Relazione fine tirocinio Anna Ferrante - Università Roma...
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI - ROMA TRE
Dipartimento di Ingegneria
Corso di Laurea Magistrale in
INGEGNERIA CIVILE PER LA PROTEZIONE DAI RISCHI NATURALI
RELAZIONE DI FINE TIROCINIO
Modellazione a elementi distinti del comportamento meccanico
di una porzione dell’Acquedotto Claudio
Candidato: Anna Ferrante
Tutor: Prof. Gianmarco de Felice
Anno Accademico: 2014 / 2015
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INDICE
INTRODUZIONE .................................................................................................................................... 3
1. COMPORTAMENTO SISMICO DELLE STRUTTURE IN MURATURA ................................................ 4
2. METODO AGLI ELEMENTI DISTINTI ............................................................................................... 4
2.1 RAPPRESENTAZIONE DELLA DEFORMAZIONE DEL BLOCCO .............................................................. 5
2.2 RAPPRESENTAZIONE DELL’ITERAZIONE TRA CONTATTO E BLOCCO ................................................. 5
2.2.1 RILEVAMENTO CONTATTO E AGGIORNAMENTO ...................................................................... 7
2.3 ANALISI STRUTTURALE ...................................................................................................................... 9
2.3.1 SOLUZIONE DEGLI ALGORITMI .................................................................................................. 9
2.3.2 COMPORTAMENTO MECCANICO DEI GIUNTI ......................................................................... 10
2.3.3 CICLO DI CALCOLO ................................................................................................................... 11
2.3.4 SMORZAMENTO ...................................................................................................................... 12
2.3.5 PASSO TEMPORALE ................................................................................................................. 13
3. SOFTWARE UDEC E APPLICAZIONE AL CASO STUDIO................................................................. 13
3.1 CASO STUDIO ................................................................................................................................... 13
3.2 INSERIMENTO DELLA GEOMETRIA .................................................................................................. 15
3.3 INSERIMENTO DELLE PROPRIETÀ DEI MATERIALI ........................................................................... 17
3.4 ANALISI QUASI STATICA SOTTO IMPULSI E AZIONI SISMICHE ......................................................... 23
3.4.1 APPLICAZIONE DEL CARICO GRAVITAZIONALE ........................................................................ 23
3.4.2 APPLICAZIONE DEGLI INCREMENTI DI CARICO ORIZZONTALE ................................................ 25
3.4.3 DETERMINAZIONE DELLO SPOSTAMENTO ULTIMO ................................................................ 27
3.4.4 RISULTATI ................................................................................................................................. 28
4 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................. 29
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INTRODUZIONE
La studentessa Anna Ferrante ha svolto l’attività di tirocinio presso il laboratorio
Computazionale di Strutture ubicato nel Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli
Studi di Roma Tre.
L’attività di tirocinio è stata svolta dal 01/04/2015 al 30/06/2015 per un totale di 150 ore
corrispondenti a 6 C.F.U.
Il tirocinio ha avuto la finalità di acquisire competenze per l’uso del codice di analisi
strutturale a elementi distinti tramite il software UDEC . Sono state, in questo modo,
ottenute le basi necessarie per poter costruire il file di input, effettuare analisi quasi
statiche sotto impulsi e azioni sismiche.
Il codice di calcolo è stato utilizzato per analizzare il comportamento meccanico di un tratto
dell’Acquedotto Claudio del Parco Regionale dell’Appia Antica di Roma.
Nella seguente relazione verranno, in primo luogo, descritte le caratteristiche più
importanti del metodo agli elementi distinti. In secondo luogo, verranno illustrati i passi
eseguiti per modellare la struttura muraria a blocchi; verrà inoltre mostrato come il
metodo sia in grado di riprodurre fenomeni, come aperture delle fessure e scorrimenti tra i
giunti, che sono i principali responsabili del verificarsi di danni strutturali e collasso.
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1. COMPORTAMENTO SISMICO DELLE STRUTTURE IN MURATURA
La maggior parte delle strutture monumentali storiche in Europa sono state realizzate in
muratura, utilizzando pietra o blocchi in laterizio. Queste strutture costituite da blocchi non
rinforzati non possono essere considerate continue ma vanno piuttosto viste come un
assemblaggio di elementi in pietra o mattoni compatti collegati mediante giunti di malta o
a secco. Anche il verificarsi di brevi eventi sismici può provocare su di essi gravi danni o
persino la loro completa distruzione. Ne sono esempi terremoti passati, che hanno colpito
la maggior parte delle antiche costruzioni greche e romane. Più recentemente, brevi
terremoti hanno causato ingenti danni e la distruzione di chiese e di altri edifici
monumentali .
La modellazione numerica del comportamento sismico di strutture murarie antiche
rappresenta un problema molto complesso in quanto si ha un comportamento fortemente
non lineare basato sulle caratteristiche fisiche del materiale e sulla geometria usata.
Qualsiasi metodo utilizzato per analizzare questo tipo di strutture deve rappresentare in
modo adeguato le discontinuità, in quanto sono proprio questi gli elementi che
differenziano il comportamento meccanico di strutture in muratura non rinforzate da
quelle continue. Si deve inoltre acquisire una metodologia che permetta di modellare la
risposta simica della struttura in tutte le sue fasi fino a quella di collasso, corrispondente a
grandi spostamenti, così da identificare i modelli di guasto e controllare le tensioni interne
e le deformazioni in funzione dell'input sismico.
A differenza delle strutture odierne, dove la vulnerabilità sismica si può dedurre attraverso
codici di analisi con metodologie esistenti e ben consolidate, la valutazione del
comportamento sismico di strutture murarie antiche manca ancora di basi scientifiche.
Strutture in muratura non possono essere quindi studiate correttamente con i metodi
convenzionali della meccanica strutturale per strutture odierne. Essendo composta da due
materiali molto diversi, le unità murature e le relative giunzioni (fatte ad esempio con
malte), la muratura presenta una struttura eterogenea ed è un sistema discontinuo. E la
sua natura a blocchi governa i meccanismi di deformazione e rottura.
2. METODO AGLI ELEMENTI DISTINTI
Metodi agli elementi distinti rientrano nel gruppo delle tecniche di analisi del discontinuo.
Le prime applicazioni sono state fatte nell’ambito geotecnico per modellare giunti e
fratture di massi rocciosi; solo in seguito sono stati sviluppati metodi di analisi per strutture
composte da particelle o da blocchi. I giunti sono visti come interfacce tra corpi distinti.
