ne, nella poesia Libertà, di PaulĖluard, considerato tra i più impor-tanti poeti francesi surrealisti:

Sur mes cahiers d’écolier / Sur monpupitre et les arbres / Sur le sablesur la neige / J’écris ton nom... Sui

quaderni di scolaro /

Sui miei banchi e gli alberi / Sullasabbia sulla neve / Scrivo il tuo

nome / Su ogni pagina che ho letto/ Su ogni pagina che è bianca

/Sasso sangue carta o cenere /Scrivo il tuo nome / Sulle immagini

dorate / Sulle armi dei guerrieri /Sulla corona dei re / Scrivo il tuo

nome / Sulla giungla ed il deserto /Sui nidi sulle ginestre / Sulla ecodell’infanzia / Scrivo il tuo nome.

Gustave Courbet è il pittore france-se che per primo usò il realismopittorico in funzione polemica neiconfronti della società del tempo. Èla sua dichiarazione di libertà pitto-rica e nella sua pittura vediamo undiverso modo di vedere la donna,da non intendersi come uso, o sevogliamo, abuso dell’immagine, maperché il pittore vuole descrivereuna maggiore libertà acquisitadalla donna, il suo riconquistato

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23Linguaggio universaleRavenna Festival Magazine 2016

contatto con la natura, il suo piace-re nel completo relax anche nei luo-ghi pubblici. Les demoiselles desbords de la Seine ne è la testimo-nianza. Sebbene apparentementeinnocuo, questo dipinto fece scal-pore per la crudezza con cui l'auto-re rende la quotidianità di questedue giovani ragazze, che sonosdraiate in modo scomposto in rivaalla Senna. L’opera rappresentaanche la novità dei costumi.

Ieri era Courbet, oggi è una donnaa parlarci, attraverso le immagini,di donne che si lasciano fotografa-re senza grandi timidezze, libere dimostrare il proprio corpo.Amanda Charchian è scultrice, pit-trice, fotografa di grande talento,nata e cresciuta a Los Angeles mache ha viaggiato in tutto il mondoritraendo donne in Islanda, a Cuba,in Israele, in Marocco e molti altri

posti. Gli scatti trasmettono indub-biamente una certa sensualità, ma,essendo il frutto di un punto divista femminile, sono privi di stuc-chevole vulnerabilità. Guardandoli, si percepisce libertà epotenza. La sua famiglia lasciò laPersia quando questa stava diven-tando meno libera ma lei, contra-riamente alle sorelle, nacque inAmerica. L’artista coltiva sempre, nelle sueopere, la ricerca della libertà, quel-la che la sua famiglia aveva dovutoraggiungere altrove abbandonandoil proprio paese, sempre attraversol’arte. Ieri come oggi, dunque, la possibili-tà di poter vivere liberi e con digni-tà continua a creare spostamenti dimasse da un paese all’altro, da uncontinente all’altro perché la parolaLibertà è scritta nell’anima di ogniindividuo. ❍

Donna sullo scoglio, foto di Amanda Charchian

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L’Antica Bottega di Felice nasce nel 1968, dalla più autentica tradizionecontadina di cui Felice Malpassi è stato erede, capace di trasformaredalla terra e dagli allevamenti in cui è nato e cresciuto, con amore epassione, prodotti della gastronomia romagnola unici ed eccellenti.

Giordana e Roberto da 12 anni proseguono i valori di quellatradizione con un attenzione particolare nella selezione delle materieprime del nostro territorio. La bottega offre una vasta gamma diformaggi, salumi, paste fresche, oli dell’entroterra romagnolo, i migliorvini locali, tutto questo unito in una splendida cornice famigliare.

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25poesia e devozioneRavenna Festival Magazine 2016

Un Dante inedito nei chiostrie verso sera Vespri a San Vitale

DI GUIDO SANI

Ravenna Festival quest’anno espandeconsiderevolmente la programmazionegiornaliera oltre gli eventi serali, conben 120 nuovi appuntamenti, nell’arcodi due mesi, dedicati a due icone dellastoria e della cultura ravennate:Dante – in tarda mattinata nei ChiostriFrancescani adiacenti alla tomba delPoeta – e la basilica bizantina di SanVitale – verso sera, ospitando i Vespri,momenti di musica sacra e di devozio-ne, vocale e strumentale. Quella su Dante Alighieri è una rasse-gna speciale di sessanta eventi che,giorno dopo giorno, (dalle 11 di matti-na ) accompagneranno l’edizione 2016per esplorare l’immaginario legato allavita e all’opera del padre della linguaitaliana, grazie a inedite connessionifra diverse aree creative e di ricercacapaci di trasformare la divulgazionealta in partecipazione diffusa.  Sono state 67 le domande pervenuteper il bando lanciato lo scorso dicem-bre dal Festival per questo progettopromosso a Milano, Firenze e Roma incollaborazione con Università Cattolicadel Sacro Cuore, Società DantescaItaliana e Società Dante Alighieri.L’iniziativa, nell’incoraggiare il confron-to e la collaborazione fra diverse realtàunite dal desiderio di creare spettacolidedicati al Poeta, ha visto veteranidello spettacolo dal vivo accanto a gio-vanissimi gruppi costituiti per l’occa-sione, associazioni culturali e rappre-sentanti del mondo accademico,appassionati dell’opera dantesca estudenti liceali. La geografia dei pro-getti spazia in tutta Italia da Torino aMessina, da Udine a Venosa, daBergamo a Napoli, con Roma, Milano ecapofila Ravenna, e comprende ancheidee di respiro internazionale prove-nienti da Francia e Germania. La trasversalità caratterizza i linguaggiproposti: dal teatro in tutte le suedeclinazioni alla la danza, dalla musicadal vivo al canto. Ma non mancanosoluzioni curiose che raccolgono lesuggestioni dell’architettura, dellascrittura creativa, della video arte...Dei 67 progetti esaminati dalla com-missione, che ha visto la DirezioneArtistica di Ravenna Festival affiancatadal professor Giuseppe Leddadell’Università di Bologna, ne sono

stati selezionati 6 che si sono distintiper l’originalità della proposta artisticae la promessa di reinterpretare lamateria dantesca con freschezza. Il primo di questi appuntamenti è

Searching for Paradise, il progetto su“due ruote” del collettivo artistico fio-

rentino inQuanto teatro, chepropone un racconto poeticoe originale per grandi e picci-ni sulla nostalgia e sul desi-derio di ritrovare il paradiso,portato sulla scena di un pic-colo teatro di legno, ispiratoai “teatri di carta” della tradi-zione giapponese del kamis-hibai, montato a bordo di unabicicletta che arriverà aiChiostri dal 20 al 26 maggio. Dalle suggestioni del lontano

Oriente a quelle della filologia, con gliappuntamenti di Deh peregrini chepensosi andate, lo spettacolo che dal27 maggio al 2 giugno vedrà l’ensem-ble di musica medievale La Lauzeta (diReggio Emilia) proporre in un suggesti-vo itinerario le parole del Boccaccio(dal Trattatello in laude di Dante) ebrani dal manoscritto di Londra (coevaal testo del Boccaccio).Dal 19 al 23 giugno è invece la

Compagnia Raffaele Irace a guidarci,con Daemones, in un viaggio trademoni, mostri e ibridi dell’Infernodantesco – dalle Arpie al Minotauro,da Malacoda alla banda dei diavoliMalebranche – con musiche e danze asvelare il meraviglioso mondo di

Un notevole impegno per il festival e una vasta e pun-tuale offerta di eventi per cittadini e visitatori diRavenna durante il periodo del festival quella dei 120appuntamenti suddivisi fra Dante e i Vespri a SanVitale «Si tratta di una grande innovazione perchérisponde ad una esigenza di turismo culturale non piùrinviabile – afferma il soprintendete del FestivalAntonio De Rosa –. Significa offrire opportunità indiversi momenti della giornata legando gli spettacoliai beni culturali. Le brevi performance mattutine aiChiostri Francescani possono cogliere il massimo flus-so di visitatori che potranno approfondire la cono-scenza di Dante, con un biglietto simbolico da un euro.Lo stesso vale per i concerti dei Vespri a San Vitale che intreccia la visita allabasilica con un suggestivo momento musicale». «Abbiamo voluto immagi-nare un’iniziativa che percorresse tutto festival dall'inizio alla fine, addirittu-ra anticipandolo di quasi due settimane – spiega De Rosa –, tenendo contoanche dell’importanza della destagionalizzazione del turismo. Crediamo siauno stimolo importante anche per quanto riguarda la permanenza del turi-sta, magari incentivato ad arrivare prima dello spettacolo serale per godersila città e l'evento mattutino per restare anche una parte del giorno dopo. Èuna formula che rafforza anche il clima festivaliero che si respira nell'arco diquasi due mesi in città e d'altra parte coinvolge energie creative giovani,soprattutto per il progetto dedicato a Dante, che ci piacerebbe proseguirefino alle celebrazioni del 2021. Ma non è l'unica novità – rivela infine il soprin-tendente –: stiamo preparando un nuovo sito web che vedrà la luce all'iniziodel festival. E poi riprenderemo in mano il tema dell'arredo urbano perchévogliamo che i tre eventi giornalieri del festival siano accompagnati da un'a-deguata visibilità in centro storico. Che significa far vivere di più il festival allacittà. Infine, stiamo lavorando con il sistema alberghiero in regione per faci-litare informazioni e prenotazioni degli spettacoli del festival nelle receptiondi diversi hotel e altri punti di accoglienza fra Bologna e Rimini».

Il soprintendente

De Rosa: «Il festival protagonistadel turismo culturale a Ravenna»

>>

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Ravenna Festival Magazine 2016

poesia e devozione26

Persefone dove bellezza, dannazione epoesia convivono. Il 13 settembre 1321, data della mortedi Dante Alighieri a Ravenna, è il pernoattorno a cui ruota la creazione (inscena dal 24 al 30 giugno) di Daf -Teatro dell’esatta fantasia, gruppo diMessina che ha collaborato con lascuola del Piccolo Teatro di Milano eportato in scena spettacoli in molti tea-tri italiani (dal Carignano di Torinoall’Eliseo di Roma). Di nuovo l’inferno protagonista con ilprogetto del gruppo bolognese Kepler-452, ma un inferno «che abitiamo tuttii giorni, che formiamo stando insieme»nelle parole di Italo Calvino: L’infernodei viventi è prima di tutto un labora-torio per giovani under 30, cui saràchiesto di costruire alcuni spazi infer-nali e abitarli, a partire dalla propriapersonale visione. Le creazioni e per-formance nate da quest’esperienzasaranno proposte ai Chiostri dall’1 al 7 luglio. A concludere l’intera rassegnaLetteralMente Divina che dall’8 al 13luglio ripercorrerà alcuni degli incontrichiave della Commedia – quelli conFrancesca, Ulisse e Ugolino – trasci-nando il pubblico nelle parole, nei ritmie nelle immagini del capolavoro, finoalla creazione di un coinvolgente canto

comune. Ideatore e regista del proget-to Marco Di Giorgio, formatosi allascuola del Piccolo Teatro di Milano,che avrà come protagonista l’arpistaDora Scapolatempore.Il calendario degli appuntamenti ai

Chiostri Francescani incrocia, come perquello dei Vespri a San Vitale, presti-giose partecipazioni come quella diGiovanni Sollima e dei suoi 100Cellos equella del Cape Town Opera Chorus. Il10 giugno, unica data e quindi occasio-ne imperdibile, si esibiranno ai Chiostrile voci dal Sudafrica del coro impegna-to al Teatro Alighieri per la straordina-ria produzione di Mandela Trilogy.Dall’11 al 18 giugno saranno invece leincursioni di solisti e gruppi di violon-cellisti del progetto Cellolandia ad ani-mare le mattine del Festival con parte-cipazioni illustri dallo stesso GiovanniSollima a Ernst Reijseger e MassimoPolidori, ma anche la vivacità di giova-ni e giovanissimi violoncellisti, trasonate e improvvisazioni.Il programma della rassegna si comple-ta inoltre con due commissioni direttead artisti che hanno già collaborato conil Festival in molte occasioni. L’apertura della rassegna, dal 13 mag-gio al 19 giugno, è stata infatti affidataad Elena Sartori e i suoi MelodiCantores, in questo caso affiancati da

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27poesia e devozioneRavenna Festival Magazine 2016

Franco Costantini: il percorso di canti eletture Cantica dantesca evocherà lefigure femminili amate e celebrate dalPoeta, attraverso i repertori gotici pro-babilmente ascoltati da Dante stesso aFirenze e Ravenna. Dal 3 al 9 giugno con Nova vita il grup-po Anime Specchianti, nato dall’espe-rienza dei Danzactori di RavennaFestival che tante produzioni d’opera enon hanno accompagnato in questiultimi anni, si lascerà guidare dalleparole di Dante, con quelle di alcuniSanti del nostro tempo, fuori dallaselva oscura, in un’esibizione sospesafra danza, canto e teatro.Saranno invece accessibili al pubblicoper l’intero periodo, dal 13 maggio al13 luglio, le installazioni ideate dairavennati Ukiyo-e project eOrthographe. Il primo, un progetto diLuca Maria Baldini e Silvia Bigi, pro-porrà l’installazione sonora Matelda –un paio di cuffie per condurre lo spet-tatore in un viaggio simbolico nelmondo dell’invisibile, mentre il secon-do, con Ars Umbratica, collocherà unsistema di specchi – ideato e daAlessandro Panzavolta – che con ungioco di luce riflessa comporrà sullepareti del chiostro terzine scelte dallaDivina Commedia.La rassegna dei Vespri nasce per offri-

re quotidianamente, dal 13 maggio al13 luglio (alle ore 19), ai visitatori dellaBasilica di San Vitale una nuova pro-spettiva, quella di poter ascoltarecapolavori della storia della musica inun ambiente pensato per la loro ese-cuzione.Il primo appuntamento vedrà impe-gnati dal 13 al 19 maggio i MelodiCantores, diretti dalla ravennate ElenaSartori, che eseguiranno il Vesperodelle Cinque Laudate ad uso della cap-pella di San Marco. Questa composi-zione venne pubblicata un anno primadella morte del suo creatore, il musici-sta cremasco Francesco Cavalli, attivoa Venezia nel XVII secolo e pupillo delfamoso Claudio Monteverdi, maestrodi cappella della basilica marciana.Il secondo appuntamento, dal 20 al 26maggio, vede il Gioiosa Ensemblecimentarsi nelle sonate a tre op.1 diArcangelo Corelli, primo esempio diperfezione compositiva del violinistafusignanese. La sospensione dell’ade-renza all’esecuzione storicamenteinformata evidenziata in questa setti-

mana corelliana, di contro assai osser-vata in questa rassegna sacra, è daricondurre ad una valorizzazione deitalenti del Gioiosa Ensemble, cresciutiin seno all’Orchestra Cherubini.Dal 27 maggio al 2 giugno sarà la voltadel controtenore lughese Carlo Vistoli,che, insieme al tiorbista FabianoMerlante, alla gambista Rosita Ippolitoe all’organista ravennate MarinaScaioli, riempiranno la basilica con lenote di Henry Purcell, di AlessandroStradella e di Dietrich Buxtehude.Uno spazio tutto al femminile saràdedicato dal 3 al 10 giugno quandol’Ensembe Korymbos eseguirà tre pro-grammi differenti che vedranno, oltreal coro la partecipazione di arpa goticae vielle. Questo repertorio sacro èstato recuperato da manoscritti risa-lenti al XIII e XIV secolo quando anima-re una liturgia col canto gregorianonon era un evento, ma la prassi.Nella settimana dell’invasione violon-cellistica al Festival saranno proprio i100 cellos, dall’11 al 18 giugno, adoccuparsi dei vespri a San Vitale. Ogni

sera si potrà ascoltare un modo diver-so di intendere il vespro, dalle improv-visazioni su temi sacri di GiovanniSollima ed Enrico Melozzi, alla Sestasuite per violoncello solo di JohannSebastian Bach eseguita dal faentinoMauro Valli.Nel descrivere i vespri dal 19 al 23 giu-gno il condirettore artistico del festivalAngelo Nicastro usa l’aggettivo «sem-plicità» giacché in questo appunta-mento saranno impegnati i giovanitalenti del Coro di voci bianche LudusVocalis, diretti da Elisabetta Agostini.Le musiche eseguite spazieranno daJohann Sebastian Bach e Andrew LloydWeber.Dal 24 al 30, invece, sarà il coro senior,il Ludus Vocalis, diretto da StefanoSintoni, ad eseguire brani di composi-tori attivi a Ravenna tra il XVI ed il XVIIsecolo.Dall’1 al 7 luglio vi sarà spazio per ladevozione mariana grazie al GruppoLumen Luminum, nato grazie agli inse-gnamenti dell’Ensemble La Reverdie,che eseguirà mottetti, laude ed inni diautori del XIII secolo.Chiuderà la rassegna l’impegno, dall’8al 13 luglio, dell’organista AndreaBerardi, prosecutore della grandescuola organistica ravennate di don Gino Bartolucci. ❍

La Basilica di San Vitale accoglierà dal 13 maggio

sessanta appuntamenti, ogni sera alle 19, con i Vespri:

momenti di musica sacra corale e strumentale

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CSC classica, sacra, contemporanea 29Grandi maestriRavenna Festival Magazine 2016

Sul podio Muti, Nagano, Harding,Fischer e Uchida al piano solo

DI ENRICO GRAMIGNA

Come di consueto, Ravenna siaccinge ad ospitare una lungaserie di concerti e performanceche la renderanno caput mundi ditutto l’universo musicale. La cifracaratteristica del festival è di aversempre portato in Romagna arti-sti di caratura mondiale e, ancordi più, va detto che la vera puntadi diamante del festival è semprestata l’offerta di musica orche-strale. Compagini tra le più pre-stigiose e bacchette importantis-sime si sono avvicendate sui pal-coscenici del festival ed in questaventiseesima edizione sarà pro-prio il padrone di casa, il maestroRiccardo Muti, alla guidadell’Orchestra Giovanile LuigiCherubini, che darà il la alle cele-brazioni, il 4 giugno, dirigendouno dei programmi da concertopiù noti al grande pubblico: laSinfonia N.8 Incompiuta diSchubert e la Sinfonia N.5 diBeethoven. L’ordine del program-ma non è certo casuale, infatti, sedalle pagine schubertiane emer-

ge un’esegesi della vita in conti-nua lotta tra il dolore e l’amore,come afferma l’autore stesso neisuoi diari, nell’opera beethove-niana la dicotomia è ancor piùnetta, dove a momenti di liricoidillio si contrappongono titanicicontrasti che sfociano però nellavittoria della ragione sintomo diquel positivismo che stava giàdilagando ad inizio ‘800.Il secondo concerto che vedrà ilmaestro Muti sul podio ravennatesarà, il 3 luglio, per l’ormai con-sueto appuntamento Le viedell’Amicizia: Ravenna-Tokyo.Proprio quest’anno, infatti, ricorreil 150° anniversario delle relazionitra Italia e Giappone. Dopo i suc-cessi nipponici, sarà Ravenna adospitare la Tokyo Harusai FestivalOrchestra, a cui, oltre alla giova-ne Cherubini, si uniranno il Corodel Teatro Petruzzelli di Bari, ilCoro del Friuli Venezia Giulia ed ilCoro di Voci Bianchedell’Accademia del Teatro allaScala. In questa moltitudine visarà spazio anche per il basso

Ildar Adbrazakov che canterà ladifficile aria Oltre quel limitedall’Attila di Giuseppe Verdi. Ilprogramma dedicato al maestroemiliano si completerà con le sin-fonie dal Nabucco, dalla Forza delDestino, il coro della processioneda I lombardi alla prima crociataper concludersi con il prologo dalMefistofele di Arrigo Boito chetanta parte del successo di nume-rose opere verdiane ebbe in virtùdel suo pregevole lavoro di libret-tista. La scelta di queste pagineper questo concerto che legaItalia e Giappone sembra oscurosolo in apparenza, tuttavia èbene rammentare che mentre perl’Italia Verdi, e l’opera tutta, sonopatrimonio nazionale, emblemavivo del risorgimento, per ilGiappone è espressione di veraed autentica passione. Certo que-sto sarà un concerto imperdibileper tutti coloro che amano l’ope-ra romantica, diretta dalla miglio-re bacchetta al mondo nel reper-torio verdiano.L’ultimo appuntamento con

l’Orchestra Giovanile LuigiCherubini e Riccardo Muti, il 5luglio, vedrà protagonista DavidMcGill, storico primo fagotto dellaChicago Symphony Orchestra. Ilprogramma di questo concerto sipreannuncia gustoso e sorpren-dente: il primo brano in program-ma sarà la Sinfonia N.35 Haffnerdi Mozart. La genesi di questacomposizione è quantomenopeculiare, infatti Mozart ricevette

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Riccardo Muti alla guida della Cherubini

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CSCGrandi maestri classica, sacra, contemporanea30

l’incarico di scrivere, nel 1782,una serenata per la cerimonia dinobilitazione di Sigmund Haffner,figlio del defunto bürgmeister diSalisburgo, tuttavia da fonti certeè noto che questa commissionenon fu completata in tempo; l’an-no successivo Mozart rimisemano alla serenata togliendo lamarcia iniziale ed il secondominuetto ampliando, invece, l’or-ganico orchestrale modellandocosì una delle sue poche sinfoniedel periodo viennese, così prolifi-co, tuttavia, di concerti per piano-forte e musica da camera. A que-sta sinfonia seguirà il Concertoper fagotto, unica opera per que-

sto strumento del genio salisbur-ghese, nel quale l’elemento dellostile galante è la cifra caratteristi-ca, essendo egli venuto a contat-to proprio nel periodo di compo-sizione di questo concerto con leopere di Haydn e soprattutto CarlPhilipp Emanuel Bach, principaleesponente di questo stile chetanta fortuna ebbe nella metà delXVIII secolo. Chiuderà il concertoun’opera riscoperta recentemen-te tra i manoscritti della bibliote-ca del Conservatorio di San Pietroa Majella di Napoli. La Fantasiaper fagotto su vari temi delTrovatore del Maestro GiuseppeVerdi di Francesco Cappa è quel

genere di composizione che tantosuccesso ebbe nei concerti dimetà ‘800: prendere i temi piùfortunati delle opere più note edar loro una veste orchestrale erauna prassi e una buona garanziadi successo. Questa particolareopera debuttò nel Collegio diMusica il 2 febbraio 1854 sotto ladirezione del celebre maestroSaverio Mercadante e vide nellevesti di solista Filippo Acunzo.Sfortunatamente le notizie bio-grafiche riguardo al compositoresono quasi inesistenti, tuttaviaaltre sue opere dello stesso tiposono state ritrovate nellaBiblioteca del San Pietro a

Majella e la coincidenza che essesiano state scritte sotto la dire-zione dello stesso Mercadantelasciano pensare che Cappa nefosse un dotato allievo.Saranno altri 4 gli appuntamentiche il Ravenna Festival 2016 avràcon l’orchestra. Il primo ospite, il10 giugno, sarà l’ungherese IvanFischer alla guida della suaBudapest Festival Orchestra, fon-data 33 anni or sono. Il program-ma della serata vedrà protagoni-sta l’anima orientale della musicaeuropea, incline al nuovo ma conradici profonde nella tradizione:aprirà il concerto la suite Jeu de

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Ivan Fischer

Daniel HardingQuartetto Lyskamm

Natsuko Uchida

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Cartes di Stravinskij, opera delperiodo neoclassico del composi-tore russo, che si concluderà conla Sinfonia N.8 di Dvořák, verticedell’influenza boema nella scrittu-ra sinfonica del compositore. Traqueste due pagine il pianistaungherese Dénes Várjon eseguiràil Concerto N.2 di Liszt, chiamatodal compositore stesso Concertsymphonique proprio per la gran-de rilevanza che l’orchestra assu-me nell’opera, non semplice corol-lario al solista, ma vero e proprioessere senziente che con essocombatte e dialoga.Il 19 giugno sarà la volta dellaMahler Chamber Orchestra, com-pagine che si definisce “nomade”,ossia senza una sede fissa, chefesteggerà nel 2017 i 20 anni dallafondazione, diretta dall’ingleseDaniel Harding, giovane promessamantenuta della direzione. Il con-certo, come il divino Giano, ha duefacce: la prima parte sarà dedicataall’avanguardia con l’esecuzionedi Intégrales di Varèse, composi-zione per percussioni e piccolaorchestra, e la prima italiana delConcerto per tromba e orchestradi Turnage, commissionato pro-prio dall’orchestra ed eseguito daHåkan Hardenberger, magnifico

trombettista avvezzo sia al reper-torio tradizionale sia alle nuovecomposizioni. La tradizione con-cluderà, invece, la serata con laSinfonia N.4 di Beethoven, paren-tesi di serenità nella produzionesinfonica del genio di Bonn, la cuiunica deroga alla vivacità si trovanel lungo adagio iniziale, caratte-rizzato da una continua tensioneirrisolta, topos musicale del com-positore di Bonn. Il concerto in scena l’1 luglio sarà,invece, un’anticipazione dellaTrilogia d’autunno. Il Gran Galà delDanubio vedrà l’Orchestra dacamera MAV, una tra le più presti-giose compagini ungheresi, affian-care i giovani concorrenti di untalent show sui generis: invece dicuochi o cantanti esso ricerca labravura musicale tra gli strumenti-sti classici. Sarà quindi interessan-te vedere come il direttore TámasVásáry si districherà tra i giovanitalenti e le due belle voci lirichedel soprano Eva Lind e del mezzo-soprano Andrea Edina Ulbrich chesaliranno sul palco del TeatroAlighieri.Ultima compagine orchestraleche si esibirà al festival sarà, l’11luglio, l’Hamburg Philharmonicdiretta dallo statunitense Kent

Nagano. Il giovanissimo MartinHelmchen romperà il ghiacciocon il Concerto N.4 per pianofor-te di Beethoven a cui seguirà laSinfonia N.6 di Bruckner. A benvedere questo programma, perquanto parto di due esponentidel titanismo ottocentesco, sinutre di quell’ingenua intimità, atratti rilucente ma mai muscola-re, che cesella e non scolpisce,che si nutre del suono dell’orche-stra senza esasperarne gli accen-ti, ma evidenziando la grazia el’eleganza.Non di sola orchestra, però, viveil festival. In questo solco s’inseri-scono i concerti dedicati alle deli-cate sonorità cameristiche. Ilprimo di essi sarà il recital piani-stico di Mitsuko Uchida, il 1 giu-gno, nel quale la celebre pianistagiapponese eseguirà il Rondo inla minore K511 di Mozart prima digettarsi sull’autore da lei predi-letto, Schubert, nell’esecuzionedell’integrale degli Impromtus,brani musicali di breve durata chesi imposero nel movimento arti-stico chiamato Biedermeier, assaiin voga durante il crepuscolodella prima scuola di Vienna.Il quartetto sarà il protagonistadel secondo appuntamento

cameristico. Questa formazione èda sempre il banco di prova piùarduo sia per i compositori, perl’essenzialità e la necessità diperfezione compositiva cherichiede, sia per i musicisti, tantoche si è addirittura arrivati a idea-lizzare il quartetto come uno stru-mento unico dotato di sedicicorde. I riflettori saranno, quindi, puntatisul Quartetto Lyskamm, gruppoitaliano fondato nel 2008 in senoal Conservatorio di Milano cheeseguirà il Quartetto N.4 Sz91 diBartók, vertice della maestria delcompositore ungherese nell’uti-lizzo totale della tavolozza timbri-ca dei quattro archi, seguito dalceleberrimo Adagio e fuga K 546di Mozart, saggio di tecnica con-trappuntistica derivato diretta-mente dal profondo studio dellavertiginosa produzione bachiana.Chiuderà il concerto il Quartettodi Verdi, unico esempio di questogenere di composizione nella pro-duzione del Cigno di Busseto: inessa riecheggiano i colori operi-stici delle più note composizioniverdiane ed a buon diritto si puòconsiderare l’anello di congiun-zione tra l’opera lirica e la musicada camera italiana. ❍

Kent Nagano

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35Ponte culturaleRavenna Festival Magazine 2016

Lungo le vie dell’amiciziaalla scoperta del Sol Levante

DI CHIARA BISSI

Come ogni anno nel programma delFestival è possibile seguire percorsimusicali inediti, rintracciare propostenell’alveo della tradizione e trovare leragioni di nuove aperture verso ilmondo. In quest’ultimo ambito si col-loca il Viaggio dell’Amicizia, che haavuto come meta il Giappone, nell’an-no in cui si celebra il 150° anniversariodelle relazioni fra Italia e Giappone.Nel mese di marzo Riccardo Muti el’orchestra Cherubini sono volati aTokyo per unirsi alla Harusai FestivalOrchestra. Gli stessi musicisti si ritro-veranno il 3 luglio a Ravenna per ilgrande concerto nel segno di Verdi.Nel programma da ricordare lo spetta-colo di danza butoh Utsushi delcoreografo e regista Ushio Amagatsu,il 14 giugno e il recital al pianoforte diMitsuko Uchida, il primo giugno. Percapire il senso profondo del legamefra Italia e Giappone e le intense rela-zioni culturali esistenti fra i due paesi,giova ascoltare il racconto del raven-nate Marco Del Bene, dal 2008 pro-fessore associato di Storia delGiappone moderno e contemporaneoall’Istituto italiano di studi Orientalidell’università La Sapienza di Roma,nonché presidente dell’associazioneItalia – Giappone di Ravenna e diretto-re della rassegna ravennate “Ottobregiapponese”.La sorprende che proprio Ravennacon il festival dia un contributoimportante alle celebrazione 150 annidi relazioni Italia Giappone?«La cosa mi rende felice. Festeggiarequesto anniversario è un momentoimportante. Italia e Giappone sonolegate da un destino storico».In che senso?«Sono due paesi che ricostruiscono lapropria unità e identità nazionalenegli stessi anni, 1861 il primo e 1867il secondo. Ed è in quegli anni che sisviluppa anche un intenso legamecommerciale. Sono due paesi giovani,uno ancora in fase feudale sull’orlo diuna guerra civile e l’Italia riunificatadalle lotte risorgimentali. In queglianni l’Europa fu colpita da una epide-mia di pebrina, malattia che colpisce ibachi da seta. I setaioli italiani allaricerca di uova per ripopolare gli alle-vamenti raggiunsero il Giappone, che

divenne il fornitore principale delcosiddetto “semebachi”. Anche dopola restaurazione del 1867, tale com-mercio fu per diversi anni una tra levoci più importanti dell’export giappo-nese. La prima missione in Giapponedell’Italia unitaria è proprio per tutela-re quel commercio. Ma ci sono altrielementi che avvicinano i due paesi».Quali ad esempio?«L’attività missionaria molto diffusadopo la scomparsa dei bandi imperialidi prescrizione verso la religione cri-stiana. Da ricordare l’esperienza delmissionario faentino don VincenzoCimatti che compone un’opera sulmartirio dei cristiani. E poi c’è laCostituzione giapponese del 1889, laprima di tipo europeo in Asia, nellastruttura assai simile allo StatutoAlbertino. Entrambi i paesi si gettanonell’avventura coloniale con ritardo.Poi negli anni Trenta il legame si tra-muta in una vicinanza tra regimi tota-

litari di stampo fascista. All’inizio delNovecento maturano influenze cultu-rali anche in campo musicale, si pensia Puccini, alla dimenticata Iris diMascagni, autore che studia la melo-dia e gli strumenti della tradizionegiapponese».Come sarà l’incontro con la culturaitaliana?«Felice e appassionato, tanto che ladiffusione della musica della tradizio-ne colta europea metterà a rischio lasopravvivenza della musica giappone-se. L’ascolto delle composizioni e lostudio della “nostra” notazione entra-no nei programmi scolastici e comeavvenne anche in Italia, la musicadivenne un veicolo di costruzione del-l’identità nazionale. La prima accade-mia di belle arti di Tokio ha nel pro-prio organico insegnanti italiani, tracui Fontanesi, Ragusa. Un altro italia-no, Chiossone, fu assunto alla zeccadello stato del Giappone.

