Archeologia Subacquea · mente sommerso anord diValona, inlocalità Capo Treporti, dove sono state...

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Archeologia Subacquea

Le ricerche archeologi che in Albania sono state avviate, congrande lungimiranza, e condotte sotto la direzione scientificadell'Università di Foggia e in particolare del Dipartimentodi Scienze Umane, nelle persone di Giuliano Volpe (Retto-re dell'Università e Direttore del Dipartimento di ScienzeUmane) e dei ricercatori Danilo Leone e Maria Turchiano diFoggia, e Giacomo Disantarosa dell'Università di Bari (www.archeologia. unitg.it)La conduzione tecnica è affidata a tecnici della A.S.S.O.(Stefano Barbaresi, Maurizio Bonanni, Gennaro Ciavarella,Massimo D'Alessandro, Fabio Ferro, Mario Mazzoli, TeresaPilloni, Bernardino Rocchi eMarco Vitelli - www.assonet.org) mentre la rappresentanza locale è assicurata dall'Istituto diArcheologia del Centro Studi Albanologici di Tirana nellepersone di Adrian Anastasi e Afrim Hoti. L'equipe di ricercaè formata quindi da una ventina di archeologi (ricercatori,dottori di ricerca, dottorandi e studenti delle Università diFoggia e di Tirana) e tecnici subacquei provenienti da Fog-gia e Roma. il progetto si avvale del supporto di numerosipartner ed enti promotori tra cui il Ministero per gli AffariEsteri, che lo ha inserito tra i Progetti di Rilevante InteresseScientifico; l'Assessorato al Mediterraneo della Regione Pu-glia; l'Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo;'organizzazione no profit A.S.s. O. di Roma; ilMinistero dellaCultura Albanese; l'Università di Tirana, la Marina Militare

L'autore alla ricerca di tracce archeologiche e disemilavorati tra i detriti delle antiche cave, oggi sommerse,che costellano la costa del Karaburunche, secondo alcunistudiosi, avrebbero approvvigionato le città di Orikum,Dyrrachium e Apollonia. La zona sotto battigia di questaad altre località presenta numerose pietre gradi e piccoledi recente frammentazione frutto della disastrosa opera didevastazione da parte dei pescatori di datteri.

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. Albanese e la Guardia di Finanza Italiana con il suo NucleoFrontiera Marittima.Mentre la prima missione del 2007 ha interessato la Baia diPorto Palermo, le indagini del2008 e del 2009 si sono concen-trate nella baia di Valona, l'antica Aulona, e l'area dell' anticaOrikum, sede di una famosa battaglia navale combattuta dalleflotte di Cesare ePompeo nell' ambito della guerra civile, nellametà del I secolo avanti Cristo.La Baia di Porto Palermo, nel territorio di Borsh, a circa 40Km da Saranda, è un naturale punto di sosta e di rifugio perle navi che praticavano il cabotaggio e sede del castello di AliPasha (1741-1822), membro di un potente clan famigliaredi Tepelene che eresse il castello agli inizi del XIX secoloverosimilmente su strutture di epoca Bizantina. La posizio-ne strategica e i ridossi naturali della baia ne fanno intuire,sin dalla prima vista, l'importanza e quindi, anche grazie alprezioso supporto della Marina Militare Albanese, è statonecessario indagarne i fondali secondo le procedure specifichedell'archeologia dei paesaggi. L'intera superficie della baiaè stata suddivisa in undici blocchi e transetti e le aree sonostate indagate mediante prospezione diretta con subacquei eveicoli trascinatori, disposti a distanze variabili a seconda dellavisibilità e della profondità, che hanno segnalato i punti diinteresse attraverso dei pedagni successivamente posizionaticon GPS e una stazione topografica totale. Diverse e nume-rose le testimonianze antiche rinvenute. Tra i contenitori datrasporto sono state individuate anfore di "passaggio" tra leGreco-Italiche e le Lamboglia 2, databili tra il III e il II se-colo a.C; anfore Tardo Rodie diffuse in Adriatico dal I seca.c. al I d.C. confrontabili con quelle rinvenute nel relitto diTradelière a Cannes; frammenti di anfore e di ceramiche dietà tardo antica con netta prevalenza di contenitori orientalirispetto a quelli africani; esemplari di Corinzie B; molti altriframmenti di diverse epoche e due ceppi di ancora in piombo,di tipo fisso, di età romana. L'insieme della documentazionearcheologica ha quindi confermato la frequentazione di PortoPalermo almeno nel corso di mille anni di storia e il suo pienoinserimento nelle principali rotte commerciali adriatiche.