Questi metodi sono uno strumento di analisi per lo studio delle strutture in muratura, da
usare in parallelo con le tecniche agli elementi finiti usati più comunemente. I metodi agli
5
elementi distinti sono particolarmente utilizzati in quanto consentono di studiare grandi
spostamenti, scorrimenti, rotazioni tra i blocchi, creazioni di crepe, distacco dei blocchi
nonché il rilevamento automatico di nuovi contatti con l'avanzamento dei calcoli.
La formulazione descritta nelle seguenti sezioni segue sostanzialmente l’implementazione usata nel programma UDEC-Universal Distinct Codice Element by Itasca (Itasca 1996 Sincraian e Lemos 1998).
2.1 RAPPRESENTAZIONE DELLA DEFORMAZIONE DEL BLOCCO
Il materiale che compone ogni singolo blocco può essere ipotizzato rigido o deformabile. È
buona norma modellare il blocco come rigido quando le discontinuità rappresentano la
maggior parte delle deformazioni in un sistema fisico.
Se, invece, la deformazione del materiale non può essere trascurata, possono essere
utilizzati blocchi deformabili. Per introdurre la deformabilità il corpo viene diviso in
elementi interni al fine di aumentare il numero di gradi di libertà. La complessità della
deformazione dipende dal numero di elementi in cui il corpo è suddiviso. In UDEC vengono
creati elementi triangolari con una formulazione simile a quella fatta con il metodo agli
elementi finiti . Lo svantaggio di questa tecnica è che, più è complicata la forma
dell’oggetto da modellare, maggiore è il numero di elementi triangolari in cui il blocco
deve essere discretizzato.
2.2 RAPPRESENTAZIONE DELL’ITERAZIONE TRA CONTATTO E BLOCCO
I metodi numerici sono divisi in due gruppi a seconda del modo in cui viene trattato il
comportamento dei contatti nella direzione normale al moto.
Nel primo gruppo viene usato un modello molto semplice di interazione meccanica tra i
blocchi: viene assunto che i blocchi sono collegati da molle elastiche normali e di taglio,
cioè le forze di interazione sono proporzionali allo spostamento relativo tra i due blocchi.
Inoltre è presente una piccola sovrapposizione nel caso di forze di compressione.
Nel secondo gruppo viene usato un approccio a contatto rigido. La compenetrazione tra i
corpi che formano un contatto è considerata non fisica, infatti gli algoritmi sono scritti in
modo tale da prevenire qualsiasi compenetrazione.
L’interfaccia tra i blocchi è rappresentata attraverso gruppi di contatti puntuali. Blocchi
adiacenti possono toccarsi lungo un segmento di bordo comune o in punti isolati in cui un
angolo incontra un bordo o un altro angolo. L’ipotesi di punto di contatto porta a facilitare
la riproduzione di grandi spostamenti tra i blocchi del sistema e quindi si riesce ad ottenere
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una grande efficienza computazionale. I contatti tra due bordi del blocco possono essere
rappresentati da due contatti angolo- bordo. Ad ogni punto di contatto viene assegnato un
certo “territori” (cioè una lunghezza), mentre le leggi costitutive dei materiali sono
formulate in termini di sollecitazioni e spostamenti relativi in tutta l'interfaccia. La somma
di tutte le lunghezze di contatto (aree) determinano la lunghezza totale della superficie di
contatto.
I blocchi possono venire discretizzati attraverso una maglia fine interna (blocchi
deformabili), o attraverso una griglia-punti (o nodi), è possibile collocare tali elementi
proprio lungo i bordi originali della struttura. In questo caso le sovrapposizioni presenti
nell'approccio contatto-molla rappresentano solo un modo matematicamente conveniente
di misurare spostamenti normali relativi. Con la sovrapposizione si indicano le sollecitazioni
di compressione e con il distacco quelle di tensione. Se si incrementa la rigidezza normale
dei giunto le sovrapposizioni possono essere ottenute piccole a piacimento. In alcuni casi le
sovrapposizioni hanno un significato fisico, ad esempio in caso di superfici irregolari esse
rappresentano una deformazione locale che potrebbe essere determinata attraverso prove
sperimentali. In Udec può essere inserito un comando in cui si impone una tolleranza
massima accettabile di compenetrazione tra i blocchi (set ovtol) che viene assunta pari all’
0.1% dell’altezza della struttura studiata.
L’approccio basato sulla modellazione angolo-bordo dei contatti è utilizzabile anche per
geometrie complesse. Tuttavia, possono sorgere problemi particolari, ad esempio quando il
punto di contatto si avvicina a una delle estremità del bordo diventa ambiguo determinare
quale bordo è a contatto con l’angolo. Il contatti in direzione normale possono subire
improvvisi salti come ad esempio elementi che ruotano rispetto ad un altro. Questi
problemi sono stati superati nel codice DEM ipotizzando che gli angoli dei blocchi sono
arrotondati. Quindi ogni angolo viene approssimato con un arco di cerchio tangente ai due
bordi adiacenti del blocco considerato. Viene scelta una lunghezza di arrotondamento,
uguale per tutti i blocchi, che viene specificata dall’utente (l’arco di cerchio varia secondo
l’angolo di punta). La lunghezza di arrotondamento, se tenuta piccola, non ha alcuna
influenza sui risultati dell'analisi.
Figura 1:
Figura2:
2.2.1 RILEVAMENTO CONTATTO E AGGIORNAMENTO
Il processo di rilevamento dei contatti è il principale costo computa
simulazione DEM che aumenta con il numero e con la complessità della geometria dei
blocchi simulati. I codici DEM devono includere routi
senza l’intervento dell’utente, i corpi a contatto e tenere traccia dei cambiamenti della
struttura dei contatti durante l'analisi.
La geometria della struttura
blocco che rappresenta il perimetro della struttura studiata, nella seconda fase vengono
introdotti tagli per definire i
grado di identificare la configurazione iniziale dei contatti e
che lo definiscono. Durante l'analisi, alcuni contatti possono scomparire,
blocchi si separano e quindi possono crearsi
unirsi insieme. Inoltre i tipi di contatti tra i
avvenire delle rotazioni tra i blocchi.
