Monnier - Notizie Storiche Documentate Sul Brigantaggio Nelle Provincie Napoletane

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NOTIZIE STORICHE DOCUMENTATE SULBRIGANTAGGIONELLE PROVINCIE NAPOLETANEDAI TEMPI DI FRA DIAVOLOSINO AI GIORNI NOSTRIAGGIUNTOVI L'INTERO GIORNALE DI BORJES FINORA INEDITO PERMARCO MONNIERFIRENZE G. BARBÈRA EDITORE 1862AI LETTORI.Il rinnuovarsi e il ripullulare in questi giorni istessi del brigantaggio nelle provincie meridionali del Regno Italiano, accresce pregio di opportunità a questo libro, sotto ogni aspetto commendevole. Imperocché in esso furono dall’Autore raccolte memorie e

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NOTIZIE STORICHE DOCUMENTATE SUL

BRIGANTAGGIONELLE PROVINCIE NAPOLETANEDAI TEMPI DI FRA DIAVOLOSINO AI GIORNI NOSTRIAGGIUNTOVI L'INTERO GIORNALE DI BORJES FINORA INEDITO PER

MARCO MONNIERFIRENZE G. BARBRA EDITORE 1862

AI LETTORI.

Il rinnuovarsi e il ripullulare in questi giorni istessi del brigantaggio nelle provincie meridionali del Regno Italiano, accresce pregio di opportunit a questo libro, sotto ogni aspetto commendevole. Imperocch in esso furono dallAutore raccolte memorie e documenti, aneddoti e storie, che si riferiscono al brigantaggio cui nell'anno decorso fu in preda quella bellissima parte d'Italia, la quale di briganti non ebbe mai penuria anche in tempi quietissimi, e anche quando le commozioni politiche non poteano servir di pretesto alle rapine, agli assassinii, a,'delitti d'ogni maniera Or quest'idra, che credevasi doma merc l'operosa vigoria del generai Cialdini, risorge, e allo sciogliersi delle nevi, al fiorir dei prati si formano nuove frotte di briganti indigeni e stranieri, per le quali da Roma partono danari e indulgenze, armi e benedizioni. Ma il brigantaggio che si tenta nuovamente organare, e contro il quale gi si adoperano le milizie regolari e cittadine del regno, non diverso da quello che Cialdini nell'anno decorso riusciva quasi a spegnere: e come pari ha con esso le imprese e gli effetti, cosi pari ha le cause o prossime o remote onde ha origine; e gi si odono anche in questi giorni ripetere i casi atroci, che nel 1861 funestarono quelle contrade. Questo nuovo lavor del signor Marco Monnier, che, avuto il consentimento di lui, primi offriamo al pubblico, vlto dal francese nel nostro idioma, della

2 massima importanza per le rivelazioni che vi si contengono, pei fatti che vi sono registrati, per le cause che a que' fatti si assegnano, e in singolar modo poi per le disperate condizioni cui si trova condotta la fazione che eccita, anima, dirige, assolda e benedice tali imprese. Il Giornale di Borjs, che fa parte di questo lavoro, palesa appieno per quali arti si sorprenda la buona fede di uomini, i quali pur professando dottrine politiche che non son pi de' tempi nostri, conservano onesto l'animo, e pongono a repentaglio la loro vita per principi la cui fama ornai resa infame. Il Giornale dell'avventuriero Spagnuolo la rampogna pi fiera, la condanna pi inesorabile dei disonesti raggiri de Borboni e della Curia Romana. Ma il maggior pregio di questo lavoro sta, a nostro credere, nella qualit della persona che lo ha scritto. Non un Italiano, cui le passioni di parte facciano velo allintelletto, quegli che ha marchiato le imprese de' briganti incamuffatti da legittimisti, e de1 legittimisti in abiti di briganti: sibbene un Francese, il quale da molto tempo vive in Italia e ama l'Italia quasi come se nato vi fosse, pur conservando alla sua natura e al suo ingegno quell'impronta che ebbe dalla sua terra natale. Il che da notarsi, imperocch il giudizio che sugli uomini e sugli eventi egli ha formulate vieppi autorevole per la imparzialit onde fa prova in queste pagine, dove mentre da un lato ha narrato la storia dei delitti e delle colpe de' briganti, dallaltro non ha voluto nascondere gli errori e i meriti del Governo Italiano; il quale, giova sperarlo, potr nellanno che corre pacificare quelle provincie nobilissime, la cui fede all'Italia stata ornai crudelmente provata. Firenze, aprile 1862.

SOMMARIO. I. i Napoletani I letterati e il popolo La paura II diritto del pi forte I Camorristi I veri briganti I riscatti Ferdinando II e Talarico Amato e Vandarelli Una parola intorno al 99 Pag........5 II. II brigantaggio sotto Giuseppe Bonaparte e sotto Murat Come si formasse ntonelli e i suoi due ingressi a Chieli Tacconi Bizzarro e sua moglie Parafante Gli ufficiali fucilatidai loro soldati Gli eccidii di Parenti 11 generale Manhs Una citt interdetta Santo Manhs....12 III. II brigantaggio a' nostri giorni I primi moti negli Abruzzi(ottobre 1860) Le bande di Lagrange Giorgi e il suo cavallo zoppo I fatti della Scurgola Aneddoti Il signor De Christen Come si formarono le nuove bande I forzati evasi I soldati licenziati Parallelo fra l'armata di Francesco II e l'armata di Cromwell I briganti d'Inghilterra....22 IV. La cospirazione Napoli garibaldina I partiti dopo la partenza del Dittatore L'opposizione dei letterati La consorteria e il municipalismo L opposizione del popolo L'opinione della paura Viva Garibaldi L'opposizione del clero Le leggi contro conventi La falsa moneta e gli anelli di zinco II brigantaggio assume carattere politico........37 II brigantaggio in Basilicata (aprile 1861) Primi moti di Ripacandida I capi Donateli! Crocco e consorti Presa di Venosa Tragedie e Commedie Bocchicchio Scritti di Crocco Presa di Lavello Insurrezione di Melfi Crocco e la Madonna Rivincita degli Italiani Aneddoti Bella condotta della Guardia nazionale Una lettera da briganti Atrocit Un borbonico sincero....51

4 VI. 11 brigantaggio sotto la penultima luogotenenza (maggio,luglio 861) Le aggressioni alle frontiere II vero Chiavone Aneddoti. I muli dinnanzi a l'un consiglio di guerra II conte Ponza di San Martino I benefizi della conciliazione II comitato di Roma, sue mene, sue ramificazioni Giuramento degli affiliati Complicit della Santa Sede Cosa sperassero i Borbonici La cospirazione a Napoli II cardinale Arcivescovo Miracoli Elogio de' Napoletani e delle Guardie nazionali Citt tranquille, borgate assalite Assalto di Casetta Un documento officiale ed inedito Fatti di Avellino Eccidii di Montemileto II governatore De Luca e gli Ungheresi Arrivo di Cialdini Pag. 67 VII. La luogotenenza del generai Cialdini (luglio-novembre l'I86i) La reazione repressa Riguardi al partito di azione Popolarit del generale II brigantaggio diminuisce Storie di cannibali, Pontelandolfo e Casalduni Loro delitti e loro gastighi Le repressioni ne tempi passati, e il generale Manhs La pacificazione delle provincie meridionali.........91 VIII. Il brigantaggio straniero Lettera del signor de Rotrou Spedizione del signor De Trazgnies Don Jos Borjs Istruzioni del generale Clary Giornale di Borjs Sua spedizione in Calabria e in Basilicata Sue dispute con il generale Crocco Sua miracolosa ritirata Sua tragica morte Quel che rimane oggi del brigantaggio (febbraio, 1862) II generale La Marmora e la leva Conclusione............102

I.

I Napoletani I letterati e il popolo La paura Il diritto del pi forte I Camorristi I veri briganti I riscatti Ferdinando II e Talarico Amato e Vandarelli Una parola intorno al 99. A ben comprendere gli avvenimenti di cui prendo a discorrere, mestieri innanzi tutto avere un'idea del paese, o meglio degli uomini. Importa conoscere ci che sieno i Napoletani. Io li veggo giudicati diversamente, quasi sempre con un po' di malevolenza. Si considerano in massa e si apprezzano male. Qui vi hanno due classi ben distinte: i letterati e il popolo. Non parlo dellaristocrazia; pi non esiste: essa a Parigi o a Roma. Nulla dico neppure della borghesia illitterata: qui non si trova. I letterati per il loro numero e per la loro valentia ci indicano quello che addiverr questo paese, quando avr durante qualche tempo vissuto sotto una legge di progresso, di moralit e di giustizia. Fin (V ora Napoli fornisce all'Italia il maggior numero di uomini considerevoli in ogni ramo di scibile. Anche prima della rivoluzione i suoi proscritti dominavano nellAlta Italia; e nella emigrazione napoletana erano gli avvocati, e i medici pi ricercati: essa popolava i pubblici uffizi; occupava le cattedre. Questo opportuno ricordare, perch troppo presto si obliato.

6 E se dopo la rivoluzione, come avviene sempre, caddero alcune reputazioni incorruttibili, e alcuni puritani addivennero ci che si addiviene quasi per una fatalit al potere, non giusto dimenticare che per dodici anni, nella terra dellesilio, nei bagni, o in una pretesa libert pi sorvegliata, pi isolata della vita del carcere, i letterati napoletani hanno nella maggior parte fornito l'esempio della dignit, della perseveranza e del sacrificio. Sotto una sequela di monarchi pessimi, senza scuole, senza educazione, senza emulazioni, senza associazioni possibili, essi si formarono da s medesimi, e divisi dal resto dellEuropa, non rimasero indietro, ma offrirono anzi allincivilimento il loro tributo di opere, il loro contingente di soldati e di condottieri; eroi taluni, martiri quasi tutti. Resa giustizia cos, io parler liberamente del popolo. Non sono i letterati coloro che chiamarono, seguirono, acclamarono i briganti: non dovr quindi tener proposito di essi in questi miei cenni. Ma mio proposito indicare il degradamento delle classi infime, nelle quali comprendo tutti coloro che in Francia costituiscono la piccola borghesia, i mezzi galantuomini, come qui son chiamati il piccolo commercio di Napoli, i piccoli proprietari delle campagne, tutti coloro infine che sanno appena leggere e non son miserabili. Trista popolazione, della quale pu ripetersi ci che fu detto di un altro popolo, esser cio corrotta prima di giungere a maturit. Queste classi viziose, o meglio viziate (dacch esse nascondono in loro stesse pregi positivi e virt singolari), hanno gi, come noter in seguito, incontestabilmente progredito dallultimo anno in poi; ma in quellepoca esse erano dominate da un sentimento, fatale, unico, che tutti gli altri assorbiva: la paura La religione che essi professavano era la paura del

7 diavolo: la politica che seguivano, la paura del re. 11 governo e il clero tenevano vive queste inclinazioni, per le quali acquistavano onnipotenza e impedivano il disordine. Non si combatteva la miseria e l'ignoranza: non si prevenivano i delitti fondando scuole e opificii, ma minacciando la galera e l'inferno. La paura teneva il luogo della coscienza e dellamore al dovere. Per ottener l'ordine, anzi che rialzare l'uomo lo si deprimeva sempre pi. In questo paese predestinato all'eguaglianza, perch il sentimento di nazionalit cerca di espandersi e di consociarsi, le gerarchie erano conservate in tal guisa: il soldato temeva i galloni del suo caporale: il cocchiere della vostra carrozza temeva i vostri abiti pi eleganti de' suoi, e si lasciava bastonare. Quelluomo istesso con uno de' suoi eguali si sarebbe, per un soldo, battuto a morte. Che ne avvenne? La paura fu industriosamente usata dai violenti, e il diritto del pi forte fu proclamato e riconosciuto, con maggior eloquenza, che non lo sia nel libro del signor Proudhon, in tutte le popolazioni di queste provincie. Di qui il vero brigandaggio, che non cess mai nelle campagne e nelle citt. Gli uomini energici si riunivano in bande e opprimevano i deboli: tale la origine della Camorra. Oggi conosciuta questa frammassoneria plebea, che ramificavasi in tutta la provincia, e che il potere, impotente a sopprimerla, si studi sempre di non aver troppo nemica. Tutti coloro che osavano maneggiare un pugnale, erano fieri di appartenervi; subivano due gradi di iniziamento, e poi finivano per esservi arruolati. Aveano capi nei dodici quartieri di Napoli, in tutte le citt del regno, in tutti i battaglioni dellesercito: regnavano ovunque il popolo era riunito, prelevavano una imposta sul danaro che davate al conduttore della

