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REPORT Dalla Ricerca&Sviluppo della Ivoclar Vivadent FL-9494 Schaan / Liechtenstein Nr. 13 Giugno 2000 Protesi mobile: Scienza dei materiali, estetica e montaggio dei denti

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REPORTDalla Ricerca&Sviluppo della Ivoclar Vivadent

FL-9494 Schaan / Liechtenstein

Nr. 13 Giugno 2000

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EDITORIALE

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Dipl. Ing.Patrik Oehri

I materiali per protesi ed i denti abase di PMMA, nonchè gli articolatorisono a disposizione dell'odontotecnicoper la realizzazione di protesi dadecenni. Anche se negli ultimi anni ilpunto focale della ricerca dentale èstato in altri settori, questi materiali estrumenti rappresentano una compo-nente determinante della protetica.

Ivoclar, in qualità di produttoreleader, con il programma BPS offreall'odontotecnico un sistema completoche con prodotti standard quali SR Antaris,SR Postaris, ProBase ed SR Ivocap rap-presenta la base della protesi di marcaBPS. Con il programma BPS la Ivoclar siè posta l'obiettivo di dare prodotti cali-brati fra di loro e di conseguenza alleprotesi con essi realizzate, un nome dimarca che ne evidenzi il valore.

Il presente Report si dedica agliaspetti principali della protesi mobileed è articolato come segue:

Parte 1: Resine per protesi dal punto di vistamerceologico – Axel Kammann

Parte 2: Individualizzazione di denti artificiali– Konrad Hagenbuch

Parte 3: Colore e presa del colore – Michael Reis

Parte 4: Montaggio denti nello Stratos 200 –H.P. Foser

Gli autori sopracitati sono colla-boratori del Reparto Ricerca e Sviluppodella Ivoclar da molti anni ed in qua-lità di ricercatori sono competenti dellaparte da loro presentata.

Insieme con il Report no. 9 sulloStratos (articolatore) ed il Report No. 11 sui denti artificiali si ha unavisione completa dei materiali e delletecniche che sono necessarie per larealizzazione di un restauro protesicoBPS di elevato valore.

Infine vorrei ringraziare la miacollaboratrice Magdalena Wey, che si èoccupata del coordinamento e dellarealizzazione del presente Report.

Patrik OehriDirettore Servizio Scientifico

Immagine di copertina:legame di un dente in resina con una resinapolimerizzante a caldo (immagine grande) eduna resina autopolimerizzante (immaginepiccola). Ulteriori informazioni vedi pagina 10.

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Le resine per protesi in passato

Nel 1832 è stata scoperta la baseper la vulcanizzazione del caucciù.Thomas W. Evans nel 1847 ha realizzatole prime protesi con questo prodottonaturale trasformato. Clark SamuellPutmann creò le basi per una realizza-zione delle protesi in caucciù naturalevulcanizzato in maniera ottimizzata eprofessionale ed in seguito distribuitada Cummings e Goodyear (Schulz,1979a). Il caucciù era facilmente lavora-bile e relativamente stabile in bocca,poteva però essere realizzato soltantoin colori antiestetici. Inoltre al mate-riale mancava la trasparenza.

Una trasparenza ottimizzata si otten-ne in seguito con l'utilizzo di celluloi-de. La stabilità in bocca di questi mate-riali per protesi semisintetici tuttaviaera pessima, a causa dell'impiego dicanfora non era insapore e non resiste-va al carico meccanico in bocca(Schulz, 1979b).

Lo sviluppo del PMMA

Negli anni 30 il Dr. Walter Bauerdella Ditta Röhm & Haas creò i pre-supposti basilari per l'impiego del poli-metilmetacrilato (PMMA), noto sotto ilnome di Plexiglas. Più tardi W. Bauerdescrisse in un ulteriore brevetto (DRP684533) la realizzazione di protesiodontotecniche con tale materiale. Sitrattava di un processo di produzionetermoplastico, che presentava ancoraalcuni svantaggi. Appena nel 1935 W.Bauer nel brevetto DRP 652821 descrissela realizzazione di protesi in un mate-riale pre-polimerizzato ancora fluido,mediante riscaldamento della muffolanella "caldaia di vulcanizzazione".

Resine per protesi dal puntodi vista merceologico

Axel Kammann, Chimico

Le resine per protesi oggi-giorno non vengono consideratecome materiali odontoiatriciinnovativi. Tuttavia sono di note-vole importanza nel trattamentoodontoiatrico di pazienti. Larichiesta a livello mondiale dimateriali per protesi, nonostantela crescente salute dentale neipaesi sviluppati, è sempre note-vole. In questa parte del Report siriporta innanzitutto un'introdu-zione nelle basi chimiche e tecno-logiche delle resine per protesi.Infine si approfondiscono i singolipunti specifici dei polimerizzantia caldo ed a freddo.

Fig 2: La composizione dei sistemi bicomponenti oggigiorno maggiormente utilizzati su base MMA / PMMA .

Fig 1: Brevetto DRP 737058. Per la prima volta il PMMA èstato miscelato in rapporto 3:1 con MMA edimpastato e lavorato in una massa deformabile.

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Un notevole progresso venne por-tato dal metodo PALADON® (DRP737058) brevettato da Kulzer. Per laprima volta, particelle di metilmetacri-lato polimeriche sono state impastatee lavorate in metilmetacrilato mono-merico in un rapporto di 3:1, in unamassa deformabile. La contrazionevolumetrica e modifiche di forma in talmodo sono state ridotte.

Le resine per protesi oggi

La maggior parte delle resine perprotesi utilizzate oggigiorno si basanosul sistema MMA/PMMA (cfr. Tab. 1). IlPMMA quale polimero amorfo è alta-mente trasparente, relativamente fra-gile, però molto resistente a mezziacquosi, raggi UV e idrocarburi di benzina. Grazie alla combinazione del-le proprietà qui di seguito elencate,nonchè alla semplice lavorabilità, ilPMMA è indicato nell'impiego comemateriale per protesi:

● biocompatibilità● resistenza in bocca● igiene● possibilità di detersione● inodore ed insapore● estetica● non appariscente● stabile nella forma

A partire dalla metà degli anni 60per la realizzazione delle protesi sonostati sviluppati altri polimeri qualipolicarbonati, poliacetali, oppurepoliammidi. Alcuni di questi materialie metodiche esistono ancora oggi.Nessuno di questi però si è affermato.

Tabella 1:

Tipo Caratteristiche Esempio di prodotto

Tipo 1 Polimerizzanti a caldoMateriali per protesi che devono essere lavorati ad almeno 65°C

Classe 1 PALADON 65 (Kulzer)Polvere e liquido PROBASE hot (Ivoclar)

TRIPLEX hot (Ivoclar)Materiale in capsule :IVOCAP Plus (Ivoclar)

Classe 2 ASTRON (Astron)Materiale monocomponente LUXIDENT (Austenal)

Tipo 2 AutopolimerizzantiLa reazione di indurimento viene innescata mediante reazione chimica e non necessita di temperature di lavorazione superiori a 65°C.

Classe 1 PALAPRESS (Kulzer)Polvere e liquido VERTEX SC (Dentimex)

PROBASE cold (Ivoclar)TRIPLEX cold (Ivoclar)

Classe 2Polvere e liquido: resine per colaggio PERFORM (Hedent)

Tipo 3 Materiale termoplastico in cartucce o in polvereA temperatura ambiente, polimerizzante duro. Durante la lavorazione POLYAPRESS (Girrbach)a caldo diventa molle e deformabile. In seguito a raffreddamento PROSTHOFLEX (ATP Industries) subentra nuovamente lo stato duro.

Tipo 4 Materiali fotoindurentiMateriali per protesi, che per l'indurimento necessitano di una fonte TRIAD VLC (Dentsply)di luce con luce visibile o UV.

Tipo 5 Materiali per l'indurimento a microonde ACRON MC (GC)MICROBASE (Dentsply).

Classificazione delle resine per protesi secondo la norma ISO 1567:1997

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Classificazione delle resine per protesi

Le resine per protesi sono classi-ficabili sia secondo la composizionechimica che anche secondo la tecnicadi lavorazione. Nella classificazionesecondo la norma ISO 1567: nel 1997 lesopraccitate classificazioni sono statecombinate.

Di seguito si tratteranno le resineper protesi a base di MMA/PMMA, chein seguito a reazione chimica vengonoindurite e deformate. Non verrannotrattate resine, che sono disponibiliquale prodotto finito e che vengonodeformate termoplasticamente comeprodotto dentale finito.

Basi chimiche e tecnologi-che delle resine per protesi

Processo di rigonfiamento e di soluzione

Alla base della lavorazione di unaresina per protesi su base MMA/PMMAvi é un liquido (componente principalemonomero) ed una polvere resinosa(componente principale polimero) (cfr.tab. 2). Miscelando queste due compo-nenti si inizia un processo di rigonfia-mento e di soluzione, che porta ad unamassa tipo impasto plastica. La tabella2 illustra, quali sono i compiti delmonomero e del polimero.

IndurimentoL'indurimento dei materiali per

protesi decorre in più fasi (cfr. anchefig. 3).

● Il catalizzatore trasportato nellamiscelazione attraverso il processodi soluzione, viene scisso in ra-dicali attraverso il calore (polime-rizzanti a caldo) oppure attraversola reazione chimica con l'accelera-tore (autopolimerizzante).

● Il radicale catalizzatore intervienenel sistema di elettroni del doppiolegame della molecola di monome-ro e la scinde. Dopo l'addizione allamolecola di monomero si forma unradicale a catena. Il radicale a cate-

Compiti del monomero

Solvente Il monomero é il solvente per il corpo polimerico, con ilquale viene lavorata la resina per protesi.

Trasporto di sostanze Il monomero trasporta additivi (pigmenti, catalizzatori,ecc. – che sono stabili soltanto nel polimerizzato) nell'impasto fluido da lavorare.

Materia Il monomero dopo la fase di indurimento diventa una materia polimerica e serve innanzitutto al rafforzamentodella struttura della materia.

Compiti del polimero

Ausilio Grazie al corpo polimerico rigido l'impasto da lavorare ottiene prima una consistenza sciropposa, quindi pastosa e plastica.

Legante Il polimero permette il legame del monomero nell'im-pasto da lavorare. In tal modo sotto elevata pressione ed elevata temperatura non si provoca una separazionedelle componenti monomeriche.Un processo di rigonfiamento e di soluzione causa un aumento della viscosità. Questo è necessario affinchè durante il processo di indurimento sia possibile controagire alla pressione dell'espansione gassosa ed alla pressione di vapore del monomero.

Riempitivo Grazie alla componente polimerica, la contrazione volumetrica si riduce notevolmente. In tal modo si crea approssimativamente una fedeltà di forma e adattamento. Tanto è maggiore la componente del polimerizzato tanto minore è la contrazione chimica.

