respice_febbraio_2012
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III
“Iniziazione cristiana e famiglia”
Ho trovato degli appunti della
diocesi di Brescia, riguardanti an-
cora l’Iniziazione cristiana, che ci
aiutano ulteriormente a chiarire e
ad approfondire l’argomento. In
particolare essi pongono l’accento
sul compito non solo della comu-
nità, ma della famiglia.
Si è già detto che è venuto meno
l’ambiente cristiano che generava
alla fede naturalmente, ma conti-
nua invece quella mentalità per la
quale si crede che l’Iniziazione
cristiana sia soltanto il ricevere i
Sacramenti.
Che dire di questa mentalità?
“Certamente i Sacramenti dell’IC
sono determinanti ed
essenziali per diventare cristiani.
Infatti un cristiano non è tale fin-
ché non viene fatto cristiano da
Cristo Stesso, cioè reso partecipe
del suo mistero, in forza del-
l’azione che Cristo compie attra-
verso l’atto sacramentale; in
definitiva è Cristo stesso che ‘ini-
zia’, che introduce l’uomo nel
rapporto con sé, è Dio stesso a in-
trodurci nel mistero di Cristo. Tut-
tavia ‘il sacramento al di fuori di
un contesto di fede non ha alcun
senso…” va ribadito che i Sacra-
menti sono pur sempre e in primo
luogo ‘i sacramenti della fede’,
che presuppongono la grazia della
fede come condizione indispensa-
bile per la loro efficacia salvi-
fica”. Non si può separare il dono
gratuito di Dio dall’accoglienza
della fede, dalla libera adesione
del credente. Il catechismo degli
adulti ‘La verità vi farà liberi’ a
questo proposito dice: ‘Nel nostro
paese quasi tutte le famiglie chie-
dono i Sacramenti dell’ IC (batt,
cres, I^ comun) per i loro figli; ma
molte volte li vivono come riti di
passaggio, in cui prende corpo un
vago senso del sacro, e non come
riti specificamente cristiani. La
grandezza di queste celebrazioni
sta invece nel fatto che uniscono
vitalmente gli uomini a Cristo e
li assimilano a Lui nell’essere e
nell’agire, introducendoli nella
comunione trinitaria. Particolar-
mente necessario si rivela dunque
un itinerario di fede, che preceda,
accompagni e segua la celebra-
zione dei tre sacramenti’. Si tratta
allora di colle-
gare intima-
mente il
s ac ramen to
della fede alla
vita e di dare
la priorità alla
evangelizza-
zione in vista
della fede e
della conversione.
E’ ragionevole puntare
sulla famiglia?
E’ innegabile che quasi
tutti i bambini vengono battez-
zati, fanno la I^ Comun. e sono
cresimati: vuol dire che la cosa
sta a cuore dei genitori e delle
loro famiglie. Però ai genitori
preme che i propri figli ricevano
i sacramenti, ma non preme al-
trettanto che facciano un cam-
mino di fede e che siano
introdotti a una vita cristiana che
continua anche dopo la Cresima.
Inoltre i genitori tendono a dele-
gare alla Parrocchia il compito di
introdurre i loro figli nella vita di
fede, perché presi da tante altre
cose da fare. Capita allora che i
fanciulli battezzati presentati per
la preparazione ai Sacramenti,
non hanno avuto dalla loro fami-
glia alcuna educazione alla fede.
Il documento dei Vescovi
ICFR afferma che è indispensa-
bile ricercare il coinvolgimento
della famiglia, ne va di mezzo
l’efficacia del cammino stesso:
nel contesto scristianizzato in cui
viviamo è importante creare at-
torno al fanciullo un ambiente di
vita cristiana rappresentato dai
catechisti, dai padrini, dai fami-
liari: nella nostra parrocchia c’è
un gruppo di genitori che parteci-
pano al cammino di fede. E’ vero
che spesso ci troviamo di fronte a
situazioni familiari molto diverse
fra loro: ci sono genitori indiffe-
renti, altri contrari, altri lasciano
libero il figlio di scegliere…
Il documento della diocesi di Bre-
scia ritiene che la parrocchia non
possa e non debba sostituirsi alla
famiglia che è la prima responsa-
bile dell’educazione anche cri-
stiana dei figli.

