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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI - ROMA TRE Dipartimento di Ingegneria Corso di Laurea Magistrale in INGEGNERIA CIVILE PER LA PROTEZIONE DAI RISCHI NATURALI RELAZIONE DI FINE TIROCINIO Modellazione a elementi distinti del comportamento meccanico di una porzione dell’Acquedotto Claudio Candidato: Anna Ferrante Tutor: Prof. Gianmarco de Felice Anno Accademico: 2014 / 2015

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI - ROMA TRE

Dipartimento di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in

INGEGNERIA CIVILE PER LA PROTEZIONE DAI RISCHI NATURALI

RELAZIONE DI FINE TIROCINIO

Modellazione a elementi distinti del comportamento meccanico

di una porzione dell’Acquedotto Claudio

Candidato: Anna Ferrante

Tutor: Prof. Gianmarco de Felice

Anno Accademico: 2014 / 2015

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INDICE

INTRODUZIONE .................................................................................................................................... 3

1. COMPORTAMENTO SISMICO DELLE STRUTTURE IN MURATURA ................................................ 4

2. METODO AGLI ELEMENTI DISTINTI ............................................................................................... 4

2.1 RAPPRESENTAZIONE DELLA DEFORMAZIONE DEL BLOCCO .............................................................. 5

2.2 RAPPRESENTAZIONE DELL’ITERAZIONE TRA CONTATTO E BLOCCO ................................................. 5

2.2.1 RILEVAMENTO CONTATTO E AGGIORNAMENTO ...................................................................... 7

2.3 ANALISI STRUTTURALE ...................................................................................................................... 9

2.3.1 SOLUZIONE DEGLI ALGORITMI .................................................................................................. 9

2.3.2 COMPORTAMENTO MECCANICO DEI GIUNTI ......................................................................... 10

2.3.3 CICLO DI CALCOLO ................................................................................................................... 11

2.3.4 SMORZAMENTO ...................................................................................................................... 12

2.3.5 PASSO TEMPORALE ................................................................................................................. 13

3. SOFTWARE UDEC E APPLICAZIONE AL CASO STUDIO................................................................. 13

3.1 CASO STUDIO ................................................................................................................................... 13

3.2 INSERIMENTO DELLA GEOMETRIA .................................................................................................. 15

3.3 INSERIMENTO DELLE PROPRIETÀ DEI MATERIALI ........................................................................... 17

3.4 ANALISI QUASI STATICA SOTTO IMPULSI E AZIONI SISMICHE ......................................................... 23

3.4.1 APPLICAZIONE DEL CARICO GRAVITAZIONALE ........................................................................ 23

3.4.2 APPLICAZIONE DEGLI INCREMENTI DI CARICO ORIZZONTALE ................................................ 25

3.4.3 DETERMINAZIONE DELLO SPOSTAMENTO ULTIMO ................................................................ 27

3.4.4 RISULTATI ................................................................................................................................. 28

4 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................. 29

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INTRODUZIONE

La studentessa Anna Ferrante ha svolto l’attività di tirocinio presso il laboratorio

Computazionale di Strutture ubicato nel Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli

Studi di Roma Tre.

L’attività di tirocinio è stata svolta dal 01/04/2015 al 30/06/2015 per un totale di 150 ore

corrispondenti a 6 C.F.U.

Il tirocinio ha avuto la finalità di acquisire competenze per l’uso del codice di analisi

strutturale a elementi distinti tramite il software UDEC . Sono state, in questo modo,

ottenute le basi necessarie per poter costruire il file di input, effettuare analisi quasi

statiche sotto impulsi e azioni sismiche.

Il codice di calcolo è stato utilizzato per analizzare il comportamento meccanico di un tratto

dell’Acquedotto Claudio del Parco Regionale dell’Appia Antica di Roma.

Nella seguente relazione verranno, in primo luogo, descritte le caratteristiche più

importanti del metodo agli elementi distinti. In secondo luogo, verranno illustrati i passi

eseguiti per modellare la struttura muraria a blocchi; verrà inoltre mostrato come il

metodo sia in grado di riprodurre fenomeni, come aperture delle fessure e scorrimenti tra i

giunti, che sono i principali responsabili del verificarsi di danni strutturali e collasso.

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1. COMPORTAMENTO SISMICO DELLE STRUTTURE IN MURATURA

La maggior parte delle strutture monumentali storiche in Europa sono state realizzate in

muratura, utilizzando pietra o blocchi in laterizio. Queste strutture costituite da blocchi non

rinforzati non possono essere considerate continue ma vanno piuttosto viste come un

assemblaggio di elementi in pietra o mattoni compatti collegati mediante giunti di malta o

a secco. Anche il verificarsi di brevi eventi sismici può provocare su di essi gravi danni o

persino la loro completa distruzione. Ne sono esempi terremoti passati, che hanno colpito

la maggior parte delle antiche costruzioni greche e romane. Più recentemente, brevi

terremoti hanno causato ingenti danni e la distruzione di chiese e di altri edifici

monumentali .

La modellazione numerica del comportamento sismico di strutture murarie antiche

rappresenta un problema molto complesso in quanto si ha un comportamento fortemente

non lineare basato sulle caratteristiche fisiche del materiale e sulla geometria usata.

Qualsiasi metodo utilizzato per analizzare questo tipo di strutture deve rappresentare in

modo adeguato le discontinuità, in quanto sono proprio questi gli elementi che

differenziano il comportamento meccanico di strutture in muratura non rinforzate da

quelle continue. Si deve inoltre acquisire una metodologia che permetta di modellare la

risposta simica della struttura in tutte le sue fasi fino a quella di collasso, corrispondente a

grandi spostamenti, così da identificare i modelli di guasto e controllare le tensioni interne

e le deformazioni in funzione dell'input sismico.

A differenza delle strutture odierne, dove la vulnerabilità sismica si può dedurre attraverso

codici di analisi con metodologie esistenti e ben consolidate, la valutazione del

comportamento sismico di strutture murarie antiche manca ancora di basi scientifiche.

Strutture in muratura non possono essere quindi studiate correttamente con i metodi

convenzionali della meccanica strutturale per strutture odierne. Essendo composta da due

materiali molto diversi, le unità murature e le relative giunzioni (fatte ad esempio con

malte), la muratura presenta una struttura eterogenea ed è un sistema discontinuo. E la

sua natura a blocchi governa i meccanismi di deformazione e rottura.

