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DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA E RESTAURO DELLARCHITETTURA RELAZIONE SULL‟ATTIVITÀ DEI DOTTORANDI ANNO 2011

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DOTTORATO DI RICERCA

IN STORIA E RESTAURO DELL‟ARCHITETTURA

RELAZIONE SULL‟ATTIVITÀ DEI DOTTORANDI

ANNO 2011

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Ciclo XXIII in proroga

Sez. A: Storia

BARONE Mariateresa

Titolo della dissertazione

Palazzo Sylos-Calò a Bitonto e l’architettura rinascimentale in Terra di Bari.

Tutor: prof. Francesco Paolo Fiore Co-tutor: prof. Aloisio Antinori

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca svolta nell‟ambito del dottorato ha perseguito l‟obiettivo di indagare la diffusione e le manifestazioni

dell‟architettura civile rinascimentale sul territorio pugliese, in relazione agli aspetti tipologici e formali e agli apporti

delle diverse culture (toscana, lombarda, veneta, napoletana), che hanno influenzato l‟apparato funzionale e decorativo

delle fabbriche civili esistenti sul territorio.

La tesi si struttura in due parti fondamentali. La prima parte è stata pensata e organizzata per far fronte alla necessità

d‟individuazione e riordino sistematico del cospicuo patrimonio architettonico rinascimentale della Terra di Bari.

L‟operazione è stata condotta indagando i caratteri degli elementi del nuovo lessico utilizzati sia nell‟apparato

decorativo e legati all‟impaginazione delle facciate e dei cortili delle fabbriche civili, sia nell‟organizzazione e nella

distribuzione funzionale degli ambienti che compongono gli organismi. Le espressioni significative che

contraddistinguono la produzione architettonica civile in Puglia si manifestano in un periodo abbastanza lungo,

compreso tra la fine del XV e l‟inizio del XVII secolo. In linea con le altre provincie del Regno di Napoli, la Terra di

Bari presenta un‟architettura caratterizzata da una pluralità di linguaggi e modelli in cui tradizione e innovazione sono

compresenti e al prevalere dell‟una sull‟altra o dalla loro fusione si giunge alla definizione di un nuovo linguaggio, che

presenta una specificità imputabile ad una matrice unitaria derivante dal linguaggio rinascimentale comune a tutta la

penisola, arricchita dal bagaglio tradizionale.

Seguendo esperienze di studio già condotte su altre provincie del Regno, realtà assimilabili a quella pugliese, si è

predisposto un Atlante tipologico, che non ha la presunzione di essere onnicomprensivo ma che ha l‟ambizione di essere

il più completo possibile per fungere da supporto ad altre ricerche che si approccino al tema.

Nella seconda parte della tesi si è scelto di prendere in esame come caso di studio un palazzo che potesse prestarsi ad

essere un caso emblematico da porre a confronto con altre realtà dello stesso genere. Lo studio della fabbrica si

configura, pertanto, anche come caso applicativo a conferma delle potenzialità dell‟operazione di catalogazione

predisposta nella prima parte della tesi.

Palazzo Sylos Calò a Bitonto racchiude in sé valori formali e funzionali, non più presenti in molti manufatti coevi

perché fortemente manomessi o perché già in origine nati senza un preciso programma architettonico. Per la sua

conoscenza è stato necessario effettuare un rilievo e una complessa ricerca documentaria, ma per una definitiva

chiarezza nella ricostruzione delle fasi di realizzazione e trasformazione del palazzo si è rivelato fondamentale il

sostegno dell‟Atlante che ha messo a disposizione un ampio ventaglio di esempi di architetture coeve da porre a

confronto con essa.

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Ciclo XXIII in proroga

Sez. B: Restauro

BUONOMO Barbara

Titolo della dissertazione

Piazza Navona. Trasformazione e stratificazione.

Supervisore: prof.ssa Daniela Esposito

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca si è posta l‟obiettivo di indagare le fasi di formazione, trasformazione e uso di Piazza Navona e di comprenderne le dinamiche formative rispetto alla preesistenza: dall‟abbandono dello Stadio di Domiziano alle grandi trasformazioni di età barocca.

Lo studio è stato condotto secondo un duplice approccio: da un lato l‟indagine più propriamente filologica e materiale delle strutture, dall‟altra l‟analisi dei tessuti urbani che offre diverse letture: quella diacronica, stratigrafica, con una specifica riflessione sulle modalità d‟inserimento nell‟impianto antico, e quella sincronica, orizzontale, che delinea fasi significative dello sviluppo dell‟insieme urbano. Lo Stadio di Domiziano (I sec. d.C.) rimane in uso fino al IV sec. ma risulta conservato, almeno in parte, fino al XV sec. Ciò è probabilmente dovuto a un processo di lunga durata, un progressivo adattamento all‟antico impianto, che non ha mai rifiutato del tutto la preesistenza, ma ha operato in continuità, secondo dinamiche diverse in relazione alle varie epoche storiche e ai differenti contesti: opere ad integrazione o tamponamento, piccole modifiche funzionali, operazioni di distruzione-livellamento o piuttosto di consolidamento-rinforzo. Lo stadio romano era, probabilmente, un luogo destinato a diverse funzioni, anche commerciali, come testimoniano le recenti scoperte archeologiche che ipotizzano la presenza di un‟officina di marmoraio tra le grandi aule sotto la cavea; nella fase di abbandono (V-VI sec.) il rinvenimento di sepolture in diversi punti della piazza ne attesta invece l‟uso funerario. Le nuove funzioni, abitative o di culto (le chiesette sorte nel medioevo in griptis agonis) s‟innestano sul monumento dapprima secondo una logica di spontanea occupazione, sfruttando i fornici che meglio si prestavano ad accoglierle, poi gradualmente e parallelamente all‟espansione urbana e alla crescita d‟importanza dell‟area, saturando i vuoti e occupando gli antichi percorsi. Il tessuto medievale è disomogeneo, con edifici semplici rivolti verso le vie esterne, accostati o divisi da stretti passaggi; spesso hanno un orto sul retro, sull‟antico campus agonis, che si presenta come uno spazio concluso, libero e non coltivato. Il mutare del toponimo da campus a piazza, nella seconda metà del XV sec., testimonia il grande cambiamento urbanistico e sociale di Piazza Navona; le case volgono il fronte principale verso l‟interno, divenuto ormai centro della vita economica e sociale. Si assiste a una maggiore progettualità, sia di „mano‟ pubblica che privata. Le fonti archivistiche attestano modesti interventi di restauro, chiusura di spazi aperti, eliminazione di parti comuni per ottenere spazi abitativi, maggiore articolazione degli ambienti e, soprattutto, la costruzione di palazzi ottenuti, spesso, dalla „rifusione‟ di cellule abitative più antiche. Nel secolo successivo la strategia patrimoniale di grandi enti religiosi (S. Giacomo) da un lato, l‟ascesa sociale delle grandi famiglie (soprattutto i Pamphili) dall‟altro, determinano importanti trasformazioni nel tessuto edilizio, a partire dal versante sud, cambiamenti che caratterizzano ancora oggi l‟immagine di Piazza Navona.

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Sez. B: Restauro

CONDÒ Francesca

Titolo della dissertazione

Regiae Moles: architettura e restauro delle ville del suburbium

Supervisore: prof. Giovanni Carbonara Co-Supervisori: proff. Filippo Coarelli, Francesco Scoppola

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Tema della ricerca sono gli interventi di restauro sulle antiche ville del suburbium, con particolare attenzione

all‟interpretazione dell‟architettura delle ville ed al loro rapporto col contesto. Lo studio propone anche confronti con

simili interventi su ville romane in altri paesi del bacino del Mediterraneo.

Lo studio si è basato soprattutto sulla osservazione diretta dei beni per verificare l‟efficacia degli interventi di restauro

rispetto alle esigenze di conservazione e leggibilità, oltre che sulla ricerca bibliografica e di archivio e, ove possibile, su

colloqui/interviste dirette agli operatori che hanno diretto o progettato gli interventi.

Particolare attenzione è stata rivolta al rapporto Architettura, archeologia, paesaggio, restauro, così da individuare

peculiarità ed elementi comuni degli interventi sugli oggetti esaminati, cercando di leggere in ognuno dei casi quale sia

la relazione col contesto ma anche di evidenziare che cosa sia ancora possibile cogliere della loro “architettonicità”

intrinseca.

Le architetture sono state selezionate soprattutto in base alle peculiari problematiche del loro rapporto col paesaggio

antico e contemporaneo. Infatti, ville come gli Horti Sallustiani e la villa dei Gordiani sono ora inserite entro un

contesto completamente urbanizzato; altre, come quella di Plinio a Castelfusano godono di un contesto naturale che può

in qualche misura essere ancora accostato a quello antico.

Dall‟analisi di ogni singolo caso scaturiscono varie considerazioni su: consolidamenti di strutture ed apparato

decorativo, protezioni, drenaggi, coperture, una discussione sul rapporto col contesto, osservazioni sulle ricostruzioni

didattiche e sull'uso della ricostruzione virtuale attraverso immagini tridimensionali, sui “de-restauri”, sulle misure di

salvaguardia e sui problemi indotti dalla spinta alla “valorizzazione”, intesa come messa a reddito.

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Ciclo XXIII in proroga

Sez. B: Restauro

HUI YANG

Titolo della dissertazione

Restauro attuale in Cina, il caso delle pagode medioevali.