Figura 1: contatti tra due blocchi rigidi
definizione dell’arrotondamento degli angoli
RILEVAMENTO CONTATTO E AGGIORNAMENTO
Il processo di rilevamento dei contatti è il principale costo computa
aumenta con il numero e con la complessità della geometria dei
DEM devono includere routine che sono in grado di individuare,
senza l’intervento dell’utente, i corpi a contatto e tenere traccia dei cambiamenti della
struttura dei contatti durante l'analisi.
La geometria della struttura viene generata in due fasi: nella prima viene creato un u
blocco che rappresenta il perimetro della struttura studiata, nella seconda fase vengono
per definire i giunti. Le routine di contatto-aggiornamento
care la configurazione iniziale dei contatti e trovare i parametri geometrici
Durante l'analisi, alcuni contatti possono scomparire,
blocchi si separano e quindi possono crearsi nuovi contatti mentre altri blocchi possono
Inoltre i tipi di contatti tra i corpi possono evolvere, per esempio
delle rotazioni tra i blocchi.
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arrotondamento degli angoli
Il processo di rilevamento dei contatti è il principale costo computazionale della
aumenta con il numero e con la complessità della geometria dei
ne che sono in grado di individuare,
senza l’intervento dell’utente, i corpi a contatto e tenere traccia dei cambiamenti della
nella prima viene creato un unico
blocco che rappresenta il perimetro della struttura studiata, nella seconda fase vengono
aggiornamento devono essere in
are i parametri geometrici
Durante l'analisi, alcuni contatti possono scomparire, in quanto alcuni
mentre altri blocchi possono
evolvere, per esempio possono
8
In teoria, la rilevazione dei contatti richiede semplici calcoli geometrici ma il problema
principale è dovuto ai tempi di calcolo. Per trovare quali corpi sono in contatto, non è
possibile controllare ogni coppia perché il tempo di calcolo è proporzionale al numero di
blocchi al quadrato. Quindi i codici DEM sono essenzialmente progettati per ridurre il
numero di blocchi, o parti di blocco, che devono essere controllati, senza però il rischio di
perdere nuove interazioni. Vanno quindi adottati schemi speciali al fine di ridurre lo sforzo
computazionale.
Se il rilevamento di contatto è sostanzialmente realizzato mediante due test: una prima
prova che elimina rapidamente i blocchi che non hanno alcuna possibilità di venire a
contatto, e una seconda che controlla rigorosamente i blocchi che hanno superato il primo
test. Solitamente è definito un parametro che indica il movimento del blocco. Il test di
individuazione del contatto avviene periodicamente, quando questo parametro raggiunge
un certo valore (ad esempio quando i blocchi si spostano di una certa distanza). Le forze di
interazione iniziano ad agire appena i blocchi si toccano. Invece quando i blocchi si
allontanano, i contatti vengono eliminati solo quando l'indicatore di distanza supera una
data tolleranza. Il rilevamento del contatto e l'aggiornamento devono fornire, nel minor
tempo possibile, il tipo di contatto cioè se i blocchi si toccano, se non si toccano e l'unità
normale vettoriale . L'unità normale vettoriale è un parametro meccanico, consente sia il
calcolo delle componenti normali e tangenziali dello spostamento sia il calcolo delle
interazioni tra forze. Queste quantità sono essenziali per le leggi costitutive utilizzate per
modellare il comportamento dei contatti. Le forze di contatto vengono aggiornate a ogni
passo computazionale. Durante il contatto deve essere assicurato il cambio di continuità
tra le forze, vale a dire che se cambia il tipo di contatto questo cambiamento non deve
influenzare il comportamento fisico del sistema. Nella figura 3 viene presentato il caso di
due blocchi che scorrono l'uno sull'altro. Facendo scorrere i blocco superiore su quello
inferiore a un certo punto accade che il vertice A scompare quando il vertice B viene a
contatto con il blocco superiore (questo è il classico esempio di variazione di contatto
angolo-angolo). L'algoritmo di rilevamento del contatto e aggiornamento deve identificare
questo evento come un cambiamento di un solo contatto in modo che le forze normali e
tangenziali vengono trasferite correttamente.
Figura 3: cambiamento del tipo di contatto
9
2.3 ANALISI STRUTTURALE
2.3.1 SOLUZIONE DEGLI ALGORITMI
Nel metodo agli elementi distinti l'analisi strutturale, sia statica che dinamica, è basata su
algoritmi espliciti. Viene utilizzato un algoritmo timestepping nel quale è limitata la
dimensione del passo temporale, ipotizzando che le velocità e le accelerazioni sono
costanti in ogni gradino temporale. Il metodo agli elementi distinti si basa sull'idea che il
passo di tempo scelto può essere così piccolo che il disturbo, durante un singolo step di
tempo, può propagarsi solo attraverso i blocchi immediatamente vicini. Quindi le forze
risultanti su qualsiasi blocco sono determinate esclusivamente dall’interazione con i blocchi
con cui esso è a contatto. Questa è la caratteristica fondamentale del metodo che consente
di eseguire l'interazione non lineare di un gran numero di blocchi senza la necessità di
requisiti di memoria e senza l’utilizzo di un processo iterativo.
Per l'analisi dinamica di modelli discontinui è comunemente usato il metodo alle differenze
centrali. Esso è utile, nei modelli a blocchi rigidi, per integrare le equazioni del moto di
ciascun blocco.
Nei modelli 2D, il moto di un blocco rigido è descritto da tre gradi di libertà (due traslazioni e una rotazione). In algoritmi espliciti, le due equazioni del moto di traslazione di un blocco possono essere scritte nella seguente forma:
mu + αmu + f u = f (i = 1,2)
Dove:
m = massa del blocco;
α = parametro di smorzamento viscoso;
= è il vettore contributo delle forze di contatto al blocco (calcolata dagli spostamenti
relativi tra i blocchi);
= forza vettoriale applicata dai carichi esterni.
L'equazione del moto di rotazione del blocco viene trattato similmente, con l'inerzia polare al posto della massa del blocco, e i momenti in sostituzione alle forze.
Questo metodo di integrazione esplicito ha lo svantaggio di essere solo condizionatamente stabile, ovvero la sua stabilità è funzione del passo di integrazione, quindi è richiesto un passo temporale molto piccolo. Questo può comportare notevoli calcoli e quindi un grande costo temporale. Inoltre l'efficacia della procedura dipende dall'uso di una matrice di massa diagonale. Lo stesso algoritmo timestepping può essere usato per eseguire l’analisi statica, introducendo smorzamento viscoso per dissipare l'energia cinetica, e quindi rendere il sistema convergente ad una soluzione statica.
