RELAZIONE SEMESTRALE AL 30 GIUGNO 2017 · rialzo. Infatti ha effettuato una revisione al ribasso...
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UBI Pramerica
RELAZIONE SEMESTRALE AL 30 GIUGNO 2017
del Fondo Comune di Investimento Mobiliare Aperto Armonizzato
“UBI Pramerica Europe Multifund”
Istituito, promosso e gestito da UBI Pramerica SGR S.p.A.
La presente Relazione è stata redatta in data 03 agosto 2017
Nota Illustrativa alla Relazione Semestrale al 30 giugno 2017
Scenario macroeconomico
Nel corso del primo semestre dell’anno lo scenario si è caratterizzato per una conferma del quadro
reflazionistico a livello globale, con una fase positiva di crescita reale sincronizzata fra i paesi. I
livelli di crescita appaiono più contenuti rispetto alle medie storiche di altri cicli, ma sono più che
accettabili, visto che il PIL mondiale è tra il 3-3,5%. Relativamente alle dinamiche inflazionistiche,
negli ultimi mesi si sono stabilizzate, con l’attenuazione dei precedenti rincari delle materie prime.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la crescita nel primo trimestre dell’anno è stata più debole del
previsto e si è attestata ad un +1,4% su base trimestrale annualizzata, risentendo dell’andamento dei
consumi e delle scorte. Le evidenze macroeconomiche rese note durante il secondo trimestre
dell’anno hanno fornito indicazioni per un’accelerazione del PIL verso il tasso di crescita potenziale
fra il 2,5-3%. In particolare, il clima di fiducia di imprese e consumatori è rimasto elevato e le
dinamiche occupazionali si sono ulteriormente rafforzate, anche se nell’ultima parte del periodo di
riferimento hanno evidenziato un leggero indebolimento. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto i
livelli minimi da maggio 2001, mentre la dinamica salariale è rimasta ancora abbastanza modesta,
con una crescita dei salari orari che è rimasta stabilmente sotto il livello del 3%. Le dinamiche
relative agli investimenti sono apparse in miglioramento, anche se nella parte finale del semestre
sono arrivate indicazioni contrastanti: alcune survey hanno evidenziato una maggiore propensione
alla capex, ma la crescita delle scorte impone una certa attenzione. Per quanto concerne l’inflazione,
dopo l’accelerazione successiva all’elezione di Trump che, nella prima parte dell’anno, ha visto
l’indice headline segnare una crescita del 2,7% su base annua, si è assistito ad una fase di
indebolimento che lo ha portato sotto il livello del 2%. Tenuto conto delle dinamiche della crescita
economica e della domanda aggregata, tale fase non deve essere letta come un segnale di una
prossima recessione o di un’inversione del ciclo, ma è da imputare principalmente alle dinamiche
dell’offerta in eccesso sul mercato petrolifero. Un altro elemento che potenzialmente potrebbe
spiegare un’inflazione ancora molto contenuta è l’apparente cambiamento della relazione fra la
crescita dell’occupazione e il tasso di inflazione, la cosiddetta curva di Phillips. Nei paesi
maggiormente avanzati, come gli USA, questa relazione sembra non funzionare come nei cicli
macroeconomici del passato. Durante il periodo di riferimento la FED ha alzato il tasso di
riferimento due volte, portandolo all’interno di un range fra l’1-1,25%. Nel corso del meeting di
giugno, la Banca Centrale ha indicato come appropriato un altro rialzo per fine anno ed ha
confermato le sue previsioni circa l’evoluzione dei tassi (i c.d. “Dots”) sulla base
dell’interpretazione di transitorietà delle sorprese negative dal fronte dell’inflazione. La FED,
infatti, ha indicato un percorso di due/tre rialzi all’anno, ma il mercato sconta una progressione dei
tassi inferiore.
