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PROGETTO BORSE DI RICERCA 2006 Progetto: Imparare la Matematica giocando a carte 1 RELAZIONE FINALE BORSISTA NOME COGNOME Grazia Pia Trisolini TITOLO PROGETTO Imparare la Matematica giocando a carte AMBITO Scientifico

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PROGETTO BORSE DI RICERCA 2006

Progetto: Imparare la Matematica giocando a carte 1

RELAZIONE FINALE

BORSISTA NOME COGNOME Grazia Pia Trisolini TITOLO PROGETTO Imparare la Matematica giocando a carte AMBITO Scientifico

PROGETTO BORSE DI RICERCA 2006

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DESCRIZIONE DELL’ATTIVITA’ • ASPETTI QUANTITATIVI

Inizio attività: inizio dell’anno scolastico 2005/ 2006; termine attività: fine anno scolastico. Allievi coinvolti: 6 classi prime degli Indirizzi Linguistico, Scientifico, Amministrativo, e Grafico per un totale di 143 allievi; 3 classi seconde del Linguistico e del Grafico per un totale di 78 allievi. In totale gli allievi testati sono stati 221. Collaboratori: la prof.ssa Emilia Salucci tutor affiancatomi dall’IRRE Lombardia, i Dirigenti Scolastici prof. Alberto Berardocco e prof. Mauro Zoli, i colleghi dell’Istituto Gadda di Paderno Dugnano proff. Rosetta Catino, Brunella Pessina, Patrizia La Grassa, Michela Cavaliere, Maria Maraventano, Laura Barbiero, Tommaso Spina, i colleghi docenti di Matematica della SMS Tridentina di Brescia, prof.ssa Silvana Puzone dell’ITT Pier Paolo Pasolini di Milano, prof.ssa Anna Mascolo della SMS Cecco Angiolieri di Siena, le insegnanti elementari della provincia di Milano Maria Antonietta Longo e Maria Silvana Prisco, Luciana Trisolini docente di Lingue Straniere di Predazzo (TN), Matilde Trisolini Ergoterapista di Lugano. Risorse economiche destinate dalla scuola al progetto: nessuna Risorse strutturali e strumenti utilizzati: carte da gioco.

• ASPETTI QUALITATIVI

Modifiche significative apportate al progetto rispetto alla formulazione iniziale: nessuna Percorso operativo realizzato: vedi diario della sperimentazione. Metodi di insegnamento/apprendimento: peer to peer nelle sessioni di gioco; problem posing e problem solving attraverso proposte di lavoro vicine alla realtà esperienziale degli allievi. Procedure: individuazione della problematica da studiare come ad esempio la motivazione, le difficoltà di apprendimento, la tipologia degli errori ecc..; studio della problematica attraverso l’analisi degli elementi in gioco; discussione in classe con gli studenti e rilevazione delle loro opinioni; analisi delle verifiche svolte sugli argomenti oggetto dell’indagine, nelle varie classi prese in considerazione; rilevazione dei dati statistici; elaborazione dei dati statistici. Soluzioni organizzative adottate: le opinioni degli allievi sono state raccolte attraverso questionari con domande aperte; le verifiche da sottoporre ad analisi sono state depositate dai colleghi in presidenza in modo che io potessi visionarle tutte le volte che ne avessi necessità. Approfondimenti teorici personali effettuati sul tema: Gli errori e le performance a confronto: senza i giochi di carte e con i giochi di carte Le dinamiche di apprendimento degli allievi nei confronti della Matematica La motivazione degli allievi allo studio della Matematica: boicottaggio e/o collaborazione. Intreccio tra Matematica e vita quotidiana. Ruolo dei genitori nel disamore dei figli per lo studio in generale e per la Matematica in particolare.

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VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ Valutare risultati e ricaduta sulla didattica • Cosa è cambiato negli alunni?

- rispetto agli apprendimenti: maggiore partecipazione attiva e riflessione, minor uso dell’apprendimento mnemonico.

- rispetto alle motivazioni: maggiore consapevolezza • Cosa è cambiato in lei? Quali sono stati i guadagni in termini professionali ?

E’ cambiata l’ottica con la quale guardo al mio lavoro. Sono molto più attenta a tutte le variabili che possono influenzare la riuscita degli allievi. E’ migliorata la mia capacità di analisi delle loro dinamiche di apprendimento. Ho acquisito maggiore consapevolezza delle capacità degli allievi e maggiore precisione nella misurazione dei loro progressi. Sono diventata conscia di stare portando avanti un lavoro innovativo ed ho imparato a fare i conti con lo sconcerto e l’incomprensione da parte di allievi, colleghi e genitori senza farmene sopraffare.

• Ricadute che possano essere fatte risalire a questa esperienza - sull’équipe di docenti: passaggio dall’indifferenza, alla curiosità e poi alla collaborazione. - sul contesto scolastico: abbattimento nelle mie classi del numero di debiti formativi e miglioramento delle valutazioni quadrimestrali in Matematica. - sulle famiglie: da un iniziale sconcerto ad una riflessione sul proprio ruolo nel successo scolastico dei propri figli, col passaggio, nel corso degli anni, dalla contrapposizione alla collaborazione.

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VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA Esprimere alcune considerazioni personali sulla valenza formativa dell’esperienza “Borse di ricerca”, in particolare sulla funzione tutoriale nel rapporto uno-a-uno L’attività di ricerca è talmente diversa dalla normale pratica didattica che senza il supporto di un esperto non sarei riuscita ad affrontare ed organizzare la mole di lavoro riguardante soprattutto l’aspetto statistico del progetto. Nel mio caso la funzione tutoriale è stata fondamentale per capire come svolgere il lavoro di ricerca e come documentarlo. Inoltre è stata di incoraggiamento nei momenti più difficili, quando subentravano stanchezza e scoraggiamento. Indicare le acquisizioni sul tema specifico relativo all’area di indagine

Nella mia ricerca ho indagato, tra l’altro, lo sviluppo delle competenze logico-argomentative (vedi: Il linguaggio matematico; Correlazione tra il linguaggio matematico e la lingua italiana), l’incremento della motivazione nello studio della Matematica (vedi: Gli allievi e la Matematica; La motivazione; La macchina della collaborazione; Cosa c’entrano gli insiemi con l’inconscio? ), la possibilità di migliorare l’apprendimento (vedi: Errori e performance a confronto: con i giochi di carte e senza; Le difficoltà di apprendimento; Dare un supporto alla Matematica), il ruolo dei genitori (vedi: E i genitori?).

Paderno Dugnano, lì 24 giugno 2006 FIRMA

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RIFLESSIONE SULL’ATTIVITA’

Progetto Borse di ricerca IRRE Lombardia ♥ ♦ ♣ ♠

COME IMPARARE LA MATEMATICA GIOCANDO A CARTE

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Diario di una sperimentazione

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“Compito prioritario della nuova scuola è la creazione di ambienti idonei all’apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione – studio individuale – interrogazione, per dare vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi. Queste comunità dovranno essere caratterizzate dal ricorso a metodi di insegnamento capaci di valorizzare simultaneamente gli aspetti cognitivi e sociali, affettivi e relazionali di qualsiasi apprendimento.” (Dal Documento dei Saggi relativo alle conoscenze fondamentali su cui si baserà l’apprendimento dei giovani nella scuola nei prossimi decenni)

20 ottobre 2001 – Che noia i giochi di carte

“Allora, stasera non giochiamo?” Da quando è mia ospite, mia madre pretende di giocare a carte tutte le sere. Io non ho nessuna simpatia per le carte e considero una perdita di tempo giocarci, ma per accontentare mia madre, ho imparato il Buracco e il Macchiavelli e, per non fare discussioni, ho comprato un libro sui giochi di carte. Ogni volta che devo giocare con lei i suoi giochi preferiti, mi annoio mortalmente e penso a quanto siano senza senso le regole di questi giochi e a quanto sia altrettanto insensato perdere tempo ad impararle; vuoi mettere quanto siano più belle le regole della Matematica!

Ma tu guarda se mi tocca star qui a giocare questi stupidi giochi invece di pensare una qualche soluzione a tutti i grattacapi che mi danno i miei allievi di seconda che non si ricordano più niente della scomposizione in fattori dei polinomi studiata lo scorso anno. Con tutto il tempo che gli ho dedicato, con tutti i diversi approcci usati per affrontarla: significato geometrico in due e in tre dimensioni con costruzione di modelli in cartoncino e con i cubetti di legno, riflessione sulla struttura delle regole, memorizzazione in classe, un centinaio di esercizi tutti rivisti insieme e corretti anche con spiegazioni individuali, per non parlare delle ore di recupero pomeridiano per i soliti “sfaticati” e delle decine di esercizi assegnati da svolgere durante le vacanze estive. Niente, è come se non avessi fatto niente! La stessa storia tutti gli anni! E dopo una brutta mattinata a scuola, stasera devo pure sopportare la manìa di mia madre per le carte.

Se almeno le regole del gioco avessero un qualche senso! Se al loro posto ci fossero delle regole matematiche almeno varrebbe la pena perderci del tempo per impararle. Cribbio! … e se inventassi dei giochi usando proprio le regole della scomposizione in fattori che le mie “polpette ambulanti” (è questo uno dei tanti nomignoli con i quali apostrofo i miei allievi insieme a “patatine fritte”, “ammasso di cellule indifferenziato”, “noci di cocco”) non riescono a digerire? Non è Bruner che dice che ogni apprendimento deve necessariamente passare attraverso la manipolazione di oggetti reali?

Tutti dormono già da un pezzo, ma io sono ancora qui con le carte tra le mani che cerco di operare un innesto per creare un ibrido: voglio individuare un gioco di carte adatto, togliergli il nucleo costituito dalla sua regola e sostituirlo con una delle regole di scomposizione. 21 ottobre 2001 - Costanti e variabili nei giochi di carte

E’ domenica sera, ho passato la giornata a leggere il libro sui giochi di carte ed ho capito che tutti i giochi possono essere distinti in tre categorie: i solitari, i giochi in cui per vincere bisogna formare delle sequenze ( Ramino, Scala 40, Poker, Bridge, Buracco, Macchiavelli, ecc…) e i giochi in cui bisogna raccogliere da terra delle carte da conservare in un mazzetto personale.

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E poi ho imparato che ci sono delle costanti in tutti i giochi, come dei rituali, che si ripetono più o meno uguali sempre: la scelta del mazziere, mischiare le carte, tagliare il mazzo, distribuire le carte, preparare il tavolo da gioco, attribuire un valore a ciascuna delle carte, determinare i punteggi, individuare il vincitore. Il nucleo centrale di ogni gioco è costituito dall’insieme delle regole che cambiano da un gioco all’altro.

Ho deciso: inventerò un gioco per scardinare dalla testa dei miei allievi la convinzione che un quadrato di binomio si esegua elevando al quadrato i due monomi e che la differenza di due quadrati si scomponga con un po’ di fantasia. Il gioco dei quadrati sarà del tipo a sequenze, quindi lo svilupperò come un Ramino. 29 ottobre 2001 – Oggi si gioca a carte

Oggi sono entrata nella prima portando con me tutti i mazzi di carte che ho trovato per casa. Per fortuna anche a mio marito piacciono i giochi di carte e così dai suoi cassetti ho raccimolato 4 mazzi di carte francesi: quelle buone per giocare a Poker. Stamattina sono arrivata presto a scuola e sono riuscita a farmi fotocopiare le regole che ho scritto per il nuovo gioco.

I ragazzi ridono quando mi vedono estrarre dalla borsa i mazzi di carte, io cerco di non allarmarli spiegando loro che, dopo tanto lavorare, ho deciso che sia il caso di prenderci un po’ di pausa per giocare e divertirci un po’. Loro mi guardano sospettosi e sicuramente già pensano a come boicottare anche questa mia nuova iniziativa. Distribuisco le fotocopie e leggiamo insieme ad alta voce quello che ho scritto. “Ma a me non piace giocare a carte!”, “Io perdo sempre!”, “Io non ho mai giocato a carte”, “Cos’è una smazzata?”. La macchina disfattista è già stata messa in moto e tutti cercano di remare contro. Ma a me non è sfuggito il lampo di interesse che si è acceso in qualche sguardo e la resistenza che cercano di fare è molto debole in confronto a quella che riescono a mettere in atto tutte le volte che provo ad illustrare loro un nuovo argomento. Un po’ blandendoli e un po’ minacciandoli di punizioni terribili ed inimmaginabili, riesco a far capire che faccio sul serio e che la prossima volta si giocherà a carte. 10 novembre 2001 – E’ proibito giocare a carte a scuola

E’ circa una settimana che giochiamo il gioco dei Quadrati, è una settimana che loro inventano scuse: mi sono dimenticato di comprare le carte, ho lasciato a casa le fotocopie del gioco, non sono capace, perdo sempre … Però qualcosa funziona: ci sono dei momenti in cui sono davvero presi dal gioco e si divertono intanto che le loro menti rielaborano e si impossessano delle regole anche contro la loro volontà.

