Regione Emilia Romagna / Ministero per i Beni e le ... · maschereAnnachiara Abram, Andrea Asioli,...

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nob o da dd y dd Regione Emilia Romagna / Ministero per i Beni e le Attivita ` Culturali Ravenna Teatro-Teatro Stabile di Innovazione / Comune di Ravenna-Assessorato alla Cultura Teatro Rasi Ravenna ott. 2008 giugno 2009 F a r s i l u o g o Mentre scrivo, hanno appena sparato a cinque adolescenti che uscivano da una sala giochi a Secondigliano. Non ne hanno ammazzato neanche uno, ma poteva essere una strage, un’altra: un regolamento di conti tra bande, dicono, per il controllo e la supremazia nel mercato della droga. Mentre scrivo Roberto Saviano sta ancora pensando se lasciare o no il suo, il nostro paese, dopo averci fatto capire che se si spara a Secondigliano il problema riguarda davvero tutti, mica solo Secondigliano. Mentre scrivo impazza sul secondo canale televisivo “L’isola dei famosi”. Mentre scrivo migliaia e migliaia di studenti occupano le scuole e le piazze per dire che non sono d’accordo con chi li considera “superflui”. Mentre scrivo chi ci governa continua a ritenere scuola, ambiente e cultura come i settori “inutili”, da tagliare. Da taglieggiare. Questa è l’Italia. E io che mi sento in cuor mio un patriota, me ne vergogno. E io che sono un regista e un drammaturgo, mi chiedo (non da oggi, ma da sempre, da quando ho cominciato trent’anni fa) che senso abbia il teatro in mezzo a tutto questo. Che senso abbia ancora oggi il piccolo palcoscenico, di legno o di cemento che sia, piantato in mezzo alle tragedie della Storia, in mezzo ai simulacri straparlanti che fanno Spettacolo della Società. E io che mi sento nel cervello una fiamma ostinata e irriducibile, continuo a ripe- termi (da trent’anni in qua) che “bisogna piantare il melo anche quando scoppiano le bombe”, come inse- gnava Martin Luther King. Quando sono arrivato a Scampia, tre anni fa, sono arrivato come un cittadino che voleva capire l’orrore di una guerra appena conclusa, come un regista che voleva misurarsi con la turbolenza dionisiaca degli ado- lescenti napoletani (dopo averlo fatto per quindici anni con le Albe, nelle scuole della finta-quieta Ravenna), come un italiano cui il Nord non bastava. “Arrevuoto” è stato per me tutto questo. E “Punta Corsara” ne è stata, ne è a tutt’oggi la diretta, logica conseguenza. Altri pensano che siano sufficienti i fuochi d’artifi- cio, io credo che le opere siano sì fondamentali, ma che anche i teatri lo siano, intesi come ambienti vita- li, ecosistemi di cervelli e non solo edifici di mattoni, centri di relazione e scambio tra le persone, isole ere- tiche dove sperimentare un modo diverso di vivere, non solo di percepire, isole non dei “famosi” ma di coloro che sono affamati di vita. Creare un “luogo”, piantare il melo, comporta un rischio alto come nella creazione di un’opera, e questa è la scommessa di “Punta Corsara” a Scampia: un impegno quotidiano che richiede e richiederà tenacia e speranza, la forza di saper guardare oltre l’immediatamente visibile. Richiede e richiederà un “colloquio corale”, una scommessa affidata al genio di tanti e diversi, grandi e piccoli, allievi e maestri, attori e tecnici e organizzatori, dove nessuno sia solo spettatore (neanche gli spet- tatori!), dove tutti avvertano quel luogo che cresce come il farsi luogo della viva presenza di ognuno. Marco Martinelli, direttore artistico di Punta Corsara 1 4 novembre 2008 1 Punta Corsara è un progetto triennale (2007-2009) - promosso dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Rachele Furfaro - sostenuto dalla Regione Campania con la partecipazione del Comune di Napoli. www.puntacorsara.it Per questa edizione del giornale del Nobodaddy abbiamo invitato a raccontarsi, a partire dal concetto di “farsi luogo”, alcune realtà che sul piano nazionale ci sembrano scommettere sulla concretezza di una comunità possibile, dentro e attorno al teatro. Il “farsi luogo” è concetto eretico nell’epoca dei “non-luoghi”, dove semmai è il “farsi largo” che furoreggia, farsi largo nella società e nei media a colpi di esclusione del prossimo, ovvero del potenziale “rivale” da azzoppare, abbattere, escludere. E proprio mentre stavamo andando in stampa, ci ha colpito la noti- zia della morte di NICO GARRONE, amico da vent’anni, critico militante e “monello”, sempre alla ricerca del “nuovo”. E allora questo editoriale si trasforma in una dedica a Nico, al suo correre in giro per l’Italia con il piacere di incontrare il teatro vero, vitale, al di là delle tendenze e delle mode, al suo umorismo e alla sua anarchia, che lo mettevano sempre, nei confronti degli artisti, nel- l’atteggiamento di un compagno di viaggio, capace di suggerire e far riflettere, mai in cattedra a dettare regole. Un’attenta ricerca dimostrerebbe che il suo fiuto per primo ha svelato realtà divenute poi tra le più significative del teatro nazionale. Ci stringe il cuore il ricordo dell’ultimo incontro, sorpresi di veder- lo nel dicembre scorso al Franco Parenti per l’ Ubu buur: affrontò il viaggio da Roma a Milano nonostante il male già lo divorasse, per gioire con noi nella festa finale. A lui, al suo continuo girova- gare alla ricerca dei luoghi del teatro vivente, questo “farsi luogo” è dedicato.

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nobodaddyd dRegione Emilia Romagna / Ministero per i Beni e le Attivita Culturali

Ravenna Teatro-Teatro Stabile di Innovazione / Comune di Ravenna-Assessorato alla Cultura

Teatro Rasi Ravenna ott. 2008giugno 2009

F a r s i l u o g oMentre scrivo, hanno appena sparato a cinque adolescenti che uscivano da una sala giochi a Secondigliano.

Non ne hanno ammazzato neanche uno, ma poteva essere una strage, un’altra: un regolamento di conti tra

bande, dicono, per il controllo e la supremazia nel mercato della droga. Mentre scrivo Roberto Saviano sta

ancora pensando se lasciare o no il suo, il nostro paese, dopo averci fatto capire che se si spara a

Secondigliano il problema riguarda davvero tutti, mica solo Secondigliano. Mentre scrivo impazza sul

secondo canale televisivo “L’isola dei famosi”. Mentre scrivo migliaia e migliaia di studenti occupano le

scuole e le piazze per dire che non sono d’accordo con chi li considera “superflui”. Mentre scrivo chi ci

governa continua a ritenere scuola, ambiente e cultura come i settori “inutili”, da tagliare. Da taglieggiare.

Questa è l’Italia. E io che mi sento in cuor mio un patriota, me ne vergogno. E io che sono un regista e un

drammaturgo, mi chiedo (non da oggi, ma da sempre, da quando ho cominciato trent’anni fa) che senso

abbia il teatro in mezzo a tutto questo. Che senso abbia ancora oggi il piccolo palcoscenico, di legno o di

cemento che sia, piantato in mezzo alle tragedie della Storia, in mezzo ai simulacri straparlanti che fanno

Spettacolo della Società. E io che mi sento nel cervello una fiamma ostinata e irriducibile, continuo a ripe-

termi (da trent’anni in qua) che “bisogna piantare il melo anche quando scoppiano le bombe”, come inse-

gnava Martin Luther King.

Quando sono arrivato a Scampia, tre anni fa, sono arrivato come un cittadino che voleva capire l’orrore di

una guerra appena conclusa, come un regista che voleva misurarsi con la turbolenza dionisiaca degli ado-

lescenti napoletani (dopo averlo fatto per quindici anni con le Albe, nelle scuole della finta-quieta Ravenna),

come un italiano cui il Nord non bastava. “Arrevuoto” è stato per me tutto questo. E “Punta Corsara” ne

è stata, ne è a tutt’oggi la diretta, logica conseguenza. Altri pensano che siano sufficienti i fuochi d’artifi-

cio, io credo che le opere siano sì fondamentali, ma che anche i teatri lo siano, intesi come ambienti vita-

li, ecosistemi di cervelli e non solo edifici di mattoni, centri di relazione e scambio tra le persone, isole ere-

tiche dove sperimentare un modo diverso di vivere, non solo di percepire, isole non dei “famosi” ma di

coloro che sono affamati di vita. Creare un “luogo”, piantare il melo, comporta un rischio alto come nella

creazione di un’opera, e questa è la scommessa di “Punta Corsara” a Scampia: un impegno quotidiano che

richiede e richiederà tenacia e speranza, la forza di saper guardare oltre l’immediatamente visibile.

Richiede e richiederà un “colloquio corale”, una scommessa affidata al genio di tanti e diversi, grandi e

piccoli, allievi e maestri, attori e tecnici e organizzatori, dove nessuno sia solo spettatore (neanche gli spet-

tatori!), dove tutti avvertano quel luogo che cresce come il farsi luogo della viva presenza di ognuno.

Marco Martinelli, direttore artistico di Punta Corsara1

4 novembre 2008

1 Punta Corsara è un progetto triennale (2007-2009) - promosso dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Rachele Furfaro - sostenuto dalla Regione Campania con la partecipazione del Comune di Napoli. www.puntacorsara.it

Per questa edizione del giornale del Nobodaddy abbiamo invitato

a raccontarsi, a partire dal concetto di “farsi luogo”, alcune realtà

che sul piano nazionale ci sembrano scommettere sulla concretezza

di una comunità possibile, dentro e attorno al teatro. Il “farsi

luogo” è concetto eretico nell’epoca dei “non-luoghi”, dove semmai

è il “farsi largo” che furoreggia, farsi largo nella società e nei

media a colpi di esclusione del prossimo, ovvero del potenziale

“rivale” da azzoppare, abbattere, escludere.

E proprio mentre stavamo andando in stampa, ci ha colpito la noti-

zia della morte di NICO GARRONE, amico da vent’anni, critico

militante e “monello”, sempre alla ricerca del “nuovo”. E allora

questo editoriale si trasforma in una dedica a Nico, al suo correre

in giro per l’Italia con il piacere di incontrare il teatro vero, vitale,

al di là delle tendenze e delle mode, al suo umorismo e alla sua

anarchia, che lo mettevano sempre, nei confronti degli artisti, nel-

l’atteggiamento di un compagno di viaggio, capace di suggerire e

far riflettere, mai in cattedra a dettare regole. Un’attenta ricerca

dimostrerebbe che il suo fiuto per primo ha svelato realtà divenute

poi tra le più significative del teatro nazionale.

Ci stringe il cuore il ricordo dell’ultimo incontro, sorpresi di veder-

lo nel dicembre scorso al Franco Parenti per l’Ubu buur: affrontò

il viaggio da Roma a Milano nonostante il male già lo divorasse,

per gioire con noi nella festa finale. A lui, al suo continuo girova-

gare alla ricerca dei luoghi del teatro vivente, questo “farsi luogo”

è dedicato.

