RELAZIONE STORICA - Rome · Sovrintendenza Capitolina Sistemazione piazza Venezia Relazione storica...

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Sovrintendenza Capitolina Sistemazione piazza Venezia Relazione storica

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RELAZIONE STORICA Piazza Venezia e il Giardino di piazza San Marco a Roma. Sintesi delle trasformazioni intervenute fra 1650 e 2000 desunte dalla documentazione iconografica La piazza Venezia costituisce attualmente il punto di convergenza di un congestionato sistema di assi viari con pianta a stella, posto nel cuore della Città, ma che in realtà è il risultato di una serie di radicali sventramenti operati nel tessuto urbano attraverso i secoli: via del Corso, via del Plebiscito, via Cesare Battisti, via dei Fori Imperiali, via del Teatro di Marcello. Infatti l’ampia area della piazza era in origine il terminale dell'asse preferenziale della Città rinascimentale e barocca, in quanto il complesso architettonico del Palazzo e del Palazzetto della Repubblica di Venezia formava il punto di approdo del rettilineo della Via Lata, percorsa da mercanti, pellegrini e turisti transitati per l’ingresso monumentale della Porta del Popolo. L'aspetto odierno di piazza Venezia e dell’attiguo giardino di piazza San Marco è in larga parte frutto degli interventi di demolizione e ricostruzione realizzati tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, in seguito alla costruzione del monumento a Vittorio Emanuele II, noto anche come Vittoriano o Altare della Patria, inaugurato il 4 giugno 1911. La sistemazione dell’area circostante fu attuata in tre fasi: nel 1928 si decise di liberare lo spazio alle pendici della scalinata dell'Ara Coeli, per consentire l’apertura di via del Teatro di Marcello; fra 1931 e 1933 venne tracciata la Via dell’Impero (ora via dei Fori Imperiali), mentre nel 1931-32 l'architetto Raffaele De Vico progettò le due esedre alberate a gradoni di travertino ai lati del Vittoriano. Il giardino di Piazza San Marco è ubicato al confine fra i rioni IX Pigna e X Campitelli, in prossimità delle pendici del Colle Capitolino. L’area verde ha una pianta vagamente trapezoidale, delimitata sul lato settentrionale dalla facciata della basilica di San Marco e sul lato occidentale dal prospetto del Palazzetto di Venezia (figg.1a/1b).

Le tavole XXI-XXII della Forma Urbis Romae di Rodolfo Lanciani (del 1893-1901) individuavano nell’area urbana posta all’estremità sud-occidentale della Via Lata almeno due costruzioni di età imperiale in corrispondenza dell’odierna Piazza San Marco (fig.2).

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Mentre per quanto riguarda la struttura che il Lanciani identificava come Balnea Domus Turciorum e posizionava nell’area di fronte alla basilica di S. Marco, indagini recenti hanno proposto di spostare quella villa patrizia sul colle Esquilino, per ciò che concerne l’attigua Porticus Villae Publicae fa fede una notizia riportata dal Liber Pontificalis I,513. Nel registrare l’esondazione del Tevere dell’anno 791, la fonte storica menziona una porticus Pallacinis, che Lanciani collocò appunto dinanzi alla chiesa di San Marco Evangelista (fondazione del 336 con abside in direzione opposta a quella attuale); la struttura venne successivamente identificata da Guglielmo Gatti in una costruzione eretta con materiali di spoglio, inglobata in un casamento ad angolo con via degli Astalli ed allineata a filo della via San Marco, ma che venne abbattuta dopo il 1908. Arduo valutare quali danni ed alterazioni dovette infliggere alla chiesa la disastrosa alluvione del 30 novembre 1422. Un’acquaforte di Israel Silvestre risalente al 1641 ca. (Roma, Istituto Nazionale della Grafica) (fig.3)

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attesta la primitiva collocazione della Madama Lucrezia, fatta trasportare sullo slargo verso il 1491 dal cardinale Lorenzo Cybo: dalla fine del Quattrocento, nella ricorrenza di san Marco Evangelista (ovvero ogni 25 aprile) il popolo si radunava la sera davanti alla chiesa per assistere ai fuochi d’artificio o ascoltare musica, ed addobbava il colossale busto marmoreo muliebre (cfr. Dengel 1909). Un rame di Giuseppe Vasi del 1756 (fig.4)

testimonia della chiusura con vetrate della Loggia delle Benedizioni (del 1466-69), attuata per volontà dell’ambasciatore Foscarini nel 1738; mentre il dettaglio della Nuova Topografia di Roma pubblicata da Giambattista Nolli nel 1748 (fig.5)

non rileva alcuna emergenza archeologica o esistenza di fontana nella zona in oggetto. Non si discosta da tale rappresentazione anche la Mappa del Catasto Urbano Gregoriano del 1816-1835, che tuttavia adopera proprio il Nolli quale base cartografica.

