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R R E E G G I I O O N N E E B B A A S S I I L L I I C C A A T T A A C C o o m m u u n n e e B B a a n n z z i i (provincia di Potenza) Oggetto: Progetto definitivo di un Parco Eolico ubicato nel Comune di Banzi (provincia di Potenza) Prefatti bilità Prog. definitivo Prog. esecutivo impianti Data: Febbraio 2011 Rappr.: Committente: CROSSENERGY s.r.l. Via Santa Lucia n° 107 80100 NAPOLI Elab. A.4 Relazione archeologica P.IVA : 06511361211 Legale rappresentante: Dott. Claudio Maiello Relatori: Dott. arch. Daniele Cucciniello Dott. Raffaele Zambella Dott. arch. Daniele Cucciniello Via I. de Feo, 11 83100 Avellino e-mail: [email protected] A norma di Legge il presente documento non può essere riprodotto o comunicato a terzi senza la Ns autorizzazione scritta

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RREEGGIIOONNEE BBAASSIILLIICCAATTAA

CCoommuunnee BBaannzzii (provincia di Potenza)

Oggetto:

Progetto definitivo di un Parco Eolico ubicato nel Comune di Banzi

(provincia di Potenza)

Prefattibilità

Prog. definitivo

Prog. esecutivo

impianti

Data: Febbraio 2011

Rappr.:

Committente:

CCRROOSSSSEENNEERRGGYY ss..rr..ll.. Via Santa Lucia n° 107 80100 NAPOLI

Elab.

AA..44 Relazione archeologica

P.IVA : 06511361211 Legale rappresentante: DDootttt.. CCllaauuddiioo MMaaiieelllloo

Relatori:

Dott. arch. Daniele Cucciniello

Dott. Raffaele Zambella

Dott. arch. Daniele Cucciniello

Via I. de Feo, 11 83100 Avellino

e-mail:

[email protected]

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ProgettodefinitivodiParcoEolicoubicatonelComunediBanzi(provinciadiPotenza):Relazionearcheologicapreliminare

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S o m m a r i o

Metodologia Operativa ....................................................................................................................................................... 2 

Ambiti territoriali ................................................................................................................................................................ 2 

Indagine bibliografica e sitografica .................................................................................................................................... 3 

Cenni storici ........................................................................................................................................................................ 3 

Scoperte archeologiche e ritrovamenti dei siti di interesse archeologico nel Comune di Banzi ......................................... 5 

Conclusioni sulla ricerca storica effettuata ....................................................................................................................... 12 

Aspetti ambientali e paesaggistici nel comune di Banzi ................................................................................................... 13 

Definizione dei criteri di individuazione del livello di rischio archeologico .................................................................... 14 

Individuazione del rischio archeologico ........................................................................................................................... 18 

Proposte per la risoluzione del rischio archeologico ........................................................................................................ 22 

Bibliografia ....................................................................................................................................................................... 24 

Sitografia .......................................................................................................................................................................... 25 

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MetodologiaOperativa

Il presente studio riguarda la valutazione del rischio archeologico relativamente alla realizzazione

di un Parco Eolico ubicato nel Comune di Banzi (provincia di Potenza) costituito da n. 22

aereogeneratori di Pn 3000 kW e delle opere infrastrutturali connesse come strade di nuova

realizzazione, ampliamento e sistemazione della viabilità esistente, scavi per la messa in opera di

elettrodotto in MT e in AT, opere strutturali in c.c.a. sia definitive e sia provvisorie come plinti di

fondazione e piazzuole provvisorie.

L’articolazione dello studio, che rispecchia la sequenza delle attività operative svolte, può essere

così schematizzata:

Ricerca biografica e sitografica che consente di l reperire gli rinvenimenti archeologici editi

nella letteratura specializzata;

Analisi dell’ambiente antropico antico che valuta le modalità del popolamento dalla

preistoria al medioevo;

Individuazione del rischio archeologico che consente di definire la vocazione al

popolamento delle aree in cui insistono le opere da realizzare con l’obiettivo di evidenziare

le principali aree a rischio che possono, anche solo in via indiretta, interferire con la

realizzazione delle opere di progetto.

Ambititerritoriali

La fascia di territorio interessata dal progetto si estende per circa 6 km nel Comune di Banzi. Detta

fascia è posta a nord del centro abitato di Palazzo S. Gervasio, quasi in prossimità del confine

comunale di Banzi con quello di Spinazzola.

Come finestra di studio si è scelta una fascia territoriale più ampia rispetto a quella limitata dal

progetto. Tali dimensioni sono dettate dalla necessità di redigere un quadro esaustivo delle presenze

accertate su via biografica e sitografica per meglio delineare un quadro dello sviluppo culturale

dell’area. Ciò permette di stabilire la sensibilità in termini di rischio archeologico per tutto il

comparto territoriale in esame.

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Indaginebibliograficaesitografica

La ricerca è stata effettuata presso biblioteche e siti internet ufficiali.