I D E A Z I O N E Marco Mar t ine l l i e Ermanna Montanar iC U R A E D I TO R I A L E Cr is t ina Ventrucc iR E DA Z I O N E Barbara Fusconi con la col laborazione di Alessandro Argnani , Serena Cenerel l i ,Cinzia Dezi , Rober to Magnani , Michela Marangoni , Alber to Marchesani , Si lv ia Pagl iano, Laura Redael l iI D E A Z I O N E G R A F I C A Coset ta Gard in i - Casa Walden

I L P RO G R A M M A D E L N O B O DA D DY È R E A L I Z Z ATO I N C O L L A B O R A Z I O N E C O N Al t reVeloc i tà , Bronson Produzion i , Homunculus/Tant i Cos i Proget t i , Mànt ica/Socìetas Raf fae l lo Sanzio,Assoc iaz ione Mirada, Palust re Records

I L N O B O DA D DY R I N G R A Z I A l ’Assessorato a l le Pol i t iche Giovani l i de l Comune d i Ravenna, l ’Assoc iaz ione Ar t i f icer ie A lmagià e Fanny & Alexander per la concess ione d i A lmagià Ar t i f icer ie ;Nando Randi e Giuseppe Padula per la concess ione de l la Gal ler ia Ninapì

S I R I N G R A Z I A N O I N O LT R E Andrea Acc ia i , C l iò Agrapid is, Paolo Bald in i e Andrea Vi l l ich, Mar ianna Barbani , Andrea Bondanin i , Marco Capecc i , A lber to Cassani e Mar ia Graz ia Mar in i ,E leonora Caste l lucc i , Adr iana Corbel l i , Lorenzo Donat i , Guido Ceroni , Anna Ferrante Sacco,Alessandro Fogl i , V io la Giacomet t i , D iego Ingegner i , S i lv ia Loddo, Cami l la Lopez, A l ice e AnnaMerenda Somma, Donata Modanesi , Dani lo Montanar i , Angela Nevoso, Wal ter Ricc i , Angelo Spazzol i ,Raf fae l la Sut ter, Feder ica Vicar i , i l Comi ta to Organizzatore de l Premio “Lo St ran iero” 2008 e tu t t i g l i ar t is t i che par tec ipano a l proget to

C O L L A B O R A N O A L L A P RO M O Z I O N E Associaz ione Cant ier i , Fondazione F lamin ia Ravenna, L’ rboreto, Mar-Museo d ’Ar te de l la c i t tà d i Ravenna, ravennastudent i .org, Santarcangelo de i Teat r i , e i seguent i eserc iz i : A.N.G.E.L.O. Vintage Palace, Barnum, Bios, E l ios Copyng Center, Fo lk Stud io, Foto DM Dig i ta lphotocenter, L ibrer ia Fel t r ine l l i Ravenna, L ibrer ia Longo, Oster ia i v ico l i , Post Post , R ivendi ta Giornal i & Riv is te d i C icognani Mass imo & F i l ippo, Scout , Centro Cul tura le Val tor to, V i l laggio Globale-Commerc io Equo Sol ida le

R A V E N N A T E A T R O T e a t r o S t a b i l e d i I n n o v a z i o n e

direz ione ar t i s t ica Marco Mar t ine l l iideazione Marco Mar t ine l l i e Ermanna Montanar i

pres idenza Luig i Dadinadirez ione organizzat iva Marcel la Nonni

direz ione tecnica Enr ico Iso laamminis t raz ione Stefan ia Nannidirez ione immagine Ermanna Montanar iedi tor ia , consulenza, coordinamento Cr is t ina Ventrucc iarea v ideo Alessandro Rendacoordinamento non-scuola Alessandro Argnanicomunicazione e col laboraz ione al la graf ica Barbara Fusconiorganizzaz ione e promozione Monica Randi ( s tagione di prosa) , Serena Cenere l l i e A lber to Marchesani (nobodaddy) , S i lv ia Pagl iano e Francesca Ventur i( teatro del le albe) , Sara Maio l i e Wi l l iam Rossano (drammatico vegetale)contabi l i tà Chiara Maroncel l igest ione del personale e cura del teatro ras i Rober ta Staf fasquadra tecnica Fabio Ceroni , Luca Fagio l i , Francesco Catacchio, Gabr ie le Clement i ,R iccardo Clement i , Dani lo Manisca lco, Dennis Masot t i con la col laboraz ionedi Gerardo De Vi ta e Massimi l iano Rassu coordinamento di sala teatro ras i Rober to Casc io l i e Michela Marangoni maschere Annachiara Abram, Andrea As io l i , Dav ide Febei , Rober ta Galass in i , Anton ioMaiani , Sara Panzavol tabigl ie t ter ia , book-shop e dis t r ibuz ione mater ial i Serena Cenere l l i con la col laboraz ionedi Jacopo Bisern i , Anton io Maian i , Sara Panzavol ta , Lanf ranco Vicar iconsulenza informatica Andrea Cata lano col laboraz ione organizzat iva Car lo De Leonardo s tagis t i 08/09 Nicolet ta Calderoni , Ida Basi le e Mar in ì Fernando (punta corsara) , A l iou N’Diaye ( takku l igey)

teatro del le albe Alessandro Argnani , Lu ig i Dadina, Cinz ia Dezi , Luca Fagio l i , Rober to Magnani , Michela Marangoni , Marco Mar t ine l l i , Ermanna Montanar i , Mandiaye N’Diaye, Laura Redael l i , A lessandro Renda

drammatico vegetale Ezio Antonel l i , P ie t ro Fenat i , E lv i ra Mascanzoni

col laboraz ioni ar t i s t iche Giovanni Belv is i , Paola Bigat to, Lu ig i Ceccare l l i , Cesare Fabbr i , Enr ico Fedr igo l i , Margher i ta Fenat i , Coset ta Gard in i , Gerardo Lamat t ina, S i lv ia Loddo, V incent Longuemare, Mauro Pagl ia longa, Cla i re Pasquier, Davide Sacco, Edoardo Sanchi , Luc iano T i t i , Gianf ranco Tondin i , Giuseppe Vi ro l i

P R E V E N D I T E B I G L I E T T I E C A R N E TB i g l i e t t e r i a Te a t r o R a s iv i a d i R o m a 3 9 , R av e n n a , t e l . 0 5 4 4 3 0 2 2 7i l g i o v e d ì d a l l e 1 6 a l l e 1 8 e i l s a b a t o d a l l e 1 0 a l l e 1 2 o n l i n e w w w. r a v e n n a t e a t r o . c o m / n o b o d a d d y

B I G L I E T T E R I E S E R A L I u n ’ o r a p r i m a d e l l o s p e t t a c o l oTe a t r o R a s i , t e l . 0 5 4 4 3 0 2 2 7 . A l t r i l u o g h i , t e l . 3 3 3 7 6 0 5 7 6 0

I N F O R M A Z I O N I E P R E N OTA Z I O N IR a v e n n a Te a t r o , v i a d i R o m a 3 9 , R a v e n n a , t e l . 0 5 4 4 3 6 2 3 9i l l u n e d ì d a l l e 1 5 a l l e 1 8 e d a l m a r t e d ì a l v e n e r d ì d a l l e 1 0 a l l e 1 3 e d a l l e 1 5 a l l e 1 8w w w. r a v e n n a t e a t r o . c o m - i n f o @ r a v e n n a t e a t r o . c o m n o b o d a d d y @ r a v e n n a t e a t r o . c o m - s k y p e : n o b o d a d d y. r a v e n n a

w w w. r a v e n n a t e a t r o . c o m / n o b o d a d d ys k y p e : n o b o d a d d y. r a v e n n an o b o d a d d y @ r a v e n n a t e a t r o . c o mo r g a n i z z a z i o n e @ r a v e n n a t e a t r o . c o m

F I N I T O D I S TA M PA R E N E L F E B B R A I O 2 0 0 9 P R E S S O G r a f i c h e M o r a n d i - F u s i g n a n o

nobodaddyd d

a

F o r l ì - C R I S A L I D E - M A S Q U E t e a t r o

Frammento sulla struttura del gruppo

P a l e r m o - A . T. S . S PA Z I O Z e r o - Te a t r o d e i C A N T I E R I

La festa liberatrice

Questo è un frammento sulla struttura del gruppo che ha dato vita, negli ultimi quindici anni,

a Crisalide.

Spesso mi sono chiesto se il nostro fare avrebbe mai potuto contemplare la superficie.

Quante volte, durante i furiosi assalti del dubbio, sono corso a rattoppare le falle, a cercare

disperatamente, con l’orecchio teso, di percepire il suono del pericolo. Troppo spesso ho var-

cato la soglia per poi tornare subitaneamente indietro a rafforzare ancora di più le mie pareti.

Come entrare in questa tana che costruisce da sé gli accessi e le vie di fuga, che nottetem-

po cambia i percorsi noti e le certezze del viaggio?

Giorno per giorno costruisco la mia logica di sopravvivenza, invento sia il nemico sia le armi

per sconfiggerlo o tenerlo a debita distanza. Creo una banda più che un gruppo e faccio di

impulsi e necessità le strategie per cogliere l’azione nel suo farsi lotta, guerriglia.

Se la standardizzazione dei processi creativi è dell’apparato di superficie, qui, in questa cata-

comba-tana l’isolamento non sarà la condizione per la manipolazione, anzi dall’isolamento

attraverso l’alienazione totale trarrà beneficio l’opera. Opera che giunge quasi per caso,

come fosse lo scarto delle nostre lavorazioni, come il risultato di un affanno che trova nel

procedere sempre più in profondità il vero senso dell’agire.

Eppure in questo scendere più in basso non trovo appagamento. Sono dentro l’opera eppu-

re ne sono sbalzato fuori, costantemente, come se alla ricerca non appartenesse la certez-

za della meta né tantomeno il principio di efficacia. Può attorno a questa lotta sedimentarsi

una logica comune, possono, in questo fare, coalescere delle singolarità?

Quando nel gennaio 2008, come nuovo consorzio di compagnie indipendenti, abbiamo occu-

pato alcuni capannoni industriali abbandonati (ma affatto dimenticati dalla città), mettendo

a disposizione della “lotta” quelle energie e quegli ideali che già ci animavano in sala prove,

abbiamo conosciuto a fondo il volto del potere e del teatro come potere. Ne siamo usciti più

ricchi e più forti.

Guidati dall’insofferenza verso la mistificazione retorica utilizzata dalle istituzioni, abbiamo

agito una lotta all’insignificante; lotta contro l’equivoco, quello che si mantiene in vita sotto

false, ammalianti, spoglie.

Avevamo ripreso ciò che è nostro. Avevamo rotto una prima gabbia. Non era poco, in un

paese in cui si discute sul libero diritto di disporre dei propri luoghi di culto o in cui i campi

nomadi sono lager da quarto mondo: “Gli zingari rubano l’acqua anche ai morti”.

Da questa esperienza è stato intrapreso un viaggio di ri-animazione della città attraverso i

luoghi che vivono di teatro, lì dove la pratica precede la definizione “architettonica”, i luoghi

non riconosciuti, casuali, fuori legge, nei quartieri più oscuri e magici; o quelli che pur risul-

tando istituzionali sono stati abbandonati da una classe dirigente speculatrice. Resuscitando

la sensazione del ritrovarsi attorno al teatro e riprovando l’ebbrezza del sentirsi fuori, desi-

derosi di incontrare, ascoltare, essere ascoltati.