Ogni tanto mi capita di incontrare sul treno o al supermercato uno dei miei ex allievi e loro mi chiedono: “Usa ancora i bottoni per insegnare?” oppure: “Usa ancora i cubetti?” ed io rispondo loro: “No, ora giochiamo a carte in classe”.

Quando i bidelli entrano in classe per portare qualche circolare trasecolano. Antonello ha voluto mettermi sull’avviso e quando oggi mi ha visto uscire dall’aula mi ha preso da parte e mi ha detto: “Ma lo sa che è proibito giocare a carte a scuola?” Io l’ho tranquillizzato dicendogli che non gioco a carte, ma che insegno Matematica con le carte. Lui mi ha guardata molto dubbioso. Forse è tempo che formalizzi e che dia una veste ufficiale a questa mia idea, domani andrò a parlare col Preside, Dio me la mandi buona.

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12 gennaio 2002 – I bachi nei giochi

Il preside, prof. Berardocco, non ha fatto una grinza quando ho incominciato a spiegargli che ero lì per chiedergli il permesso di sperimentare nelle mie classi del biennio un nuovo metodo di lavoro basato sull’uso delle carte da gioco. Non ho avuto per niente bisogno di convincerlo, ho sfondato una porta aperta. In cambio, oltre a chiedermi di fargli avere al più presto il fascicolo con i giochi da me inventati, mi ha chiesto una fotocopia delle regole del Buracco, ed io ho rischiato di rovinare tutto dicendogli che si trattava di regole davvero stupide in confronto a quelle matematiche dei miei giochi. Quando imparerò a tenere chiusa la mia boccaccia?

Ho passato le vacanze di Natale a giocare a carte da sola con me stessa, provando e riprovando i giochi, finché non mi sembrava che potessero funzionare. Ma ho imparato a mie spese che l’unico modo per poter essere sicuri che un gioco funzioni è di giocarlo più volte con una persona reale, perché le varianti sono davvero troppe da prevedere. Spiegherò ai miei allievi che i giochi da me inventati hanno bisogno di essere messi a punto e mi farò aiutare da loro a cercare gli eventuali “bachi” che vi si annidano, per poterli migliorare il più possibile. 27 febbraio 2002 – Il parco giochi

Quella di coinvolgere gli allievi nel controllo dei giochi è stata proprio una buona idea. In poche sessioni di gioco è stato possibile correggere alcuni errori e modificare qualche passaggio per rendere più fluido e scorrevole il tutto. Il mio “parco giochi” va sempre più arricchendosi ed attualmente riguarda: la regola dei segni, le potenze, il quadrato e il cubo del binomio, il trinomio particolare, la somma o la differenza di potenze con uguale esponente.

Devo assolutamente idearne uno per la divisione col metodo di Ruffini perché in quinta non posso nominarla senza scatenare una reazione di sconforto generale. 25 ottobre 2002 – Gioco e caos creativo

Quest’anno il corso di recupero del debito formativo in Matematica per i miei allievi della ex classe prima l’ho svolto facendoli giocare a carte. Durante le vacanze estive ho ideato nuovi giochi, ma soprattutto ho programmato in dettaglio la modalità di conduzione delle attività in classe, per evitare il caos creativo che talvolta, mio malgrado, caratterizza le sessioni di gioco:

“Il professore funge da arbitro. A controprova del fatto che la partita è stata condotta correttamente, i giocatori devono sempre documentare per scritto le prese o le calate effettuate, a seconda del gioco. L’arbitro potrà, in caso di errore, annullare la presa o la calata abbassando, di conseguenza, il punteggio del giocatore. Il lavoro in classe si svolge attraverso l’organizzazione di veri e propri tornei, costituiti da più partite.

Il primo turno serve per individuare attraverso i punteggi le coppie di giocatori più idonee a confrontarsi, ciò al fine di promuovere l’apprendimento reciproco evitando confronti infruttuosi tra allievi che non conoscono ancora bene le regole o che non abbiano sviluppato efficaci strategie di gioco. Il punteggio totale conseguito da ciascun allievo alla fine del torneo, previo controllo dell’insegnante che potrà confermarlo o rettificarlo, permetterà la valutazione dei progressi.” 21 aprile 2003 – I mazzi di carte in miniatura

Mia sorella Matilde, che vive a Lugano e si occupa di Ergoterapia per il recupero di bambini handicappati, mi ha incoraggiata a continuare perché anche lei usa dei giochi di carte come strumento per sviluppare e potenziare le capacità cognitive dei suoi piccoli pazienti svantaggiati. Si

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tratta di giochi di livello elementare, ma efficaci per prendere dimestichezza con i numeri Naturali. Matilde mi ha suggerito di usare carte di formato ridotto ed in effetti il piccolo mazzo di carte austriache che mi ha regalato è molto più maneggevole di quelli da me usati finora, ma soprattutto attira molto l’attenzione dei miei allievi che fanno a gara per giocare con me pur di adoperarlo.

Chissà se è possibile inventare dei giochi anche per l’Insiemistica, ci penserò. Intanto ho scoperto che le carte in formato ridotto non sono facili da reperire, le ha la Rinascente e, sempre a Milano, un cartolaio in via Piero della Francesca. Comprerò un numero di mazzi sufficiente per la prima e la seconda classe che conserverò a scuola, sempre pronti al bisogno. Ad inizio d’anno farò “comprare” a ciascun allievo un singolo mazzo di 54 carte.

Nel frattempo devo trovare rimedio ad un nuovo atto di boicottaggio ideato dagli allievi: la sparizione delle carte. Ogni mazzo sarà numerato in modo che ad ogni allievo ne corrisponda uno. Se nel corso dell’anno andrà persa o danneggiata anche solo una carta, il proprietario del mazzo dovrà ricomprarlo, versando nuovamente il suo prezzo. 14 maggio 2004 – Convegno 2004: “Matematica e scuola: facciamo il punto”

Ecco finalmente l’occasione che aspettavo per condividere col maggior numero possibile di colleghi la mia esperienza di questi anni con i giochi di carte. Insieme alla prof.ssa Rosetta Catino che, avendomi sostituita nelle classi durante una mia assenza lunga un mese ha potuto constatare di persona la validità del metodo, decidiamo di presentare il mio lavoro di questi anni al convegno: “Matematica e scuola: facciamo il punto” che ogni anno si tiene in ottobre a Milano, presso l’ITT A. Gentileschi. Prepariamo l’approfondimento che a fine convegno sarà pubblicato sul fascicolo edito dalla Ghisetti e Corvi che riassumerà i lavori del convegno. 15 ottobre 2004 – Giochi per elementari e medie

Gli allievi dell’Indirizo Grafico hanno preparato i due poster sui giochi di carte matematici per il convegno. E’ stato facile trovare degli allievi della classe prima Linguistico entusiasti di partecipare al workshop per aiutarmi ad illustrare ai colleghi i giochi di carte. Conoscono solo il gioco dei segni e quello delle potenze, ma a loro non è parso vero di spiegare qualcosa di nuovo a dei docenti. Con pazienza e cognizione di causa hanno risposto alle domande, mostrato i loro quaderni con le registrazioni delle partite e dimostrato con prove di gioco in cosa consiste il metodo.

Le 100 fotocopie che avevamo preparato da distribuire ai colleghi sono andate a ruba, tanto che alla fine del workshoop ai colleghi provenienti dalle più diverse città ho dovuto promettere che avrei spedito per posta le fotocopie a chi non le aveva trovate perché finite. Tutti sono rimasti colpiti dalla mia idea e interessati a metterla in pratica. I colleghi che insegnano alle elementari e alle medie mi hanno chiesto di inventare dei giochi anche per loro ed io ho promesso che glieli farò avere al più presto. 31 Marzo 2005 - Le prove INValSI

Il Decreto legislativo n. 286 del 2004 sull’«Istituzione del Servizio nazionale di istruzione e di formazione» ribadisce che l’obiettivo di tale servizio è di valutare l’efficienza e l’efficacia del sistema “inquadrando la valutazione nel contesto internazionale”. L’INValSI, quindi, “effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità”.

La prova di Matematica per la classe I nella secondaria di II grado si compone di 30 quesiti a scelta multipla (4 alternative) che saggiano le seguenti conoscenze-competenze:

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- numero ed algebra: numeri naturali, operazioni, logica; percentuali, contestualizzazione; confronto di numeri razionali; proprietà e scrittura delle operazioni; calcolo algebrico; proprietà delle operazioni, simbolismo; frazioni, formalizzazione in contesti concreti;

- geometria: relazioni geometriche fondamentali; area e perimetro di figure; - dati e previsioni, logica: interpretazione di grafici; nozione di probabilità; - relazioni e funzioni: scrittura di una dipendenza funzionale; riconoscimento di leggi;

ricavare una relazione da una tabella; proporzionalità diretta in contesto concreto. Quest’anno le prove INValSI sono state proposte a marzo.

Sono circa 4 mesi che faccio lavorare gli allievi di prima sui giochi di carte. Se davvero giocare a carte è servito a qualcosa, dovrebbe risultare nel confronto con le altre classi. Ed infatti risulta eccòme!

Il 50% degli studenti riporta una valutazione medio/alta, il 10,71% una valutazione alta. La classe ha una media del 55,12 con una deviazione standard del 12,94 e con valori che vanno da minimo 30 a massimo 83,33, una moda uguale a 50 ed una mediana pari a 53,33. Con questi risultati la classe risulta essere la migliore tra le classi prime dell’Istituto negli Indirizzi Linguistico, Amministrativo e Grafico. Inoltre la percentuale di risposte corrette per item risulta superiore nel 53,33% dei casi ai risultati sia della provincia di Milano che della regione Lombardia.

Ce n’è abbastanza per ipotizzare che giocare a carte non ha certo danneggiato i miei allievi, anzi forse è tornato loro persino utile. 4 luglio 2005 – Una e-mail Contatto via email la prof.ssa Silvana Puzone dell’I.T.T. “Pier Paolo Pasolini” di Milano che ho conosciuto al Convegno 2004: >Gentile collega, >ti sarei grata se tu mi facessi sapere se hai avuto modo di applicare nelle >tue classi la metodologia didattica relativa all'uso delle carte da gioco. SI, e ti ringrazio. >Quanti allievi e di quali classi sono stati coinvolti? Una sola classe, la mia prima superiore, di circa 25 allievi. >Con quale modalità hai organizzato il lavoro in classe? Un torneo tra tutti gli studenti, ad eliminazione. Obiettivo era il recupero di abilità di calcolo. >Quali giochi sono stati utilizzati? Solo quello con i numeri interi. >Hai notato dei vantaggi rispetto all'utilizzo di altre strategie da te messe >in atto? Si, rispetto al recupero fatto rispiegando e facendo fare tanto esercizio di calcolo, ho avuto il vantaggio di trovare gli studenti appassionati al gioco. >Hai registrato dei miglioramenti nel rendimento e/o nella motivazione degli >allievi?

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Si, ho recuperato i più deboli nel calcolo in Z. >Hai altri commenti da aggiungere o consigli da darmi? Per ora no, scusa la fretta ma sono sotto esami di Stato (ed anche mia figlia). Saprò dirti qualcosa di più il prossimo anno: ho intenzione di continuare e, se possibile, di estendere il torneo ad altre prime, dato che i miei colleghi mi sembravano interessati. > >Ti ringrazio infinitamente e ti saluto cordialmente Grazie a te, a presto Silvana Puzone 13 luglio 2005 – La Borsa di Ricerca

L’IRRE Lombardia ha bandito un concorso per 28 Borse di Ricerca. E’ un’occasione da non perdere, preparo subito la lettera con la quale presentare il mio Progetto. 16 luglio 2005 – Lettera di una collega Da Siena mi scrive la collega Anna Mascolo, anche lei conosciuta al Convegno 2004: - Gentile collega, ho illustrato il gioco delle carte alla mia classe di 3^ media. Ha aderito spontaneamente un gruppo misto di 12 allievi che, nei mesi di dicembre e gennaio, mentre gli altri erano impegnati in attività di recupero o di potenziamento, per un’ora alla settimana, ha “giocato a carte”. I giochi utilizzati sono stati: “il gioco dei segni” che ha coinvolto i ragazzi fino a metà gennaio e “le potenze” per circa tre settimane. I ragazzi si sono mostrati molto interessati e ho notato dei miglioramenti nel rendimento e più sicurezza nel calcolo. Nel prossimo settembre presenterò anche agli altri colleghi di Matematica della mia scuola (siamo 6 docenti) questi giochi e penso di inserirli nella programmazione perché ritengo che la Matematica si possa imparare anche giocando. Ti saluto cordialmente. Questa lettera e la precedente e-mail mi fanno molto piacere perché provano che il mio metodo è esportabile e funziona, a prescindere da me. 15 novembre 2005 - Incontro Borse di Ricerca

E così ho vinto una delle Borse di Ricerca messe a concorso dall’IRRE Lombardia. Il mio Progetto è stato apprezzato insieme agli altri 49 ammessi, sui 163 presentati, per la significatività, l’elaborazione esauriente e la ricaduta della riflessione e della ricerca sulle competenze professionali. Ed ora mi ritrovo con una bella responsabilità sulle spalle: ho tempo un anno per mettere a punto e documentare la mia esperienza.