Quest’ultimo realizzerò persino l’im-magine ufficiale dell’imperatore Meiji.Ugualmente in Italia negli anni acavallo della Prima guerra mondiale lacattedra di giapponese all’IstitutoOrientale di Napoli, fu tenuta daShimoi Harukichi, poeta e “mediatoreculturale” tra i due Paesi, che divenneamico di D’Annunzio, legionario adhonorem e poi ammiratore del fasci-smo e del Duce».Si può dire che la musica è stato unelemento importante per la diffusionedella cultura italiana?«Sì certo. Tokio è la città con più teatridedicati alla musica colta europeadell’estremo Oriente. Riccardo Mutirappresenta un’eccellenza mondiale,e in Giappone è naturalmente assaiapprezzato. Ne è ennesima dimostra-zione il successo della tournée deimesi scorsi. La passione per la musicaclassica della tradizione colta europeaè tale da oscurare in una certa misuralo studio delle tradizioni locali. Dopo iltragico epilogo della Seconda guerramondiale, dagli anni Cinquanta lerelazioni culturali passeranno ancheattraverso il cinema, grazie al lavorodi Giuliana Stramigioli, che farà cono-scere l’opera di Kurosawa al mondo,selezionando Rashomon per il festivaldi Venezia nel 1951 – ma anche il cine-ma del neorealismo italiano inGiappone – e terrà in seguito la catte-dra di Lingua e LetteraturaGiapponese a La Sapienza.Impossibile riassumere in poche paro-le anche l’esperienza di FoscoMaraini, padre di Dacia, che coltivòrapporti profondissimi con ilGiappone, dagli anni Trenta delNovecento fino alla morte. Poi la svol-ta negli anni Settanta e Ottanta con lamoda di manga e anime in Italia e ilboom della cucina italiana inGiappone. Spaghetti, pizza e pomo-dori pelati sono entrati di fatto nelleabitudini alimentari dei giapponesi». Ma come è cambiata la percezionedell’Italia invece?«Per lungo tempo ha dominato un’i-dea un po’ riduttiva dell’Italia come ilpaese solare della Dolce vita, nelquale tutti sanno godere dell’arte,della cultura e della buona cucina.Una sorta di alter ego del Giappone.Così al contrario l’interesse per i car-

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Ravenna Festival Magazine 2016

Ponte culturale36

toni animati e il fumetto giapponesi eper tutta la sottocultura di quel paeseha prodotto una corrispondente fiori-

tura in Italia, con la diffusionedi parole e stili prettamentenipponici come otaku ocosplayer. Rap pre sentazionireciproche spesso immagina-rie, anche se il confronto conla realtà del Giap pone resti-tuisce un’idea diversa, nelbene e nel male…».E infine Ravenna. Come giu-dica la risposta della città neiconfronti delle attività propo-ste dall’associazione Italia -Giappone?«Si è trattato di una scom-messa, un’idea di nicchia sevogliamo, ma da 14 anni ci

muoviamo in tutto il territorio provin-ciale, portando la fascinazione perquesta cultura, di fatto distante e allostesso tempo vicina grazie a profondielementi di contatto. Con l’aiuto diRavenna Festival negli anni abbiamoportato una serie di spettacoliimportanti come la danza kabuki ola musica imperiale di corte gagaku.Diciamo che nel tempo sono stateposte le basi per un interesse chequest’anno raggiunge vette davveroinsperate». ❍

Martedì 14 giugno (alle 21.30), sul palcoscenico del Pala De André va inscena la più importante compagnia giapponese di danza butoh, SankaiJuku, fondata nel 1975 e diretta da Amagatsu Ushio, che proporrà lospettacolo Utsushi. Il butoh è un genere di danza contemporanea natain Giappone negli anni ‘50 del Novecento, giocata su registri grotteschie movenze ora ipnotiche ora convulse. Erede di seconda generazionedel butoh dei maestri Tatsumi Hijikata e Kazuo Ohno, Amagatsu – conla sua compagnia tutta al maschile – esporta quell’immaginario dram-matico del Giapponepost-Hiro shima, fattodi crani rasati, corpi tal-cati e movimenti sinuo-si, spa ziando dallaprima creazione KinkanSho nen del 1978 a Tokidel 2005, arrivandoinfine a tessere lanuova trama di Utsushiin cui apre una nuovaporta, grazie alla qualesi può ammirare e sen-tire la bellezza dellavita, della natura e del-l’arte.

Danza contemporanea

Con Utsushi, va in scena il nuovobutoh di Amagatsu Ushio

Nella pagina precedente, la seriespeciale di francobolli dedicati a Muti e

Verdi, in occasione della recente tournéein Giappone. In alto, i giovani

dell’orchestra Cherubini con i colleghigiapponesi mentre provano a Tokio.

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37Trilogia d’AutunnoRavenna Festival Magazine 2016

Il Ravenna Festival 2016 estende,come ormai consuetudine, le suesonore propaggini grazie alla rasse-gna d’ottobre Trilogia d’autunno,quest’anno dedicata alla musicanata sulle sponde del Danubio. Inquesta occasione il pubblico raven-nate potrà scoprire i tesori dellamusica che risuonavano nellaVienna austro-ungarica e che tra-sformeranno, dal 14 al 20 ottobre, ilteatro Alighieri nel Theater an derWien, storico teatro della capitaleimperiale; sarà, infatti, l’operetta lavera protagonista della trilogia.Questo genere musicale, nato inFrancia a metà ‘800 anche grazie algenio di Jacques Offenbach, riscos-se moltissimo successo, specie trala borghesia austriaca e parigina difin de siècle, sia per l’alternanza traparti cantate e parlate sia per l’argo-mento sentimentale e di facile godi-bilità; è, tuttavia, l’aspetto coreogra-

fico che costituisce il vero centrodell’operetta, tanto da risultarne ilpiù importante punto di forza.Il primo dei tre titoli in cartellonesarà Gräfin Mariza (La contessaMaritza), composta nel 1924 dall’un-gherese Emmerich Kálmán, la cuitrama gioca sull’amore che la con-tessa nutre per un fattore che sirivelerà essere il conte Tassilo. Del celebre Johann Strauss figlio laseconda operetta in programma, DieFledermaus (Il Pipistrello), compo-sta in soli 43 giorni per diventare ilcapolavoro indiscusso del genere.Nonostante Strauss fosse statoavviato ad una carriera da bancario,alla fine egli scelse di seguire leorme paterne e di realizzare la pro-fezia di Offenbach, il quale gli avevapreannunciato fortuna come compo-sitore di operette. Di origine ungherese anche FranzLehár, compositore dell’ultima ope-

retta in programma, la celebre Dielustige Witwe (La vedova allegra),rappresentata a Vienna nel 1905 congrande successo. Il grande numerodi personaggi e situazioni in gioco inquesta composizione è specchiodella grande orchestra richiesta perl’esecuzione, una vera novità nelgenere per l’epoca. Di questa setti-mana di operetta sarà protagonistaassoluto il direttore Daniel Somogy-Toth che sarà chiamato a gestire leproduzioni di tre tra i teatri piùimportanti dell’Ungheria, il TeatroOperetta Budapest, il TeatroCsokonai di Debrecen ed il Teatro di

Szeged.Come ultimo afflato per questa ras-segna autunnale, ci sarà la possibili-tà, dal 20 al 23 ottobre, di ascoltarein vari luoghi della città musica tzi-gana eseguita dall’OrchestraTzigana Ungherese e dalla BandaCittadina di Ravenna e Banda cittàdi Russi prima del concerto finale il23 ottobre, al teatro Alighieri, de I100 violini tzigani che uniranno allatradizione operettistica pagine tra lepiù scintillanti della produzionemusicale italiana in un concerto chesarà vero emblema dell’universalitàdel linguaggio musicale. ❍

Canti e danze sull’onda

del Danubio

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CSC classica, sacra, contemporanea 39Fra Rinascimento e BaroccoRavenna Festival Magazine 2016

Da Palestrina a Pärt passando per VivaldiCelesti armonie sulle sacre corde

DI ENRICO GRAMIGNA

Stabat mater dolorosa, iuxta cru-cem lacrimosa dum pendebatfilius. Con queste parole si aprela sequenza attribuita a Jacoponeda Todi scritta per le celebrazionidel venerdì santo. Nel corso delConcilio di Trento molte tra lesequenze che adornavano leliturgie subirono un grande ridi-mensionamento, tuttavia questanon ebbe la stessa sventuratanto da essere, anzi, presa amodello dai musicisti. Tra gliStabat Mater più importanti, pertacer di quello di Pergolesi, bastipensare all’impegno profuso daHaydn, Rossini, Dvorak, Verdi,solo per citare i più noti. È stato,tuttavia, nel periodo che va dalRinascimento al Barocco che l’in-no riscosse più successo tra imusicisti: in questo periodo assi-stiamo ad una vera fioritura com-

positiva che vede tra i suoi giglipiù belli l’opera di Vivaldi. LoStabat Mater RV 621 è manifestodella retorica barocca imperniatasu quella che verrà poi chiamataAffektenlehre (teoria degli affetti)e che progressivamente verràabbandonata nel classicismo,benché sia rintracciabile ancoranelle composizioni mozartiane. Il29 giugno Soqquadro Italianosarà in scena sul palco del TeatroRasi con uno spettacolo nato dal-l’incontro della musica vivaldianacon la danza come a recuperarel’anima barocca della composi-zione, volta al maraviglioso.Protagonista indiscusso di que-sto appuntamento sarà il balleri-no e cantante VincenzoCapezzuto, autentica rappresen-tazione di eccellenza in entrambele arti, che danzerà sulle idee delneodirettore del corpo di ballo

La Magnifica Comunità

Soqquadro Italiano>>

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Ravenna Festival Magazine 2016

CSCFra Rinascimento e Barocco classica, sacra, contemporanea40

alla Scala Mauro Bigonzetti perla drammaturgia di ClaudioBorgianni.Poco lontano da Ravenna, nellaChiesa di San Giacomo a Forlì il16 giugno, La MagnificaComunità diretta dal violinistaEnrico Casazza sarà impegnata,insieme al mezzosoprano RominaBasso, in un programma dal tito-lo evocativo, Sacre Corde, dedi-cato a tre compositori che fecerola storia del primo ‘700. Il con-certo si aprirà con la breve anti-fona In coelestibus regni diPergolesi per poi dedicare ampiospazio alle composizioni diVivaldi. Del compositore venezia-no saranno eseguiti il Concertoper violino Per la SantissimaAssunzione di Maria Vergine,caratteristico per la sua scritturaorchestrale a doppio coro, ilConcerto per violino Per laSolennità della Santa Lingua diSant’Antonio in Pauda, uno deivertici massimi del virtuosismoviolinistico vivaldiano, e, infine, ilmottetto per voce, archi e conti-nuo Longe mala umbrae terrores,composto da un’aria ed un reci-tativo, come a lasciare sospesoun discorso che può essere chiu-so solo con l’esecuzione delGloria RV 589 per il quale fu pen-sato come introduzione.Chiuderà il programma del con-certo il celebre Salve Regina diPorpora, compositore a tortopoco eseguito nelle sale da con-certo, che assurge a vero capola-voro del musicista napoletano. Inqueste pagine la voce della can-tante, impegnata in mille volute,viene progressivamente liberatadalla gravità per adempiere alla

funzione di messaggero in gradodi collegare l’Uomo a Dio.Evento di grande importanzasarà il concerto di The TallisScholars, ensemble vocale ingle-se tra i più importanti per quelche concerne l’interpretazionedella musica rinascimentale. Tra ibrani che saranno eseguiti spiccauna presenza massiccia di com-posizioni del contemporaneoPärt, esponente estone di quellacorrente musicale che ricadesotto l’etichetta dei minimalismo,ma vi sarà ampio spazio ancheper la musica quattro-cinquecen-tesca rappresentata da composi-tori quali Palestrina e gli inglesiSheppard, Byrd, Taverner eTallis, da cui il gruppo mutua ilnome. Sarà eseguito, inoltre, ilcelebre Miserere di Allegri, com-posizione ritenuta talmente sacradai Papi da prescrivere la scomu-nica a chiunque facesse trapelareal di fuori della Cappella Sistinaanche un singolo foglio dellospartito. La storia diventa quileggenda quando, nel 1770, unquattordicenne Mozart dopo averascoltato un’esecuzione delbrano a Roma, lo trascrisse amemoria, dando il via al proces-so di caduta della minaccia di scomunica che ad esso era legata.Un altro coro inglese sarà prota-gonista dell’appuntamento del 4luglio quando i giovani compo-nenti del Westminster CathedralBoys Choir si esibiranno insiemeall’organista Peter Stevens, diret-ti da Martin Baker. Ormai unaconsolidata tradizione vuole chequesti giovani coristi siano sele-zionati direttamente in seno alla

scuola maschile della cattedralelondinese e ne animino quotidia-namente l’ufficio. Il repertorio delconcerto spazierà dalla polifoniarinascimentale di Crivelli finoall’avanguardia britannica diHolst. Di particolare rilevanza èl’attenzione per i compositoriinglesi che a torto vengono eti-chettati dai direttori artistici deiteatri come di seconda fascia;Purcell tra tutti ne è un esempiosfolgorante, dimenticato persecoli, solo negli ultimi centoanni è stato riscoperto, dandonuovo slancio alla scuola britan-nica. Prima dell’avvento diHändel era stato proprio Purcella cercare, e trovare, una via

inglese per l’opera, tuttavia lasua prematura scomparsa a soli36 anni ne troncò sul nascere losviluppo. Esempio unico di que-sta produzione pervenuto ainostri giorni è la celebre Didoand Aeneas, opera in linguainglese e lontana dal gusto delbarocco italiano, le cui ascenden-ze vanno ricercate nelle sonoritàdella musica francese e dei con-sort di viole da gamba, strumen-to molto in voga sulle spondedella Manica nel XVII secolo.La rassegna In templo Dominipermetterà di partecipare ognidomenica, per tutta la durata delfestival, a liturgie animate dai piùimportanti gruppi corali mondiali.Il primo appuntamento sarà il 5giugno, nella Basilica di SanFrancesco, con Alessandra Fiori el’Ensemble Korymbos, gruppocorale composto da sole donne:questo ensemble si pone comeobiettivo quello di esplorare ilconfine tra la musica antica equella popolare. Saranno esegui-te le musiche contenute nelmanoscritto Q.11, conservato alMuseo delle Musica di Bologna.In esso sono vergati brani risa-lenti alla fine del XIII secolo dedi-cati alle voci femminili, documen-ti di eccezionale rarità, probabil-mente composti per monacheche accompagnavano col canto iloro momenti di preghiera all’in-terno dei monasteri. Nel mano-scritto si trovano musiche siamonodiche sia polifoniche che sirifanno direttamente allo stile delcanto gregoriano, ma che nel

The Westminster Cathedral Boys Choir

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CSC classica, sacra, contemporanea 41Fra Rinascimento e BaroccoRavenna Festival Magazine 2016

corso del tempo hanno subitomodifiche, visibili sui fascicoliche compongono il documento,per essere adattate al gusto edalle esigenze dell’organico.Il secondo appuntamento sarà il12 giugno nella grandiosaBasilica di Sant’Apollinare Nuovocon il Cape Town Opera Chorusdiretto da Tim Murray. In questacircostanza saranno eseguitibrani provenienti da diverse tra-dizioni, dallo spiritual alla musicaeuropea, come a creare una cor-rispondenza tra la musica e lareligione, messaggeri per l’uma-nità di universalità ed unità tragli uomini. Certamente questotema è uno tra i più alti che sipuò ritrovare in moltissime com-posizioni, la più importante dellequali è senza dubbio alcunol’Inno alla Gioia all’interno dellaSinfonia N.9 di Beethoven, vero eproprio manifesto della fratellan-za universale.Il coro Ludus Vocalis sarà prota-gonista il 19 giugno nella Basilicadi Sant’Agata Maggiore. Verràeseguita la Missa Saepe dumChristi di don Vincenzo Cimatti,compositore faentino e missiona-rio salesiano in Giappone, paesenel quale trascorse gli ultimi qua-rant’anni della sua vita e dovecompose, oltre a 18 messe, laprima opera lirica in lingua giap-ponese, rappresentata per laprima volta nel 1940. Alla guidadel coro ravennate ci sarà il diret-tore Stefano Sintoni e questoappuntamento vedrà la parteci-pazione all’organo di AndreaBerardi.Il 26 giugno sarà il turno di TheTallis Scholars che eseguirannola Missa Papae Marcelli diPalestrina. La genesi di questamessa affonda le radici proprionella Controriforma voluta dalconcilio tridentino: durante idibattiti sulla musica avvenuti trail 1561 ed il 1563, vi era la forteidea di ripristinare la monodiagregoriana, in modo da preserva-re l’intellegibilità dei testi sacricantati, tuttavia la leggenda attri-buisce proprio a questa composi-zione il merito di aver convinto ivescovi presenti a non abbando-

nare la polifonia, in virtù di unpiù sobrio modo di conduzionedelle parti e secondo un principiodi non politestualità, invalso sindai primi giorni del secondo mil-lennio. In questo la dedica è lacartina di tornasole dei nuovidettami della musica sacra, infat-ti giocando sul caso latino, si hanel titolo papae Marcelli, ovverodi papa Marcello, e non papaeMarcello, cioè per papa Marcello,in quanto questo pontefice fu trai sostenitori di una più sobriapolifonia che non togliesse spa-zio alla sacralità, cercando peròdi perpetuare la sua complicataarchitettura formale. Nonostantel’idea di prendere le distanzedalla Riforma fosse forte, laControriforma quindi scelse dinon tornare completamente alleorigini con un rigurgito passati-sta, ma di riorganizzare la strut-tura musicale unendo alle basidel passato gli splendori del pre-sente permettendo così alla sto-ria della musica di sviluppare inambito sacro quelle vette musi-cali che sono ancora oggi presen-ti nelle esecuzioni.Il 3 luglio, invece, sarà la Basilicadi San Vitale ad essere riempitadalle note dei canti gregorianiinterpretati dai WestminsterCathedral Boys Choir e dall’orga-nista Peter Stevens, diretti daMartin Baker. L’origine del cantogregoriano affonda nel mito attri-buendo a papa Gregorio Magno,intorno alla metà del IX secolo, laprima raccolta di musica liturgi-ca, ma è dal secolo successivoche questo genere musicalevocale cominciò ad affermarsiper diventare in breve ciò che perla Chiesa Cattolica è tuttora, cioècanto proprio della liturgia roma-na. A completare i brani chesaranno eseguiti vi saranno branidi due importanti organisti discuola franco-belga, César Francke Jean Langlais.Questo Ravenna Festiva 2016 sidimostra, dunque, molto attentoalla dimensione sacra, conceden-do ampio spazio a costellazionidi compositori che hanno scrittopagine tra le più importanti dellamusica rivolta a Dio. ❍

Fra i protagonisti di concerti e liturgie nelle chiese

ravennati, con note dall’anno Mille al ‘900: Soqquadro

Italiano, Magnifica Comunità, Tallis Scholars,

Westminster Cathedral Boys Choir, Capetown Opera

Chorus, Ludus Vocalis, Ensemble Korymbos

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CSC classica, sacra, contemporanea 43Conversando sulle noteRavenna Festival Magazine 2016

DI LUCA MANSERVISI

Il suono del contemporaneoda Luigi Nono a Morton Feldman

Continua il viaggio del RavennaFestival tra i protagonisti della musicadel secolo scorso e in particolare tra leavanguardie della seconda metà delNovecento. Un impegno nel campodella musica contemporanea che guar-da anche alle vicine esperienze delfestival Angelica a Bologna e di unlocale come l'Area Sismica di Forlì, inuna città invece come Ravenna «checon la contemporaneità ha un rapportodifficile». A parlare è Franco Masotti,condirettore artistico del RavennaFestival e curatore in prima personadella rassegna nella rassegna, "La tra-dizione del nuovo", che quest'annoomaggia con due serate consecutive alrefettorio di San Vitale (2 e 3 giugno)un personaggio che rappresenta unasorta di unicum nel panorama italianoe non solo, Luigi Nono, celebre compo-sitore impegnato, intellettuale attivo apartire dagli anni cinquanta nella ricer-ca di rinnovamento politico e giustiziasociale.«Ci è sembrato il compositore italianoche più rappresentasse il tema delfestival di quest'anno, che è l'idea dilibertà – spiega Masotti –, a partiredalla sua composizione La lontananzanostalgica utopica futura, dedicata algrande violinista Gidon Kremer, tral’altro in passato ospite del Festival, eche fa parte del ciclo di “Caminantes”,realizzato sulla base dell’idea – natadopo aver letto la scritta su un muro diun monastero francescano a Toledo –che non è importante il luogo verso cuisi cammina, ma il cammino stesso,l’essere in movimento».Dal punto di vista musicale, Nono futra i primi a sperimentare con il LiveElectronics e alle due serate ravennatil’apporto da questo punto di vista arri-verà da Tempo Reale, tra gli storicicentri di musica elettronica italiani(fondato da Luciano Berio) con cui ilFestival ha intensamente collaboratoin questi anni. In una città, Ravenna,che quasi insospettabilmente ha unpassato legato proprio alla musicaelettronica, come ricorda Masotti, chefu tra i fondatori a inizio anni Ottantadi quello che fu probabilmente il primocorso non di conservatorio organizzatoda un ente pubblico. «Prima di diven-tare la casa delle Albe, il Teatro Rasi

per due-tre anni è stato una vera e pro-pria scuola di musica elettronica concorsi tenuti da musicisti provenientidirettamente da New York o dalla WestCoast, e dove ospitammo anche con-certi importanti (addirittura salì a queitempi sul palco del Rasi Terry Riley,ndr)». Ora per fare elettronica bastanoinvece alcuni software nella propriacameretta e l’interesse è ormai diffuso,«ma c’è ancora chi vuole avvicinarsi aimaestri o pionieri che siano, o a chi lofa, diciamo così, in maniera più consa-pevole». E sull’elettronica in qualchemodo il Festival insiste, con un proget-to in programma per i prossimi anni –ci anticipa Masotti – sui sintetizzatorianalogici, Moog, Buchla o SergeTcherepnin («quest’ultimo era poi ilgrande sintetizzatore modulare utiliz-zato nei corsi al Rasi, ceduto dal chitar-rista degli Area Paolo Tofani che presoda raptus mistico raggiunse l’India alseguito degli “arancioni” lasciandosialle spalle tutte le tecnologie»).E com’è il pubblico della musica con-temporanea, spesso sperimentale?«Diciamo che quelli che stiamo propo-nendo come sperimentalismo o avan-

Chiacchierata con il condirettore

del Ravenna Festival, Franco Masotti

sulla rassegna “La tradizione del nuovo”

Il compositoreLuigi Nono

Franco Masottidel Ravenna Festival

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CSCL’intervista classica, sacra, contemporanea44

guardia, in realtà ora sono semplice-mente dei classici moderni. Che si pre-stano a essere ascoltati però forse piùche dagli appassionati di musica clas-sica, da appassionati di arte contem-poranea, di arti visive, con una certapredisposizione mentale alle visioni, inquesto caso sonore. O da amanti diTarkovskij o Paradzanov», diceMasotti, annunciando per il prossimoanno un progetto dedicato proprio algrande regista autore di Solaris.Tra gli spettatori in questi anni Masottiricorda comunque anche tante curiosi-tà, tra cui un giovane che ha seguitotutto l’integrale dei quartetti per archidi Bartòk lo scorso anno con la partitu-ra in mano e che poi si è scopertoessere un membro della celebre bandindie-rock Calibro 35, o addirittura lapresenza in prima fila di Marco Pantania un ciclo di concerti particolarmenteimpegnativi dedicati a OlivierMessiaen.«Ma per formare un nuovo pubblicocredo sia necessario continuare nellacommistione tra varie forme d’arte,come abbiamo fatto e continuiamo a

fare al Festival con cinema e musicaper esempio (vedi box qui sotto, ndr),ma non solo – continua Masotti –.Penso a Dante per esempio, alla possi-bilità di realizzare qualcosa di impor-tante, a installazioni di arte contempo-ranea da affidare a grossi nomi cheporterebbero a Ravenna il grande pub-blico. Ma serve il coinvolgimento ditutte le istituzioni cittadine per cambia-re rotta in questo senso…».Tornando alla programmazione della“Tradizione del nuovo” («il titolo dellarassegna è un omaggio al lavoro delcritico d’arte americano HaroldRosenberg ma anche a una figura unpo’ dimenticata come Giulio Guberti,che tra gli anni ‘70 e ‘80 organizzò unciclo di mostre strepitose facendo sco-prire l’arte contemporanea a Ravennaanche grazie alla pubblicazione dellarivista, appunto, “La tradizione delnuovo”»), la seconda serata dedicata aNono sarà sulle sue “...sofferte ondeserene...”, che rimandano alla dimen-sione del mondo in cui ha vissuto elavorato, alla Giudecca, a Venezia,«un’evocazione di un paesaggio sono-ro – spiega Masotti – che diventa pae-saggio – tormentato – dell'anima».

In prima esecuzione asso-luta il 7 giugno al palazzodei congressi va in scena“The Blackmail Project”, lasonorizzazione dal vivo diquello che viene considera-to come l’ultimo film mutoe il primo sonoro inglese.Blackmail (Il ricatto) è sial’uno che l’altro. È il 1929quando Alfred Hitchcockper la prima volta speri-menta la pellicola parlante,senza però rinunciare aduna versione completa-mente “silent”, in cuicomunque riversa tutto ciòche la più avanzata tecno-logia dell’epoca può offrir-gli, effetti speciali e trucchiottici. Così come sofisticatee sperimentali sono le tec-nologie impiegate daEdison Studio (quattrocompositori da sempreattratti dalla sonorizzazio-ne del muto – nella foto) per reinventare il profilo sonoro deldramma interiore dei protagonisti, combinando campioni vocali estrumentali, suoni concreti e sintetici, frammenti musicali e cita-zioni da altri film dello stesso regista, che divengono icone sono-re. Al loro fianco, Ivo Nilsson (trombone) e Daniele Roccato (con-trabbasso), due maestri assoluti della musica senza confini.

Cinema e musica

Edison Studio sonorizzail Ricatto di Alfred Hitchcock

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CSC classica, sacra, contemporanea 45L’intervistaRavenna Festival Magazine 2016

L’altro omaggio previsto in questamini-rassegna è quello a un gigante (loera anche fisicamente) come MortonFeldman, figura – lo descrive Masotti –«piuttosto isolata, spesso accostato almovimento minimalista pur non essen-dolo; Feldman è un poeta delle lunghedurate, ha scritto composizioni anchedi oltre 4 ore e la sua musica ha unanatura contemplativa, rituale». Anchein questo caso, molto vicino nelle sen-sazioni è il mondo dell’arte contempo-ranea. «Il suo modo di comporre èmolto visivo», sottolinea ancoraMasotti, ricordando anche una dellecose di cui va più orgoglioso: il ciclo diconcerti su Giacinto Scelsi del RavennaFestival in cui venne proposta anche –per via di una stretta parentela di este-tica e poetica – la composizione diFeldman dedicata non a caso aRothko, a San Vitale, nel 2008.La serata di quest’anno (5 giugno alrefettorio di San Vitale) invece vedràprotagonista una delle composizionipiù accessibili di Feldman (della durata“solo” di un’ora e mezza), interpretatada giovani musicisti italiani (ilQuartetto Klimt), Piano, Violin, Viola,Cello (1978), l’ultima che ha scritto «unmodo per avvicinarsi al mondo diFeldman in maniera lieve, in un luogomolto bello», chiosa Masotti, che poiaggiunge. «Si tratta di una musica incui bisogna saperci entrare, dopo iprimi cinque minuti capisci se fa o nonfa per te. Però se ci entri dentro diven-ta un'esperienza che ha elementi incomune con la psichedelia e non acaso da questi maestri hanno trattoispirazione anche personaggi dell’art-rock noti a tutti come David Bowie,Brian Eno e anche un personaggio diculto come Glenn Branca». CheMasotti non cita a caso, essendo statoquello del chitarrista e compositorenewyorkese «il primo concerto orga-nizzato in vita mia», durante quelli chevennero ribattezzati come “I dieci gior-ni che sconvolsero Ravenna”, nel 1982,con Glenn Branca e Pere Ubu che suo-narono in un tendone da circo ai giar-dini pubblici in un evento che vide pro-tagonisti anche, tra gli altri, un giovaneRoberto Benigni e i primi passi delTeatro delle Albe.«Ora l’idea è quella di riportare Brancaa Ravenna, magari con Rhys Chatham,per fare al festival, dopo l’invasione diquest’anno dei violoncelli, un annodedicato alle grandi sinfonie per chitar-ra elettrica, con 100-200 chitarristi asconvolgere di nuovo Ravenna...». ❍

Venerdì 10 giugno (alle 23)il “Grande ferro R” – la mae-stosa e spesso dimenticataopera che nel 1990 AlbertoBurri (su commissione delGruppo Ferruzzi) realizzò arompere il vuoto del piazza-le su cui affaccia il Pala DeAndré – diventa una sorta dipalcoscenico.A cento anni dalla nascita dicolui che è stato uno degliartisti più rigorosi e essen-ziali della nostra epoca,risuoneranno i lavori didieci giovani compositori dimusica contemporaneachiamati a mettere in musi-ca la sua poetica.

