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1 Associazione Culturale LUPA per l’archeologia e l’arte antica Roma - Via Lorenzo Ghiberti, 25 06 5741974 LA RELIGIONE ROMANA Gli dei e le feste del calendario IL CALENDARIO ROMANO Secondo la tradizione romana, prima della riforma dei re Numa Pompilio, il cui regno è tradizionalmente posto tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo a.C., la misurazione del tempo - basata su un sistema che teneva conto sia della posizione del Sole che, delle fasi della luna (lunazioni) - prevedeva un anno diviso soltanto in dieci mesi. Il ricordo di questo sistema primitivo è conservato ancora nel nome dei mesi di Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre, che attualmente occupano il nono, decimo, undicesimo e dodicesimo posto del calendario. Allo scopo di far coincidere l’anno civile con l’anno solare, re Numa compose un calendario con dodici mesi, che si susseguivano in questo modo: Januarius (che prendeva nome da Giano), Februarius (mese sacro a Plutone), Martius (da Marte), Aprilis (sacro ad Apollo), Majus (sacro a Giove), Junius (da Giunone), e poi Quintilis , Sextilis , September , October , November e December che conservavano i nomi derivati dalla primitiva divisione. Ma a causa di un imperfetto computo dei giorni, nel 47 a.C., all’epoca della riforma voluta da Giulio Cesare, si era determinato uno scarto di tre mesi tra il calendario e il Sole. Fu allora necessario introdurre 89 giorni, stabilendo per quell’anno una durata eccezionale di ben 444 giorni. Furono inoltre cambiati i nomi del settimo mese (Quintilis) e dell'ottavo (Sextilis), che presero rispettivamente i nomi di Giulio Cesare (Iulius: Luglio) e da Augusto (Augustus: Agosto). Gli stessi mesi erano poi divisi in frazioni di lunghezza variabile denominate calende, Nonae e Idus, che occupavano la parte iniziale, centrale e finale del mese. I giorni venivano indicati in serie calante, cioè secondo un computo inverso a quello moderno. Altra divisione era quella delle Nundinae, cieli di otto giorni indicati con le lettere dell’alfabeto, adottati per stabilire le date in cui si tenevano i mercati. Ogni singolo giorno era poi contrassegnato con alcune abbreviazioni (F, fasti; N: nefasti; C: comiziali; ecc.) che ne indicavano le caratteristiche specifiche, allo scopo di informare i cittadini su che tipo di attività (giudiziaria, religiosa, economica) vi si poteva svolgere. Le festività maggiori, che potevano ricorrere una o più volte l’anno e in mesi diversi, erano infine riportate sui calendari pubblici a grandi lettere. Attorno al II d.C., forse in seguito ad un uso popolare proveniente dal mondo ebraico, fu introdotta la settimana di tipo moderno, nella quale i giorni erano indicati con i nomi dei pianeti allora conosciuti. GENNAIO Il calendario romano si apriva con le calende di gennaio, considerate come il periodo più importante dell’anno dal punto di vista religioso. Il primo del mese entravano in carica i consoli che come iniziale atto di governo celebravano un solenne sacrificio a Giove Ottimo Massimo in Campidoglio. Gennaio era il mese sacro a Giano, antica divinità di origine latina, priva di riscontro nell'ambito greco. Giano era l'entità che impersonava lo spirito della soglia, protettore di ogni ingresso e di ogni inizio; lume tutelare dell'uscio di casa come degli ingressi della città. Cosi era chiamato Gianicolo il colle situato al di là del Tevere, alla frontiera della Roma arcaica, primo avamposto verso il territorio etrusco. Nel duplice aspetto di entità che apre e chiude, Giano era anche il protettore delle partenze e dei ritorni.

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Associazione Culturale

LUPA per l’archeologia e l’arte antica

Roma - Via Lorenzo Ghiberti, 25

06 5741974

LA RELIGIONE ROMANA Gli dei e le feste del calendario

IL CALENDARIO ROMANO Secondo la tradizione romana, prima

della riforma dei re Numa Pompilio, il cui regno è tradizionalmente posto tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo a.C., la misurazione del tempo - basata su un sistema che teneva conto sia della posizione del Sole che, delle fasi della luna (lunazioni) - prevedeva un anno diviso soltanto in dieci mesi. Il ricordo di questo sistema primitivo è conservato ancora nel nome dei mesi di Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre, che attualmente occupano il nono, decimo, undicesimo e dodicesimo posto del calendario.

Allo scopo di far coincidere l’anno civile

con l’anno solare, re Numa compose un calendario con dodici mesi, che si susseguivano in questo modo: Januarius (che prendeva nome da Giano), Februarius (mese sacro a Plutone), Martius (da Marte), Aprilis (sacro ad Apollo), Majus (sacro a Giove), Junius (da Giunone), e poi Quintilis, Sextilis , September, October, November e December che conservavano i nomi derivati dalla primitiva divisione.

Ma a causa di un imperfetto computo dei

giorni, nel 47 a.C., all’epoca della riforma voluta da Giulio Cesare, si era determinato uno scarto di tre mesi tra il calendario e il Sole. Fu allora necessario introdurre 89 giorni, stabilendo per quell’anno una durata eccezionale di ben 444 giorni.

Furono inoltre cambiati i nomi del

settimo mese (Quintilis) e dell'ottavo (Sextilis), che presero rispettivamente i nomi di Giulio Cesare (Iulius: Luglio) e da Augusto (Augustus: Agosto). Gli stessi mesi erano poi divisi in frazioni di lunghezza variabile denominate calende, Nonae e Idus, che occupavano la parte iniziale, centrale e finale del mese. I giorni venivano indicati in serie calante, cioè secondo un computo inverso a quello moderno.

Altra divisione era quella delle

Nundinae, cieli di otto giorni indicati con le lettere dell’alfabeto, adottati per stabilire le date in cui si tenevano i mercati. Ogni singolo giorno era poi contrassegnato con alcune abbreviazioni (F, fasti; N: nefasti; C: comiziali; ecc.) che ne indicavano le caratteristiche specifiche, allo scopo di informare i cittadini su che tipo di attività (giudiziaria, religiosa, economica) vi si poteva svolgere.

Le festività maggiori, che potevano

ricorrere una o più volte l’anno e in mesi diversi, erano infine riportate sui calendari pubblici a grandi lettere. Attorno al II d.C., forse in seguito ad un uso popolare proveniente dal mondo ebraico, fu introdotta la settimana di tipo moderno, nella quale i giorni erano indicati con i nomi dei pianeti allora conosciuti.