In questa prima parte dell’anno le sorprese positive sul fronte della crescita sono venute dall’area
Euro, in cui il PIL relativo al primo trimestre ha evidenziato una crescita dell’1,9% su base
trimestrale annualizzata. Questo rafforzamento della fase congiunturale è stato confermato anche
dai dati relativi al secondo trimestre che hanno continuato in media a superare le aspettative,
fornendo indicazioni per una crescita sopra il 2% annualizzato. Gli indicatori di fiducia di imprese e
consumatori si sono mantenuti sui livelli più elevati degli ultimi 6-7 anni; gli indici PMI, per
esempio, si sono confermati ampiamente sopra il livello di 50 punti base, che segnala il confine fra
una fase di contrazione e di espansione dell’economia, ed hanno registrato, soprattutto nella
componente relativa all’occupazione un positivo recupero. In questa fase i principali driver di
crescita sono rappresentati dai consumi interni, favoriti da condizioni finanziarie accomodanti e da
un miglioramento del mercato del lavoro, e da una dinamica degli investimenti in contenuta ri-
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accelerazione. Questa situazione appare abbastanza inusuale per l’economia dell’area che, in linea
generale, tende ad essere guidata dalle esportazioni nette. I miglioramenti registrati nei mercati del
lavoro dell’area Euro hanno accresciuto il reddito reale disponibile delle famiglie e agevolato la
spesa per consumi. I consumi privati hanno continuato a beneficiare della crescita costante dei
redditi da lavoro, che costituisce la determinante principale del reddito disponibile delle famiglie, e
di un tasso di risparmio di queste ultime sostanzialmente stabile. Anche il miglioramento delle
condizioni del credito bancario, rafforzato dalle misure di politica monetaria della BCE, ha
continuato a sostenere la spesa delle famiglie. Gli investimenti delle imprese hanno proseguito la
loro graduale ripresa, sostenuti prevalentemente dal miglioramento del clima di fiducia, da
condizioni di finanziamento positive e da margini di profitto elevati. La parte iniziale dell’anno ha
registrato un ritorno dell’inflazione totale al livello del 2% su base annua, da imputare
prevalentemente all’andamento dei prezzi energetici, ma nella seconda parte del periodo di
riferimento le dinamiche inflazionistiche si sono nuovamente indebolite. Nonostante il quadro
positivo della crescita, certificato anche dal moderato rialzo delle previsioni della BCE, non si è
evidenziato un significativo cambiamento del quadro inflazionistico. Da rilevare, per esempio nel
mese di maggio, la cospicua discesa del tasso di inflazione sia totale ( da 1,9% a 1,4% su base
annua) che core ( da 1,1% a 0,9% su base annua). Nel corso del semestre la BCE non ha modificato
le misure di accomodamento monetario in essere ed ha generalmente trasmesso un tono di
ottimismo relativamente alla dinamica di crescita. Nell’ultimo meeting di giugno, infatti, ha portato
a neutrale il bilancio dei rischi sulla crescita ed ha operato un rialzo delle previsioni riguardanti il
tasso di crescita del PIL in termini reali, con un’indicazione dell’1,9% per il 2017, dell’1,8% per il
2018 e dell’1,7% per il 2019. Il Consiglio Direttivo ha deciso di eliminare il riferimento a eventuali
tagli dei tassi di riferimento dalle indicazioni prospettiche, ma ha ribadito che le misure
dell’inflazione non hanno ancora mostrato segnali di un convincente e sostenibile andamento al
rialzo. Infatti ha effettuato una revisione al ribasso delle aspettative di inflazione, attesa sotto target
anche nel corso del 2019 (più in dettaglio l’inflazione è attesa all’1,5% nel 2017, all’1,3% nel 2018
e all’1,6% nel 2019). In linea generale, la BCE ha mantenuto un atteggiamento molto accomodante:
tutto il dibattito sul “tapering” è stato de-enfatizzato e, soprattutto, è stata esclusa la possibilità che
si potesse procedere ad un rialzo dei tassi prima del termine del Quantitative Easing, soprattutto, in
relazione al tasso sui depositi. Inoltre anche nell’ultimo meeting di giugno ha confermato
l’intenzione di condurre acquisti netti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA)
all’attuale ritmo mensile di 60 miliardi di euro sino alla fine di dicembre 2017, o anche oltre se
necessario, e in ogni caso finché non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei
prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione.
Nel primo trimestre dell’anno il Regno Unito ha evidenziato una crescita del 2% su base trimestrale
annualizzata grazie, soprattutto, al contributo netto positivo fornito dal commercio con l’estero che
ha beneficiato del deprezzamento marcato della Sterlina. Le indicazioni riguardanti il secondo
trimestre hanno delineato uno scenario di crescita più debole sul quale gravano le incertezze legate
agli esiti della complessa procedura per l’uscita dall’Unione Europea, avviata ufficialmente dal
governo britannico il 29 marzo. Inoltre, le elezioni anticipate,volute dalla May per rafforzare la sua
leadership in vista dei negoziati per la Brexit, hanno registrato una sostanziale perdita di consensi
per il partito Conservatore e hanno aperto una fase politica molto delicata per il paese. All’interno
di questo scenario la Bank of England non ha modificato l’orientamento accomodante di politica
monetaria, ma nei prossimi mesi è destinata ad essere messa sotto pressione da un’inflazione in
salita e da una progressiva moderazione della crescita, legata all’effetto incertezza generato dalla
Brexit.
Relativamente al Giappone, nel corso del primo trimestre il PIL è aumentato meno del consensus, a
un tasso annualizzato dell’1% rispetto al 2,2% indicato nella stima preliminare e contro le attese per
un rialzo del 2,4%. Nel prosieguo del semestre i dati hanno fornito indicazioni per una
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continuazione dell’espansione a ritmi moderati, sostenuta dal programma di stimolo fiscale che
dovrebbe favorire la domanda interna, mentre le esportazioni dovrebbero godere di un graduale
recupero a seguito della crescita della domanda estera. Le pressioni del Governo sulle imprese per
aumentare le retribuzioni dei dipendenti hanno favorito un aumento dei salari più lento di quanto i
policy maker si attendessero, nonostante gli utili aziendali abbiano mostrato una buona crescita. La
dinamica inflazionistica è rimasta significativamente sotto l’obiettivo del 2%; a maggio, per
esempio, è rimasta stabile allo 0,4% su base annua. Durante il periodo di riferimento la Banca del
Giappone non ha modificato il programma di “Quantitative and Qualitative Easing” e il governatore
Kuroda ha più volte negato ogni prospettiva riguardante un’eventuale “exit strategy”.