Arte e musica contemporanea

Dieci compositori fanno risuonare al pala De Andréil “Grande Ferro R” di Alberto Burri

«Il modo di comporre

di Morton Feldman

è molto visivo: la sua

musica quasi psichedelica»

Il compositoreamericano

Morton Feldman

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L’invasione sonoradei cento violoncelli

DI ENRICO GRAMIGNA

La potenza comunicativa, unita allasua capacità unificatrice, è alla basedel piacere di fare musica. Questoconcetto è, quindi, stato il motore,fin dai tempi remoti, di una ricercaverso la condivisione dell’esecuzio-ne: tuttora la saggezza contadinariporta il detto in due si cantameglio. Questa esigenza di condivi-sione è intrinsecamente legata allafunzione primaria della musica, cioèl’intrattenimento. Una delle etimologie più accreditate

per la parola concerto è dal latinogareggiare, ma questa gara non èaltro che un momento rituale di con-divisione dell’esperienza. In questaaccezione si presenta la settimanadi Cellolandia, vero parco diverti-menti musicale per ogni violoncelli-sta, e per tutti coloro che godrannodella musica di questa rassegnainterna al Ravenna Festival 2016. Inquesta settimana, dal 12 al 18 giu-gno, la città sarà letteralmente inva-sa dal più grave degli strumentiderivati dall’antica viola da braccio,con una serie di eventi e concerti

che soddisferanno il palato di qual-siasi ascoltatore.Il dolce peso dell’inaugurazionedella settimana violoncellistica saràsulle spalle dei Violoncellisti dellaScala che, insieme al soprano LjubaBergamelli, apriranno il loro concer-to con il celeberrimo Lamento diArianna di Claudio Monteverdi perpoi proseguire con l’aria Mein gläu-biges Herze (Il mio cuore semprefedele) dalla Cantata BWV 68 diJohann Sebastian Bach. Lasciando ilperiodo barocco, l’esibizione prose-guirà con un estratto dalla Sonata

n.2 op 58 di Felix Mendelssohn-Bartholdy prima di entrare nelmondo dell’opera con Tutto nelmondo è burla dall’opera Falstaff diGiuseppe Verdi. Di Alfredo Piattisarà l’aria The Lover’s appeal a cuiseguiranno due brani di RichardWagner, Tempo di Porazzi, Palermo1882 e il celebre Einleitung daTristan und Isolde. Si concluderà lo spettacolo con lemusiche ispanoamericane di PabloCasals, di cui sarà eseguitaSardana, e di Hector Villa Lobos e lasua Bachianas Brasileira N.5.

ESeventi speciali

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Cellolandia48

Il secondo appuntamento vedràGiovanni Sollima, direttore artisticodi questa rassegna, e L’Arianna ArtEnsemble impegnati in un program-ma incentrato totalmente suGiovanni Battista Costanzi, figura dispicco nell’evoluzione del violoncel-lo, che affrancò da una pratica difondamento armonico per donarglivera e grande dignità come stru-

mento solista. Vale la pena sottoli-neare l’importanza di questo musici-sta romano, grande innovatore nelcampo musicale, evidenziando ilfatto che fu, tra le altre cose, il suc-cessore di Arcangelo Corelli comeCapo d’istromenti per il CardinaleOttoboni, ed ancora va ricordato chenel 1757 un giovane Luigi Boccherinifu tra i suoi studenti; importante,

infine, notare che diverse sue com-posizioni furono attribuite nientemeno che a Franz Joseph Haydn, dicui egli fu, se non amico, almenoconoscente. Lo stile compositivo diCostanzi è davvero The MissingLink, come recita il titolo del concer-to, tra il barocco napoletano e quelprimo classicismo che si stava affac-ciando in Europa.

Cellolandia non sarà, però, un even-to incentrato solo sulla musica clas-sica, ma ci saranno ampi spazi persperimentazioni. La prima di essevedrà il grande Rushad Eggleston,eclettico violoncellista che, dopouna formazione tradizionale, compieil primo di molti passi che lo impor-ranno sulla scena musicale come unautentico one-man-show dal violon-cello a tracolla e dal caratteristicocappello, mutuato forse direttamen-te dal Robin Hood del 1973 prodottodalla Disney. Il suo spettacolo saràtutto incentrato sull’improvvisazio-ne e lo vedrà impegnato in una con-tinua ricerca di quella meravigliache fa della musica gioia.Un appuntamento da non perderesarà quello del trio Reijseger,Fraanje, Sylla. Questo trio mescolaalle sonorità classiche e jazz la vocee gli strumenti della tradizione deiGriot, poeti erranti della tradizioneafricana occidentale. Ciò che risultada questa improbabile commistioneè una nuova via di interpretazionedei diversi aspetti culturali che lega-no due mondi così diversi eppurecosi incredibilmente affini, comedue facce della stessa medaglia.Non stupirà, quindi, scoprire chequesto trio ha collaborato a piùriprese col celebre cineasta WernerHerzog, con brani composti per isuoi film.I giovani allievi dell’AccademiaNazionale di Santa Cecilia ed il loromaestro, Giovanni Sollima, sarannoimpegnati, invece, in Effetti collate-rali, programma interessante chevedrà l’alternanza di brani della tra-dizione classica (su tutti spiccanocomposizioni di Giovanni BattistaCirri, Fryderyk Chopin e VincenzoBellini) a canti di diverse tradizioniquali l’armena, la lucana e l’africa-na, fino alla canzone moderna diModugno e degli Area.Il 16 giugno sarà votato alla novità,

ESeventi speciali

Giovanni Sollima

Trio Reijseger, Fraanje, Sylla

Rushad Eggleston

Sotto la direzione artisticadi Giovanni Sollima

i 100Cellos “occuperanno”il festival e l’intera cittàassieme a illustri ospiti

come i Violoncellisti dellaScala, Rushad Eggleston,

Reijseger / Fraanje / Syllae Mario Brunello.

Con gran finale danzantealla Rocca Brancaleone

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49CellolandiaRavenna Festival Magazine 2016

partendo dalla presentazione delnuovo lavoro di Giovanni Sollima,Onyricon, che prenderà idealmenteil largo nella cornice dell’anticoporto di Classe, e concludendo conIl Concerto fiume, una grande esecu-zione collettiva che vedrà ospiti asorpresa calcare il palcoscenico deiTeatro Socjale di Piangipane.In una rassegna votata interamenteal violoncello non poteva mancarel’altro grande astro italiano di que-sto strumento, Mario Brunello:insieme al Coro del Friuli VeneziaGiulia proporrà un repertorio divisoin due. Johann Sebastian Bach saràil protagonista della prima parte,nella quale sarà eseguito il mottettoBWV 230 Lobet den Herrn, alleHeiden (Lodate il Signore, Popolitutti) e la Partita N.2 BWV 1004 (perla quale il musicista veneto suoneràun violincello) contenente la celebreCiaccona che verrà eseguita nellaversione con coro. La seconda partesarà completamente conquistata dalSonnegesang (Cantico del sole diFrancesco d’Assisi) di SofijaGubajdulina per violoncello, coro dacamera, percussioni e celesta.L’ultimo giorno di questa rassegnadarà spazio alle composizioni chesaranno create durante la clausuranotturna dentro il Teatro Alighieri

alla quale i partecipanti al Concorsodi Composizione saranno chiamati.Gli 8 brani composti, infatti, sarannoeseguiti nel concerto finale dei100Cellos ed il vincitore sarà valuta-to da una giuria di esperti compo-sta, tra gli altri, dal celebre criticoSandro Cappelletto, dal noto com-positore Francesco Piersanti e dal-l’editore musicale Piero Ostali.Come conclusione di questa rasse-gna violoncellistica, il concerto fina-le dei 100Cellos, che si terrà nellabella cornice della RoccaBrancaleone, sarà la dimostrazionedella democrazia musicale, cioèdella funzione sociale agglomeranteche il suonare insieme possiede. Inquesto evento finale saranno abbat-tute tutte le barriere culturali, graziead un’incredibile mescolanza di stilie culture, che andranno dal reperto-rio classico alle moderne tecniche disperimentazione, dalle tradizionilocali più veraci alle sonorità piùtipicamente jazzistiche.Questa settimana si rivela, quindi,come una vera e propria ventata dinovità nel panorama musicale italia-no, distruggendo i limiti che separa-no i vari stili ed unificando ideal-mente ogni corrente ed ogni pensie-ro sotto una stessa grande bandierachiamata musica. ❍

ES eventi speciali

Mario Brunello

CIBO | VINO | MUSICA... E GIN TONIC

L’Alighieri caffè e cucinaVia Gordini 29 RAVENNA 338.8298110

L'Alighieri Caffè e Cucina

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51Sulle punteRavenna Festival Magazine 2016

D danza

DI ROBERTA BEZZI

«Se Dio avesse pensato alladanza, avrebbe creato SvetlanaZakharova». Così il grande dan-zatore Michail Baryshnikovrende omaggio alla danzatriceattualmente più richiesta almondo, considerata all’unanimi-tà una delle migliori interpretidel Lago dei Cigni della storia.Lei è l’étoile russa, ma di origineucraina, Svetlana Zakharova,sempre aggraziata ed elegantein scena come nella vita di tutti igiorni, che ritornerà sul palco-scenico del RavennaFestival, giovedì 30 giu-gno (alle 21.30), nellacornice del PalazzoMauro De

André. Unaserata magica,non a caso intitolataAmore, in cui l’artista sarà incompagnia di altre straordinarieétoile del Teatro Bolshoi diMosca, come Mikhail Lobukhin eDenis Rodkin, per un bel pro-gramma concepito appositamen-te per Ravenna e che non a casocomprende un omaggio dante-sco come Francesca da Rimini.Questo infatti il primo dei tretitoli in programma che raccontala storia di Francesca DaPolenta, sposata con GianciottoMalatesta secondo la leggendabrutto e con la gobba, ma prestoinnamorata del fratello più gio-vane, il bel Paolo. Leggendoinsieme la storia di Lancillotto eGinevra, Francesca e Paolo

cedono alla passione e vengonoscoperti dal marito che li uccideentrambi e trascorrono la vitaultraterrena nel secondo cerchiodell’Inferno riservato ai lussurio-si. Le coreografie sono a cura diYuri Possokhov, incline alle sto-rie drammatiche e romantiche,che definisce la partitura diTchaikovsky come la più roman-tica mai letta, con un finale da“apocalisse’”. A seguire, RainBefore it Falls, in cui il coreo-grafo Patrick De Bana confe-ziona una delle sue miniatureper star, questa volta riservata

alle luminosemisure della Zakharova, sumusiche di George FrederickHandel e Carlos Pino-Quintana.Ciò che si spera di trovare è soloun sogno, un’illusione, una chi-mera: come la pioggia prima checada. «Lavorare con Svetlana –rivela De Bana –, nella salaprove, dà l’impressione di cam-minare nella Città proibita e chel’ultima Imperatrice cinese tiinviti a danzare. È questa la miasensazione». Nella terza varia-zione di contemporaneo dellaserata, Strokes Through The Tailarrivano gli ironici e idissacranti“cigni” della coreografa irlande-se Marguerite Donlon, che trova

ispirazione nella sinfonia N. 40di Wolfgang Amadeus Mozart enelle personalità dei danzatori.Una creazione che unisce danzevirtuose e un piacevole tocco diirriverenza. Incuriosita dalla tec-nica di notazione musicale diMozart, realizza infatti una

coreografia in cuii danzatori

incarnanola struttu-ra di tale

nota-zione rive-lando il genio el’umorismo delcompositore.L’effetto sulpubblico è assi-curato perchéle sue creazio-ni, che sfug-gono daqualsiasiideologiaartistica,sono asso-lutamenteincapaci diannoiare, in

quanto la mescolanza di classicoe comico, avanguardia e GrandGuignol è molto divertente.Protagonista assoluta di questasua nuova produzione èSvetlana Zakharova, étoile didue palcoscenici – il Bolshoi diMosca e la Scala di Milano – cheha maturato le sue linee affuso-late e pure nella cornice delMariinskij. E a quella prestigiosaformazione classica, oggiche la

danzatrice è all’apice dellasua carriera, si aggiungono

doti di interprete moderna.Stella sin da piccola

all’Accademia Vaganovadi San Pietroburgo, è

passata nel 1996 alBalletto del Teatro

Mariinskij, inter-pretando da

subito iprincipalititoli delreperto-rio clas-sico econtem-poraneo.

Dal 2003lascia San

Pietroburgoalla volta di

Mosca, nel rassicurantequanto imponente Teatro

Bolshoi, allaragando a dismisurail proprio repertorio, toccandol’apice e girando il mondo piùvolte. Contestualmente alla pre-senza nei due teatri russi, laZakharova sin dal 1999 è rego-larmente guest artist nelle piùprestigiose compagnie di ballet-to al mondo, fra cui New yorkCity Ballet, BayerischesStaatsballett, Teatro dell’Operadi Roma, Opéra di Parigi, NuovoTeatro Nazionale di Tokyo,

Svetlana Zakharova, l’étoileerede dei balletti russi

>>

51_52RFM2016:Rafest mastro 10/05/16 10:30 Pagina 51

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Ravenna Festival Magazine 2016

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Teatro San Carlo di Napoli,American Ballet Theatre, HamburgBallet, Teatro alla Scala di Milano.Étoile con la valigia sempre incamerino, è anche moglie del cele-bre violinista Vadim Repin e madredella piccola Ania. Cosa vorrebbeche ereditassero da lei le giovanipromesse della danza? «Il modo incui ho visuto la scuola di balletto –afferma –. Suggerisco ai tanti allie-vi in giro per il mondo di lavoraresodo ogni giorno, di credere sem-pre in se stessi e, soprattutto, dicredere ciecamente nel lavoro delproprio maestro. Lui, e solo lui,potrà indicare la migliore via perogni allievo. A me è andata pro-prio così. L’importante è non cre-dere mai che si smetta di impara-re. In secondo luogo consiglio l’u-miltà». Queste le sagge paroledella Zakharova che, nel suo futu-ro, vedrebbe anche la direzione diun grande teatro. Ma questa èun’altra storia, perché oggi il suoposto è ancora saldamente sulpalcoscenico davanti al pubblicoche è sempre in grado di regalarlegrandi emozioni. ❍

Considerata la più grande danzatrice classica del mondo, a Ravenna porterà anche coreografie moderne assieme ad altre stelle del Bolshoi

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53danza visionariaRavenna Festival Magazine 2016

Le linee connettivedi Alonzo King

D danza

DI ROBERTA BEZZI

L’arrivo della compagnia di danzacontemporanea Alonzo King LinesBallet, di base a San Francisco inCalifornia, sarà una della pagine piùintense e vibranti del cartellone didanza del Ravenna Festival 2016 chesi concluderà sabato 9 luglio (alle21.30) al Palazzo Mauro De André.Quella di Alonzo King è una visioneartistica globale, unica nel suogenere, in grado di ispirarsi a unampio ventaglio di tradizioni cultu-rali, profondamente ancorate allatecnica del balletto classico e digrande potenziale espressivo, unponte fra tradizione e modernità.Questo grazie anche alla preziosacollaborazione con compositori,musicisti e visual artist di rinomatafama, quali il mitico saxofonista jazz

Pharoah Sanders, il virtuoso di tablaZakir Hussain, l’attore Danny Glover,i monaci Shaolin. Forte di grandisuccessi internazionali, la compa-gnia è presente nelle stagioni e neifestival più importanti e sostine ilsuo progetto didattico attraverso laLines Ballet School, fondata nel2001, programma realizzato conl’Università Dominicana dellaCalifornia e il Dance Center, uno deimaggiori centri dedicati alla danzanella costa ovest degli Stati Uniti.Perché Alonzo King ha chiamato lasua compagnia Lines Ballet? «Il ter-

mine lines (“linee”, ndr) – afferma ilcoreografo –, è un’allusione a tuttociò che è visibile. Non esiste nullainfatti che non sia formato senzauna linea. Siamo contornati dalinee: le nostre impronte digitali, laforma del nostro corpo, le costella-zioni, la geometria. La linea implicaconnessione, genealogia, progeniee parole. Indica una direzione, un’in-tenzione di comunicare a un concet-to. Il filo di un pensiero. Una frontie-ra o l’infinito. Una vibrazione o uninsieme di punti, una linea è l’orga-nizzazione visibile di ciò che vedia-mo». Considerato dalla critica uncoreografo visionario, di lui WilliamForsythe avrebbe detto: «È uno deirari veri maestri della nostraepoca». Grande ammiratore diGeorge Balanchine e danzatore siaper Alvin Ailey che per l’American

Ballet Theatre, Alonzo King ha ha impresso alla sua compagnia unaduplice eredità coreografica. Dal1982, anno della formazione di LinesBallet Company, King ha elaboratoinfatti un linguaggio binario, dove lapurezza neoclassica incontra esposa con accostamenti vertiginosila fluidità sanguigna della danzaafroamericana. Ne emerge uno stilevisionario, fatto per ballerini con-temporanei, virtuosi, ma con unaqualità drammatica di fondo. Nesono un perfetto esempio i duepezzi portati in scena per il Ravenna

Festival: Writing Ground (2010) eShostakovich (2014). La prima crea-zione, commissionata dai Ballets diMonte Carlo ispirandosi alla lirichedi successo di Colum McCann, dise-gna paesaggi di danza intimi, ritualidell’anima scanditi da antiche musi-che sacre della tradizione ebraica,cristiana, musulmana e del buddi-smo tibetano che spingono i danza-tori al di là dei loro limiti fisici. «Hofatto mia l’idea degli antichi secon-do cui l’arte debba essere al centrodi tutto – spiega Alonzo King –. Ilprimo principio dell’arte è la cono-scenza del modo giusto con cui farele cose. Perché in ciò che è fattomale, non c’è nulla di artistico. Tuttele discipline, tutte le impreseumane, tutte le forme di lavoro sonodei supporti per la creazione e l’im-maginazione. Qualsiasi creazione,

portata al suo più alto livello, haqualcosa di poetico. Scrivere, canta-re, educare i bambini, coltivare uncampo, tessere un paniere, governa-re un Paese o danzare, è la stessacosa. La mia esperienza mi ha inse-gnato che, quando si lavora concreatori artistici di qualsiasi ambito,si fa la stessa cosa. Nel caso diWrinting Ground, la collaborazioneè con lo scrittore McCann, per cui illinguaggio del movimento contienedelle parole. Le parole, che sianoscritte o parlate, sono dei suoni edelle forme che hanno un senso e

che si utilizzano per comunicaredelle idee. Nel movimento, le formesono il risultato del distillato di ideetradotte in simboli, che si utilizzanougualmente per comunicare.Creando un linguaggio in movimen-to, diamo una prima forma visibile apensieri e idee». A seguire, il recen-tissimo lavoro Shostakovich delnovembre 2014, partitura di corpitesi come frecce di luce. Come unafreccia pronta a essere lanciata, una

sorda e inquieta agitazione impre-gna – infatti – l’ultima creazione diAlonzo King sul quartetto d’archi diShostakovich. La musica oscilla inuno stato di sospensione cristallina,spingendo i danzatori a resisterealla trazione fino al limite per megliorivelarsi in uno spazio tra armonia ediscordia. Le luci sono di David Finn,mentre i costumi di RobertRosenwasser. Due coreografie ingrado di arrivare dritte al cuore deglispettatori, perfetto esempio delmodernismo più sofisticato delladanza classica. ❍

Il coreografo ha elaboratoun linguaggio binario,

dove la purezza neoclassica incontra la fluidità sanguigna

della danza afroamericana

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Ravenna Festival Magazine 2016

Il protagonista54 Ddanza

DI ROBERTA BEZZI

Se mai ci fosse bisogno di dimostrarequanto l’arte possa essere un grandeflusso che tutto compenetra, capace diportare alla massima espressività, ilballerino e musicista VincenzoCapezzuto ne è un esempio vivente.Grazie alla danza ha sviluppato musi-calità e senso del ritmo. E la consape-volezza del corpo acquisita sul palco-scenico, ha consentito alla sua voce diesprimersi in maniera più salda e sicu-ra, rendendo l’esecuzione più forte eincisiva. Sarà lui l’indiscusso protago-nista – in quanto interprete vocale edanzatore – dello spettacolo-concertoStabat Mater – Vivaldi Project, il 29giugno al Teatro Rasi, per il RavennaFestival 2016. La drammaturgia è acura di Claudio Borgianni, personalitàeclettica da sempre dedita al teatro,con cui Capezzuto ha fondato nel 2011Soqquadro Italiano, progetto culturalenato dal comune interesse per la pro-duzione artistica, musicale e teatraleitaliana a cavallo tra il XVI secolo e ilXVII secolo. Le coreografie invece sonoun “omaggio” del neo direttore delcorpo di ballo alla Scala di Milano,Mauro Bigonzetti. Il risultato è unaperformance d’arte fusion fra danza,parole, musica e teatro, sorretta da

una impaginazione a tre colori domi-nanti (blu, rosso, oro) e movimenti niti-di e intensi che inseguono la scorrevo-lezza sonora vivaldiana.

Vincenzo Capezzuto, questa è la suaseconda partecipazione al RavennaFestival dove ha portato nel 2013 DaMonteverdi a Mina. Come nasce l’idea

di questo lavoro che propone unavisione particolare del capolavorovivaldiano?«Neanche a farlo apposta, esiste un

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55Il protagonistaRavenna Festival Magazine 2016

D danza

forte legame tra la prima e la secondarappresentazione al festival. Propriotre anni fa, nel pubblico, c’era ancheBigonzetti. A fine spettacolo, è venutoa parlarmi e a propormi di collaborare.Così, è con entusiasmo che ho accoltoquesta “chicca” che ci ha regalato.Borgianni e io, presentiamo una ver-sione spirituale più che sacrale diStabat Mater, una riuscita formula diteatro musicale che incuriosisce molto,anche all’estero. Al debutto italiano, loscorso anno, alla Sagra MusicaleUmbra, è seguito quello in Spagna,Germania ed Ecuador. Per tutto l’annoe anche nel 2017, saremo impegnati inuna tournée mondiale».Quando è cominciata la passione perla musica, contemporaneamente alladanza o dopo?«Sin da bambino avevo una propen-sione naturale per cantare e danzare.Erano due interessi imprescindibilil’uno dall’altro, poi la vita ha volutoche esplorassi prima la passione delladanza, e credo sia stato un bene».Quanto il suo essere danzatore influi-sce nell’esecuzione musicale e vice-versa?«In maniera totale. La danza esige unaprofonda conoscenza del propriocorpo poiché diventa, per il danzatore,l’unico strumento con cui raccontare

qualcosa e con cui portare il pubbliconella dimensione che si desidera. Ed ècon il corpo che la musica prendeforma, traducendo in movimenti ledinamiche, i virtuosismi, le pause, ichiaroscuri, il ritmo e l’espressione. Ilcanto agisce per me, nella medesimamaniera». La musica quanto assomiglia alladanza nella maniera di esprimersi?«Come tutte le arti, direi che sia ladanza che la musica hanno un enormeforza espressiva. La difficoltà è nelriuscire a veicolare questa forza e ren-derla comprensibile a tutto il pubblico.Mi è capitato di ascoltare le opinioni dimolte persone che si professavanonon amanti di quel tipo di musica oquel tipo di danza: evidentementeniente di tutto ciò che avevano visto osentito aveva una chiave di letturafacilmente comprensibile. Credo siamolto interessante lavorare al serviziodi un pubblico che non ha gli strumentiper poter capire fino in fondo un’operad’arte e tentare di trasmetterne la bel-lezza che essa contiene. Non tuttihanno gli strumenti per capire fino infondo un’opera di Caravaggio, machiunque, in un modo o nell’altro nericeve bellezza ed emozione».Come si è avvicinato alla danza e cosarappresenta per lei oggi la danza?

«Ho ricevuto molti stimoli, soprattuttocrescendo in un teatro in cui ho avutola possibilità di studiare con bravissimimaestri e vedere danzare grandi balle-rini o sentire cantare grandi cantanti.Attualmente la danza ha un’importan-za estrema nella mia vita sia professio-nale che artistica, ora più che mai.Prima di cantare un’aria barocca delprimo Seicento oppure una qualsiasicanzone che racconti una storia, miimmagino, leggendo il testo, comepotrei esprimerlo con la danza per ren-derlo credibile nel migliore dei modi,proprio come quando si prepara unruolo solistico del repertorio classico».Con Soqquadro Italiano, si sente undivulgatore dell’arte italiana delladanza e della musica nel mondo?«Mi emoziono molto quando il pubbli-co straniero, ma anche italiano, dopo iconcerti, esprime la propria commozio-ne per un programma musicale intera-mente italiano, di qualsiasi epoca.Nella mia umiltà è come se l’Italia siriscattasse un po’ e riacquistasse ilmerito del paese che ha rappresentatola cultura e l’arte per molti secoli».Un suo sogno nel cassetto?«Continuare a incontrare nel mio per-corso artistico, persone che sonogenerose e che hanno ancora voglia dimettersi in gioco». ❍

Vincenzo Capezzuto

rivela il progetto

di Soqquadro Italiano:

musica, teatro, danza

intrecciati dal fascino

di Barocco e vocalità

54_55RFM2016:Rafest mastro 10/05/16 09:19 Pagina 55

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57Memorie d’artistaRavenna Festival Magazine 2016

Ripercorrendo La vie en rose,Van Hoecke rievoca Édith Piaf

D danza

DI ROBERTA BEZZI

Quella del maestro Micha vanHoecke è una presenza “storica”del Ravenna Festival con il suoteatro danza musicale. Una per-fetta fusione di danza e parola,gesto e musica, un intreccio sim-biotico dei diversi linguaggi chemuove l’inesausta vena creativadell’artista di origine belga. Lasua nuova creazione Chanteusedes rues – una produzione origi-nale del Festival – è ispirata aÉdith Piaf, il “passerotto” dellacanzone francese, che andrà inscena martedì 28 giugno al TeatroAlighieri di Ravenna. Sarà un susseguirsi di quadri sce-nici a suggerire il mondo che cir-condava la chanteuse de rue,affollato di personaggi variopinti elunari. A cominciare da JeanCocteau, che l’andava ad ascolta-re nel locale notturno dove si esi-biva e le dedicò poi la famosapièce Le bel indifférent. Nel lavorodel coreografo e regista vanHoecke, tutte queste suggestioniconfluiscono in un ritratto virtualedi Édith, mai chiamata diretta-mente in scena. Una rievocazionedi affetti e di nostalgia per unastagione intensa, in parte condivi-sa dallo stesso coreografo che –proprio negli ultimi anni di vita diPiaf – viveva a Parigi e ne respira-va umori e atmosfere.Protagonisti sul palcoscenico iDanzActori di Ravenna Festival,accompagnati dalla versatile fisar-monica di Simone Zanchini. Micha, cosa ricorda della Parigi diquegli anni?«Nella capitale francese ho vissu-to a lungo, fra gli anni Cinquantae Sessanta. Arrivai lì che eroappena un bambino e ho avutol’opportunità di studiare con OlgaPreobrajenskaya, prima di entrarea far parte della compagnia diRoland Petit nel 1960, e successi-vamente in quella di MauriceBéjart. Piaf è morta nel 1963 enon scorderò mai l’atmosfera spe-ciale che ha ispirato anche altrimiei spettacoli, fra cui Les mariésde la Tour Eiffel che ho portato al

Teatro Massimo di Palermo. Sonosempre stato un grande ammira-tore di Piaf e di Jean Cocteau, cheascoltavo tutti i giorni in radio,così come di tutti gli artisti chehanno incrociato la sua vita e chelei ha aiutato a emergere, fra cuiGilbért Becaud, Yves Montand,Charles Aznavour e Moustaki».Quando Piaf e Cocteau si cono-scono, è l’incontro fra due mondidiversi…«Sì, Cocteau amava definire lavoce di Piaf “un’onda altissima divelluto nero”, o ancora “una voceche sconvolgerà il mondo neisecoli dei secoli”. Si conobberonegli anni Trenta quando lei erauna giovane di belle speranze checantava in un cabaret. Da quelgiorno, il poeta-intellettuale e lacantante di strada iniziarono un’a-micizia e un sodalizio talmentegrande, autentico e profondo cheneppure la morte riuscì a spezza-re. Cocteau, infatti, morì lo stessogiorno di Edith, l’11 ottobre 1963,mentre si preparava a pronuncia-re alla radio l’elogio funebre dellasua grande amica. Nessuno,neanche i benpensanti dell’entou-rage élitario di Cocteau che guar-davano con diffidenza al loro rap-porto, riuscì mai a dividerli».Qual è stata la grandezza dei dueartisti?«Piaf era in grado di “toccare” l’a-nimo umano, non era solo unacantante ma una creatrice. Primadi lei, parole e melodie andavanoinsieme, poi l’interpretazione hacominciato a essere importante.Lei cantava i personaggi, e si ritro-vava in ognuno di loro, in manieraautentica. Una perfetta simbiositra parole, musica ed espressività,con un grande senso dell’umori-smo. Tutti possono cantare Piaf,senza mai essere lei però! Dalcanto suo, Cocteau era un geniodi grandissimo spessore, in gradodi spaziare in tutti gli ambiti, dallapittura al teatro, dal disegno allapoesia, dal cinema alla danza. Hainfluenzato fortemente i BalletsRusses e artisti del calibro diPablo Picasso e Igor Stravinskij».Come si “traduce” l’incontro Piaf-