GENNAIO

Il calendario romano si apriva con le calende di gennaio, considerate come il periodo più importante dell’anno dal punto di vista religioso. Il primo del mese entravano in carica i consoli che come iniziale atto di governo celebravano un solenne sacrificio a Giove Ottimo Massimo in Campidoglio. Gennaio era il mese sacro a Giano, antica divinità di origine latina, priva di riscontro nell'ambito greco.

Giano era l'entità che impersonava lo

spirito della soglia, protettore di ogni ingresso e di ogni inizio; lume tutelare dell'uscio di casa come degli ingressi della città. Cosi era chiamato Gianicolo il colle situato al di là del Tevere, alla frontiera della Roma arcaica, primo avamposto verso il territorio etrusco.

Nel duplice aspetto di entità che apre e

chiude, Giano era anche il protettore delle partenze e dei ritorni.

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Mentre il nome di Vesta chiudeva la

serie delle divinità menzionate nelle preghiere più solenni, quello di Giano l’apriva sotto la protezione di Giano erano posti l’inizio dell’anno (lanuarius), e del giorno (Ianus Matutinus); addetto al suo culto era il Rex Sacrorum, cioè il sacerdote che in età repubblicana esercitava le funzioni sacre proprie dei re.

Il più antico tempio dedicato a Giano -

oltre a quello ancora visibile sotto la chiesa di S. Nicola in Carcere - era situato nel Foro Romano, presso la Curia del Senato, dove la statua del dio era rappresentata con due volti contrapposti (Ianus Geminus ).

L’edificio era munito di due porte, che

per antichissima consuetudine venivano chiuse in tempo di pace e aperte in caso di guerra, ad esprimere forse l’augurio del ritorno degli eserciti vittoriosi. La statua contenuta all’interno era famosa per una particolarità riferita dagli storici antichi: le dita delle due mani erano piegate in modo da formare il numero CCCLVVV (365) corrispondente ai giorni dell'anno secondo il calendario Giuliano.

L’antico tempio del Foro Romano era

ancora intatto nel VI secolo d.C., secondo la testimonianza che ce ne ha lasciato lo storico Procopio, riferendo un fatto avvenuto durante la guerra gotica.

In quel periodo il cerimoniale

dell’apertura delle porte durante una guerra doveva ormai essere venuti meno per il definitivo affermarsi della religione cristiana. Ma un giorno dell’anno 537 d.C., mentre Roma era stretta d’assedio da parte dei Goti, i Romani si ricordarono dell’antica usanza propiziatrice di tante fortune, e qualcuno pensò di rinnovarne il rito. Probabilmente nottetempo, si tentò di riaprire le porte del tempio di Giano, forzandole e danneggiandole a tal punto che, a quanto racconta Procopio, i battenti in seguito non combaciarono più.

Il primo gennaio si festeggiava la

fondazione dei due templi dell’isola Tiberina dedicati a Veiove (Vediovis) e Esculapio (Asklepio), dio greco della medicina. Incerta è la posizione del tempio di Veiove, che aveva un altro santuario sul Campidoglio, come del resto la sua natura che gli stessi scrittori antichi non definiscono completamente.

Si tratterebbe di una sorta di anti-Giove,

o Giove minore e negativo che, secondo certe antitesi proprie della religione romana, veniva posto in contrapposizione al Giove Ottimo Massimo del Campidoglio. Il tempio di Esculapio sorgeva nell’area dove verrà costruita la chiesa medioevale di S. Bartolomeo.

La fondazione dell’importante santuario,

secondo il racconto che ce ne ha lasciato Valerio Massimo, si deve ad una grave pestilenza (prodigium) che aveva colpito la città nel 294 a.C. In base ad un responso ottenuto mediante la consultazione dei Libri Sibillini, furono inviati dei messi ad Epidauro, la città dell’Argolide sede del grande santuario di Asklepio, dio greco della medicina.

Dai sacerdoti del tempio gli inviati di

Roma ebbero in dono il serpente sacro, emanazione vivente del dio che, giunto in città, scese dalla nave che lo aveva trasportato risalendo il fiume per rifugiarsi sull’ isola Tiberina, mostrando cosi il luogo dove Esculapio voleva fosse costrutto il suo santuario.

Il 5 gennaio si celebravano le

Compitalia, feste di origine agraria che si svolgevano nei crocicchi (compita) dove si incontravano le vie che dividevano i vari poderi, e che in città si svolgevano presso le edicole dei Lari Compitali poste agli incroci delle strade. Il 9 del mese cadevano gli Agonalia, una di quelle feste che si ripetevano più volte durante l'anno. In questa occasione veniva sacrificato un arie te nella Regia, cioè nella residenza del Pontefice Massimo presso la casa delle Vestali e la cui costruzione era tradizionalmente attribuita a Numa Pompilio.

L’11 e il 15 del mese cadevano le feste

in onore di Carmenta (Carmentalia), dea della formula divinatoria (Carmen) riferita particolarmente alla previsione delle nascite. Il tempio della dea era situato ai piedi del Campidoglio, presso la porta Carmentale che si apriva nelle mura repubblicane all’altezza dell’odierno vico Iugario.

L’11 del mese era sacro anche a

Giuturna, divinità delle acque (Ninfa) a cui era dedicata un’area sacra con una fonte salutare nel Foro, tra il tempio di Vesta e quello dei Dioscuri. A Giano, divinità che promuoveva in genere l'azione, era infine contrapposto Giove Statore

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(Iuppiter Stator), cioè Giove nella veste di entità che l’arresta quando questa può rivelarsi dannosa, come ad esempio nel caso della fuga dei soldati in battaglia.

FEBBRAIO

Il nome del mese aveva origine dal termine februa, antica parola di probabile origine sabina con la quale si volevano indicare i mezzi utilizzati in talune pratiche espiatorie. Febbraio era infatti il mese della purificazione (februare: purificare) che aveva il suo momento culminante nelle suggestive cerimonie dei Lupercali. L’inizio del mese era sacro a Giunone Sospita, divinità di natura complessa, entità matronale e guerriera al tempo stesso.

Alla dea era stato dedicato un tempio nel

Foro Olitorio, nel luogo dove sorge attualmente la chiesa di S. Nicola in Carcere, mentre il santuario centrale era a Lanuvio.

Da una statua di età antonina dei Musei

Vaticani, sappiamo che la dea era rappresentata nell’atto di scagliare la lancia e con il capo coperto da una pelle di capra. Ai suoi piedi era posto un serpente, animale sacro alla divinità ed elemento centrale dei primitivi rituali di Giunone Sospita Lanuvina.

La cerimonia che si svolgeva

annualmente al santuario di Lanuvio era infatti costituita dall’ordalia del serpente sacro, antichissimo rito a carattere cruento collegato con la fertilità dei campi. All’inizio della stagione agricola alcune fanciulle, scelte tra le vergini della città, dovevano offrire del cibo ai serpenti sacri allevati in una grotta situata presso il tempio.