Supervisore: prof. Calogero Bellanca Co-Supervisori: proff. Luigi Gazzola, Maria Grazia Ercolino

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Lo studio storico analitico della Pagoda di Guang Sheng Si, ha fornito un esempio concreto per sviluppare il confronto tra il restauro architettonico in Italia e in Cina; ha messo in evidenza la similitudine della ricerca storica al livello di impostazione generale della metodologia effettuata in Cina con quella italiana, ma ha anche sottolineato come le analisi e le interpretazioni più specifiche dei dettagli abbiano radici culturali profondamente diverse. La prima parte della Tesi ha sviluppato uno studio storiografico sulla pagoda cinese, partendo dai primi stupa sopravissuti che risalgono al secondo secolo a.C., fino al tredicesimo secolo, quando la trasformazione dello stupa indiano in pagoda cinese (sinesizzazione) è stata completata, diventando, quest‟ultima, un tipo dell‟architettura cinese. Si deve segnalare che gran parte dei materiali di studio provengono da altri campi di ricerca sul Buddhismo: storiografia, storia dell‟arte, archeologia, linguistica (che studia le lingue indiane antiche e la storia della traduzione dei Canoni Buddhisti in cinese), ecc.. Conseguentemente, sono stati approfonditi i seguenti argomenti: - problemi terminologici e simbolici: le parole in sanscrito stūpa, caitya, quelle in pali thūpa, tope, quelle in cinese塔[tǎ] e 浮屠[fú tú] e in birmano pagoda (oltre alle lingue occidentali moderne); - nascita e caratteri dello stupa: i monumenti buddhisti più antichi sopravissuti, quelli di Sanchi; il prototipo dello stupa e gli elementi morfologici caratterizzanti; i rituali e i significati religiosi delle sepolture del Buddhismo - sviluppo dello stupa e le tracce delle prime pagode in Cina: gli stili Gandhara, Mathura e Gupta; lo stupa nella Provincia dello Xinjiang; i tre monasteri omonimi chiamati “Cakuri” a Taxila (Pakistan), in Kucha (oggi nella Provincia dello Xinjiang) e a Ye Cheng (Provincia di Hepei); il prototipo “caitya” (parola sanscrita); dallo stile di Gandhara allo stile di Liang Zhou. - la Pagoda di Yong Ling Si a LuoYang, il suo sito archeologico; - pagode del sud del quinto secolo. Di fatto, lo studio dello sviluppo storico, morfologico, tipologico, strutturale e simbolico della pagoda medioevale, si è rivelato quale indispensabile premessa conoscitiva per affrontare i problemi teorici e pratici di questo tipo di monumento. Le successive indagini si sono proposte di approfondire le caratteristiche dei cosiddetti “indicatori cronologici”, (termine mutuato dall‟archeologia medievale) o fonti storiche, cinesi al confronto di quelli italiani. Il lavoro si è poi sviluppato attraverso la ricerca applicata partecipando all‟elaborazione del progetto esecutivo del restauro della Pagoda di Guang Sheng Si, da cui è stato possibile trarre considerazioni teoriche e metodologiche.

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Ciclo XXIII in proroga

Sez. B: Restauro

KARIM EL SHABORY

Titolo della dissertazione

Alessandria d’Egitto: conservazione della memoria storica. Il caso dell’area archeologica di Kôm

el Dikka.

Supervisore: prof. Tancredi Carunchio

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca si è proposta d‟indagare l‟area archeologica di Kôm el Dikka, anche in rapporto con la città contemporanea.

Particolare attenzione è stata posta verso i criteri di valutazione della situazione attuale del sito archeologico di Kom el-

Dikka, sia come aspetti che dovrebbero essere considerati in qualsiasi proposta di riqualificazione dell‟area

archeologica o in qualsiasi raccomandazione da rendere operativa.

Tra gli aspetti che ci si è proposti di indagare e che nella loro complessità non rispondono solo alla conservazione in

senso fisico, ma ad una “Conservazione Integrata”, che prenda in considerazione anche gli aspetti immateriali in questo

processo di riconoscimento di una parte antica della città, si segnalano: l‟integrazione del sito archeologico con il

contesto urbano moderno (la città); gli aspetti relativi al restauro ed alla conservazione; gli aspetti d‟interpretazione e di

comunicazione visiva (interventi museografici); l‟impatto socio-culturale; gli effetti economici e sociali; il

coinvolgimento del pubblico e delle autorità locali.

Attraverso i contatti, di recente intrapresi con l‟archeologo polacco Grzegorz Majcherek, capo della missione

archeologica polacca a Kom el-Dikka, la ricerca si è concentrata sul complesso di Auditoria scoperto a Kom el-Dikka,

adiacente al teatro. La dimensione del complesso e la sua localizzazione nel centro della città antica, lungo il portico che

circondava la piazza principale della città, dimostra l‟importanza che Alessandria dava ai centri d‟istruzione,

mantenendo la sua caratteristica di polo d‟attrazione per studiosi del bacino mediterraneo, ancora fino al tardo Antico.

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. A: Storia

DI GIROLAMO Sabrina

Titolo della dissertazione

Gaetano Minnucci architetto.

Supervisore: prof. Piero Cimbolli Spagnesi

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Il lavoro di ricerca si è posto l‟obiettivo di comprendere le caratteristiche principali dell‟opera e del ruolo svolto da

Gaetano Minnucci nel periodo antecedente la Seconda guerra mondiale. Considerata l‟ampia eterogeneità dell‟attività

svolta dall‟architetto, la ricerca ha inteso illustrare le peculiarità della sua opera, organizzandole in grandi filoni volti a

racchiudere le tematiche affrontate da Minnucci nel periodo oggetto di studio.

Nello specifico, la ricerca ha considerato il costante interesse mostrato da Minnucci per la cosiddetta nuova architettura

italiana del periodo, indagata anche dal punto di vista delle relative tecniche costruttive. Questo è un aspetto trasversale

dell‟argomento che si manifesta fin dall‟inizio della professione di Minnucci anche attraverso i suoi numerosi viaggi

all‟estero, e coinvolgerà tutta la sua attività manifestandosi quasi contemporaneamente nell‟editoria – attraverso le

numerose pubblicazioni soprattutto sulle riviste del periodo – nell‟adesione al Movimento Italiano Architettura

Razionale (M.I.A.R.), nell‟insegnamento attraverso il costante impegno universitario protrattosi anche dopo la Seconda

guerra mondiale e nella progettazione architettonica vera e propria.

Per quanto concerne la sua produzione architettonica, la ricerca ha affrontato l‟approfondimento di temi specifici da lui

trattati diffusamente sempre nel periodo oggetto di studio: i villini – tema correlato al contemporaneo studio

dell‟architettura estera, in particolar modo olandese – gli edifici per l’istruzione – intesi come un insieme più ampio

delle sole scuole per l‟istruzione primaria e secondaria, e che comprende Case Balilla, Case della Gioventù Italiana del

Littorio, accademie e palestre. Segue il periodo dei grandi incarichi, che vede Minnucci, successivamente alla rottura

con i membri del M.I.A.R. e del suo avvicinamento a Marcello Piacentini, impegnato in tutta una serie di opere a

carattere pubblico di particolare importanza: la partecipazione ai lavori della Città Universitaria di Roma (1932-‟35)

come progettista e membro indispensabile dell‟Ufficio tecnico della medesima università su incarico dello stesso

Piacentini, nonché il fondamentale contributo al cantiere dell‟ente Esposizione Universale di Roma del 1942 a seguito

della sua nomina a Direttore del relativo Servizio Architettura e del Servizio Parchi e Giardini.

Dopo aver terminato i sopralluoghi nei diversi archivi e fondi bibliotecari (fondi Gaetano Minnucci, conservati presso

l‟Archivio Centrale dello Stato di Roma e alla Biblioteca centrale della Facoltà di Architettura della «Sapienza»; fondo

Marcello Piacentini, conservato presso la Biblioteca di Scienze tecnologiche della Facoltà di Architettura

dell‟Università degli Studi di Firenze; fondo Esposizione Universale di Roma, sempre all‟Archivio Centrale dello Stato

di Roma e l‟Archivio Storico sempre della «Sapienza» di Roma) e avere eseguito il necessario approfondimento

bibliografico, la ricerca sull‟opera di Minnucci si è occupata delle realizzazioni dedicando particolare attenzione al

Palazzo degli Uffici (1937-1939) – unico progetto autografo noto di Minnucci all‟EUR – al cantiere della Città

Universitaria di Roma del 1932-35 e al Villaggio operaio (1938-1940), progetto attribuito a Minnucci da alcuni

documenti d‟archivio e da fonti bibliografiche contemporanee.

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. A: Storia

ELIA Francesca

Titolo della dissertazione

Pier Luigi Nervi. Le opere e i progetti giovanili (1913-1945).

Supervisore: prof. Piero Cimbolli Spagnesi

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Lo studio sulla prima fase della vita professionale di Pier Luigi Nervi ha appena subito una riorganizzazione alla luce

dei recenti ed ampi contributi che la ricerca scientifica ha fornito sull‟argomento. Grazie ai nuovi apporti si è chiarito

meglio quali siano gli argomenti che, già dall‟impostazione originaria della ricerca, si era ritenuto necessario

approfondire. In particolare è stata confermata la necessità di analizzare ogni opera in rapporto ai modelli figurativi

coevi, alle procedure di calcolo strutturale utilizzate in confronto alla prassi dell‟epoca e – non per ultimo – al modo di

costruire sperimentale dell‟ingegnere in parallelo alla prassi ratificata dalla manualistica. Si è rilevato che la maggior

parte dei contributi analizzati fin‟ora si sono limitati a prendere in esame uno, o al massimo due, dei tre aspetti

strettamente interrelati e per questo sembra necessario proporre un‟analisi completa e trasversale delle opere

significative dell‟ingegnere nell‟arco cronologico considerato. Nello specifico la ricerca di alcune costanti all‟interno

della progettazione di Nervi, insieme al tentativo di tratteggiare la sua crescita professionale, ha mostrato delle notevoli

differenze di approccio in opere cronologicamente vicine. Queste discrepanze, rispetto alle teorie sul suo metodo, sono

state in parte colmate dall‟approfondimento riguardo la sperimentazione e i brevetti in cemento armato, che hanno

accompagnato quasi l‟intero arco della sua carriera. In sostanza, la ricerca ha inteso individuare la personalità di Nervi e

le sue capacità in stretta relazione con il contesto storico, abitualmente tralasciato negli approfondimenti monografici

fino ad adesso dedicatigli. D‟altra parte, l‟individuazione di quanto l‟ingegnere sia un uomo del suo tempo, appare

condizione necessaria per una corretta valutazione critica del suo apporto alla storia dell‟architettura.