Per la localizzazione dei siti archeologici sono state utilizzate specifiche fonti bibliografiche e

sitografiche per le quali si rimanda al paragrafo BIBLIOGRAFA E SITOGRAFIA alla fine del

testo.

I siti sono stati cartografati tenendo conto sia zonizzazione dello strumento urbanistico vigente del

Comune di Banzi e sia delle carte tematiche archeologiche rinvenute sui siti specializzati dedicati

alla archeologia.

Cennistorici

Da memorie storiche di Banzi di autore sconosciuto, libro custodito nella ex biblioteca Musacchio, si legge:

Banzi, o Bantia come era detta dagli antichi, fu antichissima città lucania, e delle poche a cui il tempo dalla

remotissima loro fondazione non ha mutato nome né sito.

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La cittadina sorge su un territorio collinare che domina l'alto corso del torrente Fiumarella ed ha

origini antichissime, abitata già il IV e VI secolo a.C. come testimoniano i numerosi reperti

archeologici provenienti dagli scavi. L'antico abitato di Banzi è citato con il nome di Bantia dalle

fonti letterarie antiche e vari autori latini, tra cui Tito Livio, Plutarco ed Orazio. La sua importanza è

documentata già nel 1730 dal rinvenimento di una vasta necropoli del VI° - IV° secolo a.C. con

oltre 600 tombe e la famosa Tabula Bantina.

Su questa lastra bronzea, oggi conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, scritta

su entrambe le facce, sono incise le leggi romane del II° secolo a.C. e le norme Osche del I secolo

a.C.

Al periodo romano risale un "templum" augurale databile ai primi decenni del I° secolo a.C., spazio

sacro composto da nove ceppi dedicati a diverse divinità dal quale venivano tratti gli auspici

attraverso il volo degli uccelli.

Sull'antico abitato osco-romano è sorta l'attuale cittadina che mantenne un ruolo importante anche

in epoca tardo-imperiale. Nel medioevo il centro fu noto per la Badia di Santa Maria, una delle più

antiche fondazioni Benedettine della regione, che nel 797 viene donata dal principe longobardo

Grimaldo III o IV al monastero di Montecassino. L'abbazia fu costruita sull'area sacra annessa

all'abitato Osco-Romano sullo stesso sito dell'antica Bantia, nell'epoca normanna- sveva conobbe il

suo massimo splendore, il monastero fu ampliato e consacrato nel 1088 dal papa Urbano II° che per

alcuni anni era stato monaco nell'Abbazia a Banzi, il patrimonio monastico s'ingrandì con la

concessione di casali e terre da parte dei feudatari di coloni lavoratori.

Il monastero che aveva due accessi era un luogo di culto religioso culturale ben protetto, al suo

interno era presente il chiosco, la chiesa, il refettorio, le botteghe e all'esterno i campi coltivati. Nel

1300 la comunità Benedettina fu soppressa ed il monastero passò agli Agostiniani e poi ai

Francescani riformati che costruirono a ridosso della chiesa un nuovo convento Francescano

occupando parte del giardino e abbandonando così la vecchia Badia. Con la soppressione della

comunità monastiale nel 1807 il patrimonio immobiliare dell'Abbazia viene trasferito al comune di

Genzano di Lucania di cui Banzi era frazione. Il latifondo ecclesiastico subì così una divisione per

le vendite in lotti a favore di ricchi possidenti ed anche gli edifici badiali vennero venduti a privati,

trasformandoli in abitazioni. Nel 1904 Banzi diventa comune autonomo

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Scoperte archeologiche e ritrovamenti dei siti di interessearcheologiconelComunediBanzi

Gli scavi archeologici effettuati nelle località Mancamasone, Fontana dei Monaci, Pezza la Rena,

Montelupino, Piano Carbone hanno confermato per la Banzi pre-romana un modello abitativo per

nuclei sparsi. Infatti, secondo l’uso Daunio, l’insediamento è organizzato in gruppi di abitati

alternati a spazi liberi, destinati all’allevamento, alle coltivazioni e alle necropoli che dall’età

arcaica (VII – VI secolo a. C.) fino all’occupazione romana (III secolo a.C.) si distribuiscono su

tutto il pianoro. Gli scavi attualmente in corso presso L’Orto dei Monaci ha permesso di mettere in

luce parte dell’abitato Daunio con la restituzione di ceramica sub geometrica monocroma e bicroma

e parte dell’abitato III-I secolo a.C.

Ma quanti abitanti aveva e quali erano gli altri siti abitati nella zona, che consistenza e che rapporti

avevano tra di loro? L’attuale ricerca storico-archeologica dice poco o niente di esplicito a tale

proposito. Continua a mancare una sistematica ricerca scientifica di approfondimento del sito

archeologico. Le antiche e grandi pietre lavorate utilizzate in abbondanza nella fabbrica

altomedioevale dell’abbazia benedettina rimandano ad edifici di notevoli proporzioni almeno del

periodo romano.

Ce ne sono di ben visibili nelle mura badiali ma soprattutto nelle cantine delle case adiacenti che,

finora, sono state sostanzialmente ignorate dagli studiosi e dalle autorità competenti.