8 vostra carrozza; sopravvegliavano ai mercati, e s attribuivano una parte della vendita; vigilavano ai giuochi di carte fra i popolani, e dal vincitore riceveano un tributo: dominavano perfino nelle prigioni, e la polizia non vi si opponeva: e occorrendo anzi li chiamava in suo aiuto, affinch scuoprissero e arrestassero in nome del re gli uomini pericolosi. Non molto tempo che essi seppero prendere un assassino, di cui eransi perdute le tracce; io stesso lo vidi passar per la via coperto di sangue, trascinato alla prigione dai suoi complici! Talvolta il governo arrestava i camorristi, e li inviava in galera. Ma anche da codesto luogo spaventavano gli uomini onesti, gli uomini che viveano in piena libert. Dal fondo di un carcere, colle mani e co' piedi avvinti dalle catene, ricevevano la visita di alcuni paurosi, i quali si recavano umilmente e regolarmente a pagare loro il tributo mensile. Questa societ avea luoghi dove riunivasi, una cassa comune, un forte organamento, leggi inflessibili. I capi si attribuivano spaventevoli diritti sopra gli affiliati: se ad essi veniva imposto un assassinio, erano costretti ad obbedire, sotto pena di morte. Il pugnale colpiva ogni infrazione, troncava ogni disputa. Ogni camorrista ne recava seco due: uno per se, l'altro per voi se resistevate ai suoi ordini; era un duello terribile; egli colpiva nella cassa, ossia nel cuore. Di fronte a tali costumi il brigandaggio non pu recare sorpresa. In queste contrade vi furono sempre briganti. Aprite le istorie, e ne troverete sotto tutti i regni, sotto tutte le dinastie, dai Saraceni e dai Normanni fino ai nostri giorni; le strade fra Roma e Napoli non furono mai abbastanza sicure. Immaginate dunque cosa dovesse essere la parte interna e meno frequentata di queste provincie: era un ricettacolo di assassini.

9 In talune di esse non fu mai prudente viaggiare anche in uniforme. Paolo Luigi Courrier ha scritto in proposito alcune lettere che sono ornai notissime. Tutto favoriva il brigandaggio: e la stessa configurazione del paese, coperto di montagne, e le idee del governo, che di quelle montagne non davasi cura, n vi apriva gallerie, ne vi tagliava strade: vi hanno distretti intieri per i quali non ancora passata una carrozza: vi hanno sentieri, che i muli non si arrischiano di percorrere; aggiungasi a questo il sistema di agricoltura della Puglia, la vita nomade de' pastori che passano la estate sui monti, e vivono in quelle cime senza famiglia, in mezzo al loro gregge, in un isolamento selvaggio. I viandanti sprovvisti di ogni difesa, a torto si avventurano in que' deserti. Coloro che erano costretti a percorrerli, si facevano scortare da' briganti. Nellanno precedente, prima della rivoluzione, un viaggiatore volle salire il Matese: prese una guida e si affid pienamente in lui. Fece una ascensione penosa in mezzo ad un paese magnifico: a due terzi del suo cammino, trov un lago in fondo ad una valle selvaggia: trov arbusti di abeti che cuoprivano gli scogli; dalla cima della montagna, da un lato e dall'altro si godeva la vista de' due mari. Il viaggiatore e la guida erano soli in mezzo a quella natura cos bizzarra e tale da ispirare inquietudine. Si imbatterono in una croce. Ve la posi io stesso, disse la guida. E perch? un voto che ho fatto! Con quale scopo? Per una disgrazia avvenutami. E quale? Ho ucciso un uomo. Tu? S, o signore, l. E mostr la croce. Sopra diversi punti della montagna ne avea poste altre ventinove. Tutti i tribunali dellEuropa insieme riuniti non

10 basterebbero a giudicare i delitti ignorati, commessi su quelle alture. Il governo li lasciava impuniti; il che permetteva ai pi audaci di riunirsi in piccole bande, le quali prendevano dimora in qualche folta foresta, e tentavano poi delle spedizioni. Rileggete GilBlas, cambiate i nomi de' paesi, e voi avrete il racconto di queste avventure. I viaggiatori erano sempre pi esposti a' pericoli, ma anche i proprietarii di terre vicine a questi luoghi male avventurati non dormivano tranquilli i loro sonni. Se i contadini loro non vigilavano attentamente in armi, correvano il rischio una bella notte di essere presi e condotti nelle montagne. Allora si imponeva ad essi un riscatto. Il prigioniero scriveva alla sua famiglia, e i briganti stessi portavano la lettera. La famiglia pagava. Questi fatti avvenivano ogni giorno. Non corso molto tempo che in una provincia fu rapito un uomo; i parenti di lui erano a Napoli: riceverono dai rapitori un messaggio: chiedevano un migliaio di ducati: i parenti ne offrirono la terza parte. Il messaggere torn con un orecchio del prigioniero e colla minaccia di tagliar l'altro, se fosse stata necessaria una terza intimazione. Questa storia fu pubblicata dai giornali coi nomi delle persone e dei luoghi. I parenti pagarono tutto; oggi sono nella pi squallida miseria. Simili avventure sarebbero impossibili in qualunque altro paese; qui la paura le incoraggisce. Non si osa denunziare gli emissarii; si fa loro buon viso, si stringe ad essi la mano. Basta un uomo per gettare in costernazione una intiera popolazione. Io stesso ne fui testimone con i miei occhi. Era un operaio che aveva ucciso il suo principale; passeggiava tranquillamente a fronte alta nel villaggio. Il sindaco non ebbe il coraggio di farlo arrestare. S; il governo tremava dinanzi a questa gente.

11 Erasi istituita una guardia urbana per proteggere le campagne, ma que' villici armati spesso erano d'accordo co' briganti. Quando le bande erano troppo numerose e minacciavano di prendere una bandiera, il governo si risolveva a combatterle. Allora cominciavano le guerre sulle montagne che si combattono tuttora, le imprese contro un nemico che scappava sempre di mano, che si ricoverava nei boschi quando era cercato nei monti, che si nascondeva nelle macchie, dormiva fra i campi di grano, nemico invisibile, imprendibile, che fuggiva sempre pi lungi e pi in alto, fino a che il re, per una trista necessit, prometteva un'amnistia a quelli che si sarebbero resi. E il re talvolta manteneva la sua promessa.1 Lo stesso Ferdinando II un giorno dov trattare con Giosafat Talarico, che lo cimentava e lo batteva da lungo tempo nel fondo della Sila in Calabria. una foresta che stata sempre ricovero de' briganti. Si convenne che Talarico e i suoi avrebbero non solo la vita salva, ma la libert, e meglio ancora, una pensione dal re: solamente sarebbero stati confinati nella isola pi bella e pi ricca; in Ischia. Vi sono ancora, e riscuotono la loro pensione. Tale fu il vero brigandaggio ne' tempi ordinarii 5 ne ha cessato mai di esistere. Negli ultimi giorni del regno di Ferdinando II erasi organizzato alle frontiere un servizio regolare per il trasporto di cavalli1 Non sempre per. I Borboni restaurati presero u altro espediente per distruggere il brigandaggio di cui si erano serviti e che allora si riconobbero impotenti a reprimere. Il generale Amato scese a patteggiare con la banda di Vandarelli che infestava la Puglia, e le accord non solo il perdono e l1 oblio, ma fu stipulato che essa sarebbe trasformata con un ricco soldo in una legione armata al servizio del re, al quale presterebbe giuramento. Stipulate queste convenzioni, la banda venne a Foggia per rendersi, e quivi disarmata per ordine del generale in capo, fu distrutta a colpi di fucile. Circolare del barone Ricasoli.

12 rubati, di tappa in tappa fino agli Stati Romani, dove gli animali erano venduti. Un Borbonico, oggi celebre, aveva parte in questa impresa: non era per Chiavone. In tempi di crisi politiche il brigandaggio aumentava a dismisura, accogliendo la feccia delle popolazioni, delle prigioni dischiuse, i vagabondi e i malfattori in gran quantit. E si vide quasi sempre il partito vinto servirsi di questi banditi a difesa della propria causa. mestieri forse ricordare la sanguinosa spedizione del Cardinal Ruffo nel 1799? Fra Diavolo, Mammone, Proni, Sciarpa, De Cesari furono in que' tempi celebri, n di essi saprei dire altro, scrive il Botta, se non che io compiango la causa de9 Borboni per averli a difensori. Non mio proposito descrivere le atrocit di codesto anno sinistro; sono ormai troppo note: ma mi fermer alcun poco sul brigandaggio ai tempi di Giuseppe Bonaparte e di. Murat. Alcune pubblicazioni recenti mi servono di guida, e mi pongono in grado di narrarvi fatti nuovi e di trovar in essi singolari raffronti con gli eventi dellanno che corre. II. II brigandaggio sotto Giuseppe Bonaparte e sotto Murat Come si formasse Antonelli e % suoi due ingressi a Chieti Tacconi Bizzarro e sua moglie Parafante Gli ufficiali fucilati dai loro soldati Gli eccidii di Parenti II generale Manhs Una citt interdetta Santo Manhs. Anzi tutto ecco una pagina curiosa e quasi ignota di Pietro Colletta. Essa fa scritta or sono trent'anni rispetto ad eventi compiutisi gi da mezzo secolo: la si direbbe scritta oggi intorno ad una storia d'ieri.

13 Cos'era dunque il brigandaggio? si chiede Pietro Colletta.1 Esaminiamolo in fatto e in diritto, ossia in coloro che lo componevano, e nello scopo che si erano prefisso. Nel 1806 e nel 1807 vi si dedicarono gli antichi campioni del 1799, Fra Diavolo, i Pizza, i Gueriglia, i Furia, gli Stoduti e altri ancora di pessima fama. Ma in quelli anni istessi furono uccisi, presi o intimiditi, dacch le facili manovre del 99 non erano pi bastevoli nel 1806, occorrendo altri tentativi e altri uomini. Era un mestiere difficile e fatale, cui soltanto la disperazione potea indurre. Ecco perch in Sicilia si vuotavano le prigioni e le galere, e si reclutavano i malfattori napoletani, i quali aveano fuggito la loro patria. Orde numerose ne irruppero entro il regno durante i due primi anni, sia per ritardare l'assedio di Gaeta (appunto come avviene ai nostri tempi) sia per secondare le spedizioni di Maida e di Mileto. Ma dopo quellepoca le imprese del brigandaggio furono pi ristrette. Si sbarcavano pochi uomini in una spiaggia deserta, e bene spesso durante la notte: essi si gettavano nellinterno delle provincie. Se erano bene avventurati, uccidevano, rubavano, distruggevano case, mssi, armenti: se erano perseguitati, si imbarcavano di nuovo, e ritraendosi in Sicilia o a Ponza (allora occupata dal principe di Canosa), pi ricchi erano di spoglie e di misfatti, meglio venivano rimeritati e con lodi e con danaro. Soldati francesi presi allimprovviso e uccisi, un piccolo corpo di guardia sorpreso,1. I generali Mariano d'Ayala e Enrico Cosenz, il duca di Cirella, U barone G. Marsico, il cavaliere Del Giudice, i signori Filippo Agresti e Giuseppe Del Re hanno riunito i manoscritti postumi del generale, che saranno pubblicati dalla Tipografa nazionale, sotto il titolo: Opere inedite o rare di Pietro Colletta. Il primo volume, gi stampato, non per anco in vendita. Per caso ne posseggo un esemplare, dal quale estraggo il brano che cito.