IV
Perché torniamo a scrivere su di
lei dopo otto anni? Perché la sua
vita ci insegni il coraggio, la per-
severanza, la capacità di amare il
nostro prossimo, di dare un senso
alla nostra vita, di valorizzare il
nostro quotidiano. Il Vangelo è
stato la sua strada, la Madonna
delle Grazie la sua guida. Ha la-
sciato una grande eredità di
amore alla sua famiglia, agli am-
malati, ai sacerdoti, alla Parroc-
chia.
IN FAMIGLIA
Ecco come la ricordano Mara e
Sandro:
“Il 26 Settembre del 1971 Regina
entrò a far parte della famiglia di
Giuseppe Frison unendosi con lui
nel matrimonio. Era una brava
moglie, scrupolosa e generosa
nell’accudire la sua nuova fami-
glia, che, oltre al marito, com-
prendeva anche il figlio Sandro,
che allora aveva 15 anni. Lei lo
ha seguito negli anni dell’adole-
scenza standogli vicina con i suoi
consigli, con i suoi gesti amorosi,
facendogli da madre in tutti i mo-
menti belli e meno belli, sempre
in unione con il papà Giuseppe. Il
matrimonio di Sandro con Mara
ha segnato il distacco di lui dalla
casa paterna, ma ciò non ha di-
viso la famiglia che, pur allargan-
dosi, rimaneva comunque sempre
amorevolmente unita. Dopo la
morte di Giuseppe, la famiglia di
Sandro era diventata un po’ la sua
famiglia e, grazie anche a loro,
Regina è riuscita a superare i tanti
tristi momenti di solitudine e di
sconforto. Regina era sempre di-
sponibile ed era molto affezionata
anche ai suoi nipoti Francesca,
Stefano e Michele: li coccolava,
li abbracciava, li ha visti cre-
scere! Quando si riunivano per il
pranzo durante le feste nella
nuova casa di Sandro, la cara
nonna Regina emanava gioia, al-
legria e gentilezza; la casa si ar-
ricchiva di amore e di bontà. Era
una donna amabile, dolce, ma,
allo stesso tempo, energica e
forte. Anche nei momenti della
malattia si lasciava accudire, con
umiltà, da Sandro e da Mara, che,
giorno dopo giorno, la assiste-
vano nella sua abitazione. Erano
momenti difficili e spesso era lei,
Regina, che riusciva a dare forza
e a consolare chi le stava vicino,
come se lei quasi non ne avesse
bisogno. Regina era sempre sor-
ridente e riusciva a coinvolgere
nelle preghiere le persone che le
stavano accanto. Nell’ultimo pe-
riodo della sua malattia, a volte,
parlava con fatica e, anche se le
forze le mancavano, lei donava
fino in fondo il suo amore, accet-
tando aiuto dagli altri, ma soprat-
tutto dedicandosi spiritualmente
agli altri. I ricordi sono tanti,
belli, ancora vivi e indimentica-
bili. La sua bella vita sta sicura-
mente continuando tra le braccia
del Signore. Regina rimane e ri-
marrà sempre con noi, dentro di
noi, nei nostri cuori.”
IN PARROCCHIA
La redazione vuole ricolorarla
anche nel suo impegno presso il
nostro Santuario come “Ministro
Straordinario dell’Eucarestia”, in-
carico svolto verso gli ammalati
ed anziani della Parrocchia. La
scelta di dedicarsi al prossimo
con una missione così preziosa e
delicata, l’aveva maturata durante
la sua crescita di fede nel Cam-
mino Neocatecumenale, seguito
per tanti anni e nel quale trovava
l’aiuto spirituale di cui sentiva bi-
sogno. Possiamo ben dire che era
un Ministro particolare, “com-
pleto”, in quanto, oltre alla Teca
dell’Eucarestia, con sé portava
sempre la “pompetta della pres-
sione”, qualche dolcetto e tante
immaginette sacre. Inoltre non
mancavano mai il foglietto della
Parrocchia e la rivista Respice
Stellam: voleva che ai suoi “an-
ziani” non mancasse nulla. Dove-
Regina Marin

V
Il ricordo di un amicoChi ha conosciuto Regina
Marin, certamente poi la ricor-
derà quale infermiera alla Casa
di Riposo di Piove di Sacco, Ci
piace riportare un aneddoto che
lei stessa amava raccontare e
che ci svela la sua straordinaria
sensibilità: LA SCOPERTA
DELLA MEDICINA PALLIA-
TIVA.
