Relazione Su

20
Relazione su Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo Le ragioni di una scelta La prima ragione è la profonda emozione che quest’opera mi ha sempre suscitato fin dall’infanzia ma ciò che mi ha sempre stimolato, a livello razionale, è l’aver rilevato l’estrema popolarità e, direi, la familiarità che quasi ogni italiano intrattiene con essa. Possiamo affermare che è una delle poche opere d’arte che è penetrata a pieno titolo nel nostro “immaginario collettivo”. Sarebbe interessante analizzare il perché, un opera così importante storicamente, venga tenuta ai margini dai manuali di storia dell’arte ma ho preferito strutturare altrimenti la mia relazione. Ho centrato la mia attenzione sul significato politico dell’opera e sulla sua efficacia nel rappresentarlo. Particolarmente stimolante mi è sembrata la problematica inerente alla sua diffusione nella nostra società dominata delle immagini e al rapporto, quanto mai intenso, con il cinema. La sua forza e il suo fascino hanno resistito anche al declinare dei presupposti ideologici che la sottendevano. Questo l’ha portata ad essere usata in contesti differenti o 1

Transcript of Relazione Su

Page 1: Relazione Su

Relazione su

Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo

Le ragioni di una scelta

La prima ragione è la profonda emozione che quest’opera mi ha sempre suscitato fin

dall’infanzia ma ciò che mi ha sempre stimolato, a livello razionale, è l’aver rilevato

l’estrema popolarità e, direi, la familiarità che quasi ogni italiano intrattiene con essa.

Possiamo affermare che è una delle poche opere d’arte che è penetrata a pieno titolo nel

nostro “immaginario collettivo”.

Sarebbe interessante analizzare il perché, un opera così importante storicamente, venga

tenuta ai margini dai manuali di storia dell’arte ma ho preferito strutturare altrimenti la mia

relazione.

Ho centrato la mia attenzione sul significato politico dell’opera e sulla sua efficacia nel

rappresentarlo.

Particolarmente stimolante mi è sembrata la problematica inerente alla sua diffusione nella

nostra società dominata delle immagini e al rapporto, quanto mai intenso, con il cinema.

La sua forza e il suo fascino hanno resistito anche al declinare dei presupposti ideologici

che la sottendevano. Questo l’ha portata ad essere usata in contesti differenti o a divenire il

luogo privilegiato della rappresentazione della crisi delle utopie egualitarie.

Strutturazione della relazione

1. il ruolo dell’artista nella società secondo Pellizza

2. tre esempi coevi di opere ispirate al medesimo tema

3. analisi delle opere che hanno preceduto e “preparato” il Quarto Stato.

4. novità iconografica dell’opera e rapporto con la concezione politica che l’ispira

5. il successo dell’opera; persistenza nell’’immaginario collettivo nonostante la

crisi dell’ideologia che la sottendeva. Rivisitazioni dell’opera.

1

Page 2: Relazione Su

Il ruolo dell’artista secondo Giuseppe Pellizza

Giuseppe Pellizza da Volpedo è nato a Volpedo in Piemonte il 28 luglio 1868 da una

famiglia di contadini agiati . Si suicida il 14 giugno 1907 dopo la morte di suo figlio e di

sua moglie.

Finiti gli studi d’arte, si ritira al paese natio perché convinto che per ritrarre la natura si

deve vivere nella natura e non in città. Vale la stessa cosa per chi vuol ritrarre il lavoratore

dei campi: deve faticare, sudare con lui. Pellizza parla infatti dell'identità della vita e

dell'arte. Si deve vivere i soggetti dell'arte per essere capaci di ritrarli adeguatamente.

Questo non vuol dire cedere a forme di spontaneismo. Come vedremo, Pel lizza è un artista

molto consapevole dei propri mezzi espressivi e con grande preparazione tecnica e

culturale.