Tutto questo attraverso la forza che nasce dal riconoscere e contrastare la morte che tra-

spare dal quotidiano, che si chiami prepotenza, conformismo, libero mercato, insoddisfa-

zione. Come quando si percepisce di camminare sul ghiaccio. Il paesaggio intorno si

immobilizza mentre la gente diventa un tribunale che sta ad osservare se ce la fai. Lì

abbiamo tentato di non irrigidire le gambe, soprattutto per non manifestare difficoltà.

Palermo: mantenere la fedeltà a un nomadismo mentale e spaziale

sta alla base del nostro lavoro. Precari. Diffusi. Costruttori di molte-

plici spazi pubblici condivisi, nei quali alla libertà d’espressione cor-

risponda una responsabilità sociale.

Non avendo la benché minima idea di quali siano le prospettive di “suc-

cesso” nel nostro viaggio, cerchiamo di creare luoghi temporanei dove

poterci esprimere. Proprio in questi giorni con la rassegna “Tetris”

abbiamo toccato case private, chiese sconsacrate, “bassi” nel centro

storico, piccole biblioteche.

Siamo sicuri che ogni volta lo spazio dato sarà sempre quello che avre-

mo lungamente contrattato. Che ci saremo conquistati. Ogni volta, sag-

giamente, restando. Resistendo. Ripartendo.

Oggi, dopo trenta giorni, sono tornate le autobotti comunali al campo

nomadi. Ora gli zingari hanno l’acqua.

E non può una vittoria scatenare la festa liberatrice?

E non esiste ancora la passione per il rituale che celebra la sconfitta

del tiranno, sotto una tenda, a diretto contatto col calore del pubblico?

Paolo Cinquemani, direttore dell’A.T.S. Spazio Zero-Teatro dei

Cantieri2

22 gennaio 2009

1 Crisalide è un piccolo festival che a ogni edizione si snoda attorno allo sviluppo di un concetto etico-estetico. Nato nel 1994 a Bertinoro, dal 2000 sitiene ogni settembre-ottobre a Forlì a cura del gruppo Masque Teatro che ospita spettacoli e incontri nel proprio spazio-laboratorio all’Ex Filanda in viaOrto del fuoco 3. 2 A.T.S. Spazio Zero-Teatro dei Cantieri è una rete di operatori teatrali indipendenti palermitani che nasce all’interno delle iniziative portate avanti dalgennaio 2008 - ai Cantieri Culturali alla Zisa e in altri spazi - con l’intento di promuovere realtà del teatro e della musica e dar vita a Palermo a un cir-cuito di spazi e artisti per la ricerca teatrale. La rete è stata fondata dalle compagnie: A.C. Sutta Scupa, Compagnia Quartriati, Compagnia del Tratto,Associazione Culturale Bogotà e C. Arte Indipendente.

www.masque.it http://spaziozero.altervista.org

A volte capita, nei rari momenti in cui mi fermo, che mi volti indietro, di

scatto, quasi a cogliere il respiro del cammino fatto, l’odore dei com-

pagni che mi hanno seguito. Quasi subito poi riprendo la strada con la

schizofrenica ansia di lasciare quel posto e, contemporaneamente, di

farne il mio rifugio. All’inizio scavavo per trovare una verità, poi, man

mano che passavano gli anni, era solo una via di fuga quello che cer-

cavo. Mi coglieva un vuoto lancinante in quel cammino di solidudine; mi

dicevo: molti uomini coraggiosi non dimenticheranno, ma non era suf-

ficiente ad acquietare la mia ansia per il futuro.

Creare spazi di esperienza, costruire luoghi di senso, progettare imbat-

tersi fortuiti.

In questi quindici anni ho percorso in lungo e in largo questa specie di

zattera capovolta e mai per un attimo mi sono pentito di esservi salito.

Rimane il rammarico di avere bene distinto tra quello che era il moto

illusorio e le reali possibilità che questo mestiere ha di cambiare il

mondo.

Lorenzo Bazzocchi, fondatore e direttore artistico di Crisalide1

15 gennaio 2009

Castrov i l la r i -PRIMAVERA DEI TEATRI-Scena Vert ica le

La grande Calabria e il piccolo festival

Perché “Primavera dei Teatri”? Perché volevamo una cosa, anche piccola - meglio piccola se

volevamo coltivarla bene - che parlasse di noi, che sprigionasse un pensiero, e che facen-

dola interagire cambiasse noi stessi insieme agli altri. Perché volevamo qualcosa che espri-

messe un mondo, una qualità delle relazioni fra le persone, fra gli artisti e il pubblico.

Volevamo che ogni cosa presentata, qualsiasi cosa, contribuisse nel percorso umano di cia-

scuno. E che questo magma - articolato in sezioni e approfondimenti di vario genere - desse

impulsi alla nascita di vocazioni nuove: critici, giornalisti, operatori, organizzatori, artisti, e

spettatori, con un potere di irradiazione a trecentosessanta gradi. In questo processo rite-

nevamo irrinunciabile il coinvolgimento dei giovani, sulla scena e in platea: con il loro entu-

siasmo, perché contagiassero; la loro generosità, perché occorreva lavorare in condizioni di

“spreco”; la loro disponibilità, perché ascoltassero. Si trattava di creare un clima formando

nel tempo una cellula sana, una piccola cellula di civiltà, contro le banalità, contro i luoghi

comuni, contro le disuguaglianze sociali, economiche e culturali. Una cellula di civiltà in un

territorio dove i valori dell’uomo sono umiliati giorno dopo giorno. Un teatro, quindi, che si

interrogasse quotidianamente sulla propria necessità e sul proprio senso. Un teatro politico

nella sua accezione più alta.

Castrovillari non aveva una stagione teatrale dal 1986, anno in cui fu incendiato l’unico tea-

tro comunale. Da allora non è stato fatto quasi più nulla, fino a quando non abbiamo comin-

ciato noi, nel 1999, a realizzarvi alcune ospitalità. La verginità del territorio era superiore a

quella di altri luoghi e quindi era importante porsi il problema dello spettatore in relazione

al nostro progetto.

Abbiamo salutato con gratitudine le discussioni, ma anche gli “scandali” nati intorno agli

spettacoli. È la società contemporanea con le sue contraddizioni che per prima crea scanda-

lo. È il mondo con le sue disuguaglianze che per primo crea scandalo. Perché il teatro dovreb-

be sfuggirlo?

In tutti questi anni la situazione è cambiata: sono nati un Teatro Stabile Privato e un circui-

to; si sono aggiunte stagioni teatrali comunali, anche se molto convenzionali. Ma il fenome-

no più interessante riguarda la nascita di un cospicuo numero di giovani gruppi. Questa è la

vera novità. Sono gruppi che prima non esistevano. O meglio, qualcuno c’era, ma viveva una

situazione isolata, soprattutto in termini di confronto. E in questo “Primavera dei Teatri”

penso abbia avuto un ruolo importante. Ha portato esperienze nuove, artisti, critici e addet-

ti ai lavori con cui confrontarsi. E poi opportunità di formazione e un confronto serrato con

la nuova drammaturgia. Tale movimento ha messo in relazione tra loro

gruppi giovani, teatri stabili, circuito e operatori calabresi fino a che

discussioni avviate a “Primavera dei Teatri” hanno portato al varo di

una legge regionale di settore nel 2004.

Nello stesso anno il festival subì la cancellazione, per poi riprendersi

l’anno dopo. Tra carnevali, sagre e feste a carattere religioso, la mio-

pia degli enti locali non trovò il modo, non volle trovarlo, di salvare

un’esperienza culturale di scavo e lungimiranza. È infatti con le isti-

tuzioni che permangono le difficoltà maggiori: il sostegno al festival

è occasionale; i cambi amministrativi azzerano o rilanciano i rappor-

ti; ci si muove sotto il segno di una casualità eccessiva, dove pesano

le vecchie croniche consuetudini della politica calabrese, quelle che

da sempre hanno frenato lo sviluppo della nostra regione. È una

situazione paradossale. Da una parte la vecchia politica, quella che

attesta da sempre la “grande” Calabria agli ultimi posti nazionali.

Dall’altra un piccolo festival innovativo che cerca di costruire nuove

prospettive per la Calabria teatrale. E, nel suo piccolo, un nuovo pen-

siero per i suoi cittadini.

Il luogo da un’altra angolazione

Scrivendo subito dopo il Natale 2008, voglio aggiungere una sensazio-

ne che dice qualcos’altro di questo pezzetto di Calabria in cui vivo. La

malinconia immensa che mi rimane dopo aver rivisto i tanti amici che

sono tornati per le feste, dopo aver ritrovato rapporti che non puoi trat-

tenere. Perché Castrovillari è anche questo: la diaspora inarrestabile

verso i luoghi dello studio e del lavoro. La mia Calabria è anche questo,

un non-luogo che fatica a diventare luogo, ma che il nostro festival e i

tanti artisti ospiti ci danno la bella “illusione” di rendere qua e là un

luogo vitale.

Savierio La Ruina, direttore artistico di Primavera dei Teatri1

14 gennaio 2009

1 Primavera dei Teatri è il nome del festival teatrale sui nuovi linguaggi della scena contemporanea fondato a Castrovillari, in Calabria, dal gruppo ScenaVerticale, diretto da Saverio La Ruina e Dario De Luca. Il festival si è tenuto ogni giugno dal 1999, con una pausa nel 2004, anno in cui le Amministrazionilocali interruppero l’erogazione del contributo.

www.scenaverticale.it

Bologna-TEATRO SAN MARTINO-Libero Fortebraccio TEATRO

Il teatro siamo

da due anni propongo una stagione al teatro san martino di bologna.

parlo in prima persona ma intendo un plurale che ne coinvolge tante altre.

principalmente le persone che sono il teatro san martino di bologna e poi quelle che hanno voluto

e vogliono portare il proprio lavoro all’attenzione delle persone che sono il pubblico.

da elena bucci a marco manchisi, nei due anni in cui sono il responsabile della direzione artistica.

da elena bucci a marco manchisi, incontrando marco sgrosso, teatro del lemming, balletto civi-

le, davide enia, ascanio celestini, ilaria drago, immobile paziente, santasangre, accademia degli

artefatti, emma dante, zimmerfrei, teatrino clandestino, laminarie, teatro i, scena verticale, flo-

rian, habillè d’eau, tangram teatro, massimiliano civica, werner waas e quellicherestano, artu-

ro cirillo, roberto castello e aldes, sistemi dinamici altamente instabili, daria de florian, laca-

sadargilla, gruppo elettrogeno, silvia avallone e mariangela gualtieri, vincenzo schino, ales-

sandro berti e stefano pilia, gaetano colella, simona bertozzi, roberto bacci e pontedera tea-

tro, daniele timpano, teatro delle albe, antonio latella, lenz rifrazioni, alfonso benadduce,

tony clifton circus, muta imago, letizia russo, oscar de summa, masque teatro, fanny &

alexander, compagnia laudati danza e fortebraccio teatro.

il programma dell’anno scorso e quello della stagione in corso, da elena bucci a marco man-

chisi, per come ognuno sceglie.

da elena a marco, come fossimo partiti tutti insieme, come fossimo rimasti tutti con leo.

la recente scomparsa di perla peragallo e leo de berardinis lascia un messaggio personale a tutti.

per noi coincide con l’occasione di spostarci da roma a bologna.

non c’è pretesa di riferimento, ovviamente. soltanto non resistere al fatalismo che ci governa.

non resistere è quanto stiamo facendo. provando a reclamare.

all’opposto invece di quanto abbiamo cercato di fare in questi anni.

parlo da un punto di vista teatrale e quindi artistico, politico, sociale, antropologico e per

certi versi anche geografico.

non resistere.

piuttosto “perdere”, provare a perdere davvero, come in questi anni ho capito d’aver impa-

rato dal teatro.

perdere è una nuova speranza. costante.

soltanto insieme. da soli e insieme.

come persone e per l’incontro con le altre persone che diventa teatro.

predisporsi al cambiamento, alle trasformazioni di questa dimensione che è nuova soltanto

per la coscienza. poi, credo, sia vecchia quanto l’uomo. e quindi il teatro.

soltanto disarmati, soltanto senza le proprie vittorie, al di fuori della forza che ci tiene in

piedi, spinge, finge, possiamo tornare al teatro.

a mani vuote, svuotate. a mani nude.

pensarsi teatro, sentirsi teatro, essere teatro insieme.

di quale teatro siamo capaci è una domanda che ha risposta solo nella sconfitta e nell’ac-

cettare di lasciare le cose.

perdere nelle sue accezioni. nella sua eccezionale possibilità.