Materia Le caratteristiche fisiche dei polimeri influiscono sulle proprietà e sulla stabilità clinica del materiale per protesi.

Tabella 2:

Compiti del monomero e del polimero

Fig. 3: raffigurazioneschematica esemplificata dellapolimerizzazione deiradicali

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na a sua volta interviene su unanuova molecola di monomero e laaddiziona, ecc.

● In questo modo si formano moltecatene molecolari, da un lato inseguito alla crescita di catena edall'altro in seguito all'unione del-le catene radicali. Prodotti a bassopeso molecolare ed impurità pro-ducono reazioni secondarie e diinterruzione.

● Si forma un denso feltro di macro-molecole. La materia solida forma-tasi dopo la polimerizzazione formala matrice, che riveste particellepolimeriche.

Polimerizzante a caldo

Differenti processi di poli-merizzazione di polimerizzantia caldo

Per l'indurimento di polime-rizzanti a caldo, spesso i produttoriconsigliano per lo stesso prodotto piùmetodi di polimerizzazione. In baseall'esempio di ProBase Hot (IvoclarAG) si dimostra, che i diversi metodi dipolimerizzazione possono condurre arisultati diversi. A tale scopo un cam-pione standardizzato realizzato inProBase Hot è stato indurito una voltasecondo il metodo standard ed unasecondo il metodo di polimerizzazionea bollitura rapida. La fig. 4 mostra lametodica dello studio, con il quale èstato misurato il decorso di temperaturaall'interno della muffola. Nelle figg. 5 e6 è raffigurato il decorso della tempe-ratura misurata.

● Metodo standard La muffola viene posizionata inacqua fredda, quindi riscaldata a100°C e lasciata bollire per 45 min.Infine la muffola viene raffreddataall'aria per 30 minuti e poi immersain acqua fredda.

● Polimerizzazione rapidaLa muffola viene posizionata inacqua bollente e lasciata bollireper 40 minuti. Quindi la muffola siraffredda all'aria per 30 minuti edinfine immersa in acqua fredda.

Fig. 4Metodica di studio: una sonda inserita nella muffola misura il decorso della temperatura nel contenutodella muffola durante la polimerizzazione in acqua.

Fig. 5Decorso di temperatura durante la polimerizzazione secondo il metodo standard di PROBASE Hot. Linea blau: temperatura all'interno della muffola, linea gialla: temperatura dell'acqua.

Fig. 6Decorso di temperatura nella polimerizzazione secondo il metodo rapido di PROBASE Hot. Linea rosa:temperatura all'interno della muffola, linea gialla: temperatura dell'acqua.

Polimerizzazionecon ebollizione

Polimerizzazionestandard

Bagno d'acqua

Bagno d'acqua

Fase dirigonfiamento

Fase dopo lapolimerizzazione

Fase di rigonfiamento

Polimerizzazione

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Nel confronto dei due decorsi ditemperatura si evidenzia quanto segue:

Fase di rigonfiamentoDal momento della messa in

muffola fino all'inizio della polimerizza-zione continua il processo di rigonfia-mento e soluzione. Sotto l'azione delcalore, si accelera il processo di rigon-fiamento e di soluzione alla periferiadelle particelle PMMA. Allo stesso tempola viscosità della massa aumenta con-tinuamente. Nella polimerizzazionerapida questa fase di rigonfiamento ènotevolmente ridotta.

Anche il rigonfiamento dei collettidel dente a causa dell'azione del mono-mero è ridotto nella polimerizzazionestandard. Questo può influire svan-taggiosamente sul legame materialeper protesi-dente.

Fase di polimerizzazioneNei due metodi, durante la fase di

polimerizzazione si misurano tempera-tura, che superano la temperatura diebollizione dell'acqua e del MMA. Nellapolimerizzazione rapida il polimerizzatosi scalda entro pochi minuti a 150°C.Pertanto il monomero polimerizzavelocemente e fortemente.

Unitamente alla fase di rigonfia-mento abbreviata, questo improvvisoaccumulo termico, nella polimerizza-zione rapida, in strati di notevole spessore può condurre alla formazionedi porosità e bolle.

Fase di raffreddamentoDopo la polimerizzazione si

raffredda il polimerizzato solido e siarriva ad una trasformazione dellerimanenti componenti del monomero.Nella polimerizzazione rapida il raffreddamento del polimerizzato for-matosi avviene in acqua bollente. Latemperatura non può quindi scendereal di sotto dei 100°C. Nel metodo stan-dard, il raffreddamento avviene, primache l'acqua abbia raggiunto il punto diebollizione, cosicchè, grazie allo scam-bio termico con l'ambiente circostantedella muffola, la temperatura puòscendere in breve tempo a ca. 90°C. Sievita in tal modo un accumulo termicoe la formazione di bolle di cottura.

Il metodo SR Ivocap

Il metodo SR Ivocap, rispetto agliuniversali metodi di zeppatura dei con-venzionali polimerizzati a caldo ed afreddo, rappresenta una particolarità.Il materiale per protesi ed il suo con-fezionamento sono calibrati con gliapparecchi necessari al procedimento.Lo specifico processo di miscelazione ela possibilità di compensare continua-mente la perdita di pressione che siforma attraverso la contrazione, pon-gono alcuni requisiti delle caratteri-stiche della miscela di polimero emonomero da utilizzare. Il vantaggiodel metodo SR Ivocap, come elevataprecisione, buona resistenza alla frattura, buona compatibilità tissutalee la sua affermazione clinica sonoampiamente documentati (Körber,1992 und 1993a+b; Anderson et al.1988). Pertanto in questo capitolonon entreremo più nel merito di questipunti. Descriviamo brevemente i van-taggi del Cap-Vibrator nonchè alla par-ticolarità della polimerizzazione nellamuffola Ivocap.

La miscelazione nel metodo SR Ivocap

Il monomero e polimero predosatiin capsula vengono miscelati nel Cap-Vibrator. Attraverso il processo di mi-scelazione meccanico si accelera ilrigonfiamento del polimerizzato, lasua soluzione e la conseguente matu-razione dell'impasto. Al termine delprocesso di miscelazione l'impastopronto per l'iniezione ha assunto laforma di una palla compatta.

Con il Cap-Vibrator si possonoottenere effetti, che non sono possibilicon una miscelazione manuale:

● Attraverso il movimento veloce sicrea calore da attrito. Questo accelera il processo di soluzione.

● Particelle più fini di polimero sidissolvono completamente.Particelle più grandi si ringonfianomaggiormente e si deformanodurante il processo di iniezione.

Il confezionamento in capsulepresenta i seguenti vantaggi:

● Non si ha alcun contatto cutaneocon il monomero.

● La viscosità del contenuto dellacapsula non si modifica durante laconservazione. L'impasto miscelato,contrariamente ai convenzionalimateriali per zeppatura, è riutilizzabile.

● Il contenuto di monomero nell'im-pasto è notevolmente superioreche nei convenzionali polime-rizzati per zeppatura, in tal modosi facilita il rigonfiamento e lasoluzione delle particelle di poli-mero, si garantisce una iniezionecompleta e si regola il contenutodella capsula per una conservazionepiù lunga.

La polimerizzazione nel metodoSR Ivocap

In questo capitolo si vuole illu-strare, che nel metodo SR Ivocap il con-tenuto della muffola non polimerizzacontemporaneamente in ogni punto.Motivo per questo è la specifica geo-metria della muffola SR Ivocap.Durante l'indurimento a fasi del con-tenuto della muffola, deve essere

Tabelle 3:

Vantagggi della polimerizzazione diProBase Hot secondo il metodo stan-dard e del metodo di polimerizzazionea bollitura

Metodo standard Polimerizzazione a bollitura

ottimale adesione del dente grazie al rigonfia- Risparmio di tempomento più lungo dei colletti dentali

Minima tendenza alla formazione di bolle da cottura e porosità più –piccole grazie all'assenza di accumulo termico

Minore contenuto di monomero residuo grazie –alla fase di raffredda- mento più lunga

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garantito un apporto continuato dimateriale e quindi si deve provvedereal mantenimento della pressione. Pertale motivo, la muffola Ivocap, nellaparte posteriore contiene una costru-zione di teflon – la cosiddetta diga ter-mica che durante il processo di cottu-ra protegge il contenuto della capsuladalla conduzione termica e dall'azionedel vapore acqueo.

Come visibile nella figura 8, inseguito ad una minore massa di gessonella parte anteriore della muffola, siha un rapido aumento della tempera-tura. L'aumento di temperatura nellaparte posteriore della protesi rallenta eha un decorso molto più piatto rispet-to alla parte anteriore. La polimerizza-zione nella parte anteriore del campioneinizia ca. 18 minuti dopo che la prote-si è stata immersa in acqua bollente. Laparte posteriore della protesi inizia adindurire soltanto dopo che la parteanteriore si è raffreddata fino alla tem-peratura dell'acqua.

Nella parte posteriore si raggiungela massima temperatura soltanto pocoprima dell'inizio del processo di raf-freddamento (ossia prima dell'immer-sione della muffola in acqua fredda).Durante il raffreddamento la diga ter-mica e la maggiore massa di gesso iso-lano dalla perdita di calore. Ciò èimportante affinchè non si perda ladinamica della polimerizzazione e la

linea A possa indurire completamente.Dalla rappresentazione dell'intero

decorso di polimerizzazione all'internodella muffola, risultano per l'operatoreimportanti indicazioni:

● Alla fine del processo di bollitura edopo l'inizio del processo di raf-freddamento il contenuto dellamuffola deve essere sotto pressio-ne per almeno 20 minuti.Altrimenti vi è il pericolo che lapolimerizzazione nelle partiposteriori della protesi non siaconclusa. Una prematura perdita dipressione può causare la formazio-ne di bolle.

Contenuto di monomero resi-duo in protesi SR Ivocap

Secondo la norma ISO 1567:1999il produttore di materiali per protesi ètenuto a controllare e dichiarare il con-tenuto di monomero residuo, secondola metodica descritta nella norma.

Nel controllo secondo ISO1567:1999 trattasi di una metodica adestrazione. Un campione prova a normaviene polimerizzato in una formametallica messa in muffola, rifinitadopo 24 ore e suddivisa in piccole par-ti. Una determinata quantità del poli-merizzato viene estratto per 72 ore conacetone. Ultimata la preparazione dellasoluzione viene determinato il con-

tenuto di monomero residuo mediantegascromatografia o HPLC.

La determinazione del contenutodi monomero residuo secondo ISO1567:1999 ha il vantaggio che la partedi monomero residuo estraibile delmateriale per protesi viene rilevatocome proprietà del materiale.L'influsso del gesso, del SeparatingFluid o processi di diffusione sulla qua-lità della superficie e pertanto sul con-tenuto di monomero residuo vienetralasciato.