Sente il bisogno di creare l'arte per l'umanità, per il popolo, per la vita quotidiana e

contadina: Pellizza si può definire come un tipico “artiste engagè”, che provava a superare

il lato puramente tecnico dell’arte in favore di una chiara posizione per i diritti dei suoi

contadini.

Il tema dell’opera nel contesto storico artistico

In un epoca di forti contrasti sociali (fine ‘800), il tema dello sciopero è una fonte

d’ispirazione abbastanza diffusa; a titolo di esempio riporto tre opere:

Scioper

o, Plinio Nomellini, 1884 Una sera di sciopero, E: Laermans, 1893

2

Page 3: Relazione Su

Lo sciopero dei minatori, A. P. Roll, 1884

Rispetto ai contemporanei il quadro di Pellizza rifiuta caratterizzazioni di eccitata protesta

o di passiva rassegnazione.

Lega il tema iconografico dello sciopero con quello della sfilata che caratterizzava le

celebrazioni della festa dei lavoratori.

Il Quarto Stato e il suo "cantiere"

(1891-1901)

Il Quarto Stato che fu nella mia mente Fiumana prima, quindi Il cammino dei lavoratori,

fu una delle mie primissime concezioni; fu il pensiero continuato di un decennio (1891-

1901) e non riescii a concretarlo che dopo aver evoluto la mia arte con molto, moltissimo

lavoro e con altrettanto pensiero

Minuta di lettera di Pellizza all'amico Matteo Olivero, 28 ottobre 1904

Del lungo percorso che ha portato alla realizzazione del Quarto stato individuo tre opere

principali (Ambasciatori della fame, Fiumana, Il cammino dei lavoratori), omettendo, per

ragioni di spazio, il gran numero di bozzetti, disegni, prime versioni che lo hanno

costellato.

A differenza di quanto afferma l’artista nella

lettera citata,la prima tappa va individuata in

Ambasciatori della fame, la tela qui

3

Page 4: Relazione Su

riprodotta, che è del 1892 (51,55 x 73) ed è stata preceduta da un bozzetto l’anno

precedente.

Dal punto di vista tecnico, l’opera segna l’adozione della tecnica divisionista, che l’autore

considera, come molti suoi contemporanei, un mezzo scientifico per fare arte.

Nella cultura dell’artista, profondamente intrisa di positivismo coniugato a marxismo, la

scienza era fattore di progresso sociale ed umano e un’arte che si poneva quegli stessi

obiettivi non poteva non trovare che nella scienza gli strumenti adeguati.

In base ad un’analisi formale, in Ambasciatori della fame abbiamo la messa a punto di una

struttura costituita da tre figure in primo piano e la massa di gente sullo sfondo (struttura

definita dall’artista embrionale) che rimarrà pressoché invariata.

L’iconografia è quella degli scioperi e delle proteste popolari (molto diffusa all’epoca) ma

se ne scorgono differenze significative soprattutto se si analizza il disegno dell’anno

successivo (riportato in fondo a sinistra).

Su questo tema possono già valere le considerazioni accennate in precedenza e che

verranno riprese successivamente. Qui voglio aggiungere un altro elemento di differenza

con molte opere coeve e cioè l’assenza di bandiere e simboli.

Se già nel disegno preparatorio (Gruppo di contadini, 1891) le bandiere avevano lasciato il

posto agli attrezzi agricoli, visibili sullo sfondo, nel bozzetto (Ambasciatori della fame,

1891) anche questi erano scomparsi e solo alle figure era affidata la precisa

rappresentazione di un momento delle lotta di classe.

Si vedono solo uomini, donne, bambini, che fanno semplicemente parte del genere umano,

senza prendere qualsiasi posizione politica. Insomma, è una visione positiva basata sulla

ragione umana.

Lo sciopero a Creusot, Jules Adler , 1899.