“fortebraccio teatro”, la compagnia che sono insieme a gianluca misiti e max mugnai, prin-

cipalmente, si è trasformata nell’unione con “il gruppo libero” di bologna: “libero fortebrac-

cio teatro” è la nuova sigla che ci rappresenta e che racconta di una disposizione.

di un cambiamento, non solo nella condizione, ma soprattutto nella prospettiva.

arrenderci, non resistere alle trasformazioni è quanto abbiamo scelto di inseguire e la pro-

spettiva di chi insegue ci somiglia ormai di più.

questa è l’unica vera dimensione in cui ci rivolgiamo a noi stessi e agli altri.

ho invitato persone al teatro san martino di bologna.

non i loro prodotti. non gli spettacoli, non progetti.

nella libertà di scelta sul cosa e in che modo partecipare, contribuire.

ogni artista, gruppo, compagnia, ci dice un mese prima di venire con che cosa parteciperà,

in che forma e modo. un mese prima, solo per un problema legato alla promozione.

questo vuol dire poter cambiare idea nel corso della stagione e pren-

dersi la responsabilità di condividere la direzione artistica, il percorso

che diventa spazio comune.

noi ci poniamo nell’attenzione dell’ospitalità, nella cura dell’accoglien-

za con tutto quanto abbiamo. non è molto questo nostro poco, ma è

proprio tutto quello che abbiamo.

insieme alla prospettiva che diventa insieme.

insieme alla condivisione dello stare e del pensiero.

d’una disposizione che diventa disponibilità.

siamo tutti lo stesso palcoscenico.

siamo la stessa platea.

non svolgo la mia funzione da selezionatore. non sono il direttore che

sceglie dentro a un giudizio. non costringo gli altri dentro un mio pro-

getto. e non me ne invento uno dopo aver scelto gli altri.

il progetto è condiviso dall’inizio. la stagione ha una firma collettiva.

è la risultante di quanto ognuno sceglie liberamente di portare al san

martino.

la mia unica richiesta è che ci sia un momento almeno d’apertura. da

almeno uno al più possibile. “sempre aperto teatro san martino”, come

già l’onorevole teatro casertano chiamò il suo teatro garibaldi.

è un’intenzione quotidiana, capace di governare ogni cosa, perché se lo

stare in scena ha il suo fondamento “nell’ascolto e nella relazione”,

ascolto e relazione possono essere i concetti guida di ogni stare.

del pensiero, dei progetti e degli spettacoli che penso soltanto e sem-

pre come proposte.

spettacoli che non dicono, non sanciscono, non raccontano, non pre-

tendono, non decretano.

spettacoli che sono materia incompleta, che non possono essere pro-

vati veramente, ma solo preparati, portati da persone all’attenzione di

altre persone.

come mi ha insegnato perla, preparati per un appuntamento, spettacoli

che fanno a cambio dalla platea con quanto questa sente.

il teatro cambia in platea. ogni sera. la platea ci cambia. e ci trasforma.

a questo ho scelto di non resistere. questo è quello che ho accettato.

e questo è quanto vorrei che il pubblico sapesse, ricordasse, dentro

alla coscienza dell’essere a teatro, dentro lo spettacolo che è la platea

ogni sera.

il teatro succede non sulla scena, ma in quello spazio che c’è tra platea

e palco.

tra persone e persone.

lì in mezzo.

il teatro ci lascia e torna a noi cambiato. arriva a noi come qualcosa da

tenere per un po’ di tempo, che non è possibile trattenere. che è da

restituire, da consumarsi e rialimentare.

il teatro non appartiene a nessuno. nessuno lo detiene.

il teatro non è, il teatro siamo.

per questo c’è bisogno di tutti, per come siamo, quanti,

e delle differenze.

Roberto Latini, responsabile direzione artistica del Teatro San

Martino1

22 gennaio 2009

1 Il Teatro San Martino di Bologna attraversa una singolare esperienza di “direzione artistica condivisa”: con la presenza e le idee dei romani RobertoLatini e Fortebraccio Teatro, che si sono uniti al residente Il Gruppo Libero diretto da Mariapia Papandrea, dal 2008 disegna una programmazione nonscelta dall’alto bensì nata dal confronto e dalla relazione. S’indice così a Bologna una programmazione in cui sono gli artisti a proporsi nei modi che lorostessi ritengono opportuni.

www.teatrosanmartino.it

Roma-ZTL-Teatr i d i Vet ro

La paura costante di svanire Roma. Una città che assorbe, richiede, macina tempo. Il tempo delle vite individuali e delle

occasioni collettive. Viverci dentro è come abitare in un gomitolo. Solo ogni cento anni si

sbroglia, mostrando gli anelli di una rete.

Dove vive la città? All’interno delle maglie, all’interno di quel reticolo. Lì ci sono le relazioni,

i progetti, gli scambi. Forse lì si ridefinisce come identità. Nelle pratiche riconosco la città

che siamo diventati.

Roma. Autunno 2005

Siamo tst (Triangolo scaleno teatro), Teatro Furio Camillo, Rialto Santambrogio, Rampa

Prenestina, Astra teatri. Nasce la “Nottola Ztl”, cioè la decisione di mettere le nostre pro-

grammazioni (all’epoca anche noi del tst avevamo uno spazio, lo Strike, un capannone indu-

striale occupato) nella stessa locandina. Ci conosciamo già da tempo, ci siamo prestati dota-

zione tecnica e vecchi sipari, ci siamo consigliati e scambiati spettacoli. Siamo già una

“rete”. Ma in quel momento ce lo diciamo e lo diciamo alla città. Invitiamo amici e giornali-

sti a un aperitivo al Rialto e illustriamo il nostro progetto. È una cosa semplice. Esiste la “not-

tola” dei cinema, da oggi stampiamo la “nottola” dei nostri spazi (tutti occupati, eccetto il

Furio Camillo che è un teatro privato). Si scatenano reazioni.

Roma. 9_11 gennaio 2006. Convegno teatrinvisibili

Nell’estate del 2005 noi (tst) abbiamo fatto un monitoraggio raccogliendo i materiali di cen-

tocinquanta giovani e meno giovani compagnie indipendenti (che non ricevono finanziamen-

ti dal FUS) dell’area metropolitana e della provincia. Ne abbiamo intervistati sette e realiz-

zato un piccolo documentario. A ognuno degli intervistati abbiamo rivolto le stesse quattro

domande. Chiediamo a proposito di spazi, risorse, bandi. L’ultima domanda riguarda il futu-

ro. Nel video si sentono solo le risposte e si vedono le facce. Si capisce da quello che dico-

no che non fanno teatro tanto per fare. Alla domanda sul futuro nessuno sa rispondere.

Decidiamo che la ricerca deve avere un momento pubblico: bisogna far sapere che a Roma ci

sono generazioni di artisti che sperimentano, resistono e crescono; che a compensare l’assen-

za delle istituzioni teatrali e l’inaccessibilità di luoghi e risorse, ci sono spazi sociali e teatri pri-

vati che sostengono la produzione contemporanea, ospitano prove e spettacoli, creano rasse-

gne e stagioni impedendo che la città si desertifichi. Ci rendiamo subito conto che è necessario

parlare di teatri, di estetiche, di linguaggi, di percorsi, di generazioni. Tutto al plurale.

Il convegno va in scena al Palladium. La rete Ztl è stata coinvolta da subito e siamo riusciti

a farci finanziare dalla Provincia di Roma. È la prima volta, dopo anni, che artisti e istituzio-

ni si ritrovano allo stesso tavolo dando vita a tre giorni di confronti e scontri. Cominciano a

delinearsi temi. Sono già evidenti nella ricerca, ma ogni voce, ogni intervento li rende con-

creti. Li fa corpo. Si parla di spazi-prove che non ci sono, spazi che ci sono ma che rischiano

di essere sgomberati, dell’India che è come se non ci fosse. Si parla di tempi di produzione,

di studio, di ricerca. Si cerca di far capire un concetto estraneo alla politica culturale dei

grandi eventi: il processo, la continuità, la quotidianità del percorso artistico. Emergono temi

vitali perché sono gli artisti a parlare e coloro che hanno costruito situazioni per tutelarli,

una nuova generazione di operatori culturali.

Roma. Maggio 2006

Noi (tst) presentiamo alla Provincia un progetto: Teatri di Vetro. Si tratta di un festival dedi-

cato esclusivamente alla scena indipendente del nostro territorio. Pensiamo sia necessario

tener calda l’attenzione nata al Convegno, non lasciar passare tempo. Incredibilmente, attra-

verso una sinergia singolare di persone e strutture, e attraverso la collaborazione con la

Fondazione Romaeuropa, Teatri di Vetro diventa possibile: la Provincia decide di finanziarlo.

E noi cominciamo a lavorare alla sua costruzione.

Maggio 2007. Teatri di Vetro prima edizione

11 giorni di programmazione. 45 compagnie. 22 spettacoli. 13 performance. 10 studi. 1 territorio.

Tra il Palladium e gli spazi urbani della Garbatella. Ora è sotto gli occhi di tutti: scena contempo-

ranea indipendente. È un soggetto multiforme non riconducibile a un’estetica né a una genera-

zione, né a un pensiero unico. È il teatro che si produce qui e ora. Da lì è tutto in accelerazione.

Ottobre 2007_maggio 2008

Ztl_pro è il primo progetto di produzione legato al nostro territorio che

nella prima edizione produce sette spettacoli. Per dimensioni e strut-

tura non può che essere un esperimento, il primo tentativo concreto di

sinergia fra istituzione, reti, spazi, compagnie, operatori culturali sul

tema della produzione.

23 maggio_1 giugno 2008 Teatri di Vetro2

Ciò che speravamo avvenisse, gli scambi, le contaminazioni, gli

incontri impossibili sono in città ormai una realtà. Critica, artisti,

organizzatori, direttori di teatri e di festival a Roma si sono seduti

al tavolo degli stessi convegni e ormai si incontrano, si parlano, a

volte progettano insieme, e sembrano essere diventati consapevoli

che il confronto tra identità diverse è, non soltanto fonte di ric-

chezza, ma necessità di sopravvivenza. L’indeterminatezza politica e

l’amore per la cultura hanno portato, senza troppi scossoni, gli

uomini di cultura a incontrarsi di nuovo. È un nuovo

Rinascimento? Mi chiedevo.