Se i rettili accettavano l’offerta

risparmiando le fanciulle, era segno che il rituale era stato compiuto secondo le regole volute e l’annata sarebbe stata propizia; in caso contrario, attribuendo il rifiuto dei serpenti sacri alla presenza di una ragazza impura, questa veniva sacrificata alla dea, per placarne l’inevitabile ira.

Il culto lanuvino di Giunone Sospita,

rimase vivo, con i suoi arcaici e suggestivi rituali più suggestivi, ben oltre l’avvento del cristianesimo, se dobbiamo prestare fede al racconto che descrive come esso ebbe fine. Secondo una tradizione attribuibile al V secolo, i

sacerdoti dei tempio negli ultimi tempi, per continuare a lucrare le offerte dei fedeli, avevano costruito il simulacro di un serpente, una sorta di mostro meccanico, che aveva in bocca una lama atta a trafiggere, su comando, le giovani malcapitate che ogni anno facevano l’offerta sacra. La fine dell’impostura si deve ad un monaco cristiano che introdottosi nella caverna, abbatte il fantoccio e fece terminare l’inganno.

Il 13 di febbraio era dedicato a Fauno, il

rustico dio che aveva il proprio santuario nel punto in cui "L’isola rompe le acque del fiume”, cioè, secondo quanto riferisce Ovidio, all'estremità settentrionale dell’isola Tiberina.

All’origine della costruzione del tempio,

che rappresentava il primo edificio che vedevano i naviganti che discendevano il fiume, c’é un curioso episodio riguardante una forte multa inflitta a tre appaltatori di pascoli pubblici colpevoli di frodi nei confronti dello stato. Con il ricavato della sanzione, gli edili fecero costruire nel 196 a.C. il tempio di Fauno sull’isola, unico edificio dedicato a Roma a questa divinità campestre.

Dal 13 al 21 del mese avevano luogo i

Parentalia, una delle feste annuali dedicate ai defunti. In questo periodo le famiglie tenevano commemorazioni di carattere privato in onore dei propri antenati (manes) alle cui tombe venivano portate offerte. In questi giorni, segnati come nefasti nel calendario, i templi rimanevano chiusi e non venivano svolte funzioni di alcun tipo né celebrati matrimoni.

Le cerimonie in onore dei propri defunti

terminavano con la festa pubblica dei Feralia (21 febbraio), a cui seguivano i Caristia (22 febbraio), cioè le "feste del giorno dopo", quando, come raccomandava Ovidio: "E' bene riportare l'attenzione dalle tombe dei morti alla vita dei vivi, e dopo tanto pensiero per i congiunti perduti tornare ad occuparsi delle persone che restano.

Alle none del mese (15 febbraio) si

teneva la festa dei Lupercali. Rito di carattere agrario-pastorale di origini antichissime, quello dei Lupercali era un cerimoniale collegato con le origini stesse della città, riferito ad un tempo in cui le pratiche religiose erano espletate in funzione della fertilità dei campi e alla salvaguardia delle greggi. Incerta è l’origine del

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termine “lupercus”, che indicava al tempo stesso la divinità e il sodalizio dei suoi accoliti.

Il santuario del dio era il Lupercale, una

cavità naturale situata sul versante ovest del Palatino dove, secondo i racconti tradizionali, le acque del Tevere in piena avevano depositato la cesta con i gemelli Romolo e Remo.

La fase centrale dell'antico e suggestivo

rito consisteva nella corsa di alcuni giovani appartenenti al sodalizio dei Luperci attorno al colle Palatino, tradizionalmente considerato come sede del primo insediamento cittadino. Durante il tragitto i giovani colpivano con delle strisce di pelle di capra le donne che incontravano lungo il percorso, che in tale atto vedevano una pratica magica atta a favorire la loro fertilità.

Altra festività di origine campestre era

quella dei Terminalia, cioè la festa del dio Terminus , entità posta a garanzia dei confini dei campi, in corrispondenza dei quali si facevano sacrifici di porcellini e agnelli. Alla fine dei Terminalia (23 febbraio) il calendario prevedeva lo strano rituale del Regifugium (24 febbraio), pratica sacrificale espiatoria che esigeva la fuga dell’officiante (Rex Saerificulus) dal luogo dove era stata immolata la vittima. Teatro di questa curiosa cerimonia era il Comizio, cioè la parte settentriona le del Foro Romano.

La tradizione voleva che con la pratica

del Regifugium si intendeva commemorare l’evento della cacciata da Roma dell’ultimo re Tarquinio il Superbo, rappresentato dall’officiante stesso.

Tra le ultime feste del mese vi era quella

degli Equirria (27 febbraio), consistente in una corsa di carri nel Campo Marzio istituita tradizionalmente da Romolo in onore di Marte. Quando le acque del Tevere invadevano la zona, la corsa veniva tenuta sul Celio, in un luogo che per tale motivo era detto Campo Marziale.

MARZO

Marzo era il mese di Marte, il dio della guerra, collegato alle stesse origini della città nella leggenda che narra la seduzione della vestale Rea Silvia e la nascita divina di Romolo e Remo. A Roma Marte era venerato in un antico santuario del Campo Marzio, la vasta pianura che

si stendeva a nord del Campidoglio, tra il Tevere e il primo tratto della via Flaminia.

Il tempio era stato votato nel 388 a.C.,

subito dopo l’incendio gallico e sorgeva probabilmente in una zona corrispondente all’attuale piazza del Collegio Romano.

All'inizio del mese aveva luogo

un’importante cerimonia durante la quale veniva rinnovato il fuoco di Vesta conservato nel suo tempio del Foro Romano. Il solenne incarico era affidato ad una vestale, che doveva accendere il fuoco sacro che sarebbe stato ravvivato per tutto l’anno, stropicciando un ramo di un albero fruttifero (arbor felix). In questo periodo i Salii, i sacerdoti danzatori (salire, saltare) attraversavano in pellegrinaggio i luoghi più antichi della città danzando e intonando inni sacri in una lingua arcaica, della quale essi stessi non comprendevano del tutto il significato. Il sodalizio dei Salii, la cui fondazione risaliva a Numa Pompilio, aveva il compito di conservare uno scudo (ancile ) inviato da Giove al re, quale pegno divino della futura grandezza romana.

Il re Numa, temendo che il prezioso

oggetto potesse venire rubato, fece costruire altri undici scudi identici, che assieme all’originale venivano conservati dai sacerdoti nella Regia del Foro. Seneca, osservando ai suoi tempi le curiose evoluzioni dei Salii, paragonava le loro danze al movimento che facevano i lavandai (fullones) stropicciando con i piedi i panni nelle vasche delle tintorie (salto fullonico).