2. METODO AGLI ELEMENTI DISTINTI

Metodi agli elementi distinti rientrano nel gruppo delle tecniche di analisi del discontinuo.

Le prime applicazioni sono state fatte nell’ambito geotecnico per modellare giunti e

fratture di massi rocciosi; solo in seguito sono stati sviluppati metodi di analisi per strutture

composte da particelle o da blocchi. I giunti sono visti come interfacce tra corpi distinti.

Questi metodi sono uno strumento di analisi per lo studio delle strutture in muratura, da

usare in parallelo con le tecniche agli elementi finiti usati più comunemente. I metodi agli

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elementi distinti sono particolarmente utilizzati in quanto consentono di studiare grandi

spostamenti, scorrimenti, rotazioni tra i blocchi, creazioni di crepe, distacco dei blocchi

nonché il rilevamento automatico di nuovi contatti con l'avanzamento dei calcoli.

La formulazione descritta nelle seguenti sezioni segue sostanzialmente l’implementazione usata nel programma UDEC-Universal Distinct Codice Element by Itasca (Itasca 1996 Sincraian e Lemos 1998).

2.1 RAPPRESENTAZIONE DELLA DEFORMAZIONE DEL BLOCCO

Il materiale che compone ogni singolo blocco può essere ipotizzato rigido o deformabile. È

buona norma modellare il blocco come rigido quando le discontinuità rappresentano la

maggior parte delle deformazioni in un sistema fisico.

Se, invece, la deformazione del materiale non può essere trascurata, possono essere

utilizzati blocchi deformabili. Per introdurre la deformabilità il corpo viene diviso in

elementi interni al fine di aumentare il numero di gradi di libertà. La complessità della

deformazione dipende dal numero di elementi in cui il corpo è suddiviso. In UDEC vengono

creati elementi triangolari con una formulazione simile a quella fatta con il metodo agli

elementi finiti . Lo svantaggio di questa tecnica è che, più è complicata la forma

dell’oggetto da modellare, maggiore è il numero di elementi triangolari in cui il blocco

deve essere discretizzato.

2.2 RAPPRESENTAZIONE DELL’ITERAZIONE TRA CONTATTO E BLOCCO

I metodi numerici sono divisi in due gruppi a seconda del modo in cui viene trattato il

comportamento dei contatti nella direzione normale al moto.

Nel primo gruppo viene usato un modello molto semplice di interazione meccanica tra i

blocchi: viene assunto che i blocchi sono collegati da molle elastiche normali e di taglio,

cioè le forze di interazione sono proporzionali allo spostamento relativo tra i due blocchi.

Inoltre è presente una piccola sovrapposizione nel caso di forze di compressione.

Nel secondo gruppo viene usato un approccio a contatto rigido. La compenetrazione tra i

corpi che formano un contatto è considerata non fisica, infatti gli algoritmi sono scritti in

modo tale da prevenire qualsiasi compenetrazione.

L’interfaccia tra i blocchi è rappresentata attraverso gruppi di contatti puntuali. Blocchi

adiacenti possono toccarsi lungo un segmento di bordo comune o in punti isolati in cui un

angolo incontra un bordo o un altro angolo. L’ipotesi di punto di contatto porta a facilitare

la riproduzione di grandi spostamenti tra i blocchi del sistema e quindi si riesce ad ottenere

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una grande efficienza computazionale. I contatti tra due bordi del blocco possono essere

rappresentati da due contatti angolo- bordo. Ad ogni punto di contatto viene assegnato un

certo “territori” (cioè una lunghezza), mentre le leggi costitutive dei materiali sono

formulate in termini di sollecitazioni e spostamenti relativi in tutta l'interfaccia. La somma

di tutte le lunghezze di contatto (aree) determinano la lunghezza totale della superficie di

contatto.

I blocchi possono venire discretizzati attraverso una maglia fine interna (blocchi

deformabili), o attraverso una griglia-punti (o nodi), è possibile collocare tali elementi

proprio lungo i bordi originali della struttura. In questo caso le sovrapposizioni presenti

nell'approccio contatto-molla rappresentano solo un modo matematicamente conveniente

di misurare spostamenti normali relativi. Con la sovrapposizione si indicano le sollecitazioni

di compressione e con il distacco quelle di tensione. Se si incrementa la rigidezza normale

dei giunto le sovrapposizioni possono essere ottenute piccole a piacimento. In alcuni casi le

sovrapposizioni hanno un significato fisico, ad esempio in caso di superfici irregolari esse

rappresentano una deformazione locale che potrebbe essere determinata attraverso prove

sperimentali. In Udec può essere inserito un comando in cui si impone una tolleranza

massima accettabile di compenetrazione tra i blocchi (set ovtol) che viene assunta pari all’

0.1% dell’altezza della struttura studiata.

L’approccio basato sulla modellazione angolo-bordo dei contatti è utilizzabile anche per

geometrie complesse. Tuttavia, possono sorgere problemi particolari, ad esempio quando il

punto di contatto si avvicina a una delle estremità del bordo diventa ambiguo determinare

quale bordo è a contatto con l’angolo. Il contatti in direzione normale possono subire

improvvisi salti come ad esempio elementi che ruotano rispetto ad un altro. Questi

problemi sono stati superati nel codice DEM ipotizzando che gli angoli dei blocchi sono

arrotondati. Quindi ogni angolo viene approssimato con un arco di cerchio tangente ai due

bordi adiacenti del blocco considerato. Viene scelta una lunghezza di arrotondamento,

uguale per tutti i blocchi, che viene specificata dall’utente (l’arco di cerchio varia secondo

l’angolo di punta). La lunghezza di arrotondamento, se tenuta piccola, non ha alcuna

influenza sui risultati dell'analisi.

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Figura 1:

Figura2:

2.2.1 RILEVAMENTO CONTATTO E AGGIORNAMENTO

Il processo di rilevamento dei contatti è il principale costo computa

simulazione DEM che aumenta con il numero e con la complessità della geometria dei

blocchi simulati. I codici DEM devono includere routi

senza l’intervento dell’utente, i corpi a contatto e tenere traccia dei cambiamenti della

struttura dei contatti durante l'analisi.

La geometria della struttura

blocco che rappresenta il perimetro della struttura studiata, nella seconda fase vengono

introdotti tagli per definire i

grado di identificare la configurazione iniziale dei contatti e

che lo definiscono. Durante l'analisi, alcuni contatti possono scomparire,

blocchi si separano e quindi possono crearsi

unirsi insieme. Inoltre i tipi di contatti tra i

avvenire delle rotazioni tra i blocchi.