Febbraio 2008. Il tavolo interassessorile

Dopo lunga attesa la scena romana (in una sinergia ormai meticcia tra

indipendenti e non) incontra congiuntamente i tre assessori alla cultura

di Comune, Provincia e Regione. Due ormai sono dimissionari. È un atto

dal sapore di commiato eppure troviamo la forza di chiedere attenzione

sugli stessi problemi (oggi ancora più urgenti e messi a rischio): spazi,

risorse, bandi, normative.

Da quest’anno, noi del tst abbiamo anche OFFicINa 08_09, con uno

sguardo progettuale allargato alla Regione. Vogliamo che diventi un

cantiere di creatività contemporanea, un sistema di connessione tra la

scena metropolitana e i territori regionali.

Per il 2008/09 l’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio ha varato

il primo bando dedicato alla produzione artistica. È una grande cosa.

Forse la più interessante che sia accaduta.

Ogni istituzione sembra aver raccolto l’invito a guardare nelle maglie,

nelle zone residuali. Ognuno fa il suo gioco a diventarne paladino.

Niente di nuovo: la scena indipendente è diventata una partita da gio-

care per ottenere vantaggi. Intanto il cielo di Roma è diventato in pochi

mesi più grigio.

Mi chiedo: cosa abbiamo costruito? Il riconoscimento chiesto all’inizio

del percorso non si è tradotto in sistema. Il cammino è all’inizio e il

rischio che il gomitolo si richiuda su se stesso è sempre presente.

Dobbiamo fermarci? Rispondo per me: la mia elaborazione progettua-

le dentro il triangolo è indivisibile dal mio percorso artistico. Non c’è

scarto. Teatri di Vetro3 (e potrebbe essere l’ultima edizione), OFFicINa,

ma anche Ztl_pro (ora è in corso la seconda edizione) e tutti i momen-

ti di elaborazione collettiva e di interfaccia con le istituzioni, non sono

altro dal teatro, sono del tutto dentro quella pratica e quella vita che il

teatro è. È solo questa intima indissolubilità che mi rassicura e mi per-

mette di contrastare la paura costante di svanire.

Roberta Nicolai, Triangolo scaleno teatro1

22 gennaio 2009

1 Triangolo scaleno teatro - tst, gruppo nato nel 2001 - è tra i fondatori di ZTL, rete che lega diverse realtà, perlopiù indipendenti, della scena contempo-ranea romana.

www.ztl.roma.it

S O S T E N I T O R I

Tor ino-FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI

Vicende incendiarie

L’esigenza che ci portò a invadere con il Festival ville, castelli, chiese della collina torinese

era quella di uscire dai teatri, ripensare la drammaturgia in spazi diversi, confrontarci con

altre forme di fruizione, ma soprattutto condividere i progetti degli artisti secondo modalità

organizzative solidali. Un desiderio insomma di aria, libertà e dialogo. Galatea Ranzi, Claudio

Morganti, Pippo Delbono, Marisa Fabbri, Valter Malosti, Ruggero Cappuccio, la Galleria

Toledo, il Teatro Settimo, il Teatro delle Albe, Emma Dante furono i primi a dar voce a questo

desiderio.

Luogo emblematico degli esordi del Festival fu, tra tutti, Villa Bria di Gassino Torinese.

Edificio di chiaro modello seicentesco e di scuola juvarriana che è stato utilizzato varie volte

come sede degli spettacoli. All’inaugurazione Galatea Ranzi vi propose un suo recital tratto

dall’opera di Clemente Rebora: Dall’immagine tesa.

Lo spettacolo conclusivo della seconda edizione del Festival ebbe invece come cornice Villa

Sambuy di San Mauro Torinese. Fu Tatuaggi, rivisitazione nel napoletano d’oggi di Haute

Surveillance di Genet. Le lingue di Napoli ancora e di Sicilia innervarono lo spettacolo inau-

gurale della terza edizione: Desideri mortali di Ruggero Cappuccio, rievocazione del mondo

poetico di Tomasi di Lampedusa che ebbe come scenografia Villa Bruni-Tedeschi di

Castagneto Po.

Indimenticabile, nel 1999, la prova d’attrice di Marisa Fabbri, nella neoclassica Villa Cimena,

in Dall’Opaco, testo di Italo Calvino.

Queste ville sono state dunque, insieme a diversi castelli, i primi “teatri” del Festival delle

Colline Torinesi che piano piano andava definendo la propria immagine. Nonostante i budget

ridotti, i cartelloni furono da subito interessanti: era il frutto, essenzialmente, di intese leali

e di lavoro congiunto con gli artisti, quasi che il Festival fosse in primo luogo il loro, ne risul-

tassero titolari. Decisiva in questo senso fu la professionalità di Isabella Lagattolla che non

ha mai smesso di precisare come fosse importante riservare alle compagnie, spontanea-

mente, un’accoglienza generosa e sollecita. I problemi risolti insieme cessano spesso di

essere problemi. Lo pensa e lo mette in pratica anche l’équipe tecnica diretta dagli straor-

dinari Carmelo Giammello e Claudio Sacco.

Un certo cambio di rotta nei percorsi artistici del Festival si ebbe nel 2000 quando alla

Palazzina di Caccia di Stupinigi, una stupenda reggia di campagna, fu presentato Voyage au

bout de la nuit di Céline, concerto-spettacolo della Socìetas Raffaello Sanzio. Nel 2001

cominciava anche il felice e lungo sodalizio con Pippo Delbono. Dalle prove d’attore, dal tea-

tro di matrice letteraria il Festival andava verso la cosiddetta creazione contemporanea, che

ne diverrà in breve il milieu.

Dopo cinque-sei anni di colline il Festival si scontrava tra l’altro con due contraddizioni. La

prima era che i proprietari degli edifici, in maggioranza dei privati, pur collaborativi, finiva-

no col porre condizioni d’uso poco compatibili con le normali esigenze dei teatranti. La secon-

da era rappresentata dalla consapevolezza di come quel meraviglioso patrimonio architetto-

nico e artistico fosse sottostimato, non adeguatamente tutelato. Ne nacque il pensiero di

darsi da fare per rimediare all’incuria. Fu però inutile, ad esempio, difendere la citata Villa

Bria perché, nonostante gli appelli, gli incontri, le minacce essa fu ven-

duta a una società immobiliare, che la frazionò in unità abitative. Il tea-

tro era troppo debole per candidarsi come soggetto di una nuova e più

coerente destinazione d’uso.

Disamoratosi di ville e castelli il Festival volle dunque assolutamente

riconquistare il paesaggio metropolitano, i suoi spazi ex-industriali

come la Fondazione Merz o la Galleria Persano, o luoghi anomali per il

teatro come l’aula lombrosiana del Palazzo degli Istituti Anatomici.

L’inurbamento del Festival poteva dirsi cosa fatta tra il 2003 e il 2006,

sancita dalla presenza nel programma anche di artisti di rango interna-

zionale, quali Rodrigo García, Ricardo Bartís, Valère Novarina, Fabrice

Melquiot, Alexis Forestier. Nell’Aula Magna con gradoni in legno

dell’Istituto di Anatomia sono stati per contro presentati una creazione

dal titolo Il caso Lombroso con Massimo Popolizio, monologo tratto

dagli scritti del grande scienziato veronese e Photograph 51, ritratto

di Rosalind Franklin, studiosa alla quale fu negato il merito della sco-

perta della struttura del Dna. La performance La course au désastre

del Laboratoire Mobile, testi e immagini di Christophe Huysman, fu ria-

dattato nel 2008 nella sala sotterranea della Fondazione Merz. Ma, spa-

zio simbolo di questa nuova fase è stata la Cavallerizza Reale di Torino:

uno spettacolo tratto da Fassbinder - Piccoli episodi di fascismo quo-

tidiano, di Motus ispirato alle reali vicende di due serial killer inglesi -

vi trovò nel 2006 una cornice perfetta.

A questo punto il Festival ha registrato anche la collaborazione con

grandi artisti dell’arte contemporanea che hanno donato gratuitamen-

te propri lavori come immagini-simbolo delle ultime edizioni: Mario

Merz, Marco Gastini, Luigi Mainolfi. Un fatto che forse ribadisce l’im-

portanza del clima culturale in cui la manifestazione (il progetto) matu-

ra, riconosciuta anche da tre premi della critica.

E veniamo a storie recenti. La Manica Lunga nell’inverno 2007 ha preso

fuoco per l’attentato di un piromane. All’improvviso nell’edizione 2008

si sono persi tre spazi. Oggi la Manica Lunga è un deposito.

In questi mesi si è costretti ad affrontare i pesantissimi tagli, le discu-

tibili politiche per la cultura. Ma il luogo ideale del Festival delle Colline

Torinesi ha una sua conchiusa realtà i cui perimetri sono dati dalle

feconde linee di relazione con artisti, festival, teatri.

Sergio Ariotti, direttore artistico del Festival delle Colline

Torinesi1

21 gennaio 2009

1 Il Festival delle Colline Torinesi-Torino Creazione Contemporanea è una manifestazione teatrale annuale che si svolge a giugno a Torino e dintorni, chegiunge nel 2009 alla quattordicesima edizione. Nacque nel 1996 su iniziativa di Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla - e dell’Associazione di cui fanno parteanche Valter Malosti, Franco Torriani e Carlo Cantono. Oggi il Festival, sempre diretto da Ariotti e Lagattolla, ha la propria sede nell’edificio comunaleCasa Teatro Ragazzi e Giovani di Torino.

www.festivaldellecolline.it

Milano-EX OSPEDALE PSICHIATRICO “PAOLO PINI”-Associaz ione Ol inda Onlus

Fuori e dentro il manicomioAll’inizio lo spazio era solo un’idea. Anche se di spazio ce n’era tanto, ma costruito in forma di

distanza: reparti, corridoi, stanze da letto. C’erano anche molte persone, ma tutte singole.

Come si poteva fare a chiudere il manicomio di Milano, se ognuno si sentiva solo se stesso?

Intanto apriamolo, ci dicevamo. Abbiamo cominciato con cose semplici, lussi della vita quo-

tidiana: mangiare, bere, trattarsi bene, dormire in un letto matrimoniale.

La camera della morte è diventata un bar, il convento delle suore una foresteria.

Organizzavamo delle feste, ma in fondo restavamo sempre tra noi, gli addetti ai lavori (forse

bisogna sottolineare che gli addetti ai lavori erano utenti e operatori).

Le paure di attraversare il portone del manicomio erano distribuite in forma uguale tra chi

stava fuori e chi stava dentro. “Bisogna proteggere i matti dal mondo cattivo” o “bisogna

proteggere il mondo dai matti cattivi”, suonavano come delle parole d’ordine. Dopo due anni

di lavoro abbiamo aperto i cancelli con una festa straordinaria: Sogno di mezza estate.