14 un corriere assassinato, una valigia postale rubata, erano allori quali non ne furon colti mai ne1 campi di Austerlitz e di Waterloo. Gli atti perdendo cos la loro natura, il delitto divenendo sorgente di industria, questa lebbra infest tutto il reame: i malfattori, gli oziosi, gli uomini avidi dellaltrui propriet si univano ai briganti, ingrossavano le bande della Sicilia o si formavano in bande da loro medesimi. Tutti aveano per scopo e per trofeo il furto e la crnificina. Vediamo ora quali fossero i capi di questi banditi. Parlo di tempi assai lontani da noi, di interessi che non sono i nostri. Oggi si possono esaminare senza passione i regni di Giuseppe Bonaparte e di Murat: non verr dunque accusato di far servire gli uomini e i fatti a benefizio di un principio qualsiasi. E le verit del passato costringeranno a prestar fede alle inverosimiglianze del presente. Durante questi due monarcati vi furono briganti per tutta quanta la estensione del regno. 1 In Basilicata v'erano Taccone e Quagliarella. Ne'due Principati, Laurenziello. Nel distretto di Castrovillari, Campotanese e nelle Montagne di Polino, Cannine Antonio e Mascia. Nelle montagne delle Calabrie, Parafante, Benincasa, Nierello, il Giurato e il Boia: i quali occupavano anche la foresta di Sant'Eufemio.1 Sul brigandaggio di que1 tempi, oltre le istorie del Botta e del Colletta, esistono due volumi interessanti dedicati al generale Manhs, uno assai curioso e assai raro, intitolato: Notizia storica del Conte Ani. Manhs ec. ec, scritta da un antico ufficiale dello Stato maggiore del predetto generale Manhs, nelle Calabrie. Napoli, Ranucci, 1846. L' altro abilmente elaborato comparve nel mese scorso sotto questo titolo: Memorie autografe del generale Manhs intorno ai Briganti compilate da Francesco Montefredini. Napoli, Stamperia de1 fratelli Morano, 1861.

15 Ne' boschi e nelle montagne di Mongiana, nell'Aspromonte e nelle foreste lungo il Rosarno, Paonese, Mazziotti e il Bizzarro. Negli Abruzzi, Antonelli, Fulvio Quici, Basso Torneo, il quale facevasi chiamare il Re delle campagne. Ora una parola sopra taluni di questi capi. Antonelli (nome celebre) originario di Fossaceca, non lungi da Lamiano, occupava tutto il territorio di Chieti. Giuseppe Bonaparte avea dovuto trattar con esso da potenza a potenza: gli avea inviato due plenipotenziari, il generale francese Merlin e il Barone Nlli, abruzzese, il quale divenne poi ministro delle finanze. Antonelli volle esser considerato come colonnello e gli fu promesso: anzi gli furono inviate perfino l'uniforme e le spallette di quel grado. I due plenipotenziarii andarono incontro a lui alla distanza di qualche miglio da Chieti, e con lui rientrarono quasi trionfalmente nella citt, dinanzi al popolo stupefatto per questa ovazione. Quando Murat sal sul trono, il colonnello Antonelli si pose nuovamente a batter la campagna, forse per diventar generale. Fu preso e ricondotto a Chieti, ove fece un ingresso ben diverso dal primo, cavalcando a rovescio un asino, di cui teneva, invece della briglia, la coda in mano. Sulle spalle gli avevano affissa la seguente iscrizione: Ecco L'ASSASSINO ANTONELLI. Taccone, il quale devastava la Basilicata, entra un giorno in Potenza, capoluogo della provincia. Tutte le autorit erangli corse incontro in processione. Si reca con esse alla cattedrale, e fa cantare un Te Deum per glorificare i successi delle sue armi. Dopo di che, sceglie una fanciulla di una delle prime famiglie del luogo, e a viva forza la conduce seco. Lasciando Potenza, corse ad assediare nel suo castello il barone Labriola Federici. Dopo averlo tenuto

16 bloccato per diversi giorni, lo costrinse a rendersi insieme con la famiglia, promettendo che non sarebbe ad alcuno fatto male di sorta. Appena entrati i briganti, stuprarono la moglie e le figlie del barone: poi soddisfatte le loro voglie brutali, misero il fuoco alle porte del castello e gettarono nelle fiamme un fanciullo, che per miracolo fu salvato: venti anni or sono, egli viveva tuttora. Un altro capo, soprannominato Bizzarro, aveva istruito alcuni grossi cani & fare la caccia agli uomini. Dopo essersi battuto, lanciava i cani sopra i fuggitivi. In tal guisa un officiale della guardia civica, addetto allo stato maggiore del generale Partoneaux, fu divorato. Dopo l'arrivo di Manhs, Bizzarro abbandonato dalla sua banda, non seguito che da due soli uomini, fu ridotto a tale disperazione, che per non farsi tradire dai vagiti di un fanciullo che eragli nato in quei giorni, lo sfragell contro un albero. Allora la donna coraggiosa, che avea seguito l il bandito e che era la madre di quella creatura, risolv di farsi giustizia da s medesima. Aspett che il brigante dormisse; prese il fucile di lui e lo uccise. Dopo di che os presentarsi alle autorit di Mileto e richiedere il danaro promesso a chi avrebbe dato morte al Bizzarro. La somma le fu scrupolosamente pagata, ed essa si marit e divenne una donna onesta. Non parler di Basso Torneo, il Re delle campagne, che bruci una caserma di gendarmeria, gettando nel fuoco i figli e le mogli de9 gendarmi assenti. Sono stanco di narrare questi orrori: pure voglio dirvi una parola di Parafante, che almeno avea potenza e audacia. Egli prese un giorno nel bosco di Sant'Eufemia un francese per nome Astruc, impiegato nellamministrazione de' Reali possedimenti. Gli impose per riscattarsi le seguenti condizioni: che tutte le famiglie de' briganti detenute nelle prigioni dovessero esser

17 poste in libert; n bastava: dovessero anche esser fornite di viveri e di vesti. Ora il governo disponeva di 60 mila baionette: vi erano 25 mila soldati nel campo di Piale sullAspromonte, riuniti per respingere qualunque sbarco si preparasse in Sicilia: e di que' 25 mila uomini avea il comando il re medesimo. Pure le condizioni imposte da Parafante furono accettate ed osservate. Altro aneddoto. Da Cosenza dova partire un battaglione, completo, comandato da un ufficiale superiore, esecrato in particolar modo dai briganti. Parafante ebbe l'audacia di fargli sapere per una specie di araldo d'armi, che lo avrebbe raggiunto e circondato nella strada principale che da Cosenza conduce a Rogliano, e precisamente nel luogo chiamato Lago. L'ufficiale disprezz l'avvertimento e si mise in marcia. Appunto nel luogo indicato, i briganti si gettarono sopra di lui ad un tratto; tagliarono a pezzi e sbaragliarono il battaglione. Due luogotenenti, Filangieri e Guarasci furono presi con venticinque soldati. I briganti adunarono un consiglio di guerra con tutti i formidabili accessorii propri di questi sinistri giudizi. Fu deciso che i due luogotenenti sarebbero fucilati dai loro propri soldati. A tale condizione questi avrebbero salva la vita. Rifiutarono tutti; ma i due uffiziali ordinarono loro di obbedire, sperando per tal guisa impedire la morte di venticinque uomini. Dopo lunghe resistenze, col cuore straziato, i soldati eseguirono infine ci che loro era imposto. Filangieri e Guarasci comandarono il fuoco e caddero. Dopo di che i venticinque soldati furono trucidati. Ho un ultimo aneddoto, fra tanti che potrei citarne, da narrare: non si riferisce per a Parafante. Una compagnia di volteggiatori era partita da Cosenza per recarsi a raggiungere il suo reggimento

18 (il 29) a Monteleone. Fece una tappa sotto folti castagneti che costeggiavano la via non lungi da Eogliano. Sopraggiunse in gran fretta una deputazione: il sindaco e i notabili di Parenti, villaggio scavato a breve distanza da quel luogo nelle montagne della Sila. Tutti portavano coccarde tricolori sui loro cappelli a punta; il sindaco avea la sua fascia. Invitarono i volteggiatori ad allontanarsi un po' dalla loro strada per venire a riposarsi nel loro villaggio. Queste licenze aveano giustificazione nelle strade, dove i briganti retrocedevano e sviavano spesso le truppe. I volteggiatori accettarono quindi la cortese offerta dei deputati e li seguirono a Parenti, dove furono ricevuti a braccia aperte alle grida di Viva i Francesi! viva i bravi! si sparsero nelle case del villaggio, e ogni famiglia avrebbe voluto accogliere almeno uno di essi. Gli ufficiali dormirono nel palazzo municipale, e tutta la compagnia cos disseminata si addorment profondamente, dopo una faticosa giornata di marcia sotto la sferza del sole. Nella notte, a un segnale prestabilito, gli abitanti di Parenti si gettarono sui volteggiatori francesi e li scannarono. Era un tranello teso da lungo tempo. Un sol uomo sfuggi da questo eccidio, e si rec a narrarlo al generale Manhs. Il villaggio fu posto in fiamme. Manhs conosceva questa specie di guerra, ne la faceva co' guanti bianchi. Egli fu l'istrumento di una giustizia inesorabile; non indietreggi di fronte a qualsiasi violenza, ma in breve tempo pacific il regno: Sacrificando un uomo, bruciando un villaggio, ne salvava dieci; egli infine prese sopra di se la responsabilit terribile degli atti di rigore, che furono poi causa di salvezza del paese. Io non vorrei esser stato il generale Manhs, dice il Colletta a lui nemico, in uno de' suoi scritti postumi; ma nemmeno vorrei che il generale Manhs noi

19 fosse stato nel regno nel 1809 e nel 1810. Fu per opera sua, se questa pianta venefica del brigandaggio venne alla perfino sradicata. Pi sotto avr agio di narrare le punizioni di Manhs. Ora mi contento di accennare un solo atto, un atto di genio. Nelle gole dellAspromonte stanno nascoste le comuni di Serra e di Mongiana, circondate di foreste interminabili e impenetrabili. Ivi imperavano i briganti pi terribili: Calabresi senza paura, che attaccavano i battaglioni, i quali servivano di scorta agli ufficiali generali, quando essi recavansi a visitare le ferriere della Mongiana. Un giorno questi briganti annunziarono alla autorit di Serra che essi erano pronti a sottomettersi: soltanto i capi non volevano presentarsi che di notte, e in una certa casa che designarono. All'ora stabilita, il sindaco, il comandante della Guardia Civica e il luogotenente francese Gerard della Gendarmeria reale, si recarono in questa casa. I quattro o cinque capi de' briganti furono esatti all'appuntamento e, per guadagnar tempo, presero a discutere lungamente le condizioni, che erano state loro imposte. La casa frattanto fu circondata dai banditi, poi ad un tratto invasa; e il sindaco, il comandante della Guardia e l'ufficiale francese brutalmente scannati. Pochi mesi innanzi la moglie del luogotenente Gerard era stata uccisa sulle montagne del Galdo fra Lauria e Castelluccio in uno scontro, in cui i briganti aveano sorpreso un convoglio di uniformi destinato al 20 di Infanteria francese. La scorta fu battuta, il convoglio involato, e i vincitori trionfalmente indossarono le uniformi rubate e decorate di spallette francesi. Torniamo a Serra. Questo colpo di mano non era stato prevenuto, n contrastato, n punito; lo spavento avea paralizzato tutti gli abitanti della citt.