Cocteau in Chanteuse des rues?«I due artisti si incontrano in unmondo irreale, in uno spettacolocreato sotto forma di liturgia, perrendere omaggio a lei, alle suecanzoni, a lui, alle sue poesie, conl’accompagnamento della musicadi un fisarmonicista e del gruppodi attori e danzatori che collabora-no spesso con CristinaMazzavillani Muti nelle produzionidi cui è regista. L’idea dello spet-tacolo mi è stata proposta dalRavenna Festival e spero che ilrisultato sia qualcosa di diversodai tanti omaggi fatti soprattuttoin Francia, proprio per questa par-ticolare dimensione che dona aidue grandi Piaf-Cocteau l’eternitàche meritano…».Si rinnova anche quest’anno ilsuo sodalizio con il RavennaFestival…«Sì. Quello che si è instaurato èormai un rapporto che va oltre ilsodalizio artistico, grazie alla forteamicizia che mi lega a Cristina,conosciuta molti anni fa tramite ilmaestro Riccardo Muti al teatroalla Scala di Milano, dove eroimpegnato nelle coreografie diOrfeo ed Euridice di Gluck.Ravenna per me è una città spe-ciale, in cui ancora è possibilelavorare con uno spirito di botte-ga artigianale, con un pubblicofortemente interessato e in unambiente caloroso. Cristina hasempre tenuto a legare al festivalgli artisti per far vedere agli spet-tatori la loro evoluzione neltempo».Ci può rivelare quali sono i suoiprossimi progetti?«Questo non è un momento facileper la cultura, e in particolare perla danza. Rispetto ad anni passati,tutto è molto più complicato. Amaggior ragione mi reputo un pri-vilegiato per avere sempre cosìtante opportunità per esprimerela mia creatività e la mia esperien-za. Sto aspettando l’avvio di unprogetto con Riccardo Cocciante,con cui ho un rapporto consolida-to da anni, e di altri lavori teatrali.Ma preferisco non dire di più perscaramanzia…». ❍

Il regista e coreografocon il suo spettacoloChanteuse des rues,

traccia gli anni parigini,la grande cantante,

l’atmosfera dell’epocae celebri artisti

come Jean Cocteau

MIcha Van Hoecke

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Ravenna Festival Magazine 2016

Cinquant’anni di carriera58 Ddanza

DI LINDA LANDI

Il 24 maggio al Pala De André diRavenna va in scena Twyla Tharp, unvero e proprio mito della moderndance americana, il cui indiscussoingegno e la sconfinata creatività nefanno coreografa di primo piano, conlavori ancora oggi riproposti dalle com-pagnie di danza di tutto il mondo.Attiva da oltre mezzo secolo, la Tharpha una innata capacità di spaziare tra igeneri che la rende un’artista impossi-bile da classificare compiutamente:riesce infatti a collaborare con ballerinineoclassici come Baryshnikov e congruppi contemporanei, passando perle coreografie di Hair di Milos Forman,adattamento cinematografico dell’o-monimo musical rock degli Anni ’70.Laureata al Barnard College nel 1963 ecoreografa di più di centosettantaopere, ha lavorato toccando teatro,televisione, cinema, balletto, realizzan-do quattro spettacoli di Broadway, epersino anche due coreografie di patti-naggio artistico.La sua storia comincia nel natio statodell’Indiana, ma si sposta presto inCalifornia dove viene iniziata dallamadre, insegnante di pianoforte, allostudio della musica e della danza allaVera Lynn School of Dance. Dopo averintrapreso il college a Pomona si tra-sferisce a Manhattan dove si perfezio-na all’American Ballet Theatre sottol’egida di Igor Schwezoff, trovandoispirazione anche da Martha Graham eMerce Cunningham e debuttando,dopo la laurea, come danzatrice pro-fessionista alla Paul Taylor DanceCompany.Al Ravenna Festival la Tharp presenta

una commistione tra l’anteprima mon-diale di un suo nuovo attesissimo lavo-ro, in tour in questa stagione nelloStato di New York, e parte del suorepertorio.Apre il programma Country Dances,nato nel 1976 con musiche che arriva-no direttamente nella profondità dellacultura americana. È poi la volta diSinatra Suite, commissionato origina-riamente proprio da Baryshnikov nel1983 per l’American Ballet Theatre.Prosegue lo spettacolo BrahmsPaganini che, sulla musica di duediverse opere dello stesso Brahms,mette in scena il virtuosismo di seidanzatori, un solista per il libro I e unquartetto e una solista per l’impegnati-vo libro II.La chiusura è dedicata alla presenta-zione, in anteprima mondiale, delladrammaticità della nuova produzione,dove Matthew Dibble, membro anzia-no della compagnia (e protagonista tragli altri di Yowzie, uno dei lavori sceltiper il programma del suo cinquantesi-

mo anniversario di attività lo scorsoanno) affronterà le note di Beethovene la sua Opus 130, complesso quartet-to d’archi tra le ultime fatiche del com-positore tedesco.Artista internazionalmente riconosciu-ta – parlano per lei le ben diciannovelauree ad honorem, un Tony Award edue Emmy – è ancora oggi attiva siasulle scene che in ambito editoriale,con alle spalle l’autobiografia Pushcome to shove del 1992, seguita daThe creative habit e The collaborativehabit, dedicati a come coltivare i propritalenti ed esprimerli all’interno di ungruppo. Risale al 1965 la fondazione della suapersonale compagnia di danza, laTwyla Tharp Dance, con cui la coreo-grafa guadagna il rispetto per la quali-tà dei suoi lavori, l’eclettismo, l’inventi-va, la precisione tecnica, combinandodiverse forme di movimento già cono-sciute e altre da lei reinventate, allar-gando così i confini della danza classi-ca e moderna.

Danza lei stessa per la sua compagniafino alla metà degli Anni ‘80, quandodecide di dedicarsi anima e cuore allacoreografia. La compagnia nel 1987 si scioglie perun periodo di tempo, durante il qualela Tharp transita per prestigiose tappe,dall’American Ballet Theatre passandoper il Boston Ballet fino all’HubbardStreet Dance Company di Chicago. Mala sua esperienza non si ferma qui,vantando collaborazioni anche con ilJoffrey Ballet, il Paris Opera e il RoyalBallet, l’Australian, l’Atlanta Ballet, ilPacific Northwest, il Royal Winnipeg ela lista sembra non avere fine. La suacompagnia riprende poi corpo con ilgrande successo del tour andato inscena dal 1999 al 2003.A Broadway debutta con When wewhere very young nel 1980, passandoper Singin’ in the rain nel 1985,Movin’out con le musiche di Billy Joelnel 2001 e Times they are a-changin’sulle note di Bob Dylan nel 2005.Al cinema collabora con registi del cali-bro di Milos Forman (Hair, Amadeus),Taylor Hackford (White Nights) a JamesBrooks (I’ll do anything).Arriviamo all’anno passato, il 2015,quando un grandioso tour celebra icinquant’anni di straordinaria e inimi-tabile carriera di Twyla Tharp, la ver-satilità degli stili, il sapersi riscoprirenel tempo, toccando diverse formed’arte e di comunicazione, lavorandoa più livelli con alcuni dei più presti-giosi protagonisti di teatro, cinema,musica, e riuscendo a portare ovun-que la creatività della sua improntacon la passione di chi è nato in uncontesto artistico e ne ha saputo rein-ventare le coordinate. ❍

Twyla Tharpecco il mito

della

moderndance

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61corpi interattiviRavenna Festival Magazine 2016

gruppo nanou alla ricercadell’identità perduta nello spazio

D danza

DI LINDA LANDI

Dodici anni di vita e un’attivitàininterrotta che, dall’area di pro-venienza ravennate, li ha portati acalcare le scene nazionali applau-diti e premiati: una bella soddisfa-zione per la città questo grupponanou (in programma l’8, 9 e 10giugno all’Almagià) che, comeun’altra eccellenza di area emilia-no-romagnola – l’acclamatissimoCollettivO CineticO – arriva dallafucina del premio GD'A – GiovaniDanz'Autori curato a Ravenna daCantieri Danza, e oggi si muovenell’ambito di una circuitazioneteatrale di livello.Nati a Ravenna nel 2004 comeluogo di incontro di tre menti –Marco Valerio Amico, RhuenaBracci e Roberto Rettura – i nanouhanno sempre indirizzato la lororicerca alla formulazione di un lin-guaggio organico e comune chefondesse nella coreografia corpo,suono e immagine. Dai tempi di Namoro (2005), “unaparabola coreografica sull'incon-tro di due esseri umani e lacostruzione dei primi scambi amo-rosi” e di desert-inn [il quartouomo] (2006 - 2008) che rimandaalle atmosfere noir di JamesEllroy, un misto di riconoscibile-inquietante quotidiano, i nanounell’evoluzione della loro ricercanon hanno mai abbandonato ladensità dei rimandi letterari, cine-matografici o i richiami alle artivisive, mantenendo sempre ilfocus sul corpo, che non terminala sua azione in scena, ma lasciasempre sottendere un altroveconturbante e denso di mistero, incui vengono proiettate le doman-de lasciate aperte, destinando achi osserva una stimolante man-canza di spiegazioni.Dopo l’erotismo e la bestialità diSulla conoscenza irrazionale del-l'oggetto [tracce verso il nulla],Motel – trilogia che propone iltema del cortocircuito ciclico spa-zio-temporale – e il solo Sport, siarriva ai lavori concepiti in piùfasi, e tra questi c’è la matricecomune dell’odierno Xebeche

[csebece], ossia i tre John Doe,Baby Doe e Jane Doe incentratisulla perdita dell’identità.I nomi dei tre “Doe” si riferisconoinfatti al gergo giuridico america-no e vengono utilizzati per indica-re persone il cui nome è scono-sciuto. Xebeche porta di fatto alle estre-me conseguenze i temi della trilo-gia Doe, ma con significative diffe-

renze: «c’è una deviazione rispet-to alla trilogia, nel senso che laperdita di identità in questo ulti-mo lavoro va a rafforzare la geo-metria dello spazio. – dice MarcoValerio Amico – Nel corpo non c’èsessualità, né narrazione. Per laprima volta lavoriamo con unottetto di danzatori, tutti under35, provenienti dal Balletto diToscana, dal Balletto di Sardegna,

dalla ginnastica ritmica e dallaformazione contemporanea; lacoreografia è quasi tutta scritta ec’è molto meno spazio per l’im-provvisazione rispetto al passato.Tutti i danzatori sono stati sceltiper la loro grande capacità atleti-ca rispetto alla richiesta coreogra-fica».Tante presenze in scena dunqueche, continua Amico: «Generano

molti dialoghi sul palcoscenico,tante azioni, una sorta di “conti-nuo parlare” dei corpi e per noiquesta è una grossa novità, per-ché siamo sempre stati moltominimalisti. Tutto è fortementefondato sulla relazione: i danzato-ri sono in continuo ascolto rispet-to agli elementi scenici, lesequenze stesse sono tutte rela-zionali. È un lavoro d’ensemble,

come una composizione orche-strale».Anche qui non mancano i riferi-menti colti, in questo caso dallasettima arte:«Il mio nome è Xebeche “coluiche parla ad alta voce senza direnulla”. Preferisco essere chiamatoNessuno» così Jim Jarmush, nelsuo Dead Man (1995) fa da perfet-to contraltare alla ricerca deinanou, che portano il conflittoIaddove il corpo è forma antropo-morfica che si confronta con unrecinto geometrico, nell’esperi-mento retorico del voler ricrearela perfezione.«La struttura coreografica è unacontinua mutazione che seguediversamente il passaggio delcorpo e la trasformazione chequesto da al luogo: un infinitopiano sequenza che si intreccia esi riversa su se stesso fino adiventare nodo e quindi a scop-piare. Lo spazio coreografico èuna campitura in cui il corpo èuna traccia residua, un’impron-ta»: i labirinti intricati di Xebechediventano così pure presenze,«corpi tesi oltre la danza versoconfini incerti, di ambienti, luci,oggetti, suoni, a formare labirintiintricati o quadri apparentementetersi, segni essenziali per suonareallarmi sul nostro presente confu-so e smarrito nella seduzionedelle immagini». E proprio nella fascinazione visivasta il nocciolo della poetica firma-ta nanou, un collettivo che sin dalprincipio ha cercato l’identificazio-ne in una sorta di linguaggio cine-matografico dal vivo, in cui ilcorpo, la luce, il suono, la scenasono elementi della composizionecoreografica, che escono dallegerarchie per creare un progettocomune: «come nel cinema, lefigure del regista, del direttoredella fotografia, del montatore,del sound designer possono dive-nire comprimari, così nella nostraidea compositiva coreografica, ilsuono si fa corpo, la luce si fatempo e il corpo si fa traccia di unpercorso». Solo che qui è tuttoatemporale. ❍

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OUTLET 2 PAG RFM:Rafest mastro 04/05/16 16.39 Pagina 1

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63Genio israelianoRavenna Festival Magazine 2016

D danza

Il coreografo e fondatore della strepitosa compagnia di ballo di Tel Aviv, Ohad Naharin, è anche l’ideatore di Gaga, un linguaggio di movimenti finalizzato al raggiungimento di una profonda conoscenza e consapevolezza di se stessi attraverso il corpo e i suoi movimenti

DI LINDA LANDI

Immaginate di scegliere dalmenu del vostro ristorante prefe-rito – quello che non sbaglia, incui vi piace tutto e in cui ritrovatesempre il gusto che amate, ognivolta rivisitato – dieci meraviglio-si assaggi di… geniali coreogra-fie. Perché Ohad Naharin non sipuò definire diversamente da“un genio della danza” e il suoDecadance altro non è che quelsublime menu, in continuo rinno-vamento da sedici anni, che hafatto innamorare le platee ditutto il mondo.Si può considerare una riuscitaplaylist di grandi successi delcoreografo israeliano capace ditoccare tutte le corde del suorepertorio insieme al cuore dellospettatore, che viene trascinato“dentro” le coreografie dall’ener-gia, la finezza e la pulizia deimovimenti, l’estro e la capacitàdi variare con mano sicura lescritture coreografiche e i non-alfabeti della danza contempora-nea.

Creato per festeggiare i diecianni di direzione artistica delcoreografo israeliano allaBatsheva Dance Company, puntadi diamante tra compagnie inter-nazionali nata cinquant’anni fa aTel Aviv sotto la buona stella diMartha Graham, Decadance (inprogramma mercoledì 6 luglio,alle ore 21.30 al Palazzo Maurode Andrè) è un capolavoro incontinua evoluzione compostocome un puzzle sequenziale incui i singoli pezzi dialogano traloro in modo perfettamenteorchestrato. Vi possono convive-re, senza stridere mai, la ritualitàdella sinagoga, il cha-cha-cha, lamusica barocca e la techno piùsincopata. Ma anche gli echidella tradizione israeliana, tra-sposti qui in un melting pot dietnie e provenienze culturali benrappresentato dalla composizio-ne del corpo di ballo, sia dellacompagnia ammiraglia (protago-nista dello spettacolo aRavenna), sia del già apprezzatotalentuoso vivaio, l’EnsembleJunior.

Appare chiaro che si sta parlandodi una delle realtà più importantidella scena mondiale che, delladanza, ha saputo profondamenterivoluzionare i linguaggi in unmezzo secolo di attività. La primaa godere della direzione artisticadella leggendaria MarthaGraham, nel 1964, e ad essereautorizzata per l’esecuzione dellesue coreografie.Ohad Naharin, allievo dellaGraham stessa, ha assunto a suavolta la direzione della compa-gnia nel 1990, potenziando eampliando il repertorio, e perse-guendo quell’unità di passioneed esecuzione che riesce a ren-dere ogni performance profonda-mente autentica e viscerale.Naharin è anche l’ideatore diGaga, un linguaggio di movimen-ti sviluppato all’interno della suaesperienza alla Batsheva, finaliz-zato al raggiungimento di unaprofonda conoscenza e consape-volezza di se stessi attraverso ilcorpo e i suoi movimenti. «Mi piace rompere e ricostruire il

Batsheva,tutta l’energia della Decadance

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Ravenna Festival Magazine 2016

Genio israeliano64 Ddanza

mio lavoro. Implica una sottrazio-ne di peso (così da poter volare oalmeno galleggiare…)» spiegaNaharin. I danzatori vengono così sottopo-sti ad allenamenti quotidiani che,oltre alla ricerca delle innumere-voli potenzialità e qualità delmovimento, si focalizzano anchesullo sviluppo della propria sensi-bilità, rendendo gli interpreti dellecoreografie attori propositivi nelprocesso creativo.A vederlo oggi non c’è da stupirsi sel’artista israeliano, classe 1952,quando era studente negli Anni ’70fu immediatamente notato dallaGraham e invitato di conseguenzanella Grande Mela per perfezionarsicon una borsa di studiodell’America-Israel CulturalFoundation presso la School ofAmerican Ballet, proseguita poipresso la prestigiosa Juillard Schoole completata con Maggie Black eDavid Howard. Anche la sua carriera di interpretecontempla poi collaborazioni connumerose compagnie internazionali,tra le quali l’israeliana Bat-Dor e ilBallet Bejart du XXe Siècle aBruxelles, che incrociano i suoidestini prima di tornare a New York

nel 1980 e creare unitamente allamoglie, Mari Kajiwara (poi scompar-sa nel 2001) la Ohad Naharin DanceCompany. Seguono dieci anni di ininterrottisuccessi internazionali, la cui ecoproduce commissioni di nuovi lavorida parte di importanti compagnie,tra queste la Nederlands DansTheater, e proprio la BatshevaDance Company.Così, nel 1990 viene nominato alladirezione artistica della Batsheva(posizione mantenuta fino ad oggi)creando nel corso degli anni oltretrenta nuovi lavori, forte anche di unaprofonda conoscenza in ambito musi-cale che puntualmente sa mettere asistema con le coreografie, amplifi-candone il forte impatto emotivo. Un artista “caldo”, originale e forte-mente inventivo, che a tutt’oggi èancora uno dei coreografi più richie-sti da parte delle maggiori compa-gnie del mondo ed è stato insignitodi numerosi premi e riconoscimenti,come il Chevalier de l'Ordre des Artset des Lettres (nel 1998), il New YorkDance and Performance (Bessie)Award per la creazione Virus (nel2002), e Anaphaza (nel 2004), o l’Emet Prize nella categoria delle Artie della Cultura (nel 2009). ❍

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65Tributo a MadibaRavenna Festival Magazine 2016

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L’eroica vita di Nelson Mandelain un’opera in tre atti

DI LINDA LANDI

Comincia dall’atmosfera innocente,sacrale e profetica di un oratorio il“cammino sulla lunga strada dellalibertà” di “Madiba”, icona delNovecento cui è dedicato il 2016del Ravenna Festival.In prima nazionale al TeatroAlighieri, dal 9 al 12 giugno, arrivainfatti Mandela Trilogy, opera scrit-ta e diretta da Michael Williams eprodotta dalla Cape Town Opera (laprincipale struttura produttiva diambito operistico attiva in Africa)che ripercorre la vita del rivoluzio-nario sudafricano attraverso tre attiin altrettante “tinte” musicali,incentrati su alcune delle principalisvolte della sua esistenza, parten-do dalla giovinezza nella regionedel Transkei, fino alla storica pagi-na legata all’epilogo dell’apartheid. Nelson Mandela, rivoluzionarioprima e uomo di governo poi, è

stato una delle principali figure delNovecento, capace di scuotere lecoscienze dei suoi connazionalianche dal carcere, dove durante iventisette anni di detenzione conti-nuò a gridare la sua rabbia nei con-fronti delle leggi razziali che, dallafine degli Anni ‘40, condizionaronoil Sudafrica fino alla scarcerazionenel 1990 e all’elezione a capo diStato nel 1994.È indubbiamente un’impresa nonfacile, la sfida di Williams: riportareun tema così politicamente contro-verso sulla scena, e al contempointrattenere il pubblico trattandoargomenti di una drammaticitàtanto profonda. Ma la riuscita omo-geneità tra musical, opera e musicafolk produce un bilanciamento per-fetto che non tradirà le aspettativedi chi cerchi una lettura storicamen-te fedele e uno spettacolo appa-gante.Il lavoro apre sulle melodie dei

canti tradizionali africani, affrontan-do inizialmente l’infanzia del giova-ne Mandela, l’amicizia col cuginoJustice, la tribù Thembu: si ricordapoi la figura di Makhanda, primomartire della libertà, ribellatosi agliinglesi ma sconfitto e imprigionatoa Robben Island, dalla quale tentòuna fuga a nuoto nel 1819 morendoperò annegato. L’espulsione dall’u-niversità e il rifiuto di un matrimo-nio combinato chiude il primo attocol protagonista che si sposta aJohannesburg. Sulle note jazzate della secondaparte, il sipario si alza sul primoMandela attivista, i disordini aSophiatown, sobborgo della città, ilrapporto conflittuale con la primamoglie, la ratifica a Kliptown delFreedom Charter, documento pro-grammatico antirazziale. Dopo l’in-tervallo, il terzo atto si apre infinecon la sentenza di carcerazione, lamorte della madre, il sostegno

della moglie Winnie durante lalunga prigionia e la fine della reclu-sione, col suo primo discorso dauomo di nuovo libero a Cape Town.L’autore Michael Williams, artistapremiato ed esperto, ha diretto inpassato molte opere in Sudafrica,tra cui Rigoletto, Madama Butterfly,La traviata e Turandot ed è oggimanaging director della prestigiosaCape Town Opera. Ha scelto com-positori diversi, che riflettesseroper ogni atto le tematiche affronta-te: toni vibranti del jazz e del bluesdi Mike Campbell, uno dei più proli-fici musicisti jazz del Sudafrica perla parte centrale, mentre PéterLouis van Dijk, compositore i cuilavori sono conosciuti e riproposti alivello internazionale, si è occupatodel primo e del terzo atto. Sarannoanche tre i diversi interpreti chedaranno voce a Mandela. Due com-positori per tre atti in contrasto tra

OMopera, musical

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ITWAY PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 15:08 Pagina 1

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loro solo formalmente, ma tuttiimprontati a mettere in luce ladrammaticità delle vicende.Come lo stesso Williams ha ricorda-to, è questo un lavoro dove la liber-tà diventa il motore immobile dellevicende, e «questione chiave chespiega perché diventi per noi cosìimportante», citando altresì la parteiniziale legata alla formazione diMandela come la più interessante,perché fulcro di quella che sarà lasua vita e soprattutto teatro divicende che la maggior parte delpubblico ignora a proposito di unpersonaggio noto per le sue batta-glie, ma non per le sue origini. Per ilregista ogni buona opera parla diconflitti, e così questo potenteaffresco di una delle pagine piùimportanti della storia africana.Alle coreografie SibonakalisoNdaba, che ha lavorato in passatocol il Jazzart Dance Theatre di CapeTown come performer, danzatrice einsegnante dal 1994 al 2001, annoin cui tornò a Durban dove si affer-mò per la sua originale commistio-ne di danza africana e contempora-nea.È questa una realizzazione cheaffonda le sue radici nella culturasudafricana, e ne rivendica sia lebattaglie che l’orgoglioso moto dirivalsa a livello storico e artistico:non solo un lavoro a più mani e piùinterpreti che ne mostra le capacità

musicali e interpretative, ma unmodo per riproporre, attraverso ilpersonaggio di maggior spiccodella sua storia, il carattere fiero diun popolo che nell’arco di un seco-lo ha raggiunto la libertà rifiutando-si di chinare la testa. E sono proprio gli artisti, molti deiquali cresciuti in questo contesto, afarsi portavoce dello spirito stessodell’appassionante dramma musi-cale che riuscirà a catapultare lospettatore all’interno di un percor-so di formazione e ribellione di rarapotenza.A corredo di questo importanteappuntamento, il Festival proponealtri incontri che mettono a fuocola ricchezza del Sudafrica: il 28maggio a Forlì la Chiesa di SanGiacomo ospita Ladysmith BlackMambazo, già partner artistico diPaul Simon. il 20 giugno è la voltadella Rocca Brancaleone chemette in scena For Mandela diPino Minafra, progetto intorno allafigura di Louis Moholo, batteristatra i più significativi artisti del suoPaese che guiderà un concertovolto a ricordare la drammaticapagina dell’apartheid e dei suoiprotagonisti. Per concludere HughMasekela, compagno di MiriamMakeba e musicista attivamenteimpegnato della campagna per lascarcerazione di Mandela, si esibi-rà il 23 giugno al Teatro Rasi. ❍

67Tributo a MadibaRavenna Festival Magazine 2016

OMopera, musical

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GOLD GALLERY PAG RFM:RFM 09/05/16 18:54 Pagina 1

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69Raimbow nationRavenna Festival Magazine 2016

Free South Africa l’innodi LBM e Hugh Masekela

JFR jazz, folk, rock

DI ROBERTO VALENTINO

È più che un semplice focus l’ampiospazio che Ravenna Festival dedicaquest’anno alla musica sudafricanae a un’icona della lotta per la libertàcome Nelson Mandela: è quasi unfestival nel festival, dove varieanime della musica di un uno paesipiù belli, ma anche tormentati, siincontrano in un ideale abbracciofra tradizione e modernità, fra suonie ritmi che provengono da lontano eche nel contempo parlano una lin-gua moderna, comprensibile a tutti.Un paese fortemente multietnico nelquale per lunghi, oscuri decenni èprevalsa su ogni cosa la logica terri-bile dell’apartheid. Ma oggi, che l’a-partheid è solo un brutto ricordo, ilSudafrica si è conquistato meritata-mente sul campo l’appellativo diRainbow Nation: una definizioneche calza a pennello anche allamusica nata e cresciuta nella partegeograficamente più estrema delcontinente africano. Il primo appuntamento con la musi-ca del Sudafrica è fissato per sabato28 maggio, a Forlì, nella Chiesa diSan Giacomo: di scena LadysmithBlack Mambazo, uno dei gruppivocali “a cappella” più famosi almondo, depositari degli stili vocalitradizionali Zulu

isicathamiya e mbube (che in linguaZulu significa leone), tangibili esem-pi di intrecci culturali e religiosi. Fondati nel 1964 da JosephShabalala, i Ladysmith BlackMambazo hanno conquistato imme-diatamente un ruolo di primo pianotra gli artisti del continente africano(sono stati i primi ad ottenere undisco d’oro), ma hanno dovutoattendere la seconda metà deglianni Ottanta per vedere la loro stel-la risplendere ovunque. Del 1986 è,infatti, l’album-fenomeno Graceland,nel quale il cantautore americanoPaul Simon (la prima metà della pre-miata ditta Simon & Garfunkel)coinvolge il gruppo insieme a unapletora di altri musicisti africani enon. Con 16 milioni di copie vendute,Graceland rappresenta per iLadysmith Black Mambazo un formi-dabile trampolino di lancio planeta-rio: da questo momento fioccano gliinviti a partecipare ai festival piùtitolati (Montreux incluso) e collabo-razioni con pop e rockstar del cali-bro di Stevie Wonder, Dolly Parton,Ben Harper e Michael Jackson, che livuole nel video di Moonwalker.Persino il mondo dei cartoon siaccorge di loro e li coinvolge nellacolonna sonora del Re Leone dellaDisney. E poi: cantano di fronte aGiovanni Paolo II, accompagnanoNelson Mandela alla cerimonia diconsegna del Premio Nobel per laPace e salutano la sua storica nomi-na a Presidente del Sudafrica. Da un po’ di tempo Joseph

Shabalala ha lasciatole redini dei LadysmithBlack Mambazo al figlioThamsanqa, preferendostare dietro le quinte ma

garantendo sempre l’autenticità del“suo” coro. Un altro degli ambasciatori dellamusica sudafricana è il trombettistae vocalist Hugh Masekela, protago-nista del concerto di giovedì 23 giu-gno al Teatro Rasi di Ravenna con lasua band di cinque elementi(Cameron John Ward alla chitarra,Johan Wilem Mthethwa alle tastiere,Abednigo Sibongiseni Zulu al basso,Lee-Roy Sauls alla batteria e FrancisManneh Edward Fuster alle percus-sioni). Classe 1939, Hugh Masekela è statouno dei primi musicisti sudafricani asfuggire all’apartheid, contro ilquale ha sempre combattuto stre-nuamente, e a farsi conoscere alivello internazionale. Il jazz è statoil suo primo amore musicale: ha 14anni quando vede il film Young Man

With A Horn (nel quale l’atto-re Kirk Douglas modella ilsuo personaggio sulla figu-ra leggendaria di BixBeiderbecke) e riceve in

regalo una tromba; di lì apoco entra a far parte della

Huddleston Jazz Band, laprima orchestra jazz giovanile

africana degli anni Cinquanta. Ealla fine di quel decennio HughMasekela è già uno dei nomi piùnoti dell’Afro Jazz, anche in qualitàdi componente dei The JazzEpistles, costituiti insieme al piani-sta Dollar Brand (poi noto comeAbdullah Ibrahim) e ad altri musici-

sti di rango. All’indomani del mas-sacro di Sharpeville, che costò lavita a 69 persone, e all’indurirsidelle leggi razziste dell’apartheid,Hugh Masekela prende la via dellaGran Bretagna e quindi degli StatiUniti. Nel 1962 esce il suo primoalbum, Trumpet Africaine. Nel 1964sposa la cantante Miriam Makeba,altro nome di grande rilievo dellamusica sudafricana. Nel 1967 par-tecipa al Monterey Pop Festival, ilprimo dei grandi raduni musicaligiovanili: Hugh Masekela si esibi-sce la sera del 17 giugno, precedu-to dai Moby Grape e seguito dai giàcelebri Byrds, trascinando migliaiadi giovani ancora del tutto o quasia digiuno di ritmi africani. La purbreve apparizione nel film trattodal festival farà il resto, permetten-do a Hugh Masekela di continuarea tenere alta la bandiera di unamusica in cui jazz e tradizione afri-cana sono sintonizzati sulla mede-sima lunghezza d’onda. E ancoraoggi, dopo tanti anni di onoratacarriera e di battaglie civili (raccon-tati nell’autobiografia Still Grazing:The Musical Journey of HughMasekela), il trombettista diWitbank, che nel 1990 è tornato avivere in Sud Africa, giusto intempo di assistere alla liberazionedi Nelson Mandela, è uno dei sim-boli di una musica che per suanatura non conosce barriere dirazza. Musica libera, colorata pro-prio come l’arcobaleno. ❍

Ladysmith Black Manbazo

Hugh Masekela

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71Suoni meticciRavenna Festival Magazine 2016