Preparata a lungo è stata una sorta di appuntamento festoso della città in manicomio. Una

pacifica invasione di una settimana con un Gran Ballo Finale. Il fatto che migliaia di persone

ballavano, e consideravano la festa una loro festa, ha fatto della serata qualcosa di specia-

le. Da quel momento il bar non poteva non essere un bar della città e la foresteria non pote-

va che essere una foresteria della città. Oggi, dopo dieci anni, siamo convinti che prendersi

cura delle persone significa anche prendersi cura dei loro spazi, dei nostri spazi. Spazio inte-

so come una configurazione che permette di applicare le proprie capacità. Come se la rior-

ganizzazione di uno spazio avesse la funzione di un binocolo con il quale si può guardare

attraverso lo spazio sul proprio futuro e imparare a pensare strategicamente in una pro-

spettiva a lungo termine. Per molte vittime dell’ “era flessibile” la maggiore sofferenza sem-

bra essere legata proprio alla difficoltà di dare forma a una narrazione

orientata alla propria vita, di definire una storia, di riconoscere una

“trama” nelle cose che si fanno. È una sofferenza perché quando non

abbiamo obiettivi a lungo termine, quando non sappiamo cosa dovrem-

mo e potremmo fare, diventiamo vulnerabili nei confronti dell’urgenza

del momento e degli altri. Oggi al nostro bar si discute di Shakespeare

e si impara Amleto. Chi per dieci anni ha fatto il barista, ora fa anche

l’attore. Le storie si complicano, diventano più dense, ma questa volta

sulla base di una storia collettiva e di nuove configurazioni spaziali.

Come è accaduto al “Re della Comasina”, attore giovanissimo impe-

gnato nel laboratorio della non-scuola. Quando il giorno dello spetta-

colo la madre annuncia che il ragazzo è ammalato - la visita a casa sua

in un grande condominio della Comasina - il ragazzo sdraiato sul diva-

no del salotto e intorno a lui quattro generazioni al completo. Come se

il suo ruolo di “Re della Comasina” desse riconoscimento a tutta la

famiglia. Quel giorno abbiamo scoperto che la “distanza costruita” non

è solo metafora del manicomio, ma anche di chi vive in un condominio

in Comasina.

Stiamo cercando di capire quale può essere la nuova trama.

Thomas Emmenegger, psichiatra, presidente di Olinda1

3 febbraio 2009

1 L’ex ospedale psichiatrico “Paolo Pini” a Milano è un ampio complesso di padiglioni dismessi situato nella periferia nord-ovest della città, dove l’asso-ciazione Olinda Onlus ha creato, a partire dal 1996 - mentre era ancora in funzione il manicomio - un centro di attività culturale, artistica e sociale con-dotto da Rosita Volani. Vari edifici sono stati riconvertiti e il centro dispone oggi di bar, ristorante e ostello con un grande parco utilizzato per manifesta-zioni culturali come la rassegna teatrale “Da vicino nessuno è normale”. Nell’ultimo anno è stato ricavato dalla vecchia mensa il TeatroLaCucina. 2 L’arboreto, associazione culturale costituitasi nel 1998, ha condotto nel 2004 alla fondazione del Teatro Dimora di Mondaino - spazio scenico frutto diun progetto architettonico ecocompatibile, sorto in un bosco della Valconca e dotato di foresteria. L’arboreto - Teatro Dimora è una fucina di progetti tea-trali, editoriali, ambientali: formazione, residenze creative e produzione di nuove opere.

www.olinda.orgwww.arboreto.org

M o n d a i n o - L’ A R B O R E T O - Te a t r o D i m o r a

Oltre le geografieMi piace pensare che uno dei compiti principali delle istituzioni pubbliche e degli enti teatra-

li, della società civile nel suo insieme, sia di lavorare innanzitutto per fortificare l’ambiente -

tutto l’ambiente culturale e artistico - per renderlo forte e robusto, complesso e articolato,

cercando sempre di inserire degli elementi vitali, una nuova linfa, di continuo, nel tempo e

nello spazio.

Progetti di bonifica del territorio, di semina, di ascolto e di dialogo, di attesa dei germogli, di

programmazione delle risorse per riconoscere le diverse anime, le differenti sensibilità, la

natura delle relazioni e la qualità dei pensieri.

Progetti di rischio culturale per comprendere e valorizzare i processi di ricerca e di speri-

mentazione, il “diritto all’errore” delle nuove generazioni, la prima volta, l’opera prima, il

confronto con i maestri, la continuità e la stabilità delle esperienze più importanti, di chi rie-

sce effettivamente a realizzare opere e progetti innovativi e originali.

Un ambiente sano e produttivo, dove gli artisti e gli artigiani del pensiero trovano le possi-

bilità, le migliori condizioni possibili per esprimersi e creare, lavorare e comunicare le pro-

prie esperienze.

Un ambiente per vivere e raccogliere l’energia di cui si ha bisogno.

Un ambiente a cui donare la propria passione.

Un ambiente da attraversare.

Un ambiente da abbandonare.

Un ambiente da mantenere in vita, sempre.

Un ambiente per generare e da rigenerare di continuo.

Un ambiente “strutturato e maturo” per accogliere e restituire il flusso delle energie, per

unire e separare, mettere in relazione i diversi soggetti ed esaltare le inevitabili differenze.

Un ambiente che muta di continuo con il passare del tempo, del lavoro

dei diversi soggetti che lo abitano, della capitalizzazione delle espe-

rienze, dell’intelligenza degli amministratori, artisti, critici, operatori,

pubblico; di tutti gli agenti interni ed esterni.

Un ambiente di riferimento che non può diventare esaustivo del

tutto, l’esclusivo sistema del dire e del fare, l’unica fonte di nutri-

mento e d’azione.

L’ambiente di riferimento, di messa-in-vita, deve anche saper creare la

(educare alla) “necessità artistica” di ricercare alternative possibili,

altre rotte di migrazione, di rischio. Questo, forse, potrebbe essere un

obiettivo comune: impegnarsi nella “costruzione” di ciò che per le sin-

gole e specifiche realtà teatrali del territorio può voler dire realizzare

un ambiente fertile e produttivo, al riparo da strumentalizzazioni di ogni

genere e grado.

L’ecosistema di un ambiente per costruire un’identità in movimento in

cui credere e riconoscersi, dentro e fuori i confini e le geografie di

appartenenza.

Dai luoghi nascono i pensieri, forse.

Fabio Biondi, direttore artistico de L’arboreto-Teatro Dimora2

5 febbraio 2009

I d e b u t t i d e l l a n o n - s c u o l a 2 0 0 9

martedì 3 marzo Teatro Rasi ore 21 I.T.I.S. “Nullo Baldini”Romeo e Giuliettaliberamente tratto da William Shakespeareguide Alessandro Argnani e Antonio Maiani, insegnante assistente Donatella Vasi

sabato 7 marzo Teatro Rasi ore 21 Circoscr i z ione di Cast igl ione - Comune di RavennaPlutoliberamente tratto da Aristofaneguide Michela Marangoni e Laura Redaelli, insegnante assistente Katia Gelosi

lunedì 16 marzo Teatro Rasi ore 21 Univers i tà per la Formazione Permanente degl i Adul t i“Giovanna Bosi Maramott i”Opera da. . . 3!liberamente tratto dall’ “Opera da tre soldi” di Bertolt Brechtguida Eugenio Sideri, collaborazione Carla Rizzu, coordinamento Claudio Caravita

sabato 21 marzo Teatro Rasi ore 21 I.P.S.S.C.T. “Adriano Olivetti”, I.P.S.I.A. “Costantino Callegari”I l R inoceronteliberamente tratto da Eugène Ionesco guide Beppe Aurilia e Matteo Cavezzali, insegnanti assistenti Gianfranco Visaggi e Annalisa Zannoni

sabato 28 marzo Teatro Rasi ore 21 Liceo Scient i f ico “Al f redo Oriani”Sogni di guerra. Tragicommedia bell ico-ormonaleliberamente tratto da "Sogno di una notte di mezza estate" e "Timone di Atene" di William Shakespeareguide Giovanni Belvisi e Roberto Magnani, insegnante assistente Agnese Bazzocchi

domenica 29 marzo Teatro Rasi ore 21 Liceo Class ico “Dante Al ighier i”Is t i tuto Magis t rale “Margher i ta di Savoia”L’ incubo d i F.W.liberamente tratto da “Woyzeck” di Georg Büchner guide Michela Marangoni e Alessandro Renda, insegnante assistente Valeria Sassi

domenica 5 apr i le Teatro Rasi ore 21 Liceo Class ico “Dante Al ighier i”Is t i tuto Magis t rale “Margher i ta di Savoia”Tes te d i drago, te s te d i l egnomostruosamente tratto da “Il drago” di Evgenij Schwarz guide Sara Panzavolta, Emiliano Pergolari, Alessandro Renda, insegnante assistente Valeria Sassi

lunedì 6 apr i le Teatro Rasi ore 21 Liceo Class ico “Dante Al ighier i”Is t i tuto Magis t rale “Margher i ta di Savoia”La v i s i ta de l la vecch ia s ignoraliberamente tratto Friedrich Dürrenmattguide Michele Bandini e Laura Redaelli, insegnante assistente Valeria Sassi

mercoledì 8 apr i le Teatro Rasi ore 21 I .T.S.C.T. “Giuseppe Ginanni” , I .T.G. “Camil lo Morigia”I .T.A.S. “Luigi Perdisa”The Dante A l igh ier i Exper ience. Scannamento canoroliberamente tratto da “Inferno” di Dante Alighieriguide Cinzia Dezi e Roberto Magnani, insegnanti assistenti Cesare Camerani, MarinaCristante, Maria Angela Malagola

venerdì 17 apr i le Teatro Rasi ore 21 Laborator io Lido Adriano-Ravenna Teatro , Cooperat iva LibraAssessorato ai Serv i z i Social i -Comune di RavennaI seccator i . L ido Adriano che importuna i l suo sovranoliberamente tratto da “I seccatori” di Molièreguide Massimiliano Benini, Luigi Dadina, Lanfranco Vicari

domenica 19 apr i le Teatro Rasi ore 21 Liceo Art i s t ico “Pier Luigi Nerv i” I s t i tuto d ’Ar te per i l Mosaico “Gino Sever ini”Un ange lo v iene a Babi lon ialiberamente tratto da Friedrich Dürrenmattguide Consuelo Battiston e Gianni Farina, insegnante assistente Emanuela Vecchi

martedì 21 apr i le Palazzo dei Congress i ore 21 Fondazione Flaminia-Alma Mater Studiorum-Univers i tà di Bologna sede di RavennaLi s i s t ra taliberamente tratto da Aristofaneguide Alessandro Argnani, Cinzia Dezi, Roberto Cascioli, insegnante assistente Angela Nevoso

I n c o n t r i

lunedì 2 marzo Teatro Rasi ore 21 Guido Guidi (fotografo)martedì 7 apr i le Teatro Rasi ore 21 Ivan S imonin i ( s tud ioso)giovedì 16 apr i le Teatro Rasi ore 21 Faus to P iazza (g iorna l i s ta)sabato 18 apr i le Teatro Rasi ore 21 Cesare Fabbr i ( fo tografo) e S i l v ia Loddo ( s tud iosa)mercoledì 22 apr i le Teatro Rasi ore 21 Giovanni Mendola (ges tore de l c inema Jo l ly ) e P ierpaolo Spadoni (cuoco d i compagnia)domenica 26 aprile Arti f icerie Almagià ore 16 Moder ( rapper) e Duna (breaker) . Es t_shadow contes tin collaborazione con Fanny & Alexander, Assessorato alle Politiche Giovanili - Comune diRavenna, Motus, Punta Corsara-Fondazione Campania dei Festival, Olinda-TeatroLaCucina