Un giorno il primario del re-
parto dell’ospedale dove lavo-
rava, la chiamò a rapporto:
voleva verificare se i sospetti
delle colleghe infermiere ave-
vano fondamento. Quando Re-
gina era di servizio notturno,
tutte le pazienti dormivano, in
quanto somministrava loro delle
“sìete” (pastigliette) che le face-
vano quietare e quindi dormire.
Il sospetto era che desse loro dei
tranquillanti all’insaputa dei
dottori. Alla domanda di chiari-
menti da parte del primario, Re-
gina trasse prontamente dalla
tasca del camice un sacchettino
bianco e lo porse al superiore.
Con sua sorpresa, nell’aprirlo,
egli scoprì che non conteneva
medicine, ma pasticche di zuc-
chero colorato.
Alla sera, prima di iniziare il
turno di notte, Regina passava
dalla Lea Campioni, la più nota
pasticceria del paese, e compe-
rava un sacchettino di caramelle
sciolte di zucchero colorato.
Poi, in servizio, quando andava
a fare l’ultimo controllo prima
di spegnere le luci del reparto,
se c’era qualche sua paziente
che si lamentava che non era
andata di corpo, le dava la
“sìeta” rosa, al gusto di fragola;
per quella che aveva la tosse
sceglieva quella
gialla al limone, per
quella col mal di
testa quella all’anice,
per quella che non
riusciva a prender sonno
c’era quella verde... Amava
le sue anziane pazienti come
una mamma con le sue
bambine. “Vede dottore -
disse - non posso dare medi-
cine senza il suo permesso.
Loro si lamentano non per-
chè hanno qualche grave
malanno, ma le sento biso-
gnose di un atto di amore,
prima di dormire, come
delle bambine”.
Aveva scoperto la medicina
palliativa. Come da una
mamma, dopo aver rice-
vuto, assieme alla buona
notte e ad un bacio, le
“sìete”, le sue pazienti coc-
colate si addormentavano.
vano sentirsi in parrocchia, perciò
li informava di tutto quello che ac-
cadeva in Santuario. Il rispetto e la
discrezione unite all’amore verso
gli altri, soprattutto se ammalati,
erano le sue doti. Non mancava
mai di mettere a proprio agio le
persone che visitava, se vedeva che
una misuratina alla “pressione” po-
teva dare un po’ di tranquillità,
prontamente tirava fuori dalla
borsa “la pompetta”. In qualche
caso, se c‘era bisogno, c’era tempo
anche per un’iniezione: l’infer-
miera si manifestava con dedizione
e professionalità, anche se ormai
anziana. Se vedeva che si poteva
aiutare con una spazzatina alla
stanza lo faceva e, se era necessa-
rio, per chi era solo, preparava un
po’ di minestra.
Poi iniziava con le preghiere, qual-
che breve lettura per preparare
l’anima e metteva la piccola tova-
glietta ricamata sul tavolo. Non po-
teva mancare una candela che
veniva accesa da chi la ospitava.
Così, con semplice praticità svol-
geva questo suo compito, che sen-
tiva dono per sè e per il prossimo.
Non ha mai voluto mettersi in
“mostra” e per questo, raramente
ha dato la comunione in chiesa,
nelle celebrazioni, perché, diceva,
non si sentiva degna di “tanto”.
Questo è il ricordo che ha lasciato
Regina. Donna di fede semplice,
pratica, ma ferma e salda, la quale
ha saputo mettere in pratica la pa-
rola del Signore, convinta che il
Paradiso si conquista con la quoti-
dianità di ogni giorno, svolgendo il
proprio compito con dedizione,
convinta che salviamo la nostra
vita condividendo e aiutando con
amore il prossimo che lei sentiva
“fratello”.
Una cara amica
Regina è una presenza viva
nel mio cuore.
Di notte le facevo compa-
gnia, stavo bene con lei. Si
svegliava molte volte di
notte e diceva il rosario do-
nando le sue preghiere.
Dopo qualche anno anch'io
ho iniziato il percorso della
malattia, e ho capito quanto
preziosa è stata questa ami-
cizia. La sua testimonianza
di fede VIVA, di Parola vis-
suta ha reso bello e semplice
il percorso che a volte può
portarti alla rassegnazione.