Per fortuna mi hanno affiancato, come tutor, la prof.ssa Emilia Salucci che mi seguirà in questo anno di lavoro.

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30 gennaio 2006 – Gli allievi e la Matematica

In questi anni di sperimentazione, sempre grazie al lavoro con le carte da gioco, ho potuto approfondire la mia conoscenza sugli stili di apprendimento dei miei allievi. Ho imparato ad ascoltarli dando il giusto peso alle loro opinioni e ad interpretare i loro errori ricercandone insieme il vero perché.

Ho chiesto ai 20 allievi (2 erano assenti)) della prima classe ed a 24 allievi (3 assenti) della seconda classe di esprimere le proprie opinioni sui vantaggi o gli svantaggi nell’uso delle carte per l’apprendimento delle regole algebriche ed ecco qui di seguito il risultato della mia indagine. Opinioni degli allievi di prima classe

VANTAGGI f SVANTAGGI f … mi sono serviti per imparare meglio le regole matematiche

65%

… non mi sono serviti per imparare meglio le regole matematiche

35%

… mi ha resa più sicura 5% … si perde troppo tempo 10% … mi è servito a capire i metodi matematici

5% … non mi è servito per le espressioni con frazioni

15%

… mi è servito per capire meglio le potenze 20% … si imparano due regoline messe in croce 5% … è divertente 30% …è meno efficace del metodo tradizionale 35% … nel gioco di carte è facile prendere bei voti

10% … oltre a capire la regola, devo anche capire come si gioca

5%

… mi è servito per esercitarmi a concentrarmi, a elaborare strategie, a ragionare

15%

.. il gioco va a fortuna 10%

… mi è servito a stimolare e elasticizzare la mia mente

5%

… si crea un caos completo e non si sa cosa fare e con chi giocare

5%

… è stato un modo anche per conoscerci meglio tra compagni

10%

… col gioco non mi rimane niente in mente 5%

… mi è servito a migliorare il mio rapporto con la matematica che prima non era sereno

5%

… le verifiche contengono esercizi diversi da quelli sui quali si gioca

10%

… mi è servito a riconoscere eventuali errori 5% … molti prendono alla leggera questi giochi 10% … può servire a riconoscere le proprie capacità, il livello di preparazione e dove si fa più fatica

5%

… costringe a leggere attentamente le regole sul libro per poter eseguire gli esercizi a casa

5%

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Opinioni degli allievi di seconda classe

VANTAGGI f SVANTAGGI f … mi sono serviti per imparare meglio le regole matematiche

71% … non mi sono serviti per imparare meglio le regole matematiche

29%

… mi fanno ragionare 4% … sottraggono tempo alle spiegazioni e agli esercizi

33%

… mi è servito ad acquistare sicurezza 4%

… oltre a capire la regola, devo anche capire come si gioca

4%

… col metodo tradizionale molti non riuscivano a capire

4%

.. il gioco va a fortuna o è favorito chi è più veloce

4%

… è divertente e stimolante 4% … il gioco può essere preso come uno svago 4% … è utile la trascrizione delle giocate sul quaderno

4%

… il gioco potrebbe distrarre dall’apprendimento

8%

… le carte sono qualcosa di concreto, aiutano anche visivamente a memorizzare

4%

… le verifiche contengono esercizi diversi da quelli sui quali si gioca

17%

… la pratica è più utile della spiegazione orale 4% … è stato un modo anche per conoscerci meglio tra compagni

4%

… mi è servito a migliorare il mio rapporto con la matematica che prima non era sereno

13%

… può servire all’apprendimento di procedimenti che con gli esercizi non si capirebbero

4%

Ho così imparato che nell’approccio alla Matematica molti studenti si comportano come dei

conservatori: se hanno già appreso un argomento in un certo modo, non accettano di rivederlo con altra modalità; se hanno un’idea preconcetta ed errata su una procedura, non l’abbandonano neanche davanti all’evidenza dell’errore. Sono anche dei grandi risparmiatori, direi proprio dei taccagni: il percorso più breve, anche se inefficace è preferibile a un percorso lungo, anche se efficace; il semplice, nonostante non porti da nessuna parte, è sempre preferibile al complesso; è meglio non affrontare un compito se questo comporta un eccessivo dispendio di energie mentali; risparmiare è sempre meglio che rischiare di dissipare energie inutilmente. E degli utilitaristi: mai studiare qualcosa se non si è certi che serva a superare la prossima verifica; mai affrontare lo svolgimento di un compito se non si è certi di quanto pesi sulla valutazione; si attivano solo se intravedono la possibilità di ottenere il massimo tornaconto con il minimo investimento. Sono molto prudenti: la paura di sbagliare li blocca e spesso impedisce loro di cimentarsi nella risoluzione di problemi che percepiscono fuori dalla propria portata; non amano confrontarsi con ciò che li potrebbe mettere a mal partito, preferiscono rifiutarlo a priori; meglio ripetere all’infinito quello che si sa già fare piuttosto che avventurarsi in nuovi ambiti sconosciuti; perché abbandonare il certo per l’incerto? Infine sono impazienti: tutto e subito; se dopo un tentativo non riescono, gettano la spugna; al terzo passaggio di un procedimento sono già stufi di aspettare e vogliono sapere come va a finire.

Per diventare dei progressisti dovrebbero convincersi di quanto sia noioso restare ancorati sempre allo stesso posto e di quanto sia divertente viaggiare percorrendo strade nuove, tutte da esplorare. Per imparare a darsi con generosità all’apprendimento, dovrebbero capire che l’intelligenza non si esaurisce con l’uso, ma si centuplica quanto più si esercita e che per questo più tentativi, anche se apparentemente o momentaneamente infruttuosi, sono meglio di nessuno. Per diventare disinteressati al tornaconto immediato dovrebbero riconoscere quanto sia importante per la propria autostima la conoscenza anche se fine a se stessa e convincersi del fatto che davvero chi più sa, più vale. Per diventare audaci dovrebbero avere una grande fiducia in chi li conduce e

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risvegliare in sé il gusto per l’avventura che sicuramente non manca loro. Per imparare ad essere pazienti dovrebbero riflettere di più sul valore del tempo e della memoria.

Tra i “risparmiatori” ci sono quelli del: “E’ inutile, non ho mai capito niente in Matematica”. Ma la scuola non ha proprio il compito di mettere i giovani in condizione di superare le loro predisposizioni “innate”? Per poter trasmettere, oltre ai contenuti, anche tutti gli “strumenti” che lo studente “orientato alla Matematica” già conosce ed usa per attitudine personale, bisognerebbe trasformare la classe in un laboratorio dove allievi e docente, apprendono gli uni dagli altri. Il docente dovrebbe stimolare gli allievi a condividere il suo ruolo per far progredire tutti secondo le rispettive capacità e non rischiare di coltivare solo i talenti innati.

Tra i “prudenti” ci sono quelli che non sopportano di fare brutte figure e che hanno bisogno di essere continuamente incoraggiati con l’offerta di una seconda possibilità, l’apprezzamento di un tentativo buono anche se non riuscito, ma soprattutto con l’offerta di dialogo per capire perché e come le cose non hanno funzionato nel modo previsto.

Gardner dice: “…supponiamo che un bambino, non particolarmente dotato di intelligenza logico-matematica, stia apprendendo un principio matematico, nella qual cosa probabilmente incontrerà delle difficoltà La ragione di ciò è chiara: il principio matematico da imparare (il contenuto) esiste solo nel mondo logico-matematico e dovrebbe essere comunicato attraverso la matematica (il mezzo). Ciò significa che il principio matematico non può essere interamente tradotto in parole (un mezzo linguistico) o in modelli spaziali (un mezzo spaziale). A un certo punto nel processo di apprendimento, la matematica insita nel principio deve “parlare per se”. Nel nostro esempio è proprio a questo livello che il soggetto si imbatte nelle difficoltà: l’allievo (che non è particolarmente “matematico”) e il problema (che è squisitamente tale) non sono in sintonia. La matematica come mezzo ha fallito.

L’insegnante dovrà cercare di trovare una modalità alternativa che conduca al contenuto matematico, ovvero una metafora in un altro mezzo. In tal modo si darà all’allievo la possibilità di imboccare una via secondaria che porta ugualmente alla soluzione del problema, forse impiegando il mezzo di un’intelligenza relativamente sviluppata in quel particolare individuo. La via secondaria non è matematica e a un certo punto l’allievo dovrà ri-tradurla in termini matematici. Senza questa ri-traduzione, ciò che viene imparato tende a restare una conoscenza relativamente superficiale. Nel momento in cui l’apprendimento diviene più complesso, è probabile che la possibilità di traduzione ben riuscita diminuisca. “

Senza la consapevolezza linguistica della natura simbolica ed iconica del linguaggio matematico, lo studente non può comprendere a fondo il perché delle proprie difficoltà. Di fronte ad un testo che illustri un argomento matematico, l’allievo capisce ogni singola parola perché scritta in italiano, ma non per questo si può dare per scontato che abbia compreso il senso di quanto ha letto. Basta provare a porgli delle domande sui contenuti concettuali per sincerarsene, nonostante alla domanda classica: “Hai capito?” la risposta sia invariabilmente affermativa tranne poi, il giorno dopo, sentirsi dire: “In classe mi sembrava tutto chiaro, ma a casa non sono stato più capace di fare gli esercizi.” 20 marzo 2006 – Errori e performance a confronto: con i giochi di carte e senza.

Grazie alla collaborazione dei colleghi dell’Istituto Gadda proff Brunella Pessina, Patrizia La Grassa, Laura Barbiero, Michela Cavaliere, Maria Maraventano, Tommaso Spina, ho potuto studiare le performances degli allievi di 5 classi prime e 4 classi seconde e analizzare la ricaduta che l’uso delle carte da gioco ha sul rendimento dei miei allievi di una classe prima ed una classe seconda dell’indirizzo Linguistico.

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La prima tabella riguarda la capacità di risolvere problemi di insiemistica, riguardanti tre insiemi. Ho preso in considerazione 5 classi prime rispettivamente dell’Indirizzo Scientifico, dell’Amministrativo, del Linguistico e del Grafico per un totale di 112 allievi e 19 allievi della mia classe prima Linguistico.

Frequenza degli errori 112 allievi senza

giochi di carte 19 allievi con i giochi di carte

BASSA (tra 0% e 14%) 17% 21% MEDIA (tra 15% e 49%) 42% 63% ALTA (tra 50% e 100%) 41% 16%

La seguente tabella si riferisce alla statistica degli errori commessi dagli allievi di 5 classi prime dell’Indirizzo Grafico, dello Scientifico e del Linguistico per un totale di 112 allievi e quelli commessi da 20 allievi della mia classe prima Linguistico durante la risoluzione di espressioni numeriche con frazioni e potenze.

Numero allievi

Errori nell’ uso delle parentesi

Errori di segno

Errori nel calcolo

operazioni

Errori di gerarchia calcolo potenze

Errori di gerarchia calcolo

espressioni

Errori su proprietà

delle potenze

Errori di trascrizione

confusione tra gli

operatori

112

11%

15%

31%

20%

12%

49%

11%

5%

20

0%

5%

50%

25%

0%

15%

40%

20%

Giocare a carte ha evitato errori nell’uso delle parentesi e nelle gerarchie di calcolo delle espressioni; ha diminuito quelli sulle regole dei segni e consolidato la conoscenza delle proprietà delle potenze; resta alto il livello di distrazione che forse spiega gli errori di calcolo, di trascrizione e di confusione degli operatori. Per quel che riguarda l’obiettivo di scomporre in fattori un qualsiasi polinomio utilizzando le regole appropriate, le seguenti tre tabelle si riferiscono a statistiche con campioni differenti. La prima riguarda una classe prima dello Scientifico, 4 classi seconde del Linguistico e del Grafico per un totale di 105 allievi e 27 allievi della mia classe seconda Linguistico sulle seguenti regole di scomposizione in fattori dei polinomi:

regole di scomposizione 105 allievi senza giochi di carte 25 allievi con i giochi di carte preciso impreciso scorretto preciso impreciso scorretto Raccoglimento totale 68% 11% 21% 76% 8% 16% Successivi raccoglimenti 58% 16% 26% 52% 20% 28%

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La seconda riguarda una classe prima dello Scientifico, 3 classi seconde del Linguistico e del Grafico per un totale di 84 allievi e 25 allievi della mia classe seconda Linguistico (due allievi hanno smesso di frequentare le lezioni) sulle seguenti regole di scomposizione in fattori dei polinomi:

Scomposizioni 84 allievi senza giochi di carte 25 allievi con i giochi di carte preciso impreciso scorretto preciso impreciso scorretto Trinomio particolare 77% 6% 17% 56% 24% 20% Trinomio qualsiasi 48% 22% 30% 68% 32% 0% Infine la terza statistica riguarda una classe prima dello Scientifico, 2 classi seconde del Linguistico e del Grafico per un totale di 61 allievi e 25 allievi della mia classe seconda Linguistico sulle rimanenti regole di scomposizione in fattori dei polinomi.