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Un disegno acquerellato di Victor Jean Nicolle (Vienna, Albertina) databile al 1787-89 (fig. 6)

raffigura La chiesa di S. Marco e il Palazzetto a pochi anni dallo scavo archeologico promosso dall’antiquario ed incisore Giovanni Volpato nella piazza dinanzi all’ingresso alla basilica, che portò al rinvenimento di due iscrizioni dedicatorie a membri della gens Turcia (CIL, VI, 1772-1773) e nel luglio del 1780 alla scoperta di una statua di Diana cacciatrice, come registrato dal Chracas nel Diario Ordinario di Roma. Da notare la chiusura delle arcate della Loggia delle Benedizioni, ordinata nel 1770 dall’ambasciatore veneto Niccolò Erizzo: la tamponatura verrà rimossa soltanto nel 1916, con la restituzione del palazzo allo Stato Italiano da parte dell’Austria. Un’acquaforte del ticinese Angelo Uggeri del 1827 (fig.7)

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ed un’incisione realizzata nel 1840 dal francese Paul-Marie Letarouilly (fig.8)

attestano l’inesistenza di un giardino o di aiuole sullo slargo antistante l’edificio sacro. Tale situazione trova conferma in una fotografia di J.H. Parker datata 1864 e conservata all’Archivio Fotografico del Museo di Roma: nell’area adiacente la Basilica di S. Marco è visibile un prospetto del Palazzetto di Venezia, che verrà spostato solo nel 1910 assieme al viridarium creato nel 1464, e lo spazio dinanzi la Loggia delle Benedizioni non appare ancora sistemato a verde (fig.9).

Da una fonte ottocentesca (cfr. Casanova Uccella 1980, p.149) si apprende invece che “Fino al 1857 nella piazza co. di Madonna Lucrezia erano attaccate le corde per stendere i panni, lasciando una congrua distanza per la riverenza dovuta alla chiesa di S. Marco. Fu rimossa nel 1857 per ragioni di decoro, affinché i frequentatori della basilica non passassero sotto le lunghe file di panni stesi”. Si trattava di una lavanderia per i popolani posta in un ambiente meridionale del Palazzetto, fatta eliminare dall’architetto praghese Antonin Barvitius, direttore dei restauri del 1856-66.

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Tuttavia, in una litografia conservata presso lo stesso Archivio di Palazzo Braschi e datata 11-12 aprile 1869 (fig.10a),

l’area antistante l’atrio della Basilica ospita un giardino all’italiana con aiuole, vialetti, scogliere e varie specie di essenze arboree tra cui due palme. Inoltre nell’aiuola circolare al centro dello slargo spicca una statua di Mosè raffigurato seduto con un cartiglio in mano, con ai piedi una grande targa dedicatoria. La scultura sembrerebbe molto affine al Mosè in marmo scolpito nel 1855-57 (fig.10b) da Ignazio Jacometti (artista favorito da papa Pio IX ed abitante in via della Consolazione) per il basamento della Colonna dell’Immacolata Concezione a piazza Mignanelli, tanto da suggerire l’ipotesi che quello esposto nell’aprile 1869 ne fosse il modello o una copia a grandezza naturale.