Verso la metà del mese, in

corrispondenza dell’inizio delle idus e del plenilunio, venivano ripetute nel Campo Marzio le corse dei cavalli (Equirria) organizzate in Febbraio, e si tenevano le feste popolari di Anna Perenna, consistenti in allegre scampagnate sulle sponde del Tevere. Erano queste feste di carattere godereccio e licenzioso, durante le quali si mangiava, si beveva, si danzava e si faceva l'amore.

Di tutt’altro genere erano invece le

cerimonie che si svolgevano il 16 e il 17 marzo in occasione della festa degli Argei, consistenti essenzialmente in una processione che si snodava attraverso il Viminale, il Quirinale e il Campidoglio, toccando 24 (o 27) sacelli che ricordavano un’antichissima festività (Septimontium) celebrata in comune dal primi abitatori dei colli di Roma.

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La festa degli Argei aveva poi un seguito

in Maggio, quando, probabilmente in ricordo di antichi sacrifici umani, venivano gettati nel Tevere dal ponte Sublicio 24 (o 27) fantocci fatti di giunchi.

Verso la fine del mese, il 19 e il 23

marzo, cadevano infine le festività del Quinquatrus e del Tubilustrium, consistenti nella purificazione delle armi e delle trombe dell’esercito prima dell’inizio del periodo delle campagne militari

APRILE

Nel primo giorno di aprile si sacrificava a Venere , la dea che incarnava i due aspetti della sessualità femminile: quella che si esprimeva nell'ambito del matrimonio e quella indirizzata al solo piacere fisico. La Venere del primo Aprile, cioè la dea che presiedeva "a fedeltà e alla concordia coniugalia era appellata Verticordia ("colei che volge i cuori"). Secondo Ovidio, l'introduzione del culto di Venere nell'accezione di patrona della continenza femminile, fu introdotto nel 216 a.C., in un periodo di grande rilassatezza morale da parte delle matrone di Roma.

Alla figura di Venere Verticordia, cioè

della divinità che incarnava gli aspetti positivi della femminilità, si contrapponeva la Venere della sessualità libera, protettrice delle donne dedite ai piaceri illeciti e mercenari. Era questo il ruolo che spettava a Venere Ericina, la cui festa cadeva il 23 aprile e il 28 ottobre di ogni anno, e alla quale era dedicato un tempio negli Horti Sallustiani.

Il culto della Venere Ericina era stato

importato nel 181 a.C. dal santuario di Erice che sorgeva presso l'antica Drepanon (Trapani). La particolare fama di cui godeva il tempio di Erice, uno dei maggiori santuari del Mediterraneo occidentale, era dovuta essenzialmente alla pratica della prostituzione sacra, esercitata in onore della dea da un certo numero di donne addette al tempio (hierodulae).

Con la costruzione del tempio degli Horti

Sallustiani, il culto di Venere Ericina aveva subito una sorta di processo di " laicizzazione ", in virtù del quale la dea era diventata la protettrice delle donne pubbliche della città.

Due volte l’anno, nei giorni stabiliti, tutte

le meretrici di Roma si recavano in pellegrinaggio al tempio di Venere dove, dietro la facciata delle motivazioni religiose avevano luogo incontri e contrattazioni in un’incredibile clima da fiera del sesso.

A Venere Cloacina (Venere delle

Cloache) era infine dedicato un antichissimo sacello presso la basilica Emilia, al Foro Romano, nel punto in cui la Cloaca Massima entrava nella piazza.

Alla metà del mese (15 aprile) avevano

luogo le Fordicilia in onore di Tellus , la Terra, a cui veniva sacrificata una mucca gravida quale simbolo della terra seminata e fruttifera. Dal feto dell’animale si estraevano poi le viscere, probabilmente per trarre presagi sul futuro secondo il sistema seguito dagli Aruspici. Il 19 si celebrava la festa dei Cerialia in onore di Cerere , mentre il 21 dei mese ricorreva la festa delle Pailila, dedicata a Pale , protettrice delle greggi e dei pastori.

A Cerere , Libero e Libera, identificati

rispettivamente come Demetra, Dioniso (Bacco) e Persefone (Proserpina), era dedicato un tempio sull’Aventino, considerato come sede dell'organizzazione politica e religiosa della plebe.

Il culto di Bacco, nella forma in cui si

diffuse in Italia all'inizio del II secolo a.C., fu caratterizzato da aspetti settari e in qualche misura antistatali, tanto che nel 186 a.C. le conventicole dionisiache furono duramente perseguitate (Senato Consulto de Bacchanalibus).

Per quanto riguarda le Palilia, la

tradizione voleva che in quel giorno Romolo avesse fondato la città (Natale di Roma), e l'accostamento tra questo evento e le lustrazioni che venivano compiute in questo giorno nei confronti delle greggi e degli ovili, veniva spiegata dagli scrittori antichi con il ricordo del pastore Faustolo che aveva allevato i gemelli Romolo e Remo.

In seguito la festa del Natale di Roma

assunse un'importanza sempre maggiore, e a Roma stessa, personificata e divinizzata, furono eretti altari e templi.

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Ad un importante elemento dell’alimentazione antica quale il vino era dedicata la festa delle Vinalia (Vinalia "priora") che ricorreva il 23 aprile assieme a quella di Venere Ericina, e durante la quale si offriva a Giove il vino novello. L’accostamento della festa del vino con Venere veniva spiegato con l'affin ità tra le pozioni o i filtri d’amore, e il vino che con i suoi effetti produceva l'annullamento della volontà.

Appunto per questo, secondo una norma

che risaliva al re Numa Pompilio, almeno in origine alle donne era proibito bere vino. Da questo divieto derivava lo ius osculi, cioè la pratica del bacio del marito sulla bocca della moglie per controllare se questa aveva trasgredito il divieto.

La festa dei Robigalia del 25 aprile si

svolgeva in un bosco sacro al dio Robigus (o alla dea Robigo) situato al quinto miglio della via Claudia, ed era diretta a scongiurare il pericolo della “ruggine" (robigo) del grano, una sorta di fungo che attaccava il cereale.

Durante gran parte del mese di aprile

avevano luogo i ludi Megalenses, Ceriales e Florales, che comprendevano gare di vario tipo e spettacoli teatrali.

I ludi Megalenses erano dedicati a

Cibele , la Grande Madre degli Dei, che aveva un tempio sul Palatino e il cui culto era stato introdotto a Roma al tempo della guerra annibalica.

I Ceriales si riconducevano a Cerere , la

dea della terra fruttifera, mentre i ludi Florales rappresentavano una sorta di parodia dei ludi circensi, perché invece di gladiatori vi si cimentavano prostitute, che anziché combattere contro delle belve si misuravano con lepri e capre.