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2.3.2 COMPORTAMENTO MECCANICO DEI GIUNTI
Le relazioni costitutive dei giunti devono fornire un nuovo sforzo normale (σn) e di taglio
(τs) in funzione degli incrementi di spostamento dei giunti, delle vecchie sollecitazioni ed
eventualmente di altri parametri di stato.
Nella direzione normale, il rapporto sforzo-spostamento viene supposto lineare, con una costante di rigidezza kn:
∆σ = − ∗
c’è anche una limitazione di resistenza tensionale, σt max, per i giunti (di solito viene assunto paria zero):
< − = 0
Nella direzione di taglio, la risposta è controllata da una rigidezza di taglio costante e lo sforzo di taglio è limitato da una combinazione di forza coesiva e d’attrito (tramite la relazione di Coulomb). Quindi, se τmax è definita dal criterio di Coulomb:
|τ | ≤ + = τ
Allora il rapporto sforzo-spostamento è all’interno del dominio elastico:
∆τ = − ∗
Dove:
Δσn e Δσs sono gli incrementi effettivi dello sforzo normale e tangenziale dei giunti;
kn
e ks sono rispettivamente le rigidezze normali e tangenziali dei giunti ;
Δun è lo spostamento, relativo tra i giunti, incrementato nella direzione n;
Δuse è la componente elastica dello spostamento, relativo tra i giunti, incrementato nella
direzione s;
c è la coesione;
φ è l’angolo di attrito.
In Udec oltre al modello di Coulomb è possibile scegliere altri modelli di interfaccia.
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2.3.3 CICLO DI CALCOLO
I calcoli effettuati col metodo agli elementi distinti si basano sull'applicazione della seconda
legge di Newton a tutti i blocchi (F=m*a), e sull'applicazione di una legge forza-
spostamento tra tutti i contatti. La legge forza-spostamento viene utilizzata per trovare le
forze di contatto partendo da spostamenti noti. Mentre la seconda legge di Newton
fornisce il moto dei blocchi, a partire dalle forze note che agiscono su di essi. Se i blocchi
sono deformabili, il moto viene calcolato rispetto a una griglia di punti all'interno del
blocco, utilizzando degli elementi finiti triangolari. Quindi, applicando rispettivamente ai
blocchi e ai giunti i materiali e le relazioni costitutive, vengono calcolate le nuove
sollecitazioni all'interno degli elementi del modello. Nella figura 4 viene mostrato lo
schema del ciclo di calcolo per il metodo agli elementi distinti.
Figura 4: ciclo di calcolo per il metodo degli elementi distinti
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In sintesi l'algoritmo si basa su due serie di calcoli eseguiti per ogni passo temporale. In
primo luogo vengono aggiornate le quantità cinematiche, poi l'applicazione di modelli
costitutivi fornisce nuove tensioni interne e nuove forze d’interazione.
La procedura (per blocchi deformabili) si può riassumere nei seguenti passi (ltasca, 1996):
• l’applicazione delle relazioni costitutive fornisce le nuove deformazioni e tensioni;
gli incrementi di deformazione sono calcolati come: ∆ = ( + )∆
• dall’equazioni del moto si ottengono nuove velocità per ogni punto della griglia:
+ = +
Dove:
ui = componenti di velocità punto-griglia (con i=1,2..);
α = costante di smorzamento viscoso;
m = massa punto-griglia;
Fi = forze punto-griglia;
gi = componenti di accelerazione di gravità.
Le forze applicate sui punti della griglia sono dei carichi esterni mentre le forze di contatto
e le forze nodali derivanti dagli elementi sollecitati.
• vengono aggiornate le posizioni del confine dei blocchi e vengono calcolati gli
incrementi di spostamento;
gli incrementi di spostamento sono calcolati come: ∆ = ∆
• le forze di contatto, le sollecitazioni di zona e i carichi esterni sono assemblati nel nuovo
vettore forza Fi per il successivo timestep.
2.3.4 SMORZAMENTO
Lo smorzamento meccanico viene utilizzato per risolvere sia soluzioni statiche (non lineari)
sia soluzioni dinamiche.
Per l'analisi statica vengono impiegate ugualmente le equazioni del moto ma esse vengono
smorzate così da raggiungere, appena possibile, una configurazione di equilibrio. La forza di
smorzamento viene scelta proporzionale alla velocità dei blocchi. Al fine di superare alcune
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difficoltà causate da questo smorzamento, Udec fornice un suo sistema di smorzamento
adattivo in modo da raggiungere una convergenza più rapida.
2.3.5 PASSO TEMPORALE
Nel programma UDEC viene determinato un passo temporale che soddisfa il criterio di
stabilità sia per la rigidezza del blocco sia per quella tra i blocchi . il passo temporale
necessario è determinato dall'espressione seguente:
∆t ≤ 2ω→ ∆t = 2min mk
Dove:
mi = massa del blocco associata al nodo i;
ki = rigidezza degli elementi che circondano il nodo (compresa la rigidezza del giunto).
La formula sopra menzionata assicura la stabilità e la convergenza della procedura
timestepping esplicita, purché ki rappresenti un limite superiore della rigidezza nodale.
Poiché i contatti possono essere creati e cancellati durante l'analisi, il calcolo del loro
effettivo contributo alla rigidezza nodale richiederebbe frequenti aggiornamenti di 8
Equazione . Per evitare questo, viene introdotto un limite superiore; esso è basato sulla
massima rigidezza di contatto che può essere applicata al nodo, data la lunghezza dei bordi
adiacenti e le proprietà di contatto.
3. SOFTWARE UDEC E APPLICAZIONE AL CASO STUDIO
3.1 CASO STUDIO
L’Acquedotto Claudio è il più imponente e uno dei meglio conservati acquedotti che
troviamo nella città di Roma.
Fu costruito da Caligola nel 38 d.C. e fu concluso da Claudio nel 52 d.C., entrambi
appartenenti alla gens Claudia, da cui deriva il nome dell’acquedotto. Questo grandioso
manufatto era lungo circa 69 km di cui 15 a cielo aperto (9 km su arcate). Dalla valle
dell’Aniene, attraverso un percorso con condotte sotterranee, giungeva nella zona
Capannelle e da li si sovrapponeva con l’Acquedotto Anio Novus (da qui il doppio speco
che si può ancora osservare nella struttura) innalzandosi su mura e su archi in opera
quadrata di peperino e tufo rosso fino ad entrare in città presso Porta Maggiore. Nel corso
dell’impero l’acquedotto fu più volte restaurato e in
muri di laterizio, sui quali rimangono spesso le orme in negativa dei blocchi asportati nel
medioevo.