Da dove sono state prese e quante altre ne conserva il sottosuolo sono domande che aspettano

ancora una risposta.

Prima dell'avvento dei romani le notizie sul territorio sul quale insiste il popolo lucano sono

comunque molto scarse o del tutto inesistenti. E ancora più frammentarie e scarne sono le notizie

riguardanti l’Alto Bradano soprattutto in quanto si trova in una zona di confine, tra Daunia e Sannio

e, quindi, in una zona di forti influssi politico-culturali.

Una possibile ipotesi di organizzazione politico-sociale delle popolazioni lucane, prima del periodo

romano, configura un insieme di piccoli villaggi o tribù comprendenti le popolazioni sparse sul

territorio le quali stavano insieme in raggruppamenti chiamati vici o paghi, i quali erano confederati

tra di loro e costituivano un distretto che politicamente faceva capo ad un villaggio principale. Per

quanto riguarda il popolo bantino, a Bantia dovevano far riferimento senz’altro il vicino pago di

Fèstula, in territorio di Genzano, più altri della zona tra i quali sembra sicuro Opinum (l’attuale

Oppido, già Palmira), all’epoca sito sulla sommità del Montrone, ed altri ancora in territorio di

Forenza e di Palazzo S.Gervasio.

Naturalmente i vari centri della federazione erano collegati da un sistema viario, seppure trattasi di

tratturi. Nel territorio della federazione del popolo bantino, e in particolare passando da Opinum, è

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molto probabile l’esistenza di un collegamento tra Bantia e il santuario di Mefitis di Rossano di

Vaglio, entrambi importanti: il primo perché a capo di una federazione, il secondo quale grosso

centro religioso osco-lucano.

A. Bottini in merito ai collegamenti viari della zona cita Buck sostenendone la tesi che ipotizzava

"(…) già in epoca pre-romana l’esistenza di un tracciato viario stabile e definito, volto a collegare

Bantia con Oppido e Moltone di Tolve da un lato, e dall’altro, con l’itinerario Venosa-Gravina,

destinato a divenire in seguito un tratto della via Appia"

Bantia doveva, quindi, essere all’epoca sia abbastanza popolosa che progredita a livello socio-

economico se era a capo di una federazione. Non a caso, infatti, si afferma:

che testimonianze quali, per esempio, quella di "un sigillo in pasta vitrea, di produzione

orientale, con il profilo di un uccello acquatico, usato come elemento centrale di una

collana in vaghi d’ambra, ed una serie di anelli in sottile filo d’oro (...) attesta l’alto livello

di sviluppo di questo gruppo indigeno ancora nel VII secolo a.C."

che nell’ambito di uno scenario caratterizzato da uno spopolamento del territorio per

l’avvento dei romani " al momento della seconda guerra punica, Bantia è uno dei pochi

centri della Lucania menzionati e presi come punto di riferimento per la narrazione storica,

in un generale e significativo silenzio circa la presenza di insediamentri urbani" .

A partite dal V- IV secolo a.C., a seguito delle campagne belliche dei romani, Bantia è interessata

da uno sviluppo sociale e economico senza precedenti per la sua storia.

Tale sviluppo infatti porterà la nascita di fiorenti attività commerciali e nuove figure all’interno

della società come ricchi mercanti e soldati. Questo, però, dall’altro canto porterà anche ad un

progressivo spopolamento che secondo Livio la comunità di Bantia viveva per piccoli nuclei

separati tra di loro che facevano capo ad un villaggio più grande. Si pensa che la maggior parte

degli abitanti di Bantia si sia trasferita a Venusia che in quel periodo era il centro romano più

grande e importante.

Bantia però non scompare; la storiografia ha definitivamente accertato che nel Trecento a.C. Bantia

subisce un notevole calo demografico. Il sito di Piano Carbone è abbandonato. La popolazione si

concentra nella vicina agropoli che costituisce, oggi, il centro dell’abitato di Banzi.

Questa evoluzione sociale è testimoniata dalla comparazione degli arredi tombali rinvenuti durante

le campagne di scavo degli anni ’30, epoca in cui sono state portate alla luce nuove tombe.

Dalle testimonianze archeologiche rinvenute gli studiosi hanno dedotto questo processo di

trasformazione dovuto essenzialmente alla auto-romanizzazione della comunità di Bantia.

La popolazione di Bantia è numericamente più contenuta rispetto al vicino centro di Venusia ma

sicuramente più ricca. Purtroppo, però, il sito dell’attuale centro non è mai stato sufficientemente

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esplorato. L’attenzione che ha goduto è stata sporadica e fugace. L’unica zona esaurientemente

studiata a Banzi è stata quella di Piano Carbone, ricca di significative testimonianze preistoriche

ma, anche, sostanzialmente più povera rispetto alla ricchezza che sembra contenere il sottosuolo del

centro. Gli importanti e ricchi ritrovamenti degli anni ’30 vengono ufficialmente citati come

"fortunati" (ad indicare che sono stati casuali), e nessuna sistematica campagna di scavo è stata mai

promossa per il sito romano né in occasione del rifacimento della pavimentazione del corso, nella

prima metà degli anni novanta, né durante gli attuali lavori di fine millennio che interessano quasi

tutta l’area badiale.