Come già illustrato, le condizionidi trasmissione termica nell'acqua conil processo di iniezione Ivocap sononotevolmente più complesse rispettoalla tecnica di pressatura universale.Ciò non ha soltanto un influsso suldecorso temporale dell'indurimentoall'interno della muffola bensì anchesul contenuto di monomero residuo. Aseconda del punto di misurazione sulleprotesi realizzate con la metodica diiniezione SR Ivocap, varia il contenutodi monomero residuo. Poichè questedifferenze nel contenuto di monomeroresiduo si formano a seconda della geo-metria della protesi e della muffola,questa differenza non può essereriprodotta con il metodo di controllosecondo ISO 1567:1999.

Fig. 8: Diagramma di temperatura/tempo della polimerizzazione a bollitura di SR Ivocap Plus (1 muffolain 20 litri di acqua) Linea blu: decorso di temperatura del materiale in zona anteriore della protesi, Linea rossa: decorso di temperatura del materiale sulla parte posteriore del campione (linea A simulata) Le tre linee rossa, verde e blu demarcano il momento della ripresa di ebollizione, del tempo esotermicodella parte anteriore e l'inizio della fase di raffreddamento.

Fig. 7: Metodica dello studio: una sonda inseritasul lato anteriore e nelle vicinanze della diga termicamisura il decorso di temperatura all'interno dellamuffola, durante la polimerizzazione di un cam-pione in SR Ivocap Plus. Questo campione simulale condizioni in una protesi superiore piatta.

Zonaanteriore

Campolinea A

Bagnod'acua

Tempo in ore

La polimerizzazione nel sistema SR Ivocap

Tem

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Per ottenere indicazioni pratichesul contenuto di monomero residuo, sidevono polimerizzare nel gesso isolatoprotesi superiori anzichè campioni ISO.Esse vengono liberate da residui di gesso e conservate secondo ISO1567:1999. Non è necessaria una rifi-nitura e lucidatura. Il contenuto dimonomero residuo si determina mediante gascromatografia oppureHPLC.

Il contenuto di monomero residuo dei campioni secondo ISO1567:1999 si trova fra 1,8 % e 2 % ecorrisponde ai requisiti secondo ISO1567:1999.

In condizioni di prassi quotidiana(p.e. polimerizzazione di una protesiin gesso) dopo 35 minuti di polime-rizzazione si evidenzia una differenzanel contenuto di monomero residuo frala parte anteriore della protesi e lazona della linea A. Questa differenza èda attribuirsi al gradiente termico.Polimerizzando la protesi messa inmuffola con gesso per 60 minuti il con-tenuto di monomero residuo è fra 0,4 e0,6 %; e non vi è quasi differenza fra ilcontenuto di monomero residuo fralinea anteriore e linea A.

Fig. 9a e b: realizzazione di campioni per la determinazione del contenuto di monomero residuo. Sinistra: forma metallica messa in muffola secondo ISO 1567:1999Destra: protesi in cera nel gesso

Fig. 10: Contenuto di monomero residuo di SR Ivocap Plus, secondo ISO 1567: 1999 e di protesi polimerizzate inmuffola nella linea A e nella zona anteriore (vd. testo).● Barre blu: contenuto di monomero residuo di protesi polimerizzate in muffola nella zona anteriore

della protesi, conservazione ed estrazione secondo ISO 1567:1999, dopo un tempo di polimerizzazionedi 35 e 60 minuti.

● Barre rosa: contenuto di monomero residuo di protesi polimerizzate in muffola nella zona della linea-Aed estrazione secondo ISO 1567:1999, dopo un tempo di polimerizzazione di 35 e di 60 minuti.

● Barre rosse: contenuto di monomero residuo, secondo ISO 1567:1999, dopo un tempo di polimerizzazione di 35 e 60 minuti.

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Polimerizzanti a caldo aconfronto con i polimerizzanti a freddo

Anche al giorno d'oggi la discus-sione in riguardo ai vantaggi ed aglisvantaggi dei polimerizzanti a freddo èancora attuale. I polimerizzanti a caldodimostrano, rispetto ai convenzionalipolimerizzanti a freddo, una sufficientestabilità cromatica (May et al. 1992;Purnaveja et al 1992). Diversi studidimostrano, che i polimerizzanti a caldopresentano anche un contenuto dimonomero residuo minore dei polime-rizzanti a freddo (Meiners et al.,1987;Scheuermann, 1981). Buyukyilmaz etal. (1997) hanno dimostrato, che l'ade-sione del materiale per protesi al dentein resina è migliore nei polimerizzantia caldo che non in quelli a freddo.

La Fig. 11 illustra il legame miglio-rato nei polimerizzanti a caldo con ildente Antaris. Per queste immagini ilmonomero di un polimerizzante a caldo(Ivocap Plus) e di un convenzionalepolimerizzante a freddo è stato coloratocon un colorante solubile in monomero(Sudanrot G). Infine i campioni sonostati realizzati come di consueto. Nelcampione in Ivocap Plus il monomerocolorato penetra nell'Antaris rigonfiato,cosa che ci lascia presumere una buonaadesione al dente. Nel campione inpolimerizzante a freddo non è visibilenessuna penetrazione, si forma unachiara linea di separazione fra dente ebase protesica.

Polimerizzanti a freddoPolimerizzanti a freddo conven-zionali e polimerizzanti a freddostabili alla decolorazionePolimerizzanti a freddo convenzionalipresentano un sistema di catalizzazionea base di perossido/ammina aromatica.Dalla metà degli anni 60 sono in com-mercio i polimerizzanti a freddo, checontengono un sistema di ossi-riduzionesu base di perossido/acido barbiturico.Gross (1976) indicò che i polime-rizzanti a freddo con un sistema dicatalizzazione a base di perossido/acidobarbiturico sono più stabili alle deco-

Fig. 13: Differente decorso di polimerizzazione di una miscela MMA/PMMA con sistema catalizzatore convenziona-le e stabile alle decolorazioni. Nel sistema catalizzatore stabile alle decolorazioni, dopo la miscelazione,si riscontra un evidente aumento di temperatura, che velocizza il processo di rigonfiamento e disoluzione. Nel sistema di catalizzatore convenzionale la polimerizzazione inizia molto più tardi e senzaprecedente aumento di temperatura.

Fig. 12: Campioni in miscela di MMA/PMMA non colorato. Sinistra: con sistema di catalizzazione stabile adecolorazioni (a abse di perossido/acido barbiturico. Destra: con un sistema di catalizzazione convenzionale (a base di ammina/perossido. Ripresa direttamente dopo la polimerizzazione

Fig. 11: Legame di Antaris con Ivocap Plus (sinistra) e con un polimerizzante a freddo (destra). Il monomerocolorato di rosso di Ivocap Plus penetra nell'Antaris rigonfiato.

Convenzionale

Stabile alladecolorazione

Tempo in minuti

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lorazioni. Un lavoro di Asmussen(1983) dimostrò che le ammine aroma-tiche terziarie sono responsabili dellaforte inclinazione alle decolorazionidei polimerizzanti a freddo. In base amateriali per protesi non colorati, nel-la fig. 12 si evidenzia la differenza nel-la stabilità a decolorazioni dei polime-rizzanti a freddo con diversi sistemi dicatalizzazione.

Come illustra la fig. 13 i diversisistemi di catalizzazione dei polime-rizzanti a freddo convenzionali e sta-bili a decolorazione portano anche adiversi decorsi di polimerizzazione. Lareazione del sistema ammina/perossidoavviene improvvisamente ed ha unabreve durata. Nei prodotti a base di aci-do barbiturico la reazione decorre inun periodo più lungo e cala più lenta-mente.

Compatibilità biologica

La compatibilità biologica delleresine per protesi è di massima impor-tanza per il successo clinico di un trattamento. Un elevato grado di poli-merizzazione (possibilmente molecolea catena lunga) ed un'elevata trasfor-mazione di polimerizzazione (inclusionepossibilmente di molti gruppi reattivi)favoriscono le proprietà meccaniche ebiologiche della protesi.

Per quanto riguarda la tossicità eallergenicità di materiali per protesi, ilrischio per il paziente e per l'operatoresono da considerare separatamente.

Svariati rilevamenti epidemiolo-gici confermano che su pazienti le allergie a componenti del sistema resi-noso MMA/PMMA sono molto rari(Welker e Gebhardt, 1996). Il test epi-cutaneo utilizzato di norma per la dia-gnostica, può contribuire a dei chiari-menti, tuttavia in seguito alla diversareattività di cute e mucosa non è com-provante. Sono possibili errate reazionipositive (Marx et al., 1982).

Invece per l'odontotecnico ilMMA è sempre ancora l'allergene daresine più rilevante professionalmente(Kanerva e Estlander, 1993; Welker eGebhardt, 1996). MMA è una sostanza

fortemente irritante per la cute, chequale solvente molto efficace, superarapidamente le barriere di protezioneed in caso di azione prolungata, primacausa un eczema da contatto irritativonon allergico, e dopo un certo tempoun eczema da contatto allergico.PMMA correttamente polimerizzato èinvece tossicologicamente sicuro.

Resine per protesi, come p.e.Microbase, in cui viene utilizzato comemonomero un dimetacrilato ad altopeso molecolare, non sono privi dimonomero, bensì soltanto privi diMMA. Monomeri a base di diacrilatonon sono sicuri dal tipo allergologico(Welker e Gebhardt, 1996). Tutte lecomponenti della resina ed additivi(p.e. perossidi di benzoile, ftalati,ammine aromatiche ed alifatiche,antiossidanti, ecc.) possono determi-nare una sensibilizzazione.

Il mezzo più efficiente contro eczemi da contatto allergico alle mani èl'evitare contatto cutaneo con il mono-mero (liquido ed impasto) nonchè unaottimale igiene cutanea.

Conclusione

PMMA, a parte alcuni pochi svan-taggi è un materiale eccellente per iltrattamento protesico in zona orale. Losvantagio maggiore dei materiali perprotesi su base PMMA consiste nel fattoche bisogna lavorare con la sostanzavolatile metilmetacrilato. Il contattocon questa sostanza è molto spiacevoleper l'operatore.

Per il ricercatore del materiale neiprossimi anni sarà una sfida sviluppareda un lato un sistema di materiale eco-nomico che semplifichi la realizza-zione di protesi, finora molto dispen-diosa e che dall'altro permetta l'utilizzodi sostanze innocue. Tuttavia deveessere mantenuto lo standard di PMMAaffermatosi in campo clinico, con i suoimolti vantaggi nella stabilità e le ecce-zionali proprietà meccaniche.

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REPORT

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Bibliografia

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Individualizzazione di denti artificiali

Konrad Hagenbuch Chimico

Possibili individualizzazioni

Il modo più semplice per creareuna individualizzazione è asportare lasuperficie dentale con fresa e lucidare.In tal caso si tratta di un adattamentofunzionale, che di regola comportasvantaggi estetici. Le vere individua-lizzazioni [1] asportano l'intero stratodi smalto fino al nucleo dentinale e loricostruiscono con materiale per pontie corone. Questi provvedimenti estesi

sono tuttavia molto dispendiosi in ter-mini di tempo e di costi. Le caratteriz-zazioni maggiormente utilizzate silimitano pertanto all'inserimento dicolorazioni fissurali, incrinature dellosmalto o completamenti nella zonaocclusale e cervicale. In protesi parziale,sia i completamenti che anche le modi-fiche cromatiche sono molto più diffusiche in protesi totale, poichè vi è unamaggiore necessità di adattamento alladentatura residua.