Tippet & Moholooltre i confini del jazz

JFR jazz, folk, rock

DI ROBERTO VALENTINO

Due serate nel solco del jazz euro-peo, con venature diverse ma conmolti punti in comune. A far da col-lante ai due concerti di lunedì 20(Rocca Brancaleone) e martedì 21giugno (Teatro Rasi) saranno alcu-ne personalità centrali del BritishJazz come si è sviluppato dagli anniSessanta in avanti: il batteristasudafricano Louis Moholo-Moholo,il pianista Keith Tippett e suamoglie Julie, avventurosa vocalistcon lontani trascorsi nel rock. Tuttie tre figureranno il 20 in qualità dispecial guests della MinAfricOrchestra, ben assortita compagineguidata dal trombettista pugliesePino Minafra, per poi ripresentarsicon le rispettive proposte la seradopo. Invitata a Ravenna Festival per ren-dere omaggio a Nelson Mandela, laMinAfric Orchestra nasce nel 2007come naturale prosecuzione delSud Ensemble di Pino Minafra:alcuni dei suoi componenti, ad ini-ziare dallo stesso leader, hannoalle spalle l’importante esperienzadella Italian Instabile Orchestra,sorta di nazionale del jazz italianomeno incline alle convenzioni atti-vissima (anche all’estero) neglianni Novanta e nel decennio suc-cessivo. Partendo da musicalità differenti,

mescolando molteplici umori ecolori, la MinAfric Orchestra inten-de dare voce e suono alle musichedel nostro tempo, volgendo losguardo a tutto l'orizzonte geogra-fico e culturale del Sud, focalizzan-do la propria attenzione sulle com-plesse diversità che circondano laPuglia, naturale ponte versol'Oriente, il Mediterraneo, l'Africa, iBalcani e oggi verso la NuovaEuropa. L'orchestra, condivisa daPino Minafra assieme al figlio Livioin veste di pianista, compositore earrangiatore, è formata da altrivalorosi jazzisti sia pugliesi, tra iquali i sassofonisti RobertoOttaviano a Gaetano Partipilo, siaprovenienti da altre regioni d’Italia(fra loro, il sassofonista piemonte-se Carlo Actis Dato e il trombonistasiciliano Sebi Tramontana). Il pro-getto For Mandela è un invito a nondimenticare un tremendo periodostorico caratterizzato dall’apar-theid, attraverso composizioni diChris McGregor, Dudu Pukwana,Johnny Dyani, Mongezi Feza, HarryMiller, Enoche Sontoga , oltre abrani dello stesso Keith Tippett euna dedica di Pino Minafra al gran-de poeta cileno Pablo Neruda. A dare un significato particolare alconcerto della MinAfric Orchestra èproprio la presenza di LouisMoholo-Moholo, ultimo testimonevivente della straordinaria e fertile

stagione del jazz sudafricano deglianni Sessanta. Membro fondatoredei Blue Notes, successivamentecomponente dei Brotherhood ofBreath e di altri gruppi, LouisMoholo-Moholo ha anche collabora-to con uno dei guru della rivoluzionedl free jazz, il pianista Cecil Taylor, econ molti altri jazzmen delle duesponde dell’Atlantico (Steve Lacy,Derek Bailey, Roswell Rudd, ArchieShepp, John Tchicai, Keith Tippett,Peter Brötzmann, Enrico Rava, soloper citarne alcuni). In apertura dellaserata del 21, il settantaseienne bat-terista di Cape Town si proporrà allatesta dei suoi 5 Blokes, i cui compo-nenti (i sassofonisti Jason Yarde eShabaka Hutchings, il pianistaAlexander Hawkins, nuova star deljazz europeo, e il contrabbassistaJohn Edwards) sono ben sintonizzatisulla lunghezza d’onda di una musi-ca che trae linfa vitale dalla spintapropulsiva del leader e da melodieispirate dalla tradizione sudafricana.Il risultato è un rito sonoro cui è pra-ticamente impossibile non restarnecoinvolti. Anche la musica di Keith e JulieTippett, solida coppia nella vita ditutti i giorni come nell’arte, possie-de un che di spirituale, insieme a unpizzico di magia e mistero. Del pia-nista, il cui personale stile è un mixdi influenze del free jazz americanoe delle tradizioni europea e orienta-

le, in molti ricordano tuttora la colla-borazione con i King Crimson, grup-po icona del progressive rock, e lacostituzione di una colossale orche-stra denominata Centipede. Al cen-tro del lavoro di Keith Tippett c’è dasempre il rapporto dialogico fracomposizione e improvvisazione,dove l’una e l’altra convivono inarmonia, talvolta confondendosi inuna sorta di stimolante gioco mime-tico. Affermatasi negli anni Sessanta alfianco dell’organista Brian Auger,con il nome di Julie Driscoll, JulieTippett ha in seguito abbandonato ilmondo del rock per concentrarsiesclusivamente sull’esplorazionedelle proprie notevoli risorse vocali.Tra i suoi album spicca, in questaprospettiva, Shadow Puppeteer del1999, seducente affresco per voce estrumenti vari che va annoverato tragli esempi più alti della vocalità con-temporanea. Da menzionare sonoanche le collaborazioni con altriaudaci esponenti del pianeta vocequali i connazionali Phil Minton eMaggie Nichols. Le performance del duo Keith e JulieTippett, ospite della seconda partedella serata al Teatro Rasi del 21giugno, sono un concentrato di liri-smo, di poesia, di visionarie incur-sioni in territori dove la sperimenta-zione è sottesa da una palpabiletensione creativa. ❍

Louis Moholo-Moholo

MinAfric Orchestra

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Ravenna Festival Magazine 2016

Fuoriclasse72

SuperBollani, divertissementlungo i tasti di un piano solo

JFRjazz, folk, rock

DI ROBERTO VALENTINO

Musicista, compositore, cantan-te, scrittore di libri ad argomentomusicale e non, autore e attoreteatrale, ideatore e conduttore diprogrammi televisivi e radiofoni-ci. Uno solo, in Italia e forse addi-rittura nel mondo, può interpre-tare così tanti ruoli: StefanoBollani! Si potrebbe pensare a uno a cuiva a pennello l’arte del travesti-mento. E forse è anche così. Ma aStefano Bollani, nato a Milano il

5 dicembre 1972, cresciuto sin dabambino a Firenze e quindi atutti gli effetti toscano di adozio-ne, una cosa piace innanzituttofare: mettersi continuamente ingioco. «Guarda che per come suoni tu,se ti metti a fare jazz, in pochissi-mo diventi il numero uno», glidisse una volta al telefono EnricoRava, il più internazionale deijazzisti italiani e uno che, in tantianni di onorata carriera, di giova-ni talenti ne ha scoperti tanti econtinua a scovarne tuttora.

Bollani, all’epoca ancora agli inizidi carriera, se la stava già cavan-do egregiamente, dopo gli studial Conservatorio, come sideman,o come dice lui “impiegato dicantanti”. Suonava con IreneGrandi, con la quale in seguitoriprenderà a collaborare, Raf eJovanotti. Niente da dire, Rava ci vedevagiusto e in davvero brevissimotempo, dall’alto di una tecnicaprodigiosa e di un estro noncomune, la stella di Bollani hapreso a brillare di luce proprianel jazz. Jazz non solo e nontanto come genere codificato macome spazio aperto, nel casospecifico pressoché sconfinato,nel quale far confluire e dal qualefar transitare passioni musicalidiversissime fra loro: la canzoneitaliana (con in cima alle prefe-renze l’amatissimo Carosone),Frank Zappa, il Brasile, il progrock dei King Crimson, ecc. Maanche influenze letterarie: peresempio, il Raymond Queneaude Les Fleurs Bleues, che ha datoil titolo a uno dei primi albumimportanti del pianista.E poi c’è la musica classica:Gershwin, Ravel, Stravinskji, KurtWeill, interpretati sotto la dire-zione del Maestro RiccardoChailly, con il quale Bollani hadato vita a una emblematica“strana coppia”.Già da queste poche annotazionisi capisce bene che riannodare lefila della carriera di StefanoBollani non è cosa semplice,tanti sono gli intrecci, le devia-zioni di percorso, i guizzi improv-visi che l’hanno sino ad oracaratterizzata e che, presumibil-mente, l’accompagneranno sem-pre.Tanto per chiarire, o complicareancor più le cose, diamo un’oc-chiata alle collaborazioni interna-zionali: Chick Corea, CaetanoVeloso, Hamilton de Holanda,Daniel Harding, Paul Motian, BillFrisell, Hector Zazou, RichardGalliano, Bobby McFerrin, GatoBarbieri, Lee Konitz, PatMetheny, Martial Solal. Tra que-

ste si colloca il notevole DanishTrio, costituito con il contrabbas-sista Jesper Bodilsen e il batteri-sta Morten Lund: uno dei pianojazz trios più avvincenti del jazzcontemporaneo. Una quarantina i dischi incisicome leader o co-leader, regi-strati per marchi prestigiosi(ECM, Decca, Label Bleu), tanti,forse persino troppi pure per unocome Bollani che fa una faticaimmane a tenere le idee solonella testa e nelle dita. Il recente album Arrivano gli alie-ni, i cui contenuti possono inqualche modo avvicinarsi a quel-lo che potrebbe essere il cano-vaccio del concerto in piano solodi Ravenna Festival, in program-ma al Teatro Diego Fabbri di Forlìdomenica 29 maggio, offre unospaccato significativo. Nel discoc’è un po’ di tutto: canzonetteitaliche come Quando quandoquando di Tony Renis, un ever-green della musica brasilianaquale Aquarela do Brasil di AryBarroso, un celebre standard astelle e strisce come You Don’tKnow What Love Is, un classicodel soul jazz quale The Preacherdi Horace Silver, una famosa popsong dai profumi caraibici comeMatilda di Harry Belafonte e viadi questo passo, allargando lascaletta a brani originali di variafattura. E tutto ha un suo perché. Anchequando Bollani canta, cosa chefa arricciare un pochino il naso ai“puristi del jazz”. Ma a Bollani,ormai lo sanno tutti, incluso ilpubblico sanremese, cantarepiace, benché suonare il piano-forte gli venga molto moltomeglio. E quando si lancia in certe imita-zioni (Johnny Dorelli, Battiato,ecc.) è esilarante, irresistibile. Eh sì, a Bollani piace anche fare ilcomico (come, peraltro, non dis-degnavano di fare illustri jazz-men del passato tipo LouisArmstrong e Fats Waller). A volte, a dire il vero, esagera unpo’. Ma nelle giuste dosi, è formi-dabile! ❍

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73FuoriclasseRavenna Festival Magazine 2016

JFR jazz, folk, rock

DI MATTEO CAVEZZALI

Per Stefano Bollani la musica è enormegioco da re-inventare in continuazione,da solo o con i compari più diversi.Bollani sale sul palco per imparare ognisera qualcosa e «perché è più conve-niente che pagare uno psicanalista».Cerca stimoli ovunque, in tutta la musi-ca del passato ma soprattutto esplora ilpresente, l’ attimo, improvvisando afianco di grandi artisti come il suo nobi-le mentore Enrico Rava, RichardGalliano, Bill Frisell, Paul Motian, ChickCorea, Hamilton de Holanda. A Forlì siesibirà da solo, o meglio con il pubblicoche gli farà da contro altare, anchemusicale.Da dove nasce l’idea del concerto chefarai per il Ravenna Festival?«Non è ancora nata. Nascerà soloquando comincerò a suonare. Nascedal vivere il momento, dal pubblico edalla serata. Non so nemmeno io cosasuccederà».Quindi nessuna anticipazione sui braniche farai, quando li scegli, nei cameri-ni?«No, proprio sul momento. Mi lascioguidare dall’istante, dall’improvvisazio-ne. Fino a un attimo prima non ho ideadi cosa suonerò».Ce ne sarà però uno che fai sempre...«Ce n’è uno che ultimamente facciospesso, ma non te lo dico, altrimenti selo scrivi sul giornale poi mi tocca suo-narlo e non voglio essere obbligato…(ride)».Proviamo a ribaltare la cosa: C’è qual-che brano che non farai sicuramente?«I Beatles non li suono mai. Li adoro,ma non riesco a immaginare di rimon-tare le loro canzoni in maniera diversada come sono».Hai usato la parola “montaggio”, il tuomodo di suonare è proprio un continuosmontare e rimontare i brani più diver-si, mescolandoli, come se fosse il mon-taggio di un film.«Sì, direi proprio di sì, a volte ragionoproprio per immagini mentre suono, mipiace questa dimensione visiva chepuò dare la musica».Passi dalla classica al jazz, alla musicapop a jingle, come scegli cosa metterenel tuo frullatore musicale?«Mi muovo a gusto, ci sono tante cosemeravigliose nella storia della musicache sono lì per essere rimasticate.Quando sento una bella canzone italia-na degli anni sessanta mi viene subitoin mente la possibilità di smontarerimontare i componenti. Ogni sera lofaccio in maniera diversa a volte pren-do musiche dal passato remoto, altrevolte pesco da quello che ho sentito ilpomeriggio».Torni a suonare da solo dopo aver gira-to molto con il gruppo, com’è tornaresolo sul palco?

«La passione è la stessa, suonare èsempre suonare. Cambiano solo le rela-zioni e la libertà di improvvisare che dasolo è senza alcun vincolo. Amo suona-re in entrambe le maniere e cerco dicontinuare a farle sempre in parallelo.Ho bisogno sempre di fare molte cosecontemporaneamente in modo che unaarricchisca l’altra». Enrico Rava ha detto che quando lo haiseguito hai smesso di fare “l’impiegatodei cantanti”, quanto coraggio c’èvoluto a “licenziarsi” da Jovanotti quan-do iniziasti la tua carriera individuale? «Coraggio neanche un po’. QuandoEnrico Rava, che per me era un mito, miha chiamato e ha detto “abbandona iltour di Jovanotti e vieni a suonare conme”, io non ci ho nemmeno pensatosu. Quella era la musica che volevofare. Certo si può parlare del lato eco-nomico, quell’anno ho guadagnatomeno di quello che avrei potuto guada-gnare, ma per fortuna non si ragionacosì. Uno pensa a cosa è meglio per luicome musicista e cerca di fare quelloche ha voglia di fare. Anche conJovanotti mi divertivo, ma certo nonquanto avrei fatto dopo con Rava».Hai collaborato con moltissimi mostrisacri della musica. Tra le varie collabo-razioni, quali hanno mutato il tuomodo di suonare?«Incontri importanti ne ho fatti molti.Prima di tutti Enrico Rava. Mi sono sen-tito molto motivato ed ero più libero disuonare con lui che con il mio piccologruppo di allora. A essere leader di ungruppo mi facevo un sacco di problemiche invece con lui non avevo, perchémi dava grande fiducia in me stesso equindi libertà. Poi Riccardo Chailly, chemi ha dato fiducia e mi ha propostouna cosa a cui non avevo mai pensato,incidere con una grande orchestra sin-fonica un concerto per pianoforte eorchestra, suonando nota per notasenza improvvisare. Loro sono i mieidue mentori».E l’esperienza radiofonica?«In radio abbiamo evocato uno spirito,lo spirito del Dottor Djambé che cisiamo inventati. L’idea era prendere ingiro Radio3 su Radio3, e loro ce lohanno lasciato fare. Prendevamo ingiro la cultura, che solitamente vienesalvata. Tutti i comici se la prendonocon bersagli facili: i politici, i potenti ole minoranze etniche, noi invece vole-vamo bersagliare noi stessi». E Marino Sinibaldi, il direttore diRadio3, non si è offeso?«Tutt’altro era molto contento, qualcunaltro invece si è offeso… Ci divertivamoa creare musicisti inventati che poteva-no suonare cose che in un disco non ciera consentito».E perché?«Perché erano veramente brutte. Ma ilbrutto bisogna tirarlo fuori, altrimenti ti

Sostiene Bollani:«Che brani suonerò

in concerto?Non ne ho idea

Mi lascio guidaredall’istante,

dall’improvvisazione»

rimane dentro». Una pratica terapeutica insomma…«Molto. È divertente e stimolante farecose brutte e prendersi in giro da soli. Stai girando moltissimo in questi mesi.Com’è confrontarsi con pubblici cosìdiversi, visto che il tuo spettacolo nascedal contatto diretto col pubblico?«Non dipende dalla città ma dal pubbli-co. Certo a Buenos Aires sono caldissi-mi e in Giappone non vola una mosca,ma la differenza vera la fa il luogo che

crea l’ambiente intorno».A Ravenna hai suonato molte volte, tene ricordi qualcuna o i ricordi si perdo-no tra le migliaia di concerti che haifatto?«Ne ricordo diversi, due in particolare.Una in cui ho suonato con PatMetheny all’Alighieri, ho suonato solodue volte con lui, poi un concerto conGato Barbieri alla Rocca Brancaleone.Lo ricordo benissimo, fu una granserata». ❍

RAVENNAVIA MAGGIORE 136 A/B

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CSCavanguardia classica, sacra, contemporanea74

Michael Nyman, cascatadi note con Water Dances

Tra i più amati e innovativi compo-sitori inglesi, Michael Nyman hascritto opere, colonne sonore, con-certi per quartetti d’archi e orche-stre. Molto più di un compositore,Nyman è inoltre musicista, diretto-re d’orchestra, pianista, autore,musicologo e ora anche fotografo eregista.La sua fervente e poliedrica creati-vità lo ha reso uno delle più affasci-nanti e influenti icone culturalidella nostra epoca.La sua carriera è caratterizzata danotevoli successi – anche rispettoal grande pubblico – che va dallacolonna sonora di Lezioni di Piano(vincitrice agli Oscar, per l’omoni-mo film di Jane Campion del 1993)all’opera The Man Who Mistook HisWife For A Hat, passando per una

serie di importanti collaborazionisia in ambito classico che popolare,da Sir Harrison Birtwistle a DamonAlbarn. Ma la sua ricerca continua,tesa ad allargare i confini della pro-pria arte.In questa attività inesausta si collo-cano le recenti tournée in tutto ilmondo con la Michael Nyman Bande collaborazioni con diversi artisti,come il cantante David McAlmont,un trio polacco e l’innovativo arti-sta del suono Carsten Nicolai.Nyman segna il proprio percorsonel mondo della musica a partiredalla fine degli anni Sessanta,quando conia il termine minimali-smo (che lo vede affiancato a com-positori come Terry Riley, SteveReich e Phip Glass) e, poco più cheventenne, si vede assegnata la

prima commissione: la stesura dellibretto per l’opera di HarrisonBirtwistle Down By The GreenwoodSide. Nel 1976 dà vita al proprioensemble, la Campiello Band (oraMichael Nyman Band) che da alloraè il laboratorio in cui nascono lesue opere sperimentali e innovati-ve. Nyman emrge anche come com-positore di musiche da film, ruoloper cui è principalmente conosciutodal grande pubblico.Tra le più celebri colonne sonorecomposte da Nyman si annoveranouna dozzina di film di PeterGreenaway, come I misteri del giar-dino di Compton House, Drowningby numbers, Il cuoco, il ladro, suamoglie e l’amante; Fine di una sto-ria di Neil Jordan; alcune pellicoledi Michael Winterbottom, tra cui

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CSC classica, sacra, contemporanea 75avanguardiaRavenna Festival Magazine 2016

Wonderland e Tristram Shandy: ACock and A Bull Story; l’hollywoo-diano Gattaca e L’insaziabile (diAntonia Bird) scritta a quattro manicon l’amico Damon Albarn.La sua reputazione tra i critici musi-cali si fonda sul’eclettico insieme dilavori scritti per vari tipi di ensem-ble. Non solo la Michael NymanBand, ma anche orchestre sinfoni-che, cori e formazioni da camera.Ha inoltre scritto alcune opere, tracui The Man Who Mistook His WifeFor a Hat (1986, dal celebre studiodi Oliver Sacks) e Facing Goya(2000), e composto musica per bal-letto per importanti coreografi.Nel 2008 ha pubblicato Sublime,un elegante raccolta di fotografieda lui stesso realizzate. La suaprima mostra, Videofile, in cui leimmagini sono esposte accanto auna serie di cortometraggi risale al2009. In tour con la Michael NymanBand ha eseguito le musiche dalvivo del film muto del 1929 L’uomocon la macchina da presa di DzigaVertov e ha poi registrato il discoVertov Sounds con le sonorizzazio-ni degli altri due principali film delregista: A Sixth Part of the World eThe Eleventh Year.Successivamente ha realizzato il

film NyMan with a Movie Camera,presentato anche al Torino FilmFestival: una ricostruzione persequenze di Man with a MovieCamera di Dziga Vertov in cui leinquadrature originali sono sostitui-te da quelle dell’archivio filmico diMichael Nyman.Con la Michael Nyman Band ha por-tato in concerto il ciclo di canzoniThe Glare realizzato in collaborazio-ne con il cantante pop DavidMcAlmont, una delle voci più

apprezzate nel Regno Unito.Sempre con la Michael Nyman Bandha realizzato il progetto CelanSongs, una suite di canzoni basatesulle poesie di Paul Celan, inseritein un programma che include estrat-ti di musiche da film di Nyman rela-tive ad Auschwitz con la presenza inpalcoscenico di cantanti ed attoriper un concerto reading di grandeimpatto.Nyman ha di recente pubblicato ThePiano Sings 2, seconda raccolta di

musica per pianoforte con la MNRecords. Rispetto a The PianoSings, che nel 2005 aveva lanciatol’etichetta del compositore, il nuovoalbum copre un repertorio piùampio, sia in termini cronologici siadi genere perché oltre ai brani trattida film celebri e meno noti al grandepubblico presenta anche due com-posizioni che non hanno alcun lega-me con il cinema: Sadie's Song(1999) e Through the Only Window(2012). Nel 2013 Nyman si è dedica-to alla sonorizzazione de LaCorazzata Potemkin, film icona diSergei Eisenstein del 1925 che con ilsuo sorprendente linguaggio visivoe le indimenticabili sequenze hasegnato la storia del cinema.Nell’ambito dell’edizione 2016 delRavenna Festival (e in collaborazio-ne con Romagna Acque Societàdelle Fonti nei 50 anni dalla fonda-zione del Consorzio) Michael Nymane la sua band proporranno – sabato23 luglio alle 21, al Teatro DiegoFabbri di Forlì – il concerto straordi-nario Water Dances, che è anche iltitolo di un omonima suite (1985)del musicista inglese, a sua volta“riletta” dall’italiano Nicola Piovaniper il film La stanza del figlio diNanni Moretti. ❍

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Quelle canzoni da un mondoche si poteva ancora cambiare

JFR jazz, folk, rock

DI FRANCESCO FARABEGOLI

Nel 1992 avevo 15 anni e sul mer-cato usciva questo disco a cui milegai molto. Era il primo album,senza titolo, di un gruppo che sichiamava – nientemeno – RageAgainst The Machine. Era musicamolto bella per i tempi in cui usci-va, e molto schierata politicamen-te. Il nome del gruppo in inglesesignifica rabbia contro la macchi-na, ove per la macchina si intendeuna non meglio specificata entitàsociopolitica che molti di noi chia-mavano “Il Sistema”. Non mi sonomai preso la briga di definire a mestesso cosa s'intendesse per IlSistema, anche se ho condottoper molti anni un'esistenza le cuipremesse comportavano di com-batterlo sempre e comunque e acosto della vita. Una volta lessiuna cosa, mi pare fosse statascritta da Banksy su un muro, ediceva più o meno così: in tantis-simi sono disposti a soffrire per laloro arte, ma solo pochi di lorosono anche disposti a imparare adisegnare. Voglio dire che l'arte èuna cosa complessa in sé, e poi cisono le questioni politiche legateall'arte, e spesso è difficile farestare tutte e due le cose nellastessa testa (da cui il principaleproblema della musica schieratadi oggi, e cioè che in molti casi stamorendo dentro un cliché artisticovecchio come il cucco, o un codiceetico non adatto ai tempi che cor-rono). Ad esempio , nel caso deiRage Against The Machine, c’era ilproblema di fare arrivare a quantepiù persone possibile il messag-gio, e questo li costringeva adaccettare un certo numero di com-promessi, ed era una cosa abba-stanza centrale nel discorso su diloro. Incidevano per Sony e la loromusica poteva tranquillamenteandare a finire a fare da colonnasonora alla pubblicità di qualchefilm d'azione di Schwarzeneggersu Italia1, roba concettualmentedi ultra-destra il cui pubblico prin-cipale era grossomodo lo stessopubblico che comprava i dischidei RATM. Quando ero adolescen-

te non era per niente un problemaurlare alla rivoluzione prima dicena, mangiare la piadina fattadalla mamma e rilassarsi in seratacon la videocassetta diCommando. E questa credo siastata una delle più grandi vittoriede Il Sistema: è riuscito a creare ipresupposti per vendere la rivolu-zione e l'allineamento allo stessocliente. Noi. Che a un certo puntosiamo cresciuti e siamo diventativoci determinanti nel dibattitopolitico-culturale del paese. Il pro-blema è che per non farci romperele scatole in merito ai nostri con-sumi giovanili, abbiamo dovutometterci d'impegno e sviluppareun sistema culturale che giustifi-casse più o meno tutto a prescin-dere dal suo significato. O in alter-nativa, diventare dei moderati diultra-centro che tuttavia non dis-degnano le espressioni culturali

provenienti dalle frange estremi-ste. Ci siamo così abituati a que-sto clima in cui tutto va bene eniente ci definisce che, progressi-vamente, abbiamo mollato il com-plottismo e abbiamo smesso divedere Il Sistema. Così, dallaseconda metà degli anni duemila,il complottismo è finito in mano aun'altra frangia politica ed èdiventato gentismo, una specie diagenda politica in cui, ugualmen-te, va bene tutto a patto che siaportato avanti da persone chenon siano colluse con Il Sistema(cioè politica fatta da gente chenon ha mai fatto politica). Io sonorimasto indietro, ho accettato unlavoro da impiegato al servizio deIl Sistema e non riesco più adascoltare i messaggi dei RageAgainst The Machine senza sbadi-gliare. Non è nemmeno più cosìfastidioso guardare a quel che

sono diventato: riesco a vedere ilme stesso di tanti anni fa senzaavere una crisi interiore, e limitoil mio disappunto a quelle rarevolte che entro in una cabinaelettorale e non trovo più la palli-na rossa su cui fare la croce.Tanto per quello che serve, dice ilme stesso del 2016. Ecco, non ho mai ascoltato moltamusica uscita negli anni sessantae settanta, ma ho sempre deside-rato di essere presente quando ifolksinger iniziarono a cantarecontro lo stato delle cose. Perchèascolti i dischi di Joan Baez oDylan o certe cose eccezionali diPete Seeger, o quelli che un po'di tempo dopo l'hanno fattoquasi uguale nel nostro paese, edentro c'è – puro e semplice – unaltro mondo. Voglio dire, iBeatles facevano una cosa chepuò essere presa e trasportataall'oggi in un modo più o menouguale: stavano su un palco, suo-navano, la gente sotto urlava, edera più o meno tutto lì. QuandoBob Dylan uscì fuori probabil-mente era la stessa cosa, ma poiera diventato qualcosa di più. Adascoltare quei dischi oggi, rimaneancora un briciolo d’impattosociale, o almeno la percezione diun impatto che potrebbe essercistato. Voglio dire, quando BobDylan cantava che the times theyare a-changin’ io credo che qual-cuno lo stesse ascoltando, e stes-se pensando che i tempi stesseroeffettivamente cambiando, e chequalcun altro si stesse cacandosotto dalla paura perché in quellacanzone si parlava di qualcunoche c’era, e stava per farsi senti-re, e forse l’avrebbe fatto anchesenza che Dylan incidesse lacolonna sonora, ma ora le canzo-ni c’erano. Così, insomma, se parliamo diBeatles e Stones puoi metter su ildisco e goderti la musica, e se par-liamo di Dylan e Joan Baez puoi farelo stesso ma devi anche sforzarti dicapire da dove venga quella musica,in che contesto è statacreata, come andavanoallora le cose.

Riflessione semiseria tra arte e politica,

dalla protesta contro Il Sistema

alle rivolte di Joan Baez, che sarà

in concerto al Ravenna Festival il 13 luglio

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Blog di carta78 JFRjazz, folk, rock

Oggi suona tutto un po’ passé, maallora forse erano canzoni scomode ederano anche molto belle e coglievanola vibrazione che c'era ai tempi e rap-presentavano qualcuno senza neces-sariamente volerlo portare dentro unacabina elettorale. E nei testi c'era unavvertimento a chi prendeva le decisio-ni, uno stiamo arrivan-do che somiglia aquello che stava sullabocca dei RageAgainst The Machine;ma nei sessanta ilmondo sembravaancora un posto dacambiare, in cui sem-brava esserci ancoraqualche possibilità dinon starci. E sembravadavvero che quelle canzoni fosserostate scritte e suonate per essere lacolonna sonora di una rivolta cheprima o poi sarebbe arrivata. E forse aquei tempi non si doveva ancora com-battere Il Sistema, e i cattivi avevanoancora un nome e un cognome e unpessimo taglio di capelli.Ok, probabilmente le persone che leascoltavano e sognavano il cambia-mento cantato da Joan Baez hanno

razionalizzato anche peggio di quantosia successo a noi, e hanno preso ilpotere nel modo peggiore e sonodiventati i garanti del mantenimento diquell’ordine contro cui cantavano, eoggi usano quelle stesse canzoni perle loro campagne. Ma tutto sommatocredo che non sia colpa né dei RATMné tantomeno di Joan Baez, la qualecanta in pubblico da quasi sessant'an-

ni e ancora oggi aiconcerti continua adaprire la boccaccia eprender posizione con-tro il suo governo. Hosentito dire che unavolta chiesero aRobert Smith perchécontinuasse a saliresul palco truccato.Rispose, grossomodo,che sotto al palco c’e-

rano centinaia di fan che si truccava-no come lui, e non sarebbe stato lui afarli sentire degli sfigati. Joan Baezinvece continua a indossare la stessabandiera, e sotto al suo palco ormaison tutti in camicia. Ecco, di certecose credo si debba avere quantome-no rispetto. ❍

(Joan Baez suonerà al Ravenna Festivalmercoledì 13 luglio al Pala De André)

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Joan Baez al Festival

«A quei tempi

i cattivi avevano

ancora un nome

E un pessimo

taglio di capelli...»