Scomposizioni 61 allievi senza giochi di carte 25 allievi con i giochi di carte preciso impreciso scorretto preciso impreciso scorretto Differenza di 2 quadrati 38% 3% 59% 84% 0% 16% Trinomio quadrato binomio 56% 16% 28% 64% 4% 32% Quadrinomio cubo binomio 72% 0% 28% 40% 16% 44% Somma algebrica di 2 cubi 54% 10% 36% 52% 24% 24% In conclusione si può dire che usare le carte da gioco non migliora significativamente le performances degli allievi con buone attitudini per la Matematica, ma aiuta gli allievi, che si trovano più a mal partito, a superare almeno in parte, le proprie difficoltà.

Confrontando la mia esperienza con quella dei colleghi è emerso che, qualunque sia il metodo di insegnamento, la maggior parte degli allievi, quando affronta un esercizio di scomposizione in fattori di polinomi, non riconosce né distingue l’ambito di applicazione di ciascuna regola perché gli sfugge il nome corretto degli enti in gioco, ma cerca di applicare la sequenza risolutiva mnemonicamente per analogia con altri esercizi già svolti. Per questo motivo, paradossalmente, la costruzione di mappe concettuali esaustive sull’argomento invece di aiutare, mette ancor più in difficoltà l’allievo, e quanto più si cerca di attivare capacità logico - deduttive tanto più l’impresa si rivela fallimentare. A differenza di quanto si potrebbe evincere dalla statistica (in effetti il campione di riferimento è troppo piccolo) la difficoltà maggiore gli allievi la incontrano quando devono scomporre un quadrinomio cubo del binomio, proprio come evidenziato dai risultati che ottengo nella mia classe.

Attraverso le prove basate sul calcolo algebrico, i giochi di carte e le rappresentazioni geometriche alcuni allievi possono arrivare a individuare con il giusto nome ogni ente, ma il legame tra il nome e la regola da applicare rimane debole. Per esempio: l’allievo sa di trovarsi di fronte ad una differenza di quadrati, riconosce un binomio somma per la sua differenza, ma non “vede” il legame tra i due oggetti. Per dirla con le parole di Jasmine: - Non so dove devo arrivare e per questo non so neanche come iniziare. o quelle di Chiara: - Il difficile è riconoscerli.

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L’esercitazione, a pag. III degli Allegati, è una proposta operativa ideata per tentare di superare questo handicap. Ho preparato 27 cartoncini numerati sui quali erano riportati separatamente: la traccia dell’esercizio, il nome delle regole da applicare ed il risultato. Per esempio:

8

19

1° successivi raccoglimenti; 2° somma di cubi=(binomio somma)(falso quadrato)

3

In due ore di lavoro, in classe, gli allievi devono abbinare le tessere corrispondenti e scrivere i passaggi mancanti per arrivare dalla traccia al risultato o, nei casi più semplici, giustificare l’abbinamento traccia – risultato.

L’esercitazione, svolta da 23 allievi della mia classe seconda (altri due allievi si sono ritirati prima della fine dell’anno), prevedeva due fasi: la prima senza possibilità di alcun ausilio e la seconda con la possibilità di usare un formulario uguale per tutti e precedentemente costruito insieme lavorando sulla mappa concettuale dell’argomento. La prova ha portato i seguenti risultati:

Abbinamenti corretti su 9 richiesti

Numero allievi (senza aiuto formulario)

Frequenza relativa ai 23 allievi

8 o 9 4 17% 6 o 7 5 22% 4 o 5 8 35% 2 o 3 4 17%

1 2 9% 0 0 0%

Nel 57% dei casi l’avere a disposizione il formulario è stato ininfluente o perché gli allievi ne hanno potuto fare a meno (4 allievi) o perché non sono stati in grado di giovarsene (9 allievi). Nel 43% dei casi (10 allievi) l’uso del formulario è stato utile ed ha permesso di effettuare:

Ulteriori abbinamenti corretti

Numero allievi (con aiuto formulario)

Frequenza relativa ai 10 allievi

+5 2 20% +4 1 10% +3 3 30% +2 4 40% +1 0 0%

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I 23 allievi hanno svolto i passaggi intermedi, applicando correttamente le regole di scomposizione con l’aiuto del formulario, secondo le frequenze indicate nella seguente tabella:

Regole di scomposizione

N° degli allievi che applicano la regola correttamente, con

l’aiuto del formulario

Frequenza relativa ai 23 allievi

Raccoglimento totale 13 57% Successivi raccoglimenti 6 26%

Trinomio quadrato del binomio 18 78% Quadrinomio cubo del binomio 15 75%

Differenza di 2 quadrati 8 40% Somma algebrica di 2 cubi 15 75%

Trinomio particolare 14 70% Trinomio qualsiasi 4 20%

Il 13% degli allievi (3 allievi) non è riuscito, nonostante la possibilità di utilizzare il formulario, a giustificare nessuno degli abbinamenti traccia – risultato, non riuscendo a svolgere i passaggi intermedi. L’uso del formulario è stato determinante nel caso delle regole di scomposizione relative al trinomio quadrato del binomio, al quadrinomio cubo del binomio, alla somma algebrica di due cubi e al trinomio particolare. Da notare il risultato fallimentare sulla scomposizione del trinomio qualsiasi: a distanza di 2 mesi dal precedente test positivo, solo il 20% degli allievi ricorda come si applica la regola. 21 marzo 2006 – I colleghi della scuola media di Brescia

La prof.ssa Emilia Salucci, il mio tutor, mi ha chiesto di illustrare il metodo dei giochi di carte ad un gruppo di colleghi di una scuola media di Brescia. I colleghi sono rimasti colpiti dall’idea di poter conquistare i ragazzi alla Matematica facendoli giocare: “Dopotutto l’importante è che imparino le regole.” Alcuni erano meravigliati del fatto che fossi riuscita ad ideare dei giochi ad hoc: “Ma li hai inventati proprio tu? perché non li pubblichi?”

Di tutte le osservazioni una mi ha particolarmente colpita: “Tu indichi i numeri positivi con le carte di colore nero e quelli negativi con le carte di colore rosso, perché? io avrei fatto il contrario.” Rispondo che i ragazzi di solito non prestano sufficiente attenzione ai segni negativi ed indicarli con le carte rosse è un modo per tenere sveglia la loro attenzione. La collega invece percepisce giustamente il “meno” come una “mancanza” ed il nero come più adatto a rappresentarlo essendo “privo di colore”. Ancora una volta le carte mi hanno permesso di entrare in contatto con il mondo interpretativo dell’altro e non solo con la sua più semplice e scontata capacità di comprensione. 25 marzo 2006 – Le difficoltà di apprendimento

In questa classe prima, nelle precedenti lezioni, ho spiegato con metodo tradizionale l’argomento: Prodotto Cartesiano tra Insiemi e Relazioni su un Insieme. Ho fatto leggere il libro di testo in classe, ho assegnato esercizi a casa che abbiamo poi corretto in classe. Oggi vorrei testare la padronanza con la quale gestiscono quanto appreso. Distribuisco i mazzi e chiedo loro di rappresentare con le carte, sul banco, un prodotto cartesiano 3x4. Passano i minuti e nessuno è in grado di farlo. Tutti hanno rappresentato i due assi e qualcuno ha anche inserito delle singole carte

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tra di essi costruendo una tavola pitagorica. Dopo un quarto d’ora di tentativi infruttuosi chiedo loro: - Ma cos’è un prodotto cartesiano?- La risposta corale arriva immediata: - E’ un insieme di coppie ordinate. - ed io: - E dove sono le coppie ordinate in quello che avete rappresentato sul banco?- e loro: - Ah … , allora dobbiamo mettere le coppie!- Pian, piano tutti rappresentano delle coppie tra i due assi, ma girando tra i banchi mi accorgo che alcuni non hanno rispettato il legame tra i valori sugli assi e quelli delle coppie o non hanno rispettato l’ordine all’interno delle coppie. Gli allievi, soprattutto i più bravi che considerano i giochi di carte una perdita di tempo, sono molto sorpresi perché erano convinti di aver capito bene l’argomento ed invece …

Al suono della campanella passo in seconda. Da diversi giorni sono impegnata nella spiegazione della risoluzione delle disequazioni fratte. Credo di essere stata esauriente nell’illustrare l’argomento, ma 4 allieve si lamentano di non aver capito nulla degli intervalli e del legame esistente tra l’intervallo e l’insieme delle soluzioni di una disequazione. Io non so più cosa dire per farglielo capire, allora estraggo un mazzo di carte. Prendo solo carte col dorso rosso e le depongo capovolte una accanto all’altra dicendo: - Queste sono le x della retta dei numeri Reali. - - Ah, sulla retta ci sono le x ! - esclama Francesca. Agli estremi della sequenza di carte rosse depongo due carte dal dorso blu, una a destra e l’altra a sinistra dicendo: - Siccome non posso continuare a deporre carte rosse all’infinito, chiamo questa carta all’estrema sinistra -∞ e quella all’estrema destra +∞ . Non si tratta di numeri ma solo di indicazioni come quelle stradali per avvisare chi le vede che i numeri continuano all’infinito in quella direzione. Scopro una carta della sequenza: è un 5. Cosa vuol dire S1 = {xєR|x>5}? Quante carte devo prendere?- - Ah, le devo prendere tutte da 5 a +∞ ! - - Certo, perché, cosa avevi capito?- - Credevo che la virgola separasse il 5 dal +∞ nella scrittura ]5, +∞) e che quindi gli elementi fossero solo due: il 5 e il +∞. 1 aprile 2006 – Il linguaggio matematico

Sono di nuovo in prima. Gli allievi devono, nell’Universo costituito da un mazzo di carte, rappresentare il prodotto cartesiano di due insiemi inventati da una loro compagna che però, in contraddizione coi suoi intenti, invece di usare il “≤” ha erroneamente usato il “<” scrivendo alla lavagna: A = {x∈U|x è nera, pari e 2<x<6} B = {x∈U|x è rossa, dispari e 3<x<7} Dei 20 allievi, 7 non sono in grado di svolgere l’esercizio assegnato e/o preferiscono non mostrarmi il quaderno rinunciando alla mia correzione; 12 costruiscono comunque un prodotto 3x3, solo due allieve si accorgono dell’errore commesso dalla compagna. Alla mia domanda: - Senza gli “=” non sei autorizzato a considerare né il 2 e il 6, né il 3 e il 7. Perché non ti sei accorto dell’errore?-

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2 rispondono, rivelando una contraddizione: - Io mi sono accorta che c’era l’errore infatti il prodotto cartesiano l’ho fatto giusto. Non l’ho voluto correggere perché pensavo dovesse essere lasciato così. Me ne sono accorta anche perché negli esercizi precedenti ho fatto lo stesso errore e lei me lo ha corretto. - - Sinceramente me ne ero accorta, ma sono stata superficiale e non mi sono soffermata su quello. -

6 confessano una distrazione: - Ero distratta, stavo chiacchierando. Quando è suonata la campanella mi sono preoccupata solo del fatto che saltavo l’intervallo. - - Non mi sono accorta dell’errore per distrazione. Mi è venuto spontaneo considerare i numeri 2 e 6, 3 e 7 anche se non erano presenti gli “=”. - - Ho svolto il lavoro con superficialità quindi ho dato per scontato la scrittura di una proprietà caratteristica. - - Perché mi sono distratta e non ero sufficientemente concentrata. Pensavo ad uscire a fare l’intervallo dopo tre ore chiusa in classe. C’era molta confusione nella classe (falso, ogni allievo era impegnato a svolgere il compito al suo posto) ed io purtroppo non ho la capacità di costruire una barriera tra me e gli altri. - - Probabilmente non mi sono accorta dell’errore perché non sono stata attenta. - - Non mi sono accorta dell’errore perché ho scritto la proprietà caratteristica in maniera troppo frettolosa. -

5 svelano un grave errore semantico: - Perché non ho capito il significato dei segni di minore e maggiore. - - Perché sinceramente non mi sono ricordata che andava messo l’uguale, non ho capito quando si deve scrivere. - - A volte mi confondo se “strettamente compreso” significa di mettere i numeri scritti in consegna. - - Perché ero convintissima che la scrittura con i “trattini” volesse dire “strettamente compreso” e non ci ho pensato due volte, ma sono andata spedita. - - Perché ho sempre capito che senza l’uguale sotto si prendevano i due numeri “compresi”… senza si tralasciavano. Quando abbiamo fatto i primi esercizi avevo capito la regola al contrario. - (Notare l’inconcludenza della frase)

Avere delle difficoltà nell’interpretare e soprattutto nel distinguere tra di loro i segni “<” e “≤ “ è una lacuna nei prerequisiti che non mi sarei mai aspettatta di dover registrare in una prima superiore. E invece ho dovuto constatare che il “trattino” del “≤ “ viene inteso da alcuni come “meno” e non come “uguale” e trae in inganno più di un ragazzo. Allora ho disposto delle carte di picche sulla cattedra in sequenza dall’asso al 10 ed ho chiesto: - Che differenza c’è tra le richieste: “Dammi le carte tra il 2 e il 7 di picche” e “Dammi le carte dal 2 al 7 di picche?” quali carte prendete in un caso e nell’altro? La risposta si fa attendere e allora cerco delle frasi più vicine al loro vissuto quotidiano: "Portami i libri che nella libreria si trovano tra quello di geo e quello di storia" e "Portami tutti i libri da quello di geo a quello di storia". Così lo “strettamente compreso” è stato sostituito dalla preposizione "tra" ed il “compreso largo” dalle preposizioni "da … a …" Il “trattino” smette di essere il segno “meno” e torna ad essere interpretato come un “uguale” che unito al simbolo di “<” da origine al segno grafico di “≤ “.