Figura 1: contatti tra due blocchi rigidi

definizione dell’arrotondamento degli angoli

RILEVAMENTO CONTATTO E AGGIORNAMENTO

Il processo di rilevamento dei contatti è il principale costo computa

aumenta con il numero e con la complessità della geometria dei

DEM devono includere routine che sono in grado di individuare,

senza l’intervento dell’utente, i corpi a contatto e tenere traccia dei cambiamenti della

struttura dei contatti durante l'analisi.

La geometria della struttura viene generata in due fasi: nella prima viene creato un u

blocco che rappresenta il perimetro della struttura studiata, nella seconda fase vengono

per definire i giunti. Le routine di contatto-aggiornamento

care la configurazione iniziale dei contatti e trovare i parametri geometrici

Durante l'analisi, alcuni contatti possono scomparire,

blocchi si separano e quindi possono crearsi nuovi contatti mentre altri blocchi possono

Inoltre i tipi di contatti tra i corpi possono evolvere, per esempio

delle rotazioni tra i blocchi.

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arrotondamento degli angoli

Il processo di rilevamento dei contatti è il principale costo computazionale della

aumenta con il numero e con la complessità della geometria dei

ne che sono in grado di individuare,

senza l’intervento dell’utente, i corpi a contatto e tenere traccia dei cambiamenti della

nella prima viene creato un unico

blocco che rappresenta il perimetro della struttura studiata, nella seconda fase vengono

aggiornamento devono essere in

are i parametri geometrici

Durante l'analisi, alcuni contatti possono scomparire, in quanto alcuni

mentre altri blocchi possono

evolvere, per esempio possono

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In teoria, la rilevazione dei contatti richiede semplici calcoli geometrici ma il problema

principale è dovuto ai tempi di calcolo. Per trovare quali corpi sono in contatto, non è

possibile controllare ogni coppia perché il tempo di calcolo è proporzionale al numero di

blocchi al quadrato. Quindi i codici DEM sono essenzialmente progettati per ridurre il

numero di blocchi, o parti di blocco, che devono essere controllati, senza però il rischio di

perdere nuove interazioni. Vanno quindi adottati schemi speciali al fine di ridurre lo sforzo

computazionale.

Se il rilevamento di contatto è sostanzialmente realizzato mediante due test: una prima

prova che elimina rapidamente i blocchi che non hanno alcuna possibilità di venire a

contatto, e una seconda che controlla rigorosamente i blocchi che hanno superato il primo

test. Solitamente è definito un parametro che indica il movimento del blocco. Il test di

individuazione del contatto avviene periodicamente, quando questo parametro raggiunge

un certo valore (ad esempio quando i blocchi si spostano di una certa distanza). Le forze di

interazione iniziano ad agire appena i blocchi si toccano. Invece quando i blocchi si

allontanano, i contatti vengono eliminati solo quando l'indicatore di distanza supera una

data tolleranza. Il rilevamento del contatto e l'aggiornamento devono fornire, nel minor

tempo possibile, il tipo di contatto cioè se i blocchi si toccano, se non si toccano e l'unità

normale vettoriale . L'unità normale vettoriale è un parametro meccanico, consente sia il

calcolo delle componenti normali e tangenziali dello spostamento sia il calcolo delle

interazioni tra forze. Queste quantità sono essenziali per le leggi costitutive utilizzate per

modellare il comportamento dei contatti. Le forze di contatto vengono aggiornate a ogni

passo computazionale. Durante il contatto deve essere assicurato il cambio di continuità

tra le forze, vale a dire che se cambia il tipo di contatto questo cambiamento non deve

influenzare il comportamento fisico del sistema. Nella figura 3 viene presentato il caso di

due blocchi che scorrono l'uno sull'altro. Facendo scorrere i blocco superiore su quello

inferiore a un certo punto accade che il vertice A scompare quando il vertice B viene a

contatto con il blocco superiore (questo è il classico esempio di variazione di contatto

angolo-angolo). L'algoritmo di rilevamento del contatto e aggiornamento deve identificare

questo evento come un cambiamento di un solo contatto in modo che le forze normali e

tangenziali vengono trasferite correttamente.

Figura 3: cambiamento del tipo di contatto

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2.3 ANALISI STRUTTURALE

2.3.1 SOLUZIONE DEGLI ALGORITMI

Nel metodo agli elementi distinti l'analisi strutturale, sia statica che dinamica, è basata su

algoritmi espliciti. Viene utilizzato un algoritmo timestepping nel quale è limitata la

dimensione del passo temporale, ipotizzando che le velocità e le accelerazioni sono

costanti in ogni gradino temporale. Il metodo agli elementi distinti si basa sull'idea che il

passo di tempo scelto può essere così piccolo che il disturbo, durante un singolo step di

tempo, può propagarsi solo attraverso i blocchi immediatamente vicini. Quindi le forze

risultanti su qualsiasi blocco sono determinate esclusivamente dall’interazione con i blocchi

con cui esso è a contatto. Questa è la caratteristica fondamentale del metodo che consente

di eseguire l'interazione non lineare di un gran numero di blocchi senza la necessità di

requisiti di memoria e senza l’utilizzo di un processo iterativo.

Per l'analisi dinamica di modelli discontinui è comunemente usato il metodo alle differenze

centrali. Esso è utile, nei modelli a blocchi rigidi, per integrare le equazioni del moto di

ciascun blocco.

Nei modelli 2D, il moto di un blocco rigido è descritto da tre gradi di libertà (due traslazioni e una rotazione). In algoritmi espliciti, le due equazioni del moto di traslazione di un blocco possono essere scritte nella seguente forma:

mu + αmu + f u = f (i = 1,2)

Dove:

m = massa del blocco;

α = parametro di smorzamento viscoso;

= è il vettore contributo delle forze di contatto al blocco (calcolata dagli spostamenti

relativi tra i blocchi);

= forza vettoriale applicata dai carichi esterni.

L'equazione del moto di rotazione del blocco viene trattato similmente, con l'inerzia polare al posto della massa del blocco, e i momenti in sostituzione alle forze.

Questo metodo di integrazione esplicito ha lo svantaggio di essere solo condizionatamente stabile, ovvero la sua stabilità è funzione del passo di integrazione, quindi è richiesto un passo temporale molto piccolo. Questo può comportare notevoli calcoli e quindi un grande costo temporale. Inoltre l'efficacia della procedura dipende dall'uso di una matrice di massa diagonale. Lo stesso algoritmo timestepping può essere usato per eseguire l’analisi statica, introducendo smorzamento viscoso per dissipare l'energia cinetica, e quindi rendere il sistema convergente ad una soluzione statica.