Il sito archeologico di Montelupino – dove sono stati rinvenuti i cippi del templum augurale –

spostato leggermente a est dell’attuale centro abitato di Banzi, ci restituisce un antico insediamento

urbano datato I sec. a.C. - IV sec. d.C. esteso per almeno 10.000 mq. In tale sito archeologico è

stato rinvenuto il più importante documento di Banzi: la Tabula Bantica Osca, un manufatto di

bronzo su cui è stato scritto il più antico codice di leggi in lingua osca che riguardano il municipium

Bantiae.

La Tabula Bantina Osca viene ufficialmente collegata al periodo immediatamente dopo all’evento

dell’acquisizione della cittadinanza romana avvenuta dopo l’esito positivo della Guerra degli osci, e

che comportò nelle provincie la nascita dei municipium con l’acquisizione di uno statuto

municipale redatto ad immagine di quello romano.

Il templum augurale, di cui in precedenza si è detto, fu scoperto nel 1962 durante i lavori di scavo

per la costruzione della scuola materna, a poca distanza dall’attuale centro del paese. E’ costituito

da 9 cippi riportanti incisi in lingua latina - fortemente influenzata dalla lingua osco-umbra - i

nomi delle nove divinità che perimetravano l’area.

A poche centinaia di metri di distanza dal templum augurale in direzione Sud-Est, in località

Montelupino, troviamo un insediamento urbano del periodo romano, con un asse stradale principale

della larghezza di cinque metri e varie stradine laterali che vi si congiungono, affiancati da perimetri

di abitazioni. L’area è stata solo parzialmente esplorata. I perimetri abitativi e gli assi viari

continuano nella terra seminata a grano, per una estensione di circa 1000 mq finora oggetti di scavo.

Da tali testimonianze risulta evidente l’importanza di cui Banzi all’epoca godeva, dovuta senz’altro

alla sua posizione di dominio sulla valle del medio Bradano. I nuclei abitativi possono insediarsi per

i motivi più svariati in qualsiasi luogo, ma la loro persistenza nel tempo non è mai casuale: risponde

a precisi requisiti funzionalmente strategici legati a condizioni territoriali storico-economiche.

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In località Mancamasone, sempre nei pressi dell’attuale abitato, si è rinvenuta una villa rurale del

IV sec.a.C. che presenta molte analogie con le planimetrie di origine greca e che comprende spazi

residenziali, spazi per il ricovero degli animali e per la conservazione dei cereali nonché una piccola

fornace per la produzione della ceramica di uso corrente e una piccola area religiosa privata, tipica

delle residenze osco-lucane appartenenti a famiglie abbienti.

Un santuario indigeno risalente allo stesso periodo è stato rinvenuto in località Fontana dei Monaci.

Nell’area sacra sono emersi ex-voto caratteristici delle popolazioni sannitiche del IV-III sec.a.C. e

monete che attestano la frequenza del santuario sino all’età repubblicana.

Sempre al IV sec.a.C. si fa risalire l’aggere scoperto nel centro dell’attuale abitato con direzione N-

S, profondo quattro metri, e abbandonato un paio di secoli dopo. L’aggere era un argine o

terrapieno con funzioni difensive, costituito da un fossato rinforzato alle pareti con massi, dalla cui

dimensione ed orientamento sono deducibili informazioni varie sull’area dell’abitato e sulla sua

consistenza demografica.

Al periodo intorno al II sec.a.C. si dovrebbe ascrivere l’esistenza di un probabile templum dedicato

a Giove e "custodito" dai tribuni della plebe, stando al reperto che ad esso rimanda.

Sempre nell’ambito dei lavori di restauro badiale si è rinvenuto un tipico cippo d’epoca romana in

pietra calcarea, forse funerario o forse terminale riguardante un’area sacra pubblica o privata,

terminante a semi-luna, dall’altezza approssimativa di mt. 1,30, largo una sessantina di centimetri e

dallo spessore di una trentina, col testo scritto su quattro linee senz’altro riportanti il nome

dell’interessato, del dedicante e dei suoi titoli.

Altri ritrovamenti che sono stati effettuati nella stessa circostanza riguardano:

un’epigrafe, con lettere ben incise su una piccola lastra di marmo ben tagliato a squadra, di

circa 5 cm di spessore e 20 cm quadri di superficie, consegnata anch’essa alla

Soprintendenza di Melfi;

un parallelepipedo di ca. 1 mt di altezza, rassomigliante ad un’ara, ben sagomata agli angoli,

composto da due pezzi più frammento di un terzo pezzo, depositato a Montelupino alla data

settembre 1999;

2 mezze colonne di granito scuro con altezza di ca.50 cm., anch’esse a Montelupino alla

stessa data;

una pietra rimasta incassata nella volta dell’arco ogivale interno della sala a piano terreno,

che a fronte misura circa 40 cm. per 20 e che presenta una scanalutura a rettangolo che

racchiude una I ed una S entrambe seguite dal triangolo del segno grafico-matematico di

maggiore;

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traccia di strada romana rinvenuta sotto il "Camino", insieme a tracce di fondazione di una

torre semi-circolare che doveva far parte della fortificazione esterna dell’abbazia in epoca

normanna a dimostrazione che il corpo successivo del IVX sec. fu addossato al muro

normanno con torre.