E x t r a

domenica 3 maggio partenza ore 10,30Teatro Rasi /Ca’ Aie del la Pineta di ClassePerh indér ion in b ic ic le t ta

lunedì 1 e martedì 2 giugno Lido Adriano orar io e luogo da def inireTeatro delle Albe-Ravenna Teatro, Cooperativa LibraLido Adr iano por ta d ’Or ienteconvegno ed eventi vari

I l l a b o r a t o r i o s u l l o s g u a r d o

gennaio-apr i le Teatro RasiLaborator io di Sguardo e Scr i t turaLo spet ta tore co l taccu inoguide Lorenzo Donati e Alberto Marchesani

Indirizzi dei luoghi in ultima pagina

S U B U R B I AIl moto “epidemico” del Teatro delle Albe, nel suo contatto incendiario con l’Ubu re di Alfred Jarry, è protagoni-sta del volume Suburbia, a cura di Marco Martinelli e Ermanna Montanari (edito da Ubulibri). Da questo percor-so - che, a partire dai Polacchi, ha coinvolto in un turbine visionario e pedagogico gli adolescenti di quattro peri-ferie del mondo da Ravenna a Chicago, da Dakar a Napoli - sono nati tra il 1998 e il 2008 quattro differenti spet-tacoli, che Suburbia racconta e documenta attraverso gli interventi di Yolanda Cursach, Rosario Esposito LaRossa, Goffredo Fofi, Raffaele Furno, Piergiorgio Giacchè, Gerardo Guccini, Renate Klett, Marco Martinelli, LeaMelandri, Ermanna Montanari, Franco Nasi, Thomas Simpson, Cristina Ventrucci e i quattro film-documentari diAlessandro Renda (nel dvd allegato). L’introduzione è di Brunella Eruli mentre Ermanna Montanari firma ancheun collage fotografico a colori dal segno patafisico.

L I D O A D R I A N O P O R T A D ’ O R I E N T EÈ in libreria Lido Adriano porta d’Oriente di Laura Gambi e Luigi Dadina (pubblicato da Danilo Montanari Editore).Il libro rientra in un progetto ampio che ha visto impegnati, a partire dagli anni novanta, il Teatro delle Albe e lacooperativa Libra in numerose attività sul territorio della “grande metropoli balneare romagnola” abitata in esta-te da sessantamila persone e in inverno da seimila cittadini provenienti da cinquantadue diverse nazioni. Le Albehanno radicato a Lido i laboratori della non-scuola e la cooperativa Libra lavora da anni con gli adolescenti insituazioni di particolare difficoltà familiare e con i numerosi stranieri. Queste esperienze entrano come parte vivain un’indagine che vuole essere un ponte tra l’atto creativo di chi ha immaginato, voluto e costruito Lido Adriano ele persone che ora l’abitano. Il volume è arricchito da fotografie in bianco e nero di Filippo Molinari.

2 ^ DCesare Fabbri è autore di 2^D (Longo editore), un resoconto fotografico sulle scuole superiori di Ravenna che,da quasi vent’anni, la non-scuola del Teatro della Albe trasforma in uno speciale quanto insolito campo di giocoper centinaia di adolescenti, impegnati in pratiche teatrali visionarie, surreali, alchemiche. Aule, palestre, labo-ratori, lavagne, cattedre, armadi, arnesi, attrezzi e marchingegni, messi a fuoco sul vetro smerigliato della foto-camera, diventano i personaggi di un “non-racconto” sulle scuole, tanto diretto quanto enigmatico. Fabbri, allie-vo di Guido Guidi, cattura il silenzio delle classi vuote, dei banchi sgombri, dei laboratori spenti, un silenzio chesembra assorbire il rumore della vita quotidiana in questi spazi, un’assenza che ne conserva le tracce.Completano il volume gli interventi di Silvia Loddo e Ermanna Montanari.

A R R E V U O T OArrevuoto è oggi anche il titolo di un libro, curato da Maurizio Braucci (edito da L’Ancora del Mediterraneo colTeatro Mercadante Stabile di Napoli), in cui si raccolgono racconti, testimonianze, drammaturgie e visioni di untriennio teatrale (2006/2008) che ha coinvolto un centinaio di adolescenti di Scampia e Napoli sotto la direzioneartistica di Marco Martinelli. Paladino della “messa-in-vita”, Martinelli riscrive l’antico, lo trasforma a strettocontatto col presente, dando carne ai fantasmi: i testi originali dai quali sono partiti i tre laboratori - di Aristofane,Alfred Jarry e Molière - si sono lasciati divorare dalle invenzioni suscitate nel gioco scenico e sono diventati spet-tacoli dal forte segno corale: Pace!, Ubu sotto tiro, L’immaginario malato. Intorno alle tre drammaturgie sisviluppano nel volume interventi teorici di Roberta Carlotto, “Chi rom... e chi no”, Goffredo Fofi, FedericaLucchesini, dello stesso Martinelli e di Salvatore Palomba, con un racconto fotografico di Stefano Cardone.

I N L I B R E R I A

non-scuola

Il Festival di Santarcangelo vede avviarsi il progetto triennale “Santarcangelo 2009-2011”,

che sviluppa una direzione artistica composta da Chiara Guidi/Socìetas Raffaello Sanzio,

Enrico Casagrande/Motus e Ermanna Montanari/Teatro delle Albe. Il progetto - nato da una

sollecitazione dell’antropologo teatrale Piergiorgio Giacchè e promosso dal presidente

uscente Sandro Pascucci1 - mette in atto un vero e proprio movimento corale e vede il nasce-

re di un nucleo allargato nel quale si intrecciano la vocazione visionaria, quella teorica e

quella organizzativa come in un unico corpo fondante per il teatro: ad affiancare nell’intero

triennio il lavoro dei tre direttori figura infatti un coordinamento critico-organizzativo com-

posto da Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini e Cristina Ventrucci che assumerà la regia orga-

nizzativa e sarà le sponda teorica del progetto. Nell’arco dei tre anni - all’interno di una con-

divisione d’intenti politico-culturali e con un’articolazione del tutto inedita per il nostro paese

- prenderanno forma con autonomia le differenti scelte artistiche. Il segno portato al Festival

dai gruppi teatrali cui i tre direttori appartengono porta la riflessione su un nodo di teatro e

vita prima ancora che sui dettagli di programma e su vocazioni artistiche che si sono sem-

pre spinte oltre il percorso di costruzione delle singole opere. Il progetto infatti, mentre pre-

vede la partecipazione delle compagnie sul piano laboratoriale, ne esclude il coinvolgimento

su quello produttivo, facendo così del Festival il territorio in cui sviluppare con altri strumenti

e visioni le singole vie di ricerca artistica, e in cui costruire una drammaturgia di eventi diver-

si, una sorta di festival-opera, ricco di commissioni e inediti.

Un laboratorio triennale

Il progetto triennale mette a fuoco una forte istanza di ricerca declinata anche sul piano

laboratoriale. La necessità di porsi come luogo di ricerca permanente fortemente caratte-

rizzato dalla “praticità del fare”, con un respiro che oltrepassa lo svolgersi dei singoli

Festival, ha portato all’istituzione di un bando per un ciclo di residenze formative: verrà data

l’opportunità a giovani gruppi italiani e stranieri di realizzare un periodo di prove negli spazi

del Festival durante i mesi che precedono la manifestazione e di confrontarsi in maniera

approfondita con i tre artisti-direttori. L’iniziativa è finalizzata al confronto e alla crescita dei

percorsi artistici individuati e si rivolge a coloro che hanno già messo a fuoco una “parten-

za”, per sottolineare un metodo che non impone una visione o una tecnica fissate, ma che si

modula in termini di reciprocità.

Il vecchio sogno di un nuovo teatro

Nella prospettiva di un maggiore radicamento territoriale si pone anche la questione degli

spazi. Uno degli obiettivi strutturali di questo progetto è quello di individuare nei pressi di

Santarcangelo uno spazio capace di sopperire a una cronica mancanza e di sostenere progetti

articolati e complessi. Non si pensa di creare dal nulla una sala teatrale, ma di rintracciare

uno spazio abbandonato e di riconvertirlo in spazio per il teatro, come ulteriore cuore del

Festival e come segno di un profondo rilancio, con un respiro che intende oltrepassare i tre

anni in questione. Si ritiene fondamentale inoltre creare luoghi di condivisione e di convivia-

lità allo scopo di consentire lo scambio fra artisti, pubblico, critici e organizzatori, per facili-

tare le relazioni sia di conoscenza che di lavoro. Allo stesso modo, saranno individuati allog-

gi suppletivi per il “popolo” del Festival che permettano anche alle fasce di pubblico più gio-

vane e meno abbiente di pernottare a Santarcangelo e vivere appieno l’esperienza-festival.

Le connessioni

Oltre a un radicamento effettivo sul territorio (fatto di lavoro sugli spazi, collaborazioni, rela-

zione con il pubblico), “Santarcangelo 2009-2011” svilupperà un’autentica dimensione inter-

nazionale, che a suo modo deve arrivare a costituire nel tempo un’altra forma di “radica-

mento” per un Festival che non può limitarsi solo all’ambito locale o nazionale. Tenere insie-

me le due dimensioni (un movimento di andata-e-ritorno all’Europa e oltre, che nutre una

stretta relazione con produttori stranieri, ma che mai ha rinunciato ad avere una forte rica-

duta in Romagna) è d’altronde quanto i tre gruppi fanno da sempre e una dinamica non dis-

simile verrà messa in atto anche per il Festival, misurandosi in maniera sistematica con un

panorama artistico internazionale e mettendosi a confronto specificamente con altri pro-

grammatori, critici e artisti.

Santarcangelo 2009 - Chiara Guidi/Socìetas Raffaello Sanzio

Il primo Festival del progetto concentrerà la propria ricerca sulla

congiunzione tra teatro e musica attraversando un’idea di voce

come suono e come luogo della visione, dove la parola e il discorso

cedono il passo all’armonia sonora che i timbri e i toni manifestano.

È un ricercare i nodi teatrali nella musica e le chiavi musicali nel

teatro, incontrando il concetto di voce come spazio comunicativo

unificante, che precede le codifiche verbali, che accomuna uomo e

animale, e che risuona nella notte dei tempi illuminando il paesag-

gio. A quest’idea sarà consegnata l’emozione del teatro, e la forza

di un’esperienza dello sguardo che sospende il capire per lasciar

agire il sentire. La direzione artistica di Chiara Guidi/Socìetas

Raffaello Sanzio, oltre all’affiancamento teorico di Silvia Bottiroli, si

avvarrà della collaborazione di Massimo Simonini, direttore del

Festival musicale AngelicA di Bologna.