Il progetto Liburna ha come obiettivo

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BCi si accinge ad allestire il campo di lavoro per un primo sondaggiopresso la baia di Dafine (foto di Gennaro Ciavarella - ASSO) IlLa baiadell'Orso (foto di Gennaro Ciavarella - ASSO)

Successive indagini archeologiche hanno interessato la baiadi Valona, l'antica Aulona, e l'area di Orikum. Anche in que-sto caso tutte le informazioni raccolte sono state identificate.geograficamente (georeferenziate) e riversate in un databasegenerale tramite l'elemento minimo scelto su cui definire lagriglia di raccolta dei dati e successivamente la normalizzazio-ne delle informazioni: l'UTS (Unità Topografica Subacquea)intesa come singola cellula topografica collegabile al territoriotramite una coppia di coordinate, sia essa rappresentata da unsedimento, da una dispersione di reperti o da elementi strut-turali. Una singola UTS quindi rappresenta più insediarnenti,diversi per funzione e cronologia, e più UTS possono definireun unico complesso. il golfo di Valona per la sua posizionegeografica, per conformazione geomorfologica ed ambientale,meglio di altri si presta ad una ricerca di tipo archeologicoanche se la qualità dell'acqua non è tra le migliori sia perl'apporto di fanghi da parte dei fiumi che sfociano a norddella baia sia per l'evidente inquinamento organico e fisico.Nel corso delle indagini del 2008 si è svolta una mappaturapreliminare a campione, da nord (Triport) a sud (Karaburun)della baia, con l'intento di raccogliere informazioni quantopiù esaustive sulle caratteristiche morfologiche e batimetrichedei fondali e sulla tipologia delle testimonianze archeologichesubacquee. Con l'ausilio di piccoli mezzi da diporto e trasci-natori subacquei sono stati effettuati campionamenti e foto-video riprese mediante strumentazione subacquea, coprendouna fascia batimetrica compresa tra -2 e-50 metri. I numerosidati raccolti (Unità topografiche subacquee, tipologia dei ba-cini archeologici, natura dei fondali, grado di visibilità delleacque e tipologia di vegetazione) hanno consentito la piani-ficazione della campagna 2009.Le ricerche del 2008 hanno inoltre riguardato un sito parzial-

mente sommerso a nord di Valona, in località Capo Treporti,dove sono state documentate numerose strutture sommerse(mura, ambienti, una strada, ecc.). Le prime ricognizioni e in-dagini aTreporti risalgono agli anni '20 del '900, quando L.M.Ugolini (1895-1936) ne propone l'identificazione con Aulona,ipotesi condivisa successivamente da N.G.L. Hammond, chesegnala il ritrovamento di ceramica micenea e di tracce di uninsediamento ellenistico. Le indagini recenti degli archeologialbanesi, in particolare V.Bereti e N. Ceka, effettuate durantegli Settanta eOttanta del secolo scorso, hanno evidenziato unafrequentazione tra il VI secolo a.c. e il II d.C.Aldilà del dibattito sull'identificazione, Aulona o Thronion,le strutture individuate e i materiali archeologici recuperatinel corso delle ricognizioni subacquee, sviluppate su un' areadi circa un Kmq, dimostrano che l'ampio abitato portualevisse tra l'età arcaica, la tarda antichità fino al Medioevo. Acirca un Km dalla costa, inoltre si è intrapreso lo scavo di unapiccola porzione di una struttura lignea, pertinente allo scafodi una imbarcazione (relitto Triporti 1), posta a circa 3 metri diprofondità, forse volontariamente affondata, come testimonia loscarico di pietre e ciottoli concentrati nella parte centrale del relit-to.Lestrutturelignee, evidenziateall' interno diunaquadrettaturasemirigida (6x4 metri), sono riferibili al fasciame, ad una serie dimadieri, al paramezzale e alla chiglia oltre che ad un elementometallico che costituisce l'ipotetica prua. il campionamento dellegno ele analisialC14per detenninarnela cronologia (inassenza,almomento, di traccia del carico o dimateriale ad esso associato),effettuate dai laboratori CEDAD di Lecce, hanno fornito unadatazione compresa tra il 1400+/-1650.