4

Page 5: Relazione Su

Fiumana

Qui il messaggio è più accentuato

sul significato universale del

soggetto sociale, sull'universalità

dei diritti umani1. Infatti, anche la

scelta letteraria del titolo

Fiumana, con implicazione

simbolista, è frutto di questa

ricerca di universalità: «[...] gli umili, gli oppressi, forti del loro buon diritto, entrano nella

storia con l'impeto travolgente di una fiumana»2 .La tela riportata è del 1896 ed è di

dimensioni notevoli: 255x438.

Le novità strutturali sono già definite nel bozzetto: il terzetto di due uomini e la donna con

bimbo guidano la marcia della folla.

La quantità di gente è aumentata, corrispondente al titolo è diventata una vera fiumana

umana. L'ombra nel primo piano è stata eliminata: le tre figure centrali vengono più in

avanti e sono meno viste dall'alto.

La figura giovanile è stato sostituita da una figura di donna. La sostituzione di una figura

maschile con una donna col bambino non autorizza suggestioni femministoidi.

Pellizza si esprime così sul ruolo della donna «Per me la donna più che render parte con

vera coscienza è compagna passiva dell'uomo nella sua corsa verso l'equilibrio ed è perciò

che le mie donne invece di rivelare un pensiero profondo si interessano o dell'uomo o del

bambino o tendono a vedere i fatti isolati senza assurgere allo scopo finale dell'uomo.»3

La figura della donna col bambino va intesa piuttosto come allegoria dell’umanità.

1 Cfr. Scotti, Aurora, Pellizza da Volpedo. Catalogo generale, Milano 1986, p. 142 Pellizza citato in: Anzani, Giovanni e Carlo Pirovano, La pittura del primo Novecento in Lombardia (1900-1945), in: Carlo Pirovano (a cura di), La pittura italiana. Il Novecento, Milano 1991, p. 74.3 Scotti 1986, op. cit., p. 15.

5

Page 6: Relazione Su

Il cammino dei lavoratori

Nel 1898, Pellizza riprende, per

la terza volta, a lavorare sul

soggetto. (A fianco il bozzetto,

olio su tela)

Lo spingono motivi artistici:

secondo Aurora Scotti, Pellizza

non era contento dei «rapporti

luminosi fra le parti» e dell’impostazione dei gruppi. Voleva rendere più impetuosa la

fiumana, «facendola avanzare a cuneo verso l’osservatore» e dare più «dinamismo» e

più «notazioni realistiche»4all’opera.

Ma a spingerlo sono soprattutto motivi politici: l'anno in cui riprende le fatiche di

lavorare una terza volta sul soggetto, il 1898, è anche l'anno delle violente repressioni

del Bava-Beccaris a Milano. L’artista sente crescere in lui l’urgenza di dare un

contributo adeguato alla lotta contro le ingiustizie.

Il quarto stato

4 Ivi , p. 42)

6

Page 7: Relazione Su

la tela, di notevoli dimensioni (293x545), doveva intitolarsi come il bozzetto cioè “il

cammino dei lavoratori”. Ma nel 1901 l’artista la intitola “Il quarto stato” ispirato dalla

lettura della Storia socialista della rivoluzione francese di Jean Jaurès5.

Rispetto a Fiumana, l’aumento delle dimensioni permette che le figure in primo piano

siano quasi a grandezza naturale; mancano quei grandi contrasti espressivi del colore,

la rappresentazione della massa non è più indistinta, ma più chiara e dai ritmi

compositivi improntati a maggiore solidità ed oggettività .

Le novità iconografiche, rispetto alle opere coeve di uguale ispirazione, si sono

sviluppate nel lungo corso della sua genesi. L’ idea fondamentale dell’artista è stata

quella di integrare la rappresentazione di uno sciopero con quella delle sfilate della

festa dei lavoratori da poco istituita.

L’opera presenta una schiera di

braccianti che avanza frontalmente,

guidata in primo piano da tre persone in

grandezza naturale (date le dimensioni

del quadro).