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. A: Storia

MARGUTTI Stefano

Titolo della dissertazione

Francesco Croce architetto (1696-1773).

Supervisore: prof. Augusto Roca De Amicis co-Supervisore: prof.ssa Irene Giustina

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Il lavoro ha permesso di ricostruire con precisione il corposo e complesso catalogo di opere riconducibili all‟attività di

Francesco Croce, tracciando una precisa distinzione tra le fabbriche interamente progettate e dirette nei lavori di

cantiere, quelle in cui il suo intervento si è sovrapposto a realtà preesistenti e quelle in cui il contributo si è limitato a

semplice consulenza.

L‟analisi delle fonti documentarie e della bibliografia specifica ha appurato anche l‟esistenza di un consistente numero

d‟interventi ai quali il nome di Croce è stato affiancato, lasciando però aperti molti dubbi sulla loro effettiva

attribuzione. Tale situazione ha indotto a concentrare l‟attenzione sulle opere di sicura paternità, salvo poi, alla luce

delle considerazioni emerse sulle fabbriche originali, considerare anche i casi poco chiari.

La mancanza di studi specifici sulla figura di Croce ha reso indispensabile una ricostruzione del profilo biografico

dell‟architetto e un tentativo di ricostruzione della formazione giovanile utile per individuare i maestri, i modelli e le

culture artistico-architettoniche che più l‟hanno influenzato; accanto a ciò un lavoro sistematico sull‟intero corpus

architettonico, per il quale sono state redatte schede relative ad ogni singola opera, nelle quali sono state rilevate le

tappe evolutive e la portata dell‟intervento dell‟architetto. Obiettivo di tale lavoro è stato quello di valutare, con

maggiore attenzione, per le fabbriche più rilevanti, se esista un modus operandi specifico e originale di Croce, e se

questo fosse coerente o meno in tutta la sua vasta produzione. In questo senso, è stato approfondito l‟esame delle

fabbriche condotto attraverso un taglio tipologico che ha permesso di riconoscere una tendenza marcata a variare il

vocabolario a seconda della tipologia formale e funzionale che l‟architetto doveva affrontare. Questo ha suggerito di

sviluppare l‟analisi perseguendo il taglio critico per tipologie architettoniche, ritenendolo il metodo più adeguato per

osservare all‟interno di gruppi di opere accomunate da criteri formali e tipologici codificati se Croce adotti un

atteggiamento coerente e costante, legato a particolari soluzioni o se invece predomini una libertà inventiva e lessicale

tale da rendere arduo riconoscere un comune denominatore .

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. B: Restauro

CESARANO Fabiana

Titolo della dissertazione

L’ambito urbano dell’Augusteo: studio di una vicenda trasformativa non ancora compiuta.

Supervisore: prof.ssa Maria Piera Sette co-Supervisore: prof. Marcello Fagiolo

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Lo studio dell‟ambito urbano dell‟Augusteo apre a tematiche vive nel dibattito culturale del secolo scorso con echi

ancora oggi di grande attualità. Nell‟area di Piazza Augusto Imperatore a Roma, caratterizzata dalla presenza di

emergenze di rilevante interesse storico-artistico, emergono infatti con grande evidenza le problematiche insite nel

binomio archeologia - città contemporanea.

Lo studio ha inteso mettere in luce i diversi atteggiamenti che, nel tempo, hanno configurato gli interventi di

sistemazione dell‟ambito in esame, operando una sorta di verifica dei metodi e delle procedure adottate. In questa

prospettiva, è stato indagato il rapporto antico e nuovo e la conseguente legittimità di inserimento dell‟architettura

moderna in contesti stratificati che qui si traduce nelle grandi trasformazioni condotte sull‟area oggetto di studio,

caratterizzata dalla presenza di emergenze di rilevante interesse storico-artistico; ciò significa che nel rivolgere

attenzione ai modi attraverso i quali si compone la dialettica fra le preesistenze, non poteva non venire considerata

l‟unitarietà dell‟insieme che è stato e continua ad essere segnato da interventi che hanno riformulato tanto la

configurazione spaziale quanto le connessioni con la cosiddetta città consolidata.

L‟ambito urbano dell‟Augusteo esemplifica bene il concetto di continuità nella trasformazione; in effetti, l‟analisi

condotta sulla sua „struttura‟ ha fatto registrare un'aggregazione additiva di singoli episodi che vanno ad innestarsi sulla

città antecedente fatta di tessuti differenziati, di assi polarizzanti, di direttrici e di lottizzazioni ad origini differenti; ciò

che costituisce il sottofondo strutturale di interrelazioni stradali e di presenze insediative proiettate verso esiti attuativi

inevitabilmente autonomi e giustapposti.

Lo studio si è avvalso di fonti edite ed inedite e si è sviluppato attraverso il contatto diretto con la realtà dei luoghi; ciò

ha consentito - con l‟ausilio della documentazione grafica, cartografica e iconografica, messa in relazione ai rilievi degli

scavi in corso - di restituire, nelle diverse fasi di sviluppo, tanto l‟assetto generale quanto quello particellare, relazionato

alle singole unità edilizie.

Inoltre, per delineare tutte le dinamiche del processo formativo ed evolutivo dell‟organismo esaminato, sono stati presi

in considerazione anche “i recenti tentativi di ricontestualizzazione” del mausoleo nella continuità urbana (“Concorso

internazionale per la riqualificazione del Mausoleo di Augusto e di Piazza Augusto Imperatore a Roma”, 2006), così da

consentirne una valutazione comparativa in relazione alle premesse conoscitive emerse dallo studio effettuato.

Nel corso della ricerca è stata avviata una collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni culturali del Comune di Roma:

presso il cantiere di scavo, circa i recenti ritrovamenti archeologici e presso il Centro documentazione “Antonio

Cederna”, per ciò che concerne la georeferenziazione e l‟archiviazione dei dati topografici, archeologici e cartografici

(sistema GIS).

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. B: Restauro

DANTE Marta

Titolo della dissertazione

Le mura “serviane”: questioni di storia, conservazione e restauro”.

Supervisore: prof. Giovanni Carbonara co-Supervisore: prof. Pietro Ruschi

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca ha preso avvio dallo studio della storia e della storiografia delle Mura c.d. “serviane”, cinta della Roma

arcaica che le fonti (Livio, Dionigi di Alicarnasso, Strabone) fanno risalire a Servio Tullio (VI sec. a. C.), la scuola

ipercritica dell‟‟800 attribuisce all‟epoca repubblicana (IV sec. a. C.) e che oggi sono identificate in resti archeologici di

vari materiali (tufo grigio granulare, tufo giallo della via Tiberina, tufo lionato) e tecniche costruttive (opus quadratum e

opus cementicium con rivestimento in opus quadratum) appartenenti a differenti fasi evolutive del circuito. La

rappresentazione delle mura nell‟iconografia storica ricalca la vicenda storiografica: nel XVI sec. si registra l'orografia

dell'agger (tratto di fortificazione artificiale della zona pianeggiante tra Viminale ed Esquilino) e lo si attribuisce a

Tarquinio; nel XVIII sec. si determina l'attribuzione a Servio Tullio e s' ipotizza un tracciato complessivo; nel XIX sec.

si documentano le tracce reali del circuito murario.

La ricognizione dei resti attuali è stata realizzata raccogliendo i dati relativi alle singole unità morfologiche: ne è

risultata una tabella che registra un centinaio di voci , delle quali circa trenta risultano oggi ancora esistenti. Tale lavoro

ha inteso anche individuare il posizionamento univoco su base cartografica aggiornata della odierna frammentaria

consistenza di questo monumento nonché la sperimentazione di un GIS (all‟interno del Sistema Informativo Territoriale

Archeologico di Roma della Sovrintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma) in cui raccogliere dati

geometrici, iconografici ed alfanumerici relativi ad ogni singolo tratto.

Per quanto attiene lo studio dello stato di conservazione è stato avviato un proficuo lavoro con l‟IsCR per

e dei restauri conservativi effettuati su alcuni siti negli anni ‟80 e ‟90 da una parte, il lavoro inserire le mura nel progetto

“Carta del Rischio”: ciò che consente una rilevazione dello stato di conservazione ed il calcolo della vulnerabilità, con

parametri confrontabili, per tutti i tratti murari.

In collaborazione con l'Istituto di Scienze dell'atmosfera e del Clima del CNR, si è sviluppata una ricerca sulla

valutazione del rischio ambientale del complesso di Termini e di P.zza Albania attraverso lo studio del soleggiamento

dei tratti murari ed il rilievo dei dati di igrometria, temperatura e vento nelle zone di maggior degrado in condizioni

stagionali differenti.

In sostanza, lo studio del degrado dei materiali tufacei di rilievo, catalogazione e contestualizzazione dei resti murari

dall‟altra, costituiscono il fondamento di „linee guida‟ opportunamente delineate per la conservazione e valorizzazione

del complesso murario c.d. “serviano”, oggi sostanzialmente invisibile nel contesto urbano ma degno di un‟attenzione

maggiore per il valore storico-documentale che racchiude.

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. B: Restauro

PICCHIONE Aura

Titolo della dissertazione

Verso il restauro moderno: anticipazioni conservative fra Seicento e Settecento.

Supervisore: prof. Giovanni Carbonara

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Le anticipazioni conservative e il rispetto per la materia antica nascono sul finire del Cinquecento nel mondo antiquario

degli eruditi e dei letterati. Un nuovo atteggiamento verso l‟antico che matura soprattutto nel Settecento, secolo durante

il quale vengono affermati alcuni “principi-guida del restauro” che dapprima ritroviamo soprattutto negli scritti, poi in

alcune realizzazioni e, più tardi, anche negli interventi in architettura.

In questo senso, proprio per cogliere i fenomeni anticipatori nella loro interezza, lo studio non si è limitato al solo

ambito architettonico ma a tutti i campi artistici, infatti oltre a considerare i contributi dei letterati e degli eruditi,

nonché gli scritti di estetica e di storia, ha cercato di rappresentare il clima culturale in cui matura la concezione

moderna del restauro.