la realizzazione di una carta archeologica del litorale

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Archeologia Subacquea

Nel2009è stato indagato il litorale del promontorio diKaraburun, costellato da cave antiche di calcare perl'estrazione di materiale da costruzione utilizzato, adesempio, per la realizzazione delle mura dell' antica

città di Apollonia. Ricerche sono state condotte in alcune dellesplendide baie, approdi naturali lungo la navigazione come laBaia di Dafine, la Baia dell'Orso, che significativamente trovail suo corrispettivo toponomastico sul litorale salentino a Torredell'Orso, dove sono stati individuati i resti della struttura ligneadi un relitto di difficile datazione (le analisi al C 14 hanno fornitouna datazione con un range compreso tra 1400+/-1600) e ungruppo di anfore medievali prodotte nelle fornaci di Otranto,probabilmente associate al relitto. Nella Baia di Grama - sullecui pareti rocciose si conservano centinaia di iscrizioni in greco,latino, albanese, databili tra antichità ed età moderna - invecegli archeologi hanno identificato un santuario marittimo simile aquelli pugliesi di Roca a Melendugno, della Grotta di S. Cristo-foro presso Punta Matarico a Torre dell'Orso o di Vieste pressol'isolotto di Sant'Eufemia. TI sito è stato frequentato nel corsodei secoli da generazioni di marinai che hanno lasciato tracciadel loro passaggio con dediche alle divinità, prima pagane e poicristiane,persollecitarnelaprotezioneocomeringraziamentoperuno scampato pericolo. In questo caso la ricognizione a terra e inacqua ha evidenziato un ampio avanzamento della linea di costa eun sollevamento del livello delfondale provocato dall' apporto digrandi quantità di sedimenti fluviali e, conseguentemente, scarsapresenza di materiale antico visibile. Per questo motivo sarebberonecessarie indagini diagnostiche, preventive allo scavo.Lungo tutto il litorale di Karaburun sono stati individuati, finoad una profondità di cinquanta metri, numerosi siti di interessearcheologico, documentati sia da materiali isolati o da oggettigettati a mare dalle navi ancorate in occasione di tempeste sia datracce di relitti antichi. I materiali identificati, prevalentementeanfore commerciali adibite al trasporto di olio, vino, frutta, olive esalse di pesce, sono databili dall' età arcaica fino al Medioevo, conuna provenienza dalla Magna Grecia, dalla Grecia, dal litoraleitalico (adriatico e tirrenico), dall'Africa e dall'Oriente. Questirinvenimenti confermano come l'Albania fosse inserita nelleprincipali rotte commerciali, con contatti soprattutto con l'areaadriatica e il Mediterraneo orientale. Sono state inoltre rinvenutenumerose ceramiche e oggetti vari di età medievale e moderna,un' ancora di ferro bizantina, verosimilmente abbandonata daun'imbarcazione che, in situazione di difficoltà, non era riuscitaad effettuarne il recupero, una statuina di bronzo raffiguranteAtena, delI -II secolo dopo Cristo, in ottimo stato di conservazionee forse parte di una stadera, un elemento in bronzo della navee una moneta bronzea dell'imperatore Gallieno (253-268 dopoCristo) .Tutto a conferma della intesafrequentazione delle baie daparte di imbarcazioni antiche. Gli oggetti metallici rinvenuti sonoattualmente conservati presso il Museo di Valona e saranno sot-toposti ai necessari trattamenti di restauro, probabilmente pressolaboratori italiani sulla base di accordi con il governo albanese.C'è da segnalare un rilevante contributo logistico, ottenuto nel2008 e nel 2009 , portato dal Nucleo di Frontiera Marittima del-

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la Guardia di Finanza (www.gdf.it) di stanza in Albania senzail quale le ricerche si sarebbero rivelate molto più complessee sicuramente meno produttive. Altro apporto fondamentaleè stato concesso dalla " Marina di Orikum" primo, ed al mo-mento unico, porto turistico dell' Albania e frutto dell'impegnodi un gruppo imprenditoriale toscano, dove è stata installato illaboratorio di terra.Sempre grazie al supporto della Guardia è stato anche possibileprogettare e condurre, attraverso tecniche di penetrazione spe-leosubacquee, una dettagliata esplorazione del relitto della naveospedale Po, piroscafo varato nel 1911 di centotrenta metri dilunghezza, sedici di larghezza, settemilatrecento tonnellate distazza affondato dagli aerosiluranti inglesi la notte 14 marzo del1941 nella baia di Valona. Vi giace a circa un miglio dalla costa,su un fondale fangoso tra i 35 e 37 metri di profondità, ancorain assetto di navigazione .... , ma questa è un' altra storia.Gli anni a venire dovrebbero vedere un ampliamento e unaintegrazione delle ricerche nel mare albanese grazie alla colla-borazione tra il team italiano e i colleghi statunitensi della RPMNautical Foundation (www.rprnnautical.org). Sotto la direzionescientifica dell' archeologo JeffRoyal, la RPMNF opera da alcu-ni anni in Albania attraverso l'impiego di Team affiato e dellanave Hercules, disegnata e costruita per incontrare quanto dimeglio sia oggi possibile avere per l'archeologia subacquea, e ditecnologie di ultima generazione, prevalentemente Multibeam eRemote Operated Vehicle- ROV - per la mappatura dei fondalifino a 120 metri di profondità. I primi contatti operativi' tra ledue organizzazioni hanno immediatamente evidenziato grandedesiderio di cooperazionedaambedueleparti e comel' esperienzae la rilevante dotazione nautica e tecnologica per prospezioni a