Joan Baezcon Bob Dylan

in una fotodegli anni sessanta

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79EventiRavenna Festival Magazine 2016

Il loro nome in gaelico signi-fica “il matrimonio del Diodel Sole”, o anche solo “lafesta” di Lugh, ed è unomaggio al grano, nel mesedel raccolto. I Lúnasa, supergruppo irlandese, rappre-sentano il meglio della tra-dizione musicale di quelleterre. Dal 1997 l’inventivadegli arrangiamenti e ilgroove dei bassi spostanola tradizione dell’isola deltrifoglio in territori sorpren-dentemente nuovi.Oggi nei loro eventi musicae danza si fondono, creandoatmosfere di grande lirismo eintensità, insieme a momenti diforte impatto e grande energia,totalmente e profondamente

Irish.Saranno protagonisti al RavennaFestival sabato 25 giugno nelcorso di quella che è stata ribat-tezzata come “La lunga notte

Una lunga notte irlandesetra musica dal vivo e danza

JFR jazz, folk, rock

irlandese” al palazzo SanGiacomo di Russi.La serata si dipana poi con lesuggestioni create da altri ospititra cui i Birkin Tree, da trent’anni

sulla scena musicale, unicaformazione italiana a esibir-si regolarmente in Irlanda,dove ha suonato in alcunitra i più importanti festival,tra cui Feakle Festival, EnnisTrad Festival,Glencolumbkille FestivaleO’Carolan Festival.Sul palco ci sarà anche lacantante Karan Casey, alungo una delle voci piùinnovative e apprezzate nelcampo della musica irlande-se. Nella sua carriera ormaiventennale, è passata dal

jazz alla collaborazione con laband Solas a New York, finoall’attuale carriera da solista conla quale ha venduto oltre mezzomilione di album. ❍

Immensa è la montagna, la cui maestosità si impadronisce facilmen-te dell’arte e dei sentimenti umani. Accade anche in“La doppia anima della montagna”, una serata (il 30 giugno alle 18 alteatro Alighieri) che interseca l’immagine e il canto, la fotografia e ilteatro, l’immobilità e il movimento, due modi diversi di rapportarsicon la trascendenza della cima.Nella prima parte, il fotografo Davide Baldrati presenta il suo libro“Fotodiagnostik”, in cui ha immortalato (nella foto) le vette riflessesul lago di Antermoia sulle Dolomiti che generano le stesse inquie-tanti figure evocate dal test psicologico di Rorschach.A seguire, le due attrici Michela Marangoni e Laura Redaelli, con icanti alpini – nuova tappa del loro percorso sulla voce –, amplificanoe rovesciano queste percezioni tra vertigine e spiritualità.

Canti popolari

Il doppio volto della montagna:dalle foto al concerto scenico

I Birkin Tree

Ristorante FieldCirconv. al Molino 128 Ravenna Tel. 0544.1672628

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Ravenna Festival Magazine 2016

Il centenario80

Guerrini, erudito burlone,cicloturista e buongustaio

DI ATTILIA TARTAGNI

Olindo Guerrini è nella storia come“un erudito della scuola carduccia-na” che con lo pseudonimo diLorenzo Stecchetti pubblicò la raccol-ta di poesie Postuma (1877) in cuisono vivi gli echi della prosa “male-detta degli scapigliati” e con lo pseu-donimo di Argia Sbolenfi pubblicò lasuccessiva raccolta di Rime (1879). Ilmovimento “scapigliato” si propone-va di innovare i linguaggi artistici cri-ticando il conformismo con atti tra-sgressivi e bohèmien. Guerrini fu tra-sgressivo da adolescente, poi vissein modo pacato, agevolato dal censoe dalle amicizie altolocate. La caricatrasgressiva la riversò tutta in certerime, specialmente dialettali, stem-perandola dietro a maschere e pseu-

donimi.Il principale è Lorenzo Stecchetti,«nome parlante, che allude alla sche-letrica magrezza del giovane consun-to da tisi», autore prematuramentescomparso dei versi di Postuma,Polemica e Nova Polemica, empati-camente raccontato dal “cugino”Guerrini. C’è poi lo shakespearianoMercutio, firma del giornale “IlMatto”, e Marco Balossardi, sberleffoa Mario Rapisardi in procinto di pub-blicare Giobbe. Nel 1882 Guerrini eCorrado Ricci lo anticiparono, elabo-rando l’omonima ode satirica inversi. Balossardi deriva dalla radicedel milanese balòss che significa bir-bante. Argìa Sbolenfi, isterica zitellalicenziosa a cui Guerrini attribuì poe-sie mordaci apparve nel 1892 sul set-timanale “È permesso?...” dove scri-

veva Pietro Sbolenfi, sposato conLucrezia e padre di Argia: a Guerrinitoccò la sua canzonatura. Ispirato daGiuseppe Sarti, patriarca di Veneziaeletto nel 1903 Papa Pio X, Guerrinisotto lo pseudonimo di Bepi formulòin dialetto veneto le “ciacole” della“Trenodia” nel giornale “Il pugno diferro” poi sviluppate nel “Travasodelle Idee” e mantenute fino allamorte del Papa stesso. OdinoLinguerri, anagramma di OlindoGuerrini, è il nome con cui firmò alcu-ne massime sull'almanacco dellabirra Dreher. Giovanni Dareni, inser-viente zoppo della Biblioteca, nasco-se il Guerrini autore di un libello. Sivolle anche attribuirgli la paternità,mai provata, delle Poesie dello sco-nosciuto Angelo Viviani (1881).Nel centenario della morte (21 otto-

bre 1916) un Comitato lavora allaricostruzione del profilo letterario,storico e umano di Guerrini.Avvocato mancato, fu prima volonta-rio poi stipendiato e dal 1893 diretto-re della Biblioteca dell’Università diBologna, il luogo dove si erudì pertutta la vita, riuscendo a mantenerevivo il rapporto con Sant’Alberto chedefiniva «la mia patria vera».

La formazione. Olindo nacque il 4ottobre 1845 a Forlì dove la madrePaola Giulianini, dopo un primo partodifficile, scelse di farlo nascere. Ilpadre Angelo era il farmacista delluogo e la sua casa, donata poi alComune di Ravenna dal figlio Guido,oggi centro culturale polivalente,dominava il borgo confinante con leValli di Comacchio che nel 1915 il

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poeta così descriveva: «Il mio paesenon era che una lunga strada fango-sa fra due file di casupole, meno chenel centro, costrutte di mattoni sec-cati al sole e coperte di canne palu-stri. Fuori, dove ora è campagna fio-rente, non erano che stagni e paludi,focolari di malaria…». A otto anni Olindo entrò nel CollegioMunicipale di Ravenna, mostrandosiintollerante all’istruzione nozionisticae alla disciplina impartite dai preti.Nel 1859, di ritorno da Mandrioledove era andato a prendere le ossadi Anita Garibaldi, passò daS.Michele dove erano raccolti i colle-giali inneggiando a Garibaldi.Scoppiò una sommossa nel Collegioa sostegno dei moti romagnoli controil governo pontificio, e alcuni ragazzi,fra cui Olindo, vennero espulsi. Il

padre lo iscrisse nel CollegioNazionale di Torino. «A Ravenna cidestavano a suon di campana, aTorino a suon di tamburo. E giù gin-nastica, greco, esercizi militari, fran-cese [...] un’imbottitura larga, mapoco profonda, che mi rimase addos-so». Nel 1865, dopo la licenza, si iscrissealla facoltà di Legge e Lettere diBologna dove si laureò nel 1868 conuna tesi giuridica, facendo pratica inuno studio legale. Nel 1866, per laterza guerra d’indipendenza, fuarruolato nel battaglione mobile diForlì e comandò la guarnigione primaa Lugo poi a Bologna.

Giornalismo e politica. Nel 1868 usci-rono su “Lo Staffile” le prime mor-

A cento anni della scomparsa si celebra la vita e l’opera di uno dei più straordinri

intellettuali romagnoli dell’epoca moderna: poliedrico, ironico, anticonformista, capace

di connettere la cultura alta con quella popolare,attraverso una serie di indimenticabili alter ego,a partire dal poeta maledetto Lorenzo Stecchetti

>> Olindo Guerrini alias Stecchetti in un autoritratto in veste da poeta

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Il centenario82

denti rime firmate Lorenzo Stecchetti.Nello stesso anno recensì i LeviaGravia di Carducci su “Amico delPopolo” e nel 1882 le Odi Barbare.Nel luglio del 1870 venne eletto con-sigliere comunale a Ravenna e nuo-vamente eletto nelle elezioni generalidel 9 giugno 1872, del 26 ottobre1879 e del 2 aprile 1883. Fu assesso-re comunale nel 1873 e nel 1874,insieme al deputato conteGioacchino Rasponi. Con la SocietàOperaia di Mutuo Soccorso costitui-tasi a Sant’Alberto nel 1816, presi-dente onorario Giuseppe Garibaldi,fondò con una propria donazione di318 libri, in gran parte patriottici, laBiblioteca popolare aperta al pubbli-co il 21 aprile 1872 e istituì aSant’Alberto una sezione dei pom-pieri.Il 19 aprile 1874 a Bologna fondò “IlMatto” dall’epigrafe “A conti fatti,beati i matti”, giornale satirico anti-clericale da cui derivò “La Patria”,giornale progressista in cui si firmavaMercutio. Nello stesso anno sposòMaria Nigrisoli: nacquero Angelinache morì a quattro anni, Guido – chesarebbe divenuto professore diPatologia generale e Rettoreall’Università di Bologna – e Lina. Il19 agosto 1876 uscì “Il Lupo” dovecome Mercutio pubblicò rime dialet-tali poi raccolte nel volume postumoI sonetti romagnoli.Nel 1877 per Zanichelli uscirono iPostuma di Lorenzo Stecchetti. Laprima edizione fu esaurita a tempo direcord, seguita da 32 edizioni fino al1916, e provocò imitazioni e parodiecomprese le contraffazioni del napo-letano Bideri per cui Guerrini ricorsein Tribunale perdendo la causa. Nel1878 uscirono i Polemica e nellostesso anno i Nova Polemica ampliatidi Lorenzo Stecchetti, nella cui prefa-zione Guerrini prese posizione sul-l’imperante diatriba: «Non ci sono néveristi né idealisti. Ci sono autori chescrivono bene e altri che scrivonomale: ecco tutto». In risposta al volume, usci Polemicanovissima di Luigi Alberti, contro cuistavolta si levò il suo nemico storicoCarducci. Erano tempi in cui ognipubblicazione di successo sollevavaun vespaio critico, dialettico o satiri-co, segno della vivacità e della pre-gnanza sociale della scrittura.Stecchetti nel 1879 pubblicò Cloe,libretto d’opera con musica di GiulioMascanzoni ispirato da scritti diGoethe e di Silvio Pellico, un lavoro“mal fatto”, come scrisse poi. ConCorrado Ricci nel 1880 scrisse Studi epolemiche dantesche, poi Giobbe,Vite degli eccellenti capitani, Il librodei colori, segreti del secolo XV e ilDiario Bolognese di Jacopo Ranieri.

Nel 1882 scrisse le prefazioni peralcuni libri editi da Sonzogno. Nel1883 uscì per Sommaruga laBibliografia per ridere e l’opera inprosa Brani di vita. Nel 1897 pubblicò le Rime di ArgiaSbolenfi, uno scandalo per cui siritrovò in Tribunale come legale ecome convenuto (ovviamente assen-te la Sbolenfi). Nel 1903 pubblicò perZanichelli le Rime (Postuma, NuovaPolemica e Adjecta con rime già editenell’Argia e altre inedite). Uscironopostumi nel 1920 a cura del figlioGuido, i Sonetti Romagnoli, teatroilare di un Romagna sanguigna eanticlericale fra i due secoli animatoda romagnoli veraci come Tugnàzz ePulinèra, Zezar Raspon, l’ostessaZabariona. È il Guerrini più caro ai ravennati che,accantonata la profonda tristezza asfondo “noir” di certe rime in italia-no, si abbandona allo spirito sagacee satirico nel dialetto della suaRomagna.Bel Paese l’Italia, canzone pubblicatail 21 febbraio 1904 su “AzioneSocialista” di Brindisi si concludecosì:.È pronta la prigion per chi noncrede / alla virtù dei santi... / Che belpaese per la Santa Sede / e i frati zoc-colanti! / Ahimè, per questo, incontroalla fiumana / Dei preti e dei ribaldi; /Per questo andavi ad assalirMentana / Povero Garibaldi! A frontedi un tale spiccato anticlericalismo,fu Don Francesco Fuschini a presen-tare I sonetti romagnoli illustrati daNedo Del Bene, definendoli nutriti di«…sintassi anarchica, similitudinestrambe, veloci anacoluti, parolecome vespe liberate; il gremito fondoidiomatico romagnolo cui è mancatol’uomo d’arte per diventare una lin-gua d’arte», la Romagna lavoratora esparagnina, sboccata e manesca,«dalla naturale generosità».Ragionando sugli stessi Sonetti AldoSpallicci rimanda invece ai turbamen-ti bellici e politici del Risorgimento dacui, per contrasto, emerge l’autentici-tà di «Pulinèra e Tugnàzz, tipi dellavecchia Ravenna con la simpatica vil-lania di certi gesti e la crudezza diespressione. C’è l’ombra” – scriveSpallicci – dell’in hilaritate tristis checongela il sorriso sulle labbra»: farsae tragedia convivono, inscindibiledicotomia dell’umano teatro.

Le passioni: cucina, bicicletta e foto-grafia. In bicicletta (1901) rivela cheGuerrini divenne ciclista per affianca-re il figlio Guido appassionato della“macchina seduttrice”. Egli fece pra-tica segretamente sulla pista delVeloce Club e infine invitò il figlio ainsegnargli. Andarono dal noleggia-tore Pelloni, in Piazza Otto agosto

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83Il centenarioRavenna Festival Magazine 2016

dove Olindo, già ciclista provetto,accettò suggerimenti e consigli. Insella si diede a magistrali evoluzioninella piazza e Guido capì di esserestato imbrogliato. «Così, salito inbicicletta per dovere e per impulsod’affetto, ora me ne sono innamoratocon passione. Non c’è arte al mondoche possa esprimere il piacere, direiquasi la voluttà, della vita libera,piena, goduta all’aperto, nelle pro-messe dell’alba, nel trionfo deimeriggi, nella pace dei tramonti,correndo allegri, faticando concor-di, sani, contenti [...] Mettetevelo inmente, voi che vi guardate la lin-gua, vi tastate il polso, seccate ilmedico e ingrassate il farmacista.Andate in bicicletta coi figli e dopoun mese digerirete le cipollecrude»: un testo in linea con leattuali teorie salutistiche. Guerrini firmò l’inno ciclistico delTouring Club Italiano messo a con-corso l’11 marzo 1900 dalla“Domenica del Corriere”. Pulinèra è ilnarratore de E’ viazz che coniugarime, bici e cibo così: Donca, par felacurta, una matena / Int’e’fe d’l’elba,quand ch’è canta è gall / Ass lasses-som Ravenna dri dal spall / E vi, d’ba-tuda, par la stré Fantena. / E vers aSan Michil, dri da la schena / E’ sol apoch a poch è dvinté zal, / e zo pr’éGod e par Bagnacal, / Par Lug e parla Massa e par Midsena. EccoBologna! Finalment ai sé! /Ecco almura, la porta, i tram e tott…/“Gnente di dazio?” Un cazz! Hoia dettben? / A do Torr? San Petroni? Chis’n’infott! / Nò a curessum ai QuattarPiligren / a magné al parpadell cun èparsott.

Il finale del sonetto rimanda alla pas-sione culinaria condivisa con l’amicoPellegrino Artusi di Forlimpopoli chespronò a occuparsi di cucina con gliavanzi, trascurata nel proprio cele-berrimo ricettario. Ma senza esito.Così centinaia di ricette raccolte daGuerrini su libri italiani e straniericonfluirono nella L’arte di utilizzaregli avanzi e risparmiare con gustouscito postumo nel 1918 con l’ennesi-mo tocco di ironia double-face guerri-niana: «Avendo scritto in vita coseinutili e insulse, voglio finire con unlibro serio, capace di procurami lagratitudine delle cuoche, quandosarò dove gli avanzi non si cucinanopiù». Memorabile la sua conferenzatorinese del 12 giugno 1884 dal titoloLa Tavola e la cucina nei secoli XIV eXV e Frammento di un libro di cucinadel sec. XIV scritto per le nozze diLaura, figlia di Carducci. Come fotografo fu il primoPresidente del Circolo FotograficoBolognese, lasciando stampe elastre perfettamente conservate,ritratti dei famigliari e autoritratticon insoliti travestimenti. NellaBiblioteca Classense, Fondo Ricci, visono foto in cui è incoronato d’allo-ro, atteggiato a Beato, al Tasso eall’Ariosto, una ulteriore confermadell’ironia con cui osservava la real-tà e anche se stesso riuscendo sem-pre a sorprendere. Di Bologna resta-no le sue immagini del tram a caval-li, delle lavandaie in via Riva diReno, delle signore eleganti inPiazza Maggiore, documenti di unacittà incamminata verso un progres-so tragicamente arrestato dallaPrima guerra mondiale. ❍

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AL PIRATA PAG RFM:RFM 09/05/16 17:18 Pagina 1

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85concerto itinerante su 2 ruote Ravenna Festival Magazine 2016

Pedalando sulle tracce di Olindo da Russi a Sant’Alberto

ES eventi speciali

DI CHIARA BISSI

Nel centenario della scomparsa diOlindo Guerrini, il tradizionale appun-tamento in natura proposto dal festi-val, in collaborazione con TrailRomagna, sarà su due ruote.Abbandonato il concerto trekking, for-mula utilizzata nelle passate edizioni,si passa alla bicicletta, un’autenticapassione per il poeta e letterato diSant’Alberto. “In bicicletta con Olindo”è la giornata proposta dal festival, il 26giugno, a zonzo per le aie tra parole,musica e cibi dimenticati. Quarantottochilometri da palazzo San Giacomo diRussi, con partenza al mattino, finoall’arrivo fissato all’argine del fiumeReno a Sant’Alberto nel pomeriggio, iltutto passando per Villanova diBagnacavallo, Mezzano, Savarna.L’itinerario prevede una serie di tappepoetiche e culinarie, sempre in onoredella multiforme opera di Guerrini,capace di prendere il sembiante diLorenzo Stecchetti nella doppia produ-zione in dialetto e in italiano. A guidarela narrazione Giuseppe Bellosi.

«Abbiamo deciso di proporre i tantiaspetti dell’opera di Guerrini – spiegalo studioso, interprete e poeta - e perfarlo non potevamo tralasciare il copio-so repertorio in musica. Con gli stru-mentisti Stefano Martini al violino,Egidio Collini alla chitarra, FabioGaddoni al violoncello e con il sopranoElisabetta Agostini alterneremo le let-ture alle esecuzioni di romanze e dipoesie di Guerrini musicate daFrancesco Paolo Tosti, maestro dicanto della regina Margherita, che nel1880 fu invitato a Londra e incaricatodalla regina Vittoria di curare gli intrat-tenimenti di corte. Guerrini composeanche testi pensati per la musica, ilbrano Sogno è tuttora nei repertori dicantanti come Bocelli. Verranno ese-guite anche musiche di Lehár eOffenbach e Carlo Brighi. Leggeròbrani in prosa autobiografici sulla pas-sione per la bicicletta, e liriche in dia-letto. Guerrini fu un prosatore brillantee un genio multifome. Visse a Bolognadal 1865, dove divenne direttore dellabiblioteca universitaria, ma continuò apartecipare alla vita politica ravennate

come consigliere e assessore comuna-le, intrattenendo un fitto carteggio conl’avvocato Poletti, principe del fororavennate. Nell’estate del 1903 con ilfiglio intraprese un viaggio in biciclettada Ravenna, verso Bologna, poiMilano, il Piemonte fino al Monte Rosaper poi al ritorno proseguire perPadova, Venezia e Trieste.Un’esperienza raccontata all’internodei Sonetti Romagnoli, volume pubbli-cato postumo dal figlio, in seguitodivenuto rettore dell’università diBologna». Lorenzo Stecchetti, nacquedalla fantasia di Guerrini, come cuginocagionevole morto di tisi, autore dellaraccolta Postuma. Opere di enormesuccesso di pubblico, pubblicate daZanichelli, in Romagna oscurate solodalla notorietà dei Sonetti romagnoli,editi nel 1920. Tra gli alias di Guerrinibrilla anche Argia Sbolenfi con il qualepubblicò le Rime con prefazione diLorenzo Stecchetti. Ed è per inseguirelo spirito di Guerrini che il percorso sisnoderà tra la Torre di Traversara,aperta al pubblico per l’occasione,l’Ecomuseo delle erbe palustri di

Villanova di Bagnacavallo, la casa delpittore Giulio Ruffini, il museo etnogra-fico Segurini di Savarna, la casaGuerrini di Sant’Alberto e l’argine delReno, con arrivo alle 17. Un viaggioaccompagnato dalle proposte dellamaestra di cucina Giorgia Lagosti.«Saremo presenti in tre tappe propo-nendo un ristoro itinerante ai parteci-panti, composto da un antipasto disalumi, formaggi e piadina con farinadi farro, cereale in uso ai tempi diGuerrini al posto della farina di granotenero molto più costosa; poi comeseconda proposta e seconda tappa cisarà un risotto al carciofo moretto eguanciale di mora romagnola, in omag-gio ai prodotti del territorio; e infineall’argine del Reno chiuderemo conuna ricetta di Guerrini, ovvero carni gri-gliate ripassate in padella con cipolla,aglio e pomodoro e dolci da credenza,ciambella e crostate. La cucina offertada Guerrini, era tendenzialmente pove-ra, come documentato nel volumeL’arte di utilizzare gli avanzi dellamensa, ma ha ancora un grande valo-re. Spetta a noi conservare le tradizionie non farle morire. Certo è necessarioreinterpretare le ricette in termini digrammature e di resa delle materieprime. Il nostro stile di vita non è quel-lo di 150 anni fa». In serata a palazzoSan Giacomo di Russi l’omaggio aGuerrini proseguirà con un altro spet-tacolo, ovvero La Lunga notte roma-gnola. Per la biciclettata è prevista anche unapartenza su due ruote da Ravenna, ilgruppo si congiungerà con i partecipatia palazzo San Giacomo per iniziare ilpercorso poetico. E per concludere le parole del poeta,dedicate alla bicicletta. Dal componi-mento L dei Sonetti Romagnoli:A sintemia lighedi al pall d'i znocc/ Eandemia adesi da la gran stracona/Cvirt da la porbia e cun e' sol in t'i'occ./ Mo quand a fossom a laCamarlona/ E a sintessom i virs d'ipremm ranocc/ A rugiè: «Forza da laZabariona!». «Sentivamo la rotulelegate/ e andavamo piano per la gran-de stanchezza,/ coperti di polvere e colsole negli occhi./ Ma quando fummoalla Camerlona/ e sentimmo i cantidelle prime rane/ io gridai: «Forza,all'osteria della Zabariona!» ❍

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87versi e balliRavenna Festival Magazine 2016

DI CHIARA BISSI

Le sonorità del mondo e le radici, lamusica colta e le tradizioni popolari, igrandi lirici e la poesia in dialettoromagnolo, Ravenna festival datempo accoglie molteplici linguaggimusicali, ma è nell’edizione 2016 cheoffre al pubblico una “Lunga notteromagnola” a palazzo San Giacomodi Russi. L’occasione nasce comeomaggio ad Olindo Guerrini, nel cen-tenario della scomparsa (1845 –1916). Al poeta di Sant’Alberto, erudi-to, critico letterario, polemista, dalforte carattere, irriverente e anticleri-cale va un tributo in parole e musicacome non si è mai visto. E seguendol’autore, pronto a nascondersi, diver-tito, dietro a numerosi pseudonimi, ilpiù celebre fra questi LorenzoStecchetti, usato per calibrare toni emisure della propria scrittura in prosae versi, così la “Lunga notte romagno-la” offre al pubblico un doppio regi-stro. In apertura l’attore IvanoMarescotti legge i Sonetti Romagnoli,pubblicati postumi dal figlio Guido, digran lunga il componimento più notodi Guerrini, almeno in Romagnarispetto all’intera produzione in italia-no. Marescotti noto al grande pubbli-co per l’intensa carriera cinematogra-fica e teatrale, conserva una passione

sconfinata per la produzione poeticain romagnolo che traduce sulle sceneda decenni con generosità in spetta-coli e recital.Nella seconda parte della serata saràla musica a dominare il palco e con lastessa vitalità delle parole del poetacondurrà il pubblico nel regno dell’or-chestra futurista eXtraliscio, fatto dipolke romagnole e sonorità speri-mentali, giocate per fondere e tradireil repertorio “classico” per dare formaa un punk da balera. In scena Morenoil Biondo con l’Orchestra GrandeEvento e Mirco Mariani e l’orchestraeXtraliscio. A Ivano Marescotti il compito di rac-contare l’idea della “Lunga notteromagnola e la fascinazione perOlindo Guerrini”.Nel centenario della scomparsa diOlindo Guerrini molti sono gli omag-gi programmati, come è nata l’idea diuna lettura dei Sonetti romagnoli perdi più in un ambiente nobile e allostesso tempo campestre come palaz-zo San Giacomo di Russi?«La proposta mi è stata offerta dallladirezione del Ravenna Festival e io nesono stato ben felice».Come si avvicina l’opera di un poetae di un intellettuale atipico comeGuerrini?«Ho accettato volentieri proprio per-

ché nella mia attività professionalenon avevo mai affrontato col dovutoimpegno Stecchetti. Mi sono sempreriservato di farlo un giorno e la propo-sta del Ravenna Festival me ne dàuna magnifica occasione».Marescotti è stato il primo a portarein scena con successo testi poetici eteatrali in dialetto romagnolo, a par-tire da Raffaello Baldini, si aspettavatanto consenso da parte del pubblicoe immaginava che potesse diventareuna modalità utilizzata nel tempoanche da altri lettori e attori?«All’inizio, e parlo della fine degli anni80, leggevo per divertimento le poe-sie in dialetto agli amici, poi il pubbli-co si è allargato in modo incredibilefinché non mi sono reso conto di unvuoto che c’era e delle aspettativedella gente rispetto a poeti considera-ti tra i più grandi del secolo scorso.Ho dedicato gran parte della mia atti-vità alla diffusione delle poesie deigrandi poeti romagnoli in dialetto daTonino Guerra fino a Baldini sull’ondadi un grande interprete romagnolo:Giuseppe Maestri, insuperabile letto-re soprattutto di Stecchetti. Per sog-gezione verso di lui, forse, non avevoancora affrontato Stecchetti».Lo spettacolo “La lunga notte roma-gnola” prevede anche l’incontro tuttoparticolare con Moreno Il Biondo,Mirko Mariani e Mauro Ferrara,anime delle orchestre Grande Eventoed eXtraliscio, unite per l’occasione.State pensando a una divertentecommistione fra le liriche diStecchetti e le sonorità sperimentalidi questo nuovo genere gioioso escanzonato, definito dagli stessiautori “punk da balera”?«Non li conosco, purtroppo, e io nonavrò bisogno di musica durante il rea-ding…».«Extraliscio non è solo musica, con-certi e ballo ma è un’attitudine».Avvertono i creatori, ovvero MircoMariani e la star del liscio Moreno ilBiondo, con un’avvertenza:«Attenzione la gioia che provoca nel-l'ascoltatore dà assuefazione». Il pro-getto condiviso con Mauro Ferrara,altra voce storica del genere, propo-ne: «canzoni da ballo che affondanole radici nella musica folkloristica diSecondo Casadei e si proiettano nella

balera del futuro». Ne sono artefici:Mirco Mariani, al fianco per diversianni di Enrico Rava e VinicioCapossela con il quale ancora colla-bora. Mariani ha suonato nei piùimportanti festival italiani ed europeie ha collaborato con Arto Lindsay,Mitchell Froom, Marc Ribot, StefanoBollani, Paolo Fresu e tanti altri.Mauro Ferrara, voce storica dellaRomagna ha iniziato con le OmbreNere e con l'orchestra “VittorioBorghesi”, poi dal 1975 al 2000 hasuonato con l'Orchestra “RaoulCasadei” e nel 2002 Mauro ha fonda-to, insieme a Moreno il Biondo,Fiorenzo Tassinari e WalterGiannarelli, l'orchestra “GrandeEvento” con cui tutt'ora si esibisce. Einfine Moreno “il Biondo” Conficconi,che entra a far parte dell'Orchestra“Raoul Casadei” nel 1990. Anni in cuicollabora con artisti come GloriaGaynor, Tito Puente ed Elio e le storietese per il quale nel 1996 firma l'ar-rangiamento della versione video deLa terra dei cachi. Nel 2002 Moreno ètra i fondatori dell'orchestra "GrandeEvento". Con questa formazioneorganizza diversi tributi a SecondoCasadei come lo spettacolo Secondoa nessuno, in collaborazione con l'or-chestra sinfonica Cherubini. ❍

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La Lunga Notte della Romagnafra extraliscio e dialetto poetico

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89festa popolareRavenna Festival Magazine 2016

Due giorni a Comacchio dovel’anguilla incontra la taranta

Una due giorni di festa in musica aComacchio. Ambrogio Sparagna,torna a calcare le scene di Ravennafestival con un nuovo progetto daltitolo “Tra anguille e tarante”, dedi-cato alla città lagunare.Compositore, musicista etnomusico-logo, Sparagna, dopo gli spettacoliDante Cantato, e Sale un canto men-tre cala il sole nelle saline di Cervia,affronta in musica il patrimonio cul-turale di Comacchio e il legame iden-titario che unisce l’anguilla allepopolazioni della laguna. Per riper-corre storie, musiche e canzoniAmbrogio Sparagna il 18 e 19 giugnocoinvolgerà centinaia di persone, fralaboratori e spettacoli, affiancatodall’orchestra Popolare italianadell’Auditorium parco della musicadi Roma, da Peppe Servillo, da grup-pi di teatro popolare locali e gruppidi danzatori diretti da FrancescaTrenta. Un programma che non pote-va dimenticare le gioie del convivio,sabato 18 alle 12,30 al ristorante IlBettolino di foce ci sarà un pranzosociale in musica con narrazioni; alle18 nell’edificio della Manifattura deiMarinati prenderanno via i Raccontid’anguilla, musica e storie della cul-tura locale; mentre alle 21,30 all’are-na di palazzo Bellini il grande spetta-colo di canti e danze popolari Traanguille e Tarante accenderà lanotte comacchiese. Dolci armoniechiuderanno il programma al sagratodella chiesa del Carmine con il con-certo di ninna nanne della tradizioneregionale italiana. Domenica alle 11Raffaello Simeoni aprirà la giornatacon il concerto Sotto lu ponte c’è lusole all’antica Pescheria, alle 18nuovo appuntamento con le narra-zioni in musica alla Manifattura deiMarinati e infine alle 21,30 all’Arenadi palazzo Bellini il grande spettaco-lo dedicato ai canti di mare con lapartecipazione straordinaria diPeppe Servillo, attore e già vocedegli Avion Travel. Dal 15 al 17 giu-gno si svolgeranno i laboratori didanza e di narrazione.Ad Ambrogio Sparagna abbiamochiesto come è maturato il progetto«Comacchio è un luogo suggestivo,porta in sé memorie di una storiaunica. L’intenzione è proprio quella

di costruire uno spettacolo sulle sto-rie di lavoro e sull’ambiente natura-le. E tra i protagonisti non potevanomancare gli animali come i pesci e leanguille».E come valuta la collaborazione conRavenna Festival?«Si tratta di un progetto pluriennale,mai uguale a se stesso, da semprec’è uno sforzo creativo che parte dalsenso del luogo. Realizziamo spetta-coli che si posso fare solo lì. Lo spet-tacolo prende forma vivendo sulposto, attraverso i laboratori didanza e di narrazione. La musicadiviene quindi un elemento dimediazione e così il lavoro prendeun carattere originale. Si tratta diun’attività in evoluzione. Non abbia-mo una borsa di spartiti pronti datirar fuori. Dagli incontri, dal lavorocon gruppi consistenti nasce il mate-riale per lo spettacolo è così ovun-que anche nelle tournée all’estero.Ad Astana in Kazakistan abbiamomesso alla prova con la canzonenapoletana 40 giovani cantori delconservatori. Abbiamo portato lanostra musica e i nostri laboratori inSiberia, Iraq, Libia, Armenia, Etiopia,aree del mondo impegnative».In che modo la danza popolareentra a far parte del lavoro?«Per noi è una parte fondamentale.