I rinvenimenti sopra riportati non sono poca cosa anche se considerati quantitativamente se si pensa

allo stato di totale abbandono che, insieme alla riutilizzazione del materiale, allo sperpero e al

saccheggio, per secoli hanno interessato il sito di Banzi. Non è un caso se, infatti, a fianco al pregio

di reperti quali la Tabula Bantina c’è una notevole quantità di segni del passato come gli ori

rinvenuti, le monete, la ceramica protostorica e classica, elmi, cinture, lance, spade, fibule, ex-voto

tra i quali cinturoni votivi in miniatura, epigrafi e quant’altro sparsi un po’ ovunque e che se invece

fossero a Banzi, considerato che sono di Banzi, aiuterebbero, e non importa in che misura,

senz’altro a concorrere allo sviluppo dell’economia e della cultura locale e territoriale.

Sull’antichità di Banzi l’abate Antonio Racioppi sotto la voce Bantia così scrisse nel 1853:

"(...) Gigantesche costruzioni di macigni senza cementi, che accennano alla supposta origine

Pelasgica di Banzia, si veggono sul pendio occidentale della collina, che fu probabilmente

l’Acropoli della città..."

Se bisogna intendere che l’acropoli fosse situato sulla collina allora le "costruzioni di macigni senza

cemento" si troverebbero sul pendio occidentale di questa collina.

E’ comunque difficile apprezzare l’attendibilità o meno di tali riferimenti geografici anche alla luce

dei ritrovamenti finora effettuati sulla vasta area di alcuni chilometri quadrati che circonda

l’acropoli e che va dall’area sacra in località Fontana dei Monaci alla necropoli con settecento

tombe ritrovate di Piano Carbone, dal templum augurale e dalla rete viaria con costruzioni romane

situati in località Montelupino fino alla villa rustica di Mancamasone a ridosso di Fontana dei

Monaci. La zona occidentale dovrebbe abbracciare, a seguire, Piano Carbone e Valle Cerasa,

includendo anche il precedente pendio collinare dell’inizio del paese quando vi si entra dalla

provinciale che porta a Palazzo S.Gervasio. Quest’ultima area non è mai stata finora esplorata e

riguarda una zona, oggi coltivata a grano, che si presenta ricca in abbondanza di cocci antichi.

A parte la testimonianza ottocentesca anche studi più recenti rimandano comunque all’esistenza di

edifici di grandi proporzioni. E’ nel 1980 che si afferma che "Un’analisi anche sommaria delle

strutture murarie medievali conferma infatti l’effettivo impiego di materiali di spoglio, in

particolare blocchi di grandi dimensioni certo pertinenti ad edifici di notevoli proporzioni, forse

pubblici (...)".

Il Racioppi fa poi riferimento ad un’epigrafe che attribuisce al popolo bantino seppure riposta in

località molto lontana dall’Alto Bradano e dal Vulture. Così egli scrive:

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"(...) Ed in fine anche chiara menzione della Repubblica dei Bantini rilevasi dal seguente titolo

sepolcrale esistente in Atena fabbricato nel sinistro lato del portone della casa Pandolfi, secondo le

assicurazioni del nostro stimabile amico Antonio Jannelli da Brienza".

L’epigrafe è del periodo imperiale ed è dedicata a Marco Tresio Fausto che tra l’altro ricoprì

l’incarico di "curatore" sia della Repubblica dei Bantini che degli Atinati.

L’attestazione della presenza di Curatori per Bantia, che l’epigrafe di Atena Lucana testimonia, ci

fornisce un’ulteriore data di riferimento. I Censori furono soppressi da Domiziano che fu imperatore

dall’81 al 96 d.C. Poiché fu lui a sopprimere i Censori se ne deduce che Bantia continuò a godere

di un senato e di uno statuto municipale, e quindi ad essere una centro attivo, anche per tutto il I

secolo dopo Cristo.

Per almeno due secoli interi è dunque ufficialmente attestata una vita municipale continuativa e

significativa. Secondo alcuni autori la fase romana si spinge anche oltre, fino al IV sec.d.C.

Ed è la piana di Montelupino, già parzialmente zona di ritrovamento dell’antico abitato romano, il

sito dove il sottosuolo continua a conservare la memoria di questo passato ancora abbondantemente

sepolto.

Su ulteriori ed antiche vestigia, che dovevano essere in parte ancora visibili nel XIX sec. vi sono

altre testimonianze.