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2.3.2 COMPORTAMENTO MECCANICO DEI GIUNTI

Le relazioni costitutive dei giunti devono fornire un nuovo sforzo normale (σn) e di taglio

(τs) in funzione degli incrementi di spostamento dei giunti, delle vecchie sollecitazioni ed

eventualmente di altri parametri di stato.

Nella direzione normale, il rapporto sforzo-spostamento viene supposto lineare, con una costante di rigidezza kn:

∆σ = − ∗

c’è anche una limitazione di resistenza tensionale, σt max, per i giunti (di solito viene assunto paria zero):

< − = 0

Nella direzione di taglio, la risposta è controllata da una rigidezza di taglio costante e lo sforzo di taglio è limitato da una combinazione di forza coesiva e d’attrito (tramite la relazione di Coulomb). Quindi, se τmax è definita dal criterio di Coulomb:

|τ | ≤ + = τ

Allora il rapporto sforzo-spostamento è all’interno del dominio elastico:

∆τ = − ∗

Dove:

Δσn e Δσs sono gli incrementi effettivi dello sforzo normale e tangenziale dei giunti;

kn

e ks sono rispettivamente le rigidezze normali e tangenziali dei giunti ;

Δun è lo spostamento, relativo tra i giunti, incrementato nella direzione n;

Δuse è la componente elastica dello spostamento, relativo tra i giunti, incrementato nella

direzione s;

c è la coesione;

φ è l’angolo di attrito.

In Udec oltre al modello di Coulomb è possibile scegliere altri modelli di interfaccia.

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2.3.3 CICLO DI CALCOLO

I calcoli effettuati col metodo agli elementi distinti si basano sull'applicazione della seconda

legge di Newton a tutti i blocchi (F=m*a), e sull'applicazione di una legge forza-

spostamento tra tutti i contatti. La legge forza-spostamento viene utilizzata per trovare le

forze di contatto partendo da spostamenti noti. Mentre la seconda legge di Newton

fornisce il moto dei blocchi, a partire dalle forze note che agiscono su di essi. Se i blocchi

sono deformabili, il moto viene calcolato rispetto a una griglia di punti all'interno del

blocco, utilizzando degli elementi finiti triangolari. Quindi, applicando rispettivamente ai

blocchi e ai giunti i materiali e le relazioni costitutive, vengono calcolate le nuove

sollecitazioni all'interno degli elementi del modello. Nella figura 4 viene mostrato lo

schema del ciclo di calcolo per il metodo agli elementi distinti.

Figura 4: ciclo di calcolo per il metodo degli elementi distinti

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In sintesi l'algoritmo si basa su due serie di calcoli eseguiti per ogni passo temporale. In

primo luogo vengono aggiornate le quantità cinematiche, poi l'applicazione di modelli

costitutivi fornisce nuove tensioni interne e nuove forze d’interazione.

La procedura (per blocchi deformabili) si può riassumere nei seguenti passi (ltasca, 1996):

• l’applicazione delle relazioni costitutive fornisce le nuove deformazioni e tensioni;

gli incrementi di deformazione sono calcolati come: ∆ = ( + )∆

• dall’equazioni del moto si ottengono nuove velocità per ogni punto della griglia:

+ = +

Dove:

ui = componenti di velocità punto-griglia (con i=1,2..);

α = costante di smorzamento viscoso;

m = massa punto-griglia;

Fi = forze punto-griglia;

gi = componenti di accelerazione di gravità.

Le forze applicate sui punti della griglia sono dei carichi esterni mentre le forze di contatto

e le forze nodali derivanti dagli elementi sollecitati.

• vengono aggiornate le posizioni del confine dei blocchi e vengono calcolati gli

incrementi di spostamento;

gli incrementi di spostamento sono calcolati come: ∆ = ∆

• le forze di contatto, le sollecitazioni di zona e i carichi esterni sono assemblati nel nuovo

vettore forza Fi per il successivo timestep.

2.3.4 SMORZAMENTO

Lo smorzamento meccanico viene utilizzato per risolvere sia soluzioni statiche (non lineari)

sia soluzioni dinamiche.

Per l'analisi statica vengono impiegate ugualmente le equazioni del moto ma esse vengono

smorzate così da raggiungere, appena possibile, una configurazione di equilibrio. La forza di

smorzamento viene scelta proporzionale alla velocità dei blocchi. Al fine di superare alcune

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difficoltà causate da questo smorzamento, Udec fornice un suo sistema di smorzamento

adattivo in modo da raggiungere una convergenza più rapida.

2.3.5 PASSO TEMPORALE

Nel programma UDEC viene determinato un passo temporale che soddisfa il criterio di

stabilità sia per la rigidezza del blocco sia per quella tra i blocchi . il passo temporale

necessario è determinato dall'espressione seguente:

∆t ≤ 2ω→ ∆t = 2min mk

Dove:

mi = massa del blocco associata al nodo i;

ki = rigidezza degli elementi che circondano il nodo (compresa la rigidezza del giunto).

La formula sopra menzionata assicura la stabilità e la convergenza della procedura

timestepping esplicita, purché ki rappresenti un limite superiore della rigidezza nodale.

Poiché i contatti possono essere creati e cancellati durante l'analisi, il calcolo del loro

effettivo contributo alla rigidezza nodale richiederebbe frequenti aggiornamenti di 8

Equazione . Per evitare questo, viene introdotto un limite superiore; esso è basato sulla

massima rigidezza di contatto che può essere applicata al nodo, data la lunghezza dei bordi

adiacenti e le proprietà di contatto.

3. SOFTWARE UDEC E APPLICAZIONE AL CASO STUDIO

3.1 CASO STUDIO

L’Acquedotto Claudio è il più imponente e uno dei meglio conservati acquedotti che

troviamo nella città di Roma.