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È verosimile che la stampa in oggetto - identica ad una foto d’epoca in raccolta privata (fig.10c) -

documenti uno degli apparati effimeri (costituiti da luminarie e addobbi florovivaistici) che ogni anno – a partire dal 1860 e fino al 1870 – il Comune insieme a varie associazioni laiche e religiose era solito allestire in vari punti della città il 12 di aprile, nella triplice ricorrenza dell’ordinazione sacerdotale del Mastai Ferretti (1819), del rientro del pontefice dalla fuga a Gaeta (1850) e dello scampato pericolo del crollo di un pavimento a Sant’Agnese sulla Via Nomentana (1855). A pochi mesi dalla Breccia di Porta Pia, secondo Pietro Romano, “La piazza aveva un bello e tranquillo giardinetto circondato da un’artistica cancellata: fu inaugurato nel novembre 1871”. Una cospicua documentazione cartacea conservata presso l’Archivio Storico Capitolino e databile fra maggio 1875 e giugno 1888 consente di ricostruire quali fossero regolamento e configurazione del giardino pubblico nella Roma sabauda:

era cinto da inferriata e veniva chiuso all’Ave Maria (ma nel 1877 l’Assessorato alla Polizia Urbana impose anche una pausa fra le 11.00 e le 15.00);

era chiuso da due cancelli e dotato di sedili di ferro;

l’area era illuminata da tre fanali a gas - cosiddetti “eventuali” - della Società Anglo Romana posti intorno ad una fontana;

vi risiedeva un Guardiano Giardiniere all’interno di un’abitazione presa in affitto dal Comune (ma segnalata come alquanto umida);

le essenze arboree ivi piantumate erano: ligustri, cedri, palme Phoenix;

a partire dalla Festa Nazionale dello Statuto (cioè ogni prima domenica di giugno) fino al principio di ottobre il Giardino rimaneva aperto sino alle ore 11.00 o 12.00 pomeridiane.

Tale sistemazione post-unitaria a giardino della piazza San Marco è raffigurata anche in un’acquaforte (foto c/o Archivio Fotografico del Museo di Roma) databile al ventennio 1870-90 (fig.11),

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dove però al centro dell’area la statua del Patriarca biblico risulta sostituita da una fontana a tazza con zampillo.

Inoltre, il giardino risulta perimetrato da un’alta cancellata in ferro battuto con pilastri e numerosi lampioni (figg.12a-12b).

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A sorpresa, tale soluzione di arredo urbano non appare prevista nel Piano Regolatore di Roma redatto dall’ing. Alessandro Viviani e approvato nel 1883 (fig.13).

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Uno scorcio del giardino circondato dall’inferriata in ferro battuto è visibile in una fotografia, datata 10 maggio 1888 e conservata presso l’Archivio del Museo di Roma (fig.14)

mentre il solo dettaglio della recinzione del giardino è riconoscibile in un’altra fotografia dello stesso archivio capitolino recante la medesima datazione. In questa immagine è ben evidente la targa toponomastica “Piazza di S. Marco” (fig.15).

Una situazione analoga, con gli alberi ormai cresciuti, è evidente in una fotografia Cugnoni di proprietà ICCD: databile entro il primo decennio del Novecento, dal momento che il Palazzetto di Venezia risulta ancora nella posizione originaria (fig.16).

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L’area è raffigurata con le stesse caratteristiche, ma da un’altra angolazione, in una foto dell’Archivio Polo Museale di Roma-Fondo Hermanin, riconducibile a una cronologia analoga (fig.17).

La convenzione stipulata il 23 giugno del 1908 fra governo italiano e quello austro-ungarico previde lo sgombero con vicendevole cessione delle aree rionali interessate dal progetto di demolizione e ricostruzione del Palazzetto di Venezia. L’abbattimento dello stabile fu a cura esclusiva dell’amministrazione austriaca, che tuttavia ostacolò sistematicamente l’accesso al cantiere ai funzionari ed archeologi romani. La consegna dello spazio urbano avvenne il 31 dicembre 1910 (cfr. Coppola 2012).

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In una fotografia di collezione privata, datata 1910, che documenta gli sventramenti del Palazzetto, la Torre del Palazzo della Serenissima è avvolta da ponteggi, mentre al di sotto dell’area di cantiere sono visibili sostruzioni antiche. Inoltre l’ala ancora superstite del cortile interno del palazzetto in demolizione impedisce di scorgere l’area a verde davanti la Basilica di S. Marco (fig.18).