La dinamica di crescita dell’area emergente è apparsa in miglioramento, anche se le traiettorie di
sviluppo sono apparse più contenute rispetto al passato. Le differenziazioni fra i paesi sono rimaste,
anche se nel periodo in esame non si sono amplificate, ma, viceversa, hanno mostrato una maggiore
convergenza. La Cina ha rappresentato una sorpresa positiva sul fronte della crescita; il paese,
infatti, impegnato nel processo di ribilanciamento della domanda aggregata (da minori investimenti
a maggiori consumi interni) non ha evidenziato un rallentamento del ritmo di crescita. Il PIL, infatti,
ha registrato una crescita del 6,9% su base annua, con un miglioramento sia degli investimenti che
delle vendite al dettaglio. La Banca Centrale Cinese dispone ancora di notevole potenziale per
contrastare un eventuale rallentamento. Le autorità monetarie hanno introdotto misure di
contenimento dello sviluppo di credito attraverso il c.d. “shadow banking”, che mirano in
particolare a ridimensionare le attività più speculative senza intaccare significativamente la crescita
economica reale alla vigilia di un’importante transizione politica. In autunno, infatti, è previsto un
rinnovamento della leadership a livello medio-alto e in questa fase è interesse dell’establishment
cinese evitare qualsiasi rallentamento economico, utilizzando tutti gli strumenti ancora a
disposizione a livello monetario e fiscale. Il Brasile ha registrato un miglioramento del quadro di
crescita, ma sulle prospettive di medio termine continua a pesare l’aumento del rischio politico
dopo lo scandalo in cui è implicato il presidente Temer che rischia la procedura di impeachment. La
Russia è uscita dalla fase recessiva, registrando una crescita dello 0,5% su base annua nel corso del
primo trimestre dell’anno. Gli ultimi dati disponibili delineano un miglioramento sul piano
dell’attività economica che dovrebbe continuare nel corso del 2017, anche se la domanda interna
resta debole alla luce di salari reali bassi e di uno scarso clima di fiducia degli operatori economici.
Nella prima parte dell’anno l’India ha evidenziato un rallentamento, con una crescita relativa al
primo trimestre del 6,1% su base annua rispetto al 7,0% registrato in precedenza. Molto
probabilmente l’economia indiana ha subito le conseguenze del programma di demonetizzazione da
parte del governo Modi, per combattere l’economia sommersa e l’evasione fiscale.
Andamento dei mercati
Il 2017 è iniziato con una significativa attenzione da parte degli investitori ai rischi politici
all’interno del contesto globale. Fortunatamente molti di questi non si sono materializzati e il
quadro politico ha evidenziato un’evoluzione favorevole ai mercati. Nel corso del semestre le
dinamiche dei mercati sono apparse generalmente coerenti con lo scenario reflazionistico, con i
mercati azionari che hanno evidenziato performance migliori rispetto a quelli obbligazionari
cosiddetti “core”.
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Mercati azionari
Nel corso del primo trimestre dell’anno i mercati azionari hanno generalmente evidenziato la
prosecuzione del movimento di rialzo che aveva caratterizzato il periodo successivo alla vittoria di
Trump. Nella prima parte dell’anno le aspettative per un’accelerazione della crescita hanno
continuato a rafforzarsi, in virtù della politica economica delineata da Trump, incentrata sulla
promessa di un’ampia riforma fiscale per le imprese e le persone fisiche e di un piano di
investimenti infrastrutturali da mille miliardi di Dollari. Nella seconda parte del trimestre,
soprattutto i listini americani, hanno registrato una fase più laterale ed hanno consolidato certe
posizioni dopo i forti rialzi dei mesi precedenti. La prima sconfitta politica di Trump, che ha dovuto
ritirare la proposta di riforma dell’Obamacare, non è stata letta in maniera totalmente negativa da
parte dei mercati; meglio una bocciatura iniziale piuttosto che una dura campagna congressuale in
grado di ritardare in maniera significativa l’approvazione della riforma fiscale. In questo contesto, i
rischi rappresentati dalla possibilità che Trump potesse concretamente applicare misure di natura
protezionistica sono leggermente aumentati, anche se l’amministrazione si è limitata a minacciare
l’imposizione di alcuni dazi nei confronti delle merci di paesi con i quali gli USA hanno i maggiori
deficit commerciali. Nella seconda parte del semestre la volatilità sui listini è aumentata
leggermente, molto probabilmente in relazione ad alcuni eventi politici che hanno caratterizzato,