Ilil relitto di nave ellenistica rinvenuto dalla RPM Nautical Foundation(www.rpm.nautical.org) (foto RPM Nautical Foundation) Ilsaggio discavo presso la baia di Dafine (foto di Gennaro Ciavarella - ASSO)Illaqualità dell'acqua della baia di Valona lascia a desiderare, sia per il caricoantropico sia per l'apporto di fanghi proveniente dai fiumi che sfocianoa Nord della stessa (foto di Marco Vitelli - ASSO)II Bernardino Rocchisi appresta ad esaminare uno dei diversi i relitti "moderni" spiaggiati oaffondati sulla costa albanese (foto di Gennaro Ciavarella - ASSO) fJaccumuli di materiali finiti in mare (foto di Gennaro Ciavarella - ASSO)

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grande raggio della RPMNF e la documentata competenza edesperienza del team Italiano nello scavo di antichi relitti, possanoconfluire in una proficua collaborazione culturale ed operativaal servizio della storia e dell'Albania.

Ancora bizantina, del tipo a T rovesciato, concrezionatarinvenuta presso punta Ragusa.La grande quantità di fango checaratterizza la zona non ha consentito, in sede di rinvenimentoe posiziona mento; una verifica accurata della zona se non ilrinvenimento di alcuni frammenti di anfore datate tra il V e ilVII secolo d.C. Per i prossimi interventi è quindi pianificato unsaggio di scavoatto a definire se l'oggetto sia stato abbandonatoin quel punto o sia da considerarsi in connessione con un relittocosì come avvenne nel caso del relitto bizantino di YassiAda. Inquel caso,un gruppo di ancore in ferro molto vicine alla tipologiadi quella rinvenuta, accatastate in maniera ordinata al centrodella prua mentre due coppie erano collocate sulle murate inposizione speculare presso la prora, hanno costituito la baseper lo studio sia sul posiziona mento di questi strumenti sia sulloro impiego diversificato in base alle manovre (foto di GennaroCiavarella - ASSO).

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Archeologia subacquea: non solo immersioni o tecnologie

Spesso dell' archeologia subacquea si percepisce solo il fa-scino della profondità e il rapporto emotivo tra il mare e ireperti che questo custodisce male operazioni sott' acqua,strwnentali o in immersione che siano, sono solo parte