20 Non appena Manhs fu consapevole del fatto, ordin che fosse distrutta la casa, ove i briganti erano stati accolti: non si obbed. Manhs domand al re qual castigo dovesse infliggere alla citt. Murat gli rispose: Fate ci che volete, ma fate da voi stesso. Correte a Serra, correte in persona, esaminate e punite. Manhs corse a Serra a spron battuto prendendo per le foreste onde giungervi pi presto. Lo annunziarono soltanto le trombe della sua scorta, le quali suonarono ad un tratto, allingresso della citt, minacciose come le trombe del giudizio finale. La popolazione fu esterrefatta. Agli alberi, che abbellivano la piazza di quel villaggio, pendevano alcune teste mozzate, rosse di sangue rappreso. Manhs chiese cosa fossero; gli venne replicato, esser una vendetta delle famiglie in lutto, che aveano decapitato i proprietarii della casa ove il delitto era stato commesso. Manhs volse la testa, e si rec in una camera dove si chiuse, e dove non volle vedere alcuno. Durante una notte intiera medit la punizione. Era difficile. Non potevasi trucidare una popolazione industriosa, occupata alle ferriere che alimentavano le fornaci del paese, tanto pi poi quando la maggior parte dellesercito stava a poca distanza a tutela delle coste minacciate. Bisognava risparmiare gli abitanti e nel tempo stesso dare un esempio terribile. La gente del paese credeva che la citt sarebbe stata distrutta, e pass quindi la notte trasportando nei boschi gli oggetti pi preziosi. Al mattino, Manhs ordin che tutta la popolazione si riunisse sulla piazza pubblica. L' assemblea fu innumerevole; neppure uno vi manc. Manhs entr in mezzo alla folla e le parl con veemenza e con una tale autorit di parola, da non potersi immaginare. Tutti tremavano. Ei disse loro che si erano

21 condotti come uomini senza coraggio e senza onore, che neppur uno fra essi era innocente e che neppur uno sarebbe stato risparmiato. Immaginatevi lo spavento. Per punirli egli ebbe una luminosa ispirazione; fece ci che il papa non osa pi: mise la citt sotto interdetto. Io ordino, esclam, che tutte le chiese di Serra sieno chiuse, che tutti i preti, senza eccezione, abbandonino questi luoghi immediatamente e sieno trasportati a Maida. I vostri fanciulli nasceranno senza battesimo, i vostri vecchi moriranno senza sacramenti, voi sarete racchiusi nella vostra comune abbandonata; ne sfuggirete alla mia giustizia emigrando in un altro paese. Voi sarete per sempre isolati e chiusi nella vostra comune; gli abitanti delle vicine borgate vi faranno buona guardia, e se alcuno di voi tentasse uscire, sar ucciso come un lupo. Bisogna conoscere il paese, per comprendere la desolazione e l'abbattimento onde fa clto il popolo a tali parole. Manhs lasci Serra il giorno stesso coi sessanta lancieri, che gli servivano di scorta. Quando part, la citt era deserta; ma appena entrato nella campagna, si imbatt in una processione di fantasmi; era la popolazione intiera in camicie bianche, co' cilizi al fronte, a piedi nudi, inginocchiata; tutti si colpivano il petto con delle pietre, implorando misericordia: Uccideteci piuttosto, esclamavano essi, meglio morire. Manhs spinse il suo cavallo al galoppo con una energia inesorabile: e, strana cosa, a malgrado del clero che se ne affisse molto, in specie nelle alte sfere, la sentenza fu eseguita: tutti i preti, e perfino un vecchio ottuagenario che non potea camminare, emigrarono in massa a Maida. Il risultato di questo interdetto fa ammirabile. Ove le leggi umane sono impotenti, ha scritto il

22 Vico, l'unico mezzo di infrenare gli uomini la religione. Gli abitanti di Serra si levarono in massa allappello di un proprietario del paese, e diedero la caccia ai briganti, caccia incessante, accanita, feroce, che non ristette se non per acquistar forze maggiori, e non ebbe termine fino a che l'ultimo di que' malfattori non fu morto di fame: neppur uno pot sfuggire alla loro vendetta. Questa spedizione dur pochissimi giorni, e dopo di essa l'interdetto fu tolto. La popolazione tutta intiera si rec in processione a Maida, per riprendervi i suoi preti. E dopo quel tempo per difendersi il paese non ebbe pi bisogno di truppe: la guardia nazionale occup un piccolo forte scavato in una gola della montagna, e vi si mantenne coraggiosamente. Alla loro esclamazione ordinaria per santo Dia/volo, i montanari di quella provincia sostituirono quella per santo Manhs. Da ottobre a dicembre, 1200 briganti furono racchiusi nelle prigioni delle Calabrie. Coloro che non si erano resi, caddero poco a poco nei boschi. L'ordine era ristabilito ai primi giorni dellanno 1811. III.Il brigantaggio a' nostri giorni I primi moti negli Abruzzi {ottobre 1860) Le bande di Lagrange Giorgi e il suo cavallo zompo I fatti della Scurgoa Aneddoti II signor De Christen Come si formarono le nuove bande I forzati evasi I soldati licenziati Parallelo fra l'armata di Francesco II e l'armata di Cromwell I briganti d'Inghilterra.

facile ora comprendere ci che fosse il brigantaggio ai tempi di Giuseppe Bonaparte e di Murat; gli eventi stessi che si compierono in questo anno, ebbero

23 allora luogo, ma furono pi gravi e pi feroci. L'antico regime era abolito, il nuovo non era consolidato, la dinastia era esule in Sicilia, come lo oggi a Roma, e le bande venivano sfruttate dai partigiani della restaurazione. Aggiungete l'agitazione rivoluzionaria, le memorie del 1799 e quelle del 1848, le false notizie (sempre eguali) sparse altra volta, come lo sono ai d nostri, l'opinione fatalista che i Borboni scacciati tornano sempre; e voi comprenderete le relazioni che esistono fra i moti repressi da Manhs, e quelli che oggi reprime il generale Cialdini. Unica differenza la diversit dei luoghi, ove queste scene si compiono: quando Ferdinando I cospirava in Sicilia, simili fatti avvenivano in Calabria; ora che Francesco II cospira a Roma, le provincie pi devastate sono quelle degli Abruzzi e di Terra di Lavor. Negli Abruzzi la controrivoluzione ebbe principio fino dallarrivo di Garibaldi. Quelle provincie limitrofe cogli Stati Romani ancor soggetti al pontefice e alla Terra di Lavoro tuttora borbonica, situate assai lungi da quella linea del Volturno che tratteneva il dittatore, erano insorte o piuttosto aveano sposato la causa d'Italia, all'appello di Pasquale De Virgilii intendente di Teramo.1 . Egli si era posto a capo deliberali, e avea indotte le citt e le campagne nel moto italiano. Ma i monti restavano realisti. Il forte di Civitella del Tronto posto sulla sommit di un mucchio1 Pasquale De Virgilii cominci la sua carriera scrivendo poesie, e fu uno de duci del movimento romantico a Napoli. Alla pari di ogni altro entr nella politica del 1848, e vi torn nel 1860 dopo dodici anni di persecuzioni. Intendente di Teramo, poi prodittatore, poi governatore della sua provincia, ebbe l'onore di accogliere per il primo sul ponte del Tronto Vittorio Emanuele, quando il Re d'Italia pose per la prima volta il piede sulla terra napoletana. Al signor De Virgilii debbo i ragguagli che vado narrando intorno ai moti degli Abruzzi.

24 di scogli quasi inaccessibili, era ancora difeso da borbonici risoluti a non cedere; ed essi potevano mantenermi lungamente, perch il loro celebre castello respinse il Duca di Ghiisa, e in tempi a noi pi vicini, nel 1805, resist per molti mesi con un pugno di difensori allassedio regolare di un'armata franco-italica: la guarnigione non si arrese, se non quando fu ridotta al numero di sette soldati. Civitella era inutilissima alla difesa del Regno, nel quale potevasi liberamente avere accesso da ogni lato; ma, per tenere inquieta e in perpetua agitazione la provincia di Teramo, era una posizione eccellente. Molte centinaia di gendarmi vi furono racchiusi per proteggerli contro le popolazioni da essi esecrate, le quali li ricambiavano di pari sentimenti. Cos le reazioni furono preparate fin da quando quella provincia si assoggett al nuovo regime: interrotte al giungere di Vittorio Emanuele, rinacquero dopo la partenza del re, che, lasciando il Teramano sguarnito, si volse colle sue truppe verso Capua. L'insurrezione scoppi il 19 ottobre, l'antivigilia del plebiscito. Il popolo era chiamato a votare suffragio universale l'unione delle due Sicilie al futuro Regno d'Italia. I gendarmi uscirono dal forte di Civitella con bandiere borboniche, e a un segnale stabilito, i montanari di tutta la linea degli Appennini, che separano il Teramano dalla provincia di Aquila, si precipitarono nelle pianure. Furono invasi con violenza i villaggi, rovesciate le autorit, all'antiche sostituite le nuove, assalite le case, scannati i liberali come nelle invasioni de' briganti; tuttavia sarebbe ingiustizia assimilare questi movimenti al brigantaggio dellanno 1861. Negli Abruzzi potea trovarsi almeno, nellottobre 1860, una ragione politica per spiegare questi fatti. La dinastia, non ancora esautorata, si difendeva

25 a Capua e imperava a Gaeta. Il re delle due Sicilie non avea abbandonato i suoi Stati. La rivolta scoppiava prima del plebiscito occasionata da quest'atto sovrano, che non avea legittimata per anco la rivoluzione e la unione all'Italia. Legalmente parlando, i montanari degli Abruzzi usavano del loro diritto. Per un momento furono i pi forti. Giunsero assai vicini a Teramo: respinsero le Guardie nazionali che il Governo avea inviato contro di essi. Per disperderli vi occorse l'ardente legione de' volontari abruzzesi di Curci, e quasi un battaglione di soldati di linea. Furono separati dai gendarmi di Civitella del Tronto, poi inseguiti di vallata in vallata fino alla Valle Castellana, sulla pi alta cima degli Appennini, che domina tre provincie. In quel baluardo naturale poterono accamparsi solidamente, e resistere ancora per lungo tempo. Di tanto in tanto scendevano nelle mal difese borgate per rinnuovare le loro provvisioni, che pagavano colle palle de' loro fucili. Diminuita allora colla sommissione de' montanari onesti, de' contadini disillusi, la banda non si compose che di briganti macchiati di delitti e indegni di perdono, i quali non si batterono che per scampare dalla forca, o dalle galere: e si batterono quindi da disperati; bisogn inviare contro di essi il generai Pinelli, uno fra i migliori officiali della armata piemontese. Dopo alcuni conati infruttuosi contro il forte di Civitella, il generale si die ad inseguire i briganti; che tali erano quelli rimasti nella Valle Castellana. Fu allora che egli scrisse contro i medesimi quel formidabile proclama, che ha scandalizzato tanto l'Europa, e col quale minacciava di fucilare tutti i banditi, che avesse presi colle armi alla mano. Il generale fu richiamato dopo le grida di orrore gettate dai filantropi di Londra o di Parigi, i quali non si sentivano in