Come gli atleti maschi, le donne

pubbliche gareggiavano poi tra loro in competizioni di ogni tipo.

Quello dei Ludi Florales (o festa dei

fiori) appare come una sorta di prestazione supplementare che lo stato richiedeva alle prostitute poste sotto la giurisdizione degli Edili, i magistrati che sorvegliavano l’attività dei postriboli. La legge romana prevedeva che le donne che volevano intraprendere la carriera di

meretrice dovevano fare una dichiarazione ufficiale per essere registrate ed autorizzate.

MAGGIO

Il 9, l’11 e il 13 dei mese erano dedicati ai Lemuria, in ricordo degli spiriti nocivi che in questo periodo invadevano il mondo dei vivi. Mentre in occasione dei Parentalia di Febbraio i parenti dei defunti si recavano ai sepolcri, in questi giorni gli spettri entravano nelle case dei vivi da dove era necessario cacciarli.

Gli antichi consideravano Lemures gli

spiriti inquieti degli uomini morti anzitempo, cioè prima di essersi fatta una famiglia, aver generato dei figli e avere acquistato le qualità necessarie per divenire a loro volta antenati. Prototipo in tal senso era considerato Remo, ucciso dal fratello prima di avere potuto svolgere i suoi compiti.

Il 15 dei mese tornava la festività degli

Argei già vista in Marzo. Mentre nella precedente ricorrenza si era svolta una solenne processione ai sacrari sparsi per la città, in quest'occasione veniva compiuto un rituale durante il quale le Vestali gettavano nel Tevere 24 fantocci fatti di giunchi, forse a ricordare un tempo quando venivano eseguiti sacrifici umani. I manichini venivano gettati dal ponte Sublicio, il più antico della città, costruito completamente in legno dal re Anco Marcio.

Addetto alla cura e alla conservazione

del ponte, considerato come cosa sacra, era il collegio dei Pontefici (costruttori del Ponte) che da questa funzione prendevano il nome. Del tutto incerta è la natura del nome che richiamerebbe forse l’idea di prigionieri Greci (Argivi).

Il 15 maggio era sacro anche a Mercurio

(l’Hermes greco), divinità protettrice dei mercanti (in Grecia anche dei ladri ! ) che aveva il proprio tempio alle falde dell’Aventino presso il Circo Massimo.

Il 25 Maggio era festeggiata la Fortuna

Pubblica, o Fortuna Romana, che aveva due templi sul Campidoglio e sul Quirinale, considerata quale emanazione della Fortuna Primigenia del grande santuario di Preneste (Palestrina).

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Nella seconda parte dei mese si tenevano gli Ambarvalia, cerimonia privata della purificazione dei campi durante la quale veniva eseguito il suovetaurilia: sacrificio di un maiale (sus), di un montone (ovis) e di un toro (taurus). Alle cerimonie private degli Ambarvalia corrispondevano, al livello di culto pubblico, quelle dei Fratres Arvales (da Ambarvalis, o rituale che si svolge attorno ai campi) che si tenevano in alcuni giorni di Maggio con sacrifici analoghi. L’antico sodalizio dei Fratelli Arvali era costituito da 12 membri che facevano capo al santuario della dea Dia, al quinto miglio della via Portuense.

GIUGNO

Il primo giorno del mese veniva chiamato popolarmente “Calende delle fave", perché in questo periodo venivano utilizzate per alcuni sacrifici le fave giunte a maturazione. Nel caso specifico si confezionava una sorta di farinata di fave (puls fabacia) che veniva mangiata in onore della dea Carna - entità piuttosto misteriosa eletta a protettrice degli organi interni dei corpo - e che si credeva preservasse dai mali dell’intestino.

Le calende di Giugno, come quelle degli

altri mesi dell’anno, erano comunque sacre a Giunone, la dea che dava il nome stesso al mese.

All’inizio dei mese si venerava Giunone

Moneta, che aveva il suo tempio sul Campidoglio e presso il quale era stata istituita la prima zecca della città. ti termine “Moneta” che passerà ad indicare genericamente il denaro, veniva da “ammonire” (monem), e si riferiva ad un prodigioso avvertimento udito nel tempio della dea alla vigilia di un rovinoso terremoto.

La prima parte dei mese comprendeva

anche altre festività: il 3 di giugno cadeva la ricorrenza di un tempio dedicato a Bellona presso il teatro di Marcello; il 5 era la festa di Dius Fidius , che aveva il proprio santuario sul Quirinale; il 7 si tenevano i Ludi Piscatori in Trastevere; mentre l’8, il 9 e l’11, cadevano le ricorrenze di Mens , di Vesta (Vestalia) e della Mater Matuta (Matralia).

Particolarmente suggestivi i rituali dei

festeggiamenti in onore di Bellona, dea della guerra (bellum), il cui culto ebbe la maggiore diffusione nel periodo sillano quando alla sua

figura fu unita quella della dea Ma proveniente dalla Cappadocia.

Le pratiche in onore di Ma-Bellona

consistevano in impressionanti cerimonie di carattere orgiastico durante le quali i sacerdoti della dea si ferivano e mutilavano in preda a furore mistico. Il culto di Dius Fidius o Semo Sanco (Semo Sancus Dius Fidius) era tradizionalmente attribuito a Tito Tazio, re dei Sabini.

Oltre a quello sul Quirinale Semo Sanco

- divinità che come Giove Giurario presiedeva ai giuramenti - aveva un tempio sull’isola Tiberina, nell'area dell’attuale ospedale. Incerte sono le notizie riguardanti i Ludi Piscatori, durante i quali venivano pescati dei pesci da offrire in Agosto a Vulcano.

La festività di Mens (la Mente)

rappresentava una ricorrenza in cui non si celebrava un’entità divina vera e propria (come Giove, Giunone, Minerva ecc.) ma piuttosto una delle tante astrazione o disposizioni dell'animo (come Onore, Valore, Virtù, ecc.) di cui abbondava il panorama religioso romano. il ciclo dei Vestalia iniziava il 7 di giugno e terminava il 15.

In questo periodo veniva aperto il penus,

cioè la parte più interna del tempio di Vesta che nell'occasione veniva accuratamente ripulito. In questi giorni le Vestali preparano la “mola salsa” (focaccia fatta di farina di farro mista a sale). In queste funzioni la Vestale rappresentava per lo stato ciò che la moglie, custode dei focolare domestico, rappresenta per la famiglia. I Matralia erano i festeggiamenti fatti in onore della Mater Matuta, divinità italica della luce mattutina e protettrice del parto. La dea aveva il santuario centrate a Satrico e un tempio fatto costruire da Servio Tullio nel Foro Boario (area sacra di S. Omobono).