Di fatto, la ricerca si è concentrata sull‟approfondimento del periodo compreso tra Controriforma e Barocco durante il

quale il rinnovato interesse per le antichità cristiane influenza l‟attività architettonica ed urbanistica con esiti a volte

contraddittori. In proposito, si è registrato che alcuni degli interventi di maggior rilievo tra quelli realizzati tra la metà

del Seicento e l‟inizio del Settecento, risultano ispirati a istanze conservative e accomunati dalla forte impronta della

committenza; parallelamente, la ricerca ha approfondito lo studio dei personaggi che, attraverso le loro riflessioni e i

loro interventi, anticipano le nuove tendenze: tra queste, figura di rilievo è quella di Giovan Pietro Bellori, il quale

riveste la carica di Commissario di Antichità fra il 1670 e il 1694. Altresì, di particolare importanza, appare il ruolo

della ricerca antiquaria, che già nella seconda metà del XVI secolo si connota come disciplina autonoma rispetto all‟ars

historica; in effetti, gli antiquari, basandosi sulla lettura e sulla sistematizzazione di ogni tipo di reperti ritrovati

(scultorei, numismatici, architettonici, musivi, etc), iniziarono a distinguere tra fonti originarie e fonti di derivazione,

trasformando di fatto la concezione e l‟uso delle fonti.

Inoltre, speciale attenzione è stata rivolta al connubio fra immagini e testo scritto che, a partire dai “musei cartacei” del

Seicento, diventa sempre più intimamente connesso fino a raggiungere nel Settecento un rapporto paritario. In effetti, la

centralità dell‟osservazione quale strumento di conoscenza e di indagine si ritrova già nelle guide seicentesche; di fatto,

proprio questo continuo riferimento all‟”osservare”, al “vedere”, al “notare”, dà conto di tale nuovo atteggiamento che,

progressivamente, esige una sempre maggiore precisione in modo che anche le rappresentazioni siano fedeli alla realtà e

aderenti alla verità.

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. B: Restauro

TETTI Barbara

Titolo della dissertazione

Luigi Vanvitelli e gli interventi sulle preesistenze.

Supervisore: prof.ssa Maria Piera Sette co-Supervisore: prof.ssa Maria Grazia Turco

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca svolta ha cercato di verficare se fosse possibile distinguere nell‟attività di Luigi Vanvitelli, protagonista del panorama architettonico della seconda metà del Settecento, un atteggiamento rivolto al “restauro”, inteso come modalità operativa distinta dall‟atto di formazione dell‟opera, consapevolmente definita ed espressa. Vanvitelli progetta e realizza circa cinquanta interventi su edifici esistenti, fra i quali figurano ville, palazzi, chiese, santuari, monasteri e conventi nello Stato Pontificio, nel Granducato di Toscana, nel Regno di Napoli e nel Ducato di Milano. Fra queste operazioni sono comprese operazioni di aggiornamento, realizzate attraverso l'uso di elementi decorativi, di ammodernamento, compiute mediante la modificazione o l'inserimento di importanti elementi architettonici e di completamento. Attraverso la comparazione degli interventi realizzati con le descrizioni riportate nella documentazione autografa è stato possibile precisare il significato dell‟attività di „restauro‟ il quale - affiancato dalle parole «assicurare», «risarcire», «rimediare», «accomodare», «manierare» - individua azioni regolate su elementi esistenti; in antitesi, mediante il lemma „rinnovare‟ - cui sono abbinate le locuzioni «fare di novo», «edificare» e «fabbricare» - vengono descritte operazioni in cui la relazione con la preesistenza appare fortemente limitata. Il termine „restauro‟ risulta puntualmente associato agli interventi svolti nel Palazzo Reale a Napoli e nella chiese di S. Agostino e S. Maria degli Angeli a Roma, mentre, fra le altre espressioni, il lemma „rinnovare‟ ricorre soprattutto nelle descrizioni delle operazioni condotte sulla Santa Casa di Loreto, nel complesso di S. Agostino a Roma - per il convento, la libreria e la sagrestia - e per le chiese napoletane di S. Luigi di Palazzo e della SS. Annunziata. Sulla base di queste considerazioni, l‟approfondimento si è concentrato sugli interventi condotti sulle fabbriche religiose in area romana, in particolare sulla basilica e sulla casa generalizia agostiniana, sulla certosa e su una serie di realizzazioni per cappelle ed altari. Le considerazioni articolate sui casi considerati sono state messe in relazione con altri progetti che non ricadono nella definizione di „restauro‟; inoltre, attraverso l‟esame dei documenti relativi al dibattito del tempo, si è cercato di chiarire come l‟atteggiamento vanvitelliano nei confronti delle preesistenze fosse strettamente legato alla valutazione della possibilità di conservare ciò che sussiste integrandolo con le necessità di funzione e alla considerazione che quanto è andato quasi integralmente distrutto, essendosi costituito mediante un processo stratificato, non possa essere riproposto simultaneamente nel presente e quindi compreso nell‟intervento di „restaurazione‟. In questo senso, rimanendo all‟interno della lessicografia settecentesca, lo studio è stato rivolto al confronto delle enunciazioni; da qui è emersa con chiarezza l‟importanza d‟individuare e di comprendere le diverse sfaccettature e accezioni del lessico di Vanvitelli; in particolare, si è rivelato basilare andare a ricercare, all‟interno dei suoi scritti autografi, i diversificati concetti e i vari significati attribuiti dall‟architetto alle singole operazioni condotte sugli organismi architettonici esistenti. Risulta chiaro che nell‟attività vanvitelliana la nozione di „restauro‟ venga direttamente associata ad azioni in cui le nuove attribuzioni formali risultano basate su elementi esistenti; ciò nondimeno anche negli episodi legati al „rinnovamento‟, cui corrispondono operazioni orientate a conferire una nuova definizione e in cui il riferimento alla preesistenza appare ridotto al minimo, l‟architetto si dimostra prudente e rispettoso di ciò che esiste ed in questo senso la modalità operativa può essere annoverata entro il cosiddetto “riattamento” che „accomoda‟ ma non trasforma.

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Ciclo XXIV (terzo anno)

Sez. B: Restauro

KAZOU Adnan

Titolo della dissertazione

L’Applicazione delle tecnologie ambientali e l’uso della energia rinnovabile nel restauro

dell’Architettura della città araba antica (il caso di studio Aleppo-Siria). Supervisore: prof. Tancredi Carunchio

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Lo studio si è proposto di conoscere e indagare, anche ai fini di possibili interventi di restauro, le tecnologie tradizionali

e l‟uso dell‟energia rinnovabile negli edifici della città araba antica.

La tesi ha inteso affrontare le tematiche di analisi e le questioni progettuali relative agli interventi di recupero, restauro e

conservazione degli edifici in rapporto al contesto ambientale e culturale del sito.

Oltre alla lettura della letteratura specifica, le indagini sono state condotte sul luogo, studiando direttamente edifici e

tecniche costruttive e ambientali utilizzate nel passato per rispondere alle particolari esigenze ambientali e

microclimatiche dei paesi Arabi. Si tratta di ‟accorgimenti‟ che variano da un luogo all‟ altro tanto da assumere diverse

denominazioni e diverse forme come nel caso del Malqaf Alhawa che in Siria significa cacciatore del vento, invece nel

Golfo e in Iran si chiama Badjir, parola persiana.

In questa prospettiva, la ricerca si è sviluppata attraverso un‟analisi ragionata dei diversi tipi di accorgimenti utilizzati

nei paesi arabi in rapporto a climi differenti, ma anche in relazione alle differenziate tipologie edilizie (edifici

residenziali, scuole, ospedali, ecc.) tipiche del luogo.

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. A: Storia

GUIDOBONI Francesco

Titolo della dissertazione

Giovanni Niccolò Servandoni (1695-1766). Architetto e scenografo Supervisore: prof. Aloisio Antinori co-tutela con l‟università Sorbonne-Parigi supervisore: prof. Etienne Jollet

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione Dopo aver eseguito la raccolta del materiale bibliografico e iconografico inerente la vita e l'opera di Giovanni Niccolò

Servandoni, è stata condotta l‟individuazione e la ricognizione sistematica delle fonti e successiva schedatura e

catalogazione delle stesse. E' stato quindi redatto un elenco delle opere architettoniche attribuite a Servandoni, elenco

che sarà sicuramente arricchito e revisionato con il proseguimento dell'indagine.

Dopo queste prime operazioni, fondamentali per intraprendere la ricerca, si è notato che tanti studiosi si sono occupati

della vita di Servandoni solo a partire dal suo arrivo a Parigi nel 1724, mentre rimaneva oscuro il periodo della sua

formazione.

Dopo aver avviato la ricerca all'interno dell'Archivio Nazionale di Firenze, ed in particolar modo nel Fondo

dell'Accademia del Disegno, lo studio si è sviluppato grazie ad alcuni sopralluoghi nelle biblioteche e negli archivi di

Parigi, dove è stato possibile continuare la raccolta del materiale bibliografico inerente l'architetto, come dimostra il

Necrologe e dell'Eloge del Cavalier Servandoni, con relativo elenco delle opere.

Riorganizzando il materiale reperito durante il periodo di studio trascorso a Parigi, la ricerca si è focalizzata soprattutto

sulla comprensione della fabbrica della facciata di Saint-Sulpice, grazie allo studio dei progetti presentati al concorso

del 1732 e delle successive varianti e sul materiale inerente la descrizione delle scenografie progettate da Servandoni

per l'Opéra e per la Salle des Machines delle Tuileries.

Un‟altra tappa fondamentale della ricerca è quella inerente gli anni - dal 1745 al 1751 - in cui Servandoni si vede

costretto a partire da Parigi per cercare fortuna nelle grandi corti europee. Dopo un viaggio a Bordeaux nel febbraio del

1745, durante il quale organizza i festeggiamenti per il matrimonio dell'Infanta Maria Teresa Raffaella con il Delfino di

Francia, lo troviamo a Madrid, dove esegue alcuni disegni per il sovrano - forse per lo scalone d'onore del nuovo

palazzo reale – e poi a Lisbona, quando redige i progetti per il grande palazzo-convento das Necessidades, e per gli

apparati effimeri dedicati ad una grandissima festa per gli Inglesi presenti in città, in onore della vittoria riportata dal

Duca di Cumberland nella battaglia di Culloden. Alcuni importanti documenti conservati all‟interno dell‟archivio

Segreto Vaticano, nel fondo Nunziatura del Portogallo, hanno aiutato a far luce su questo periodo della vita

dell‟architetto.