Un uomo al centro affiancato, in

posizione leggermente arretrata, da un

secondo lavoratore più anziano e da una

donna con un bimbo in braccio.

Non si collocano su un'unica linea ma hanno un'impostazione leggermente a cuneo

Anche i personaggi in secondo piano non sono disposti a schiera (come potrebbe

sembrare), ma si distribuiscono secondo una linea ondulata.

Ciò è evidenziato:

dalle loro ombre,da un analogo comporsi del movimento delle mani nonché dal ritmo e

dalla direzione delle loro teste.

Questa soluzione contribuisce a evitare che il tutto appaia statico e greve, e a suggerire

invece un movimento ritmico e continuo, che ben rappresenta ed evidenzia l'idea

dell'avanzata.

5 Scotti, Aurora (a cura di), Il quarto Stato, Milano 1976, p. 12.

7

Page 8: Relazione Su

Anche le diverse condizioni di luce concorrono ad accentuare questa impressione di

moto.

Mentre lo sfondo del cielo rappresenta un tramonto, le figure sono viste in una luce

quasi meridiana.

In tal modo l’episodio passa da una collocazione in uno spazio e un tempo contingenti

ad una dimensione simbolica: un avanzare calmo ma inarrestabile delle classi

subalterne nella storia.

La pennellata è composta di puntini e di lineette, ma la tecnica pittorica varia secondo

il soggetto da rappresentare. I vari elementi vengono formati non solo col colore e col

disegno, ma anche colla tecnica usata.

L’opera non rappresenta una rivoluzione, la gente non corre, ma il loro avanzare è lento

e pacato, non avversivo, ma persuadente e nella loro lentezza e fermezza suggeriscono

un senso d’ invincibilità.

Pellizza sembra essere persuaso, come un grande numero d'artisti del suo tempo,

dell'avanzare delle classi subalterne verso un più luminoso avvenire di progresso e di

benessere.

Un breve accenno ai rimandi alla grande arte italiana, in particolare a Raffaello, dalla

quale, un artista colto come il Pellizza, non poteva prescindere.

Inoltre, questo suo rimando ad iconografie ormai ben radicate è senza dubbio una delle

ragioni del suo successo.

«[...] e non è un caso, in tempi di tentazioni preraffaellite, che polemicamente Pellizza intenda

rifarsi al grande Raffaello della Stanza della Segnatura. La scena del corteo, che si propone

come una sorta di conversazione, dove i personaggi discutono e narrano con i gesti simmetrici

delle mani nude, è costruita per gruppi di tre, come quella dei filosofi sulla scalinata della

Scuola d'Atene di Raffaello. Da questo stesso affresco Pellizza studia, nelle grandi fotografie

Alinari di cui si è provveduto, la copertina centrale di Aristotele e di Platone ed il movimento

della figura panneggiata che apre la composizione sul lato sinistro»6.

6 Lamberti, Maria Mimita, Pellizza da Volpedo e il Quarto Stato, in Storia dell'arte italiana, II. parte vol. III cap. 5, p. 91.

8

Page 9: Relazione Su

Il successo dell’opera

L’opera non ebbe un immediato successo di critica. In questo ambito, dobbiamo

attendere gli anni ’50 perché si sviluppi un certo interesse.

Diverso è il discorso sul successo popolare. Da subito iniziarono le riproduzioni su

stampe e cartoline socialiste.

Nel 1920 il Comune di Milano acquistò il dipinto grazie ad una pubblica sottoscrizione

organizzata dai consiglieri socialisti.

Il fascismo mise “in quarantena “

l’opera anche se ci furono tentativi di

leggerla alla luce del populismo

fascista.

A partire dal secondo dopoguerra , le

organizzazioni dei lavoratori e le

formazioni di sinistra hanno fatto, e

fanno tuttora, largo uso di questa immagine, spesso utilizzandone solo alcune parti o

con manipolazioni in senso espressivo.