Anche oggi ho potuto constatare come l’incomprensione di concetti matematici manifestata da alcuni allievi è dovuta all’incapacità di cogliere a pieno tutti gli aspetti di un linguaggio altamente simbolico ed iconico, oltre che estremamente sintetico. Le carte mi aiutano a gettare un ponte tra il linguaggio verbale e quello matematico perché permettono ai miei allievi di analizzare i concetti attraverso la manipolazione di oggetti contemporaneamente iconici e simbolici, ma concreti e non astratti come tutti gli enti matematici. Il gioco di carte diventa la metafora attraverso la quale

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l’allievo coglie tutti quegli aspetti che, durante la normale trattazione verbale degli argomenti, restano impliciti e per questo nascosti e inaccessibili a molti di loro. 5 aprile 2006 - La motivazione

Giocare a carte possiede un valore aggiunto che non avevo previsto: disvela il mondo sommerso che attiene alla motivazione degli allievi. Giocare a carte è molto più impegnativo che seguire una lezione tradizionale. Si può essere spettatori passivi di una lezione frontale, in una lezione partecipata si può sempre dire di non capire per farsi ripetere, a mò di registratore, gli argomenti finché questi non siano stati memorizzati quel tanto che basta per risolvere gli esercizi più semplici, ma con le carte non si può barare facendo finta di giocare perché tutti se ne accorgono. Non riuscire in Matematica è socialmente accettabile e condiviso, perché tutti sanno che la Matematica è difficile, ma non riuscire in un semplice gioco di carte è davvero troppo per la propria autostima.

Ho chiesto ai miei allievi della classe prima di spiegarmi perché non sempre riescono a lasciarsi coinvolgere fino in fondo dai giochi che propongo loro. Ho dovuto rassicurarli sulle mie reali intenzioni e solo una delle allieve si è rifiutata di collaborare, spalleggiata dal padre che in Consiglio di Classe ha risposto ai miei chiarimenti con un : “Non vedo cosa c’entri tutto questo con la Matematica”. Per mia fortuna una delle rappresentati dei genitori è una professoressa di Matematica di scuola media la quale ha compreso benissimo il lavoro che sto svolgendo e lo condivide, anche se con qualche riserva (- Non sarà troppo infantile far giocare a carte i ragazzi in una scuola superiore? Non si rischia di rimanere indietro col programma? - ). E così gli allievi della prima classe mi hanno dimostrato una grande fiducia illustrandomi i pezzi della macchina che io ho battezzato del “boicottaggio”. Dalla macchina ho escluso le affermazioni la cui frequenza era inferiore al 10%. (vedi pag. V degli Allegati)

AFFERMAZIONI frequenza Con riguardo all’attività in classe:

1. Ho altro a cui pensare 100% 2. Non ho voglia di seguire la lezione. 85% 3. Mi annoio 35% 4. Sono troppo stanco/a per seguire. In questo momento vorrei essere a casa. Ho sonno, ho

fame, quasi quasi chiedo di uscire.

35% 5. E’ inutile che mi impegno tanto non capisco niente lo stesso. 35% 6. Questo argomento non mi interessa, preferisco di più chiacchierare. 25% 7. Ma questa prof. non poteva starsene a casa? 20% 8. Non vedo l’ora che arrivi l’intervallo. 10% 9. Dico che sto male, così posso stare fuori dalla classe. 10%

Con riguardo all’attività a casa: 1. Non ho voglia di fare i compiti. 90% 2. Dimenticare a casa libro e quaderno coi compiti non è una cosa grave. 25% 3. Ho altre materie da studiare, mica posso studiarle tutte! 15% 4. Tanto sono bravo/a, cosa li faccio a fare i compiti? 10% 5. Se ero assente sono giustificato/a se sono impreparato/a e non faccio i compiti.. 10% 6. Per studiare aspetto il giorno prima della verifica così studio solo l’essenziale. 10% 7. Non studio, non faccio i compiti e dico che non ho capito. 10%

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AFFERMAZIONI frequenza Sul metodo:

1. Non comprendo, non riesco a seguire le spiegazioni, la prof. va troppo veloce. 20% 2. Con il metodo delle carte non imparo nulla. 15% 3. Perché dovrei fare la fatica di adattarmi ad un metodo diverso da quello a cui sono

abituato/a?

10% Ed infine i loro (pre)giudizi sulla disciplina:

1. E’ tutta fatica sprecata, tanto nella vita la Matematica non mi serve a niente. 40% 2. La Matematica non mi piace. 25% 3. E’ troppo pesante e difficile, mi costa troppa fatica sforzarmi di capire. 10% Il passo successivo è stato quello di chiedere loro di modificare questi stessi pezzi (non ne

abbiamo altri a disposizione e crearne di nuovi sarebbe un inutile esercizio teorico) in maniera non banale, per costruire una “macchina della collaborazione”.

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26 aprile 2006 – La macchina della collaborazione

AFFERMAZIONI D’ACCORDO Con riguardo all’attività in classe : SI IN PARTE NO

1. E’ una bella sensazione capire tutto; se lavoro il tempo passa più in fretta; mi sforzo di provare curiosità per quello che si farà; se non seguo prenderò un brutto voto nella prossima verifica.

86%

14%

0%

2. Penso al quesito che ogni volta ci pone la prof.; uso la lezione come ripasso, magari scopro che non avevo capito tutto.

79%

21%

0%

3. Non devo fuggire dalle mie responsabilità; mi dico che devo smetterla di danneggiarmi inventando scuse per non seguire la lezione.

79%

14%

7%

4. Prendo la lezione come una sfida e faccio di tutto per vincere, cioè ascoltare e capire; chiedo aiuto alla prof tutte le volte che occorre; devo avere più fiducia nelle mie capacità; non potrò sempre escludere le cose difficili da capire, ma dovrò esercitarmi ad affrontarle per comprenderle quanto più è possibile.

79%

21%

0%

5. C’è sempre tempo per chiacchierare, ma il tempo per studiare è sempre troppo poco; se sto attenta, risparmio il tempo da dedicare allo studio a casa; la lezione può essere più interessante di quel che pensavo; sono venuta a scuola per imparare, quindi mi sforzo di ascoltare.

79%

21%

0%

6. Se la prof se ne stesse a casa, senza un valido motivo, mi deruberebbe del mio diritto di imparare.

64%

14%

21%

7. Se sto davvero male vado a casa, se è una scusa penso che starò peggio quando dovrò capire l’argomento senza la spiegazione della prof.; come nella favola di “Al lupo, al lupo!” la volta che starò male davvero, nessuno mi crederà.

64%

36%

0%

Con riguardo all’attività a casa : SI IN PARTE NO 1. Mi incoraggio dicendomi: “In fondo sono pochi esercizi e se li faccio

controllo se ho realmente capito l’argomento; se farò i compiti, mi concederò in premio …”

64%

28%

7%

2. Evito di preparare la cartella in fretta, controllando l’orario delle lezioni per non dimenticare nulla.

79%

14%

7%

3. Penso che lo studio è il mio lavoro e che allenarmi ad organizzare i miei impegni senza trascurare nulla mi potrà tornare molto utile in futuro.

79%

21%

0%

4. E’ il buon senso che mi fa prendere il telefono per informarmi di quello che è stato fatto mentre ero assente, per non rimanere indietro rispetto agli altri; quasi tutti i giorni c’è qualcuno assente, la prof. non può sempre ripetere altrimenti non si andrebbe più avanti.

71%

21%

7%

5. Per far bene una verifica non basta imparare a memoria le nozioni essenziali, ma bisogna essere stati capaci di riflettere volta a volta sui vari argomenti per “farli propri”. E’ per questo che poi spesso ci si ritrova a dire: “Ma come, è andata male, eppure avevo studiato!”

86%

14%

0%

Sul metodo: SI IN PARTE NO 1. Non credo che il Preside e gli altri professori ci permetterebbero di

“giocare a carte” durante le ore di Matematica se davvero questo metodo non servisse a nulla; dovrei prenderlo più seriamente.

64%

36%

0%

Giudizi sulla disciplina: SI IN PARTE NO 1. Se mi impegnassi e riuscissi a prendere dei bei voti, anche la Matematica

diventerebbe piacevole. 64%

36%

0%

2. Se parto con l’idea che è troppo difficile, non mi impegno e poi finisce davvero che non la capisco.

79%

21%

0%

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E’ sintomatico che l’accordo maggiore (86%) ci sia sulle affrermazioni che riguardano le verifiche e l’accordo minore (64%) sulle affermazioni che presuppongono un maggiore impegno.

Ho eliminato le affermazioni che seguono perché su di esse l’accordo era inferiore al 60%.

AFFERMAZIONI D’ACCORDO Con riguardo all’attività in classe : SI IN PARTE NO

1. Se mi concentro sulla lezione almeno per un po’ posso distrarmi da problemi personali e famigliari.

29%

53%

18%

2. All’inizio della lezione dovrei sgombrare la mente da tutti i pensieri; 23% 53% 23% 3. Penso che alla fine dell’ora potrò rilassarmi 5 minuti;. 59% 18% 23% 4. Tolgo dal banco tutto quello che potrebbe distrarmi; . 47% 41% 12% 5. Devo cercare di “fare bene quello che sto facendo, nel momento in cui lo

faccio”; anche l’intervallo è importante, ma solo quando è il suo momento, altrimenti rischia di essermi di intralcio durante le altre attività.

50%

43%

7%

Con riguardo all’attività a casa : SI IN PARTE NO 1. Se sono davvero brava ci metterò poco a fare i compiti. 57% 29% 14% 2. Perché dovrei fare la figura della stupida? Se c’è qualcuno che ci riesce

perché non dovrei riuscirci anch’io?

57%

21%

21% Sul metodo: SI IN PARTE NO

1. Cerco di non distrarmi per non far perdere tempo alle mie compagne di classe.

57%

43%

0%

2. Stare a scuola è spesso noioso, vivacizzare la solita lezione con qualcosa di nuovo potrebbe servire a risvegliare l’interesse assopito; devo provare ad impegnarmi di più per trarne tutti i benefici.

57%

43%

0%

Giudizzi sulla disciplina : SI IN PARTE NO

1. La prof. deve aiutarmi a scoprire quanta Matematica si nasconde nella realtà dentro e fuori di me per aiutarmi a vivere con una maggiore consapevolezza.

57%

36%

7%

Ho semplicemente preso atto che su queste affermazioni l’accordo è basso, ma sarebbe

interessante approfondire il perché. Quest’anno non ne abbiamo il tempo, ma ci ripromettiamo di continuare il lavoro all’inizio del prossimo anno scolastico quando, comunque, sarà necessaria una revisione della macchina per controllare se a distanza di 6 mesi è cambiato qualcosa. Resterà poi la parte più difficile: farla funzionare a pieno regime. 27 aprile 2006 - La programmazione

I miei allievi sono inquieti, non riescono a capire dove li porterà tutto questo giocare a carte. Parlando con gli amici che frequentano classi parallele alla loro si rendono conto di quanto sia difforme il mio approccio agli argomenti e questa constatazione li disorienta. Loro non amano sentirsi diversi, vogliono rimanere nel gruppo dei pari. Tra loro non si confrontano di certo sulle capacità acquisite, ma sul “Cosa state facendo ora? dove siete arrivati?” Dopotutto, non è che abbiano tutti i torti, chi garantisce loro che il mio metodo sia in linea con la programmazione d’Istituto? E’ necessario che prepari uno schema che illustri chiaramente quale posto occupino i giochi di carte nella programmazione prevista (vedi pag. VI degli allegati). Spero in questo modo di rassicurarli sul fatto che, pur se attraverso un percorso diverso, alla fine si ritroveranno allo stesso punto dei loro amici di corso. In realtà io mi aspetto che il punto sia lo stesso, ma che percentualmente le competenze dei miei allievi siano maggiori e più equamente distribuite rispetto a quanto si riscontra di solito in classi del biennio.

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28 aprile 2006 – Correlazione tra il linguaggio matematico e la lingua italiana

Se un metalinguaggio è un sistema linguistico mediante il quale è possibile analizzare le strutture linguistiche di un altro linguaggio, a seconda della nazione in cui la si studia, la Matematica usa la Lingua Madre come metalinguaggio. Sarà per questo che da noi, ogni lacuna nella conoscenza dell’Italiano si ripercuote sulla capacità di apprendere il linguaggio matematico e di attribuire un significato sicuro e circoscritto ai suoi contenuti concettuali? Se le difficoltà di comprensione in Matematica sono prima di tutto difficoltà legate alla padronanza della Lingua Italiana, dovrebbe essere possibile rilevarlo indagando il tipo di correlazione esistente tra il profitto di Italiano e quello di Matematica.