Figura 5: tratto dell’ Acquedotto Claudio nel Parco Regionale dell’Appia Antica.
Nei prossimi paragrafi verrà illustrata la procedura utilizzata per modellare un
dell’Acquedotto Claudio ubicato nel Parco Regionale dell’ Appia Antica
arcate e mezzo e tre piloni per un totale di circa 24
Queste arcate sono l’ultima parte
studiato, un’interruzione. Dopo una lunga analisi visiva e dopo aver ottenuto
informazioni sullo stato dell’opera dalla
del restauro del manufatto, si è
vedere dalla figura seguente, l’ultimo pilone presenta delle importanti fessure (linee in
rosso) che potrebbero causare il distacco e il
dell’impero l’acquedotto fu più volte restaurato e in alcuni tratti gli archi furono chiusi con
, sui quali rimangono spesso le orme in negativa dei blocchi asportati nel
: tratto dell’ Acquedotto Claudio nel Parco Regionale dell’Appia Antica.
Vista frontale e laterale
Nei prossimi paragrafi verrà illustrata la procedura utilizzata per modellare un
ubicato nel Parco Regionale dell’ Appia Antica
e tre piloni per un totale di circa 24 m di lunghezza e di 15
arcate sono l’ultima parte di un una lunga serie di archi che t
Dopo una lunga analisi visiva e dopo aver ottenuto
informazioni sullo stato dell’opera dalla Soprintendenza dei Beni archeologici,
del manufatto, si è scelto di studiare questo tratto in quanto
vedere dalla figura seguente, l’ultimo pilone presenta delle importanti fessure (linee in
rosso) che potrebbero causare il distacco e il collasso della porzione muraria.
Figura 6: caso studio
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alcuni tratti gli archi furono chiusi con
, sui quali rimangono spesso le orme in negativa dei blocchi asportati nel
: tratto dell’ Acquedotto Claudio nel Parco Regionale dell’Appia Antica.
Nei prossimi paragrafi verrà illustrata la procedura utilizzata per modellare un tratto
ubicato nel Parco Regionale dell’ Appia Antica relativo a due
15 m di altezza.
di un una lunga serie di archi che trovano, nel punto
Dopo una lunga analisi visiva e dopo aver ottenuto maggiori
ni archeologici, che si occupa
in quanto, come si può
vedere dalla figura seguente, l’ultimo pilone presenta delle importanti fessure (linee in
muraria.
15
Per tutte le caratteristiche già trattate nei capitoli precedenti è stato ritenuto idoneo
studiare il comportamento meccanico di questa struttura con il Metodo agli Elementi
Distinti, modellandola con il software UDEC, poichè si tratta di una struttura a blocchi in
peperino.
3.2 INSERIMENTO DELLA GEOMETRIA
In generale il blocco iniziale può essere definito come una scatola rettangolare semplice
(un dominio circolare di punti) con un'immagine di riferimento (* .dxf, * .png, * .jpg, * .gif),
oppure come una tabella di coordinate attraverso l’importazione di un ASCII formato file di
dati di blocchi Udec (* .dat). I blocchi possono essere successivamente modificati per
spostare, inserire o eliminare i punti in modo interattivo o tramite una tabella di coordinate
di punti.
Nel caso di studio sono stati seguiti i seguenti passi:
• per riprodurre in modo corretto la geometria della struttura, è stata usata come base di ricalco un’immagine fotografica ad alta definizione scalata e raddrizzata:
Figura 7: ortofoto
16
• l’immagine è stata importata in Autocad in modo da poter disegnare i blocchi, i giunti e
le lesioni :
Figura 8: ricalco blocchi in Autocad
• è stato generato in Autocad il file con estensione. dxf;
• a partire dal file .dxf , tramite il programma “Incadud5.exe”, è stato generato un file .dat
in cui si trovano elencate le coordinate del punto iniziale e di quello finale (Xi Yi Xf Yf)
relative a ogni giunto presente nel disegno;
• il file .dat viene letto da Udec per riprodurre la geometria del modello:
Figura 9: geometria della facciata realizzata in UDEC
17
3.3 INSERIMENTO DELLE PROPRIETÀ DEI MATERIALI
La struttura è composta quasi interamente da grossi blocchi rettangolari in peperino
sovrapposti gli uni sugli altri senza nessun materiale di collegamento (sono a secco) figura
10. Solo una piccola porzione, costituente il secondo speco dell’acquedotto, è invece
costituita da conci sbozzati, con paramento di limitato spessore e nucleo interno (figura
11). Ai fini dell’analisi effettuata la porzione muraria in blocchi di peperino è stata
riprodotta in maniera accurata mentre è stato ritenuto poco significativo rappresentare
tutti i singoli massi che compongono la muratura del secondo speco. Quest’ultima
comunque, per tenere conto nel modello del peso delle pietre, è stata rappresentata con
blocchi rettangolari di dimensioni simili a quelli usati per rappresentare i blocchi in
peperino, ma tenendo conto delle opportune proprietà del materiale.
Figura 10: Muratura in blocchi di peperino a secco
Figura 11: Muratura a conci sbozzati, con paramento di limitato spessore e nucleo
interno
18
Una volta ricostruita la tessitura muraria, la fase successiva per poter ottenere il modello
completo in Udec consiste nell’attribuzione delle proprietà dei materiali e assumere un
legame costitutivo alla Mohr-Coulomb per i giunti. Nello specifico ai blocchi murari è stata
assegnata la densità di massa (ρ) , mentre per i giunti è stato necessario definire le
rigidezze normali (Kn) e tangenziali (Ks), l’angolo di attrito (φ), la resistenza a trazione e la
coesione del materiale.
Nel caso studiato la densità di massa, il modulo di elasticità normale (E) e l’angolo d’attrito
per la porzione muraria composta da blocchi in tufo sono stati determinati attraverso
prove in laboratorio (fatte su provini provenienti da archi limitrofi già precedentemente
restaurati), mentre per la muratura che costituisce il secondo speco sono stati assunti i
valori presenti nella tabella C8A.2.1 della circolare del 02 febbraio 2009 del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti. La resistenza a trazione così come la coesione, trattandosi di
una muratura storia, è stata posta pari a zero.