Materiali

Come già accennato nell'introdu-zione, i moderni compositi ed in parti-colare quelli fotoindurenti, special-mente per il loro confezionamento,sono molto indicati per i lavori di indi-vidualizzazione e completamente dicui abbiamo parlato. Tuttavia lo svi-luppo di materiali per denti prefabbri-cati ha preso un'altra direzione rispet-to ai sistemi di rivestimento estetico.Con l'immissione sul mercato di siste-mi di reticolazione di dimetacrilati apiù alto peso molecolare (Bis-GMA,

dimetacrilato di uretano, ecc.) e lapossibilità di rafforzarli anche con ele-vate parti di riempitivi inorganici, que-sta divaricazione dagli anni 70 è diven-tata sempre maggiore. Fatta eccezionedi pochi singoli tipi di denti micro-riempiti (p.e. Orthosit), la maggiorparte dei denti in resina vengono pro-dotti sulla base di PMMA modificato. Incontrapposizione i materiali per pontie corone a base di PMMA vengono lavo-rati ed impiegati ormai soltanto perprovvisori. Nelle seguenti tabelle, sonoelencati alcuni tipici materiali per pontie corone, nonchè materiali per denti.

L'aumento dei requisiti este-tici nei confronti delle protesimobili richiede una caratterizza-zione individuale dei denti inresina. Per questi lavori di com-pletamento e caratterizzazionesono indicati in modo ottimale imoderni materiali per ponti ecorone. Specialmente i set dicaratterizzazione fotoindurenti,di solito fluidi, stanno diventandosempre più popolari. Per i veri epropri lavori di completamentocome adattamenti occlusali,allungamenti cervicali, ecc., siutilizzano masse dentina e smaltoanch'esse fotoindurenti. Di regolanon vi è niente da obiettare aquesto procedimento finchè sitengono in considerazione leserie differenze nelle classi dimateriali dei denti prefabbricatie dei materiali di caratterizzazione,Queste differenze hanno conse-guenze sul legame e pertantoanche sulla longevità del lavoroottimizzato esteticamente. Illegame di questi diversi tipi dimateriale necessita di un condi-zionamento superficiale mirato.Qui di seguito entrerò più detta-gliatamente in merito alla proble-matica del legame, che per questitipi di lavori di individualizzazionee completamento sono determi-nanti per il successo o l'insuccesso.

Fig. 1 Esempio di una protesi caratterizzata

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Scelta del materiale

La vera e propria scelta del mate-riale per la caratterizzazione dipendedai seguenti punti:

● Quale tipo di materiale del dente sicaratterizza

● Quali materiali per rivestimentoestetico sono a disposizione

● Quali requisiti devono soddisfare lecaratterizzazioni o i completamenti

Oltre agli aspetti specifici delmateriale, i materiali da rivestimentoestetico si distinguono per il tipo dipolimerizzazione e nella lavorabilità.Le resine per rivestimento estetico abase di PMMA non riempite, devonoessere miscelate prima dell'applicazione,poichè sono disponibili come materialea due componenti. Ve ne sono a dispo-sizione sia nella variante a caldo che afreddo. Per un indurimento ottimale,privo di porosità, la polimerizzazionedovrebbe avvenire in pentola a pres-sione. Nell'utilizzo con indurimento acalore, i denti devono essere caratte-rizzati ed induriti prima dell'inseri-mento nella protesi, per evitare defor-mazioni della base protesica. Ciò valeanche per i compositi microriempiticon indurimento a calore. La maggiorparte dei materiali per rivestimentoestetico attualmente utilizzati sonodisponibili come variante monocompo-nente e sono fotoindurenti. I vantaggiconsistono nella veloce polimerizza-zione, nonchè la possibilità, di carat-terizzare i denti dopo la polimerizza-zione della protesi.

Negli assortimenti dei relativimateriali da rivestimento estetico, diregola sono contenute componenti dicaratterizzazione a colorazione intensa.Queste masse fluide presentano com-posizioni comparabili alle paste dentinae smalto, tuttavia con contenuto diriempitivo ridotto.

Tabella 1:

Tipici materiali per rivestimento estetico

Tipo di materiale Struttura Tipico esempio

Compositi microibrido Microriempito, CEROMER Targis Miniriempito

Compositi microriempiti Microriempiti Chromasit, Spectrasit

Resine non riempite PMMA Ivocron

Tabella 3:

Adesivo

Tipo di materiale Struttura Tipico esempio

Composito microriempito Microriempito < 15% Composiv

Tabella 2:

Tipici materiali per denti artificiali:

Tipo di materiale Struttura Tipico esempio

PMMA Matrice PMMA, SROrthotyp-PEreticolato Vivodent-PE

DCL (Double Cross-linked) PMMA modificato, SR Postaris, polimero e matrice SR Antarisreticolati

Isosit Dimetacrilato di uretano SR Orthosit PEcon riempitivo inorganico

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Aspetti fisici

Modulo di elasticitàNell'unione di componenti di

materiale il modulo di elasticità rappresenta un'importante misura diriferimento. Nella tabella 4 sono visibilii moduli di elasticità (Moduli E) dialcuni materiali per denti e per ponti ecorone. Questa costante del materialeci permette delle affermazioni sul com-portamento di tensione e di estensibi-lità dei singoli materiali. In tal caso ilmodulo di elasticità dei due materialida unire dovrebbe essere possibilmentevicino. Se questo non avviene, lungo lesuperfici di unione si arriva a dellepunte di tensione, che a loro volta pos-sono avere come conseguenza un pre-coce fallimento (frattura) delle super-fici di unione. Queste punte ditensione, rispettivamente stati di ten-sione si possono rappresentare con uninterferometro al laser (vedi fig. 2). Perottenere ugualmente un buon valore diadesione fra due materiali con modulidi elasticità molto differenti, è neces-sario interporre uno strato ammor-tizzante. Questo strato intermedio, peresempio un adesivo o Primer, deve scaricare le punte di tensione oppuredistribuirle omogeneamente. Questivengono applicati preferibilmentecome primo strato sulla parte da com-pletare.

Un esempio è Composiv dellaIvoclar. E' stato provvisto di uno speci-fico reticolante elastico, ad alto pesomolecolare, che permette una distribu-zione di tensione (ammortizzazione)fra dente e materiale per ponti e corone.

Il modulo E dell'adesivo in talcaso non è di importanza primaria,mentre invece fra i criteri derminantivi è piuttosto la plasticità e la buonareticolazione. Per assicurare una suffi-ciente capacità ammortizzante dell'adesivo è necessario uno spessoreminimo di 200 µm.

Nella tabella 5 è raffigurato l'in-flusso di questo adesivo sulla resisten-za di unione di diversi materiali perponti e corone e per denti, in base adesempi scelti.

Tabella 5:

Resistenza al taglio di materiali per ponti e corone e per denti scelti con e senzaadesivo

Adesivo Targis Spectrasit Chromasit IvocronSmalto Smalto Smalto hot

Vivodent-PE Con Composiv 23.1±3.4 15.2±2.4 14.1±1.6 20.6±6.4Senza Composiv 9.6±3 4.1±0.2 12.4±8.8 26.4±2.3

SR Orthosit Con Composiv 26.7±11.1 21.0±8.9 14.5±3.8 12.3±3.1Senza Composiv 8.7±1.5 0.9±0.4 11.5 17.1±7.0

SR Postaris Con Composiv 18.6±1.6 19.9±9.1 15.3±1.9 13.5±3.7Senza Composiv nessuna nessuna 11.4±6.1 48.9±7.4

adesione adesione

Tabella 4:

Modulo di elasticità materiali per ponti e corone e denti

Modulo E in MPa

Materiali per SR Orthotyp-PE 3000denti SR Postaris/SR Antaris 3300

SR Orthosit-PE 5100

SR Ivocron 3000Materiali per SR Spectrasit 2150ponti e corone SR Chromasit 2500

Targis Schneide 11000Targis Stains 3050

Adesivo Composiv 3400

Fig. 2.1: Abb. 2.2: Abb. 2.3:Targis su Orthotyp Targis su Orthotyp Targis su Orthosit senza adesivo con adesivo con adesivo

Dal grafico qui sopra si nota che le maggiori tensioni sono riconoscibili sul dente SR Orthotyp individualizzato con Targis smalto senza adesivo (fig. 2.1). La causa è data dalle eccessive differenze delmodulo di elasticità. L'impiego di un adesivo (fig. 2.2) riduce notevolmente le punte di tensione. Ladistribuzione più omogenea delle tenzioni viene data dalla variante con il dente SR Orthosit in combinazione con l'adesivo.

5 . 0 0 4 . 0 0 3 . 0 0 2 . 0 0 1 . 0 0 0 . 0 0 - 1 . 0 0 - 2 . 0 0 - 3 . 0 0 - 4 . 0 0 - 5 . 0 0

Fig. 2 Immagini di tensione 3D-ESPI. Stati di tensione ad un carico di 100N, evidenziati grazie all'interferometro al laser [6].

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Resistenza al taglio

La resistenza al taglio è stata rile-vata in base alla Norma ISO 10477 [ 7].

Condizionamento superficiale

La premessa per un legame buonoe duraturo è la corretta preparazionedella superficiale di substrato. A talescopo si dovrebbe creare possibilmenteuna superficie grande, priva di umi-dità, polvere e grassi. Una sabbiatura(Al2O3 ca. 150 µm, 1 bar pressione)con conseguente pulizia con aria com-pressa priva di olii è indicata allo scopo.Per prevenire successive contaminazio-ni, si dovrebbe cominciare con la stra-tificazione subito dopo la sabbiatura.

Umettamento e pre-rigonfiamento

Serie di test hanno dimostrato,che un'applicazione sulle superfici diunione irruvidite di monomero perprotesi ed un tempo di azione di 2–4minuti porta a risultati chiaramentemaggiori e più omogenei. Questi risul-tati sono stati confermati anche daPapazoglou e Vasilas in uno studio.L'applicazione di monomero crea unabuona pre-reticolazione della superfi-cie grazie al metimetacrilati ed ai reti-

colanti a breve concatenazione e fluidicontenuti nel monomero. Contempo-raneamente, nei 2–4 minuti di tempodi azione, il monomero reattivo pene-tra nello strato superiore irruvidito deldente. Grazie a questa pre-reticolazionee rigonfiamento la superficie del denteè più facilmente umettabile con com-ponenti ad alto peso molecolare in for-ma di pasta.