Prendiamo contatto e coinvolgiamole scuole di danza locali, in questocaso abbiamo deciso un innesto par-ticolare portando la tradizione dellaPuglia provando a connettere storieapparentemente lontane che hannoper protagonisti animali e danze: leanguille e i ragni, quelli dai cui morsiprendono vita le tarante. Un collega-mento dall’alto valore simbolico epoetico che parte dall’Adriatico escende giù lungo la costa».Quindi non potevano mancare lestorie di mare?«Certo si tratta di un repertoriocomune a tante parti del mondo, ilmare unisce e la partecipazionestraordinaria di Peppe Servillogarantirà lo stretto legame con altretradizioni popolari e altri mari».Nel programma appare un appunta-mento curioso, un concerto di ninnananne. Perché questa scelta?«Anche questo è un evento dall’altovalore simbolico. Nella tradizionepopolare la vita è sempre partecipa-zione. La ninna nanna è una dimen-sione naturale del fare musica insie-me e non ci può essere un dolcesonno senza. Volevamo inserire unadimensione allegorica della vita,fuori dal tempo, che rimanda a unacondizione più semplice e a ritmimeno furiosi».

Ci sarà spazio anche per i canti dellavoro?«Certo Comacchio in questo sensodiviene un luogo paradigmatico perl’Italia, nel quale le fatiche del lavorovenivano moltiplicate dalla durezzadelle condizioni ambientali».Quindi con il canto è ancora possibi-le raccontare la storia politica esociale di un popolo?«Da dieci anni portiamo avanti il pro-getto dell’Orchestra Popolare Italianadell'Auditorium Parco della Musica.Credo che si possa imparare moltoattraverso il repertorio popolare. Peresempio per i 70 anni dellaRepubblica abbiamo raccolto unenorme quantità di materiale attra-versando i momenti salienti dellanostra storia a partire dalla fine delSettecento fino al 1946. I canti popo-lari hanno una capacità narrativaaltissima, sono l’essenza della cultu-ra nazionale. Non si può non cono-scerli, mancherebbe una parteimportante, anche perché esiste unlegame profondo con la musica clas-sica».Sicuro, con la musica classica?«Certo non dimentichiamo che lamusica classica e quella popolarenon vanno mai separate. Verdi è l’e-sempio più alto, un compositoreamato dal popolo». ❍

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Human, la soglia tra l’umanoe il disumano

DI FEDERICA ANGELINI

«Uomini, siate umani, è il vostroprimo dovere; siate umani versotutte le condizioni, verso tutte leetà, verso tutto ciò che non èestraneo all'uomo. Quale saggez-za può mai esistere fuori dell'u-manità?» Sul sito che presenta ilcomplesso progetto teatrale chedebutterà l’8 luglio al RavennaFestival campeggia una citazioneda J.J. Rousseau a definire il tito-lo: si tratta infatti di Human.Scritto a quattro mani da LellaCosta e Marco Baliani, con lemusiche originali di Paolo Fresu ele scene e i costumi di AntonioMarras, nasce insieme a un diarioon-line destinato ad arricchirsi dicontinuo e tutto incentrato suquella parola barrata perchétroppo spesso negata anche inquesto “occidente”. Una parolache rimanda a quei diritti umaniriconosciuti nella Dichiarazioneinternazionale che vengono quo-tidianamente negati per esempioa Idomeni, al confine tra Grecia eMacedonia dove dodicimila per-sone aspettano di poter varcare ilconfine tra cui donne e bambiniche stanno seguendo i rispettivimariti e padri partiti prima e oraimbrigliati nelle maglie dellaburocrazia per la richiesta d'asiloin Europa. Diritti umani negati achi perde la vita nel Meditarreo infuga da guerre o persecuzione.Questo Mediterraneo dove a unprofugo il mito affidò il compitodi fondare la capitale Roma.Cos'era infatti Enea se non untroiano in fuga dalla sua cittàmessa a ferro e fuoco dagliAchei? E da questo, raccontaBaliani – che dello spettacolo èanche regista – propriodall'Eneide virgiliana nasce ilprimo spunto che poi germogliadopo l'incontro con Lella Costa inun progetto teatrale che calcherài palchi delle stagioni 2016/2017per approdare poi fino alle sediistituzionali di Italia e soprattuttod'Europa, quella Europa che sista rivelando così inadeguata agestire ciò che sta accadendo.

«Con la nostra ricerca teatralevorremmo insinuarci in quellasoglia in cui l’essere umanoperde la sua connotazione uni-versale, utilizzare le forme teatra-li per indagare quanto sta acca-dendo in questi ultimi anni, sotto

Vogliamo spiazzarlo, inquietarlo, turbarlo, assediarlo di domande.E insieme incantarlo e divertirlo,ché è il nostro mestiere». Eccoallora la scelta di andare a inda-gare, «la soglia fatidica che sepa-ra l’umano dal disumano, con-frontarci con le parole, svelarecontraddizioni, luoghi comuni,impasse, scoperchiare conflitti,contraddizioni, ipocrisie, paureindicibili. Vorremo costruire unteatro spietatamente capace diandare a mettere il dito nella

piaga, dove non sidovrebbe, dove sareb-be meglio lasciar corre-re. E andare a toccare inervi scoperti dellanostra cultura riguar-do alla dicotomiaumano/disumano».Una sfida dnque e uninvito agli spettatoriche non si esauriscesul palco perché sulsito c’è un diario giàattivo dove i protagoni-sti stanno raccontandol’evolversi dello spetta-colo, la sua vera e pro-pria genesi. Per riflet-tere appunto sul

nostro essere umani, il tutto, pro-mettono gli autori «Senza rinun-ciare all’ironia, e perfino all’u-morismo: perché forse solo ilteatro sa toccare nodi conflit-tuali terribili con la leggerezzadel sorriso, la visionarietà delleimmagini, la forza della poe-sia». In scena con i due gitantidel teatro italiano anche DavidMarzi, Noemi Medas, Elisa Pistis,Luigi Pusceddu in una coprodu-zione Mismaonda e SardegnaTeatro. ❍

Debutto per il nuovo

spettacolo di Marco Baliani e

Lella Costa su un’Europa dove

si alzano muri,

avanzano i fondamentalismi,

non si accolgono i profughi:

«Per un teatro spietato, che

metta il dito nella piaga»

91il racconto del contemporaneoRavenna Festival Magazine 2016

T teatro

LellaCosta. Sotto:Marco

Baliani

i nostri occhi, nella nostraEuropa, intesa non solo comeentità geografica, ma come siste-ma “occidentale” di valori e diidee: i muri che si alzano, i fon-damentalismi che avanzano, gliattentati che sconvolgono lecittà, i profughi che cercano rifu-gio» scrivono gli autori, chevogliono però precisare che nonintendono “accontentarsi” di «unaltro esempio di cosiddetto tea-tro civile». Non basta loro indi-gnare o commuovere chi guarda.

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Ravenna Festival Magazine 2016

L’intervista92 Tteatro

DI ANDREA ALBERIZIA

Recitare in uno spettacolo teatrale eral'ultima cosa che ancora non avevaspuntato in una lista scritta da adole-scente con dieci cose che avrebbevoluto fare nella vita. C'è riuscito agennaio del 2015 quando a Milano èandato in scena “Le Olimpiadi 1936”:lo spettacolo che vede sul palcoFederico Buffa, il celebre affabulatoreche ha conquistato il pubblico con lesue storie Mondiali trasmesse da Sky,sarà a Ravenna il 31 maggio al PalaCosta.

Alla vigilia della prima parlava deltimore per non essere un attore...«Troppo gentile con timore, facciamoterrore che è molto più vicino alla real-tà».D'accordo, terrrore. C'è ancora ointanto è diventato un attore?«Attore non lo posso diventare mai mail terrore è diluito in timore».

Che cosa c'è voluto per diluirlo?«Sono stato addestrato da CaterinaSpadaro e Emilio Russo, i due registi.Partono dal presupposto che a questopunto attore non posso diventarlo e mifanno lavorare sulla voce e su comeprendere le luci, le due cose che possoprovare a imparare meglio».La prima volta a teatro da spettatoreandò portato da suo padre...«Quando sono entrato in scena laprima volta credo di aver provato unasensazione semi irripetibile e ho pen-sato a mio padre che non c'è più, che èl'uomo che mi ha fatto amare il teatro,e a che emozione sarebbe stata per luivedermi su un palco. Ma forse nonavrei retto io l'idea che lui fosse aguardarmi quindi abbiamo tenuto uncontatto di altro tipo. Però sono feliceche quello che lui mi ha insegnato adamare in qualche modo sia entratonella mia vita».Lo spettacolo nasce quando i registi lacontattano...«Mi hanno chiesto se volevo fare qual-cosa dopo aver visto un episodio diStorie mondiali e l'idea di Berlino 1936è mia. È venuta fuori una forma ibridain cui io sono due personaggi, un nar-ratore che sa tutto e un personaggiorealmente esistito, il comandante delvillaggio olimpico che verrà destituitoe morirà suicida».Perché il comandante del villaggio?«Come ha brillantemente detto Russoil personaggio di Furstner è il perso-naggio della drammaturgia della scon-fitta. L'ha scelto perché l'ha trovato

adatto, un personaggio che fa pensarecon la scrittura molto potente diRusso».Gli sportivi protagonisti di quella olim-piade si rendevano conto di che signi-ficato ci fosse dietro a quell'evento?«Gli sportivi non sono mai particolar-mente lucidi, sono lì per gareggiare.Tranne ovviamente quelli come ilkoreano della maratona che corre conil nome giaponese: quello si rendeconto perché si accorge di quello chesuccede a casa sua e se non può com-petere per la sua nazione ma con unnome giapponese per i giapponesi,cioè gli esseri umani che odia di più almondo, lui è una persona conscia». Dovremmo aspettarci o pretendereche gli sportivi, in generale, siano piùlucidi nel modo di comportarsi in certimomenti storici?«Impossibile rispondere. Cosa doveva-no fare i giocatori italiani nel Mondiale1934? Cosa doveva fare Vittorio Pozzonel '34 se non allenare la squadra nel

miglior modo possibile? La storia lascrive chi ha vinto e lui ha vinto dueMondiali e una Olimpiade, è nettamen-te il più grande allenatore della nazio-ne. Avrebbe dovuto essere ricordatoper sempre, è scandaloso che nonabbia uno stadio dedicato a lui. Quindivuol dire che vuoi farne un fatto politi-co. Cosa avrebbe dovuto fare, l'eroe?Non può farlo, nessuno lo farebbe.Molto semplice guardarlo adesso mabisogna guardarlo quando succede.Certo ci sono anche i casi del centra-vanti della nazionale cilena che si rifiu-ta di stringere la mano a Pinochet o ilritiro di Carrascosa dall'Argentina: cisono atleti che si sono opposti ehanno dimostrato più coraggio di altrima non me la sento di guardare indie-tro a un atleta che non l'ha fatto».Cosa rende particolare Berlino 1936?«È la perfezione dell'organizzazionetedesca. I tedeschi organizzano dueolimpiadi in un anno perché fannoanche quella invernale, oggi sarebbe

Olimpiadi ‘36, non solo sportBuffa racconta il mito Owens

Il celebre storyteller

che ha incantato

gli spettatori di Sky

in scena al Pala Costa

con uno spettacolo

sulla kermesse

organizzata

dal regime nazista

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93L’intervistaRavenna Festival Magazine 2016

T teatro

impensabile. Tante cose che lorohanno fatto in quelle olimpiadi poisono diventate il paradigma organizza-tivo e ispirante di tutte le olimpiadi aseguire. Nessuno aveva mai pensatoall'idea di portare la fiaccola dalle rovi-ne dell'antica Grecia fino al luogodell'Olimpiade. Fu Goebbels che pensòa questo per la prima volta. In più è laprima kermesse mondiale con unafinalità di propaganda. L'idea è diMussolini nel '34 con il Mondiale però itedeschi portano tutto a vertici impen-sabili».Evento sportivo come propaganda diregime. L'opinione pubblica deglispettatori se ne rendeva conto?«Penso proprio di sì. Anche se poi, nel-l'analisi storica mi permetto di farnotare come i tedeschi siano riusciti adaggirare l'aspetto propagandistico percome lo percepiamo ex post. Di fattoalla fine gli americani che dovrebberoboicottare non boicottano e realmentequell'olimpiade non è stata mai nean-che vagamente boicottata. Eppure iventi di guerra nel '36 erano più cheevidenti, le leggi di Norimberga sonogià promulgate. Si riesce ad aggirare ilboicottaggio che oggi sarebbe deltutto normale ma all'epoca non l'avevamai fatto nessuno e, grazie alla perfi-dia infinita di Goebbels, riescono a farsembrare le cose diverse da quelle cheerano».Qualche altro evento sportivo fra qual-che anno ci sembrerà diverso da quel-lo che era?«Sinceramente il Mondiale del '78 gliargentini cominciano a raccontarseloun po' diverso. Gli atleti vogliono vin-cere, vogliono consegnarsi alla storiadello sport. Ti dicono “ma noi non cene accorgevamo”, in realtà non voleviaccorgertene. Kempes non salutaVidela al momento della premiazionedopo aver vinto il Mondiale, dirà “ehma c'era un milione di persone”, e poipostumo dirà “no, no, non volevostringere la mano all'uomo che insa-guinava il mio Paese”. Però sonodette dopo queste cose, non nell'im-mediatezza».Poi però i boicottaggi arrivarono perdavvero.«Le olimpiadi di Mosca vengono boi-cottate perché l'Unione Sovietica hainvaso l'Afghanistan nel '79 e più di 60nazioni boicottano. Poi il blocco sovie-tico boicotta Los Angeles 84 e da lì si ècompreso che lo sport invece dovreb-be avere un'altra valenza e quindi ilcomitato olimpico ha gestito leOlimpiadi come un invito alla democra-tizzazione: alla fine lo sport anche se ècorrotto, ed è più che mai corrotto e lovediamo tutti i giorni, è l'unica formache abbiamo per ricomporre le frizionie le frazioni fra gli uomini».

Insomma togliamo di mezzo la retori-ca dello sport sano e pulito?«Dai non scherziamo, lo sport è corrot-tissimo, lo è sempre stato ma adesso èarrivato ai punti di rottura. Il doping haovviamente inciso tanto, i soldi hannoinciso tanto».Nonostante tutto la passione sportivasopravvive. «Perché comunque gli appassionatiamano il gioco e non si fermano, ilgioco è attraente, la gente vuole vede-re il gesto. Nel '94 la Fifa obbliga prati-camente Maradona a venire a giocareil Mondiale negli Stati Uniti ma poi lobastona facendo quello che dovevafare e il giorno dopo nel Bangladesh glistudenti non fanno gli esami perché glihai tolto il giocatore più importante delmondo. Il calcio noi lo vediamo daquesto angolo di occidentali che l'han-no sempre avuto ma nel mondo il cal-cio è l'esperanto del pianeta, lo vedo-no e lo giocano i monaci in Bhutan.Non lo puoi fermare perché ha un valo-re che va al di là del fatto che cometutto lo sport è palesemente corrotto».

Berlino 1936 è la storia di Owens,una storia unica che ha uno spazioimportante nello spettacolo. Maquali sono le altre storie di sportche hanno grande potenza?«Ce ne sono quotidianamente,comqe quelle degli atleti portatoridi handicap che sono degli eroi.Oppure basta pensare alla passio-ne che le donne persiane hannoper il calcio da vedere e da giocare.E la difficoltà di potersi esprimere.A Udine mi è capitato di vedereuna squadra iraniana che giocavacol velo, che deve essere anchescomodo, ma non le fermi... e leitaliane giocavano in braghe corte.Tutte queste vicende umane dimo-strano che il mondo dello sport,che sia corrotto o no, resta il piùbel mondo possibile perché le sto-rie di sport con forte connotazioneindividuale umana sono le storiepiù belle in cui ci riconsociamo. Ilmotivo per cui siamo qua». ❍

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Ravenna Festival Magazine 2016

Genius loci94

Parco Teodorico, quinta verde urbana

per il bianco mausoleo del Re dei GotiDI PAOLO BOLZANI

Secondo quanto riporta l’AnonimoValesiano, sarebbe stato lo stessoTeodorico il Grande (Theodericus Rex,493-526), Re degli Goti (König desOstgoten, per i germanici filoveronesiDietrich von Bern) e dei Romani, afarsi erigere un mausoleo poco primadella propria morte, forse già nel 520.Un’altra tradizione interpretativa indi-ca la committenza nella figliaAmalasunta e colloca la costruzionedopo il 526. In ogni caso il monumen-to venne costruito in un’area sepol-crale ricavata al termine di una dunache separava la costa da una venad’acqua dell’entroterra. «Amante delle costruzioni e restaura-tore di città» come riporta la CronacaValesiana, sembra più che verosimileche il re per la propria tomba reclutas-se maestranze probabilmente siriacheo isauriche (Anatolia del sud-est), inquanto la tecnica costruttiva adottal’impiego di grossi blocchi in opusquadratum di calcare ippuritico prove-nienti dalla cava istriana di Aurisina,magistralmente posati polisegmentatinegli architravi. Si sviluppa su due

ordini a pianta decagonale con quelloinferiore, ove si cela un vano conpianta a croce greca, sagomato dagrandi nicchie. Quello superiore siarretra di un metro e 30 cm, è ritmatoda lunette in lieve aggetto e si evolvein una fascia circolare conclusa dalfamoso “fregio a tenaglia”, i cui moti-vi formali rimandano all’oreficeriagota. Oltre il “fregio” si può ammirarela possente copertura monolitica acupola, caratterizzata da un ingenssaxum di 11 metri di diametro, 3 dialtezza e 1 di spessore, per un peso

stimato tra 230 e 270 tonnellate. Lo spunto tipologico della pianta cen-trale e la suggestiva ipotesi cherimanda ad una singolare trascrizionelapidea delle tende dei Goti (in questocaso il “fregio” sarebbe il cordameche cinge l’imposta del tetto), vedenella copertura l’elemento determi-nante della costruzione: da qui le evo-cazioni di corone regali, un elmo di unguerriero goto, l’eco di un mausoleoimperiale romano. Ma la peculiarità deriva dal pesantis-simo monolite che si trova a gravaresopra le sue strutture. Come vennesollevato? Issato con un complessosistema di corde azionate da numero-se coppie di buoi oppure trascinatosu rulli risalendo un lungo piano incli-nato? Numerose sono state le propo-ste interpretative relative al suo tra-sporto e sollevamento, fino ad ipotiz-zare che ciò sia avvenuto per mezzodi un singolare natante costituito daun piano centrale appoggiato a duerobusti scafi, come un robusto cata-marano da trasporto che avrebbe pre-levato il monolite direttamente dallacava e avrebbe raggiunto Ravennaseguendo un percorso endolagunare.

Una volta giunto in sede, sarebbestato condotto in quota passando peruna serie di bacini concentrici allatomba, sfruttando il principio chegoverna la navigazione nei canali suaree con altimetrie differenti. Chissà.La copertura è articolata da dodicimodiglioni recanti i nomi degliApostoli e di otto Evangelisti; parten-do dai modiglioni situati sopra laporta del registro superiore, leggiamoin senso antiorario: Lvcas, Thomas,Simeon, Petrus, Pavlus, Andreas,Iacopus, Johannis, Felippus,Martolom, Mattevs, Marcvs. La sconfitta del Goti del 560 compor-terà la damnatio memoriae del re, lecui spoglie saranno disperse, mentresi procederà alla riconversione deiluoghi di culto ariano a quello orto-dosso; famoso è il ritocco nei mosaicidi Sant’Apollinare Nuovo, CappellaPalatina, in cui di un dignitario dicorte rimane il frammento di unamano su una colonna. Dal 560 ha per-ciò inizio la seconda vita dell’edificiocome chiesa, nota come Santa Mariaad Pharum, per la vicina torre fareasegnalata all’imbocco del canaleBadareno. Poi diventerà Santa Maria

Rotundae, per la mole superiore del-l’antico Mausoleo e successivamenteil centro di un’abbazia benedettina, icui edifici verranno interamentedemoliti. Vi verranno sepolti PapaVittore II nel 1057 e Paolo Traversarinel 1240. Ma nel frattempo, già nelSettecento la parte inferiore delMausoleo si trova allagata per la sub-sidenza ravennate e hanno inizio ilavori per isolare la costruzione dalterreno acquitrinoso. Nel 1913 nella cella al piano superioreviene collocato il sarcofago in porfidodel re, qui trasportato a seguito deirestauri (1898-1905) effettuati sulcosiddetto Palazzo di Teodorico, orameglio noto come Ardica della chiesadi San Salvatore ad Calchi, ivi presentidal 1633. Nel 1918 vengono demolitele due scale costruite nel 1774 dall’ar-chitetto Antonio Farini per raggiunge-re il piano superiore e nel 1927 vienecostruita la scala e la passerellametallica per l’accesso al piano supe-riore. Passiamo al 1997, anno moltoimportante, anche perché nel 1996 èavvenuto l’inserimento degli ottomonumenti paleocristiani di Ravenna

La vasta area a nord est di Ravenna, in fregio al monumento patrimonio Unesco,

è stata aperta al pubblico nel 2000, su progetto di Boris Podrecca,

con Aldo Aymonino e gli architetti ravennati Baldisserri, Sarti e Rambelli .

Quest’anno per la primavolta, il parco accoglierà

uno spettacolo del Ravenna Festival,

dedicato a Shakespearecon le attrici Chiara Muti

ed Elena Bucci

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Ravenna Festival Magazine 2016

Genius loci96

nella lista dei siti patrimoniodell´umanità dell’Unesco, tra cui ilMausoleo. Alla fine dell’anno laSoprintendenza ai Beni ambientali edarchitettonici di Ravenna porta a com-pimento una serie di opere di conser-vazione, su progetto e direzione del-

l’architetto Valter Piazza, volte allapulitura dei paramenti lapidei delmonumento e per realizzare il cantieresulla cupola si realizza un ombrelloprotettivo dall’aspetto davvero singo-lare. Nello stesso anno il Comune diRavenna bandisce un concorso per il

Progetto del Parco Teodorico chevede vincitore il gruppo di progettistiguidato da Boris Podrecca di Trieste,con Aldo Aymonino di Roma e ClaudioBaldisserri, Lorenzo Sarti, EmilioRambelli di Ravenna. Il progetto rega-la alla città un parco a valenza urba-na, aperto al pubblico dal GrandeGiubileo del 2000 e intitolato al ReOstrogoto. La proposta coniugacoerentemente fruizione sociale delverde urbano, approccio scenograficoal monumento e soluzione dei percor-si pedonali e turistici cittadini, inca-stonando l’emergenza architettonicaal centro di un grande angolo conves-so. Un lungo piano inclinato erbososcende dai piatti volumi prismatici delfabbricato del bar, segnato da lunghepareti nord-sud, fino a lambire gliantichi muri in pietra chiara dellatomba regale. Un lungo filare di pinidomestici segnala l’avvicinamento almonumento, mentre il piano vienescandito dal morbido movimento diuna serie di guidane in pietra diLuserna, che da una gradinata in fre-gio all’accesso al fronte principalefanno corona al Mausoleo, mentreconducono con curve progressiva-mente più lontane e aperte ai piccolivolumi delle scale, ora ornati da ram-picanti, per mezzo delle quali si risalealla stradina centrale in calcestre, dor-sale di progetto e dei percorsi. Il rap-porto con la nuova periferia di via

Chiavica è risolto felicemente da una«enfilade di orti conclusi», oggi ornatada una sontuosa pista per biglie,apice ludico-sociale di una frequenta-ta area attrezzata con giochi perbimbi. Il lato opposto, situato adovest, si sviluppa lungo il confine conla ferrovia. Qui si erge un arginesegnato di arbusti e siepi su cui correuna pista ciclabile perimetrale cheprotegge dalla polvere e dai rumoridella strada ferrata. Ha inizio dalParco della Rimembranza, omaggio aicaduti delle due guerre mondiali;un’area verde qui esistente da quasiun secolo, segnalata da lecci e cipres-si monumentali e da un paio di archecon pennoni e bandiere. La pista pro-segue sull’argine di progetto seguen-do la strada ferrata, fino a giungere allimite nordest del Parco, in cui si trovaun parcheggio ricavato in fregio a viaChiavica. La peculiarità della propostadel progetto vincitore si segnala perl’approccio percettivo con cui nascel’idea: individua infatti una serie dipunti prospettici privilegiati da cuigodere della vista di questo oggettostraordinario in blocchi di pietra istria-na, ciascuno dei quali rifinito con l’a-nathyrosis, il lieve sottosquadro listel-lare che segnala il perimetro di cia-scun blocco in opera quadrata. In par-ticolare la prospettiva da lontanoviene suggerita da una solinga pan-china, collocata al termine di una

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23.30 Gran Buffet ( Invitati Vip, Autorità, Sponsor)

SABATO 913.00 Buffet “Bagno Paparazzi 242”

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97Genius lociRavenna Festival Magazine 2016

breve diramazione originata dalnuovo argine protettivo occidentale.Quella frontale invece segnala l’ac-cesso originario da ovest e viene rit-mata da una serie di lampade inmetallo dall’ “antico” sapore milita-re, che di notte conferiscono un’at-mosfera opportunamente “gotica”alla visita. In fregio al fabbricato delbar si trovano un campo da basket,ad ovest, ed un’area recintata adest, dove è stato collocato l’impiantodi raccolta e sollevamento dell’ac-qua di falda e meteorica necessarioper drenare il piano terreno delMausoleo, nel tempo interrato di 2metri sotto la falda acquifera. Nelcorso del profondo scavo effettuatoper la sua posa, nel dicembre 1998la benna dello scavatore rinvenneun’imbarcazione lignea, lunga 12metri e larga 3, situata circa 100 anord del Mausoleo, al centro di uninvaso profondo 10. La barca eracostituita da uno scheletro portantecon paramezzale (trave dorsale) inpino e doppio fasciame in abete,impermeabilizzata con un calatafag-gio in pece e caolino: un’imbarcazio-ne veloce e slanciata, abbandonatanel Badareno e destinata al cabotag-

gio endolagunare. Sulla barca si rin-vennero sei scarpe, una suola, unatazza di legno, un tegame in ferro,anfore siriaco-egiziane e altri piccolesuppellettili. Dopo aver effettuato ilpreconsolidamento con garza,gomma siliconica e vetroresina, loscafo fu trasportato a Comacchiodove tuttora rimane. Proseguendo anord del fabbricato del bar, a sinistrariprende il prato, mentre a destra sitrova una zona ad arbusti, oltre laquale si perviene ad un lungo mace-ro coperto di piante acquatiche, nelcui habitat hanno trovato dimorapermanente una ricca flora e unafauna ciarliera, come le temibili oche,molto territoriali anche per chi fa jog-ging. Infine dal 1 aprile 2014, a segui-to di un accordo fra Arpa e il Comunedi Ravenna rivolto alla valorizzazionee alla salvaguardia dell’agrobiodiver-sità regionale, è avvenuta la messa adimora del “Frutteto del Parco diTeodorico”, che comprende piante dipero rampino, melo Francesca, meloRighetta, susino borsa de Brecc;melograno verde di Russi; fico diOriolo; melograno grossa, peromora, cotogno antico e biricoccolo diFaenza. ❍

Dal oltre 25 anni il Ravenna Festival – oltre ad allestire i suoi spettacoli neiteatri e nelle basiliche monumentali e nelle chiese della città e dei dintorni –ha valorizzato diversi luoghi inediti o poco conosciuti di Ravenna e del suoterritorio, proponendoli al pubblico come speciali scenari degli eventi in car-tellone. Per la prima volta un singolare “teatro verde” come il Parco diTeodorico sarà coinvolto da una produzione originale del festival dedicata aframmenti drammaturgici di William Shakespeare, in occasione dei quattro-cento anni dalla morte. Protagoniste di una vera e propia Folia shakespea-riana (il 22 giungo, alle 21.30) saranno le attrici Elena Bucci e Chiara Muti,impegnate a far rivivere «personaggi maggiori e minori, fuggiti dalle tramedelle opere del Bardo... e ad accompagnare gli spettatori nel mondo intra-naturale sospeso tra realtà e sogno, vita e morte, filosofia e magia evocatoda quelle creature, a partire dalle streghe del Macbeth fino a giungere adAriel e Calibano nell’isola di Prospero abitata dagli spiriti in Tempesta».