Il 20 giugno si festeggiava Summanus ,

peculiare divinità affine in qualche misura a Giove, che esercitava ti suo potere sui fulmini notturni. Summano aveva una statua sul Campidoglio, che una volta era stata abbattuta da un fulmine (probabilmente un fulmine diurno ! ) e un tempio nel Circo Massimo. Anche in questo caso, come per Veiove , si dovrebbe pensare ad una divinità contraria, posta in contrapposizione a Giove, come il diurno è da considerare contrario del notturno.

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Il 24 giugno era festeggiata Fors

Fortuna, titolare di due templi al primo e al sesto miglio della Portuense, fatti costruire (come del resto la maggior parte dei santuari di Fortuna) dal re Servio Tullio. II nome "Fors” viene interpretato come “il caso”, “la sorte", termini che ci riportano ai responsi (sortes) che venivano offerti nel santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina., Le cerimonie in onore di Fors Fortuna consistevano in allegre scampagnate alle quali prendevano parte tutti i ceti della società romana.

LUGLIO

Le festività del mese iniziavano con i Poplifugia che cadevano il 5 di luglio. Secondo alcuni autori antichi con questa ricorrenza si voleva ricordare la fuga del popolo romano in occasione di un avvenimento funesto, come nel caso della scomparsa di Romolo nel Campo Marzio o, secondo altre fonti, del panico che si era diffuso nella popolazione dopo il saccheggio della città ad opera dei Galli.

Alla festa dei Poplifugia è collegata

quella delle Nonae Caprotinae del 7 luglio, detta anche Anciliarum Feriae (festa della serve), che riprendendo il precedente tema del saccheggio gallico, volevano ricordare l’eroismo delle schiave della città che si sostituirono alle loro padrone insidiate dalle pretese delle genti vicine che volevano approfittare della temporanea debolezza dei romani sconfitti. In questa giornata le schiave indossavano le vesti delle loro padrone e giravano per la città inscenando finte dispute e schernendo i passanti.

Il termine Caprotine si faceva derivare

da un caprifico sul quale una delle schiave era salita per dare ai romani il segnale dell’attacco al campo nemico, dopo che le sue compagne avevano fatto ubriacare i loro rapitori.

Dal 6 al 13 luglio si tenevano i Ludi

Apollinares istituiti in onore di Apollo durante la guerra annibalica. Dopo la sconfitta di Canne del 216 a.C. si erano intensificate le pratiche religiose intese a scongiurare il pericolo e fattucchieri e indovini avevano contribuito a diffondere un generale clima di esaltazione superstiziosa.

Si era deciso allora di introdurre il culto di Apollo con i relativi ludi, non secondo la consueta versione di entità guaritrice (medicus), ma come dio vincitore e salvatore.

La Transvectio Equitum, o festa dei

Cavalieri, era una spettacolare parata di cavalleria che si teneva il 15 luglio per ricordare l'intervento di Castore e Polluce nella battaglia di lago Regillo nel 499 a.C. La sfilata muoveva dal tempio di Marte situato fuori della porta Capena sulla via Appia e giungeva al tempio dei Dioscuri al Foro Romano. Vi prendevano parte circa cinquemila cavalieri ordinati come se tornassero dalla battaglia. Narra la leggenda che in occasione della battaglia contro i Latini, i romani erano stati aiutati da due misteriosi cavalieri (i Dioscuri), che erano poi apparsi nel Foro per dare al popolo l’annuncio della vittoria.

Ai due fratelli divini era stato allora

costruito un tempio nel luogo dove si era verificato il prodigio. I Dioscuri avevano un altro tempio al circo Flaminio (zona del Portico di Ottavia) nel quale erano conservate le due statue che attualmente si trovano ai lati della scalinata dei Campidoglio.

Nel mese di luglio, il giorno 18, cadeva

una delle ricorrenze più funeste dei calendario romano:quella del Dies Alliensis.

Era questo l’anniversario della sconfitta

subita ad opera dei Galli al fiume Allia nel 389 a.C., che aveva poi causato l’invasione e il saccheggio della città. In questo giorno fatale cessavano tutte le attività pubbliche e si operava soltanto per lo stretto necessario.

La seconda parte del mese, quella di luna

calante, era caratterizzata dal ciclo festivo dei Lucaria, dei Neptunalia e dei Furrinalia che comprendevano un periodo che andava dal 19 al 25 luglio. Poche sono le notizie riguardanti la festa dei Lucaria, che i romani celebravano in un bosco sulla via Salaria dove, secondo la tradizione, al tempo dei saccheggio gallico si era rifugiata la gente in fuga dalla città.

I Neptunalia erano feste celebrate in

onore di Nettuno , identificato con il greco Poseidone . I Furrinalia infine erano feste in onore di Furrina, divinità alla quale erano sacre alcune sorgenti ed un bosco situati sul Gianicolo nell'area dell’attuale villa Sciarra.

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Il 22 luglio si festeggiava la Concordia il cui tempio, eretto nel 367 a.C. era situato al limite settentrionale del Foro, presso il Campidoglio. Anche in questo caso, come per Spes, Honos, Mens, ecc. non si trattava di un vero e proprio personaggio divino, ma soltanto di un elemento etico o comportamentale divinizzato.

AGOSTO

Il primo di agosto si festeggiava la ricorrenza di due templi della Victoria sul Palatino costruiti nel 294 e nel 193 a.C. e quello di Spes nel Foro Olitorio. Come per Concordia, anche queste altre due entità rappresentano personificazioni in figure divine di astrazioni e qualità dello spirito di cui era ricco il pantheon romano.

Il 3 agosto, rifacendosi ancora al ricordo

dell'incendio gallico, aveva luogo una delle più stravaganti e, al tempo stesso, crudeli cerimonie della religione romana. In questo giorno si crocifiggevano i cani, mentre contemporaneamente venivano portate in processione delle oche ornate di oro e di porpora. Tutto ciò era dovuto al fatto che mentre le oche avevano dato l’allarme dell’attacco notturno dei Galli alla rupe Tarpea, i cani erano rimasti tranquillamente addormentati.

Alle None del mese (5 agosto) si

celebrava un sacrificio pubblico al tempio di Salus sul Quirinale, che dava nome a questa parte della regione (Collis Salutaris) e ad una porta delle mura repubblicane (porta Salutaris).

Alla vigilia delle idi del mese, il 12 di

agosto, si festeggiava Ercole in un tempio presso il Circo Massimo, mentre il giorno dopo al dio, appellato con il termine di Invictus , erano riservati altri festeggiamenti nel suo tempio circolare del Foro Boario. Era questa una zona particolarmente ricca di santuari e di memorie riguardanti il dio greco, che, come nel caso dell’Ara Massima sotto la chiesa di S. Maria in Cosmedin, risalivano ad un periodo precedente alla stessa formazione della città.