26 guisa alcuna minacciati o negli averi o nelle famiglie dai briganti dellAbruzzo. Pinelli lasci dunque il suo comando; ma avanti di partire egli avea distrutto il brigantaggio. Poche fucilate avevano fruttato centinaia di sommissioni e salvato migliaia di vite; dappoich i banditi di Valle Castellana non rubavano solamente, ma uccidevano. Quanto a Civitella del Tronto, noto che essa si difese bravamente, anche dopo la resa di Gaeta e di Messina, rifiutando fino all'ultimo di capitolare. Rendo onore alla bravura, e non confondo la intrepida resistenza di questa guarnigione con la ostinazione forzata de' malfattori, i quali null'altro cercavano se non di scampare dalla forca. Cos fu spento il partito borbonico nella parte degli Abruzzi, che confinava colle provincie romane annesse allItalia. Pure gli Abruzzi e la Terra di Lavoro, essendo provincie limitrofe agli Stati rimasti in potere del Papa, erano minacciate e invase ogni giorno da grosse bande di partigiani. In sulle prime di queste invasioni si ebbe poca cura, perch l'animo di tutti era rivolto a Gaeta; pur nondimeno furono pi gravi di quelle, di cui tanto si parl in appresso. A dir vero, non si poteano chiamare neppure invasioni, ma mosse strategiche. Un tedesco per nome Kleischt, che facevasi chiamare Lagrange, procedea d'accordo col generale Scotti; questi dalla parte d'Isernia, quegli dalla parte di Aquila dovevano percorrere e sottomettere gli Abruzzi, e, marciando l'uno allincontro dellaltro, ritrovarsi a Popoli. Kleischt avea anche annunziato alle popolazioni, che un' armata austriaca era per Teramo entrata nel regno. Forse ei lo credeva; non poche furono in quel tempo le illusioni. Per mala ventura questi Austriaci erano Piemontesi, e Scotti cadde nelle loro mani con 8000 uomini,

27 due giorni prima che Kleischt partisse da Avezzano diretto ad Aquila. Allorch gli fa noto che Scotti era stato circondato, il tedesca torn indietro, e percorse sessanta miglia a cavallo senza far alto. Kleischt aveva sotto i suoi ordini un individuo singolare, chiamato Giorgi, che figur anch'egli come capo di briganti. Era il pi buon figliuolo del mondo, morale quanto Gil Blas e alla pari di lui desideroso di avventure. Credo fosse di Civitella, avvocato, se non mi inganno: ma ci poca monta, dacch avea esercitato molte altre professioni. Fu arrestato per i suoi trascorsi nel mese di settembre J860 e condotto ad Avezzano, innanzi al sottointendente, da due ufficiali della Guardia Nazionale. Non si sconcert, e, per far buona figura, present i due ufficiali al sottointendente come suoi amici. L'amnistia di Garibaldi restitu la libert a Giorgi, il quale corse a Gaeta per offrire i suoi servigi a Francesco II. Il maggior torto di quel giovane monarca stato quello di accettare servigii da chiunque. Giorgi dunque fu posto sotto gli ordini di Kleischt e molto si distinse in quel famoso combattimento della Marsica, in cui i volontari di Paterni e i volontari borbonici di Lagrange si volsero reciprocamente le spalle e fuggirono in trionfo, pretendendosi da ambe le parti di aver vinto una battaglia e aver tolto de' cannoni al nemico. N gli uni n gli altri avean cannoni. Giorgi divenne sottointendente d'Avezzano, e provvide al suo avvenire: ma di ci non vo' dir altro. Poco tempo dopo vedendo giungere i Piemontesi, inforc un cavallo che non gli apparteneva (il miglior degli Abruzzi) e si rifugi a Soma. Il padrone del cavallo fu desolato, e offr una forte somma a chi glie lo avrebbe ricondotto. Un uomo di buona volont tent l'impresa.

28 Corse a Roma, dove il cavallo appunto era in vendita. Ecco un animale che zoppica; disse vedendolo. Che dite mai? rispose Giorgi: il miglior cavallo degli Abruzzi. Vi dico che zoppica. Ed io vi ripeto che non vero. La discussione si anim. Fu fatto camminar il cavallo al passo, al trotto, al galoppo: quel l'uomo pretendeva che zoppicasse, e sosteneva che avendo qualcuno in sella avrebbe zoppicato ancor pi. Montate, disse Giorgi furibondo, e vedrete se zoppica. L'uomo inforc il cavallo, e part al galoppo. Zoppica, gridava Giorgi, zoppica? Zoppicava tanto poco, che Giorgi non pot pi raggiungerlo. Nella seconda quindicina di dicembre, mentre Gaeta si difendeva, e Pinelli assediava Civitella del Tronto, Lagrange e Giorgi tentarono una spedizione nel Napoletano. Dipendevano da un generale Luvara, uomo assai vecchio, se non m'inganno. Chiedo licenza di riprodurre su questo proposito alcune notizie che feci raccogliere sui luoghi e sui fatti.1 Giorgi e i suoi compagni riunirono adunque quanti Papalini e Borbonici sbandati poterono trovare, e aggiungendo ad essi alcuni zuavi del papa, gli abitanti di Cecolano, alcuni contadini e alcuni monaci, pervennero a metter insieme forse quindici mila uomini. I quali erano armati, Dio sa come, con fucili da caccia a due canne, con vecchie carabine, con picche, pugnali, istrumenti da lavoro: i pi terribili aveano pesto delle punte di ferro in cima ai loro nodosi bastoni, e ne usavano gagliardamente. Tutta questa banda si rovesci negli Abruzzi con Giorgi alla testa, decorato del gran cordone di san Gennaro.1 Queste notizie compavero nel Temps: le riproduco nella loro integrit per non alterar i fatti, cambiando le parole. Dir lo stesso per i documenti che fra molti altri del tutto inediti o sconosciuti, saranno pubblicati in queste pagine a render completo il mio lavoro.

29 Occuparono e saccheggiarono con requisizioni forzate Tagliacozzo, Petrella, Curcomello ecc. Ecco quali furono le loro imprese, e qui si limitarono i loro trionfi. Non riuscirono a sollevare le provincie: rimasero/vinti dalla indifferenza popolare, prima di esser cacciati dalle vittorie del generale De Sonnaz. Pure avevano fieri seguaci. Un caporale napoletano per nome Biaz, che ad Avezzano era stato nellesercito garibaldino e che si era gettato poi nelle bande borboniche, correva per i monti, predicando la santa causa, promettendo piastre, saccheggi, incendii, indulgenze ecc. Volete alcuni ragguagli sopra questa guerra di partigiani, nella quale sembra si gridi come altra volta: Muori o uccidi? Eccoli. Marted, 19 gennaio, circa le ore 3 e mezzo (mezz'ora prima del tramonto del sole) le alture della Scurgola e le case della parte superiore del paese furono assalite ad un tratto dagli uomini di Giorgi. Una sola compagnia, la quattordicesima del sesto di linea, comandata dal capitano Foldi, occupava la Scurgola. Attaccata allimprovviso, dov ripiegare fuori del paese, dopo pochi istanti di fuoco: ma essa avea dato l'allarme a due compagnie, che erano a Magliano, scortate da un plotone di lancieri. I rinforzi giunsero a Scurgola a passo di corsa. Il paese fu circondato: tutti gli insorti presi in un sol colpo, salvo quelli che non erano entrati per anco nel villaggio; questi furono dispersi e uccisi. Il capitano Foldi si distinse assai in quella giornata. Per una fortuna provvidenziale, l'il colonnello Quintini del 40 giunse da Sora la sera istessa. Ascendendo il Salviano, ud da lunge le prime scariche e corse immediatamente ad Avezzano, adoperandosi in ogni guisa per inviar rinforzi ne' punti ove ferveva la mischia. Quintini solo valeva due battaglioni. Il fuoco dur due ore vivissimo e sostenuto. Gli insorti vi perderono circa 130

30 uomini, compresi i fucilati, che vennero puniti sul luogo e, senza indugio. Le truppe italiane non ebbero che due morti e quattro feriti; e queste non sono fandonie, jna cifre officiali. Giorgi, Luvara (il generalissimo che sottoscriveva i proclami) e lo stato maggiore erano rimasti al convento di Sant'Antonio, a mezzo miglio dalla Scurgola,. dalla parte di Tagliacozzo. Vedendo la rotta dei loro, si affrettarono a fuggire. Nel combattimento fu presa una delle loro bandiere. Era un vecchio crocifisso in legno, al quale avean legato con dello spago un pezzo di stoffa rossa, strappata da qualche parato da chiesa: l'asta era un bastone di tenda tolto ai soldati Piemontesi a Tagliacozzo. Ma questo cencio gi forato nobilmente come una bandiera, non era l'orifiamma; essa non veniva esposta alle palle e non era uscita da Tagliacozzo. Era un magnifico quadrato di seta bianca, scrive un testimone che l'ha veduta, adattatissimo per una processione. Da un lato vi si scorgeva Maria Cristina (madre di Francesco II e principessa di Carignano) in ginocchio davanti ad una Madonna, nellatto di calpestare la croce di Savoia. Dallaltro lato eravi una Immacolata Concezione. Quello stendardo era stato benedetto dal papa, e se ne attendevano miracoli. Cominci assai male con questa sventurata spedizione. Con Giorgi e Luvara continuo a citare la lettera di un testimone oculare marciava vestito da colonnello alla pari di Giorgi, quel famoso venezia no, che dapprima si cred un cardinale, e che alla fin de' conti era un semplice monsignor di Corte. Tra i prigionieri si trovavano molti antichi soldati, e furono graziati; ma ai partigiani non si concesse quartiere. Uno de1 loro capi, il medico Mauti di Luco, stato fucilato, e, affrettiamoci a dirlo, morto coraggiosamente. Gli fu promessa la vita, se avesse

31 fatto rivelazioni. Rifiut: si content di rispondere che per caso trovavasi in mezzo agli insorti: stretto dalle domande, da uomo d'onore si tacque. Avrebbe meritato la grazia: ma per sua malaventura aveva indosso testimonianze tenibili: stato fucilato dinanzi al castello. A Sora sono stati inviati tre prigionieri singolari, i tre individui che avevano portato a Tagliacozzo al maggiore piemontese una intimazione assai audace delle bande borboniche. Uno era officiale de' Cacciatori napoletani, un altro era caporale dello stesso corpo, e il terzo zuavo del papa,oriundo spagnuolo, antico capitano carlista. Questi tre disgraziati hanno narrato la loro storia, che una lunga sequela di disinganni. A Roma erano stati assicurati che negli Abruzzi esisteva realmente un'armata, che le popolazioni li attendevano con entusiasmo, e che in quindici giorni sarebbero giunti a Napoli. Hanno trovato cinque o seicento soldati sbandati, due mila contadini male armati, e una plebaglia o indifferente o impaurita. A Carsoli si attendevano armi per tutta questa gente, ma i Francesi hanno arrestato il convoglio. Fra i fucilati della Scurgola figuravano due preti, un monsignore e il curato di Monte Sabinese. A Poggio Filippo,villaggio vicino, morto un disgraziato in seguito delle sue ferite. Spogliandolo, hanno scoperto che portava calze violette. Mi son giunti poi singolari ragguagli intorno alle disposizioni de' contadini abruzzesi ili codesto tempo oramai remoto. Erano borbonici furenti. Si narra l'aneddoto di una giovane donna che fece morire un Garibaldino in casa di lei rifugiato, con una ferocia brutale ed oscena.. Non ardisco riferire le particolarit di questo lungo assassinio. Ma ecco un incidente che lecito narrare. Dopo la disfatta di Giorgi, il quale non torn

32 pi (questa volta, disse fuggendo, la mia balordaggine stata eccessiva) restavano in Avezzano una cinquantina di prigionieri, non si sapeva che farne, non si potevano fucilare senza barbarie, n lasciarli liberi senza pericolo: si adott un mezzo termine: ne furono scelti trenta, per esperimentare sopra di essi gli effetti del terrore. Il curato (che faceva parte di questa cospirazione umanitaria) li riun nella chiesa, e diresse loro un discorso spaventevole; disse che si preparassero a morire, esser suonata l'ultima ora, e li rimprover i loro delitti con focosa eloquenza. Caddero in ginocchio pi morti che vivi. Allora il curato fu assalito da un movimento di piet. Soggiunse che forse la giustizia umana di essi avrebbe piet, ma che bisognava che tutti, uno ad uno, colla mano sul crocifisso giurassero che non farebber pi parte di alcuna banda d'insorti. Giurarono tutti e vennero posti in libert. Otto giorni dopo furono ripresi a Carsoli nella banda di Giorgi. Fu verso quel tempo che la truppa un po' l'eterogenea del signor De Christen, dapprima scacciata, fu poi attaccata negli Stati Romani dal generale De Sonnaz. Il signor De Christen era un partigiano legittimista, che si batteva per il trono e per l'altare. Circondato in Bauco dai Piemontesi, di cui aveva respinto il primo attacco, consent a negoziare con essi, e promise sullonore di non pi servire contro l'Italia. Ahim! tenne parola come i prigionieri abruzzesi. Tent ancora inutilmente alcune escursioni, poi venne in Napoli con nome falso e con passaporto inglese a fomentare nuovi disordini. Egli trovasi ora in potere della giustizia, ma potrebbe esser lasciato in libert, perch non pi pericoloso. Sono gi corsi sette mesi1 che le spedizioni legittimiste sono cessate per la capitolazione di Gaeta (13 febbraio 1861). Francesco II dispens i suoi1 I primi sette capitoli di questo lavoro furono scritti nel settembre 1861.