Ancora, il lavoro di ricerca ha cercato di ricostruire il soggiorno di Servandoni a Bruxelles, con l‟identificazione di tutti

i documenti, conservati negli Archives Général du Royaume, inerenti l‟opera dell‟architetto negli allora Paesi Bassi

austriaci. Qui Servandoni, ha potuto lavorare per le illustri famiglie ducali degli Ursel e degli Arenberg, finanziatori

dell‟Opèra di Bruxelles e perciò legati strettamente a Jean Nicolas Servandoni d‟Hannetaire, figlio del nostro, che ne era

direttore.

Lo studio sta proseguendo in questa direzione.

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. A: Storia

PEPE Maria Teresa

Titolo della dissertazione

L’architettura del Seicento ad Arezzo e nella Valdichiana aretina: i rapporti con Firenze e Roma Supervisore: prof. Marcello Fagiolo Co-supervisore: prof.ssa Maria Luisa Madonna

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione Obbiettivo della ricerca è lo studio degli episodi architettonici del territorio aretino tra 1580 e 1680, al fine di

focalizzarne le relazioni coi poli culturali di Firenze e Roma e di individuare eventuali risultati di sintesi.

Sono stati scelti il cortonese e la Valdichiana aretina come area d‟indagine in virtù della peculiare posizione geografica

“di confine” tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio. Infatti se il rapporto tra Firenze e Roma si esplicita attraverso

la committenza medicea (a partire da Ferdinando I, proprio in ragione della sua precedente esperienza cardinalizia) e

delle più importanti famiglie toscane, per quanto riguarda l‟ambito provinciale è stata ravvisata una doppia tendenza che

privilegia il riferimento alla Dominante (anche per ragioni di ordine politico, burocratico-amministrativo e

giurisdizionale) senza trascurare riferimenti al linguaggio romano in ragione della presenza di importanti personalità

locali, impegnate in brillanti carriere ecclesiastiche e politiche (e perciò smaniose di ostentare il proprio status

attraverso una committenza di prestigio) nonché di architetti, ingegneri e operatori attivi nel territorio e, per

committenza o formazione, in contatto con Roma.

Sono stati scelti come oggetto d‟indagine esemplificativa di tali dinamiche culturali: Filippo, Luca e Lorenzo Berrettini.

I Berrettini risultano infatti impegnati a vario titolo non solo in interventi architettonici a Cortona e nel territorio della

Valdichiana ma anche nei cantieri romani al seguito di Pietro da Cortona. D‟altra parte Mariotto di Pietro Radi è attivo a

Cortona in S. Maria Nuova; Agostino Radi, figlio di Mariotto e marito di Giuditta Bernini dal 1624, lavora nei cantieri

berniniani fino alla morte, avvenuta a Roma tra il 1650 e il 1655; Bernardino Radi, fratello di Agostino, è presente a

Firenze -tra le altre cose- come autore di proposte progettuali per la facciata di S. Maria del Fiore nel 1643 e a Roma nei

cantieri di Pietro e Gianlorenzo Bernini; in fine Bencivenne Radi, fratello di Bernardino con cui si forma a Roma,

risulta, secondo fonti inedite da verificare, architetto di Innocenzo X. Impegnati sui due fronti culturali, questi

personaggi sono parte attiva di quelle contaminazioni lessicali e di quel veicolare di soluzioni sintattiche, oltre che

tipologiche, che trovano eco nel dibattito critico sulla refrattarietà toscana nei confronti della “novità barocca” e per cui

tuttavia non erano certo mancati autorevoli pretesti e occasioni per poter approdare a Firenze, sebbene senza sortire gli

auspicati esiti. Si pensi alle reiterate iniziative (1646, 1659, 1671), intraprese da Bernini per introdursi presso la Corte

medicea attraverso la mediazione di Don Mattias o ai non realizzati progetti di rinnovamento della facciata di Palazzo

Pitti (per cui l‟intervento del Cortona si limitò alla decorazione delle sale).

Al fine di definire il contesto locale, si è inteso procedere con una schedatura sistematica delle emergenze edilizie

significative in modo da evidenziare e comparare elementi lessicali, soluzioni tipologiche, prassi d‟intervento e

tematiche.

Nelle fabbriche religiose degli ordini mendicanti, ad esempio, è stata individuata la prassi della riorganizzazione dello

spazio ecclesiale con la traslazione del coro dietro l‟altare maggiore (chiesa dei Francescani e dei Domenicani di Foiano

della Chiana e dei Francescani di Cortona e di Castiglion Fiorentino) e con la sistemazione simmetrica degli altari

laterali; tale prassi, incoraggiata dai vescovi a livello locale è stata contestualizzata nel clima di rinnovata ritualità

cultuale al fine di salvaguardare e legittimare lo stato territoriale toscano.

Al fine di argomentare le dovute considerazioni scientifiche, la schedatura sistematica riguarda l‟intero corpus delle

fonti (materiale bibliografico, fotografico e archivistico, grafico e documentario).

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. A: Storia

RUSSO Antonio

Titolo della dissertazione

Loreto 1550-1630: la Basilica, il Palazzo Apostolico, le Mura Supervisore: prof. Augusto Roca De Amicis co-Supervisore: prof. Bruno Adorni

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca intende indagare la vicenda della costruzione della cappella ducale di palazzo Farnese in Piacenza e del suo

progettista: ad oggi la questione non è del tutto risolta.

Dopo aver condotto lo spoglio documentario di alcuni fondi presenti nell‟Archivio di Stato di Parma, è stata eseguita

una “cronotassi” dei documenti inediti rintracciati che riguardano: la presenza di Lattanzio Ventura nel ducato di Parma

e Piacenza a partire dall‟ottobre 1592, la fabbrica della Cittadella di Piacenza (palazzo Farnese) e la costruzione della

cappella ducale in oggetto.

Il riordino cronologico e la trascrizione dei documenti hanno permesso di giungere ad alcune considerazioni che fanno

luce sull‟attività del Ventura al servizio del duca Ranuccio I Farnese e hanno apportato nuove conoscenze sulle

commissioni affidategli, ma pure hanno informato sulle presenze e sui ruoli svolti dai protagonisti delle vicende di

cantiere del palazzo della cittadella e in particolare della cappella ducale.

Contestualmente alla ricerca in ambito parmigiano sull‟attività del Ventura, è proseguito lo spoglio documentario a

Loreto, nell‟archivio della Santa Casa, dove Lattanzio ricoprì la carica di architetto dal 1582 al 1595.

In sostanza, la ricerca documentaria si è sviluppata in diversi archivi italiani ed esteri: Archivi di Stato di Ancona,

Parma, Piacenza, Roma, Archivio della Santa Casa di Loreto, Biblioteca Universitaria di Urbino; Archivio Segreto

Vaticano, Archives des Pieux Etablissements de France à Rome et à Lorette, Biblioteca Apostolica Vaticana, Victoria

and Albert Museum). La documentazione reperita: atti, epistolari, disegni, stampe, riguarda tre ambiti di ricerca relativi

alla città-santuario di Loreto tra Cinque e Seicento; in particolare la tesi avrà come temi: le modifiche e i completamenti

della basilica lauretana in età postridentina; la fabbrica del palazzo apostolico considerato sia formalmente, per la sua

facies architettonica, sia dal punto di vista urbano, per l‟importanza che riveste nel definire la piazza antistante la

basilica, e infine, il potenziamento delle mura cittadine conseguente al fallimento del progetto sistino di “città felice”.

L‟importanza storica del santuario e la committenza d‟eccezione fanno della città marchigiana un caso di estremo

interesse nella comprensione delle dinamiche dello sviluppo urbano e delle analisi delle tendenze architettoniche nel

periodo a cavallo tra i secoli sedicesimo e diciassettesimo. Attraverso la nuova documentazione sia grafica che testuale

si procederà a una sistematizzazione delle informazioni già acquisite e si apporteranno novità utili alla comprensione

delle vicende storiche della città di Loreto nelle sue emergenze più significative: la basilica, il palazzo apostolico, le

mura.

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. B: Restauro

BATTIPAGLIA Manuela

Titolo della dissertazione

La dimensione del tempo nell’approccio alle opere del passato in età Tardo Antica Supervisore: prof. Giovanni Carbonara co-Supervisore: prof. Stefano Catucci

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca, finalizzata a riconoscere e indagare la relazione tra le riflessioni filosofiche sul concetto di tempo e le

modalità d‟intervento sulle opere del passato in epoca tardoantica – è stata estesa all‟età carolingia ed è avanzata

seguendo diversi canali d‟esplorazione:

- la consultazione di opere letterarie contenenti elementi potenzialmente utili al confronto tra il pensiero speculativo sul

tempo e quello sul restauro, e, laddove possibile, alla verifica delle ripercussioni di tali idee sulla prassi dell‟epoca. A tal

proposito, lo studio si è prevalentemente concentrato sulle Variae di Cassiodoro Senatore, su diversi scritti di papa

Gregorio I e sulle opere enciclopediche Etymologiarum sive Originum di Isidoro di Siviglia e De rerum naturis di

Rabano Mauro;

- l‟approfondimento del concetto di materia a partire dai dogmi cristiani, al fine di comprendere se e in quale misura il

valore attribuitole nel corso del tempo può aver inciso sulla formazione di una cultura del rispetto della materia

autentica. Ciò ha comportato uno specifico interessamento al culto delle reliquie dei martiri e dei santi quale particolare

forma di attenzione verso la materia fisica e i significati da questa veicolati;

- l‟esame del fenomeno del reimpiego delle vestigia quale strumento di ripresa ideologica dell‟antico, con specifico

rinvio alle pratiche del regno ostrogoto e dell‟impero carolingio.