Santarcangelo 2010 - Enrico Casagrande/Motus

Il secondo Festival sarà animato da una tensione a tutto campo, e in dif-

ferenti ambiti espressivi, verso la traduzione/trascrizione in forma arti-

stica di domande, contraddizioni, conflitti politici e sociali. Anche il teatro

può, e deve, contribuire a dare nuovo spessore all’immaginario, a rom-

pere le cappe dell’omologazione. E il Festival guarderà “alla realtà” come

serbatoio, punto di partenza per raccontare e raccontarsi. In quali modi

costruire opere che sappiano dialogare e contrapporsi alla velocità, alla

ferocia, al consumo tracimante dei tempi in cui viviamo? Come riesce il

teatro a farsi partitura di emergenza, risposta etico-estetica alle durezze

del presente? A essere occhio gettato all’esterno, in movimento verso un

“aperto”? Che domande porre ai meccanismi della rappresentazione,

alle logiche dello spettacolo dal vivo, al ruolo dello spettatore? Si tratterà

di un Festival - ideato da Enrico Casagrande/Motus con Rodolfo

Sacchettini - fatto di progetti “estremi”, fuori formato, progetti specifici

e ibridi nei quali il luogo di rappresentazione diventi elemento fondante.

Santarcangelo 2011 - Ermanna Montanari/Teatro delle Albe

Il terzo Festival svilupperà diverse linee al centro delle quali si situa la

selvatichezza dell’attore: l’attore come fragilità costitutiva del teatro,

scheletro e margine della scena. E si porrà l’inquietante quesito del-

l’attore “disprezzato”, il suo essere stonato in un mondo sottomesso al

gigantismo tecnologico dei media. Proprio perché questa parola sa di

vecchio e stantio essa ci interroga prepotente, dal fondo della sua

attualità perenne, come il rigore anarchico della sua voce. Voce che

non è solo un’esperienza sensoriale e soggettiva, bensì un mondo con

una sua interezza, materia che ci trascende. Un ponte privilegiato del

legame tra conscio e inconscio. Un “venire fuori”, un manifestarsi del-

l’essere nella sua mostruosità, nel suo pudore, nella sua indecifrabile

sessualità. Si snoderanno, tra gli altri, percorsi nella “voce-poesia”,

nelle “lingue utopiche”, nella “voce cruda” che genera la parola.

Ermanna Montanari/Teatro delle Albe si avvarrà dell’affiancamento

teorico di Cristina Ventrucci.

1 Il ruolo di presidente dell’Associazione Santarcangelo dei Teatriè ricoperto dall’ottobre 2008 da Giuseppe Chicchi.

S a n t a r c a n g e l o d e i Te a t r iv i a A n d r e a C o s t a , 2 84 7 8 2 2 S a n t a r c a n g e l o d i R o m a g n a ( R n ) - I t a l i at e l . + 3 9 0 5 4 1 6 2 6 1 8 5 - f a x + 3 9 0 5 4 1 6 2 0 5 6 0

d i r e z i o n e a r t i s t i c a @ s a n t a r c a n g e l o fe s t i v a l . c o mc o o r d i n a m e n t o @ s a n t a r c a n g e l o fe s t i v a l . c o m

w w w. s a n t a r c a n g e l o f e s t i v a l . c o m

direzione artistica Chiara Guidi, Enrico Casagrande, Ermanna Montanari

coordinamento critico-organizzativo Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini, Cristina Ventrucci

Tre artisti per un’idea di teatro

Santarcangelo 2009-2011

O T T O B R Evenerdì 10 ottobre ore 21 Teatro Rasi - inaugurazione (mostra aperta fino a sabato 8 novembre)L A C R I M E L L A . D Edisegni di Anke Feuchtenberger, a cura di Gianluca Costantini-Elettra Stamboulis-Associazione Mirada

da venerdì 24 ottobre a venerdì 7 novembre (feriali ore 21, domenica ore 16) Teatro RasiTe a t r o d e l l e A l b eS T R A N I E R I+ il 25, dopo lo spettacolo presentazione del libro e dvd Suburbia del Teatro delle Albe(Ubulibri), con la proiezione del film Museum Historiae Ubuniversalis di Alessandro Renda+ il 2, dopo lo spettacolo, incontro con l’autore di Stranieri, Antonio Tarantino+ il 5, dopo lo spettacolo, incontro con Laura Mariani

venerdì 31 ottobre ore 22,30 Studio Muni1

in collaborazione con Homunculus/TCP Tanti Cosi ProgettiF r a n c e s c a P r o i a / D a n i l o C o n t i N O T H I N G F E M A L E I S A L I E N T O M E

N O V E M B R Esabato 8 novembre ore 19 Teatro Rasi P R E M I O “ L O S T R A N I E R O ” 2 0 0 8a cura di Goffredo Fofi

giovedì 20 novembre Teatro Rasiin collaborazione con Màntica/Socìetas Raffaello Sanzioore 20S o c ì e t a s R a f f a e l l o S a n z i oM A D R I G A L E A P P E N A N A R R A B I L E+ore 22M I C H A E L G I R A - C O N C E R T Oa cura di Bronson Produzioni

venerdì 28 novembre ore 21 Teatro RasiTe a t r o Va l d o c aM I S T E R I O S O C O N C E R T O T R I O+ dopo lo spettacolo presentazione del dvd Paesaggio con fratello rottodel Teatro Valdoca (Luca Sossella editore)

D I C E M B R Emercoledì 3 e giovedì 4 dicembre ore 21 Artificerie Almagiàcon il sostegno di ENIPOWERF a n n y & A l e x a n d e rA M O R E ( 2 a t t i ) + il 3, dopo lo spettacolo, presentazione del libro Viaggio nel teatro di Thierry Salmon,con la partecipazione dell’autrice Renata Molinari, e di Chiara Lagani e Luigi DeAngelis (Fanny & Alexander) e Lorenzo Bazzocchi (Masque Teatro)

G E N N A I Osabato 10 gennaio ore 18 Teatro Rasi - inaugurazione (mostra aperta fino a venerdì 13 febbraio)in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Giovanili - Comune di RavennaT * S g u a r d o s u i c o n f i n i d e l l ’ i d e n t i t à d i g e n e r eopere fotografiche di Emiliano Biondelli, Christian Contin, Cesare Fabbri, LucaGambi, Giovanni Lami, Filippo Molinari, Lia Pari e Valentina Venturi, a cura di Silvia Loddo

sabato 17 gennaio ore 16,30 Teatro Rasi - incontroin occasione della mostra “Lisetta Carmi Fotografa” allestita a Santa Maria delle Croci (un progetto dell’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Ravenna)L i s e t t a C a r m i e U l i a n o L u c a s

da mercoledì 21 a venerdì 23 gennaio ore 21 Teatro RasiTe a t r o d e l l e A l b eR O S V I TA+ il 21, dopo lo spettacolo, incontro con Maria Martinelli e proiezione di un estrattoda Over the rainbow, documentario realizzato con Simona Cocozza

sabato 31 gennaio ore 21 Teatro RasiVa l t e r M a l o s t i / Te a t r o d i D i o n i s o / F o n d a z i o n eTe a t r o S t a b i l e d i To r i n oV E N E R E E A D O N E

1 Per accedere a questo spazio è necessario sottoscrivere la tessera dell’Associazione Culturale TCP Tanti Cosi Progetti al costo di 0,50 centesimi. 2 Per accedere a questo spazio è necessario sottoscrivere la tessera gratuita dell’Associazione Culturale Masque.

Teatro Rasi, via di Roma 39, Ravenna - Studio Muni, via Redipuglia 8, Ravenna - Almagià Artificerie, via Almagià 2, RavennaGalleria Ninapì, via Pascoli 31, Ravenna - Ex Filanda, via Orto del fuoco 3, Forlì - Palazzo dei Congressi, largo Firenze, Ravenna

CONNESSIONI Sono previste tariffe agevolate per gli spettatori del Nobodaddy all’iniziativa Appunti di viaggio. Percorsi all’interno della mostra “L’artista viaggiatore. Da Gauguin a Klee, da Matisse a Ontani” (22 febbraio - 21 giugno) al Museo d’Arte della città di Ravenna: visite guidate speciali a cura di artisti, scrittori e attori (informazioni: 0544 482487, [email protected]).

F E B B R A I Ovenerdì 13 febbraio ore 21 Teatro RasiA r t u r o C i r i l l o / N u o v o Te a t r o N u o v oL E C I N Q U E R O S E D I J E N N I F E R+ dopo lo spettacolo, presentazione del libro Il falso e il vero (Titivillus editore)

venerdì 27 febbraio Teatro Rasi ore 18 - inaugurazione (mostra aperta fino al 27 marzo)C A S A D I C O S E opere di Mauro Bendandi e Roberto Pagnani, a cura di Viola Giacometti+ore 21A n t o n i o R e z z a e F l a v i a M a s t r e l l aP I T E C U S+ dopo lo spettacolo cortometraggi di Flavia Mastrella e Antonio Rezza

M A R Z Ovenerdì 13 marzoore 20 Artificerie Almagià I S a c c h i d i S a b b i a1 9 3 9+ore 21,30 Teatro RasiTe a t r o S o t t e r r a n e oP O S T- I T+ ore 22,30 incontro a cura di Altre Velocità, partecipa Luca Ricci

mercoledì 25 marzo ore 21 Teatro RasiB L I X A B A R G E L D - R E D E / S P E E C Hconcerto a cura di Bronson Produzioni

venerdì 27 marzoore 20 Artificerie AlmagiàF i b r e P a r a l l e l e Te a t r oM A N G I A M I L’ A N I M A E P O I S P U TA L A+ore 21,30 Teatro RasiB a b i l o n i a Te a t r iM A D E I N I TA LY+ ore 22,30 incontro a cura di Altre Velocità, partecipa Maurizio Braucci

A P R I L Evenerdì 3 aprile ore 21,15 / sabato 4 e domenica 5 aprile ore 18 Ex-Filanda2 (Forlì)(venerdì 3, pullman dal Teatro Rasi)M a s q u e Te a t r oM AT E R I A C A N I R A N D A G I+venerdì 3 aprile ore 18 e 19,30 / sabato 4 e domenica 5 aprile ore 20 e 21,30Artificerie Almagià (prenotazione obbligatoria)O r t h o g r a p h eT E N TAT I V I D I V O L O+ il 4, ore 22,30, incontro a cura di Altre Velocità, partecipa Silvia Bottiroli+ il 5, ore 22,30, concerto di xtravagance core in collaborazione con Palustre Records

da martedì 21 a giovedì 23 aprile Galleria NinapìL A L I N G U A D I S H A K E S P E A R Eesercizi teatrali dal Riccardo II - laboratorio teatrale condotto da Roberto Corradino

venerdì 24 aprileore 20 Artificerie AlmagiàM e n o v e n t iS E M I R A M I S+ore 21,30 Teatro RasiR o b e r t o C o r r a d i n o / R e g g i m e n t o C a r r i C O N F E R E N Z A / N U D O E I N S E M P L I C E A N A R C H I A+ ore 22,30 incontro a cura di Altre Velocità, partecipa Piergiorgio Giacchè

G I U G N Odate da definireTe a t r o d e l l e A l b eL A G U A R D I A N Adi Patrizia Cavalli, lettura di Laura Redaelli+O D I S É Adi Tonino Guerra, “lettura selvatica” di Roberto Magnani

I L P R O G R A M M A D E L N O B O D A D D Y 2 0 0 8 2 0 0 9