Fu costruito da Caligola nel 38 d.C. e fu concluso da Claudio nel 52 d.C., entrambi

appartenenti alla gens Claudia, da cui deriva il nome dell’acquedotto. Questo grandioso

manufatto era lungo circa 69 km di cui 15 a cielo aperto (9 km su arcate). Dalla valle

dell’Aniene, attraverso un percorso con condotte sotterranee, giungeva nella zona

Capannelle e da li si sovrapponeva con l’Acquedotto Anio Novus (da qui il doppio speco

che si può ancora osservare nella struttura) innalzandosi su mura e su archi in opera

quadrata di peperino e tufo rosso fino ad entrare in città presso Porta Maggiore. Nel corso

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dell’impero l’acquedotto fu più volte restaurato e in

muri di laterizio, sui quali rimangono spesso le orme in negativa dei blocchi asportati nel

medioevo.

Figura 5: tratto dell’ Acquedotto Claudio nel Parco Regionale dell’Appia Antica.

Nei prossimi paragrafi verrà illustrata la procedura utilizzata per modellare un

dell’Acquedotto Claudio ubicato nel Parco Regionale dell’ Appia Antica

arcate e mezzo e tre piloni per un totale di circa 24

Queste arcate sono l’ultima parte

studiato, un’interruzione. Dopo una lunga analisi visiva e dopo aver ottenuto

informazioni sullo stato dell’opera dalla

del restauro del manufatto, si è

vedere dalla figura seguente, l’ultimo pilone presenta delle importanti fessure (linee in

rosso) che potrebbero causare il distacco e il

dell’impero l’acquedotto fu più volte restaurato e in alcuni tratti gli archi furono chiusi con

, sui quali rimangono spesso le orme in negativa dei blocchi asportati nel

: tratto dell’ Acquedotto Claudio nel Parco Regionale dell’Appia Antica.

Vista frontale e laterale

Nei prossimi paragrafi verrà illustrata la procedura utilizzata per modellare un

ubicato nel Parco Regionale dell’ Appia Antica

e tre piloni per un totale di circa 24 m di lunghezza e di 15

arcate sono l’ultima parte di un una lunga serie di archi che t

Dopo una lunga analisi visiva e dopo aver ottenuto

informazioni sullo stato dell’opera dalla Soprintendenza dei Beni archeologici,

del manufatto, si è scelto di studiare questo tratto in quanto

vedere dalla figura seguente, l’ultimo pilone presenta delle importanti fessure (linee in

rosso) che potrebbero causare il distacco e il collasso della porzione muraria.

Figura 6: caso studio

14

alcuni tratti gli archi furono chiusi con

, sui quali rimangono spesso le orme in negativa dei blocchi asportati nel

: tratto dell’ Acquedotto Claudio nel Parco Regionale dell’Appia Antica.

Nei prossimi paragrafi verrà illustrata la procedura utilizzata per modellare un tratto

ubicato nel Parco Regionale dell’ Appia Antica relativo a due

15 m di altezza.

di un una lunga serie di archi che trovano, nel punto

Dopo una lunga analisi visiva e dopo aver ottenuto maggiori

ni archeologici, che si occupa

in quanto, come si può

vedere dalla figura seguente, l’ultimo pilone presenta delle importanti fessure (linee in

muraria.

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Per tutte le caratteristiche già trattate nei capitoli precedenti è stato ritenuto idoneo

studiare il comportamento meccanico di questa struttura con il Metodo agli Elementi

Distinti, modellandola con il software UDEC, poichè si tratta di una struttura a blocchi in

peperino.

3.2 INSERIMENTO DELLA GEOMETRIA

In generale il blocco iniziale può essere definito come una scatola rettangolare semplice

(un dominio circolare di punti) con un'immagine di riferimento (* .dxf, * .png, * .jpg, * .gif),

oppure come una tabella di coordinate attraverso l’importazione di un ASCII formato file di

dati di blocchi Udec (* .dat). I blocchi possono essere successivamente modificati per

spostare, inserire o eliminare i punti in modo interattivo o tramite una tabella di coordinate

di punti.

Nel caso di studio sono stati seguiti i seguenti passi:

• per riprodurre in modo corretto la geometria della struttura, è stata usata come base di ricalco un’immagine fotografica ad alta definizione scalata e raddrizzata:

Figura 7: ortofoto

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• l’immagine è stata importata in Autocad in modo da poter disegnare i blocchi, i giunti e

le lesioni :

Figura 8: ricalco blocchi in Autocad

• è stato generato in Autocad il file con estensione. dxf;

• a partire dal file .dxf , tramite il programma “Incadud5.exe”, è stato generato un file .dat

in cui si trovano elencate le coordinate del punto iniziale e di quello finale (Xi Yi Xf Yf)

relative a ogni giunto presente nel disegno;

• il file .dat viene letto da Udec per riprodurre la geometria del modello:

Figura 9: geometria della facciata realizzata in UDEC

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3.3 INSERIMENTO DELLE PROPRIETÀ DEI MATERIALI

La struttura è composta quasi interamente da grossi blocchi rettangolari in peperino

sovrapposti gli uni sugli altri senza nessun materiale di collegamento (sono a secco) figura

10. Solo una piccola porzione, costituente il secondo speco dell’acquedotto, è invece

costituita da conci sbozzati, con paramento di limitato spessore e nucleo interno (figura

11). Ai fini dell’analisi effettuata la porzione muraria in blocchi di peperino è stata

riprodotta in maniera accurata mentre è stato ritenuto poco significativo rappresentare

tutti i singoli massi che compongono la muratura del secondo speco. Quest’ultima

comunque, per tenere conto nel modello del peso delle pietre, è stata rappresentata con

blocchi rettangolari di dimensioni simili a quelli usati per rappresentare i blocchi in

peperino, ma tenendo conto delle opportune proprietà del materiale.

Figura 10: Muratura in blocchi di peperino a secco

Figura 11: Muratura a conci sbozzati, con paramento di limitato spessore e nucleo

interno

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Una volta ricostruita la tessitura muraria, la fase successiva per poter ottenere il modello

completo in Udec consiste nell’attribuzione delle proprietà dei materiali e assumere un

legame costitutivo alla Mohr-Coulomb per i giunti. Nello specifico ai blocchi murari è stata

assegnata la densità di massa (ρ) , mentre per i giunti è stato necessario definire le

rigidezze normali (Kn) e tangenziali (Ks), l’angolo di attrito (φ), la resistenza a trazione e la

coesione del materiale.

Nel caso studiato la densità di massa, il modulo di elasticità normale (E) e l’angolo d’attrito

per la porzione muraria composta da blocchi in tufo sono stati determinati attraverso

prove in laboratorio (fatte su provini provenienti da archi limitrofi già precedentemente

restaurati), mentre per la muratura che costituisce il secondo speco sono stati assunti i

valori presenti nella tabella C8A.2.1 della circolare del 02 febbraio 2009 del Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti. La resistenza a trazione così come la coesione, trattandosi di

una muratura storia, è stata posta pari a zero.