Le rigidezze normali e tangenziali sono state determinate attraverso semplici
considerazioni di carattere teorico, ricordando che Udec schematizza i contatti tra i blocchi
attraverso delle molle (due in direzione trasversale e due in direzione normale per ogni
blocco):
= 2ℎ =
dove:
G è il modulo di elasticità tangenziale e viene determinato attraverso la relazione = ( Ʋ) ; Ʋ è il coefficiente di Poisson ed è stato scelto pari a 0.2 ;
l è la distanza tra le molle (figura12) ;
h è la somma di metà altezza di ogni blocco (figura 12).
Figura 12: schematizzazione molle
19
Infine, per tener conto della tridimensionalità della struttura, essendo il modello in 2D, la
densità di massa e le rigidezze sono state moltiplicate per lo spessore (t) del paramento
nella direzione ortogonale al piano della facciata.
La facciata è stata dunque scomposta in tredici porzioni murarie in corrispondenza alle
variazioni della geometria della struttura (t, h e l) e alle variazioni delle caratteristiche dei
materiali (ρ e E) dovute alla presenza di due diverse tipologie murarie, come si può
osservare nella figura 13:
Figura 13: suddivisione in porzioni murarie della facciata
Per ogni porzione muraria sono stati presi dei valori medi delle grandezze h e l.
I parametri, appena descritti, relativi a ogni porzione muraria sono riportati nella seguente
tabella :
Tipologia di muratura Porzioni
murariet [m] ρ [kg/m^3] ρ*t [kg/m^2] lmed [m] hmed [m] E [N/mm^2] Kn [Pa] Kn*t [Pa *m] Ks [Pa] Ks*t [Pa *m] φ [°]
Muratura in blocchi di
peperino a secco1-2-3-4 3.05 1920 5856.00 0.62 0.60 2800 1.45E+09 4.41E+09 6.08E+08 1.85E+09 30
Muratura in blocchi di
peperino a secco5 3.05 1920 5856.00 0.45 0.60 2800 1.05E+09 3.20E+09 4.41E+08 1.35E+09 30
Muratura in blocchi di
peperino a secco6-7 2.83 1920 5433.60 0.71 0.62 2800 1.60E+09 4.54E+09 6.73E+08 1.91E+09 30
Muratura in blocchi di
peperino a secco8 2.83 1920 5433.60 0.43 0.58 2800 1.04E+09 2.94E+09 4.36E+08 1.23E+09 30
Muratura in blocchi di
peperino a secco9 2.50 1920 4800.00 0.66 0.60 2800 1.54E+09 3.85E+09 6.47E+08 1.62E+09 30
Muratura in blocchi di
peperino a secco10 1.41 1920 2707.20 0.65 0.58 2800 1.57E+09 2.21E+09 6.59E+08 9.29E+08 30
Muratura in blocchi di
peperino a secco11 2.70 1920 5184.00 0.50 0.50 2800 1.40E+09 3.78E+09 5.88E+08 1.59E+09 30
Muratura a conci sbozzati,
con paramento di limitato
spessore e nucleo interno
12 2.06 2000 4120.00 0.50 0.50 1020 5.10E+08 1.05E+09 2.14E+08 4.41E+08 30
Muratura a conci sbozzati,
con paramento di limitato
spessore e nucleo interno
13 0.93 2000 1860.00 0.50 0.50 1020 5.10E+08 4.74E+08 2.14E+08 1.99E+08 30
20
Attraverso opportuni comandi, scritti in un file di testo .dat, è stato possibile assegnare al
modello le proprietà dei blocchi e dei giunti.
Tali comandi verranno illustrati brevemente di seguito:
• set ovtol - definisce il livello di tolleranza di compenetrazione tra i blocchi;
DEFINIZIONE DELLE DENSITA' DEI BLOCCHI RIGIDI
• table n – inserimento delle coordinate n del perimetro della zona d’interesse; con
questo comando vengono individuati tutti i blocchi e i giunti rientranti nel perimetro n
inserito;
• change mat n range inside table n - il materiale n viene assegnato al gruppo di blocchi
individuati da table n;
• property mat n density_ - assegna al materiale n la densità di massa (ρ) moltiplicata per
lo spessore (t).
DEFINIZIONE DELLE PROPRIETA' DEI GIUNTI
• change jcons 2 jmat n range inside table n - il j-materiale n viene assegnato al gruppo di
blocchi individuati da table n
• jcons 2 – richiama l’utilizzo del modello alla Mohr-Coulomb per rappresentare
l’interfaccia;
• property jmat 2 jkn_ jks _ jfriction_ jtension_ jcohesion_ - assegna al j-materiale n le
proprietà relative al modello di Mohr-Coulomb ;
• jkn – rigidezza normale;
• jks – rigidezza tangenziale;
• jfriction – angolo d’attrito;
• jtension – resistenza a trazione;
• jcohesion – coesione.
Esiste inoltre un altro modo per assegnare le proprietà dei giunti attraverso il comando
joint model area ma il procedimento è pressoché lo stesso.
DEFINIZIONE DELLE CONDIZIONI DI VINCOLO
• fix range xmin ymin xmax ymax – assegna al brocco di fondazione la condizione di vincolo; in
particolare con fix si vuole simulare un incastro.
Nei tratti dove c’è un cambiamento di spessore (t) della sezione ortogonale alla facciata
studiata, le caratteristiche dei giunti vengono assegnate seguendo due criteri: nel coso in
21
cui c’è un interazione tra due blocchi distinti si assegna al giunto lo spessore minore tra
quello dei due blocchi a contatto; nel secondo caso, quando la variazione avviene
all’interno di uno stesso blocco, si vuole simulare che il blocco sia unico, si parla di “giunti
incollati” , in questa situazione si assegnano valori molto elevati alle caratteristiche
meccaniche dei giunti.
Nelle figure 14, 15 e 16 si può osservare come vengono visualizzati in Udec le proprietà
appena descritte:
Figura 14: assegnazione proprietà ai blocchi in UDEC
22
Figura 15: assegnazione proprietà ai giunti in UDEC
Figura 16: assegnazione vincolo al blocco di fondazione in UDEC
23
3.4 ANALISI QUASI STATICA SOTTO IMPULSI E AZIONI SISMICHE
Il meccanismo di collasso di strutture murarie per casi semplici è facilmente individuabile a
priori, ma in situazioni più articolate sono più apprezzate le potenzialità del modello a
elementi distinti, in quanto è possibile riprodurre in modo dettagliato tutte le componenti
della struttura analizzata; applicando poi un’accelerazione orizzontale o carichi verticali, via
via crescenti, è possibile portare al collasso la parete schematizzata così come sarebbe
realmente avvenuto nella realtà.