Si tratta del lato occidentale del portico, quello che il Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti Corrado Ricci (1906-19) propose invano di risparmiare per destinarlo a duplice loggiato monumentale preceduto da scalea. A seguito delle demolizioni già accennate ed in occasione della sistemazione di piazza Venezia con la costruzione del Vittoriano inaugurato il 4 giugno 1911, il giardino di piazza S. Marco fu trasformato, insieme all’area antistante la chiesa di S. Maria di Loreto, su progetto dell’architetto Jacopo Oblat (fig.19).

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Nello slargo destinato appunto a verde pubblico ma un tempo occupato dal viridarium di papa Paolo II Barbo, nel mese di aprile 1911 potevano essere ancora dissotterrate una base con iscrizione latina e tre frammenti di sarcofago a figure (cfr. Coppola 2012). La Commissione appositamente costituita per la sistemazione di Piazza Venezia e di cui faceva parte anche Pio Piacentini, ideò due giardini a pianta rettangolare disposti simmetricamente rispetto al nuovo assetto della piazza. Considerata l’urgenza di procedere si decise di piantumare alberi adulti. Nel 1912 i due spazi verdi erano terminati, anche se la loro realizzazione era stata contrassegnata da problemi e polemiche. Infatti numerosi alberi, tra cui cipressi e pini, che erano stati piantumati in gran fretta e già di medio fusto, non erano riusciti ad attecchire e quindi fu necessario sostituirli con altri esemplari più giovani e con altre specie arboree. Inoltre, nel nuovo progetto erano stati aboliti i vialetti, le aiuole e le scogliere del giardino ottocentesco e, mentre furono risparmiate le palme, fu sospeso l’allestimento di una recinzione in ferro battuto con pilastrini in travertino alternati a transenne in ferro, come si può riscontrare in una fotografia di Luciano Morpurgo datata 1920 oggi in collezione privata (fig.20).

Nel 1927 veniva collocata in posizione angolare, dirimpetto al ricostruito Palazzetto Venezia, la fontana della Pigna, realizzata in travertino dall’architetto Pietro Lombardi, assegnatario nel 1925 della commissione di ben dieci nuove fontanine rionali da parte della X Ripart. AA.BB.AA. [Restaurata nel 1999, sponsor Acqua San Benedetto]. Al posto della prima recinzione ne fu poi realizzata una più semplice e bassa con pilastrini di ghisa e un motivo ad archetti in ferro (cfr. Hermanin 1932; Lavagnino 1935). Successivamente, in occasione della realizzazione delle grandi esedre arboree presso piazza dell’Aracoeli e il Foro di Traiano, il cui progetto spetta a Raffaele De Vico (1931-32), si modificò il perimetro del giardino di Piazza San Marco per adeguarlo all’andamento curvilineo delle due esedre maggiori.

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Presso la Biblioteca Romana dell’Archivio Storico Capitolino si conserva la cromolitografia della Pianta della zona circostante piazza Venezia con l'indicazione degli edifici da demolire e delle aree destinate a nuove costruzioni e a verde pubblico secondo il Piano Regolatore del 1931 (approvato il 14.07.1932): evidenziate in giallo, si notano le decurtazioni apportate da De Vico alle due zone verdi simmetriche (fig.21).

In questa nuova sistemazione non sono presenti recinzioni, mentre il giardino appare circondato da un ampio marciapiede lastricato, come testimonia una fotografia databile entro il 1937 e di proprietà della Fototeca ai Beni Culturali della Regione Lombardia (fig.22).

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Una foto Richter databile al 1940 ca. (in raccolta privata) parrebbe attestare una sistemazione del giardino a doppio boschetto simmetrico e con la quota di terra quasi allo stesso livello della sede stradale (fig.23).