Concluso lo stadio di reperimento e lettura dei riferimenti bibliografici, s‟intende procedere alla sistematizzazione del

materiale raccolto con l‟obiettivo di definire la tenuta della riflessione.

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. B: Restauro

CRIALESI Silvia

Titolo della dissertazione

Inserimento dei ministeri nei complessi conventuali a Roma dopo l’Unità d’Italia: atteggiamenti

dottrinari, normativa e realizzazioni a confronto Supervisore: prof.ssa Maria Grazia Turco

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca si prefigge di indagare le trasformazioni subite dai numerosi complessi conventuali romani, subito dopo

l‟annessione della città al Regno d‟Italia (settembre 1870) e la successiva soppressione dell‟asse ecclesiastico. Molti di

questi organismi architettonici vengono utilizzati per ospitare le sedi dei ministeri e degli uffici governativi connessi al

funzionamento della nuova capitale del Regno, come era successo solo pochi anni prima in occasione del trasferimento

della capitale da Torino a Firenze. Sono stati selezionati alcuni casi di studio esemplificativi del fenomeno: il complesso

di S. Silvestro in Capite, divenuto sede del Ministero dei Lavori Pubblici e dei dipartimenti centrali delle Poste e dei

Telegrafi, quello di S. Agostino, trasformato in sede del Ministero della Marina, il convento dei SS. Apostoli, scelto

come sede provvisoria del Ministero della Guerra, e i due conventi contigui di S. Teresa delle Carmelitane Scalze e

della SS. Incarnazione del Divin Verbo delle Barberine, uniti per ospitare tale dicastero in via definitiva.

Conclusa la ricerca bibliografica, è in corso la ricerca documentaria presso l‟Archivio Centrale dello Stato, con

particolare attenzione al materiale relativo al complesso di S. Silvestro in Capite. Sono stati rintracciati numerosi

disegni e documenti inediti, che permettono di individuare chiaramente le diverse fasi della trasformazione del

complesso conventuale, comprese ipotesi alternative e ulteriori progetti, alcuni dei quali mai realizzati. Tale materiale è

stato analizzato e contestualmente sono state redatte delle schede riassuntive sulla documentazione grafica ed

archivistica presente.

Parallelamente sono state considerate anche le trasformazioni di alcuni complessi conventuali fiorentini avvenute in

circostanze analoghe pochi anni prima, al fine di poter poi mettere a confronto le due esperienze, e desumerne

atteggiamenti e posizioni comuni.

Dalla lettura e dal raffronto della documentazione grafica e archivistica e, inoltre, dall‟analisi diretta di alcuni

organismi, si intende delineare motivazioni, aspirazioni ed atteggiamenti dottrinari di tali trasformazioni nell‟ambito

culturale del periodo; un ulteriore approfondimento riguarderà le reazioni dell‟opinione pubblica e degli esponenti della

cultura e del restauro espresse attraverso i quotidiani e i periodici dell‟epoca.

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. B: Restauro

DE LUCA Emilio

Titolo della dissertazione

Il tessuto edilizio di espansione nel primo Seicento a Roma: vicende, caratteri e problemi di

restauro Supervisore: prof. Maurizio Caperna

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

L‟argomento della ricerca riguarda lo studio del tessuto edilizio di espansione, pianificato e realizzato a Roma all‟inizio

del XVII secolo. Dopo un primo inquadramento storico, finalizzato a precisare le condizioni esistenti e le dinamiche che

hanno determinato la crescita della città, l‟indagine ha inteso esaminare la vicenda relativa all‟edificazione del tessuto

edilizio della Suburra nel rione Monti, facente seguito alla lottizzazione dell‟adiacente area dei Pantani.

Diversi segnali abbastanza evidenti hanno indicato la presenza di sviluppi particolari e innovativi rispetto all‟edilizia

cinquecentesca. Nello specifico si è evidenziata la comparsa, già, di tipi edilizi in linea, che si affiancano ai più

consolidati tipi a schiera.

Il processo di formazione dell‟area, le analisi tipo-morfologico degli organismi residenziali, le trasformazioni avvenute

nel tempo, sino alla fase attuale, costituiscono i necessari approfondimenti. La redazione della planimetria dell‟area di

studio è stata svolta sulla base di una lettura critica delle cartografie attuali disponibili (mappa Cartesia aggiornata al

2005, mappa catastale risalente agli anni 1960-1970, fotopiano del 1991). La porzione del rione Monti interessata da

questa analisi risulta compresa tra i Fori Imperiali, via Panisperna, via Cavour e il nodo di Santa Maria Maggiore, per

un totale di trenta isolati.

Il numero considerevole di licenze edilizie, in gran parte inedite, riscontrate dalla consultazione presso l‟Archivio

Capitolino del fondo Registro di licenze e patenti de’ Signori Maestri di Strade (1602-1634) ha permesso di

puntualizzare il processo evolutivo del tessuto considerato.

La ricerca ha poi posto l‟attenzione sui dati archivistici relativi alla fase di trasformazione sette-ottocentesca, ciò che

significa fare riferimento alle Lettere Patenti del XVIII secolo pubblicate e ad una ricognizione delle trasformazioni del

XIX secolo con la consultazione del catalogo del Titolo 54 (1848-1871).

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. B: Restauro

GRIECO Giuseppe

Titolo della dissertazione

Il rapporto fra il contemporaneo e la trasformazione della preesistenza nell’architettura di Roma

(e provincia) dal 1945 ai nostri giorni. Lettura a scala urbana e architettonica Supervisore: prof. Tancredi Carunchio

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Dopo aver definito l‟area di studio, individuata nella zona collocata a nord-est di Roma, entro le mura Aureliane,

limitatamente ai rioni dell‟Esquilino e Castro Pretorio, al rione Sallustiano e al rione Ludovisi e dei nuovi interventi

architettonici realizzati dal 1945 ad oggi, la ricerca,da una parte, ha inteso specificare la terminologia frequentemente

utilizzata per l‟analisi degli interventi sulla preesistenza e per definire le chiavi di lettura della ricerca stessa; dall‟altro,

attraverso lo studio ed il supporto delle piante di Roma che rappresentano la situazione urbana prima della realizzazione

dei nuovi interventi, ha cercato di comprendere se le nuove architetture siano state realizzate su aree rimaste libere o in

sostituzione di preesistenze demolite.

Lo studio si sta sviluppando anche mediante sopralluoghi per la raccolta di materiale fotografico e grafico (con la

realizzazione di eidotipi di studio), attraverso i quali si continua ad indagare “da vicino” gli interventi considerati. Da

qui, gli ulteriori approfondimenti volti a riconoscere i caratteri storico-architettonici, estetico-formali del tessuto

preesistente, compresa la descrizione del “nuovo linguaggio architettonico” opportunamente inserito.

Ciò significa esaminare attentamente le scelte architettonico-progettuali così da poter comprendere se il nuovo

intervento sia stato realizzato nel rispetto, in continuità o in contrasto con il contesto storico, indagando tali aspetti, in

pianta e in alzato. Coerentemente con le intenzioni iniziali, la ricerca procede verificando quanto i “criteri e le scelte”

siano riscontrabili o meno nella fase di realizzazione. Di fatto, l‟aspetto operativo costituisce un anello fondamentale

nella lettura degli interventi architettonici nuovi nell‟antico; il che significa leggere come il nuovo abbia interagito con

la “consistenza fisica” della preesistenza. Oltre alle analisi architettonico- progettuali del rapporto tra l‟antico e i nuovi

interventi, l‟indagine dovrà comprendere anche i materiali e le tecniche costruttive impiegate, diversamente o in

continuità con la tecnica costruttiva originale.

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Ciclo XXV (secondo anno)

Sez. B: Restauro

VEZIROGLU Side Sibel

Titolo della dissertazione

Il sistema del rifornimento idrico di Costantinopoli. Documentazione, valorizzazione e

progettazione del Parco archeologico Supervisore: prof. Alessandro Viscogliosi

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Il tema di studio riguarda la documentazione, valorizzazione e progettazione di un parco archeologico del sistema di

rifornimento idraulico di Costantinopoli. Il progetto considera la zona dell‟incrocio fra il sistema idraulico con le mura

difensive di Anastasius, fra i villaggi di Aydinlar e Kalfakoy. Tale area, popolata dai ponti già identificati e documentati

dal gruppo dell‟archeologo inglese Baylisss copre un‟area di 15 kilometri di diametro entro il settore centrale di tale

sistema.

Partendo da uno studio generale sugli acquedotti ( testi di Vitruvio e Frontino con i commenti da Rodgers, Bennett,

Hodge e Pace), comprensivo di documenti storici (il testo di Procopius e di Pierre Gilles) e il libro di Cyril, la prima

fase del lavoro è stata diretta a completare la documentazione bibliografica e cartografica mancante così da definire il

materiale base su cui fondare la restituzione dei grafici di rilievo, precisati e verificati durante i sopralluoghi in situ.

Successivamente il lavoro si è concentrato sulla selezione della documentazione fotografica e sui disegni illustrativi

degli acquedotti di Balligerme, Kursunlugerme e Buyukgerme, documentati anche in alcuni dettagli elaborati attraverso

le informazioni desunte dai campioni di pietra e malta prelevati sul luogo.

Parallelamente, la ricerca ha inteso porre attenzione ai valori ambientali e paesaggistici del contesto territoriale

considerato. In questo senso si deve registrare che il sito della città di Costantinopoli è collocato su una formazione

rocciosa, senza fiumi e alcune sorgenti alla sua prossimità. Gli studi recenti condotti da James Crow, Paolo Bono,

Jonathan Bardill e Richard Bayliss dimostrano la presenza di un sistema di rifornimento idraulico antico complesso, il

quale metteva in collegamento la città alle fonti d‟acqua nelle montagne di Istranca, alla distanza di 250 chilometri in

nord-est Thracia. Secondo i rapporti annuali degli archeologici, il sistema idraulico, concepito durante il regno di

Costantino (324-337 A.D.) e completato sotto Theodosius II (408-450 A.D.), era composto dai più di trenta ponticelli,

dai tunnel sotterranei, dalle fosse, dalle cisterne e dai bacini idrici all'aperto e sottoterra. Tale sistema, necessitando un

ripristino nel 767 A.D., è rimasto funzionale fino al Settimo secolo; poi, a seguito di danni sismici, è stato abbandonato

nel dodicesimo secolo. Successivamente, nel XVI secolo, gli ottomani, hanno realizzato due nuovi condotti di

alimentazione, le linee di Halkali e della foresta di Belgrado, utilizzando le fonti d'acqua più vicine piuttosto che

rinnovare lo schema antico.