"Nè ultimi ricordi sono gli avvanzi di antichità che sono rinvenuti e si rinvengono tutto giorno.

Fontane di antica costruzione; reliquie di acquedotti di canali, di pietre riquadrate, lavorate,

sepolcri ed oggetti preziosi. Rottami di pavimento e statuette di leoni, colonne di marmo Greco,

medaglie e monete di rame, di oro e di argento (...) e molte pietre specialmente travertine

intagliate, smosse dalle antiche costruzioni, si veggono adoprate nell’edificio del Monastero" .

Altra testimonianza ancora del XIX secolo è quella del viaggiatore francese François Lenormant

che visitò anche Banzi e di cui, tra l’altro, scrisse: " Gli abitanti di Banzi sono qualche centinaio.

Hanno tutti l’aspetto miserabile e triste e vivono insieme ai maiali e alle altre bestie. Il sito

dell’antica Bantia si riconosce a nord del villaggio. Sono visibili i resti delle rovine che esistevano

copiosamente nel 1522 e che furono menzionate in una descrizione del territorio dell’abbazia,

conservata nell’Archivio di Napoli, redatta in occasione di un processo che essa dovette sostenere.

Tutt’intorno ai resti più evidenti, il terreno è ricco d’ogni specie di reperti d’antichità".

E a proposito "d’ogni specie di reperti" si riporta la scoperta di un tesoretto di monete,

originariamente rinvenuto in località Montelupino e costituito da 134 monete d’argento

repubblicane, di cui 5 andarono perse, risalenti soprattutto al II sec. a.C., avvenuto "In occasione

della scoperta di un gruppo di sepolcri costruttivi riferibili all’epoca ellenistica, di cui, per il

diretto e tempestivo intervento della Soprintendenza, fu possibile recuperare la copiosa

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suppellettile vascolare mentre si procedeva ai lavori di escavazione delle fondamenta di un nuovo

fabbricato scolastico in Banzi, nella provincia di Matera, nei primi di maggio del 1929, fu anche

possibile recuperare 129 denari della Repubblica romana, rinvenuti otto anni prima nelle vicinanze

del paese e tenuti finora nascosti".

Negli stessi anni in cui si scopriva il tesoretto di Montelupino vennero alla luce anche diverse tombe

greche ad inumazione nella zona dell’abitato. Ancora oggi non è raro che durante l’esecuzione di

lavori pubblici o privati in paese si rinvengano tombe. E’ successo ultimamente in più occasioni

durante i lavori per il posizionamento della rete urbana del gas nel 1998, mentre nel corso del ’99

anche gli scavi effettuati presso il cimitero, adiacenti alla villa pre-romana di Mancamasone, hanno

fatto emergere segni di prosecuzione del già esistente sito archeologico. Ma è importante citare il

rinvenimento di tombe avvenuto nei decenni passati in quanto all’epoca Banzi era in provincia di

Matera e la Basilicata non aveva ancora una sua Soprintendenza regionale all’ Archeologia, esisteva

infatti la Soprintendenza alle Antichità bruzio-lucane, ed è per questo che molti reperti di Banzi si

trovano oggi nel museo di Reggio Calabria. Questa circostanza rende di fatto più difficile la ricerca

e la relativa conoscenza dei reperti dell’epoca che dagli autori contemporanei vengono citati solo

marginalmente.

Fu precisamente nel 1934, durante i lavori della posa in opera dei tubi della fognatura, che si

scoprirono quattro tombe, alla profondità dai tre ai cinque metri: una in via Solferino, due in via

Garibaldi e una quarta in una traversa vicina di cui non viene indicato il nome.

Altre sei tombe con arredi analoghi a quelle delle tombe precedenti furono rinvenute nel 1929

all’estremità nord di via Vittorio Emanuele scavando le fondazioni dell’edificio scolastico, mentre

altre simili furono nel passato scoperte nel giardino dei monaci del convento francescano, a Piano

Carbone, in contrada Castagna, a Mancamasone, a Montelupino,a Fontana dei Monaci, a Pezza

l’Arena e Fontanelle ed aggiunge, facendo riferimento ai documenti consultati alla Soprintendenza

alle Antichità bruzio-lucane, che sempre nella primavera del 1929 furono rinvenute, durante lavori

agricoli in località Cerreto presso Banzi, altre due tombe ma queste ultime, a differenza di quelle

delle fondamenta dell’edificio scolastico, erano particolarmente ricche sia di vasellame a vernice

nera che di bronzi ornamentali. La datazione attribuita dall’Autore a tutte le tombe menzionate è del

IV sec.a.C. .(39)

Ma tombe con importanti arredi sono state scoperte anche in epoca recente. Una di esse "per tipo,

dimensioni della cassa e ricchezza inusuale di corredo" e risalente alla seconda metà del V sec.a.C.,

è stata scoperta nel 1960 in una via adiacente a corso V.Emanuele. I corredi erano stati inizialmente

trafugati e in parte furono poi recuperati presso varie persone.