33 partigiani, e segnatamente De Christen, da ulteriori servigi ormai fatti inutili, come disse il dispaccio borbonico pubblicato ne' giornali del tempo. Il paese fu sollevato da un gran peso; le citt illuminate, e a malgrado dei vescovi, cantarono senza di essi il Te Deum. Non gi che fosse estinto il brigantaggio. Ma i malfattori che correvano le campagne nulla aveano di comune coi partigiani del re decaduto, non erano pi che galeotti evasi dai bagni, profittando dellingresso di Garibaldi nel regno. Il Dittatore seguendo il suo cammino da Reggio a Napoli, non avea avuto tempo di ricostituire l'armata e la polizia nelle Comuni da lui traversate al galoppo. Tutte le prigioni al suo passaggio erano state aperte; i detenuti avevano indossato la camicia rossa e proclamato il trionfatore. Tutti attendevano la loro assoluzione dalla grande redenzione italiana; aveano vissuto nei bagni coi detenuti politici: confusi con questi nella pena, speravano esserlo nella liberazione. Non pochi aveano seguito Garibaldi fin sotto le mura di Capua, e si erano coraggiosamente battuti. Ma quando l'autorit regolare venne ad un tratto a sostituire il potere fantastico del Dittatore, tutte queste speranze caddero. Per molte ragioni, e sovra ogni altra per onest, il governo italiano rifiut i servigi degli antichi detenuti. Uno di essi, Cipriano della Gala, erasi offerto per inseguire i briganti; fa consegnato all'autorit giudiciaria; altera tutti questi individui, riuniti per caso, galeotti evasi, falsi liberali,.malfattori studiosi di scampar la forca rimasti elusi, antichi malandrini, mendicanti, vagabondi, e qualche montanaro affamato formarono le prime bande, e si misero ad assalire e a spogliare i viaggiatori. Tale fu l'origine vera del brigantaggio in quest'anno. Ma queste bande non erano forti e non comparivano

33 che in lontananza in due o in tre provincia Erano ventine d'uomini al pi, che abitavano i boschi o le sommit ordinariamente praticate dai briganti, e specialmente la Sila in Calabria. Imponevano qua e l taglie, e se ne andavano contenti, se venivano loro pagate.. Di politica non si occupavano. Con pochi battaglioni di bersaglieri sarebbe stato facile disperderli. Ma il governo piemontese era in quel tempo sopra up pendio di errori e di sbagli. Vero che trovavasi assai impacciato, specialmente per le tre armate che avea sulle braccia, cio la sua, quella di Garibaldi e quella di Napoli. quest'ultima in specie gli era di grande imbarazzo. Tutti i soldati borbonici erano prigionieri di guerra e dovevano esserlo, ai germini della capitolazione di Gaeta, fino alla presa di Messina e di Civitella del Tronto. Civitella fu l'ultima a cedere (20 marzo). Che dovea fare il governo dellarmata? Accord due mesi di congedo a tutti coloro che erano usciti da Gaeta, e dopo questi due mesi, quelli che appartenevano alle leve posteriori al 1857 dovevano essere immediatamente chiamati sotto le armi. Gli altri avevano diritto di arruolarsi, se ci tornava loro a genio. Queste concessioni furono i pi formidabili errori che potesse commettere un generoso potere. I due mesi di congedo soprattutto (condizione stipulata a Gaeta) compromisero gravemente nelle provincie meridionali la causa italiana. I soldati spesero ben presto la indennit che aveano ottenuta. Allora non seppero di che vivere. E noi non riamo in Inghilterra! Macaulay racconta che al ritorno del re legittimo fu mestieri licenziare l'armata di Cromwell. Cinquantamila uomini abituati a battersi furono lasciati sulla strada. V'era da aspettarsi che avrebbero

35 mendicato il pane o forse lo avrebber rubato. Cos non avvenne peraltro: Alcuni mesi dopo non restava traccia che indicasse che l'armata pi formidabile del mondo,era stata assorbita nella massa del popolo. I realisti stessi erano costretti a confessare che i vecchi soldati prosperavano pi di ogni altro in tutte le oneste industrie, che nessuno fu accusato di furto o di brigantaggio, che nessuno ricorse alla carit pubblica, e che se un muratore, un carrettiere, un fornaio distinguevasi, per la sua assiduit al lavoro, o per la sua sobriet, v'era da scommettere che egli fosse un vecchio soldato di Cromwell.1 N a credersi che mancassero allora briganti in Inghilterra; testimone quel Guglielmo Nevison, di cui parla Macaulay, alcune pagine pi indietro, quel generoso ladro della Contea d'York, che si facea pagare un tributo trimestrale da' mercanti di bestiame del settentrione, e che divideva co' poveri ci che egli prendeva ai ricchi; testimone quel famoso capo di assassini, antico paggio del duca di Richmond, Claudio Duval, francese e s galante con le signore. Egli ferm un giorno la carrozza di una bellissima dama, la quale recava seco 400 sterline. Non ne prese che cento a condizione, che ella si degnasse di ballare una contraddanza con lui sull'erba. Eranvi allora in Inghilterra de' briganti anche pi serii e pi cattivi, ma i veterani di Cromwell erano stretti al dovere dalla loro coscienza e dalla loro dignit di uomini liberi. Questo sentimento e quello dellonora, che ne' Francesi ne tiene il luogo, mancavano affatto nelle caserme del regno delle due Sicilie. Qui i privilegi e le immunit della spada aveano demoralizzato fino allabiezione quasi tutta l'armata di Francesco IL La quale non pot quindi essere pacificamente assorbita dalla popolazione laboriosa. Abituati agli ozii1 Macaulay, Storia d'Inghilterra.

36 della caserme o delle casematte, i soldati licenziati non vollero essere pi operai o coltivatori; e molto meno vollero ingaggiarci sotto la Croce di Savoia, un po' per antipatia verso i Piemontesi (e ne vedremo pi sotto le cause), e molto perch il servizio era pi duro e meno pagato sotto la Croce che sotto i Gigli, e moltissimo poi (e ho questa notizia da venti borbonici che me lo hanno schiettamente confessato) perch Vittorio Emanuele era un re troppo guerriero, n si curavano essi di andare a far la guerra allAustria. Tali sono le vere cause della defezione de' soldati borbonici. Altri aggiungeranno una fedelt catoniana alla causa vinta, l'affetto immutabile al re decaduto, una pia devozione all'eroina di Gaeta. E poich molti vi credono per fede, cos non voglio impugnare queste ragioni patetiche. Mi duole soltanto che abbiano spinto de' soldati a farsi ladri per le pubbliche vie, perocch, e su ci insisto, ne' primi tempi a questo solo si adoperarono: e passaron de' mesi prima che inalberassero una bandiera qualunque. Nascosti la sera nelle macchie, col pugnale in mano, lungo le strade poco sicure, spiavano i passi di un viaggiatore, i sonagli d'un mulo, erano in cento ad aggredire un uomo solo, e, fatto il colpo, fuggivano in fretta ai loro nascondigli, come i Burgravi degradati di Vittore Hugo. Non fu che in appresso, allorch i soldati licenziati e i refrattari si congiunsero ai malfattori gi sparsi per le montagne, che la cospirazione borbonica organizzata a Roma, a Napoli e per tutte le provincie, mancando di soldati, risolv di adoperare questi uomini. Allora soltanto il brigantaggio assunse un carattere politico. Vediamo frattanto ci che fosse codesta cospirazione.

37 IV.La cospirazione Napoli garibaldina I partiti dopo la partenza del Dittatore L'opposizione dei letterati La consorteria e il municipalismo L'opposizione del popolo L'opinione della paura Viva (Garibaldi L' opposizione del clero L% leggi contro i conventi La falsa moneta e gli anelli di zinco Il brigantaggio assume carattere politico.

L'eroiche gesta di Garibaldi erano state una sorpresa, un colpo di fulmine. Gi compiute, ad esse non si prestava fede. Tutti si chiedevano: egli davvero sul continente? E nel tempo istesso Garibaldi entrava in Napoli. In nessun luogo avea trovato resistenza. Eroe leggendario avea colpito la immaginazione del popolo, continuando per conto suo le favole dellAriosto. Le sue avventure meravigliose in terra e in mare, nelle quattro parti del mondo, le tempeste e i combattimenti,le vittorie e i naufragi, l'interesse che in questo paese suscita quanto havvi di strano, d'irregolare, di superiore alla legge; perfino la parte spettacolosa, la camicia rossa, e per soprappi il terrore, le memorie di Velletri narrate e sparse dai soldati sconfitti, e per ultimo la superstizione, che ingrandiva e consacrava il semiDio (quando colpito, dicevano, scuote la camicia e le palle cadono), tutte queste circostanze insieme riunite aveano reso Garibaldi quasi eguale a san Gennaro... Ho parlato di terrore, e torno a discorrerne, perch questo sentimento qui spiega tutto, n mi stancher mai di ripeterlo. La paura regola il mondo; massima continuamente proclamata da Garibaldi. La paura rese trionfante la causa italiana, e non solo quel timore misterioso ispirato dalleroe popolano, il quale a dieci anni di distanza sconfisse due volte da Roma e da Napoli a Gaeta l'armata del padre e' l'armato del figlio,

38 ma ancora quel terrore sparso dalla turba sanguinosa ed oscena dei soldati borbonici. I loro recenti eccessi in Sicilia, l'incendio di Carini, il bombardamento di Palermo, e sovra ogni altra cosa le loro brutalit nella stessa Napoli, le memorie del 15 maggio 1848, le aggressioni del 15 luglio 1860, tenevano in un continuo spavento i pacifici borghesi. Dev'esservi noto quest'ultimo avvenimento. Alcuni granatieri del Re si erano slanciati una domenica al tramonto del sole, non gi sopra sediziosi attruppamenti, ma sopra una folla tranquilla, e prendendo chiunque passava per la gola (anche gentiluomini in carrozza, e personaggi aventi carattere officiale, fra i quali il console d'Inghilterra), li aveano minacciati, colpiti e perfino uccisi a colpi di sciabola, urlando Viva il Be! Da quel giorno la citt era rimasta in diffidenza: essa guardava i cannoni puntati sopra di lei in tutti i forti, e non vedeva dovunque che miccie accese. I ricchi negozianti avevano noleggiato vapori o brigantini per porvi in salvo dal saccheggio mercanzie e valori. I gentiluomini pi borbonici erano nobilmente fuggiti. I vascelli stranieri ancorati nella rada erano popolati di fuggitivi a carichi di casse preziose. Gli stranieri aveano compilato l'inventario degli oggetti di loro pertinenza, e lo avevan depositato presso i consoli rispettivi. Ad ogni istante nellacitt, sopraffatti dalla paura i cittadini chiudevano le botteghe e le case, spopolavano le strade, facevano correre a precipizio carrozze, cavalli, pedoni, mercanti ambulanti, in una confusione strana, in una fuga insensata. Io stesso ho veduto questi fatti co'miei occhi, e giorno per giorno ne ho preso nota. Cos la stessa paura, ossia la pubblica opinione, intravide in Garibaldi un salvatore. Tutti lo chiamaron con gridi d'angoscia: e quando fu giunto, la citt intiera calma? rassicurata pot liberamente respirare. In realt il pericolo cominciava in quel momento.