Grazie Regina!
Maria Grazia

VI
O Maria! O Maria!
Tu che dolcemente scorri,
vedi maree di gente e vai,
vedi lacrime e mani giunte,
vedi amore e fratellanza e ... corri,
ma dove corri?
Tu che senti il rumore delle ruote
di carrozzine e barelle,
di lamenti e pianti,
lo senti il leggero volo
del velo bianco delle sorelle.
O Maria! Tu che dal tuo letto
scorgi e cingi l'Immacolata,
testimone di tanta solidarietà
e custode di tanto dolore.
Ma avverti un fremito,
non rallenti un po' la corsa,
non provi un\'emozione,
quando vedi una bambina
che fa la prima comunione?
Quando una mamma
non può rincorrere il suo bambino
e quando il bambino
non può giocare libero nel prato
e i giovani che non possono esprimere
la loro esuberante vitalità.
Quando vedi tanta sofferenza.
Perchè corri?
O tu Maria! che distingui il sorriso della gioia?
della gioia, quella vera,
perchè non suggerisci agli uomini
i rapporti si fondono
su base sincera?
Tu o Maria che al tuo passaggio
raccogli il pianto,
raccogli le invocazioni e le preghiere
devote, di immense schiere.
Vedi processioni e fiaccolate,
odori profumo di fiori
e odo di ceri,
sentimenti e ringraziamenti.
Porta al mondo questo messaggio
E allora corri!!!
E davanti alla Grotta
che tutti i cuori concilia,
che anche l\'orgoglio si umilia.
E la Santa Acqua
che dalla sorgente sgorga,
purifichi prima di tutto i cuori,
cancelli tutti gli orrori,
asciughi tutte le lacrime,
lenisce tutti i dolori.
Ed ora che siamo tornati,
dille che abbiamo come speranza,
dille che siamo più forti,
ma dille anche che torneremo
perchè da Lei ci sentiamo amati.
Annunziata e Giuseppe Norbiato
Questa "poesia-preghiera" è stata scritta da due sposi che vogliono farci partecipi della loro gioia con
questo ricordo di Lourdes, conservano nel cuore il bellissimo dono che la Madonna della Grotta ha loro
riservato.
O Maria! O Maria!Un prezioso ricordo in occasione della festa dell’ammalato

VII

VIII
Nella prima domenica di febbraio si celebra la Gior-
nata per la Vita istituita dalla CEI nel 1978 come "ri-
bellione culturale" all'approvazione della legge 194,
che regola l'interruzione volontaria della gravidanza.
Quest'anno i Vescovi invitano le comunità cristiane
a riflettere su un tema di fondamentale importanza
per il futuro della nostra società "GIOVANI APERTI
ALLA VITA". In tempi di profondo smarrimento
dei valori, sia nel campo sociale che politico, mentre
noi adulti siamo tentati ad assumere atteggiamenti
di neutralità, i giovani si trovano spesso disorientati,
senza punti di riferimento, senza speranza e senza
progetti per il futuro.
La Chiesa Cattolica ha fatto propria la sfida educa-
tiva di trasmettere alle giovani generazioni l'amore
per la vita, dal concepimento alla sua naturale con-
clusione. E' fondamentale però che i giovani incon-
trino nel loro cammino di crescita adulti maturi e
impegnati, pieni di fiducia
nella vita e gioiosi nel loro
servizio. Ecco allora l'in-
vito dei Vescovi ad Asso-
ciazioni, Movimenti,
educatori, catechisti e ad
ogni persona di buona vo-
lontà ad ingaggiare la bat-
taglia per "l'apertura alla vita" in tutte le sue fasi, so-
prattutto quando essa è debole e indifesa, incorag-
giando così i giovani all'accoglienza totale di quel
bene primario che è la vita, con tutte le opportunità
e l'impegno che questo comporta.