Questo uso massiccio di riproduzioni viene solitamente indicato come una delle ragioni

del suo successo; ma resta da definire perché proprio tale opera, e non le molte altre

coeve, venne scelta come “icona” delle lotte proletarie.

Evidentemente il lungo e accurato studio, la consapevolezza e la padronanza su tutti gli

elementi formali, hanno dato i loro frutti. In una parola possiamo definire la ragione del

suo successo nel talento dell’artista che l’ha portato ad ottenere ciò che si era

prefissato.

Anche nel campo dell’arte l’opera verrà

ripresa in vario modo.

Qui, a titolo di esempio, voglio riportare

Internazionale di Otto Griebel del 1928-30,

(riprodotta qui a fianco).

9

Page 10: Relazione Su

Ma particolarmente interessante è stata la citazione nell’opera in Il quinto stato di

Mario

Ceroli.

Quarto e Quinto Stato, sono state protagoniste di un incedibile “faccia a faccia”7 in una

mostra che si è tenuta nella Sala della Regina alla Camera dei Deputati. La mostra si è

chiusa il 3 febbraio di quest’anno ed è stata fortemente voluta dall’allora presidente

della Camera, Fausto Bertinotti.

Qui sopra vediamo le due versioni di Quinto Stato, opere del 1984.

Quella a sinistra è un collage (si tratta dell’opera esposta alla Camera), quella a destra è

realizzata con la tecnica più amata dall’artista, cioè la lavorazione in legno.

Mario Ceroli, uno dei più grandi Maestri della contemporaneità, ha voluto mostrare al pubblico

il “nuovo proletariato”, protagonista di “un altro Novecento, quello della produzione di massa”.

“Il Quinto Stato” è quello che stiamo vivendo, dice lo stesso Ceroli, oggi, dopo decenni di lotte

per i diritti dei lavoratori, in una democrazia in cui, certo, le condizioni di disagio dei primi del

Novecento sono state superate, ma restano grandi questioni irrisolte. Gli uomini di Ceroli,

rispetto a quelli di Pellizza, sono “individui dall’identità molteplice, quella derivata da

un’insicurezza del vivere e del presentarsi”, scrive Celant. La cultura umana de “Il Quinto

Stato” non è definita chiaramente, così come nell’altro dipinto, che pure ne è l’icona. Ceroli “la

rappresenta molteplice, così che le identità si fondono, producono un magma indifferenziato.

Le sagome possono riguardare il colto e il rozzo, il ricco e il povero, l’uomo e la donna, il

produttore e il lavoratore”, una “pluralità di esseri che sono indefinibili, ma coesistono in un

unico territorio”, sempre in cammino.8

7 Cfr il sito di “Musei Virtuali Internazionali”,http://h1.ath.cx/muvi/portale/wordpress/8 Ibidem

10

Page 11: Relazione Su

Tornerò su questi concetti nell’ultima parte della mia relazione, per ora vorrei tornare al

Quarto Stato, rifacendomi sempre allo stesso articolo sulla mostra alla Camera.

Vittorio Sgarbi è stato uno degli artefici della mostra, nel suo ruolo di assessore alla cultura

di Milano e quindi “tutore” dell’opera di Pellizza.

Ha voluto, riprendendo una disposizione dello stesso artista, che l’opera fosse poggiata per

terra e non sospesa in alcun modo.

Tale scelta, oltre a motivazioni “simboliche” che non tratto, accentua il valore

“scenografico” dell’opera, provocando un coinvolgimento totale dello spettatore, sia a

livello fisico che spirituale.