Per quanto riguarda il caso oggetto di studio, è stato ritenuto opportuno osservare come le
lesioni presenti nell’ultimo pilone della struttura influenzano la stabilità dell’intero tratto
dell’Acquedotto in quanto il collasso locale dell’ultimo pilone potrebbe innescare una sorta
di “reazione a catena”, provocando il successivo crollo delle parti adiacenti.
Attraverso il software UDEC, implementando la procedura che verrà illustrata di seguito, è
possibile costruire la curva di accelerazione–spostamento, ottenuta mediante incrementi
crescenti di accelerazione orizzontale, monitorando lo spostamento di un certo punto di
controllo posto alla sommità della facciata ed il valore dello spostamento ultimo, secondo
l’approccio dell’analisi statica non lineare (pushover).
3.4.1 APPLICAZIONE DEL CARICO GRAVITAZIONALE
Per riprodurre le caratteristiche reali della struttura allo stato attuale, assegnata la
geometria e le caratteristiche dei materiali, non resta che attribuire a ogni blocco
l’accelerazione di gravità, pari a 9.81 m/s2. Inoltre vengono inserite le coordinate di un
punto posizionato a una certa quota d’altezza della struttura, esso verrà utilizzato come
punto di controllo per monitorare nel corso dell’analisi lo spostamento e accelerazione
della struttura.
È possibile assegnare l’accelerazione di gravità in uno o più step, si è notato che i risultati
sono pressoché gli stessi mentre i tempi computazionali crescono sensibilmente
all’aumentare del numero degli step utilizzati; per tale motivo si è deciso di assegnarlo in
un unico step. Nella figura 17 si può osservare l’abbassamento verticale del punto di
controllo in funzione del tempo di applicazione del carico gravitazionale.
Figura 17: spostamento verticale del punto di controllo
Per eseguire l’analisi è necessario scegliere una delle
programma mette a disposizione,
(auto), in modo da ottenere la convergenza il più velocemente possibile. Il
stiamo analizzando è dinamico ma es
quanto gli effetti dinamici si smorzano velocemente e quindi non vengono considerati,
possibile fare tale assunzione solo se si utilizza un parametr
Secondo il manuale del programma lo smorzamento di default per tali analisi è quello
e risulta anche il più adatto a minimizzare le oscillazioni che possono nascere per un brusco
collasso del modello. Inoltre, sempre secon
quando la velocità passa periodicamente per lo zero e quindi non ha una direzio
prevalente, rispetto a quella
Figura 17: spostamento verticale del punto di controllo con l’applicazione
dell’accelerazione di gravità
Per eseguire l’analisi è necessario scegliere una delle due tipologie di smorzamento che il
programma mette a disposizione, default local damping (local) o adaptive global damping
in modo da ottenere la convergenza il più velocemente possibile. Il
stiamo analizzando è dinamico ma esso viene risolto attraverso un’ analisi quasi statica, in
quanto gli effetti dinamici si smorzano velocemente e quindi non vengono considerati,
assunzione solo se si utilizza un parametro di damping molto elevato.
econdo il manuale del programma lo smorzamento di default per tali analisi è quello
e risulta anche il più adatto a minimizzare le oscillazioni che possono nascere per un brusco
collasso del modello. Inoltre, sempre secondo il manuale, esso risulta più efficiente
quando la velocità passa periodicamente per lo zero e quindi non ha una direzio
prevalente, rispetto a quella auto, che invece applica un fattore di smorzamento costante.
Figura 18: smorzamento
24
l’applicazione
tipologie di smorzamento che il
adaptive global damping
in modo da ottenere la convergenza il più velocemente possibile. Il problema che
so viene risolto attraverso un’ analisi quasi statica, in
quanto gli effetti dinamici si smorzano velocemente e quindi non vengono considerati, è
o di damping molto elevato.
econdo il manuale del programma lo smorzamento di default per tali analisi è quello local
e risulta anche il più adatto a minimizzare le oscillazioni che possono nascere per un brusco
esso risulta più efficiente
quando la velocità passa periodicamente per lo zero e quindi non ha una direzione
che invece applica un fattore di smorzamento costante.
25
Un comando molto utile è il solve, esso viene usato per portare avanti l’analisi finché un
parametro raggiunge un certo valore di default o un valore reimpostato. Si da al
programma questo comando ogni volta che si incrementa l’accellerazione. Il programma
mette a disposizione tre tipologie del comando: solve average il cui parametro di controllo
è dato dalla media delle forze non bilanciate, diviso la media di quelle applicate su tutti i
blocchi del modello; solve local il cui parametro di controllo è dato dal valore massimo di
forza non bilanciata, diviso la forza applicata su tutti i blocchi; solve maximum il cui
parametro di controllo è la massima forza non bilanciata, diviso la media di quelle applicate
su tutti i blocchi. Per l’applicazione dell’accelerazione di gravità si è visto che tutti e tre i tipi
di solve danno valori pressoché simili perciò si utilizzato il solve average, che è quello di
default. In questo caso , siccome non ci sono problemi di convergenza, usare il solve facilita
notevolmente il lavoro dell’utente che non deve ipotizzare un certo numero di cicli
necessari per arrivare a convergenza. In questo modo si dovrebbe evitare maggiormente la
possibilità di commettere errori e si rende la procedura quasi automatica e quindi più
affidabile.
3.4.2 APPLICAZIONE DEGLI INCREMENTI DI CARICO ORIZZONTALE
In primo luogo viene creato un file contenente la routine “blocchi” in cui viene calcolata la
massa partecipante e la frazione di massa partecipante come da normativa.
In secondo luogo, attraverso una procedura automatica, si fa applicare al programma
l’accelerazione orizzontale, partendo gradualmente da un valore iniziale a0 pari a 0 m/s2,
incrementandola di una certa variabile dac inizialmente apri a 0.05 m/s2 e monitorando
spostamento e velocità di un certo punto di controllo impostato. Per ogni step di carico
viene definito un nuovo valore di accelerazione paria a1 = a0 + dac. Così facendo si descrive
la prima parte della curva di velocità – spostamento che parte da zero e arriva al valore
massimo di accelerazione orizzontale, pari all’accelerazione per la quale si innesca il
meccanismo di ribaltamento della struttura.