della ricerca archeologica. Lo studio delle fonti bibliograficheed iconografiche, la ricerca storica, la pianificazione, lo studiodel territorio e del paesaggio e il "laboratorio" archeologico diconservazione e primo restauro dei reperti costituiscono altri in-dispensabili pezzi del mosaico. Nelle campagne di ricerca pressola Baia di Valona, ad esempio, i reperti ceramici documentati neifondali della penisola di Karaburun sono stati prevalenti rispettoa quelli vitrei, metallici, ossei e litici. Si tratta, così come si deducedai dati dei contesti esaminati, di oggetti dispersi su ampi areali odi accumuli concentrati in corrispondenza di particolari fondali,ipoteticamente caduti in mare in seguito ad azioni di scarico daparte delle imbarcazioni che frequentavano queste coste o forselegati al carico di relitti la cui presenza in questa fase della ricercanon è stata appurata.La tipologia dei fondali, che in generalerisulta composta da strati parzialmente rocciosi aprofondità basse(a partire da -3 fino a -lO m) e sabbiosi-melmosi rispetto a quellepiù alte (da -13 a -35/60 m), ha influito sul degrado dei repertiche nella maggior parte dei casi presentano, in maniera totale oparziale, superfici abrase e/o erose, ricoperte da concrezioni car-bonatiche e spesso colonizzate da varie specie di organismi mariniinfestanti. Questo fenomeno è da ritenersi connesso alle fasi diimmersione o emersione degli oggetti in seguito ai movimentiprovocati dalle correnti marine e a quelli causati dall' erosionegeo-morfologica della lingua di terra peninsulare. Gli stessi repertisono quindi per questi motivi sottoposti ciclicamente a differentiazioni di degrado. I locali dello Yatching Club della Marina diOrikum , realizzato da Gruppo Giorgi -www.orikum.it - si sonorivelati adatti, per la loro articolazione interna e per gli ampi spazi,per lo svolgimento delle operazioni di conservazione e di primorestauro di questi materiali archeologici. Gli ambienti, ubicatial piano terreno della struttura progettata per la navigazioneturistica, sono stati adattati dal Team di lavoro allestendo zoneper il ciclo desalinizzante, per la documentazione (fotografica,disegno) e per la classificazione (siglatura, schedatura), Questolaboratorio impiantato" a terra" siè rivelato un ottimo riferimentologistico anche per la vicinanza con i siti marini esplorati poichéha permesso di ridurre al minimo il tempo che intercorre tra ilrecupero e le fasi successive di immersione in acqua dolce inapposite vasche. La struttura essendo munita di una serie diservizi che hanno facilitato qualsiasi operazione di laboratorio -come per esempio i punti per l'adduzione di acqua dolce postilungo la banchina portuale - e di ampi spazi coperti e porticati,

ha consentito di assicurare ombra eventilazionenaturale durantela fase di disidratazione all' aria dei reperti.Le procedure adottateper i trattamenti conservativi sono state differenziate in relazionealle rispettive classi di materiali, al tipo di giacitura e alle variealterazioni subite in rapporto al fondale marino. Dopo aver sotto-posto i reperti al ciclo desalinizzante in acqua dolce, con ricambiciclici organizzati ogni 24 e 48 ore, si è potuto avviare la puliziadegli stessi dai materiali algali, dalla sabbia e in alcuni casi dalleconcrezioni di carbonato di calcio, almeno per quelle meno tenaci,che pur avendo costituito stratifìcazioni protettive nei confrontidella superficie della terracotta, impedivano la lettura dei profiliper il disegno. Controlli pre-ricompositivi sono stati in seguitoassicurati ai frammenti combacianti recuperati con metodologiepianificate che hanno previsto la numerazione dei singoli pezzi. Siè quindi provveduto a ridurre gli strati carbonatici anche dalle su-perfici delle fratture prima che queste fossero fissate e consolidatemediante incollaggi, prevedendo l'utilizzo di prodotti reversibilicon l'uso di solventi. Una serie di supporti lignei, recuperati daun deposito di materiale per la carpenteria edilizia, presente inun' ala dei locali del laboratorio, è stata utilizzata nelle operazionidi ricomposizione epuntellatura, rendendo gli operatori più indi -pendenti durante il tempo di essiccamento del collante. Nessunaoperazione di reintegro, anche nei casi più visibili e di cui si èriuscito a ricostruire il profilo, è stata effettuata rispetto alle partimancanti. Dalla schedatura è risultato che alcuni reperti ceramicipresentavano difetti riconducibili alle fasi produttive e di cotturamostrandosi particolarmente indeboliti, segnati damicro emacrofratture. In altri casi si è potuto verificare la presenza di crettatureprofonde e segni di fumigazione e annerimento interpretabilicome traccia del contatto con fonti di calore per quelle classi diceramica realizzata per altri scopi e non certo per essere accostataal fuoco. TI numero più cospicuo di reperti distinti per questoparticolare cattivo stato di conservazione sono quelli provenientidalle stratigrafie del "Saggio l'' impiantato nel sito B della Baia diDafine. Lo stato di disgregazione di queste terrecotte ha orientatole operazioni di consolidamento in maniera diversificata rispettoagli altri oggetti ceramici recuperati durantela ricognizione: èstataevitataladesalinizzazioneperimmersionetotaleinacquadolceesièproceduto attraverso l' applicazione di gettinebulizzanti ripetutialternati a cicli assorbenti.I reperti metallici come il bozzello e latesta in bronzo di Atena, non sono stati liberati dalleincrostazionie dalle ossidazioni; tuttavia sono stati adeguatamente sottopostia bagni addolcenti in acqua deionizzata, evitando immersioniprolungate in uno stesso contenitore; infine riposti all'internodi recipienti rigidi provvisti di puntelli e spugne in modo evitareche bruschi movimenti durante il trasporto.

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