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Costantini: ritratto di un artistaparadossale fra visioni e tempo reale

DI SERENA SIMONI

Sappiamo che Gianluca Costantiniè nato a Ravenna il 19 dicembre1971 e che i suoi antenati paternierano di origine boema e di religio-ne ebraica. A quattro anni vennecolpito dalla sua prima visione: nelvano della finestra della stanzavide affacciarsi Qui, Quo e Qua,vestiti da giovani marmotte. Fu laprima di una lunga serie di visioniche lo portarono a subire punizionicorporali da parte della madre per-ché insisteva sul fatto che vedevaBiancaneve. Le apparizioni si raffi-narono con l'età, quando passò adincontrare angeli sui rami deglialberi.Seguo questa biografia fittizia,scritta nel 1997 dal pugno diCostantini – artista, disegnatore,fumettista in una miriade di acce-

zioni, editore, giornalista, docente,curatore – cercando di approssi-marmi alla sua storia interioreattraverso i paradossi che tantoama. Le visioni stanno dunque allabase del suo percorso, una sorta dipassaggio iniziatico che parte dafantasie disneyane per intrecciarsialla biografia più severa di Kafka, ilboemo dalle origini ebraiche. Unletterato che affonda la sua creati-vità nelle zone oscure, un grandeintellettuale che fornisce un model-lo.Ma il passaggio al disegno come èavvenuto?Al liceo. Un mio amico era disegna-tore. La nostra squadra di pallaca-nestro partecipava ad un campio-nato e lui se ne stava vicino alcampo sparando colpi di matita suun quadernone. Mi parve una cosamolto più interessante che star

seduto a fare il tifo e risolse il mioproblema che mi affliggeva dall'a-dolescenza, cosa fare durante que-sta palla di vita.Il liceo è quello Artistico, aRavenna. Fin qui è facile, mentremeno è capire se Costantini raccon-ta la verità rispetto all'amico chedisegnava durante la partita.Rimane la sensazione che sia stataun'illuminazione sulla via diDamasco a determinare una sceltadi vita. Che l'abbia incontrato o no,quell'amico ha costruito una carrie-ra oggi fulgida e internazionale. Sepassiamo ad indagare i passi dellasua formazione constatiamo di tro-varci davanti alla storia di un uomoche appartiene ad un altro secolo,quella di August Strindberg:inizia gli studi di Filologia adUppsala, le ricerche in campo dellascienza fisica si accompagnano al

lavoro di precettore presso famigliesignorili della città. Abbandonata lacittà svedese, si iscrive a Medicinaa Vienna, dove frequenta i letteratial Café Griensteid(l), in particolareNiccolò Gros-Pietro, GiovanniBarbieri, Massimo Galletti.Non so quanto abbia letto Gianlucadel drammaturgo svedese, ma ècerto che la sua insaziabile curiosi-tà può averlo portato a indagare laletteratura europea del '900 e asaccheggiare impunemente dainternet tutto quello che gli potevaservire per la sua pseudo-biografia,ad appassionarsi temporaneamen-te alle costruzioni dell'architettocontemporaneo Nicolas Grospierre,a frequentare lo sceneggiatore difumetti Giovanni Barbieri, con cuiinizia dal '93 una collaborazionestavolta non fittizia.Abbandonati gli studi di medicina,

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intraprende la carriera di attore mala delusione di questa attività loporta ad un tentativo di suicidiocon l'oppio. La sua prima operateatrale è costituita dall'atto pub-blico “Probabilità”, seguito da“Songs of Innocence”, pervasa daun tetro pessimismo. /.../ Non acaso ebbe a dire: «Bisogna ricono-scere ciò che ci ha educati e formatisicché, dopo aver più volte esami-nato il problema, devo dire: a com-piere la mia educazione ci sonostati tre influssi forti durati una vita.È stato lo spirito religioso dei mieigenitori, quasi completamente fuoridi ogni nazionalismo; è stata la let-tura della Beat Generation; ed èstato non ultimo l'influsso delvisionario, al quale mi affezionaicon fiducia, rispetto e animo rico-noscente di discepolo: WlliamBlake».Nonostante quest'ultima dichiara-zione sia presa a prestito daNarciso e Boccadoro di HermannHesse, prendiamo gli elementi chesono incastonati nella narrazione, iltesto Probabilità poi Blake e laBeat Generation. Il primo è una sto-ria breve che inaugura la collabora-zione fra Costantini e lo sceneggia-tore di fumetti Giovani Barbieri, il

secondo ci testimonia dell'amoresconfinato per il grande poeta e pit-tore romantico inglese. Il testodelle Songs of Innocence di Blakesi basa sulla descrizione dell'inno-cenza e la gioia della natura, sullateoria dell'amore libero e dellacapacità visionaria che porta vicinoa Dio. Esclusa la fede – che non ènelle corde di Costantini – Blakerappresenta il punto privilegiatodella visione ad opera dei bambini,quella che incarna il mito fondativodel percorso del nostro artista.Un'innocenza pura e colta, un'inno-cenza senza limiti e visionaria, unatecnica raffinata che unisce la paro-la poetica e l'immagine.La Beat Generation è l'ultimoapprodo: non so se Jack Kerouak,William Burroughs o Allen Ginsbergabbiano costituito il punto di vistaprivilegiato o se invece sia statacomplessivamente la loro libertàcreativa, il vivere e creare in modoassolutamente anticonvenzionale,la sperimentazione linguisticasoprattutto, in articolare quella delcut-up di Burroughs che ha incomune con Costantini il tagliare afettine gli spunti della frase – inquesto caso la visione – e il loro

Artista, illustratore, disegnatore satirico, fumettista in una miriade di accezioni, graphic journalist,

editore, insegnante, curatore di mostre internazionali, attivissimo su internet con siti web, blog e twitter, seguiti da oltre 50mila persone in tutto il globo.Quest’anno il Ravenna Festival ha adottato il suo

“tratto” d’autore commisionandogli decine di ritratti dedicati a testimoni storici e attuali

della lotta per la libertà e i diritti civili nel mondo

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riposizionamento prendendo aunica regola la libertà del caso(Probabilità è infatti il titolo delprimo testo teatrale di Gianluca). Ineffetti, egli afferma nella sua pseu-dobiografia che nel 1993 ha fattoun viaggio a San Francisco dove haconosciuto Burroughs nel suosalotto beatnik. Poteva essere vistoche il grande sperimentatore a que-sta data era ancora in vita.... Ma non si potrà ignorare cheabbia subito l'influsso delSimbolismo.La visionarietà di Blake e il roman-ticismo del mito fondativo del “gio-vane artista” non può che pagarepegno alla stagione di un immagi-nario colto, seduttivo, anacronisti-co. Non saranno le immagni piùbecere della stagione simbolista aincidere sul lavoro di Costantini mapiuttosto gli oscuri presentimentidei mondi di Boeklin, la raffinatasensualità un po' malata di vonStuck: il disegno del ravennate èuna calligrafia inestricabile dovel'allusione è un principio, la bellez-za un principio. L'innocenza diBlake si distribuisce in tavole in cuiil protagonista non rinuncia ad unsentimento panico nei confronti delmondo, intesamente sentito e vis-

suto.Nel 1992 torna a Ravenna e comin-cia a dipingere, attività che conti-nua a fare se pure in modo discon-tinuo per tutta la vita. Si iscriveall'Accademia di Monaco e segue ilcorso di Fabrizio Passarella, senzalegarsi mai ad una tendenza, scuo-la o movimento di avanguardia.L'Accademia è quella di Ravennamentre Fabrizio Passarella è unamico, artista e docente a Bologna,che condivide con lui una sceltaestetica basata sull'anacronismodella visione, su una produzioneall'epoca basata su un appassiona-to decorativismo. L'inattualità por-tata a registro differenzia il lorolavoro dal resto del mondo e la lorocultura – costruita su letture, dialo-ghi, discussioni, letture appassio-nanti – porta a una pittura e a dise-gni estremamente raffinati che nonmancano di sottoporsi alla speri-mentazione. Nel 2004, nella mostraa due fatta per il ciclo “No Border”a Santa Maria delle Croci,Passarella e Costantini manifestanola stessa commistione di tecnichetradizionali – olio e acrilico per ilprimo, china per il secondo – conl'uso del digitale. Il postmoderno èuna condanna da cui uscire, dico-

no, perchè la frammentarietà portaa diminuire o togliere senso, per-chè la velocità manifesta spessouna eccessiva fragilità di pensiero.Costantini viaggia quindi a Parigidove conosce Giuseppe Palumbo esi lega ai circoli artistici d'avan-guardia. Dopo alcune collaborazio-ni in varie riviste conosceAlessandro Stoffa che, entusiastadel suo precocissimo talento, lointroduce nell'ambiente letterario eartistico parigino, diffondendone leopere.A Bologna dove risiede, il fumetti-sta Palumbo sta per dare inizio allaserie di successo di MartinMystère. Sono i contatti con l'am-biente del fumetto, legato a galleried'arte specializzate nel disegno, ariviste, fanzine, case editrici specia-lizzate, studi e festival dedicati, adare impulso alle scelte diCostantini. Le mostre d'arte si inter-calano alle produzioni di disegni edi short stories che diventano sem-pre più frequenti e apprezzate dalpubblico di intenditori.1993. Ormai Costantini dorme dirado nella casa di famiglia aRavenna, alloggia spesso in piccolialberghi nei dintorni di Roma.Conosce e stringe amicizia con arti-

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sti come Vittorio Giardino, Diavù,Maurizio Ribichini. Benché frequen-ti i gruppi artistici più irrequieti estravaganti, ha tuttavia un caratte-re riservato e prova un'istintivarepulsione per ogni manifestazionedi eccentricità e di esibizionismo.Il fumettista veste di nero in queglianni e lo farà per molti anni, alter-nando abiti che appaiono comeuna divisa da chairman esistenziali-sta. I nomi di autori che incontria-mo nella pseudo-biografia fannoparte ormai della storia del fumettoitaliano: più grandi di lui di qualchegenerazione o quasi coetanei, sonoi primi estimatori del suo lavoroche dà sempre più spazio aicomics. Il segno di questi anni simantiene fedele a un decorativismopuro, debitore dello studio del calli-grafismo della cultura araba, e conrimandi visivi sia alla cultura visivadegli anni '30 che a un decorativi-smo bidimensionale che mescolaOriente e Occidente.Scrive, disegna e pubblica“Animalingua” servendosi dellasua esperienza di giornalista, pitto-re, attore e frequentatore della Salarossa del Ristorante Berns aStoccolma. Nel settembre 1994esce in Romania “Ruggito-Ruggito”

che subisce un processo per vili-pendio alla religione da cui è assol-to. Segue una crisi depressiva: nelfrattempo si dedica alla scultura ead esperimenti di fotografia a colo-ri. Va a Berlino on ottobre.Si mescolano i ricordi: nel 1993Gianluca comincia a pubblicare su“Schizzo” dove compare una storiascritta da Scianamé, L’ultimoappuntamento, seguita due annidopo da Animalingua. Il suo mondoè popolato di figure arcane, simbo-logie tratte con sciamanica casuali-tà dalla tradizione giapponese,russa, da uccelli mitologici e dafrasi evocative. 1996. Costantini fa esperimenti dichimica, collabora a giornali di chi-mica, è povero in canna, vive solodella solidarietà degli amici, siammala, ha crisi mistiche. LeggeSwedemborg ed è soggetto a incu-bi e ossessioni. Tenta di fabbricarel'oro. La stesura di un nuovo libroautobiografico, il bellissimo“Freethinker” gli serve da autotera-pia. Esorcizza la pazzia, recupera laragione pressoché perduta.Sappiamo che la sua collaborazio-ne con riviste e giornali inizia dal1994, quando compaiono le sue

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prime illustrazioni su “IlManifesto”. Da allora le sue tavolesono apparse in numerosissimepubblicazioni editoriali, copertinedi libri, produzioni musicali e mate-riali editoriali. Freethinker invece,

uscito nel '97, è in realtà una storiaa fumetto breve in cui il protagoni-sta unisce una forte visionarietà fraimmagini e parole: «Siamo le stelleche cantano. Siamo l'uccello difuoco. Voliamo sopra il cielo e la

nostra luce è una voce. Facciamopassare il nostro spirito sopra unastrada».Con questo testo finisce la suaautobiografia fittizia e inizia quel-la “seria“ che dobbiamo seguiresul suo sito: il fumetto sarà labase del prossimo Vorrei incon-trarti (2006) che arriva dopo varipremi nazionali e partecipazioni amostre internazionali e in cui sirende esplicita la virata stilisticaverso un linguaggio più asciutto,dove è principale una linea sinte-tica, spesso giocata sul semplicecontorno: da tavole a china,essenzialmente pittoriche, si inse-risce ora la fotografia e il compu-ter. Già da un paio di anni hacominciato ad abbandonare i sog-getti che l'hanno appassionato inpassato: l'urgenza è ora quella diparlare del mondo, di assumereuna responsabilità crescente.Questa nuova fase è di poco pre-ceduta da un viaggio nel 2001 aSarajevo, da poco uscita da unalunga, orribile guerra: Eppure, misembra di essere già stato in que-sta città.Il libro successivo – Diario di unqualunquista (2007) – segna ilpassaggio definitivo: le tavolesono “disegni realizzati in temporeale seguendo sulla rete gli

eventi del mondo”, spesso in tec-nica cut-up orientata a mettere inluce ciò che sui media internazio-nali passa in secondo piano oaddirittura sotto silenzio. Il suofumetto diventa fortemente politi-co, le collaborazioni con i quotidia-ni sono sempre più preponderanti,inizia la serie di vignette satirichesu giornali, anche locali come“Ravenna&Dintorni”. Alcuni deisuoi lavori suscitano polemiche inquesta città per la canzonaturaverso personaggi pubblici o per leversioni irriverenti verso il “sensocomune” della collettività benpen-sante.Non c'è destra o sinistra, ma cisono storie da narrare, quelle chevengono messe sotto il tappetocome nel caso della morte delgerarca Arpinati, pubblicata susceneggiatura di Carnoli eColombari. Oppure ci sono altrestorie caratterizzate dall'abitudinetutta italiana della memoria breve:stavolta in collaborazione con lasua compagna Elettra Stamboulisesce la trilogia su Pertini, Gramscie Pasolini, che gira in tutta Italia econtinua ad mantenere un succes-so indiscutibile segnato da conti-nue presentazioni; esce quindiOfficina del macello (2009) chenarra di un eccidio dimenticato

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accaduto nel corso della Prima guer-ra mondiale e poi alcune narrazionilegate a personaggi intensi, sorretteda un amore verso luoghi e cultureche condivise: L'ammaestratore diIstanbul è il diario della coppiaGianluca-Elettra sulle tracce del pit-tore e intellettuale ottomano OsmanHamdi nella capitale d'Oriente,amata fino allo struggimento esegnata da stretti contatti con l'am-biente intellettuale contemporaneo.In ultima sintesi, Costantini è ormaiun personaggio pubblico e con unvasto seguito internazionale: conta-re le sue pubblicazioni successive,scritte da solo o in collaborazionecon vari sceneggiatori, le infinite col-laborazioni con riviste specializzatein fumetto in tutto il mondo o quellecon giornali che pubblicano intempo reale su cartaceo oppure online tavole o streeps su argomenti diattualità – fra cui la rivista“Pagina99” – non è possibile. Costantini è artista, fumettista, gra-phic journalist, disegnatore satiricoe insegnante – da almeno 20 anni inAccademie e workshop in Italia eall'estero –, editore di libri di fumet-to e co-curatore di festival interna-zionali come “Komikazen”, balzatoin vetta alle iniziative di ambito

europeo. Frequenta e conoscefumettisti di tutto il mondo – citia-mo almeno Joe Sacco, MarjaneSatrapi, Zograf, Felipe HernandezCava, tutti già ospiti a Ravenna –ed espone in mostre e musei inter-nazionali fra cui la LazaridesGallery di Londra, il Carrousel diParigi, il Dox Centre forContemporary Art di Praga, ilMuseo de Humor Grafico Tabordadi Buenos Aires; tiene conferenzeed esegue interventi come allaGalleria D406 di Modena o all'ArsElectronic Center di Linz.Grazie a twitter e internet 50.000persone lo seguono e fanno rimbal-zare le sue creazioni in tutto ilglobo: fra i suoi contatti e amici c'èAi Weiwei, artista, designer e attivi-sta cinese, conosciuto in tutto ilmondo e famoso per la sua ingiu-stificata e lunga detenzione daparte delle autorità cinesi, a cuiGianluca si dice particolarmentevicino.Dai disegni di un amico sconosciu-to (e forse fittizio) durante una par-tita di pallacanestro durante il liceoalle tavole della visibilità globale èbastato un passo di poco più di 20anni. Fa piacere che RavennaFestival ne abbia dato conto. ❍

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105Il cartelloneRavenna Festival Magazine 2016

sabato 28 maggioForlì, Chiesa di San Giacomo, ore 21

LADYSMITH BLACK MAMBAZO

domenica 29 maggioForlì, Teatro Diego Fabbri, ore 21

STEFANO BOLLANI PIANO SOLO

martedì 31 maggioPalasport Angelo Costa, ore 21

FEDERICO BUFFA“LE OLIMPIADI DEL 1936”

mercoledì 1 giugnoTeatro Alighieri, ore 21

RECITAL DI MITSUKO UCHIDA

giovedì 2 giugno Sala del Refettorio del Museo Nazionale, ore 21

LA LONTANANZANOSTALGICA UTOPICA FUTURA

venerdì 3 giugnoSala del Refettorio del Museo Nazionale, ore 21

PERDUTO IN UNA CITTÀ D’ACQUE

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sabato 4 giugnoPalazzo Mauro De André, ore 21

ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI

domenica 5 giugnoSala del Refettorio del Museo Nazionale, ore 21

OMAGGIO A MORTON FELDMAN

lunedì 6 giugno Chiostro Biblioteca Classense, ore 21.30

QUARTETTO LYSKAMM

martedì 7 giugnoPalazzo dei Congressi, ore 21

THE BLACKMAIL PROJECT

mercoledì 8, giovedì 9, venerdì 10 giugno Artificerie Almagià, ore 21.30

XEBECHE

giovedì 9, venerdì 10, sabato 11

e domenica 12 giugnoTeatro Alighieri, ore 20.30

MANDELA TRILOGY

eventi specialiES

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Ravenna Festival Magazine 2016

Il cartellone106

venerdì 10 giugnoPalazzo Mauro de André, ore 21

BUDAPEST FESTIVAL ORCHESTRA

venerdì 10 giugnoGrande Ferro di Burri presso il Palazzo Mauro De André, ore 23

NOTTURNO PER BURRI

sabato 11 giugnoChiostro Biblioteca Classense, ore 18

CONFLITTI, GIUSTIZIA, RICONCILIAZIONE

da domenica 12 a sabato 18 giugno

CELLOLANDIAI VIOLOCELLI INVADONO LA CITTÀ

direzione artistica di Giovanni Sollima

domenica 12 giugnoChiostro Biblioteca Classense, ore 21.30

I VIOLONCELLISTI DELLA SCALA

lunedì 13 giugnoSant’Apollinare Nuovo, ore 21

GIOVANNI SOLLIMA & L’ARIANNA ART ENSEMBLE THE MISSING LINK

Artificerie Almagià, ore 23CONCERTO/PERFORMANCE DI RUSHAD EGGLESTON

martedì 14 giugnoChiostro Biblioteca Classense, ore 21.30

TRIO REIJSEGER, FRAANJE, SYLLA

mercoledì 15 giugnoForlì, Chiesa di San Giacomo, ore 21

EFFETTI COLLATERALI GIOVANNI SOLLIMA E I SUOI ALLIEVI DELL’ACCADEMIA NAZIONALE

DI SANTA CECILIA

giovedì 16 giugnoAntico Porto di Classe, ore 19

GIOVANNI SOLLIMA

Teatro Socjale di Piangipane, ore 21IL CONCERTO FIUME

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107Il cartelloneRavenna Festival Magazine 2016

venerdì 17 giugnoTeatro Alighieri, ore 21

MARIO BRUNELLO E IL CORO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA

sabato 18 giugnoTeatro Alighieri, ore 10

IL CONCORSO DI COMPOSIZIONE

Rocca Brancaleone, ore 21.30LET’S DANCE!

martedì 14 giugno Palazzo Mauro De André, ore 21.30

SANKAI JUKU

giovedì 16 giugno Forlì, Chiesa di San Giacomo, ore 21

SACRE CORDE

sabato 18 e domenica 19 giugnoComacchio

TRA ANGUILLE E TARANTEun progetto speciale di Ambrogio Sparagna

sabato 18 giugnoore 12.30, Ristorante Il Bettolino di FoceLA BUONA TAVOLA E I CANTI DEL MARE

ore 15.30, Bettolino di FoceIN BARCA NELLE VALLI DI COMACCHIO

ore 18, Manifattura dei MarinatiRACCONTI D’ANGUILLE

ore 21.30, Arena di Palazzo BelliniTRA ANGUILLE E TARANTE

mezzanotte, Sagrato della Chiesa del CarmineVIENE SONNO DA LU CIELO

domenica 19 giugnoore 11, Antica Pescheria

SOTTO LU PONTE C’È LU SOLE

ore 18, Manifattura dei MarinatiSTORIE A COMACCHIO

ore 21.30, Arena di Palazzo BelliniE LU MARE

eventi specialiES

approfondimento a pagina 46

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approfondimento a pagina 35

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 39

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Ravenna Festival Magazine 2016

Il cartellone108

domenica 19 giugnoPalazzo Mauro de André, ore 21

MAHLER CHAMBER ORCHESTRA

lunedì 20 giugnoRocca Brancaleone, ore 21.30

FOR MANDELA

martedì 21 giugnoTeatro Rasi, ore 21

LOUIS MOHOLO-MOHOLO 5 BLOKESa seguire

KEITH & JULIE TIPPETT “COUPLE IN SPIRIT”

mercoledì 22 giugnoParco di Teodorico, ore 21.30

FOLIA SHAKESPEARIANA

giovedì 23 giugnoTeatro Rasi, ore 21

HUGH MASEKELA

venerdì 24 giugnoPalazzo Mauro de André, ore 21.30

TWYLA THARP DANCE

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 29

jazz, folk, rockJFR

approfondimento a pagina 71

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109Il cartelloneRavenna Festival Magazine 2016

sabato 25 giugnoRussi, Palazzo San Giacomo, ore 21.30

LA LUNGA NOTTE IRLANDESE

domenica 26 giugnoRussi, Palazzo San Giacomo, partenza ore 10

IN BICICLETTA CON OLINDO

domenica 26 giugno Russi, Palazzo San Giacomo, ore 21.30

LA LUNGA NOTTE ROMAGNOLA

lunedì 27 giugnoBasilica di Sant’Apollinare in Classe, ore 21

THE TALLIS SCHOLARS

martedì 28 giugnoTeatro Alighieri, ore 21

CHANTEUSE DES RUES

mercoledì 29 giugnoTeatro Rasi, ore 21

STABAT MATER

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classica, sacra, contemporaneaCSC

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Dove la cultura del vi

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Da 30 anni serviamo fiu

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e tanti s

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giugno

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Ravenna Festival Magazine 2016

Il cartellone110

giovedì 30 giugnoTeatro Alighieri, ore 18

IL DOPPIO VOLTO DELLA MONTAGNA

giovedì 30 giugnoPalazzo Mauro de André, ore 21.30

SVETLANA ZAKHAROVAMIKHAIL LOBUKHIN, DENIS RODKIN

venerdì 1 luglioTeatro Alighieri, ore 21

GRAN GALÀ DEL DANUBIO

domenica 3 luglioPalazzo Mauro de André, ore 21

LE VIE DELL’AMICIZIA: RAVENNA-TOKYO

lunedì 4 luglioBasilica di Sant’Apollinare in Classe, ore 21

WESTMINSTER CATHEDRAL BOYS CHOIR

martedì 5 luglioTeatro Alighieri, ore 21

ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI

eventi specialiES

approfondimento a pagina 78

danzaD

approfondimento a pagina 51

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 37

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 29

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 39

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 29

mercoledì 6 luglioPalazzo Mauro de André, ore 21.30

BATSHEVA DANCE COMPANY

venerdì 8 e sabato 9 luglioTeatro Alighieri, ore 21

HUMAN

sabato 9 luglioPalazzo Mauro de André, ore 21.30

ALONZO KING LINES BALLET

lunedì 11 luglioPalazzo Mauro de André, ore 21

HAMBURG PHILHARMONIC

mercoledì 13 luglioPalazzo Mauro de André, ore 21

AN EVENING WITH JOAN BAEZ

sabato 23 luglioForlì, Teatro Diego Fabbri, ore 21

WATER DANCES

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danzaD

approfondimento a pagina 53

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 29

jazz, folk, rockJFR

approfondimento a pagina 79

classica, sacra, contemporaneaCSC

approfondimento a pagina 74

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111Il cartelloneRavenna Festival Magazine 2016

L’omaggio al Poeta

Giovani artisti per Dante

Suoni e mistiche voci

Vespri a San Vitale

Liturgie nelle basiliche

In Templo Domini

da venerdì 13 maggio a mercoledì 13 luglio

Antichi Chiostri Francescani, ore 11

da venerdì 13 maggio a mercoledì 13 luglioBasilica di San Vitale, ore 19

domenica 5 giugnoBasilica di San Francesco, ore 11.15

MESSA NELL’EUROPA MEDIEVALE

domenica 12 giugnoBasilica di Sant’Apollinare Nuovo, ore 11.30

MESSA A CAPE TOWN

domenica 19 giugnoBasilica di Sant’Agata Maggiore, ore 11.30

UNA MESSA TRA ROMAGNA E GIAPPONE

domenica 26 giugnoBasilica di San Vitale, ore 10.30

MESSA NELLA ROMA DELLA CONTRORIFORMA

domenica 3 luglioBasilica di San Vitale, ore 10.30

MESSA A WESTMINSTER

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Ravenna Festival Magazine 2016

Il cartellone112

PrevenditeIl servizio di prevendita comporta la maggiorazione del 10% sui prezzi deicarnet e dei biglietti (maggiorazione che non sarà applicata ai bigliettiacquistati al botteghino nel giorno di spettacolo).• www.ravennafestival.org • Cassa di Risparmio di Ravenna • IAT Cervia via Evangelisti 4, tel. 0544 974400 • IAT Marina di Ravenna piazzale Marinai d’Italia 17, tel. 0544 531108• IAT Milano Marittima piazzale Napoli 30, tel. 0544 993435• IAT Punta Marina Terme via della Fontana 2, tel. 0544 437312• IAT Ravenna Piazza San Francesco 7, tel. 0544 482838• IAT Ravenna Teodorico via delle Industrie 14, tel. 0544 451539• Vivaticket Circuit www.vivaticket.it

Informazioni generaliGli abbonamenti, i carnet e i singoli biglietti acquistati non possono esse-re rimborsati, non sono nominativi e possono essere ceduti ad altre per-sone. Tariffe ridotte riservate a: Associazioni liriche, Cral, insegnanti,under 26, over 65, enti convenzionati.

Gruppi e associazioniAlle agenzie e ai gruppi (minimo 15 persone) sono riservati specifici con-tingenti di biglietti e condizioni agevolate. Ufficio Gruppi: tel. 0544249251 - [email protected]

BiglietteriaModalità e orari

BIGLIETTERIA

Teatro Alighieri via Mariani 2, Ravenna Tel. +39 0544 249244 - Fax +39 0544 215840

[email protected]

Orari dal 23 maggio: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 18. Domenica dalle 10 alle 13.

Nelle sedi di spettacoloPala de André: da due ore prima dell’evento,

altri luoghi: da un’ora prima dell’evento.

Punto d’incontroAll’interno degli uffici di Ravenna Festival è stato creato un accoglientepunto di incontro dove è possibile entrare liberamente e ricevere infor-mazioni su tutte le attività del Festival ma non solo. Un modo per esse-re vicino alla cultura della città. Qui sarà possibile leggere i quotidiani,avere a disposizione la rassegna stampa, acquistare i programmi disala, prepararsi agli spettacoli con ascolti e visioni. Dal 13 maggio: tuttii giorni dalle 9.30 alle 13 e dalle 16 alle 19.

Il pullmann del FestivalPer gli spettacoli al Pala De André, sarà attivo un servizio di trasportogratuito (andata e ritorno) dalla Stazione Ferroviaria: Stazione - Pala DeAndré - Stazione / 2 corse - ore 20.15 e 20.30.

Servizio taxiStazioni di sosta: Stazione Ferroviaria - Piazza Farini | Piazza Garibaldi

Uffici festivalGli uffici di Ravenna Festival si trovano in via Dante Alighieri 1, a pochipassi dal Teatro Alighieri

Info & Servizi

Trilogia d’autunno

Lungo il Danubio

Il Ravenna Festival è presente anche sui social network, conaggiornamenti e approfondimenti sugli spettacoli della XXVII edi-zione. La pagina Facebook conta più di 20mila follower, mentre ilprofilo Twitter, aggiornato in tempo reale dagli utenti, forniscenotizie ancora prima dei siti di informazione. Su Youtube eInstagram invece sono presenti rispettivamente i video e le fotodi estratti degli spettacoli.

Il festival aggiornato in temporeale sui social network

venerdì 14 e martedì 18 ottobreTeatro Alighieri, ore 20.30

GRÄFIN MARIZA (LA CONTESSA MARITZA)

musica di Emmerich Kálmán

sabato 15 e mercoledì 19 ottobreTeatro Alighieri, ore 20.30

DIE FLEDERMAUS (IL PIPISTRELLO)

musica di Johann Strauss

domenica 16 e giovedì 20 ottobreTeatro Alighieri, ore 20.30

DIE LUSTIGE WITWE (LA VEDOVA ALLEGRA) musica di Franz Lehár

domenica 23 ottobreTeatro Alighieri, ore 20.30

BUDAPEST GYPSY SYMPHONY ORCHESTRA I 100 VIOLINI TZIGANI

da venerdì 21 a domenica 23 ottobreMusica tzigana in vari luoghi della città, in occasione del Giovinbacco

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la rivista ufficiale del

Rave

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2016

all’interno

Classica con Muti, Nagano, Fischer e Harding . CellolandiaDanza: dalla Zakharova a Twyla Tharp e Batsheva

Jazz, folk, rock dal Sudafrica, Bollani, Nyman e Joan BaezOmaggio a Guerrini/Stecchetti . Dante e i Vespri

Edizione 2016

UN CANTOPER LA LIBERTÀDedicato a Nelson Mandela e a tutti coloro che lottanoper i diritti dell'umanità

ISSN

249

9-02

21

EDIZIONI E COMUNICAZIONE

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