Il testo del messaggio per la 34ª Giornata Nazionale
per la vita del 5 febbraio 2012 è consultabile al se-
guente indirizzo:
http://www.chiesacattolica.it/cci_new/document_cei
/2011-11/08-3/Messaggio%20Giornata%20vita%20
2012.pdf
Il MpV-CAV(Movimento per la Vita-Centro aiuto
Vita) di Piove di Sacco, con sede in Casa San Mar-
tino, parrocchia del Duomo, da 12 anni si impegna
per diffondere la cultura della vita secondo lo spirito
del MpV nazionale e anima ogni anno la giornata na-
zionale cercando di coinvolgere il maggior numero
di comunità parrocchiali nella presentazione, nella
riflessione, nella preghiera. L'offerta delle primule è
una forma di autofinanziamento per le numerose at-
tività messe in atto dal CAV, a favore di molte
mamme in difficoltà per una gravidanza non pro-
grammata e di nuclei familiari che vivono una si-
tuazione di disagio economico.
Una fiore per la vitaAnche un piccolo gesto può salvare delle vite innocenti
Nella parrocchia Madonna delle Grazie, un aiuto è stato offerto al CAV di Piove di Sacco con l’offerta(al
termine delle messe domenicali) di una primula, fiora che
annuncia la primavera, quale auspicio di fioritura per una
nuova vita.
A chi dare il compito se non ai giovani della parrocchia di
essere al servizio per una così bella iniziativa?
Grazie alla disponibilità di Alice, Filippo, Arianna, Ro-
berta, Simone, Giovanni, Irene, Anna Rita, Giuseppe e
tanti altri ancora, e grazie alla generosità delle persone che
hanno accolto l’appello, e si sono dimostrate sensibili ad
aiutare, sono stati raccolti circa 600 €, che come gocce
d’acqua andranno a ridare speranza e VITA a mamme e
bambini in difficoltà.
Per chi volesse contribuire a dare una mano è possibile fare un’offerta tramite l’utilizzo del c/c n° c.c.p.
9097390 intestato a Centro di aiuto alla vita Piove di Sacco
34^ Giornata per la vitaUn aiuto per chi ne ha bisogno

IX
Ecco suona la campana, entrano,
inizia. L'ho già letta prima, sul fo-
glietto, seconda lettura, dalla let-
tera ai Corinzi, facile come una
versione di Cesare al liceo, senza
tutti quei popoli dai nomi compli-
cati. Mi fosse capitata la prima
oggi davvero sarebbe stato un ma-
cello: colpa delle tribù. Con le
tribù è sempre un macello! Per-
fino Giusy una volta è incespicata
sui Patriarchi Prediluviani, figu-
rati un novizio come me. Ma oggi
la prima tocca a Manlio, una sicu-
rezza; io vado con la seconda, poi
versetto dell’alleluia (Erika annui-
sce chitarra alla mano) e preghiera
dei fedeli. Insomma un classico
come la Milano Sanremo del
tempo ordinario. Ecco il Salmo,
ripetiamo insieme, poi tocca a me.
Dovrei stare più attento, seguire,
ma ancora l'emozione, sai com'è !
Eccomi sul posto, vi do un'oc-
chiata, mentre sistemo questo mi-
crofono, che pare un piccolo
serpente, che tanto è inutile pie-
gare che torna sempre allo stesso
punto, ma prendo tempo, vi do
un'altra sbirciata, prima fila, in
fondo alla chiesa, siamo molti
oggi, ed io sono qui per leggervi
la Parola.
Accade ogni volta e ancora me ne
stupisco: leggere su quel libro è
tutta un'altra cosa. Sarà lo spes-
sore delle pagine sotto alle dita,
quel segnalibro verde che taglia la
pagina di sbiego; ma quanto pe-
serà quel libro ? Come farà poi
Don Battista ad alzarlo ben sopra
alle sue spalle e, dopo una delle
sue sapienti pause, esclamare “Pa-
rola del Signore”? Ma sto già leg-
gendo...capita sempre così, leggo
e non sono io a leggere, vorrei te-
nere un certo tono ed invece me
ne vado rapido; cosa mi succede ?
Mi par d'essere come la cassa di
risonanza di un violino: utile, ben
fatta ma inconsapevole. Lo faccio
per voi , lo faccio per Gesù e lo
faccio per me. “Parola di Dio”
dico, sono quasi stanco, spossato
da quelle poche righe. Scendo al
mio posto, tra Lorenzo e Maria
Rita. Non scordo di certo l'in-
chino, grazie Gesù d'avermi gui-
dato.