39 II giorno dellingresso di Garibaldi seguito tutto al pi da venti uomini, restavano sei mila soldati a Napoli. Una palla fortunata avrebbe messo la citt a ferro e a fuoco. Il grosso dellarmata trova vasi a due miglia di distanza. I cacciatori, i Bavaresi volevano battersi, e si batterono infatti. Garibaldi rimase quasi per due mesi dinanzi a Capua senza prenderla. Il primo ottobre le truppe reali furono ben vicine a ritornare in Napoli; il giorno di poi ve ne erano tuttora molte migliaia in C^serta, che avevano presa, e che avrebber conservata forse, se non perdevano il tempo nel saccheggiare una casa. Tuttavia tale era la fede in Garibaldi, che in faccia a questi gravissimi pericoli la citt rimase gaia, Viva, imbandierata, illuminata tutte le sere, screziata allegramente da costumi diversi, ripiena di camicie rosse, affiochita e assordita a forza di fanfare e di acclamazioni, ebbra e pazza di giubbilo! Durante questa esplosione di entusiasmo, non fuvvi partito borbonico, e non vi furono neppur borbonici. Alcune congreghe eransi formate intorno ai grandi capi di tutti i movimenti italiani, Mazzini, Cattaneo, Saffi e altri riuniti allora a Napoli, allettati o chiamati dalla giovane rivoluzione. Ma queste congreghe non erano che frazioni di tutto il partito liberale. Avevamo mazziniani, repubblicani indipendenti, democratici monarchici, garibaldini puri, garibaldini moderati, moderati non garibaldini, unitari e Unionisti, partigiani dellItalia ima, e partigiani dellItalia unita, annessionisti con o senza condizioni, Piemontesi i quali non giuravano che per Torino, e Napoletani che non pensavano che a Napoli; ma non un circolo, non una conversazione osava pi pensare a Francesco II. Tutto questo dur fino allarrivo di Vittorio Emanuele e allo stabilimento dellautorit regolare. Allora i Napoletani si intiepidirono ad un tratto.

40 Formaronsi due opposizioni, ogni giorno pi distinte, l'una fra i letterati, l'altra fra il popolo. Studiamoci di disegnare nettamente queste due opposizioni. Io mi avventuro in terreno lubrico, ma il miglior, mezzo per non cadre quello di camminarvi risolutamente. Parler dunque con tutta la sincerit. Ho gi bastante esperienza per sapere che l'arte suprema sta nella piena sincerit. L'opposizione dei letterati (non dico borghesi, perch a Napoli sarebbe,una parola impropria) fu suscitata da mille cause, ma soprattutto da passioni di campanile e da ambizioni disilluse. Una consorteria potente erasi impadronita del potere, e componevasi in special modo degli emigrati. Queste vittime del 1848 erano i cittadini pi ragguardevoli delle due Sicilie. Dispersi in tutta l'Europa, in gran numero congregati in Piemonte, vi aveano trovato non solo un asilo, ma l'accoglienza pi simpatica e pi generosa. Il Piemonte fu l'Olanda dei whigs di Napoli. Nell'esilio si cospira sempre un tantino; e i nostri emigrati cospirarono, ma con moderazione. Guidati dapprima da Manin, che li dirigeva da Parigi, consigliarono la resistenza legale. Scrissero manifesti e memorandum, ne' quali chiesero all'Europa un Ferdinando II liberale. Manin mor, e Ferdinando rest il monarca pi assoluto. Allora gli emigrati sperarono salute da Francesco II, e taluni anche da Murat. Ma l'Inghilterra teneva avvinte le braccia del pretendente. Rispetto a Francesco II, ascendendo il trono, annunzio che non sperava poter agguagliare le sublimi virt del padre. Frattanto l'emigrazione erasi fortificata. Prima di morire il penultimo re di Napoli avea dischiuso le prigioni. Il barone Poerio ne era uscito con la sua lacrimevole coorte. Voi ricordate ci che avvenne: deportato in America, ebbe l'audacia di sbarcare in Manda, d'onde si rese a Torino. Notate che egli era

41 rimasto in relazione con tutti i proscritti e con tutta l'Europa. Sotto la sua veste di forzato, non avea mai cessato di cospirare. Egli dirigeva i liberali di Napoli; li frenava dal fondo della sua galera, e trascinando la catena, li confortava a sperare. Perci adunque essendo egli con i suoi compagni d'infortunio a Torino, l'emigrazione fu completa; falange stretta e ornai celebre e formidabile, in specie a causa delle sue sventure. Avea disperato di Ferdinando, di Francesco, di Murat: cresciuta sotto la protezione del Piemonte, era divenuta Piemontese. La campagna di Lombardia, l'annessione de' Ducati, delle Legazioni, della Toscana, sbozz innanzi ai suoi occhi l'immagine s lungo tempo sognata e tante volte respinta come una fatale illusione, dellItalia una. D'altra parte era quella la soluzione sola possibile! E qui l'audacia e la saggezza si trovarono concordi. Quando Francesco II proclam la costituzione e l'amnistia, gli emigrati tornarono in frotte, e con ogni possa alimentarono la universale sfiducia, che respingeva le coatte franchigie strappate al giovane re. Tentarono di prevenire Garibaldi, che era ancora in Sicilia, e di sollevar il paese senza l'intervento di lui. Il cannone di Sant'Elmo glie lo imped. Allora si rassegnarono a stender le braccia al Dittatore, a dirigere il Comitato segreto, che altre volte ho chiamato il governo secreto. Merc loro, Garibaldi, fin dal suo arrivo, il 7 settembre 1860, non trov soltanto un popolo preparato, ma un ministero gi fatto. Io ho insistito su questi precedenti de' consorti (come qui si appellano) per render giustizia ad essi. Ho voluto costatare i loro servigi, prima di censurare i loro falli. Aggiungo, che durante la dittatura essi forse salvarono il paese, dacch ebbero il coraggio e la forza di contenere la rivoluzione. Non prenderei giuramento che senza di loro essa non fosse corsa a urtarsi

42 contro i Francesi alle frontiere romane. Con alte grida chiamarono Vittorio Emanuele. Ma giunto il re, essi furono i padroni, e credo ne abusassero. Non raccolgo qui le calunnie della piccola stampa; non voglio credere alla venalit, al favoritismo de' nuovi signori: ma opino soltanto che fossero troppo ciecamente sommessi a Torino, d'onde mal giudicavasi la questione di Napoli. In due parole, ecco qual' era tale questione. I Napoletani avevan dichiarato col plebiscito, che loro volont era di unirsi allItalia una sotto la monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele. A Torino si cred che chiedessero di esser annessi e assimilati al pi presto possibile. Di qui le discordie e i malcontenti. I consorti posero le mani su tutto, non d'altro curandosi se non di affrettare l'assorbimento di Napoli nel nuovo Regno d'Italia. Le tariffe doganali furono rovesciate da un giorno all'altro; provvedimento del quale la industria locale soffrir per lungo tempo. I codici furono modificati in senso piemontese; e fu grave rammarico per i giureconsulti dei paese, che giustamente considerano come ottime le loro leggi, e null'altro lamentarono, ne' tempi de' Borboni, che non fossero eseguite. In quasi tutti i rami dellamministrazione si cambiarono i nomi conservando le cose, mentre l'arte suprema, dopo una conquista, sta nel cambiar le cose, conservando i nomi. Invece di render meno sensibile la transizione, si fece il contrario, aumentando i poteri di Torino a spese di quelli di Napoli. Invece di dissimulare la questione della capitale, la fu posta innanzi, e fu un fallo enorme, tanto pi poi, perch quella capitale lontana, ignorata, quasi straniera, era in qualche modo una specie di parvenue, e non aveva a favore proprio che il suo re, per buona ventura galantuomo.

43 In brevi parole tali furono le lagnanze dellopposizione dei letterati. A questi malcontenti si unirono i borghesi senza politica, amanti de' loro affari, i quali accusavano il potere delle rimesse che non giungevano; poi gli impazient, sempre innumerevoli, i quali esigono da ogni rivolgimento istantanei benefizi, e lo condannano senza misericordia, quando questi benefizi non si rivelano immediatamente. Napoli avea bisogno di scuole, di ospizi, di prigioni cristiane, di strade, di ferrovie, di porti, di fari, di tutto. Nulla si conced, salvo leggi inopportune e premature. L'opposizione si sparse e divenne forse generale, o almeno i fiduciosi, gli ottimisti, i soddisfatti, si trovarono ben presto in minoranza. Ma questa opposizione, utile prenderne nota, rest conservatrice: non chiese reazione, ne rivoluzione, n Francesco II, n Mazzini. Si lagn del Piemonte senza pensare in guisa alcuna a staccarsi dallItalia: ed ecco come avvenne che un paese malcontento invi in gran quantit deputati ministeriali in parlamento. A malgrado di tutto il malumore, questi uomini Conosciuti, illuminati, moderati erano ancora coloro che meglio rappresentavano la opinione pubblica. I liberali pi spinti ispiravano paura e repugnanza, perch nella maggior parte patriotti scapigliati, inetti, violenti e ignoti. L'opposizione non avea colore; era napoletana: nel Parlamento ne avemmo le prove. I Napoletani che hanno interpellato il ministero sul loro paese appartenevano a tutte le opinioni; ve ne erano della destra, della sinistra, del centro. Tutti i loro discorsi furono profondamente improntati di municipalismo, il quale la vera opinione, il vero partito di Napoli. Pi municipale di tutti quegli che ha assordato la Camera sui mali del suo paese, il signor Ricciardi, uomo d'altra parte onestissimo. Ei si crede repubblicano; s'inganna: non che napoletano.

44 Ho discorso dellopposizione de' letterati; ora scendo a dire di quella del popolo, che pi franca e pi decisa, e dichiara che non ama i Piemontesi, n Vittorio Emanuele. Contro i Piemontesi la plebe di Napoli ha (o almeno avea) l'avversione degli uomini del mezzogiorno per gli uomini del settentrione. Brusco e violento era il contrasto fra le camicie rosse e i cappotti bigi. Dopo i volontari veementi, rumorosi, pittoreschi, gloriosi, che spargevano il loro danaro a piene mani, desiderosi di viver bene pria di ben morire, dopo questi eroici zingari, giunsero a un tratto soldati ben ordinati, disciplinati, tranquilli, sobrii, poveri, freddi. I nuovi venuti andavano a piedi, non bevevano, e appena fumavano; non erano quindi in grado di recar guadagni alla classe povera. Avevano una sola uniforme, e la domenica erano vestiti come gli altri giorni; non gridavano nelle vie; sembravano spostati sotto il cielo di Napoli: parlavano un dialetto quasi francese. Il popolo s'allontan da essi. I Piemontesi vissero fra loro separati, come altra volta gli Svizzeri. Contro il re l'opposizione popolare fu anche pi ingiusta. Quando Vittorio Emanuele giunse a Napoli, ebbe un gran torto; trascur i galloni e gli ori: non sguain la sua grande sciabola, ebbe stivali troppo corti. Il popolo ama le grandi sciabole e i grandi stivali. In breve il Re galantuomo non avea di Murat che il coraggio; ma qui neppure il coraggio riesce senza i pennacchi; forse n qui, n altrove. Vi ebbero motivi pi seri di opposizione. Il popolo non ha mai ben compreso, perch Vittorio Emanuele sia venuto a Napoli. La questione italiana pareagli complicata, e comincia ora soltanto a rendersene conto; per lo innanzi non l'ebbe mai a cuore. Nel primo momento la nostra plebe non vide che una cosa sola: il Re che giungeva e Garibaldi che partiva.