Presupposti per l'adesione

L'adesione si basa su legami chi-mici e/o fisici. Di norma, alla basedell'adesione vi sono tre fattori [5]:

● Il legame meccanico:Il fissaggio meccanico o ancoraggiosu superfici irruvidite in seguito apenetrazione dell'adesivo negliincavi. L'ancoraggio meccanico susuperfici completamente piattenon crea alcuna adesione.

● Il legame fisico:Le forze fisiche di attrazione e diassorbimento, che agiscono fra gliatomi in parte di natura diversa ele molecole delle superfici a con-tatto. Ciò è reso possibile grazie adun buon umettamento.

● Il legame chimico:Legami chimici che si creano fraatomi e molecole delle superficisovrapposte (forze di assorbomento)

Nel caso specifico della caratte-rizzazione di denti, l'adesione deimateriali da rivestimento estetico edadesivi verso il dente si può descriverepiù propriamente con l'ancoraggiomeccanico ed il legame fisico.

Questi meccanismi di adesionesono già stati ampiamente discussi inmolteplici Report Ivoclar [2,3] e pos-sono essere ivi riletti.

Rifinitura e lucidatura

Nella rifinitura e rispettivamentelucidatura dei denti caratterizzati, sideve considerare il fatto che i diversimateriali presentano anche differentiproprietà di rifinitura e lucidatura. Incaso di incauta rifinitura rispettiva-mente lucidatura, possono crearsi sca-lini sulle zone di legame, dovuti al dif-ferente asporto di materiale, chedanno l'impressione di un legameinsufficiente.

Conclusioni

Denti artificiali prefabbricatisono caratterizzabili e completabilicon materiali rivestimento esteticoindipendentemente dal tipo di mate-riale di cui sono realizzati, viene ri-spettato il corretto tipo di procedi-mento. Ciò presuppone che in caso dimateriali da rivestimento esteticomicroriempiti e microibridi venga uti-lizzato un adesivo. Materiali da rivesti-mento estetico bicomponenti su basePMMA non necessitano di adesivo. Lapre-reticolazione con un monomeroper protesi comporta un vantaggiodeterminante e dovrebbe quindi essereutilizzata in ogni caso.

Tabella 6:

Decorso schematico di individualizzazioni

Materiale da rivestimento estetico

Fasi di lavoro: Microibrido e PMMA non riempitomicroriempito

1. Rifinitura della superfici dentali sì sìdentali da caratterizzare

2. Sabbiatura con Al2O3 ca. 150 µm, 1 bar sì sì

3. Umettamento con monomero per sì sìprotesi, tempo di azione 2–4 minuti

4. Applicazione e polimerizzazione sì nodell'adesivo, spessore 200 µm

5. Applicazione del materiale da rivestimento sì sìestetico e polimerizzazione secondo indicazioni del produttore

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Bibliografia

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2. Ivoclar-Report Nr. 7

3. Ivoclar-Report Nr. 11

4. Papazoglou E, Vasilas Al; Shear bond Strengthsfor composite and autopolymerized acrylicresins bonded to acrylic resin denture teeth. JProsthet Dent 82 (1999) 573-578

5. E. Schindel-Bidinelli, Strukturesses Kleben undDichten; R. Hinterwaldner Verlag München

6. 3D-ESPI, Dr. Ettemeyer GmbH & Co. Neu-Ulm;Deutschland

7. EN ISO-Norm 10477: 1996/prA1: 1999

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L'interazione di luce e colore

lsaac Newton (1643 - 1727) scoprìper primo, che la luce bianca del sole èla fonte di tutti i colori, conducendolaattraverso un prisma. Il prisma suddi-vide la luce secondo diverse lunghezzed'onda, per cui si formano i noti colorispettrali dell'arcobaleno. Conducendoquesti colori spettrali attraverso unulteriore prisma, essi si ricompongonoin luce bianca. Prelevando dallospettro una determinata lunghezzad'onda (quota di colore), la luce rima-nente assume una tonalità cromaticadefinita.

La miscelazione cromatica additivasi basa sui colori primari blu, verde erosso. Miscelando la luce dei tre coloriprimari additivi si possono creare tuttii colori del nostro spettro, incluso ilbianco incolore.

Contrariamente alla miscelazionecromatica additiva, la miscelazionecromatica sottrattiva avviene toglien-do (sottrazione) determinate lunghezzed'onda. La luce penetra strati di colo-rante o pigmento, che agiscono da assor-bente, oppure riflettono. I colori dibase (colori primari) della miscela-zione cromatica sottrattiva, con i qualilavorano principalmente odontoiatri/odontotecnici, ma fra l'altro anche lestampanti, sono giallo, cyan, magentae nero. Miscelando i colori sottrattivi siottiene il nero.

Rimaniamo alla luce più naturale,la luce del sole. Essa irradia diverseonde elettromagnetiche (dalle ondeelettromagnetiche non ionizzanti, finoalle radiazioni gamma ricche di ener-gia) con una potenza di ca. 3,72 x 1026

Watt. In questo grande campo di radia-zioni, la luce visibile all'uomo è limitataad un campo relativamente piccolo dai380 nm ai 780 nm.

Nel campo inferiore ai 380 nm viè la fascia molto sottile e ricca di ener-gia delle radiazioni ultraviolette.

Questa si suddivide grossolana-mente in tre campi:

● Radiazioni UVA = 380–315 nm

● Radiazioni UVB = 315–280 nm

● Radiazioni UVC = 280–100 nm

Nella scala oltre i 780 nm abbiamoil grande campo delle radiazioni adinfrarossi.

Questo si divide in quattro campi:

● radiazione IR vicina = 780–3000 nm

● radiazione IR media = 3000–6000 nm

● radiazione IR lontana = 6000–15000 nm

● radiazione IR estrema = 15000–100000 nm

La luce ultravioletta, come anchequella infrarossa, non sono visibili perl'uomo.

Fattori influenti sulla visione dei colori

Certe componenti della luce ven-gono assorbite dagli oggetti, altre ven-gono riflesse. La luce rimanente che nerisulta, attraverso l'occhio esercita nelcervello una stimolazione cromatica.Così le cellule sensoriali, i cosidettizaffi e bastoncelli, che sono distribuitisulla retina sul retro dell'occhio per-cepiscono nero, bianco e colore. I circasei milioni di zaffi reagiscono alla com-posizione spettrale della luce. Essi cipermettono di vedere i colori e didistinguere le tonalità cromatiche fradi loro. Poichè però per il loro compitonecessitano di relativamente tantaluce, i colori possono essere visti sol-tanto a partire da una certa intensitàdi illuminazione. I zaffi si possono suddividere in tre gruppi: uno reagiscesoprattutto alla luce ad onde corte(blu), il secondo a onde medie (verde)ed il terzo ad onde lunghe (rossa),ognuno nel campo percepibile da 380 a780 nm.

I circa 120 milioni di zaffi sonoaltamente sensibili alla luce per la per-cezione umana e possono distingueresoltanto chiaro e scuro. Ciò significa,che al crepuscolo o al buio si vede prin-cipalmente attraverso i bastoncelli.Questo è il motivo per la visione ridottao completamente mancante dei colorial crepuscolo o al buio.

La posizione degli zaffi e deibastoncelli sulla retina influisce ilnostro giudizio cromatico. Al centrodella retina si trova la macchia gialla(Fovea), nella quale vi sono zaffi.Intorno a questa macchia si mescolanozaffi e bastoncelli, mentre il numerodegli zaffi diminuisce con l'aumentaredella distanza dal centro.

Per il giudizio cromatico di unoggetto è determinante la composizio-ne cromatica dello spettro della fontedi luce. Ciò significa, che se ad una luce"bianca" utilizzata per il giudizio cro-

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Colore e presa del colore

Michael Reis Chimico e colorista

Fig. 1Spettro

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matico manca un determinato camponello spettro, il campione non può ri-flettere questa lunghezza d'onda. Undente per esempio in caso di giallomancante nello spettro di luce non puòmostrare un punto di giallo (ciò valenaturalmente anche per qualsiasi altratonalità cromatica. Ciò dimostra, che ilcolore non è una caratteristica del cor-po (dente/corona), bensì che si formasoltanto attraverso la luce (spettro) adisposizione. Per questo motivo, unospettro definito e costante è partico-larmente importante.

Ma qui si riscontrano problemi.Già la stessa luce del sole presenta aseconda dell'ora un differente spettro.Poichè la luce del sole al mattino edalla sera percorre una via più lunga chenon a mezzogiorno, quando il sole èperpendicolare rispetto all'osservatore,a mezzogiorno la componente blu del-la luce è più elevata. Ne risulta quindiuna luce più "bianca". Il cielo appareblu, perchè alle molecole ed atomi

nell'atmosfera, la luce blu diffonde ca.10 volte più forte in tutte le direzionirispetto alla "rimanente luce rossa". Leparti ad onde corte prevalgono in que-sta "luce diffusa" rispetto alla luceincolore incidente direttamente dalsole. Questo effetto di diffusione dell'-atmosfera è dovuta in parte alla conta-minazione (particelle di polvere/aeresol) o ad un aumento di umiditàdell'aria. Ancora più complicato è ilcomportamento con la luce artificiale,che produce spettri molto differen-zianti. Pertanto in un laboratorio o inuno studio devono essere utilizzatespecifiche lampade da tavolo a lucediurna, con una temperatura cromaticadi ca. 5’500 gradi Kelvin (temperaturasuperficiale del sole = 6’000 gradiKelvin) ed una potenza di luce di 1200– 1500 Luc. Questa corrisponde all'in-circa alla luce diurna.

Attraverso i diversi spettri si ri-scontra un fenomeno, che può condur-re a problemi:

La metameria

Con metameria si intendono dueoggetti che sotto una luce definita(spettro), visivamente corrispondonofra di loro, ma che ad un cambio dellafonte di luce (spettro) però fanno rico-noscere evidenti differenze cromati-che. Il motivo di ciò è la differentequalità chimico-fisica dei pigmenti. Inpratica ciò determina problemi, quan-do un restauro dentale in ceramica ocomposito in condizioni di luceambientale date o definite visualmen-te viene adattato in modo ottimale al corrispondente naturale. Ad osserva-zione con luce diurna possono affiorarediscrepanze cromatiche più o menorilevanti.

Fig. 2a + 2bA mezzogiorno prevale la componente di luce blu, alla sera la componente rossa

Fig. 3a + 3bDifferenze di colore metamere fra "luce al neon" e "luce diurna"

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Anche le condizioni personaliquotidiane hanno un influsso da nonsottovalutare. In locali molto scuri omolto luminosi si crea un cosiddettocontrasto simultaneo, che si rafforzaulteriormente, se l'odontotecnico haun arredamento contrario rispettoall'odontoiatra. Ciò significa che in unlocale arredato di "scuro" un dente ouna corona viene sempre scelta piùscura rispetto che in un locale chiaro,bianco. Una corona su uno sfondobianco non sembra così chiara comeinvece su uno sfondo nero. Questo è daconsiderare anche nella presa del colorein bocca al paziente, poichè il cavoorale come sfondo è molto scuro.