Le rigidezze normali e tangenziali sono state determinate attraverso semplici

considerazioni di carattere teorico, ricordando che Udec schematizza i contatti tra i blocchi

attraverso delle molle (due in direzione trasversale e due in direzione normale per ogni

blocco):

= 2ℎ =

dove:

G è il modulo di elasticità tangenziale e viene determinato attraverso la relazione = ( Ʋ) ; Ʋ è il coefficiente di Poisson ed è stato scelto pari a 0.2 ;

l è la distanza tra le molle (figura12) ;

h è la somma di metà altezza di ogni blocco (figura 12).

Figura 12: schematizzazione molle

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Infine, per tener conto della tridimensionalità della struttura, essendo il modello in 2D, la

densità di massa e le rigidezze sono state moltiplicate per lo spessore (t) del paramento

nella direzione ortogonale al piano della facciata.

La facciata è stata dunque scomposta in tredici porzioni murarie in corrispondenza alle

variazioni della geometria della struttura (t, h e l) e alle variazioni delle caratteristiche dei

materiali (ρ e E) dovute alla presenza di due diverse tipologie murarie, come si può

osservare nella figura 13:

Figura 13: suddivisione in porzioni murarie della facciata

Per ogni porzione muraria sono stati presi dei valori medi delle grandezze h e l.

I parametri, appena descritti, relativi a ogni porzione muraria sono riportati nella seguente

tabella :

Tipologia di muratura Porzioni

murariet [m] ρ [kg/m^3] ρ*t [kg/m^2] lmed [m] hmed [m] E [N/mm^2] Kn [Pa] Kn*t [Pa *m] Ks [Pa] Ks*t [Pa *m] φ [°]

Muratura in blocchi di

peperino a secco1-2-3-4 3.05 1920 5856.00 0.62 0.60 2800 1.45E+09 4.41E+09 6.08E+08 1.85E+09 30

Muratura in blocchi di

peperino a secco5 3.05 1920 5856.00 0.45 0.60 2800 1.05E+09 3.20E+09 4.41E+08 1.35E+09 30

Muratura in blocchi di

peperino a secco6-7 2.83 1920 5433.60 0.71 0.62 2800 1.60E+09 4.54E+09 6.73E+08 1.91E+09 30

Muratura in blocchi di

peperino a secco8 2.83 1920 5433.60 0.43 0.58 2800 1.04E+09 2.94E+09 4.36E+08 1.23E+09 30

Muratura in blocchi di

peperino a secco9 2.50 1920 4800.00 0.66 0.60 2800 1.54E+09 3.85E+09 6.47E+08 1.62E+09 30

Muratura in blocchi di

peperino a secco10 1.41 1920 2707.20 0.65 0.58 2800 1.57E+09 2.21E+09 6.59E+08 9.29E+08 30

Muratura in blocchi di

peperino a secco11 2.70 1920 5184.00 0.50 0.50 2800 1.40E+09 3.78E+09 5.88E+08 1.59E+09 30

Muratura a conci sbozzati,

con paramento di limitato

spessore e nucleo interno

12 2.06 2000 4120.00 0.50 0.50 1020 5.10E+08 1.05E+09 2.14E+08 4.41E+08 30

Muratura a conci sbozzati,

con paramento di limitato

spessore e nucleo interno

13 0.93 2000 1860.00 0.50 0.50 1020 5.10E+08 4.74E+08 2.14E+08 1.99E+08 30

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Attraverso opportuni comandi, scritti in un file di testo .dat, è stato possibile assegnare al

modello le proprietà dei blocchi e dei giunti.

Tali comandi verranno illustrati brevemente di seguito:

• set ovtol - definisce il livello di tolleranza di compenetrazione tra i blocchi;

DEFINIZIONE DELLE DENSITA' DEI BLOCCHI RIGIDI

• table n – inserimento delle coordinate n del perimetro della zona d’interesse; con

questo comando vengono individuati tutti i blocchi e i giunti rientranti nel perimetro n

inserito;

• change mat n range inside table n - il materiale n viene assegnato al gruppo di blocchi

individuati da table n;

• property mat n density_ - assegna al materiale n la densità di massa (ρ) moltiplicata per

lo spessore (t).

DEFINIZIONE DELLE PROPRIETA' DEI GIUNTI

• change jcons 2 jmat n range inside table n - il j-materiale n viene assegnato al gruppo di

blocchi individuati da table n

• jcons 2 – richiama l’utilizzo del modello alla Mohr-Coulomb per rappresentare

l’interfaccia;

• property jmat 2 jkn_ jks _ jfriction_ jtension_ jcohesion_ - assegna al j-materiale n le

proprietà relative al modello di Mohr-Coulomb ;

• jkn – rigidezza normale;

• jks – rigidezza tangenziale;

• jfriction – angolo d’attrito;

• jtension – resistenza a trazione;

• jcohesion – coesione.

Esiste inoltre un altro modo per assegnare le proprietà dei giunti attraverso il comando

joint model area ma il procedimento è pressoché lo stesso.

DEFINIZIONE DELLE CONDIZIONI DI VINCOLO

• fix range xmin ymin xmax ymax – assegna al brocco di fondazione la condizione di vincolo; in

particolare con fix si vuole simulare un incastro.

Nei tratti dove c’è un cambiamento di spessore (t) della sezione ortogonale alla facciata

studiata, le caratteristiche dei giunti vengono assegnate seguendo due criteri: nel coso in

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cui c’è un interazione tra due blocchi distinti si assegna al giunto lo spessore minore tra

quello dei due blocchi a contatto; nel secondo caso, quando la variazione avviene

all’interno di uno stesso blocco, si vuole simulare che il blocco sia unico, si parla di “giunti

incollati” , in questa situazione si assegnano valori molto elevati alle caratteristiche

meccaniche dei giunti.