soprattutto, l’area Euro. L’esito di questi eventi è stato positivo poiché sia in Olanda che in Francia i
partiti anti Euro sono stati sconfitti e, più in generale, le forze anti-sistema hanno evidenziato un
certo arretramento anche in altre tornate elettorali. La vittoria di Macron in Francia ha avuto un
impatto positivo sul clima di fiducia degli operatori perché ha posto le basi per l’attuazione di un
programma di riforme dell’economia transalpina e ha rafforzato le attese per un rilancio politico
dell’Unione Europea (con un possibile allentamento dei vincoli fiscali) ad opera di un rafforzato
asse franco-tedesco, dopo le elezioni in Germania del prossimo autunno che dovrebbero
riconfermare Angela Merkel. Nella parte finale del semestre, i principali listini a livello globale
erano di nuovo vicino ai massimi storici e i principali indicatori di volatilità esprimevano
nuovamente valori molto compressi. Per quanto concerne l’andamento degli utili, il primo trimestre
del 2017 è stato il migliore degli ultimi 6/7 anni, con una crescita a doppia cifra in tutte le principali
aree. La crescita dei ricavi è stata molto forte ed è stata favorita dai prezzi più alti delle materie
prime, dal rialzo dell’inflazione e dal recupero dell’attività a livello globale. Le indicazioni
prospettiche fornite dalle società sono state generalmente positive ed hanno delineato un quadro
positivo per l’andamento degli utili relativi al 2017. Il rafforzamento delle dinamiche relative agli
utili ha rappresentato una validazione a livello microeconomico dello scenario reflazionistico; la
reflazione macroeconomica, infatti, ha favorito una ripresa dei ricavi e, di conseguenza, una ripresa
degli utili a livello mondiale.
Per quanto concerne il mercato statunitense, dopo la prosecuzione del movimento di rialzo iniziato
nella seconda parte dell’anno scorso, si è assistito ad una fase più laterale e poi, dalla metà del mese
di maggio, ad un nuovo movimento di rialzo. Questo è avvenuto nonostante l’aumento delle
tensioni sull’amministrazione Trump, in seguito al Russiagate e al siluramento del direttore
dell’FBI. In questo contesto il mercato ha valutato come alquanto improbabile l’ipotesi di
impeachment del presidente, soprattutto, alla luce della determinazione della leadership
repubblicana a consegnare, entro l’estate, almeno le linee principali della riforma fiscale. A fine
semestre l’indice S&P 500 registrava un recupero dell’8,2% ed il Nasdaq, grazie all’andamento
molto positivo del comparto tecnologico, del 14,2%.
I listini dell’area Euro hanno evidenziato un movimento analogo a quello espresso dai listini
statunitensi, anche se in alcune fasi hanno mostrato andamenti più altalenanti. Questo è avvenuto,
prevalentemente, nelle fasi in cui i fattori politici hanno avuto maggiore rilevanza all’interno dello
scenario, come nel caso del primo turno delle elezioni presidenziali francesi. Nel complesso il
mercato dell’area ha chiuso il semestre in territorio positivo, così come evidenziato dall’andamento
dell’indice Euro Stoxx che ha guadagnato il 6,4%. A livello di singoli paesi, il Dax tedesco ha
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guadagnato il 7,4% e il FtseMib italiano il 7,0%. Il mercato italiano ha evidenziato una maggiore
volatilità da ricondurre, molto probabilmente, all’evoluzione del quadro politico con il rischio di
elezioni anticipate che, successivamente, è stato completamente ridimensionato. Il tema delle
banche è rimasto centrale e nella parte finale del semestre è stata trovata una soluzione per le
banche venete che ha salvaguardato la clientela e, più in generale, tutto il sistema del credito. Per
quanto concerne il listino inglese, ha molto probabilmente risentito delle incertezze riguardanti la
Brexit e del deterioramento del quadro politico nazionale; a fine semestre registrava comunque un
recupero limitato al 2,3%.
Il semestre è stato positivo anche per il listino giapponese con l’indice Nikkei che ha registrato
guadagni per il 4,8%.
Dopo l’ondata di vendite successiva all’elezione di Trump, i mercati emergenti, pur con
performance abbastanza eterogenee fra i differenti listini, hanno registrato nel complesso una fase
rialzista che è durata per tutto il periodo di riferimento; a fine semestre l’indice MSCI Emerging
Markets espresso in Dollari guadagnava il 17,4%. Tale recupero è avvenuto in un contesto nel quale
i timori per l’adozione di misure di natura protezionistica da parte dell’amministrazione statunitense
si sono stemperati e nel quale le prospettive di crescita a livello mondiale si sono ulteriormente
rafforzate.