La struttura superficiale dell'oggetto da giudicare (lucido, opaco,bagnato, asciutto) ha anch'essa unnotevole influsso sul suo colore.Questo arriva addirittura fino al puntoche specialisti possono influire o correggere l'aspetto cromatico di undente soltanto con una topografia.

L'opacità

Con opacità o torbidità si descrivela traslucenza rispettivamente traspa-renza di un oggetto. Anch'essa è unulteriore fattore determinante nelladeterminaizone cromatica. Nel casoideale si compone soltanto di pigmentibianchi diffondenti. La seguente suddivisione descrive valori limite correnti:

Materiali opachi sono per esem-pio metalli poichè lasciano penetrarela luce soltanto fino a ca. 0,1 mm.Materiali traslucenti sono per esempioquasi tutti i materiali dentali, poichèlasciano penetrare la luce fino a ca. 10 mm. Materiali trasparenti sonoacqua e vetro, poichè lasciano pene-trare la luce per più metri. L'opacità èdefinibile esclusivamente in relazionecon uno spessore/altezza campionedefinito. Ossia in caso di opacità fissadel materiale si può anche ottenereuna differente opacità utilizzandodiversi spessori.

Nel settore dentale l'opacità haun'importanza notevole, poichè quasi

tutti questi materiali possiedono unapiù o meno elevata traslucenza. I pro-dotti finiti, denti, corone, otturazioni,materiali per protesi, ecc. devono pre-sentare una certa traslucenza prede-terminata, per avvicinarsi nell'aspettoall'esempio naturale. Nella modernatecnica dentale ciò richiede unacostruzione in più strati di opacità dif-ferenti (concentrazione di mezzi intor-bidenti). La differente opacità di smal-to e dentina sul dente vitale è unfattore importante nella routine quo-tidiana, fattore purtroppo spesso tra-scurato. Questo è un fattore individua-le, che dipende tuttavia dall'età delpaziente. Persone giovani hanno dentimolto opachi ad alto contenuto di

minerali, mentre con l'andare deglianni i denti demineralizzano, ossia,hanno un aspetto più trasparente/vetroso, mettendo in evidenza maggiormente ogni colore contenutonel dente.

In pratica significa, che denti"trasparenti" con meno pigmenti colo-rati hanno un aspetto più saturo ri-spetto a denti opachi, nei quali l'effettocromatico, in seguito alla maggioreopacità viene notevolmente compro-messo.

Fig. 4 Definizione dell'opacità

Fig. 5 Diversa opacità

MEZZO TRASPARENTE

vetro trasparente

MEZZO TRASLUCENTE

Vetro opalino

MEZZO OPACO

metallo

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La fluorescenza

Un ulteriore, importante fattorein crescita è la fluorescenza. Essa siforma attraverso speciali pigmenti(terre rare, ecc.) che cedono immedia-tamente energie assorbite di luceultravioletta, (che può essere ancheluce visibile o luce IR) al campo visibile.

Questo effetto ha luogo anche aluce diurna, ma nella maggior parte deicasi viene coperto dalla luce solare piùforte (solo 1,5% dei raggi solari cheraggiungono la superficie terrestre sicompongono di luce ultravioletta).Particolarmente evidente è la fluore-scenza in lampade ultraviolette ricchedi energia, per esempio in discoteche.In tal caso materiali fluorescenti nonpresenti o troppo impiegati possonocreare spiacevoli sorprese. Poichè lamolteplicità dei denti naturali deter-mina anche l'emissione di fluorescenza,che dipende dal colore del nucleo deldente o della corona. In zona incisalela fluorescenza è praticamente inesi-stente, invece in zona dentinale è rela-tivamente alta e caratterizzante perl'intero dente. In zona cervicale la fluorescenza è accentuata al massimo,e viene inoltre influenzata ancoramaggiormente dalla gengiva. A causadella gengiva non fluorescente è pre-sente anche un valore di contrasto, cherafforza ulteriormente l'effetto bianco-blu luminoso.

L'opalescenza

L'opalescenza nei denti naturali siriscontra principalmente in zona incisale.Quasi ogni produttore utilizza materialiopalescenti in forma di pigmenti o di spe-ciali cristalli di vetro. La semplice formadi questo effetto ottico si basa soltantosul diverso effetto di diffusione si luce adonde lunghe (rossa) ed onde corte (blu).In denti o corone realizzati con l'utilizzodi materiali opalescenti con luce dall'altosi riscontra un bagliore azzurrognolo.Invece osservato con luce passante,appare rosso/arancione. La riproduzionedella forma reale dell'opalescenza è piùdifficile e molto dispendiosa. Si basa su interferenze, che in naturapossono essere osservate in forma accen-tuata nell'opale, nelle ali degli insetti onelle bolle di sapone. Questi oggetti iri-descenti in tanti colori ottengono il loroeffetto attraverso il riflesso di luce sullasuperficie di separazione di diversi straticontigui (strati di interferenza) o attra-verso diffrazione di reticoli ottici. Reticoliartificiali si producono con vetri specialinei quali si creano su di un millimetro più

di 500 scanalature. Nell'opale, piccolesfere di ossido di silicio in combinazionecon gocce d'acqua microscopiche, creanoun reticolo di cristalli.

L'effetto camaleontico

L'effetto camaleontico è auspica-bile, deve però essere considerato nellascelta del colore. Con questa variantedi giochi di luce si intende la caratte-ristica della determinazione cromaticadi denti contigui o corone. Questofenomeno si verifica principalmente inmateriali relativamente trasparenti. Incasi dubbi, è necessario scegliere semprela tonalità cromatica, la cui saturazionecromatica (croma) è minore ed il cuivalore cromatico è maggiore, ottenendoin tal modo un restauro estetico.

I professionisti approfittano diquesto effetto e creano passaggi versoi denti contigui esteticamente belli eperfetti.

Fig. 7a + 7bOpalescenza dei vetri

Fig. 8a + 8bSezione di un dente naturale con smalto opalescente

Fig. 6Diversa fluorescenza alla luce UV

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Misurazione cromatica/apparecchi per la misurazione cromatica

Per fornire all'odontoiatra edall'odontotecnico materiali ben impie-gabili, di effetto naturale in qualitàcostante, il produttore oltre che dell'apparenza deve servirsi anche dellacolorimetria. L'occhio è in grado didistinguere fino a 10 milioni di tona-lità cromatiche, ma non è in grado diriprodurre colori dalla memoria.Inoltre è difficile trovare esatte deno-minazioni, perchè la percezione delcolore è sempre soggettiva.

Oppure siete in grado di comuni-care di primo acchito al vostro vicino lavostra percezione di verde abete o ros-so carminio? Per questo motivo ènecessaria la colorimetria, un collega-mento fra le proprietà fisiologiche e latecnica di misurazione cromatica.Nella tecnica di misurazione cromaticavengono utilizzati due tipi di appa-recchiature, che eseguono misurazionicomparative fra lo standard cromaticoed il campione.

Gli apparecchi di misurazione atre campi o tre filtri sottostanno alseguente principio: una fonte di luce anorma (D65/A) crea la luce necessariaalla misurazione. Questa viene suddivi-sa nei colori primari attraverso uno opiù gruppi di filtri. In apparecchiaturepiù moderne una luce bianca vienediretta (di solito luce Xenon) sul cam-

pione e determinata la "luce restante".Il vantaggio di queste apparecchiatureè il prezzo relativamente economico ela loro precisione relativamente alta incaso di misurazione di differenze cro-matiche. I risultati di misurazionegeneralmente vengono rilevati in formadi " valori L*a*b*" secondo il sistemaCieLab. La riproducibilità a lungo ter-mine è minore rispetto ai colorimetrispettrali. Grazie alle sue dimensioniridotte è impiegabile quasi dappertutto.

Colorimetro spettrale o fotometrosono apparecchi che lavorano con pro-cedure spettrali. Il loro elemento baseè una fonte di luce, il monocromator ediodenarrays, Luce bianca viene suddi-visa in colori spettrali nel monochro-mator oppure mediante filtri appositi.Si rileva quindi la luce restante. Il van-taggio di questi apparecchi è la crea-zione di una curva di remissione, attra-verso cui è possibile rendere visibile inun diagramma l'assorbimento (effettocromatico) dell'intero o parzialespettro. Inoltre questi apparecchigarantiscono una riproducibilità a lungotermine. Il prezzo di questi apparecchidi regola tuttavia è notevolmente piùelevato rispetto agli apparecchi dimisurazione a tre campi, inoltre questiapparecchi nella maggior parte dei casisono a stazione fissa. Entrambi i tipi diapparecchi funzionano molto bene incaso di uso specifico. Quasi tutti gliapparecchi di misurazione cromaticasono o di tipo di misurazione di assor-bimento o di misurazione di tra-

smissione. Cioè, le misurazioni croma-tiche possono funzionare soltanto se leproprietà fisiche dei materiali sono omolto opache o molto trasparenti, ri-spettivamente colorate o incolori. Lastruttura dei campioni prova deveessere omogenea e la superficie damisurare assolutamente piatta e liscia,onde ottenere risultati seri. La dittaIvoclar sta' sviluppando un sistema dimisurazione che comprende contem-poraneamente entrambi i fenomeniottici, assorbimento e traslucenza. Conquesto principio possono essere rilevaticolorimetricamente materiali traslu-centi, se sono omogenei. In tal modopossono essere finalmente offerti alcliente prodotti con proprietà ottichecostanti. Negli ultimi tempi, sono statispesso eseguiti tentativi di rilevare ilcolore dei denti e delle corone mediante"apparecchi di misurazione del coloredentale"; ma sono ancora ai primordi.Vale tuttora: l'occhio rimane il metro dimisura.

In conclusione di questa breveescursione nella tecnica di misurazionecromatica si può affermare che unapparecchio di misurazione cromaticaimpiegato in maniera sensata unita-mente ad un efficace controllo iniziale,intermedio e finale offre al cliente unacostante qualità nel colore, opacità efluorescenza.

Fig. 9a + 9bCIE L*a*b*

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La scelta del colore sulpaziente

Poichè le conoscenze dalla fisicanella determinazione cromatica sulpaziente, non sempre possono esseremesse in pratica direttamente e d'altrocanto si richiede un manufatto prote-sico di effetto naturale, sono necessaricompromessi. Una presa del coloreottimale sul paziente presuppone lacorrispondenza delle ideali condizionioperative nello studio dentistico ed inlaboratorio. I punti possono essere iseguenti:

● Possibilmente luce a nord, ma peresempio un bosco scuro davanti allafinestra come contrasto ha uneffetto svantaggioso.

● Requisito indispensabile per la va-lutazione ottica è un'illuminazionea norma in forma di lampada a lucediurna (D65, Daylight, TrueLightetc.).