Il 13 di agosto cadeva la festa di Diana

che aveva il proprio tempio sull'Aventino, costruito da Servio Tullio allo scopo di soppiantare il santuario federale dei Latini

rappresentato dal tempio di Diana Aricina presso Nemi.

Alcuni calendari menzionano in questo

stesso giorno le Camene , divinità delle acque (Ninfe) che avevano un santuario fuori porta Capena, sotto il Celio. A questo gruppo apparteneva la Ninfa Egeria, ricordata dalla tradizione come sposa segreta del re Numa.

Il 17 ricorrevano i Portunalia in onore

di Portuno, il dio protettore dell'antico porto fluviale. il tempio di Portuno, ancora visibile presso il ponte Emilio, rappresenta uno degli edifici dell'antica Roma maggiormente conservati.

Il 19 del mese tornava la festa dei

Vinalia, detti Vinalia Rustica, perché contrariamente a quelli del 23 Aprile si celebravano in campagna, poco prima della vendemmia. Le cerimonie, che dovevano essere iniziate da un sacerdote, prevedevano l'offerta del primo vino a Giove.

I Consualia, che ricorrevano il 21

agosto, prendevano nome da Consus , dio del consiglio (in concorrenza in questo con Giove), che aveva un altare sotterraneo nella valle Mureta, dove verrà costruito in seguito il Circo Massimo. Altra possibilità riguardante le attribuzioni del dio è quella che lo vede come protettore del grano immagazzinato (conditus) alla fine dei lavori agricoli.

I Consualia consistevano essenzialmente

in corse di cavalli, ed erano legati al ricordo del rapimento delle donne dei Sabini (Ratto delle Sabine) che erano giunti a Roma in quel giorno per partecipare ai festeggiamenti. Particolarmente suggestivi i rituali che si compivano il 23 agosto in occasione dei Volcanalia. Vulcano, che aveva il suo più antico santuario nel Comizio al Foro Romano, era il dio del fuoco, affine per questo motivo al greco Efeso.

Il rituale eseguito in suo onore consisteva

nel gettare nel fuoco animali vivi in una sorta di pratica sostitutiva, tendente a scongiurare la perdita di vite umane. Un aspetto particolare del culto era quello dell’offerta di piccoli pesci che i pescatori del Tevere facevano in questo giorno al dio. Il 24 di agosto vi era l’apertura del Mundus .

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La tradizione voleva che all’atto della fondazione di Roma fosse stata scavata una fossa (Mundus) nella quale i primi abitanti della città raccolti tra più genti da Romolo, gettarono un pugno della propria terra d’origine oltre ad alcune primizie. Incerta è l’ubicazione del Mundus, nonché la sua reale esistenza, messa dei resto in dubbio da alcuni studiosi moderni.

Il Mundus doveva essere comunque una

specie di pozzo o di edificio sotterraneo che, secondo le fonti antiche, si apriva tre giorni all’anno (oltre il 24 di agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre). In quei giorni erano interdette numerose attività, perché dal profondo della terra gli spiriti dei defunti tornavano in superficie per invadere le case.

Il 25 Agosto era la festa della dea Ops ,

antica divinità romana che impersonava l’abbondanza dell’agricoltura. Con il nome di Opiconsiva la dea era venerata in una cappella della Regia del Foro Romano dove potevano entrare soltanto le vestali e il Pontefice Massimo.

SETTEMBRE

Nel calendario romano settembre era un mese quasi completamente dedicato a Giove. Dal 4 al 19 settembre si celebravano i Ludi Romani o Magni, la cui istituzione era fatta risalire a Tarquinio Prisco. I Giuochi comprendevano corse di cavalli, di carri e gare di pugilato con atleti fatti venire dall’Etruria.

L’inizio dei giuochi era preceduto da una

solenne parata a cui partecipavano giovani a cavallo inquadrati militarmente, gli atleti che avrebbero partecipato alle gare, danzatori e una banda musicale.

La sfilata, muovendo dal Campidoglio,

passava nel Foro per giungere infine alla zona del Circo Massimo dove si svolgevano le gare. Particolarmente apprezzati dal popolo erano i numeri eseguiti dai "desultores", atleti-acrobati che durante le corse, affiancando l’auriga, saltavano da un carro all'altro per terminare infine la gara con una corsa a piedi ingaggiata fra di loro.

Le festività in onore di Giove, al quale

era dedicato il mese, culminavano il 13 Settembre quando si festeggiava Giove Ottimo Massimo che aveva il suo tempio sul

Campidoglio, simbolo stesso dello stato romano. Il santuario capitolino, dedicato alla triade Giove-Giunone-Minerva, era stato votato nel 509 a.C. anno di inizio della Repubblica.

I rituali di questo giorno comprendevano

un solenne banchetto sul Campidoglio a cui, in qualità di convitati simbolici, erano fatti partecipare anche i simulacri delle tre divinità. Al termine del banchetto si procedeva poi all’infissione di un chiodo nel basamento del tempo, rito di carattere apotropaico tendente a scongiurare le sventure che potevano colpire durante l’anno la città.

Il 14 Settembre si teneva l’Equorum

Probatio, una specie di parata equestre e prova di abilità dei cavalieri. Le fonti antiche non hanno lasciato nessuna descrizione di questa cerimonia, che doveva comunque svolgersi in modo analogo alla Transvectio Equitum del 15 luglio.

OTTOBRE

Il primo di ottobre si festeggiava la dea Fides che aveva un tempio sul Campidoglio, e il cui culto era stato istituito da Numa Pompilio. Fides impersonava la lealtà e la correttezza su cui si dovevano basare i giuramenti e i patti.

I sacerdoti addetti al culto (flamini) si

recavano al santuario con le mani coperte fino alle dita per simboleggiare la cura nel custodire la Fede ad essi affidata.

Il 7 ottobre aveva luogo una cerimonia in

onore di Iuppiter Fulgur e Iuno Quiris , cioè a Giove Folgoratore e Giunone delle Curie.

Per il primo è evidente il rapporto con Dius Fidius del 3 giugno e di Fides dell’inizio del mese, nel senso di entità che punisce chi infrange un patto o un giuramento. Meno chiara è la figura di Giunone delle Curie, cioè delle assemblee dei cittadini, della quale si sa soltanto che era venerata in modo particolare nella città di Falerii.

L’11 ottobre si celebrava la festa dei

Meditrinalia durante la quale si libava con vino nuovo mescolato al vecchio che, alla stregua di una pozione medicamentosa, doveva contribuire ad allontanare i malanni nonché a rappresentare i due momenti estremi del processo di vinificazione.