Si potrebbe somministrare, nei primi giorni di scuola in una classe prima, una prova del tipo INValSI: un testo narrativo e un testo espositivo seguiti ciascuno da 15 quesiti a scelta multipla con 4 alternative. La prova dovrebbe servire ad individuare le conoscenze-competenze seguenti: comprensione particolare del testo; comprensione globale del testo; morfosintassi; lessico; organizzazione logico semantica del periodo e del testo.

In base ai risultati si potrebbero individuare gli studenti a rischio di insuccesso in Matematica a causa di una debolezza nella padronanza del metalinguaggio e programmare per loro un corso di recupero dedicato prettamente al linguaggio matematico avente, ad esempio, un programma del tipo: I quantificatori universali ed esistenziali; appartenenza e non appartenenza; negazione di una o due affermazioni; postulati, definizioni, proposizioni, teoremi, lemma e corollari; congiunzione e disgiunzione; implicazione materiale, implicazione logica ed equivalenza logica; simboli di congruenza tra figure, uguaglianza numerica e coincidenza tra figure; le quattro operazioni nei diversi insiemi numerici: terminologia e definizioni; uso delle lettere maiuscole o minuscole in Matematica; dalle parole all’algoritmo e viceversa; interpretazione di diverse rappresentazioni grafiche; messaggi impliciti ed espliciti; differenza tra analisi e sintesi; ecc… 29 aprile 2006 - Quante sono le stelle del firmamento?

Maria Pia spiega come neutralizza la noia che è in agguato all’inizio di ogni lezione di Matematica: - Penso al quesito che, in ogni lezione almeno, ci pone la prof. E’ sicuro che per risolverlo non mi annoierò più. e più avanti, all’obiezione dei suoi compagni: - E’ tutta fatica sprecata, tanto nella vita la Matematica non mi serve a niente. risponde: - La vedremo in futuro se la Matematica non serve a niente, quando a trent’anni conterà ancora con le dita e non avrà un minimo di senso di logica. Ma è l’unica, nessun altro è in grado di difendere lo studio della Matematica trovandoci qualcosa di utile per il proprio futuro. Anche gli allievi “più bravi” in Matematica, non hanno ben chiaro a cosa possa servire loro questo tipo di studi nella vita. Studiano più per ubbidienza che per convinzione, studiano purché non costi loro troppa fatica e finché sono gratificati da risultati positivi nelle prove scritte e orali. In definitiva studiano per il voto, ma sono intimamente convinti che la Matematica non servirà loro a granché, dal momento che non intendono diventare professori di Matematica.

E’ evidente che un allievo per il quale la Matematica rappresenti solo un accidente sgradevole, da evitare il più possibile, userà l’apparente inutilità della disciplina come alibi per giustificare il più totale disimpegno. E’ sul terreno dell’utile che ogni giorno mi gioco la mia credibilità agli occhi degli allievi. Quanto più sono in grado di dimostrare, con esempi concreti, che

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la Matematica può servire a rendere intelleggibile la realtà quotidiana che ci circonda e persino il nostro mondo interiore, tanto più conquisterò nuovi adepti alla mia causa.. Sto spiegando gli Insiemi Numerici e vorrei chiarire la differenza tra la potenza del numerabile e quella del continuo. Domando: - Quante sono le stelle del firmamento? 20 paia di occhi mi quardano sorpresi ed incuriositi; io incalzo: - Sono di più i granelli di sabbia di una spiaggia o le stelle in cielo? - Quanti sono gli atomi di legno nella cattedra? - Ci sono più atomi nel vostro banco o nella mia cattedra? Di quesito, in quesito li conduco, senza perdermene nessuno per strada, alla conoscenza dell’infinito e di come sia possibile confrontare tra loro insiemi infiniti 3 maggio 2006 – Cosa c’entrano gli insiemi con l’inconscio? Stamattina propongo, agli allievi della classe prima, di leggere due paragrafi tratti dal libro “Pensare, Sentire, essere” di Ignacio Matte Blanco, uno psicanalista cileno che esercita la sua attività a Roma. L’autore affronta una riformulazione dell’inconscio freudiano usando come base concettuale la teoria matematica degli insiemi. Mentre leggiamo ed io spiego i passi più difficili, bussano alla porta: è la bidella che viene a chiamare una delle allieve per conto della presidenza. L’allieva, che in altre occasioni si era rifiutata di svolgere le attività da me proposte, è restìa a lasciare la classe perché sinceramente interessata all’argomento ed esce solo dopo una seconda sollecitazione da parte della presidenza. Prendo spunto dalla lettura per spiegare in cosa consiste la proprietà antisimmetrica di una relazione. Gli allievi l’apprendono presto e bene senza alcuna obiezione. Alla fine dell’ora abbiamo letto solo uno dei paragrafi ed io chiedo agli allievi di documentarsi dal libro di testo su relazione d’ordine e relazione d’ordine totale per poter seguire, la prossima volta, la lettura del secondo paragrafo. Nessuno si ribella eppure dovranno leggere e capire l’argomento dal libro senza che io glielo abbia spiegato. 4 maggio 2006 – Sarà conveniente acquistare quell’appartamento? - Ma prof., a che serve conoscere la somma ed il prodotto delle radici di un’equazione? - E non è con un: - Per trovare l’equazione di secondo grado che ha quelle radici come soluzioni. - che li convincerò a studiare anche quest’altra regola. Allora ci penso un po’ su ed inizio a scrivere alla lavagna: “Ad una scuola di ballo sono iscritte 10 persone… - Che bello, una scuola di ballo! - È il primo commento entusiasta. Io continuo a scrivere: … ogni volta che l’insegnante di ballo insegna un nuovo ballo… - Che ballo? - Troviamo un accordo sul valzer così posso continuare: …. ciascuno dei ballerini deve ballare una volta con ciascuna ballerina. Ogni ballo viene per questo motivo ballato 21 volte. Quanti sono i ballerini e quante le ballerine? Tutti si danno un gran da fare per trovare la soluzione e dopo qualche minuto la risposta è: “Potrebbero essere 3 ballerini e 7 ballerine, oppure 3 ballerine e 7 ballerini, ma per esperienza diretta di chi ha preso lezioni di ballo, si conclude che è più probabile la prima ipotesi.

A me nel frattempo è venuto in mente un altro esempio: “In un’agenzia immobiliare mi dicono che ci sarebbe in vendita un appartamento di 120 mq, i cui muri perimetrali sono lunghi complessivamente 46 m. Sapendo che la pianta dell’appartamento è di forma rettangolare, posso

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cominciare a farmi un’idea circa la convenienza o meno dell’acquisto, nell’attesa che mi venga fornita la planimetria dell’appartamento?” Non c’è neanche bisogno di dare il via, sono già tutti al lavoro. Alla fine dell’ora di lezione sono così soddisfatti che posso assegnare da studiare a casa, da soli, come si scompone in fattori un trinomio qualsiasi. 5 maggio 2006 – Smettila di simmetrizzare! Continuo a spiegare dal testo di Ignacio Matte Blanco: - Il pensiero ordinario si occupa solo di cose che sono in qualche modo distinguibili le une dalle altre e delle relazioni che esistono tra tali cose. Esso adopera la logica bivalente in cui prevalgono relazioni asimmetriche.

Definiamo il principio di simmetria (PS): ogni qualvolta qualcuno o qualcosa, che chiamiamo A, è in relazione con qualcun altro o qualcos’altro, quest’ultimo, che possiamo chiamare B, deve anche avere o deve essere trattato come se avesse la stessa relazione con A. Il PS è incompatibile con i concetti di tempo, spazio e movimento perché incompatibile con quello che i matematici definiscono come ordine totale. Ancor più radicalmente, l’applicazione del PS, comporta la totale scomparsa di ogni processo. Quando vige il PS, una parte di qualcosa è uguale al tutto, e, perciò, da esso indistinguibile, come accade negli insiemi infiniti dove una parte dell’insieme è equipotente a tutto l’insieme.

Possiamo dire che abbiamo una struttura bi-logica quando la mente conscia (asimmetrica) si aspetta una sequenza logica bivalente e, invece, si inserisce una simmetrizzazione. E’ quando la simmetrizzazione rompe i confini della logica bivalente asimmetrica che scivoliamo nella bi-logica, o in termini freudiani, nell’inconscio. Con la simmetrizzazione le differenze all’interno della classe sono abolite. Chiunque appartenga alla stessa classe viene rappresentato come la stessa cosa. La simmetrizzazione non è mai completa, neanche nell’inconscio. Le simmetrizzazioni sono sempre locali e, per così dire, mescolate con la logica e con le relazioni asimmetriche ordinarie. Bi-logica Logica classica o bivalente Logica simmetrica

Illustro ogni cosa con dovizia di esempi, il più possibile vicini all’esperienza quotidiana dei miei allievi. Ilaria si distrae, non ha ancora preso dalla cartella le fotocopie che ho distribuito l’altro ieri, è svagata come se fosse ancora a casa sua e non in classe. Siccome ho spiegato che in una logica simmetrica lo spazio e il tempo scompaiono, un luogo è uguale a qualsiasi altro luogo e

Esistono relazioni simmetriche È vero A aut non A

Esistono relazioni asimmetriche. È vero A aut non A non contraddizione

Tutte le relazioni sono simmetriche è vero A e non A contraddizione

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passato, presente e futuro diventano un tutt’uno, tutti capiscono e scoppiano a ridere quando riprendo Ilaria dicendole: - Smettila di simmetrizzare! - Al termine dico loro: - Mi è costato molto tempo e molta fatica preparare questa lezione, ora “simmetrizzo” e mi aspetto da parte vostra che leggiate con lo stesso impegno le fotocopie che vi ho dato. - 6 maggio 2006 – Perché siete sempre così categorici? - Valentina, vieni alla cattedra, che ho bisogno d’aiuto. - Lei si schernisce rispondendomi con un: - Ma io non sono capace. - L’incoraggio dicendole: - Sei molto intelligente, ma hai la capacità di attenzione e di concentrazione di un passerotto. - A lei questa definizione piace molto ed accetta volentieri di aiutarmi. Distribuiamo le fotocopie che ho preparato sintetizzando il paragrafo del libro di Matte Blanco che parla del mondo interno. Dico agli allievi di tenersi forte perché oggi si volerà alto e che però, in qualunque momento, chi non se la sentisse o fosse stanco potrebbe abbandonare l’impresa semplicemente chiedendomi di uscire dalla classe. Valentina inizia a leggere e, com’è nella sua natura, legge bene e con un ritmo molto veloce che però non permette né a lei né agli altri di capire il senso. Non importa, perché sarò io a farla fermare ogni tanto per riflettere su quanto letto: “I vari strati che seguono, possono essere visti sia come tappe dello sviluppo di un individuo, sia come metodo di indagine speculativa sul funzionamento della mente. 1° strato: individuo adulto o tardo adolescente normalmente razionale, non in preda ad emozioni. Il pensiero è massimamente delimitato e asimmetrico; ci si rende conto delle classi di equivalenza cui l’oggetto appartiene e di quelle cui non appartiene. Questo strato non contiene più del 70% di logica bivalente tenuto conto che solo un computer usa il 100% di logica bivalente, perché privo di emozioni e sensazioni.” - Allora un po’ di logica simmetrica ci vuole! - “2° strato: individuo adulto o tardo adolescente normalmente razionale ma in preda alle proprie emozioni. Compare una quantità discreta di simmetrizzazione all’interno di un pensiero peraltro asimmetrico; si possono discernere emozioni più o meno coscienti correlate ad elementi distinti e separate all’interno di una classe: mi piace, lo odio, lo temo, ecc… Le emozioni, come l’inconscio, sono di fatto strutture bi-logiche. Questo strato non contiene più del 50% di logica bivalente.” - Quando si è innamorati si pensa: “Se io lo amo, lui mi ama” secondo la più pura logica simmetrica, però sappiamo anche che è meglio non telefonargli ogni momento, anche se ne abbiamo voglia, perché lui ci manderebbe al diavolo e questo è il segno che ci resta ancora un po’ di logica bivalente. - “3° strato: individuo adolescente e tardo preadolescente. Si identificano classi diverse, ma all’interno delle quali la simmetrizzazione giunge a tal punto che le parti della classe sono considerate sempre come tutta la classe e viceversa; poiché la parte di una

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classe diviene identica all’intera classe, ogni individuo diviene identico alla classe in questione. Ogni individuo acquista la potenzialità della classe o insieme, fino al massimo grado. In questo terzo strato, semplicemente per l’identificazione che si stabilisce tra individuo e classe, l’intensità tende verso valori infiniti. Un certo grado di a-temporalità, come conseguenza della simmetrizzazione della classe, è caratteristico di questo terzo strato. Questo strato non contiene più del 30% di logica bivalente.” Su questo punto li obbligo a soffermarsi un po’ di più affinché riflettano sui loro modi di pensare, di sentire e di essere. - Ora capite perché siete sempre così categorici? E perché le vostre espressioni sono sempre così estreme e piene di superlativi: sto male da morire, mi piace alla follia, è fighissimo? - Fanno di sì con la testa, ammutoliti dallo stupore di vedersi svelati, loro che si credevano imperscrutabili persino a se stessi. Tutta colpa della logica simmetrica! “4° strato: individuo agli inizi della preadolescenza e bambino in stadio verbale. Si formano classi più ampie che sono anche simmetrizzate; resta, tuttavia, qualche distinzione tra classi e quindi un po’ di asimmetria. Può accadere di trattare come identiche cose che appartengono a sottoinsiemi o sottostrutture di un insieme o struttura più ampia. C’è assenza di contraddizione perché ogni affermazione è uguale alla sua negazione. Non c’è alcuna possibilità di contraddizione. Per la stessa ragione vi è anche identità tra realtà psichica e realtà esterna. (bi-logica dei sogni). Questo strato non contiene più del 10% di logica bivalente” Parliamo dei loro sogni e di come può accadere di sognare una persona come se fosse viva anche se si sa benissimo che è morta (scomparsa del tempo) o di sognare di essere in una stanza e poi all’improvviso trovarsi a nuotare nel mare (scomparsa dello spazio). “5° strato: neonato, bambino in stadio preverbale, ricordi in forma di sentimenti. Da questo punto in giù la quantità di simmetrizzazione è così grande che il pensiero, che richiede relazioni asimmetriche, è gravemente impedito. Il limite è il mondo indivisibile dove ogni cosa viene sperimentata come qualsiasi altra. Un numero infinito di cose tende a diventare una sola. (bi-logica dell’inconscio). Questo strato non contiene più del 5% di logica bivalente.” Pensiamo a come si comportano i neonati di pochi mesi che piangono sempre per una ragione: hanno fame, sono bagnati, vogliono compagnia, hanno male, ma nel contempo non sentono ragioni e vogliono essere soddisfatti nel loro bisogno immediatamente, cascasse il mondo.