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Un’altra ancora ci riporta a Piano Carbone: è la tomba n. 534 rinvenuta negli anni scorsi. Presentava

un arredo attribuibile a persona di alto rango: fibule e monili in oro e in argento, un disco di avorio

decorato a sbalzo, vasellame pregiato, elmi da parata in bronzo ma anche ruote di carro a

testimoniare dell’importanza del defunto.

Sia l’antica tradizione civica di Bantia sia le guerre che non mancarono mai in questo periodo

storicamente più certo, da quelle sannitiche a quelle annibaliche e a quelle sociali, sono tra le cause

che determinarono una vitalità sociale ed economica che si espresse con la presenza cittadina di

figure di alto rango con posizioni di comando. Con l’affermarsi di Roma nelle antiche geografie

indigene, a Bantia abbiamo sia il templum che il testo bilingue della Tabula Bantina che

costituiscono testimonianza certa di un municipium che l’epigrafe di Atena Lucana attesta ancora

presente durante il II sec.d.C. .

La struttura e la composizione del municipium sono quelle dedotte dal testo osco della Tabula

Bantina anche se già alla fine del I sec.a.C. la costituzione municipale era duovirale, governata solo

da due magistrati.

Conclusionisullaricercastoricaeffettuata

Tutte le scoperte archeologiche nel comune di Banzi, dunque, possono essere localizzate nell’area

dell’attuale centro abitato o nelle immediate vicinanze. I ritrovamenti archeologici infatti riguardano

le seguenti località:

Mancamasone;

Fontana dei Monaci;

Pezza la Rena;

Montelupino;

Piano Carbone

Località queste che si trovano in prossimità del centro abitato di Banzi. Per le zone invece più

lontane del centro abitato, la ricerca storiografica e in situ non ci fornisce ancora prove certe su

l’entità, la quantità e le probabilità di possibili ritrovamenti. Sulla localizzazione di antichi villaggi

pre-romani, i reperti archeologici fin d’ora ritrovati non ci forniscono prove come questi erano

distribuiti sul territorio.

L’urbanizzazione sparsa presente nell’area oggetto di studio ( a nord del centro abitato di Banzi) ci

induce, ovviamente con molta cautela, a supporre che gli antichi abitanti di Banzi pre-romana non

avessero colonizzato quest’area in quanto dalle nostre ricerche non è emerso nessuna notizia di

ritrovamenti fortuiti all’epoca di costruzione dei manufatti edilizi presenti o nelle opere

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infrastrutturali come strade. Questa mancanza di notizie, ovviamente, non preclude che anche nella

zona interessata dal progetto le probabilità di rinvenire tracce di antichi insediamenti è nulla. Gli

scriventi ritengono che a fronte della quantità di ritrovamenti rinvenuti nel comune di Banzi, le

probabilità per questa area collocata a nord del centro abitato (rischio archeologico altissimo) sono

da classificarsi medio/basse. Ovviamente il rischio archeologico aumenta con l’inevitabile aumento

delle probabilità di rinvenimento di reperti con la importanza delle opere da eseguirsi; importanza

che deve essere intesa a secondo se i lavori sono estesi/non estesi, profondi/non profondi, zone

antropizzate/scarsamente antropizzate/per niente antropizzate. Per queste valutazioni qualitative si

rimanda ai paragrafi successivi in cui farà seguito una valutazione quantitativa in modo da accertare

il presunto grado di rischio archeologico.

AspettiambientaliepaesaggisticinelcomunediBanzi

Nel Comune di Banzi, oltre i siti archeologici di cui sui ai paragrafi precedenti, sono presenti

notevoli presenze di tipo ambientale/paesaggistico che hanno avuto, nel corso dei secoli,

implicazioni sulla vita socio/economica della comunità di Banzi. Queste presenze sono di seguito

riportate:

Grotte di Cassano e delle Monacelle

Fons Bandusiae;

Fossa del Lupo

Aree boschive.

Queste emergenze ambientali e paesaggistiche sono vincolate dalle vigenti norme in materia di

tutela ambientale, paesaggistica e monumentale.

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Definizionedeicriteridiindividuazionedellivellodirischioarcheologico

Ai fini della valutazione del rischio di un determinato territorio è di grande utilità il grado di

conoscenza del tessuto insediativo antico, intendendo quel complesso sistema diacronico composto

da reti viarie, empori commerciali, centri religiosi, impianti produttivi, centri minori e ecc. inseriti

in un conteso geomorfologico di riferimento.

I fattori di valutazione per la definizione del rischio archeologico si possono riassumere in analisi

dei siti noti e della loro distribuzione spazio-temporale, riconoscimento di eventuali persistenze

abitative, grado di ricostruzione dell’ambiente antico. Altri aspetti che vengono valutati, infine,

sono gli ambiti geomorfologico e toponomastico.