Nelle figure 14, 15 e 16 si può osservare come vengono visualizzati in Udec le proprietà

appena descritte:

Figura 14: assegnazione proprietà ai blocchi in UDEC

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Figura 15: assegnazione proprietà ai giunti in UDEC

Figura 16: assegnazione vincolo al blocco di fondazione in UDEC

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3.4 ANALISI QUASI STATICA SOTTO IMPULSI E AZIONI SISMICHE

Il meccanismo di collasso di strutture murarie per casi semplici è facilmente individuabile a

priori, ma in situazioni più articolate sono più apprezzate le potenzialità del modello a

elementi distinti, in quanto è possibile riprodurre in modo dettagliato tutte le componenti

della struttura analizzata; applicando poi un’accelerazione orizzontale o carichi verticali, via

via crescenti, è possibile portare al collasso la parete schematizzata così come sarebbe

realmente avvenuto nella realtà.

Per quanto riguarda il caso oggetto di studio, è stato ritenuto opportuno osservare come le

lesioni presenti nell’ultimo pilone della struttura influenzano la stabilità dell’intero tratto

dell’Acquedotto in quanto il collasso locale dell’ultimo pilone potrebbe innescare una sorta

di “reazione a catena”, provocando il successivo crollo delle parti adiacenti.

Attraverso il software UDEC, implementando la procedura che verrà illustrata di seguito, è

possibile costruire la curva di accelerazione–spostamento, ottenuta mediante incrementi

crescenti di accelerazione orizzontale, monitorando lo spostamento di un certo punto di

controllo posto alla sommità della facciata ed il valore dello spostamento ultimo, secondo

l’approccio dell’analisi statica non lineare (pushover).

3.4.1 APPLICAZIONE DEL CARICO GRAVITAZIONALE

Per riprodurre le caratteristiche reali della struttura allo stato attuale, assegnata la

geometria e le caratteristiche dei materiali, non resta che attribuire a ogni blocco

l’accelerazione di gravità, pari a 9.81 m/s2. Inoltre vengono inserite le coordinate di un

punto posizionato a una certa quota d’altezza della struttura, esso verrà utilizzato come

punto di controllo per monitorare nel corso dell’analisi lo spostamento e accelerazione

della struttura.

È possibile assegnare l’accelerazione di gravità in uno o più step, si è notato che i risultati

sono pressoché gli stessi mentre i tempi computazionali crescono sensibilmente

all’aumentare del numero degli step utilizzati; per tale motivo si è deciso di assegnarlo in

un unico step. Nella figura 17 si può osservare l’abbassamento verticale del punto di

controllo in funzione del tempo di applicazione del carico gravitazionale.

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Figura 17: spostamento verticale del punto di controllo

Per eseguire l’analisi è necessario scegliere una delle

programma mette a disposizione,

(auto), in modo da ottenere la convergenza il più velocemente possibile. Il

stiamo analizzando è dinamico ma es

quanto gli effetti dinamici si smorzano velocemente e quindi non vengono considerati,

possibile fare tale assunzione solo se si utilizza un parametr

Secondo il manuale del programma lo smorzamento di default per tali analisi è quello

e risulta anche il più adatto a minimizzare le oscillazioni che possono nascere per un brusco

collasso del modello. Inoltre, sempre secon

quando la velocità passa periodicamente per lo zero e quindi non ha una direzio

prevalente, rispetto a quella

Figura 17: spostamento verticale del punto di controllo con l’applicazione

dell’accelerazione di gravità

Per eseguire l’analisi è necessario scegliere una delle due tipologie di smorzamento che il

programma mette a disposizione, default local damping (local) o adaptive global damping

in modo da ottenere la convergenza il più velocemente possibile. Il

stiamo analizzando è dinamico ma esso viene risolto attraverso un’ analisi quasi statica, in

quanto gli effetti dinamici si smorzano velocemente e quindi non vengono considerati,

assunzione solo se si utilizza un parametro di damping molto elevato.

econdo il manuale del programma lo smorzamento di default per tali analisi è quello

e risulta anche il più adatto a minimizzare le oscillazioni che possono nascere per un brusco

collasso del modello. Inoltre, sempre secondo il manuale, esso risulta più efficiente

quando la velocità passa periodicamente per lo zero e quindi non ha una direzio

prevalente, rispetto a quella auto, che invece applica un fattore di smorzamento costante.

Figura 18: smorzamento

24

l’applicazione

tipologie di smorzamento che il

adaptive global damping

in modo da ottenere la convergenza il più velocemente possibile. Il problema che

so viene risolto attraverso un’ analisi quasi statica, in

quanto gli effetti dinamici si smorzano velocemente e quindi non vengono considerati, è

o di damping molto elevato.

econdo il manuale del programma lo smorzamento di default per tali analisi è quello local

e risulta anche il più adatto a minimizzare le oscillazioni che possono nascere per un brusco

esso risulta più efficiente

quando la velocità passa periodicamente per lo zero e quindi non ha una direzione

che invece applica un fattore di smorzamento costante.

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Un comando molto utile è il solve, esso viene usato per portare avanti l’analisi finché un

parametro raggiunge un certo valore di default o un valore reimpostato. Si da al

programma questo comando ogni volta che si incrementa l’accellerazione. Il programma

mette a disposizione tre tipologie del comando: solve average il cui parametro di controllo

è dato dalla media delle forze non bilanciate, diviso la media di quelle applicate su tutti i

blocchi del modello; solve local il cui parametro di controllo è dato dal valore massimo di

forza non bilanciata, diviso la forza applicata su tutti i blocchi; solve maximum il cui

parametro di controllo è la massima forza non bilanciata, diviso la media di quelle applicate

su tutti i blocchi. Per l’applicazione dell’accelerazione di gravità si è visto che tutti e tre i tipi

di solve danno valori pressoché simili perciò si utilizzato il solve average, che è quello di

default. In questo caso , siccome non ci sono problemi di convergenza, usare il solve facilita

notevolmente il lavoro dell’utente che non deve ipotizzare un certo numero di cicli

necessari per arrivare a convergenza. In questo modo si dovrebbe evitare maggiormente la

possibilità di commettere errori e si rende la procedura quasi automatica e quindi più

affidabile.

3.4.2 APPLICAZIONE DEGLI INCREMENTI DI CARICO ORIZZONTALE

In primo luogo viene creato un file contenente la routine “blocchi” in cui viene calcolata la

massa partecipante e la frazione di massa partecipante come da normativa.

In secondo luogo, attraverso una procedura automatica, si fa applicare al programma

l’accelerazione orizzontale, partendo gradualmente da un valore iniziale a0 pari a 0 m/s2,

incrementandola di una certa variabile dac inizialmente apri a 0.05 m/s2 e monitorando

spostamento e velocità di un certo punto di controllo impostato. Per ogni step di carico

viene definito un nuovo valore di accelerazione paria a1 = a0 + dac. Così facendo si descrive

la prima parte della curva di velocità – spostamento che parte da zero e arriva al valore

massimo di accelerazione orizzontale, pari all’accelerazione per la quale si innesca il

meccanismo di ribaltamento della struttura.