Nota: variazioni indici in valuta locale
Mercati obbligazionari
Per quanto riguarda i mercati obbligazionari governativi, la tendenza al rialzo dei tassi che aveva
caratterizzato la seconda parte dell’anno scorso ha perso intensità e, soprattutto, per le emissioni
core ha evidenziato una fase di consolidamento all’interno di range abbastanza definiti. Nel corso
del primo trimestre dell’anno, i tassi statunitensi, dopo i significativi rialzi nella fase successiva
all’elezione di Trump, si sono stabilizzati e, soprattutto, sulla parte a lunga della curva sono rimasti
all’interno di trading range più ristretti. Il rialzo operato dalla FED non ha avuto effetti significativi
sui mercati obbligazionari. La Banca Centrale, infatti, ha ri-orientato le aspettative per un rialzo al
meeting di marzo, che non era atteso fino a poche settimane prima, riuscendo a non destabilizzare i
mercati che si sono focalizzati solo sulla valenza positiva del rialzo. Nella seconda parte del
semestre la curva statunitense ha registrato un movimento di appiattimento più marcato, con la
discesa dei tassi sulla parte più a lunga e la risalita di quelli della parte più a breve. Questi
movimenti sono da ricondurre anche ad alcune dinamiche di posizionamento da parte degli
investitori. Il corto di duration sul Treasury, che aveva caratterizzato in maniera marcata la fine
dello scorso anno, è stato gradualmente chiuso ed ha favorito il rally sulla parte più a lunga della
curva. Nel complesso il tasso a due anni statunitense è salito di 19 punti base dall’1,19% all’1,38%
mentre quello decennale è sceso di 14 pb dal 2,44% al 2,30%
Relativamente ai tassi core dell’area Euro, il semestre si è caratterizzato per una certa volatilità,
soprattutto, sul tratto decennale della curva. Le fasi di rialzo si sono registrate all’interno di un
contesto nel quale si evidenziava un miglioramento sostanziale delle condizioni congiunturali
dell’area, mentre quelle di ribasso si sono avute nelle fasi in cui il rischio politico aumentava in
maniera significativa. Nella parte finale del mese di marzo, infatti, il decennale tedesco raggiungeva
i minimi del periodo di riferimento, soprattutto, per effetto delle percezioni del mercato sull’acuirsi
dell’incertezza politica in vista del primo turno delle elezioni presidenziali in Francia. Nella parte
finale del semestre i tassi si sono mossi al rialzo, molto probabilmente anche sulla base della
prosecuzione del rafforzamento congiunturale e di un cambio di retorica di alcune Banche Centrali
che hanno abbandonato i toni estremamente accomodanti degli ultimi mesi verso toni più neutrali
nei confronti del ciclo economico, come nel caso di Draghi che ha espresso una valutazione
“fiduciosa” sull’andamento dell’area Euro. Sulla curva tedesca i tassi si sono mossi al rialzo in
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maniera sostanzialmente uniforme, perché il due anni è salito di 22 punti base da -0,8% a -0,58% e
il decennale di 26 pb dallo 0,20% allo 0,46%.
Per quanto concerne il comparto periferico, nella prima parte del semestre l’acuirsi dell’incertezza,
connessa prevalentemente con l’approssimarsi di varie scadenze elettorali, ha posto le condizioni
per un incremento generalizzato dei premi per il rischio sovrano di alcuni paesi come l’Italia. Nel
caso specifico del nostro paese ha pesato, probabilmente, anche la percezione da parte del mercato
che si potesse andare ad elezioni anticipate e si potessero creare le condizioni per una situazione di
ingovernabilità. Nella parte finale del semestre, la diminuzione di questo rischio e l’esito delle
elezioni amministrative con un arretramento del Movimento 5 Stelle, hanno tendenzialmente
favorito il restringimento degli spread verso i minimi dell’anno. Nel complesso la curva italiana ha
evidenziato un movimento di steepening con il due anni che è aumentato di 4,5 punti base
chiudendo il semestre a -0,13% e il decennale che è aumentato di 34 pb passando dall’1,81% al
2,15%.
All’interno di un quadro nel quale sono aumentate le incertezze sull’evoluzione congiunturale e le
dinamiche inflazionistiche si sono rafforzate, la curva inglese ha registrato un incremento dei tassi
sulla parte a breve, mentre quella a lunga è rimasta maggiormente stabile. Più in dettaglio il tasso a
due anni è cresciuto di circa 30 punti base, dallo 0,04% allo 0,34%, mentre il decennale ha chiuso il
periodo di riferimento praticamente invariato all’1,25%. In Giappone i tassi hanno chiuso il
semestre sostanzialmente sui valori precedenti; il due anni a -0,124% e il decennale allo 0,08%.
Relativamente ai comparti a spread, dopo il periodo di turbolenza seguito alle elezioni statunitensi,
in generale il semestre si è caratterizzato per una riduzione dei differenziali di rendimento sul debito
dei paesi emergenti rispetto ai titoli di stato dei paesi avanzati ritenuti più affidabili. Riguardo al
comparto corporate, il periodo di riferimento, pur con le differenze in termini di ampiezza e di
intensità fra i vari settori, ha registrato una riduzione degli spread sia sulla parte investment grade
che su quella high yield. Considerando specificatamente l’area Euro, lo spread si è ridotto su tutti i
comparti con performance particolarmente positive. Nel corso del periodo di riferimento si è
assistito ad un’accelerazione del trend di restringimento del comparto high yield, sostenuto
prevalentemente dal miglioramento delle condizioni congiunturali e dalla preferenza degli
investitori per alcune tipologie di titoli corporate dell’area con rendimento elevato.