● Sul posto di lavoro la temperaturacromatica dovrebbe essere di 5’000–5’500 gradi Kelvin e la potenza diilluminazione 1200–1500 Lux. Conrelativi tubi a luce diurna di 200Watt ad un'altezza di ca. 2,8 m siillumina un posto di lavoro di ca. 5 m2 soddisfacendo all'incirca que-sti requisiti.

● La colorazione di un ambiente spe-cifico per la determinazione cro-matica o almeno lo sfondo dovreb-be essere, se possibile, in coloreneutro (grigio chiaro/Munsell 4–7)

● Nell'ambiente previsto per la deter-minazione cromatica non devonoesservi oggetti di colore vivace(tende, piante, quadri, ecc.).E'importante che queste condizioniconcordino sia sul posto di lavorodell'odontotecnico che dell'odon-toiatra.

● I denti naturali durante il tratta-mento si asciugano ed hanno quindiun aspetto molto più opaco (bian-co). Pertanto è necessario determi-nare il colore al paziente veloce-mente oppure umettare di tanto intanto con saliva.

● Gli occhi dell'osservatore si stancanomolto rapidamente. Cioè il coloredovrebbe essere preso al primosguardo, cosa che in pratica spessoavviene in modo inconsapevole.

● Con la Chromascop si determinaprima il colore dentinale di base. Ilgruppo cromatico così scelto vieneprelevato dalla base della scalacolori. Con questo gruppo cromati-co si determina il colore del pa-ziente. Anche in tal caso di dov-rebbe inumidire il relativo dentedella scala colori (effetto lucentezza).Una scala colori può rappresentaresolo un accostamento rispetto aldente naturale. Se il colore rilevatonon è sufficientemente identico alcolore della scala colori o se è fradue colori della scala, il colorescelto dovrebbe essere quello conla minore saturazione di giallo. Intal modo è possibile eseguire piùfacilmente le correzioni cromati-

che desiderate che non al contra-rio. Per la caratterizzazione siimpiegano cosiddetti campionarimasse, con i quali si possono deter-minare senza problemi decolora-zioni dello smalto, incrinature del-lo smalto, macchie di calcio, ecc.

● In una protesi parziale vengonosempre presi come esempio i denticontigui vitali.

● Per la protesi totale la scelta cro-matica non è necessaria, in quantomancano punti di riferimento informa di denti naturali ancora pre-senti. Se possibile, il colore dovrebbeessere giudicato in base ai dentipresenti, prima dell'estrazione.Altrimenti è necessario considerarel'età del paziente (vedi opacità). Sesi lascia la determinazione croma-tica al paziente, spesso vengonoscelti colori troppo bianchi.

Con queste conoscenze e conlavori eseguiti professionalmente sirealizzano soluzioni protesiche, che siavvicinano notevolmente all'esempiodella natura.

Fig. 10aStudio dentistico con componenti cromatiche di notevole disturbo

Fig. 10bStudio dentistico moderno di colorazione neutra

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Bibliografia

1. Frieling Heinrich; Farbe im Raum. AngewandteFarbenpsychologie. Callwey Verlag, München 1974

2. Goethe Johann Wolfgang; Texte zur Farbenlehre.Herausgegeben und kommentiert von Johannes PawlikDuMont Buchverlag, Köln 1988

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4. Leitgeb Norbert; Strahlen, Wellen, Felder. Thieme, Wissenschaft für den Alltag

5. Mariu M.; Color of the tooth Crown.J.JPN Stomatol. Soc. 1963; 35:412

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8. Reis Michael; Kommunikation mit Farbe.Dental Magazin 1/93 Kennziffer 017

9. Richter Manfred; Einführung in die Farbmetrik.Verlag de Gruyter, Berlin und New York, 1980

10.Zwimpfer Moritz; Farbe, Licht, Sehen,Empfinden. Verlag Paul Haupt, Bern und Stuttgart, 1985

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Articolazione mandibolareed occlusione

I muscoli, guidati e controllatidal sistema nervoso centrale, muovonoil mascellare inferiore, con l'assunzionedi cibo, parlando, deglutendo (questoper oltre 2000 volte al giorno) ed inpresenza di parafunzioni. La formadelle articolazioni mandibolari1 el'occlusione sono calibrate sui movi-menti del mascellare inferiore nelsistema masticatorio stomatognatico.L'occlusione dovrebbe inserirsi armoni-camente in questa unità senza distur-barla, p. es. con precontatti. Contem-poraneamente deve fungere dasupporto tramite contatti di centrica,onde mantenere la dimensione vertica-le ed evitare movimenti di ribaltamen-to. E' comunque importante una cor-retta e specifica centrica con leseguenti caratteristiche:

● coordinamento con entrambe learticolazioni mandibolari

● considerazione della dimensioneverticale

● contatti uniformi su tutti i denti,eventualmente soltanto nellazona posteriore

● supportata fino al primo molare,eventuali eccezioni nella zona diestremità libera

● senza guida estrema in centrica,p.e. mediante spazi2 intercoronali

● eccentrica equilibrata, occlusionedinamica

● rispetto dei requisiti fonetici edestetici

Conclusione:in fase di escursione del mascel-

lare inferiore3 i denti non devonoimpedire i decorsi di movimento,devono tuttavia soddisfare una funzio-ne di supporto. In particolar modo inprotesi totale, si auspicano contattibilancianti e lavoranti possibilmente

uniformi e limitati a tutti o ridotti a seconda del concetto di mon-taggio4,5,6,7 onde ottenere una pressio-ne uniforme della protesi sulla suabase. In tal modo si ottengono sovrac-carichi locali del tessuto sottostante laprotesi8,9 e contemporaneamente unastabilizzazione della posizione dellariabilitazione protesica. In ogni tratta-mento protesico è altresì importante laprotezione dell'intero apparato masti-catorio da influssi traumatici, comeanche il ripristino dell'estetica, foneti-ca e funzione. Pertanto è da dedicareparticolare attenzione al trattamentopreprotesico.

Nel manuale11 del sistema prote-sico biofunzionale (BPS) si cita esplici-tamente l'importanza della coordina-zione biomeccanica e biodinamica deidue partner funzionali articolazionemandibolare ed occlusione della prote-si. Inoltre questa tematica vieneaffrontata nel Report Nr. 112 sullo sviluppo dei denti Antaris e Postaris.

Relazione centrica (CentricRelation) – definizione epossibilità

Nella cerchia degli esperti di odontoia-tria ed odontotecnica si afferma sem-pre più la definizione di "centrica"12,13,secondo la quale i condili nelle fossearticolari devono assumere una posi-zione "priva di pressione, possibilmen-te centrata". Il grafico accanto (fig. 1)secondo Prof. Gerber14, illustra il prin-cipio di una centrica di intercuspida-zione ed articolazione mandibolarecoordinata. Ulteriori definizionidescritte nella letteratura secondoGysi15, Lauritzen16, Strack17, Hanau18,Palla19, Slavicek20, Mack21, ecc. sonopiù o meno congrue. Le vie, i provve-dimenti e le possibilità descritte sonomolteplici e spesso divergenti, seguonotuttavia lo stesso obiettivo nella deter-minazione della posizione occlusale.

Montaggio denti nello Stratos 200

Hans Peter FoserMastro Odontotecnico

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

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I modelli di lavoro dei mascellariedentuli di regola sono realizzati inbase ad impronte funzionali. Conmodelli edentuli non è possibile defi-nire la posizione del mascellare infe-riore rispetto al superiore senza mate-riali ausiliari o apparecchi. Laposizione nella maggior parte dei casiviene determinata con una registrazio-ne occlusale22 in cera, in resina (fig. 2)oppure con una registrazione intraora-le23 (fig. 3). Un'eccezione vantaggiosaper la determinazione della posizioneverticale, inclusa una quasi definitivadeterminazione della relazione mandi-bolare è offerta dalla presa d'improntaa bocca chiusa11 (fig. 4) della Ivoclar.In tal caso viene determinata l`altezzaocclusale, denominata anche relazioneverticale, che considera principalmen-te i requisiti estetici, come anche laposizione occlusale, denominata rela-zione orizzontale che definisce la posi-zione dei mascellari fra di loro. Inoltrerisulta sensata un'analisi articolare edocclusale strumentale mediante sem-plice determinazione dell'inclinazionedei piani condilari secondo Gerber12

oppure una assiografia, pantografia ostereografia25. Moderne metodiche diregistrazione come il Condylocomp26

secondo Prof. Kordass, rappresentanouna nuova sfida nella terapia di tratta-mento innovativa.

BPS – Montaggio dentinello Stratos 200

Per il posizionamento dei modellia valore medio ad orientamento cranicoo articolare, di regola viene utilizzatoun articolatore, in questo caso loStratos 200. Prima del montaggio delmodello, l'apparecchio viene calibratosulla cosiddetta posizione zero. Imodelli devono assolutamente esserepreparati in modo tale che dopo il loroprelievo per la prova e polimerizzazio-ne, sia possibile un esatto e semplicerimontaggio27 (p.e. rettifica, riocclu-sione, ecc.).

L'analisi dei modelli11 edentuli sibasa sullo studio di dati genetici comela papilla incisale, la linea mediana, laprima grande ruga palatale e la demar-cazione delle cosiddette linie della cre-sta alveolare. Questi fattori sonoimportanti componenti di un montag-gio denti biogeno, funzionalmentecorretto e stabile nella masticazione.Le allegate immagini illustrano faseper fase la procedura di montaggio diuna protesi totale superiore ed infe-riore secondo il sistema BPS con dentiSR Antaris ed SR Postaris nell'articola-tore Stratos 200 (Fig. 5).

Fig. 5

Fig. 5a

Fig. 5b

Fig. 6La posizione dei centrali superiori è data comelinea mediana dal rafe palatino mediano e comeposizione dal riferimento della metà della papillaretroincisiva.

Fig. 7Nella masticazione normale la Skyline vestibolaredei centrali superiori decorre in direzione assialenel fornice del mascellare inferiore

Fig. 8Controllo strumentale della simmetria bilaterale

Fig. 9Montaggio dei due laterali superiori.

Vite di protrusivaCon la vite di protrusiva è possibile effettuare unospostamento dalla centrica in direzione protrusiva.

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Riocclusione e rettifica

Innanzitutto è necessario deter-gere accuratamente tutte le piastre pergessatura, la loro superficie di appoggio allo Stratos 200 e le super-fici di passaggio.

A causa della formazione di unostrato, gli adesivi per il fissaggio deimodelli allo zoccolo per gessatura osuccessivamente allo zoccolo magneti-co, sono imprecisi e pertanto inutilizz-abili. Pertanto è da preferire il fis-saggio dei modelli dopo lapolimerizzazione con nastro adesivooppure con gesso per impronta. Laseguente tecnica di rettifica si orientaad un montaggio denti con masticazio-ne normale con denti SR Antaris ed SRPostaris28 analogamente al BPS nell'ar-ticolatore Stratos 200.