In particolare viene definita un’altra variabile max_cyc, definita dall’utente, utilizzata per
assegnare il massimo numero di cicli del solve (in questo caso è stato imposto pari a
200000).
La procedura prevede due controlli sulla convergenza:
• nel primo si confronta la velocità media del meccanismo con un valore di tolleranza in
velocità Toll_v impostata dall’utente che, come primo tentativo, risulta essere pari a 2E-06
ma che può essere leggermente variato a seconda dei risultati dell’analisi. Se il valore della
velocità media risulta essere molto basso, inferiore alla tolleranza imposta, significa che lo
26
spostamento raggiunto è molto vicino a quello iniziale, in rapporto all’intervallo temporale
intercorso. Si è trovata quindi la convergenza in quanto in un certo tempo il punto di
controllo si è spostato di una quantità trascurabile; si può quindi assumere che la parete sia
in equilibrio.
• nel secondo si controlla se il numero di cicli impiegati dal solve è minore di quello
massimo imposto dell’utente con max_cyc; in tal caso si è raggiunta la convergenza.
Ogni volta che la convergenza viene trovata, il programma registra le coordinate (x,y) del
punto di controllo associate all’accelerazione applicata, che risultano variate rispetto alla
posizione prima dell’applicazione dell’accelerazione orizzontale; viene quindi applicato un
nuovo incremento di carico orizzontale pari a dac. Se la convergenza non viene trovata, la
procedura riparte dai risultati ottenuti dall’ultimo equilibrio raggiunto, e invece di applicare
un incremento di carico pari a dac ne applica uno pari a dac/2 (tale valore potrebbe essere
più volte dimezzato finché non si ottiene la convergenza).
Infine si fa generare al programma un file Spostamento-Accelerazione-MassaPart.dat : in
cui vengono annotate nella prima linea in alto le coordinate iniziali del punto materiale;
nelle righe successive viene generata una tabella in cui, in funzione del numero di passi
(step n) effettuati nell’analisi, vengono riportati gli spostamenti in direzione x e y (xdisp_pc
, ydisp_pc) e l’accelerazione (a) del punto monitorato , la frazione di massa partecipante
(ep), la massa partecipante (Mp), il numeratore e il denominatore della massa partecipante
(Mpar_num , Mpar_dem) e infine il numero di cicli che sono stati necessari per fa girare
l’analisi (cycle). Tutto ciò si può osservare nella figura 19.
Figura 19: file Spostamento-Accelerazione-MassaPart.dat generato da Udec
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3.4.3 DETERMINAZIONE DELLO SPOSTAMENTO ULTIMO
Per determinare la curva di pushover bisogna determinare anche il ramo discendente ,
successivo al raggiungimento dell’accelerazione massima. Tale tratto viene considerato
lineare e viene determinato congiungendo il valore dell’accelerazione massima con il valore
dello spostamento ultimo.
Lo spostamento ultimo è il valore limite di configurazione instabile, oltre tale il quale la
parete ribalta e quindi non potrà mai più tornare alla sua posizione di equilibrio. Per questo
spostamento avviene il cambio di segno del lavoro compiuto dal peso proprio della parete,
quindi è stato calcolato come quello a cui corrisponde il massimo valore di energia
potenziale dei blocchi. Il punto di controllo scelto per la parete non è, come nelle analisi
precedenti, un punto di controllo prefissato, ma dipende dalle masse e dagli spostamenti
dei blocchi. Viene quindi definito tale spostamento come la media tra gli spostamenti dei
blocchi, pesata in base alla loro massa e al valore dello spostamento stesso. Così facendo,
nel calcolo vengono considerati solo i blocchi che si muovono, cioè che hanno uno
spostamento diverso da zero, e inoltre hanno maggiore rilevanza quelli con massa
maggiore.
Per lanciare l’analisi si parte dell’accelerazione massima trovata in precedenza, tale valore
viene ulteriormente incrementato per dare una “piccola spinta” ulteriore alla struttura;
fatto ciò non si applica più alcuna accelerazione alla struttura ma il programma viene fatto
ciclare finche non si raggiunge la configurazione instabile (è come se si desse una piccola
spinta a un oggetto e poi lo si lasciasse libero di muoversi, se la spinta è stata
sufficientemente intensa, l’oggetto inizierà a muoversi e dopo un certo arco di tempo
perderà il suo l’equilibrio).
Infine si fa generare al programma un file SpostamentoUltimo.dat dove nella prima riga
viene registrato il valore dello spostamento ultimo e nella seconda il numero di cicli che
sono stati necessari per ottenere tale risultato. Come mostrato in figura 20.
Figura 20: file SpostamentoUltimo.dat generato da Udec
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3.4.4 RISULTATI
Nella figura 21 viene riportata la curva accelerazione – spostamento ottenuta, per il punto
di controllo di coordinate X= 28.42 m e Y=9.52m, seguendo la procedura appena illustrata.
Figura 21: curva accelerazione – spostamento
Nella tabella seguente vengono riportati i risultati che meglio caratterizzano l’analisi
effettuata:
Udec oltre che fornire i risultati numerici mostra, attraverso immagini, le varie
configurazioni che la struttura assume nel corso dell’analisi. Risulta di notevole importanza
osservare quando la struttura raggiunge il valore limite di configurazione instabile,
corrispondente al raggiungimento dello spostamento ultimo dk. In tale situazione si vede,
in modo chiaro, il cinematismo di collasso che si è innescato (figura 22).
accelerazione massima amax (m/s^2) 1.48
frazione di massa partecipante e* (-) 0.80
massa partecipante Mp (kg) 954910
spostamento ultimo del nodo di controllo dk(m) 0.51
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Figura 22: configurazione in corrispondenza dello spostamento ultimo in Udec
4 BIBLIOGRAFIA
• International Journal of Architectural Heritage: Conservation, Analysis, and Restoration.
Discrete Element Modeling of Masonry Structures. Josè V. Lemos.
• Seismic Behavior of Blocky Masonry Structures. Joӑo Azevedo, M. Eeri, Gabriela
Sincraian, J.V. Lemos.
• Roma archeologia. Le scoperte più recenti della città antica e della sua area suburbana.
Carmelo Calci.
• Manuale Udec.