Mercati Valutari e Commodity
Nei primi mesi dell’anno i tassi di cambio delle principali economie avanzate hanno evidenziato
delle fluttuazioni modeste. L’Euro è rimasto all’interno di trading range nei confronti delle
principali valute e solo nella seconda parte del semestre si è rafforzato, riflettendo molto
probabilmente alcune sorprese positive che si sono registrate nell’economia dell’area. Al termine
del periodo di riferimento la valuta comune guadagnava l’8,6% nei confronti del Dollaro a 1,142, il
4,45% nei confronti dello Yen a 128,40 e il 2,86% nei confronti della Sterlina allo 0,877%. L’Euro
si è altresì rafforzato nei confronti delle principali valute delle economie emergenti.
Per quanto concerne le quotazioni petrolifere, dopo la risalita seguita all’accordo raggiunto alla fine
di novembre 2016 fra l’OPEC e alcuni paesi non OPEC, le quotazioni sono rimaste abbastanza
stabili intorno ai 55 Dollari al barile fino all’inizio di marzo. Successivamente hanno evidenziato
varie oscillazioni fra 48-56 Dollari che hanno riflesso i dubbi degli operatori circa le probabilità di
successo della strategia OPEC di limitare la produzione, all’interno di un contesto di scorte ancora
elevate e di forte crescita della produzione statunitense di Shale Oil. Le quotazioni petrolifere hanno
chiuso il semestre a 47,9 Dollari al barile in flessione del 15,9% rispetto ai valori di fine anno. Le
quotazioni dell’oro sono salite del 7,3% a 1243,25 Dollari l’oncia.
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Il Secondo Semestre
Dal punto di vista macro, si rileva una conferma del quadro reflazionistico a livello globale, con una
fase positiva di crescita reale, sincronizzata tra i Paesi. Circa l’85% del PIL mondiale, infatti, si
trova in una fase di ri-accelerazione della crescita reale con un momentum positivo dell’inflazione.
Questa è una dinamica positiva che tende a favorire l’attivazione di una serie di circoli virtuosi che
passano per il miglioramento del clima di fiducia di imprese e consumatori, per l’aumento degli utili
e degli investimenti, per la crescita delle dinamiche occupazionali fino ad arrivare ad un
significativo rafforzamento del quadro di sviluppo economico. Negli USA l’accelerazione del PIL
dovrebbe continuare verso il tasso di crescita potenziale e, dopo l’attuale fase di consolidamento, le
dinamiche inflazionistiche dovrebbero gradualmente rafforzarsi. All’interno di questo contesto, la
FED dovrebbe continuare la politica di rialzi dei tassi graduali; i mercati, però, tendono a scontare
una progressione dei tassi inferiore alle previsioni della stessa Banca Centrale (i c.d. “dots”), che
indicano un percorso di due/tre rialzi all’anno. Il rischio è rappresentato dal fatto che, all’interno di
uno scenario di rafforzamento della crescita e dell’inflazione, i tassi potrebbero salire ed avvicinarsi
maggiormente ai “dots”. Nei prossimi mesi il tema della riduzione del bilancio della Banca Centrale
resterà centrale all’interno del dibattito sulle prossime mosse delle autorità monetarie. Le tensioni
sull’amministrazione Trump, legate prevalentemente al Russiagate, continueranno a crescere, ma
allo stato attuale appare alquanto improbabile un processo di impeachment al presidente, vista
l’estrema complessità della procedura e l’ampia maggioranza repubblicana in entrambe le camere.
Nell’area Euro il quadro della crescita dovrebbe continuare a rafforzarsi e ad evidenziare una
maggiore omogeneità rispetto agli anni precedenti. Nonostante questo miglioramento, l’inflazione
continua a non mostrare segnali di accelerazione e resta, pertanto, ben al di sotto del target della
BCE. Questi elementi portano a ritenere che la Banca Centrale rimarrà molto cauta e cercherà in
tutti i modi di evitare di generare un prematuro restringimento delle condizioni finanziarie; lo stesso
dibattito sul tapering, previsto a partire dal 2018, sarà molto probabilmente rielaborato dai mercati
in chiave maggiormente “dovish”.
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UBI PRAMERICA EUROPE MULTIFUND
Politica di gestione
Nel corso del semestre, a partire da metà febbraio, è stata progressivamente incrementata
l’esposizione lunga ai mercati azionari europei. Relativamente alla componente azionaria, è stata
applicata una nuova selezione di fondi. Più in dettaglio, sono stati venduti Allianz RCM Europe
Equity Growth, BGF-European Growth Fund, BNP Parvest Equity Best Selection Europe, BNP
Parvest Equity Europe Growth, BGF European Focus, FAST Europe, Fidelity European Dynamic
Growth, FT F European Growth, JPMorgan Europe Dynamic, JPMorgan Europe Strategic
Dividend, Pioneer European Equity Value, Pioneer Top European Players, Swisscanto Equity Fund
Top Dividend Europe, Threadneedle Pan European Equities e TROWE PRICE Sicav European
Equity. Nel corso del semestre sono stati introdotti AB European Value Portfolio, Comgest Growth
Greater Europe Opportunities, DNCA Invest Europe Growth, Exane select, GS Europe CORE
Equity Portfolio, JPM Europe Select Equity, JPM Europe Strategic Growth, JPM Highbridge
Europe Steep Fund e RAM European Equities Fund. La componente obbligazionaria, invece, non
ha subito variazioni. Nel mese di febbraio è stata chiusa la posizione lunga sull’indice Euro Small
Cap rispetto all’indice Euro Stoxx 50.