In particolare viene definita un’altra variabile max_cyc, definita dall’utente, utilizzata per

assegnare il massimo numero di cicli del solve (in questo caso è stato imposto pari a

200000).

La procedura prevede due controlli sulla convergenza:

• nel primo si confronta la velocità media del meccanismo con un valore di tolleranza in

velocità Toll_v impostata dall’utente che, come primo tentativo, risulta essere pari a 2E-06

ma che può essere leggermente variato a seconda dei risultati dell’analisi. Se il valore della

velocità media risulta essere molto basso, inferiore alla tolleranza imposta, significa che lo

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spostamento raggiunto è molto vicino a quello iniziale, in rapporto all’intervallo temporale

intercorso. Si è trovata quindi la convergenza in quanto in un certo tempo il punto di

controllo si è spostato di una quantità trascurabile; si può quindi assumere che la parete sia

in equilibrio.

• nel secondo si controlla se il numero di cicli impiegati dal solve è minore di quello

massimo imposto dell’utente con max_cyc; in tal caso si è raggiunta la convergenza.

Ogni volta che la convergenza viene trovata, il programma registra le coordinate (x,y) del

punto di controllo associate all’accelerazione applicata, che risultano variate rispetto alla

posizione prima dell’applicazione dell’accelerazione orizzontale; viene quindi applicato un

nuovo incremento di carico orizzontale pari a dac. Se la convergenza non viene trovata, la

procedura riparte dai risultati ottenuti dall’ultimo equilibrio raggiunto, e invece di applicare

un incremento di carico pari a dac ne applica uno pari a dac/2 (tale valore potrebbe essere

più volte dimezzato finché non si ottiene la convergenza).

Infine si fa generare al programma un file Spostamento-Accelerazione-MassaPart.dat : in

cui vengono annotate nella prima linea in alto le coordinate iniziali del punto materiale;

nelle righe successive viene generata una tabella in cui, in funzione del numero di passi

(step n) effettuati nell’analisi, vengono riportati gli spostamenti in direzione x e y (xdisp_pc

, ydisp_pc) e l’accelerazione (a) del punto monitorato , la frazione di massa partecipante

(ep), la massa partecipante (Mp), il numeratore e il denominatore della massa partecipante

(Mpar_num , Mpar_dem) e infine il numero di cicli che sono stati necessari per fa girare

l’analisi (cycle). Tutto ciò si può osservare nella figura 19.

Figura 19: file Spostamento-Accelerazione-MassaPart.dat generato da Udec

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3.4.3 DETERMINAZIONE DELLO SPOSTAMENTO ULTIMO

Per determinare la curva di pushover bisogna determinare anche il ramo discendente ,

successivo al raggiungimento dell’accelerazione massima. Tale tratto viene considerato

lineare e viene determinato congiungendo il valore dell’accelerazione massima con il valore

dello spostamento ultimo.

Lo spostamento ultimo è il valore limite di configurazione instabile, oltre tale il quale la

parete ribalta e quindi non potrà mai più tornare alla sua posizione di equilibrio. Per questo

spostamento avviene il cambio di segno del lavoro compiuto dal peso proprio della parete,

quindi è stato calcolato come quello a cui corrisponde il massimo valore di energia

potenziale dei blocchi. Il punto di controllo scelto per la parete non è, come nelle analisi

precedenti, un punto di controllo prefissato, ma dipende dalle masse e dagli spostamenti

dei blocchi. Viene quindi definito tale spostamento come la media tra gli spostamenti dei

blocchi, pesata in base alla loro massa e al valore dello spostamento stesso. Così facendo,

nel calcolo vengono considerati solo i blocchi che si muovono, cioè che hanno uno

spostamento diverso da zero, e inoltre hanno maggiore rilevanza quelli con massa

maggiore.

Per lanciare l’analisi si parte dell’accelerazione massima trovata in precedenza, tale valore

viene ulteriormente incrementato per dare una “piccola spinta” ulteriore alla struttura;

fatto ciò non si applica più alcuna accelerazione alla struttura ma il programma viene fatto

ciclare finche non si raggiunge la configurazione instabile (è come se si desse una piccola

spinta a un oggetto e poi lo si lasciasse libero di muoversi, se la spinta è stata

sufficientemente intensa, l’oggetto inizierà a muoversi e dopo un certo arco di tempo

perderà il suo l’equilibrio).

Infine si fa generare al programma un file SpostamentoUltimo.dat dove nella prima riga

viene registrato il valore dello spostamento ultimo e nella seconda il numero di cicli che

sono stati necessari per ottenere tale risultato. Come mostrato in figura 20.

Figura 20: file SpostamentoUltimo.dat generato da Udec

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3.4.4 RISULTATI

Nella figura 21 viene riportata la curva accelerazione – spostamento ottenuta, per il punto

di controllo di coordinate X= 28.42 m e Y=9.52m, seguendo la procedura appena illustrata.

Figura 21: curva accelerazione – spostamento

Nella tabella seguente vengono riportati i risultati che meglio caratterizzano l’analisi

effettuata:

Udec oltre che fornire i risultati numerici mostra, attraverso immagini, le varie

configurazioni che la struttura assume nel corso dell’analisi. Risulta di notevole importanza

osservare quando la struttura raggiunge il valore limite di configurazione instabile,

corrispondente al raggiungimento dello spostamento ultimo dk. In tale situazione si vede,

in modo chiaro, il cinematismo di collasso che si è innescato (figura 22).

accelerazione massima amax (m/s^2) 1.48

frazione di massa partecipante e* (-) 0.80

massa partecipante Mp (kg) 954910

spostamento ultimo del nodo di controllo dk(m) 0.51

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Figura 22: configurazione in corrispondenza dello spostamento ultimo in Udec

4 BIBLIOGRAFIA

• International Journal of Architectural Heritage: Conservation, Analysis, and Restoration.

Discrete Element Modeling of Masonry Structures. Josè V. Lemos.

• Seismic Behavior of Blocky Masonry Structures. Joӑo Azevedo, M. Eeri, Gabriela

Sincraian, J.V. Lemos.

• Roma archeologia. Le scoperte più recenti della città antica e della sua area suburbana.

Carmelo Calci.

• Manuale Udec.