In sostanza, si tratta di un sistema idraulico di notevole grandezza, superiore in lunghezza ai sistemi idraulici romani di

Carthage e di Colonia.

Di qui, l‟intenzione di proseguire la ricerca considerando gli elementi e le relazioni che qualificano il monumento nel

suo paesaggio.

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez. A: Storia

FORTUNATO Valeria

Titolo della dissertazione

Girolamo Riario, Caterina Sforza e l’architettura religiosa a Imola e Forlì nel secondo

Quattrocento Supervisore: prof. Francesco Paolo Fiore

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Dopo una prima indagine bibliografica di approccio all‟argomento e alcuni sopralluoghi, sono state individuate le

architetture di maggiore significato per la ricerca. Particolare interesse è stato rivolto, per la città di Imola, al Santuario

della Madonna del Piratello, al complesso dell‟Osservanza e a quello dei Santi Nicolò e Domenico (attuale sede dei

Musei Civici cittadini), alla cappella di Santa Margherita presso la chiesa di Santa Maria Assunta a Dozza Imolese. A

Forlì, invece, l‟attenzione si è concentrata sull‟oratorio di San Sebastiano, sulla cattedrale di Santa Croce con la relativa

Cappella della Canonica, sul Santuario della Madonna delle Grazie di Fornò e sul monastero di Santa Maria della Ripa.

A partire da una prima definizione del quadro architettonico forlivese alla fine del Quattrocento quando, dal 1480, la

città passa tra i domini dei coniugi Riario e quindi, dopo la morte di Girolamo Riario nel 1488, sotto il dominio di

Caterina Sforza, il lavoro è proseguito verso una più chiara ricostruzione degli interventi di restauro e delle modifiche

subite dagli edifici sopra citati, nel corso dei secoli più recenti. Tale ricerca si è svolta in particolare presso numerosi

archivi (Archivio Centrale dello Stato, Archivio di Stato di Forlì, Archivio di Stato di Bologna e sezione di Imola) e

presso le soprintendenze di Ravenna e di Bologna. Il lavoro è quindi proceduto in direzione della ricerca di cronache e

fonti manoscritte, nonché di un iniziale approccio allo spoglio dei documenti archivistici locali.

Contemporaneamente si sono presi contatti con studiosi che hanno trattato le vicende di sviluppo edilizio di questo

territorio.

A conclusione di questo primo anno è stata avviata una verifica sul materiale raccolto e si è scelto, in accordo con il

professore supervisore, di allargare i sondaggi ai principali e più significativi eventi architettonici delle due città di

Imola e Forlì, andando oltre la sfera religiosa verso la quale si era orientata la ricerca nelle fasi iniziali. Questo

allargamento delle ricerche permetterebbe una maggiore chiarezza delle linee di intervento intraprese dalla committenza

nei territori in questione, vagliando anche le differenti scelte costruttive a seconda delle tipologie di intervento e delle

tempistiche.

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez. A: Storia

IMPIGLIA Claudio

Titolo della dissertazione

I casali nel paesaggio della campagna romana tra '800 e '900 Supervisore: prof. Annarosa Cerutti Fusco Co-supevisori: prof. P. Fancelli; prof.ssa E. Chiavoni

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca analizza le architetture presenti nelle tenute rurali di Giovanni Torlonia jr, principe Borghese-Torlonia. I

contesti di riferimento sono costituiti dal suburbio e dalla Campagna Romana, dei quali si stanno indagando le

trasformazioni attuate tra il 1870, anno di proclamazione di Roma Capitale e i primi quarant‟anni del ‟900. In questo

arco di tempo lo studio della Campagna di Roma, caratterizzata da una storia millenaria di insediamenti stratificati, è

incentrato sulla dialettica tra un paesaggio “negativo” ma pittorescamente vivido (la desolazione di orizzonti incolti, i

pascoli e i pastori, l‟ambiente lugubre delle paludi, le antiche rovine che pur in dissoluzione affascinano archeologi,

artisti e visitatori) e un paesaggio “positivo”, con caratteristiche produttive, ottenuto tramite la bonifica e la

riorganizzazione del lavoro agricolo.

I documenti cartografici e catastali, con la rappresentazione delle tenute, sono gli strumenti per comprendere le

contrapposizioni e le continuità tra questi due paesaggi.

Le proprietà rurali dei Torlonia, documentate nell‟archivio di famiglia, costituiscono quei contesti nei quali la

“trasformazione agraria” è risultata più dinamica: le architetture novecentesche dei casali, nuovi o rinnovati, esprimono

una sintesi tra vernacolo e razionalismo, “macchine” per la produzione e al tempo stesso simboli di un efficiente sistema

imprenditoriale, la cui salda radice era dovuta al “buon governo” di Giovanni (1754-1829) e Alessandro (1800-1886)

Torlonia, abili amministratori del “Banco”. L‟industrializzazione dei processi agricoli ed edilizi attuata da Giovanni jr

ha innescato dei vettori di sviluppo che hanno riqualificato, dal punto di vista agro-industriale, vasti settori territoriali.

Le tenute, caratterizzate da scenari naturalistici, insediamenti, manufatti edilizi ed architettonici molto diversi tra loro

(ville, casali, ruderi, borghi e castelli medievali) costituiscono la struttura portante del patrimonio dei Torlonia, il cui

mecenatismo si è espresso non solo a Roma, ma anche e in egual misura nell'impegno di valorizzare e di rendere più

moderno l'Agro romano.

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez. A: Storia

MASCHERUCCI Alessandro

Titolo della dissertazione

L’opera architettonica di Carlo De Dominicis (1696-1758) Supervisore: prof. Augusto Roca de Amicis

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca si occupa di Carlo De Dominicis (1696-1758); un architetto che, sebbene orientato ad accogliere motivi di

ispirazione borrominiana, arricchiti da vari apporti, derivati dal Bernini, dal Cortona, dal Raguzzini, dal Fontana e da

altri artisti a lui contemporanei, quali il Valvassori ed il Michetti, riesce a dare un‟impronta decisamente personale. Egli

non è un eclettico od un semplice ripetitore di formule, anzi effettua una interpretazione selettiva ed autonoma della

cultura del suo tempo.

Dalla ricognizione delle fonti bibliografiche, sono emerse interessanti direzioni per più puntuali approfondimenti di

studio e per affermazioni di più ampia validità. L‟individuazione delle fonti archivistiche ha indicato, come principali

sedi di ricerche, l‟Archivio di Stato di Roma, l‟Archivio Storico Capitolino e l‟Archivio Segreto Vaticano.

Oltre ad un primo approccio alle figure degli iniziali committenti e protettori di De Dominicis (cardinale Bichi e

cardinale Marefoschi) e all‟indagine del suo rapporto col Raguzzini, che in quel periodo ricopriva il duplice incarico di

«Architetto del Popolo Romano» e «Architetto pontificio», lo studio si è concentrato sui fondi archivistici inerenti il

capolavoro maturo dei SS. Celso e Giuliano.

In particolare, lo spoglio dei documenti dell‟Archivio del Capitolo, proprietario dell‟isolato compreso tra via di Panico,

piazza di Ponte, via del Banco di S. Spirito e vicolo del Curato, indica in questi fabbricati il momento conclusivo di un

processo di riqualificazione edilizia che, tra il 1724 e il 1747, ha coinvolto l‟intera proprietà.

Dalle notizie rinvenute, risulta che il cantiere per il nuovo San Celso è stato avviato nel giugno del 1733, come annota il

Valesio, e i lavori finiti il 20 febbraio 1736, sono stati portati avanti fino al 1747, con l‟edificazione del vicino

casamento.

L‟ovale di San Celso segue lo schema iconografico a cappelle radiali e risulta orientato con l‟asse maggiore parallelo

alla via dei Banchi sulla quale prospetta la facciata a due ordini sovrapposti: il primo composito, il secondo ionico

concluso da un frontone a cornici flesse. Dalle prime osservazioni si può dire che San Celso rappresenta il momento

culmine di quel tardo recupero a Roma della lezione borrominiana, dovuta anche alla fortuna editoriale di alcuni trattati

e manuali, a partire dalla pubblicazione a fine Seicento delle tavole del Guarini e del Pozzo, seguite dalle stampe dello

Studio di Architettura Civile, fino alla pubblicazione postuma dell‟Opera e dell‟Opus Architectonicum del Borromini

all‟inizio del primo ventennio del Settecento.

Particolarmente significativa la geometria dell‟ovale; a tal proposito è stata fondamentale la lettura del saggio sulla

forma del tempio gesuita di Julia M. Smyth-Pinney nonché dell‟articolo di Wolfgang Jung sui disegni di studio per una

chiesa di forma ovale, ricondotti al Sant‟Andrea, raffigurati sul verso di Windsor RL 5596.

Congiuntamente, dal rilievo della fabbrica sono emerse rilevanti considerazioni circa l‟organizzazione dello spazio e la

costruzione geometrica dell‟ovato in pianta.

Prosegue poi lo studio incrociato col prototipo del Sant‟Andrea al Quirinale e con gli altri organismi ovati realizzati

nello stesso periodo e sta continuando l‟indagine archivistica che appare ricca di nuovi dati.