Nei primi anni Novanta l’area verde di Piazza S. Marco è stata delimitata da una bassa staccionata in legno a croce di sant’Andrea. Agli inizi del XXI secolo ulteriori interventi hanno determinato la realizzazione di un vialetto lastricato diagonale con ghiaia, funzionale all’attraversamento pedonale dell’area verde in direzione di via delle Botteghe Oscure, ove si attesta il capolinea della linea tramviaria 8. FONTI CARTOGRAFICHE ED ITINERARI Pianta di Roma e suoi dintorni di Giuseppe Micheletti, 1873 (no Giardini di Piazza San Marco) Piano Regolatore di Roma redatto dall’ing. Alessandro Viviani e approvato nel 1883 (no Giardini di Piazza San Marco) Pianta della Città di Roma e dintorni di Carlo Marrè Antonelli, 1895 ca. (no Giardini di Piazza San Marco) FONTI BIBLIOGRAFICHE P. ROSSINI, Il Mercurio errante delle grandezze di Roma tanto antiche che moderne, diviso in due parti, o volumi, Roma 1776, pp.392-395 CHRACAS, Diario Ordinario di Roma n° 560, 13 maggio 1780, pag.7: “Con le debite licenze, si è intrapresa una Cava di Antichità nella Piazza della Chiesa Collegiata di S. Marco” n° 578, 15 luglio 1780, pag.7: “Nella più volte nominata Cava, che si fa sulla Piazza della Chiesa di S. Marco, oltre varie lastre di Marmo bianco venate bigie, Martedì mattina in una nicchia di un muro sotterraneo fu trovata una Statua rappresentante una Diana col Cane ai piedi, dell’altezza di 5 palmi, e di mediocre scultura. La medesima benché abbia un braccio rotto, e la testa un poco oppressa, non manca di avere il suo pregio per l’antichità”.

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PAUL M. LETAROUILLY, Édifices de Rome moderne, tome Ier, Paris 1860, planche 78: Vue de Petit Palais di Venezia et e l’Église di S. Marco (rame inciso nel 1840) ANTONIO NIBBY, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII, parte prima moderna, Roma 1839, pp.321-328 ANTONIO NIBBY, Guida di Roma e suoi dintorni ossia Itinerario del Nibby, XI ediz. a cura di F. Porena, Roma 1891, pag. 78 “La piazza di S. Marco presenta un aspetto pittoresco, per la facciata posteriore del palazzetto di Venezia, che si congiunge colla Chiesa, e per il grazioso giardino che vi fu piantato dopo il 1870”. P. DENGEL – M. DVOŘÁK – H. EGGER, Der Palazzo di Venezia in Rom, Wien 1909 C. RICCI, Pel Palazzetto di Venezia, “Bollettino d’Arte”, IV, 1910, fasc. VII, pp.269-273 F. HERMANIN, San Marco, Roma (1932 ?) [Le Chiese di Roma illustrate, 30] E. LAVAGNINO, L’architettura del ‘Palazzo Venezia’, “Rivista del Reale Istituto d’Archeologia e Storia dell’Arte”, V, 1935, fasc.1-2, pp.128-177 M. ARMELLINI, Le Chiese di Roma dal secolo IV al XIX, tomo I, Roma 1942, pp.559-563 (S. Marco de Pallacine) P. ROMANO, Roma nelle sue strade e nelle sue piazze, Roma 1947-49, tomo II, p.284 G. SACCHI LODISPOTO, La luminaria del 12 aprile nell’ultimo decennio di Roma papale, in Lunario Romano. Feste e Cerimonie nella tradizione romana e laziale, Roma 1976, pp.407-444 C. PIETRANGELI, Rione IX–Pigna. Parte III, (Guide Rionali di Roma), Roma 1977, pp.118 e 130-142 M.L. CASANOVA UCCELLA (a cura di), Palazzo Venezia. Paolo II e le fabbriche di S. Marco, Catalogo della mostra di Roma-Palazzo Venezia (maggio-settembre 1980), Roma 1980 A.M. RACHELI, Le sistemazioni urbanistiche di Roma per l’ Esposizione Internazionale del 1911, in Roma 1911, Catalogo della mostra di Roma-Galleria Nazionale d’Arte Moderna (4 giugno-15 luglio 1980), a cura di G. Piantoni, Roma 1980, pp.231-242 R. LUCIANI, Pietro Lombardi architetto, Roma 1987 D. GALLAVOTTI CAVALLERO, Palazzi di Roma dal XIV al XX secolo, Roma 1989, pp.212-215 G. CUCCIA, Urbanistica, Edilizia, Infrastrutture di Roma Capitale 1870-1990. Una cronologia, Bari 1991 M. DE VICO FALLANI, Storia dei giardini pubblici di Roma nell’Ottocento, Roma 1992, pp.78-82 A. CARANDINI, Atlante di Roma antica, Roma 2012 M.R. COPPOLA, La fabbrica del Vittoriano. Scavi e scoperte in Campidoglio (1885-1935), Roma 2012, pp.405-418