E’ proprio in questa capacità dell’opera, in questa sua forza di “realtà virtuale” che essa ha

potuto, a mio parere; entrare in rapporto dialettico con il mondo delle immagini odierno e,

in particolare, con quello straordinario mezzo che è il cinema

Oltre che a richiami espliciti, tra i più famosi Novecento di

Bertolucci, molti registi hanno citato il dipinto in maniera più

o meno diretta in alcune sequenze dei loro film( penso, ad es.,

all’ingresso delle sigaraie in fabbrica in Carmen di Francesco

Rosi oppure alla danza collettiva in Allonsanfan dei fratelli

Taviani).

Dato che il cinema riveste un ruolo particolarmente importante nella formazione delle

immagini e dei simboli del nostro “immaginario collettivo”, il quadro del Pellizza è

diventata una delle poche opere d’arte conosciute e citate a livello di massa.

Il Quarto Stato e il declino delle utopie egualitarie

In questi anni nel nostro Paese, come in tutto l’ “Occidente”, si è dovuto fare i conti con la

crisi del pensiero socialista o, più semplicemente, con la crisi di qualsiasi aspirazione ad un

progresso sociale improntato a quei principi che animavano il Pellizza.

Nonostante ciò l’immagine ha conservato la sua forza.

In ragione di questa discrepanza tra forza dell’immagine e la crisi dell’ideologia che la

sottendeva, Il quarto stato è divenuto il “luogo” privilegiato della rappresentazione di

quella stessa crisi.

11

Page 12: Relazione Su

Ho qui riportato tre esempi che mi sembrano emblematici.

Il primo, con l’operaio che fa il “gestaccio”, è una delle icone di quei settori di classe che

vivono sulla propria pelle la precarietà. In genere si tratta di giovani lavoratori poco inclini

a visioni ottimistiche sulla ricomposizione sociale e animati da atteggiamenti di rifiuto ed

antagonismo radicale.

La versione “leghista” risulta particolarmente oltraggiosa ma mostra, con efficacia, la

deriva di vasti strati popolari verso ideologie egoistiche e discriminatorie.

La locandina del film mi pare particolarmente interessante.

Innanzitutto perché si tratta di cinema cioè di quel mezzo che più ha ricevuto e dato al

quadro.

In secondo luogo, essa si appunta su uno dei capisaldi ideologici dell’opera del Pellizza,

ovvero la fiducia nel futuro.

Già nel titolo si avverte il richiamo ironico a questa visione della realtà.

In una intervista il regista ha detto: « dai, non preoccuparti, hai tutta la vita davanti è

un'espressione che spesso i genitori dicono ai figli; in questo caso però c'è un tono

12

Page 13: Relazione Su

sarcastico che vuol far riflettere sul fatto che i giovani hanno tanto tempo ma per esempio

non avranno mai una pensione»9

Il film si avvale di diversi personaggi piuttosto differenti tra loro: c’è l’intellettuale

“proletarizzata”, il giovane arrivista, la sottoproletaria marginale, tutti accomunati dalla

mancanza di prospettive.

Ma nella locandina, come nel film, trovano spazio rilevante anche altri personaggi: oltre a

un sindacalista privo di strumenti per affrontare la nuova realtà del lavoro, ci sono persino i

“nemici di classe”, quelli che su quel lavoro si arricchiscono.

Più che una citazione del Quarto stato ne sembrerebbe una del Quinto Stato di Ceroli che

faceva riferimento a soggetti sociali molto più confusi e indistinti.

Fatto sta che la condizione di lavoro precario diviene emblema di una condizione

esistenziale senza prospettive che accomuna tutti gli strati sociali nella società odierna.

Il ribaltamento dell’ideologia del Quarto Stato appare quindi completa: se nell’opera di

Pellizza l’unità dei braccianti simboleggiava l’unità di classe in una prospettiva di

progresso che riguardava tutta la società, nel film di Virzì la condizione di precarietà di un

soggetto sociale quanto mai disgregato, diviene emblema di una società senza prospettive.

9 http://www.movieplayer.it/articoli/03741/tutta-la-vita-davanti-sul-set-di-virzi/

13