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Altra festa di cui gli scrittori antichi

hanno lasciato scarse notizie è quella dei Fontinalia che cadeva il 13 di ottobre. Era questa la festa delle acque che veniva celebrata ponendo corone di fiori sui pozzi e sulle fontane.

La divinità ricordata era Fons (o

Fontus ), che si voleva figlio di Giano che, nella veste di divinità che presiedeva a tutti gli inizi, aveva anche il potere di far sgorgare le sorgenti. Un altare dedicato a Fonte era sul Gianicolo (il colle di Giano), presso la tomba di Numa Pompilio; un altro sacrario del dio era fuori porta Fontinale, ai piedi dell’Arce Capitolina.

Alla metà del mese, il 15 di ottobre, si

svolgeva una suggestiva quanto oscura cerimonia consistente nel sacrificio di un cavallo nella zona detta Ciconiae Nixae in Campo Marzio.

L’animale sacrificato detto October

Equus , o cavallo d’ottobre, era quello di destra della biga vincitrice in una gara che si svolgeva nella zona. La testa del cavallo, tagliata assieme alla coda, veniva contesa come un trofeo dagli abitanti della Suburra (Suburanenses) e quelli della Via Sacra (Sacravienses). Se vincevano i primi la testa veniva attaccata alla cosiddetta torre Mamilia che si trovava nel loro quartiere. Nel caso che la vittoria era riportata dai secondi, il trofeo veniva affisso ad una parete della Regia. Il sangue della coda, debitamente essiccato, veniva poi sparso nei campi dalle Vestali il giorno delle Palilie.

L'ultima importante festività del mese,

l’Armilustrium, cadeva il giorno 19. Con tale nome veniva indicata una località dell'Aventino dove si credeva che Romolo avesse fatto seppellire Tito Tazio. Il reale significato della cerimonia, consistente in pratiche purificatorie, era dibattuto già dagli scrittori antichi. Forse l'intero rituale è riconducibile ad un arcaico rito purificatorio delle armi e dell'esercito eseguito al termine del periodo delle campagne militari che aveva avuto inizio in primavera.

NOVEMBRE

Il corso festivo del penultimo mese dell’anno (il nono nel calendario Romuleo) riproponeva pressoché esattamente quello di settembre.

Il 4 del mese si tenevano i Ludi Plebei, che si svolgevano sotto la sorveglianza degli Edili della plebe, e che rappresentavano per il popolo ciò che i Ludi Romani di settembre significavano per il patriziato. Era questa la festività che forniva alla plebe l’occasione di affermarsi come organismo autonomo, in contrapposizione allo stato romano sostanzialmente patrizio. Anche questi ludi erano dedicati a Giove Ottimo Massimo, al quale però venivano affiancate in questo caso Fortuna e Feronia.

La Fortuna ricordata era quella di

Preneste (Fortuna Primigenia) che veniva contrapposta a Giove, che rappresentava lo stato romano organizzato dai patrizi. Anche Feronia rientrava in questo processo di rivalsa plebea in quanto era considerata la protettrice dei liberti; la dea aveva a Terracina un culto rivolto all’affrancamento degli schiavi.

DICEMBRE

L’8 dicembre venivano festeggiati Tiberino, divinità evidentemente collegata con il fiume, e Gaia.

A Tiberino, il cui culto era fatto risalire a

Romolo, era dedicato un sacello sull’isola, situato probabilmente all’interno di un bosco sacro. Figura minore del pantheon romano, Tiberino costituiva l’entità per mezzo della quale veniva venerato il Tevere, padre di tutte le acque e divinità salutare primigenia, prima ancora che questo ruolo fosse assunto dal greco Esculapio. Prove in tal senso sono fornite dai numerosi ex voto del V-IV secolo a.C. rinvenuti su tutta la riva sinistra del fiume al momento della costruzione dei muraglioni dei lungotevere.

La figura di Gaia è divisa tra due

racconti leggendari diversi. Il primo riguarda Tanaquilla, moglie di Tarquinio Prisco, che aveva romanizzato il proprio nome in Gaia Celia e che veniva ricordata come simbolo di fedeltà coniugale.

A questo personaggio si alludeva con la

nota formula pronunciata dalla sposa al momento del matrimonio "Ubi tu gaius ego Gaia". Il secondo racconto narrava invece di una vestale di questo nome che aveva fatto guadagnare alle componenti dei proprio sacerdozio privilegi di

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cui godevano perché aveva donato al popolo romano il campo Tiberino (Campo Marzio).

L’11 dicembre si tenevano gli ultimi dei

quattro Agonalia dell’anno, dedicati al Sol Indiges (Sole Indigete), cioè il Sole nel periodo in cui inizia a prolungare la sua permanenza all’orizzonte.

Il 13 dicembre vedeva unite nel culto

Tellus e Cerere , che rappresentavano rispettivamente la Terra e il potere generativo della natura. Tellus aveva un tempio sulle Carine (zona compresa tra il Palatino e i Fagutale) davanti al quale era una statua di Cerere.

Il 15 dicembre ricorreva la seconda festa

annuale (oltre quella del 21 agosto) in onore di Conso, ricordato come divinità protettrice del grano seminato. Anche in questa occasione si organizzavano corse di cavalli e di carri.

Nel periodo compreso tra il 17 e il 23

dicembre si tenevano i Saturnalia in onore di Saturno, una delle feste più importanti del calendario antico. La festa era stata istituita nel 497 a.C., anno della dedica del tempio di Saturno al Foro Romano, all’interno del quale era conservato il tesoro dello stato.

Gli scrittori antichi spiegavano tale

istituzione con il fatto che durante il mitico regno di Saturno (età dell’oro) non esisteva la proprietà privata, e di conseguenza non si verificavano furti. Aspetti principali del periodo dei Saturnali erano l’astensione dal lavoro da parte dei cittadini e l’instaurarsi di un clima di trasgressione e licenziosità.

Le differenze sociali venivano

temporaneamente accantonate, gli schiavi sedevano a tavola con i padroni, ed i liberi ostentavano il berretto frigio, tipico copricapo degli affrancati.

Il 19 dicembre era il giorno degli Opalia,

un’altra festività in onore della dea Ops , dea della ricchezza che ben si rapportava al mitico Saturno. Tra le ultime festività dell’anno (21 dicembre) i calendari antichi riportavano quelle tenute in onore di Diva Angerona (Divalia o Angeronalia), entità di incerta origine ed etimologia, che si voleva collegare al ricordo di un’epidemia di angina vinta con l’aiuto della dea.

Il ciclo annuale delle festività si chiudeva infine il 23 dicembre con le Larentalia dedicate ad Acca Larentia, mitica moglie del pastore Faustolo, sulla cui tomba - situata ai piedi del Palatino - venivano fatti sacrifici e recate offerte. (Testo a cura di Franco Astolfi)