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez. A: Storia

PERETTI Michela

Titolo della dissertazione

Nanni di Baccio Bigio. Contributi originali nel solco del sintetismo sangallesco Supervisore: prof. Augusto Roca de Amicis Co-supervisore: prof. Bartolomeo Azzaro

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Lo studio si rivolge a Giovanni Lippi (1513?-1568), architetto fiorentino meglio conosciuto come Nanni di Baccio

Bigio; un esponente di spicco della setta sangallesca attivo a Roma verso la metà del XVI secolo. Di fatto, sebbene

Nanni possa essere considerato uno degli architetti più attivi nella Roma del tempo, la sua opera è stata a lungo

trascurata dalla critica e finora poco approfondita. E‟ invece opportuno riconoscere in Nanni uno degli architetti più

fecondi della sua epoca e nonostante venga spesso definito come un conservatore… la sua opera presenta tratti di

originalità ed è caratterizzata dal “recupero di spunti della tradizione unito alla proposizione di idee non banali”.

Concentrando l‟attenzione sulle architetture civili del Lippi, sono stati presi in prima considerazione tre edifici: Palazzo

Salviati alla Lungara, Palazzo Jacobilli-Ruspoli in via Trinitatis e il Casale di Pio V sull‟attuale via del Casale di San

Pio V; architetture appartenenti all‟ultimo periodo della produzione di Nanni (1556-1566) che presentano elementi di

grande originalità. Rientrano infatti nel sistema di edifici che Sandro Benedetti ha definito a “facciate pulsanti”, ovvero

edifici che “abbandonando la ripetitività monocorde dell‟equivalenza negli interassi dei finestrati, vivono e pulsano

sugli addensamenti varianti, contratti o allentati consagacia”. Con riferimento ai contributi di Benedetti sull‟argomento,

si è rintracciata una sorta di “evoluzione” nelle sperimentazioni formali del Lippi.

Parallelamente, la ricognizione bibliografica in itinere ha permesso d‟ individuare la presenza di Giovanni Lippi in

alcuni cantieri, non solo romani, fin qui non considerati.

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez.B: Restauro

ANDREOTTI Erika

Titolo della dissertazione

L’Ospedale del Salvatore, oggi Complesso del San Giovanni Addolorata. Storia, rilievo e

conservazione Supervisore: prof.ssa Donatella Fiorani

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Lo studio intrapreso si propone di delineare il percorso dell‟intero processo di stratificazione concernente l‟antico

Ospedale dei papi (detto in antico del SS. Salvatore), poi di S. Giovanni. Un complesso edilizio che prospetta la basilica

lateranense, prima addossato all‟acquedotto di Nerone, la cui origine risale al XIII secolo; i resti di un portichetto

medioevale testimoniano l‟epoca di appartenenza; successivamente subisce varie trasformazioni compreso il

prolungamento verso l‟attuale piazza (fine XIV secolo) e un ulteriore ampliamento promosso da papa Alessandro VI.

L‟indagine bibliografica finora condotta sottolinea il ruolo della Confraternita dell‟Ospedale, delle vicende Lateranensi

e, più in generale, pontificie; nel contempo dà conto delle caratteristiche architettoniche delle fabbriche ospedaliere dal

medioevo all‟età moderna.

Contestualmente, il lavoro di analisi si è rivolto anche alla lettura dell‟area su cui insiste l‟Ospedale, analizzando sul

posto sia le architetture primarie che ogni eventuale riferimento architettonico storicamente significativo per

comprendere meglio l‟evoluzione del Complesso.

L‟area interessata, compresa nel rione Monti ed in minima parte nel rione Celio, può essere così delimitata tra Piazza di

San Giovanni in Laterano, Via Merulana, Via Labicana, il Colosseo, via Claudia, via della Navicella e via dell‟Amba

Aradan che chiude il perimetro su piazza di San Giovanni in Laterano; si tratta di una tra le zone più varie di Roma, la

cui attuale, complessa fisionomia è il risultato di stratificazioni che hanno inizio in età repubblicana ed augustea, dove

coesistono molte testimonianze archeologiche, comprese le mura Aureliane, l‟acquedotto Claudio o la Domus Aurea sul

colle Oppio, nonché due fra le più grandi Basiliche Patriarcali, S. Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano.

Attualmente, lo studio sta proseguendo con l‟approfondimento di alcuni testi “antichi” quali la “Istoria

dell’Antichissimo Oratorio e Cappella di San Lorenzo nel Patriarchio Lateranense” (1747) di Padre Giovanni

Marangoni (1673-1753) e “ Roma nell’Età di Mezzo, Rione Monti” (1881) dell‟Abate Pasquale Adinolfi (1816-1882).

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez.B: Restauro

DE NOTARPIETRO Stefania

Titolo della dissertazione

I materiali litocementizi nei palazzi romani di fine Ottocento-primo Novecento: la conoscenza

storico-tecnica per la conservazione Supervisore: prof. Giovanni Carbonara

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

Il tema di ricerca muove dalla volontà di acquisire una maggiore conoscenza di carattere storico-tecnica dei materiali

litocementizi (pietra artificiale, cementi decorativi) che caratterizzarono buona parte dell‟architettura residenziale e non,

di inizio Novecento. In particolare il „fenomeno‟ viene indagato nel suo radicarsi all‟interno della città di Roma in un

periodo (1870 -1930), fortemente segnato da profondi cambiamenti di carattere politico, sociale ed economico, a cui

corrispondono le proposte, in parte attuate, degli strumenti di pianificazione urbanistica del momento e la risposta in

ambito edilizio di una realtà architettonica che adotta materiali nuovi (ferro, vetro, cemento) e tecniche al limite tra

l‟artigianato e la produzione industriale.

Tali elementi conoscitivi e critici, utili alla comprensione e al riconoscimento del valore insito nella materia di siffatte

architetture, possono anche contribuire a mettere a punto efficaci e corrette prassi per la loro conservazione e

manutenzione.

Da un punto di vista metodologico è stato dapprima affrontato uno studio storico del „fenomeno‟ in ambito urbano:

sviluppo della tecnica, campi di applicazione, figure professionali coinvolte (tecnici e committenti), cantieri, imprese.

Successivamente l‟analisi conoscitiva si è concentrata sui documenti di archivio (brevetti), sulla consultazione della

manualistica e di riviste del‟epoca. In parallelo è stata avviata anche un‟analisi conoscitiva diretta, comprendente

l‟individuazione di „siti campione‟ di particolare interesse storico artistico, in corso di cantierizzazione per opere di

restauro o di possibili interventi futuri, dai quali attingere, attraverso una specifica diagnostica, campioni di materiale da

studiare in laboratorio.

Ad oggi la ricerca si è concentrata sui padiglioni A e B del complesso degli Ex Mercati Generali all‟Ostiense (1912 –

1925) e su uno degli edifici detti degli „Ambasciatori‟ al quartiere Coppedè (1917 – 1928).

Da segnalare anche il coinvolgimento di Enti di ricerca, Laboratori e Ditte operanti nel settore di indagine.

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Ciclo XXVI (primo anno)

Sez.B: Restauro

ZACCARA Roberta

Titolo della dissertazione

Castelli di Federico II in Basilicata: la vita di corte e l’architettura del castello. Per una rete

museale quale strumento di tutela e valorizzazione Supervisore: Prof.ssa Donatella Fiorani

Attività scientifica: stato di avanzamento della dissertazione

La ricerca si rivolge ai Castelli di Federico II presenti nell‟area lucana; ciò nell‟ottica di definire, a scala nazionale, il

progetto di una rete museale tra i castelli federiciani italiani. In effetti, è proprio con Federico II che la Basilicata

conosce un‟epoca di grande risveglio artistico e socioeconomico, accompagnato da un vero e proprio boom edilizio.

I castelli considerati sono essenzialmente tre: Melfi, Lagopesole, S. Gervasio, tutti notevolmente rimaneggiati .

La prima fase del lavoro ha posto attenzione alla figura dell‟Imperatore Federico II e alla relativa vita di corte,

eccezionalmente aperta alle diverse culture dell‟area mediterranea, stimolata da uno spirito di curiosità “scientifica”

verso la natura espresso dall‟ Imperatore stesso. La sintesi tra i vari modelli e l‟esperienza diretta porta ad opere di

grande originalità. L‟impulso, molto fecondo, dato da Federico II, si basa sulla brillante tradizione culturale dei re

normanni, in particolare di Ruggero II.

Il primo organismo fin qui considerato è il castello di palazzo San Gervasio sul quale si stanno effettuando le indagini in

merito agli elementi strutturali e dimensionali degli ambienti, il carattere strutturale e dimensionale dei collegamenti

verticali, l‟aspetto formale e dimensionale delle aperture.

Contemporaneamente, si sta effettuando la ricerca storica presso l‟Archivio della Soprintendenza per i Beni Ambientali

e Architettonici della Basilicata e presso l‟Archivio Comunale di Palazzo San Gervasio.

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Ciclo XXVII

I dottorandi del XXVII ciclo hanno appena cominciato il loro percorso formativo (novembre 2011).

Ciascun dottorando, chiamato ad illustrare lo stato di avanzamento del proprio lavoro, è invitato a

partecipare attivamente alle riunioni che richiedono il coinvolgimento vicendevole di tutti i

dottorandi così che ognuno possa essere partecipe delle elaborazioni altrui e fare tesoro di

differenziate esperienze.

Su invito del Collegio i dottorandi sono stati sollecitati a presentare le proposte circa i temi di

ricerca, individuati fra quelli a loro più affini ma che - come da Regolamento - risultino, oltre che

rilevanti, strettamente pertinenti ad una delle due sezioni entro cui si articola il Dottorato.

È evidente che l'individuazione dei temi di studio richieda proficui incontri con i membri del

Collegio con i quali scambiare informalmente opinioni. In questa prospettiva sia il coordinatore

che i membri del Collegio hanno dato la loro disponibilità per fornire suggerimenti e indicazioni in

questa prima fase di lavoro.

Seguono i nominativi dei vincitori del concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca - XXVII

ciclo:

Sezione A: Storia

1. LAMAGNA Rosangela

2. MAZZA Alessandro

3. PIERATTINI Alessandro

4. SCHIAVONE Alessandra

Sezione B: Restauro

1. BOTTI Gabriele

2. ERRICO Fernando

3. PARRINI Laura

4. ROSOLINO Cristian

5. STOZZIERI Yuri

6. ABDEL MEGUID Ahmed Morsy Hamid

7. MU Xingyu

Roma, 31 gennaio 2012