45 La partenza trista, solitaria, sconfortante di colui che era stato padrone di Napoli, e avea dato nove milioni di sudditi al suo sovrano, suscit rammarico. Vi si scorse un' ingiustizia flagrante, una ingratitudine crudele. E i Garibaldini malcontenti furono di questo parere. Lo scopo della rivoluzione, il plebiscito furono posti in oblio: si ripet dovunque (e si ripete ancora nelle classi incolte) che Vittorio Emanuele, terza potenza nemica delle altre due, era venuto a prender Napoli e a scacciarne Garibaldi, il quale ne avea scacciato Francesco II. Tali furono i motivi della opposizione popolare. Coloro che ne hanno enumerati altri, li hanno inventati. Dire che l'ex-lazzarone francescano o repubblicano, lo stesso che confessare che non si mai posto piede in questo paese. Non si tratta qui di principii o di convinzioni, ma di simpatie o di antipatie. Aggiungete frattanto che la paura (io ne terr sempre conto) non assoggettava al Piemonte n i letterati, n il popolo. La estrema mitezza del governo tollerava nei giornali il linguaggio il pi vivo, e lasciava che nelle vie si gridasse ci che pi piaceva. I soldati mostravano una mansuetudine e una pazienza ammirabile; perci non spaventavano: non erano gli sciabolatori del 15 luglio, o i saccheggiatori del 15 maggio. Mi ricordo che un giorno pochi mascalzoni coll'intendimento di dar causa ad una sommossa, avevano cominciato dal fare una dimostrazione ad un ufficiale pubblico e dal percorrere le strade gridando: Morte a Spaventa! Volevano anche invadere il palazzo de' Ministeri. A guardia di questo furono inviati alcuni soldati coll'ordine espresso di evitare lo spargimento del sangue. Ebbene: io ho veduto que' soldati insultat, oltraggiati ignobilmente: sulla faccia di essi si gettarono delle sozzure: aveano in cima ai loro fucili le baionette: tornavano dalla Cernaia, da Palestro, da Gaeta;

46 erano valorosi, erano irritati, e ben si scorgeva dal loro volto alterato; sapevano che una finta scarica avrebbe disperso quella plebaglia. Eppure nessun di loro si mosse! In qualunque altro luogo questa condotta avrebbe disarmato i malcontenti. A Napoli incoraggi al disordine; ma queste turbolenze non ebbero mai alcun che d'inquietante; la dimostrazione di cui ho fatto cenno fu la pi violenta di tutte e termin vilmente in schiamazzi. Spaventa rest come prima alla Polizia, ne si pens neppure a innalzare barricate. L'opposizione puramente popolare non fu mai politica. Si content di rimpiangere e di acclamare Garibaldi; e ci fece in ogni occasione, a torto, o a ragione, con un costante entusiasmo. Tutte le volte che la citt era illuminata, vedeansi passare per le vie processioni di plebei, che agitavano le loro bandiere e scuotevano le loro torcie alle grida di Viva Garibaldi. Talvolta portavano il busto delleroe, racchiuso in una cassa da santi, tolta in prestito da qualche chiesa. Viva Garibaldi, fu il grido di tutte le sere di trionfo. Quando Cialdini prese Gaeta, Viva Garibaldi; quando Oavour proclam il Regno d'Italia, Viva Garibaldi; quando Napoli festeggi l'anniversario di Vittorio Emanuele, Viva Garibaldi. Se per caso si dovesse celebrare il ritorno di Francesco II, il popolo per abitudine griderebbe forse Viva Garibaldi. Cos noi avevamo un malcontento quasi generale nel paese; in alto, per spirito di contraddizione e di municipalismo; in basso, per piet verso l'eroe di Caprera. Il partito borbonico vide queste disposizioni, e alz la testa. La reazione cominci dal clero. I preti erano ostili al potere condannato dal papa; pure la loro ostilit era meno generale di quella che s'immagina. A Palermo il 4 aprile 1860 furono i monaci della Gancia che

47 avevano dato il segnale della insurrezione. In Basilicata, provincia liberale che non avea aspettato Garibaldi per sollevarsi, erasi formata una legione di preti ed erasi armata per marciare innanzi al popolo. A Napoli stessa eminenti predicatori (fra gli altri il prete Giuseppe De Foria) aveano posto la loro eloquenza a servizio della causa italiana. Ne basta: la rivoluzione avea dalla parte sua alcuni vescovi, specialmente quello di Ariano, monsignore umilissimo, in particolar modo per i Te Deum. Sarebbe stato dovere l'incoraggiare queste inclinazioni. Il supremo buon senso di Garibaldi rispettava le superstizioni popolari. Il giorno appresso al suo arrivo a Napoli, il Dittatore avea adempito il borbonico pellegrinaggio di Piedigrotta. Alla sua preghiera il miracolo di san Gennaro erasi operato, come d'ordinario, e anche pi sollecitamente. Garibaldi religiosissimo si faceva seguire da un cappellano, al bisogno soldato e prete, nelle citt, il quale predicava con unzione e con calore. Il governo regolare dapprima segui la stessa via, e richiam perfino il cardinale Riario Sforza che avea lasciato Napoli. Poi ad un tratto, mal consigliato dagli impazienti e dai logici (la logica l'opposto della politica; ci non si ripeterebbe abbastanza) la Direzione dei culti cred dar segno di forza facendo ci che Garibaldi, il savio audace, non avea ardito, e pronunzi tre decreti contro il clero. Uno de' quali, il pi violento, sopprimeva la massima parte delle corporazioni religiose. In tempi ordinali questo sarebbe stato atto di giustizia. Ma allora era necessario non inasprire i preti, per le cause che ho gi esposto, e perch poi il governo non avea tanta forza per lottare contro essi. Il coraggio di promulgare le leggi non manc, manc per altro il potere di imporne la esecuzione;

48 errore irreparabile: i preti furono offesi e non colpiti, irritati e non indeboliti. Il governo avea mostrato il suo cattivo volere e la sua impotenza. Credo che anche oggi se ne penta. Il clero dichiar la guerra all'Italia in tutte le provincie e anche in Napoli: dapprima timidamente, di notte, in prediche clandestine, poi in pieno giorno, in prediche piene di allusioni in cui Vittorio Emanuele era designato sotto lo pseudonimo di Erode; in vece di Francesco II i curati dicevano Ges Cristo. Nelle campagne la sottana e la cocolla peroravano apertamente contro il re scomunicato, congiuravano per una crociata regolare. I conventi si posero in corrispondenza con Roma: quelli di Napoli ricettavano uniformi e sopra tutto kpis di guardia nazionali, per vestire poi mercenari e gettarli col pugnale in mano, nei corpi di guardia dei liberali. All'ombra di queste frodi furono ben presto commessi furti e assassinio Ovunque vi erano depositi d'armi, magazzini di munizioni, fogli reazionarii. In Aquila, in casa d'un certo Cocco, assai sospetto, fu rinvenuta una lista di nomi liberalissimi. Gli fu chiesto cosa fosse: rispose che poteva essere una lista de' suoi debitori Vi debbo dunque qualche cosa? domand l'ufficiale che erasi recato ad arrestarlo: vi trovo il mio nome! Cocco perde i sensi. La fucina della cospirazione era a Roma, residenza del re decaduto. Era egli gi d'accordo co' suoi partigiani? Lo ignoro, ma non lo credo. So bene che gli si attribuito un motto patetico e fatidico, mentre ei partiva da Gaeta. Prima d'imbarcarsi, abbracci uno de' suoi soldati, l'ultimo che trov sulla spiaggia, e gli disse: Da' per me un bacio a tutti quelli che mi amano, e di' loro che prima che corra un anno, ci rivedremo. Ma d'altra parte Francesco II avea solennemente

49 promesso innanzi all'Europa, in un proclama pubblicato ovunque, che non darebbe opera ad alcun tentativo per agitar il suo regno. l'Amo credere che mantenesse la sua parola... da principio almeno. Tuttavia a Roma, intorno a lui, nel seno della sua famiglia gi si cospirava. Ignoro se i comitati, de' quali parler in appresso, fossero in que' giorni organizzati. Ma so che si riunivano armi, si batteva moneta in nome di Francesco II, e si spargeva questo denaro nell'exreame; e perch vi fosse ricevuto, le nuove monete aveano la data del 1859, ed erano state astutamente annerite, non so con quale preparato chimico. Ne ho avute in mano: erano false; avevano un valore nominale di venti centesimi, e saranno appena costate dieci. Questo denaro serviva agli arruolamenti, i quali furono aperti in Napoli nei monasteri, e nelle case de' preti: una visita domiciliare in casa di uno di questi a San Giovanni a Carbonara, fece scuoprire una ragazza nascosta sotto un letto: narr tutto, per non esser gettata nelle carceri delle prostitute. La polizia si stabil nella camera del prete, e tenne essa stessa l'uffizio di arruolamento. Quanti vennero ad iscriversi furono presi e inviati, credo, nelle isole. Nel tempo stesso fu arrestato il duca di Cajanello, che era stato ministro di Francesco II in Francia: si sospettava che ei corrispondesse con Roma: rimase molti mesi in prigione. Non ripeter tutte le voci, calunniose forse, sparse a carico di lui: ne mancano le prove. ignota la vera parte che ei potesse avere nella cospirazione, e si sa soltanto che questa esisteva, e doveva scoppiare in Napoli nel mese di aprile, che i prigionieri della Vicaria dovevano essere posti in libert ed armati, che i loro custodi appartenevano al complotto, che la ribellione era fomentata nel tempo stesso nella citt e nelle provincie,

50 e che le bande de' briganti furono ben tosto riconosciute e pagate dai Comitati Borbonici. Allora soltanto il brigantaggio divenne politico. La reazione trov questi uomini gi riuniti, gi fuori della legge, n ebbe scrupolo di adoperarli. Per parte loro i saccheggiatori non domandarono meglio che ricevere venti, trenta e perfino cinquanta soldi al giorno, e legittimare cos le loro rapine; non erano pi ladri, ma partigiani: ebbero rosarii ed amuleti; le loro dita furono adornate di anelli di zinco: poi riceverono bottoni ne' quali era inciso una corona e una mano che impugnava uno stile con questo motto: Fac et Spera: fu loro concesso di continuare il loro mestiere, senza alcun timore: soltanto ebbero la raccomandazione di assalire di preferenza le propriet de' liberali, di disarmare i picchetti della Guardia Nazionale, di svaligiare pi volentieri i patriotti, di porre ovunque i Gigli dov'era la Croce di Savoia, e di saccheggiare le borgate al grido di Viva Francesco IL E questo fecero, ed ecco in qual modo i ladroni senza cessar di essere ladroni addivennero campioni del diritto divino. Allora cominciarono ovunque i. disordini, eccitati dai soldati licenziati che portavano l'anello di zinco. La banda di Somma (montagna unita al Vesuvio) quelle di Noia, di Gargano, delle Calabrie si formarono. A Castiglione il giorno di Pasqua e il giorno successivo (31 marzo e 1 aprile) avvennero gravi turbolenze, orribili eccidii: per ultimo si manifestarono i moti di Basilicata, sola provincia in cui durante questa lunga annata di civili scaramuccie, l'insurrezione si mantenne per qualche giorno. Io mi tratterr quindi con maggior diffusione sopra questa male augurata istoria, che ci fornir una idea esatta di tutte le altre, e ci permetter di procedere in seguito con maggior velocit nella nostra narrazione.

51 D'altra parte noi troveremo in Basilicata una guida preziosa nel signor Cammillo Battista, che ha pur voluto raccontarci con semplicit quanto egli stesso co' proprii occhi ha veduto nel suo paese natale.1 Ottimo esempio, che tutti gli scrittori dovriano seguire in tempi di rivolgimenti, anzi che sprecare il loro inchiostro in apologia o in sentenze premature. I cron