Tutti sono rimasti ai loro posti, tranne Marta che ad un certo punto, ha chiesto di uscire perché a furia di pensare le era venuto mal di testa, ma è tornata poco dopo perché la curiosità di sapere come andava a finire era troppo forte.

Nell’ora successiva, sempre grazie a Matte Blanco, parliamo degli insiemi numerici, della corrispondenza tra i numeri Reali e i punti di una retta orientata, di spazi adimensionali e di spazi multidimensionali. Durante la lettura rileviamo un errore dell’autore quando dimentica di considerare lo zero tra i numeri Naturali e lo introduce solo nel passaggio ai numeri Interi. Fabiola non glielo perdona: - Che autore è se si sbaglia? - Sottintendendo che se uno si sbaglia una volta, allora si sbaglia sempre. Le faccio notare che il suo è un ragionamento basato sulla logica simmetrica e lei torna subito attenta. Termino con un quesito su cui li invito a lavorare a casa:

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- Cosa c’entrano i prodotti cartesiani con gli spazi multidimensionali? - Quando alle 12.00 esco dall’aula lascio dietro di me gli allievi stremati, ma spero tanto che, come me, si sentano soddisfatti del tempo speso insieme. Sto simmetrizzando? 10 maggio 2006 - L’intervallo va dalle 10.50 alle 11.05

Devo spiegare come si indicano, con gli intervalli, i sottoinsiemi dei Numeri Reali. Ormai sto diventando un’esperta nel ricercare esempi il più possibile vicini al mondo esperienziale degli adolescenti e così chiedo loro: - Da che ora a che ora va l’intervallo delle lezioni? - Dopo un primo momento di pareri discordanti (possibile che alcuni di loro non sappiano quanto duri l’intervallo?), tutti concordano: - Dalle 10.50 alle 11.05. - ed io: - Ma che vuol dire? Quanti minuti ho a disposizione? E l’intervallo inizia nello stesso istante in cui inizia a suonare la campanella o dopo che ha finito di suonare? E alle 11.05 è ancora intervallo? - Ai ragazzi piace spaccare il capello in 4 e non si meravigliano delle mie domande, ma anzi dissertano volentieri su minuti e secondi, battibeccando tra di loro su chi ha ragione e chi ha torto. Così, quasi senza rendersene conto, costruiscono l’intervallo:

[10.50, 11.05] = Ora si tratta di rapprersentarlo graficamente sulla linea dell’orario giornaliero: T 1.00 8.10 9.00 10.50 11.05 12.00 13.00 24.00 - Se, per darvi appuntamento, vi dicessi: “Ci vediamo tra le 14.00 e le 14.30, voi vi aspettereste di vedermi arrivare alle 14.00 in punto, alle 14.30 in punto o quando? - La risposta è che, molto probabilmente, arriverei intorno alle 14.15, più o meno 14 minuti:

]14.00, 14.30[ = = I(14.15, 0.14) Gli intervalli, come sottoinsiemi dei numeri Reali, diventano un gioco da ragazzi. 10 maggio 2006 – Perché per apparecchiare la tavola serve un polinomio?

- Prof. non vorrà spiegare un nuovo argomento? sono le 11.15, sono stanca, ho fame. - Valentina è uscita dalla classe durante l’intervallo ed ora è restìa a rientrare. - No, vieni che apparecchiamo la tavola. - - Cosa? - - Vieni che dobbiamo apparecchiare la tavola. - Il nuovo quesito che propongo ai miei allievi della prima è il seguente: - A cosa corrisponde in Matematica apparecchiare la tavola? - Mentre parlo, scrivo alla lavagna: - Una bottiglia è “un solo nome” cioè un monomio, ma anche 3 bottiglie si riferiscono ad un solo nome ed anche 2 bottiglie e 5 bottiglie, coè 7 bottiglie sono sempre un solo monomio. Una bottiglia ed un bicchiere si riferiscono a “due nomi” quindi insieme costituiscono un binomio. Due bottiglie, un bicchiere e tre piatti si riferiscono a “tre nomi” cioè un trinomio.

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Due bicchieri, due piatti, un cucchiaio ed una forchetta sono “quattro nomi” cioè un quadrinomio. - Valentina non ha molta voglia di scrivere e mi chiede se al posto di scrivere i nomi per intero non si potrebbe abbreviarli indicandoli con la sola iniziale. Io le rispondo che mi sembra proprio un’ottima idea. - Ma non si possono indicare con la sola lettera iniziale perché bottiglia e bicchiere iniziano con la stessa lettera. - Interviene Fabiola. Ma Valentina non demorde: - Vorrà dire che scriveremo “bo” per bottiglia e “bi” per bicchiere. - Io continuo a scrivere alla lavagna: “Un coperto costituito da: due bicchieri, due piatti, una forchetta, un coltello, un tovagliolo cos’è?” - Ci sono tanti nomi. - Suggerisco. La fantasiosa Cristina tira a indovinare: - Moltinomi? - Chi li conosce già, perché li ha visti in scuola media, risponde in coro: - E’ un polinomio. - Ed io scrivo alla lavagna: “2b + 2p + 1f + 1c + 1t Apparecchiamo ora una tavola per 6 persone che mangeranno una pizza: 1 tovaglia, 3 bottiglie di birra, 1 bottiglia di acqua, 6 bicchieri, 6 piatti, 6 forchette, 6 coltelli, 20 tovaglioli di carta. In simboli abbreviati: 1t + 3b + 1ba + 6bi + 6p + 6f + 6c + 20 tc Si potrebbe anche scrivere: 1t + 3b + 1ba + 6(bi + p + 6f + c) + 20 tc” Quando arriva la campanella ad interrompermi, nessuno più è stanco o sente fame, nei loro occhi brillano sorpresa e curiosità. 26 maggio 2006 – Dare un supporto alla Matematica

Anne Siety esperta nel campo della psicopedagogia della Matematica, nel suo libro “Matematica, mio terrore” dice: - In effetti, tutte le discipline insegnate a scuola, alle inferiori o alle superiori, dispongono di un supporto. La geografia tratta di luoghi fisici … Le Scienze Naturali descrivono i fiori, gli alberi, i sottosuoli, gli animali, il corpo umano … Nelle Lettere, si parla di opere letterarie, di libri che si possono prendere da una biblioteca, tenere in mano, di cui si voltano le pagine, di cui si sente l’odore … Tutte queste discipline, in rapporto con la vita quotidiana, beneficiano di appoggi chiari, tangibili, esterni all’alunno. La Matematica ha una situazione a parte: non dispone veramente di supporto, ne tollera uno all’occasione solo per farne meglio a meno … Poiché il mondo oggettivo, reale esteriore è escluso da questo ruolo, non resta che il mondo soggettivo, immaginario, interiore. L’emozione, i fantasmi, i grandi interrogativi umani costituiscono a mio avviso il «supporto» ufficioso» di cui la Matematica non può fare a meno.” Questa volta sono proprio decisa a dare ai miei allievi della classe prima un supporto ben solido su cui costruire la conoscenza di polinomi, prodotti notevoli e scomposizioni in fattori in modo che non usino il proprio corpo sviluppando reazioni psicosomatiche o chissà quali fantasie o peggio i propri fantasmi inconsci come sostegno. L’esercitazione che propongo oggi è: “Rappresentare geometricamente i seguenti monomi e polinomi”

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Alessia scrive che “a” rappresenta un segmento, “b” un quadrato, “c” un cubo. Non è ancora convinta del fatto che ogni lettera con esponente uno rappresenti sempre la misura di un segmento. Le faccio notare l’errore di interpretazione e si corregge subito. Cristina non sa come regolarsi nel caso della parte letterale xy eppure glielo avevo già spiegato l’altroieri, ma lei è molto perplessa e fa fatica a vederci un rettangolo. Erano varie settimane che ormai Valentina non faceva più nulla né a casa, né in classe, perché ha deciso che questa non è la scuola adatta a lei, ma stamattina vuole partecipare all’esercitazione forse perché le sembra semplice e divertente. Mi chiede se sta procedendo bene, io le correggo alcuni errori. - Ma è un casino! - Esclama. Ed io, che so bene quanto sia controproducente contraddire un adolescente: - Certo che è un casino. La Matematica serve proprio a questo: si prende un “casino”, lo si studia per semplificarlo e così diventa un “non casino”. Noi questo lo chiamiamo: “gestione di una trasformazione attraverso la sua analisi”. Cristina è sempre più costernata: - Ma come faccio a disegnare x2y? È impossibile. - Provo a farle ricordare come si chiamano i solidi con base quadrata quando non hanno tutti gli spigoli uguali. - La somma di due monomi va rappresentata disegnando le figure geometriche attaccate nel modo più compatto ed economico possibile preferendo le figure regolari a quelle irregolari. Per esempio, il quadrinomio ax + bx + ay + by b a x y a corrisponde a: x y ma è meglio disegnarlo come: b Puntualizzo. Al suono della campanella in coro mi chiedono se possono finire il lavoro a casa. 27 maggio 2006 – Perché meglio le carte delle figure geometriche? Oggi lavoriamo sulla differenza di due quadrati.

corrisponde a: o meglio a: (a+b)(a-b) scriviamo il risultato ottenuto: “la differenza di due quadrati è uguale al prodotto tra il binomio somma delle basi per il binomio differenza”. - Ora provate a scrivere a cosa sono uguali le seguenti differenze di quadrati:

Sulla classe cala il silenzio, nessuno è in grado di dare una risposta. Cristina: - Ho capito il primo vale 84 Fabiola: - No, vale 120

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Progetto: Imparare la Matematica giocando a carte 33

Non provo neanche a cercare di capire su quale base abbiano ottenuto questi risulatati, irritata da tanta superficialità chiedo loro di smetterla di dare i numeri e di rileggere attentamente quanto abbiamo scritto. - Smettetela di cercare un risultato numerico, non potete sommare oggetti diversi tra loro. Dovete cercare una risposta valida per qualsiasi valore di a, b, c e x, non per alcuni in particolare. Cos’è una base? La base di chi? - Constato che non hanno capito il senso della frase tra virgolette perché non sanno a chi riferire la parola “base”. Niente da fare, non ci arrivano. Provo con le carte da gioco. Decidiamo di indicare le somme affiancando le carte una accanto all’altra e i prodotti incolonnandole. Lentamente, passo dopo passo riusciamo ad arrivare alla scrittura iconica: 2♣ 3♠ 4♣ 9♥ = 2♣ 3♥ Ora sì che hanno capito. Perché con le carte sì e con le figure geometriche no? Finiranno il lavoro a casa, io raccomando loro di eseguire anche le prove algebriche calcolando i prodotti dei binomi per vedere se si riottiene la differenza di quadrati iniziale. 30 maggio 2006 – E i genitori?

Nell’incentivare il disamore dei ragazzi per la Matematica, un ruolo determinante e quindi da non sottovalutare, è svolto dai genitori. Per sincerarsene basterebbe assistere ad un Consiglio di Classe aperto in cui l’avversione dei genitori per la disciplina si intreccia con quella dei figli e talvolta con quella dei colleghi, professori nello stesso consiglio di classe.