Rettifica della centrica (massima intercuspidazione)1. Premere verso l'alto i due blocchi di

centrica dello Stratos 200 ed allen-tare le viti di fissaggio.

2. Porre l'asta verticale fuori contattoo smontarla.

3. Posizionare nastro colorato largo ofoglio Hanell (p.e. rosso) sull'arcatainferiore e marcare i contatti pri-mari chiudendo cautamente loStratos 200.

4. Rettificare tutti i precontattisecondo il principio della natura,mediante rettifica con strumentiidonei p.e. frese per metalli duri opietre fini. Ripetere le fasi 3 e 4finchè si ottiene un'uniformemasticazione finale delle arcate.

5. Staccare eventuali denti in sovra oinfraocclusione e ripolimerizzarlinel materiale per protesi.

Rettifica del movimento diprotrusione1. Tirare verso il basso entrambi i

blocchi di centrica e liberare ilmovimento di protrusione (Fig. 5b).

2. Nello Stratos 200 si possono selezio-nare ed inserire diversi piani condi-lari di protrusione.

3. Applicare nastro colorato o foglioHanell (p.e. nero) sull'arcata den-tale e chiudere l'articolatore. Po-sizionare i due pollici sulle crestecondilari e spingere indietro la partesuperiore dello Stratos.

4. Regola: DA/ML cioè piano inclinato cuspidaledisto-vestibolare (taglio) nell'ar-cata superiore = distal upperpiano inclinato cuspidale mesio-vestibolare (stampo) nell'arcatainferiore = mesial lower

Da osservare: a) Eseguire l'intero procedimento

del controllo e della rettificasempre senza asta verticale

b) Nella rettifica dei movimenti dilateralità, non ritoccare glistops di centrica (contatti).Pertanto usare fogli occlusalicolorati diversamente dallacentrica.

Rettifica del movimento lateralediagonale (medio e laterotrusione)1. Entrambi i blocchi di centrica

rimangono sganciati. Gli inserti diBennett specifici sono già montati.

2. Lasciare vecchi contatti dei movi-menti di centrica e protrusionesulle arcate dentali. In tal modorisulta un controllo ottico del cam-pione funzionale.

3. Applicare a destra un nastro colo-rato o foglio Hanell (p.e. blu) per ilmovimento di lateralità e chiuderel'articolatore.

4. Appoggiare i pollici sulla crestacondilare ed eseguire movimentidal centro al lato. Non bloccare inalcun caso l'altra parte di snodo inposizione centrica.

Fig. 10Si consideri inoltre la curvatura vestibolare nonchèla distanza interincisale dei denti 21 e 22...

Fig. 11... anche in visione frontale

Fig. 12Il posizionamento dei canini avviene analogamenteall'orientamento della prima grande piega palatinadella mascella superiore

Fig. 13L'asse dei canini, le dimensioni, il rapporto con icentrali nonchè la sua posizione più o menodominante sono importanti...

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5. Regola: laterotrusione (lato lavorante) vestibolarmentesopra/lingualmente sottopendio cuspidale mesio-vestibolare(taglio) nell'arcata superiore =vestibolarmente sopra (MU)piano inclinato cuspidale linguale(taglio) nell'arcata inferiore = lin-gualmente sotto (LL).Mediotrusione (lato bilanciante)arcata inferiore = vestibolarmentesopraCuspidi vestibolari nell'arcata infe-riore = vestibolarmente sotto

Da osservare:a) Inserti troppo ripidi mettono i

denti fuori contatto sul latolavorante (overbalance)

b) Correzione dell'overbalance:scegliere inserti più piatti ed incaso di montaggio con mastica-zione normale rettificare soltan-to i denti inferiori.

c) Eccezione: in caso di montaggiocon masticazione incrociatadevono essere rettificate par-zialmente le cuspidi palatalisuperiori.

d) A seconda del bilanciamento agruppi o totale è necessarioottenere un decorso dei movi-menti privo di impedimenti conuna centrica definita. Nei dentiSR Postaris è già integrato favore-volmente un certo Free-Way.

6. Movimento laterale a sinistra,appoggiare nastro colorato o foglioHanell (p.e. verde) ed eseguirecome per la lateralità destra.

Fig. 14...oltre all'armonia proporzionale dell'arcofrontale. Il controllo strumentale di supporto ènotevolmente di aiuto.

Fig. 15Nella mascella inferiore si inizia con l'orientamentodei canini verso gli anteriori superiori

Fig. 18Il posizionamento del 1. premolare si orientaassialmente al canino, facendo attenzione chenon si crei un gradino nella linea di fugaocclusale.

Fig. 19Visto dal punto occlusale, il primo premolare èsulla mascella, e la fessura centrale è posizionatasopra alla cresta alveolare

Fig. 20Con l'aiuto della calotta si apporta automatica-mente nella riabilitazione la curva di Spee e lacurva di Wilson.

Fig. 21Il supporto strumentale con la cosiddetta calotta(matrice di montaggio) permette un montaggiobilaterale.

Fig. 22Tutti gli altri premolari e molari vengono montatisecondo il manuale BPS.

Fig. 16Nel caso normale, si ricerca una infraocclusioneverticale

Fig. 17In tal modo la posizione dei canini inferiori siorienta secondo la cresta e la sovraocclusioneverticale degli anteriori superiori è di ca. 2 mm.

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Rettifica del movimento discorrimento dalla centrica allato posteriore (movimento diretrusione)1. In fase di deglutizione il mascellare

inferiore si muove in una posizionedi retrusione. In questo caso i con-dili scorrono sullo zenit dellecavità glenoidee verso il basso edorsalmente.

2. Allentare il fissaggio di centricasullo Stratos 200, eventualmente,a seconda dell'impiego dei condili,rimuoverlo completamente, appli-care il nastro colorato o il foglioHanell (p.es. nero) sull'arcata den-tale inferiore.

3. Tirare verso di se' la parte superioredell'articolatore dallo zoccolo permodelli.

4. Rettifica di un piano di scorrimen-to posteriore privo di impedimentisu una distanza di ca. 1,5 – 2,5mm. Rettificare il movimento diretrusione in modo ottimale secon-do la regola mesialmentesopra/distalmente sotto (MU/DL),rettificando mesialmente nell'arca-ta superiore ed equilibrando distal-mente nell'arcata inferiore.

5. Regola: mesialmente sopra/distalmentesotto MU/DLCuspidi mesio-vestibolari (taglio)nell'arcata superiore = mesialmentesopraCuspidi disto-vestibolari (stampo)nell'arcata inferiore = distalmentesotto

Fig. 23Il montaggio del secondo molare inferiore deveessere deciso a seconda della situazione, tuttavianon è obbligatorio

Fig. 27In caso di forme dentali scelte di dimensioniproporzionalmente corrette, nel settore anteriore eposteriore è raggiungibile una chisura prossimaleideale.

Fig. 28Controllo linguale

Fig. 24Il controllo occlusale sul quadrante 4.Per motivi estetici, singoli denti possono essererivolti anche assialmente. E' tuttavia necessariorispettare la linea di Pound.

Fig. 29Contatti di intercuspidazione ideali

Fig. 25Nella mascella superiore si parte con il primomolare. In tal senso, volendo, si può effettuare ilmontaggio dei denti secondo il concetto diocclusione selettiva.

Fig. 26Segue il montaggio in direzione mesiale, cioè del1. e 2. premolare.

linea di Pound

4-er

5-er

6-er+7-er

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Lucidatura della superficieocclusale rettificata

Protesi totali che impedisconouna occlusione polivalente17 in seguitoad una rigida intercuspidazione oppurea iperfunzioni, accelerano il degradodelle creste alveolari ossee e perdonoprematuramente la buona tenuta.

Per la lucidatura delle superficiocclusali dinamiche e "tolleranti aimovimenti" si utilizza pasta pomicefine, miscelata con glicerina oppuredentifricio. In tal caso fare attenzioneal materiale per protesi. I movimenti direttifica e di lucidatura sono da ese-guire in piccole escursioni ruotando insenso orario ed antiorario. Un'accuratalucidatura dell'intera protesi e diseguito una detersione con ultrasuonied acqua saponata terminano la fasetecnica di questo lavoro. Le protesinon dovrebbero asciugarsi.

Ricontrollo dell'occlusioneIl ricontrollo dell'occlusione in

protesi totali può avere esiti molto differenti. Sono noti cosiddetti distur-bi di posizione quali decubiti, irrita-zioni della mucosa, morso della guancia. Se il paziente lamenta unascarsa tenuta oppure dolori articolarila causa spesso è da ricercarsi nell'in-stabilità masticatoria e nell'iperfunzio-ne. La via da percorrere per correggereil deficit della protesi tuttavia dipendesempre dalla diagnosi. E' necessariacomunque una buona motivazione econdizione del paziente, nonchè unaprofonda conoscenza ed esperienzadell'operatore ed odontotecnico.

Fig. 30Montaggio degli incisivi centrali inferiori con una sovraocclusione di ca 2 mm...

Fig. 31...e completamento con i laterali inferiori.

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Edizioni del “Report” Ivoclar Vivadent finora pubblicate

Report Nr. 1 (März 1984) *

G. BehamDentinhaftung von Kunststoff-Füllungsmaterial

Report Nr. 2 (Mai 1985) *

Dr. V. Rheinberger und G. BehamKlebebrücken – neue Möglichkeitender prothetischen Versorgung

Report Nr. 3 (Mai 1986) *

P. WollwageVerblendwerkstoffe für Kronen undBrücken

Report Nr. 4 (Dezember 1987) *

Dr. P. DorschNorm-Vorlagen für metallkeramischeRestaurationen

Report Nr. 5 (Januar 1990)

G. OttAufbau und Entwicklung derComposite-Füllungsmaterialien

Report Nr. 6 (September 1990) *

G. BehamIPS Empress: Eine neue Keramik-Technologie

Report Nr. 7 (November 1992)

Dr. U. SalzDer gefüllte Zahn – Ein komplexes Verbundsystem

Report Nr. 8 (Januar 1993)

G. Zanghellini, D. VoserEigenschaften vonVerblendkunststoffen

Report Nr. 9 (März 1993)

R. GrünenfelderNeue Möglichkeiten im Bereich derbiogenen Prothetik

Report Nr. 10 (Juli 1994)

Prof. Dr. W. Höland, Dipl. Ing. M. Frank,Dr. rer. nat. U. Salz,Dr. med. dent. G. UnterbrinkEmpress: Werkstoffwissenschaft undKlinik

Report Nr. 11 (Januar 1997)

K. HagenbuchH. P. FoserKünstliche Zähne – Eine Symbiose ausMaterial, Anatomie und Wissenschaft

Report Nr. 12 (Dezember 1998)

Prof. Dr. W. HölandDr. med. dent. S. D. HeintzeIPS Empress 2: Die Vollkeramik-Brücke und mehr ...

* esaurito

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