Andrea già intona, siamo all'offer-
torio, chi c'è oggi ? Fammi un po'
vedere: Giovanni e Nicola. Dome-
nica scorsa c'era anche Tommaso;
Mattia e Francesco invece erano
alla messa delle nove e mezza. I
nostri chierichetti, fanno ancora la
gara, come facevo io alla loro età.
Saprei riconoscerli da come suo-
nano il campanello: Nicola anti-
cipa, Tommaso prolunga, Gio-
vanni breve, Mattia e Francesco
professionisti impeccabili.
Ecco, monete che urtano altre mo-
nete, un frugare, un cercare, un
tintinnare, è ora della “cerca”; si
proprio della “cerca”, così almeno
la chiama Paolo, ed io di certo
non posso dire diversamente.
Prendi il cesto, sorridi, aspetta, fai
svelto ma con cura, saluto, inchino
e offri all'altare. Ma quanto pesa
quel cestino? Ci mettessero dentro
più banconote di carta, farebbero
pure un piacere a me, oltre che a
Don Franco! La Comunione.
“Verbum caro factum est ...” credo
sia uno dei pezzi che le vengono
meglio, aiuta la riflessione e poi
lei ha una voce bellissima. La
coda ondeggia, qualcuno conosce
la canzone, altri la mormorano, il
solito rientro in contromano
schiaccia e spreme la colonna. Po-
vero Don Battista il suo principio
d'ordine anche oggi va a farsi frig-
gere! “ Il Signore sia con voi” ri-
spondiamo “e con il tuo spirito” e
finisce la messa. Uno sguardo tra
di noi, che serviamo, uno sguardo
d'amore. Perché servire è amare.
Servitori e ServiUno sguardo tra coloro che servono alla messa
Massimo

X
La Candelora
La luce nata al Solstizio di Inverno comin-
cia a vedersi all’inizio del mese di febbraio:
le giornate si allungano poco alla volta,
anche se il Generale Inverno continua a
mantenere la sua gelida morsa.
Le popolazioni antiche erano molto attente ai mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza.
Questo era il periodo più difficile dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno comin-
ciavano a scarseggiare. Quindi, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno
stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica ad immaginare.
Da queste attente osservazioni sono nati dei proverbi pertinenti :
"Candelora dell'inverno semo fora, ma se piove e tira vento dell'inverno semo dentro."
Il 2 febbraio, noi oggi festeggiamo la Luce di Gesù, vera
luce, con la benedizione delle candele:
"O Dio, fonte e principio di ogni luce, che oggi hai rive-
lato al santo vecchio Simeone il Cristo, vera luce di tutte
le genti, benedici queste candele e ascolta le preghiere
del tuo popolo, che viene incontro a Te con questi segni
luminosi e con inni di lode; guidalo sulla via del bene,
perché giunga alla luce che non ha fine. Per Cristo nostro
Signore."
Come Giuseppe e Maria, anche in Santuario si è parteci-
pato alla presentazione al tempio in modo particolare con
i bambini del catechismo venuti numerosi a fare festa
con Gesù.
Settimana Ecumenica
Era il 1908 quando padre Paul Wattson, ministro anglicano
degli Stati Uniti, pensò di pregare nella settimana della con-
versione di San Paolo 25 gennaio per l’unità dei cristiani.
Ma passarono ben 60 anni prima che le chiese si accordas-
sero per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e,
solo a partire dal 1973, un gruppo ecumenico ne cura lo
schema e la proposta.
Da allora, ogni anno sempre nella settimana dal 18 al 25 gen-
naio, si celebra l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cri-
stiani, che nella Chiesa di Roma si manifesta con molte iniziative promosse da parrocchie, movimenti e
associazioni. Iniziative che culminano in appuntamenti di veglia ecumenica e di preghiera.
Questa settimana, è stata caratterizzata anche in Santuario in un incontro di preghiera ecumenica, con un
pastore aventista della comunità di Padova e un fedele Greco Ortodosso della comunità di Mestre (Ve) con
la presenza di Don Giovanni Brusegan, responsabile del dialogo eucumenico per la diocesi di Padova. E'
stato un momento di preghiera per ritrovarci nell'unità di Cristo con una preghiera di impegno nel ricercare
l'unità, di progredire nella testimonianza, a superare gli ostacoli desiderando di fondare i nostri rapporti
sull'onestà riconoscendo che ciò che ci unisce supera ciò che ci divide.