Illuminante in tal senso è stata per me la lettura di un libro, non facile per i non addetti ai lavori: Strategie di psicoterapia e riabilitazione di Roberta Siani, Orazio Siciliani, Lorenzo Burti - Feltrinelli 1990. “Laing (1969) Il comportamento incongruo degli adulti potrà indurre nel giovane l'insicurezza e la 'disintegrazione', intesa come ‘tendenza disgiuntiva, o disintegrante, nelle relazioni interpersonali’, fino alla patologia delle 'esperienze paratassiche', che sono interpretazioni deformate delle situazioni interpersonali. La deformazione (paratassica) è dovuta al fatto che si identifica la persona coinvolta nella relazione interpersonale con un'altra persona, oppure con una persona che esiste solo nella propria fantasia. La tappa successiva, dell'approccio relazionale, è stata la ricerca dei tratti di personalità che caratterizzano i genitori che, anziché sicurezza, trasmettono al giovane ansia e insicurezza e che inducono deformazioni paratassiche. La madre 'patogena' corrisponde a due tipologie: quella di persona fredda, ansiosa, dominatrice, restrittiva, invadente e intrusiva nella privacy del figlio; oppure di persona troppo indulgente, iperprotettiva, tendente alla fusionalità simbiotica ma incapace di autentica comprensione dei sentimenti altrui.

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Ma, accanto alla madre, viene anche descritto un padre 'patogeno', nelle due varietà di distante-tirannico-sadico o passivo-immaturo. Appare però evidente che madre, padre e figlio costituiscono una triade interdipendente, in cui, nelle situazioni 'perverse', è proprio il figlio la chiave di volta del sistema. Egli può riuscire a far funzionare in qualche modo i rapporti tra i due genitori immaturi; in tal caso la coppia recupera un 'funzionamento' che appare inversamente proporzionale al 'funzionamento' del figlio.”

Molti genitori, soprattutto gli ex sessantottini nostalgici, sono convinti che ai propri figli le conoscenze debbano passare per osmosi durante la loro permanenza in classe e che quindi il lavoro a casa sia ininfluente sul loro rendimento. Il docente può anche essere un serio professionista, ma deve rapportarsi con studenti che anche dopo 10 anni passati a scuola non sono in grado di svolgere il proprio lavoro. La maggior parte di loro sono ancora dei dilettanti dello studio ed alcuni non si possono neanche definire studenti. Il docente si trova così a dover svolgere in classe sia il proprio lavoro, che quello dei suoi studenti: leggere gli appunti; confrontarli col libro di testo; svolgere gli esercizi in modo che loro se li copino invece di scervellarsi per risolverli; aspettare che si ricordino di portare il libro di testo per poterlo leggere insieme in classe perché loro, a casa da soli, non lo aprono nemmeno; far memorizzare in classe le regole che dovrebbero imparare a casa. Non c’è poi da meravigliarsi se non si riesce a portare a termine la programmazione prevista. Guai a spiegare ai genitori che i ragazzi in difficoltà vanno fatti seguire a casa da qualcuno (chiunque conosca un po’ di Matematica) che li aiuti a svolgere i compiti. 1° genitore: - Un insegnante che non è in grado di insegnare la propria materia facendo avere risultati positivi a tutti i suoi allievi non è un buon insegnante… Ho fatto l’Istituto Tecnico, i miei professori erano tenuti a recuperarci tutti perché eravamo noi a dire cosa dovevano fare oppure no. Sa, io ho fatto il 68… Se sul piano fisico ci possono essere delle differenze, sul piano mentale non ci sono differenze tra un ragazzo e l’altro… Lei si preoccupa del programma invece che dei ragazzi. Ma che razza d’insegnante è una che consiglia i ragazzi di prendere lezioni private?

Molti genitori appartengono ad una specie migratoria il cui passo per il Ricevimento Parenti avviene solitamente verso la fine dell’anno scolastico quando, dopo aver fatto un po’ di ‘conti della serva’ sui voti riportati dai rispettivi figli, si chiedono: “Se uno ha tre materie insufficienti e si aggiunge Matematica rischia di essere bocciato?”. 2° genitore: - C’è un test effettuato prima delle vacanze di Pasqua che è andato male per molti allievi. Lei intende tenerne conto quando farà le medie?

Quando non ci sono altri argomenti per contrastare quello che si vive come un abuso valutativo del docente l’attacco si sposta sul piano personale e a nulla vale invitare i genitori ad assistere alle lezioni per sincerarsi di persona del reale clima nella classe. 3° genitore: - La verità è che lei ha un brutto rapporto con gli allievi, è aggressiva, li tratta male, non li incoraggia abbastanza, li rimprovera e basta. Dovrebbe trattarli con più dolcezza. E’ inutile che il Rappresentante dei Genitori assita alle lezioni perché i comportamenti dei ragazzi cambiano se è presente un genitore.

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Tranne poi inviare lettere di encomio e di stima non appena il docente considera l’ipotesi di lasciare la classe ad altro professore.

4° genitore: - In ogni caso la cosa più importante per quanto riguarda me stessa, mia figlia e credo anche gli altri studenti della classe e dei loro genitori, è che nessuno le ha chiesto di abbandonare la classe il prossimo anno scolastico E se il docente tenta di recuperare la motivazione allo studio della Matematica? 5° genitore: - Non capisco cosa c’entri questo con la Matematica. Mia figlia non svolgerà questo lavoro perché io non voglio.

Che dire poi della lettera recapitata al Rappresentante dei Genitori della classe prima e redatta lo stesso giorno in cui si è svolta l’ultima verifica dell’anno scolastico? Le critiche si riferiscono esclusivamente all’ultimo argomento affrontato (vedi pag. 30: 10 maggio 2006 – Perché per apparecchiare la tavola serve un polinomio?) e all’esito dell’ultima verifica svolta in classe. I genitori temono che tale esito pregiudichi il risultato di fine anno, perché credono che la valutazione finale si basi sulla media aritmetica dei voti. In realtà essa è sempre espressione del Consiglio di Classe in sede di scrutinio e tiene conto del giudizio di merito che il docente ha acquisito attraverso la continua interazione con ciascun allievo. La lettera è però scritta in modo generico tanto da ingenerare dubbi sulla capacità professionale del docente e da affossare, senza tanti complimenti, tutto il lavoro di un anno: “Spiegazioni non chiare con metodi poco efficaci; pochi esercizi svolti in classe e pochi compiti fatti a casa; utilizzo di esempi che non agevolano il ragionamento, ma che rendono più difficile la comprensione; dà per scontati argomenti che non lo sono per niente e si sofferma sulle cose elementari; verifiche su argomenti trattati superficialmente e di conseguenza con risultati per la maggior parte negativi; poche prove scritte o orali per un recupero.”

Per non parlare della triste categoria dei genitori che parcheggiano i propri figli recalcitranti e perditempo in una classe prima di scuola superiore qualsiasi, purché vicina a casa, perché non c’è nessuno che li guardi mentre loro sono al lavoro e fino a 16 anni non li possono mandare a lavorare. Questi genitori odiano i “ponti” e temono più di ogni altra cosa la sospensione del figlio dalle lezioni.

Ma sono davvero tutti così i genitori? No, ma il fatto è che i genitori degli studenti che svolgono il proprio lavoro con impegno e serietà sono una minoranza silenziosa, come i loro figli.

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Bibliografia: E. Abbot: Flatland, a Romance of Many Dimensions – trad. It. Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni - Adelphhi Milano 1966 Matte Blanco: Pensare, sentire, essere – Einaudi Paperbacks Scienza 1995 Carl b. BoyeR: Storia della Matematica – Arnaldo Mondadori editore 1997 G. Boole: An Investigation of the Laws of Thought – trad. It. Indagine sulle leggi del pensiero su cui sono fondate le teorie matematiche della logica e della probabilità, a cura di M. Trinchero, Einaudi Torino 1987 P. Bria: Introduzione a I. Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti - Einaudi Torino 1981 E. Calamari, M. Danesi, P. Manfredi, P. Natali, M. Pini: Valori giovanili, un confronto su più dimensioni – Azienda USLn. 5 Provincia della Spezia 2000 P. Canale, M. V. Curatolo, M. Palladini, R. Sironi: Professione studente – Guida completa per migliorare il proprio rendimento negli studi – Edizioni Alpha Test 2003 R. Courant; A. Robbins: What Is Mathematics ? – trad. It. Che cos’è la Matematica? - Boringhieri Torino 1971 Jerome Bruner: La cultura dell’educazione - Feltrinelli 1997 Morris Kline: La Matematica nella cultura occidentale – Feltrinelli 1982 N. Falletta: Il Libro dei Paradossi – Milanostampa, Farigliano (CN) 1989 Elvio Fantini: Enciclopedia pratica dei giochi con le carte – De Vecchi Editore Milano 1995 Howard Gardner: Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento – Erickson 2005 Edgar Morin: I sette saperi necessari all’educazione del futuro – RaffaelloCortinaEditore 2001 Edgar Morrin: La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero - RaffaelloCortinaEditore 2000 L. Prosperini; B. Isonni: Avventure di Matematica – Ghisetti e Corvi Editori Milano 2003 Roberta Siani, Orazio siciliani, Lorenzo Burti: Strategie di psicoterapia e riabilitazione - Feltrinelli 1990 Anne Siety: Matematica, mio terrore. Alla scoperta del lato umano della matematica – Salani Editore 2003 T. Viola: Introduzione alla teoria degli insiemi, Boringhieri Torino 1974

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Elenco Allegati:

pag. I Approfondimento presentato al convegno 2004 pag. II Poster presentato al convegno 2004

pag. III Esercitazione sulla scomposizione in fattori dei polinomi pag. V Affermazioni escluse dalla macchina del boicottaggio

pag. VI Programmazione classe prima pag.VIII Programmazione classe seconda pag. IX Tracce delle verifiche esaminate per redigere le statistiche sugli errori

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Indice Relazione Finale Borsista ……………………………………………..

Descrizione dell’attività ………………………………………………. Valutazione dell’attività ………………………………………………. Valutazione dell’esperienza …………...……………………………… Riflessione sull’attività ………………………………………………

pag. 1 ….. 2 ….. 3 .…. 4 .…. 5

20 /10/ 2001 21 /10/ 2001 29 /10/ 2001 10 /11/ 2001 12 /01/ 2002 27 /02/ 2002 25 /10/ 2002 21 /04/ 2003 14 /05/ 2004 15 /10/ 2004 31 /03/ 2005 4 /07/ 2005

13 /07/ 2005 16 /07/ 2005 15 /11/ 2005 30 /01/ 2006 20 /03/ 2006 21 /03/ 2006 25 /03/ 2006 1 /04/ 2006 5 /04/ 2006

26 /04/ 2006 27 /04/ 2006 28 /04/ 2006 29 /04/ 2006 3 /05/ 2006 4 /05/ 2006 5 /05/ 2006 6 /05/ 2006

10 /05/ 2006 10 /05/ 2006 23 /05/2006 24 /05/ 2006 30 /05/ 2006

Che noia i giochi di carte ……………………………………………... Costanti e variabili nei giochi di carte ………………………………... Oggi si gioca a carte ………………………………………………….. E’ proibito giocare a carte a scuola …………………………………… I bachi nei giochi ……………………………………………………… Il parco giochi ………………………………………………………… Gioco e caos creativo ………………………………………….……… I mazzi di carte in miniatura …………………………………..……… Convegno 2004: “Matematica e scuola: facciamo il punto” …………. Giochi per elementari e medie ...……….……………………………... Le prove INValSI …………….………….....…………………………. Una e-mail …………………………….………………………………. La Borsa di Ricerca …………...………………………………………. Lettera di una collega …………………………………………………. Incontro Borse di Ricerca …………………………………………….. Gli allievi e la Matematica ……….………………………………….... Errori e performance a confronto: con i giochi di carte e senza. ……... I colleghi della scuola media di Brescia ……………………………… Le difficoltà di apprendimento ………………………………………... Il linguaggio matematico ……………………………………………... La motivazione ……………………………………………………….. La macchina della collaborazione …….……………………………… La programmazione ………………………...………………………… Correlazione tra il linguaggio matematico e la lingua italiana ……….. Quante sono le stelle del firmamento? ………………….……………. Cosa c’entrano gli insiemi con l’inconscio? …………..……………... Sarà conveniente acquistare quell’appartamento? ……………...…….. Smettila di simmetrizzare! …………………………………...……….. Perché siete sempre così categorici? ………………...………………... L’intervallo va dalle 10.50 alle 11.05 ………………………………… Perché per apparecchiare la tavola serve un polinomio? ……………... Dare un supporto alla Matematica ……………………………………. Perché meglio le carte delle figure geometriche? ….. ………………... E i genitori? …………………………………………………………… Bibliografia …………………………………………………………… Elenco Allegati ………………...……………………………………... Indice ………………………………………………………………….

….. 6 ….. 6 ….. 7 ….. 7 ….. 8 ….. 8 ….. 8 ….. 8 ….. 9 ….. 9 ….. 9 ….. 10 ….. 11 ….. 11 ….. 11 ….. 12 ….. 14 ….. 18 ….. 18 ….. 19 ….. 21 ….. 26 ….. 24 ….. 25 ….. 25 ….. 26 ….. 26 ….. 27 ….. 28 ….. 30 ….. 30 ….. 31 ….. 32 ….. 33 ….. 36 .…. 37 ….. 38

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