Motivazioni di eventuali performance negative
Il fondo non ha riportato una performance assoluta negativa.
Operatività su strumenti finanziari derivati
Nel corso del periodo di riferimento sono stati utilizzati strumenti derivati con finalità di copertura
del rischio o allo scopo di raggiungere l’esposizione desiderata.
Linee strategiche
L’approccio gestionale continuerà a caratterizzarsi per l’utilizzo delle metodologie quantitative sia a
livello di asset allocation tattica che di processo di fund picking.
La raccolta netta del periodo appena concluso è risultata pari ad euro -25.488.960,52.
Il Patrimonio al 30 giugno 2017 ammonta ad euro 268.358.056.
Trasparenza degli OICVM nell’informativa periodica.
Nel corso del periodo non sono state poste in essere operazioni di finanziamento tramite titoli e
Total Return Swap.
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Società di Gestione del Risparmio : UBI Pramerica SGR SpA UBI Pramerica Europe Multifund
Società di Gestione del Risparmio : UBI Pramerica SGR SpA UBI Pramerica Europe Multifund
SITUAZIONE PATRIMONIALE
ATTIVITA'
Situazione al 30.06.2017
Situazione al 30.12.2016
Valore complessivo In percentuale
del totale attivita'
Valore complessivo In percentuale
del totale attivita'
A.STRUMENTI FINANZIARI QUOTATI 248.714.197 92,201 278.133.773 98,108
A1.Titoli di debito 2.507.745 0,930 2.513.095 0,886
A1.1Titoli di Stato 2.507.745 0,930 2.513.095 0,886
A1.2Altri
A2.Titoli di capitale
A3.Parti di OICR 246.206.452 91,271 275.620.678 97,221
B. STRUMENTI FINANZIARI NON QUOTATI 7.628.899 2,828 484.252 0,171
B1.Titoli di debito
B2.Titoli di capitale
B3.Parti di OICR 7.628.899 2,828 484.252 0,171
C.STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI
C1.Margini presso organismi di compensazione e garanzia
C2.Opzioni, premi o altri strumenti finanziari derivati quotati
C3.Opzioni, premi o altri strumenti finanziari derivati non quotati
D.DEPOSITI BANCARI
D1.A vista
D2.Altri
E.PRONTI CONTRO TERMINE ATTIVI E OPERAZIONI ASSIMILATE
F.POSIZIONE NETTA DI LIQUIDITA' 11.183.354 4,146 1.674.205 0,591
F1.Liquidità disponible 11.433.220 4,238 1.657.593 0,585
F2.Liquidità da ricevere per operazioni da regolare 732.376 0,271 58.082 0,020
F3.Liquidità impegnata per operazioni da regolare -982.242 -0,364 -41.470 -0,015
G.ALTRE ATTIVITA' 2.226.817 0,826 3.206.266 1,131
G1.Ratei attivi 153.670 0,057 231.014 0,081
G2.Risparmio d'imposta
G3.Altre 2.073.147 0,769 2.975.252 1,049
TOTALE ATTIVITA' 269.753.267 100,000 283.498.496 100,000
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PASSIVITA' E NETTO
Situazione al 30.06.2017
Situazione al 30.12.2016
Valore complessivo Valore complessivo
H.FINANZIAMENTI RICEVUTI
I.PRONTI CONTRO TERMINE PASSIVI E OPERAZIONI ASSIMILATE
L.STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI
L1.Opzioni, premi o altri strumenti finanziari derivati quotati
L2.Opzioni, premi o altri strumenti finanziari derivati non quotati
M.DEBITI VERSO I PARTECIPANTI 351.909 231.531
M1.Rimborsi richiesti e non regolati 351.909 231.531
M2.Proventi da distribuire
M3.Altri
N.ALTRE PASSIVITA' 1.043.302 214.183
N1.Provvigioni ed oneri maturati e non liquidati 1.043.137 213.692
N2.Debiti di imposta
N3.Altre 165 491
TOTALE PASSIVITA' 1.395.211 445.714
Valore complessivo netto del fondo (comparto) 268.358.056 283.052.782
Numero delle quote in circolazione
49.588.389,731 54.329.713,597
Valore unitario delle quote
5,412 5,210
Movimenti delle quote nel semestre
Quote emesse Quote rimborsate
4.741.323,866
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Elenco strumenti finanziari
L'elenco analitico degli strumenti finanziari detenuti dal Fondo prevede quanto meno i primi 50 (in ordine decrescente di controvalore) e comunque tutti quelli che superano lo 0,5 % delle attività del Fondo.
TITOLO DIVISA QUANTITA' CONTROVALORE % SU TOTALE
ATTIVITA'
BLACKR STRAT EUR OPP EXT ST D2 EUR 75.040 25.592.392 9,487
EPSILON FD EU.BD-I-/CAP EUR 59.140 10.238.908 3,796
PIM GLB HY AC. INST CLEUR (HED) EUR 435.550 9.743.254 3,612
RAM SYS EUROP EQ-I-CAP EUR 22.300 9.616.875 3,565
BGF- EURO BOND/-A2- CAP EUR 332.140 9.429.455 3,496
COMGEST GROWTH PLC I EUR ACC EUR 252.500 7.973.950 2,956
JPMF H EU STEEP AC-A EUR-/CAP EUR 340.000 7.279.400 2,699
GS EUROPE CORE EQ -I- ACC EUR 429.500 7.254.255 2,689
JPM FL./EURO.SEL.EQ.-C-EUR CAP EUR 51.000 7.240.470 2,684
HGF PAN EUROPEAN -I- /CAP EUR 676.460 7.237.784 2,683
INV EURO BD -A- CAP EUR 973.400 7.226.522 2,679
INVESCO P EU STR EQ -A- CAP EUR 389.050 7.216.878 2,675
MFSMF EU C EQ -I1- EUR 25.851 7.205.191 2,671
EXANE 2 EQ S EU -A- CAP EUR 360 7.131.524 2,644
FID EUR BD -Y-ACC-EURO CAP EUR 450.000 7.078.500 2,624
NAT AM EU AGG -R/A- EUR/CAP EUR 45.970 7.013.183 2,600
AMUN BD EUR GO ME CAP EUR 49.350 6.792.040 2,518
NATIXIS SOUVERAINS EURO RC 4D EUR 12.755 6.723.671 2,493
UBI SICAV HIGH YIELD BOND I EUR 581.700 6.621.491 2,455
AB I EU EQ --- UNITS -I EUR 320.000 6.339.200 2,350
JPMF EU.STRAT.GRW/(ACC)EUR-CAP EUR 200.500 5.295.205 1,963
M&G EU ST-C-EURO AC EUR 268.220 4.867.737 1,805
HEND HOR P EUROP EQ -I2- /CAP EUR 152.970 4.861.387 1,802
RUSS PN EU EUR-B-AC EUR 3.408 4.840.757 1,795
MFSMF EU RES -I1- EUR 21.740 4.786.713 1,774
DWS INV EUR GOV FC /CAP EUR 23.580 4.617.200 1,712
AWF EUR GOV BD -I- CAP EUR 24.661 3.413.822 1,266
EURIZ BE LT LTE Z UNITS -Z EUR 13.370 3.412.158 1,265
MFSMF EU VAL -I1- EUR 11.575 3.179.768 1,179
KEM ITL L EUR C -I- EUR/CAP EUR 2.261 3.120.203 1,157
UBI PRAMERICA CAP GROWTH CAP EUR 500.000 2.843.500 1,054
DNCA INVEST EUR GR-I/CAP EUR 13.500 2.651.265 0,983
HEND HOR EUR CORP BOND I2 CAP EUR 15.885 2.513.960 0,932
GERMANY 0% 15-15.12.17 EUR 2.500.000 2.507.745 0,930
FIDELITY FDS EURO CORP -Y-/CAP EUR 76.855 2.482.416 0,920
UBI PRAMERICA INFL SHIELD CAP EUR 500.000 2.311.500 0,857
PIONEER FD EUR BD -HVONT. EUR 1.403 2.195.779 0,814
VONT. EU CORP M YLD BD B/CAP EUR 10.940 1.897.652 0,703
GENERALLI EURO BOND -BX- /CAP EUR 8.615 1.762.784 0,653
AMUNDI BD EUR -ME- CAP EUR 11.480 1.736.924 0,644
JPMF EU GOV BD -A-EUR/CAP EUR 113.885 1.702.695 0,631
BLACK GF /EU VAL -A2-/CAP EUR 24.300 1.654.830 0,613
EFF GR EU GL BD-I EUR-CAP EUR 14.370 1.650.257 0,612
NN L EUR CR -I- CAP EUR 633 1.277.388 0,474
THR EURP CORP OBL/EUR EUR 767.410 1.274.284 0,472
GEN I EU STBD -BX CAP EUR 6.250 835.769 0,310
NAT AM EU BO12M-I/A(EUR)-/CAP EUR 13 700.602 0,260
BLACKROCK STRAT FDS FIX INC D2 EUR 5.540 691.724 0,256
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TITOLO DIVISA QUANTITA' CONTROVALORE % SU TOTALE ATTIVITA'
DEXIA LONG SHORT CREDIT /CAP EUR 570 664.113 0,246
EPSILON EM BDTR UNITS -I-/CAP EUR 4.700 658.423 0,244
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