Questo processo deriva dalle capacità del ricercatore di riunire e valutare le notizie, dal livello di

precisione delle informazioni raccolte e dalla quantità delle stesse. Per certe aree si può possedere

una gran quantità di rinvenimenti che possono far propendere per un territorio fortemente

antropizzato, ma anche come un’area più studiata o tutelata. L’assenza di informazioni, nella ricerca

archeologica, non può essere sempre considerata anche assenza insediativa.

Occorre inoltre tenere presente l’attuale utilizzo del territorio, l’eventuale presenza di nuclei storici,

o la presenza massiccia di aree edificate. È evidente che aree ad alta densità abitativa moderna

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ProgettodefinitivodiParcoEolicoubicatonelComunediBanzi(provinciadiPotenza):Relazionearcheologicapreliminare

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possono rappresentare un minor rischio archeologico rispetto a quelle con bassa densità. Infatti una

maggiore urbanizzazione è indice di un degrado più rilevante degli insediamenti antichi, sia in

termini di livelli di conservazione del giacimento sia in termini di potenzialità distruttiva espressa.

I fattori che possono costituire fonte di rischio sono costituiti da interferenze dirette da sito

bibliografico e/o traccia viabilistica, dalla distanza fra queste emergenze e l’opera in progetto,

nonché dal numero di tali presenze in un tratto di territorio limitrofo all’opera.

Anche la presenza di aree vincolate – sia interferenti sia nel territorio circostante – rappresentano

indicatori del fattori di rischio.

Sono inoltre da considerare anche rapporti di relazione e correlazione fra le varie qualificazioni dei

siti individuati. È evidente che l’informazione della presenza di una necropoli o tomba isolata

presso un importante relitto viabilistico , possa far supporre la presenza nelle immediate vicinanze

di una area abitativa riferibile all’insediamento stesso.

Diversi livelli di rischio sono generati inoltre dalle tipologie di opera, in particolare dalle profondità

di scavo previste dal progetto.

In questa fase di valutazione, ciò che conta è capire per grandi categorie e per tratti omogenei, il

tipo di potenziale rischio – in termini di sensibilità archeologica – espresso da un determinato

territorio.

Il grado di rischio archeologico è pertanto definito su tre livelli differenziati:

BASSO

Valore 3-4

aree con scarse presenze di rinvenimenti archeologici, assenza di toponimi significativi, con situazione paleo ambientale difficile, aree ad alta densità abitativa moderna.

MEDIO

Valore 5-6 aree con scarsità di rinvenimenti archeologici ubicate a più di 1000 mt da siti con numerose presenze attestate in bibliografia e/o sitografia.

ALTO

Valore 7-8 aree con sufficiente probabilità di rinvenimenti archeologici ubicate a meno di 500 mt da siti con numerose presenze attestate in bibliografia e/o sitografia.

Tabella 1

Diversi livelli di rischio sono generati, inoltre, dalla tipologia di opera in progetto. Per la

valutazione delle relazioni tra le opere previste in progetto e il rischio archeologico relativo si è resa

necessaria una prima identificazione delle potenziali azioni di progetto – da cui poter far discendere

i fattori di impatto – associate a tratti omogenei o elementi tipologici, in cui si articola il progetto

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(caratterizzazione del progetto). Si sono quindi identificate le azioni di progetto significative che

possono essere comprese nelle seguenti categorie:

Tracciato della strada di progetto in rilevato

Riporto di materiale prima del quale occorre eseguire l’asportazione del terreno arativo superficiale fino ad una profondità di circa 50-60 cm

Tracciato della strada di progetto in trincea

Asportazione del terreno arativo superficiale fino ad una profondità di circa 50-60 cm e dello strato sottostante di almeno 20-30 cm

Tracciato della strada di progetto a mezza

costa.

Contemporanea azione di riporto di materiale e asportazione del terreno arativo superficiale fino ad una profondità di 50-60 cm

Scavo per messa in opera di elettrodotto MT su tracciati viari esistenti come strade

provinciali e comunali

Asportazione degli strati costituenti la carreggiata stradale esistente (tappetino bituminoso, binder, strato di misto stabilizzato) per una profondità di almeno 30 cm e, successivamente, asportazione dello

strato sottostante di circa 130-150 cm

Scavo per realizzazione del plinto in c.c.a. di

fondazione degli aereo generatori

Asportazione del terreno arativo superficiale fino ad una profondità di 50-60 cm e successivamente quelli degli strati sottostanti fino ad una

profondità di 3.50 mt

Scavo per la realizzazione delle

piazzuole temporanee

Asportazione del terreno arativo superficiale fino ad una profondità di 50-60 cm e successivamente quelli degli strati sottostanti fino ad una

profondità di 3.00 mt Scavo per le opere di fondazione di box e

cabine elettriche prefabbricate

Asportazione del terreno arativo superficiale fino ad una profondità di 50-60 cm.

Tali azioni, che rappresentano evidentemente dei livelli di rischio differenziato rispetto alla

possibilità di rinvenimento archeologico, vengono così definiti:

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TRATTO OMOGENEO PER TIPOLOGIA OPERA CIVILE

AZIONE DI PROGETTO LIVELLO DI

RISCHIO ARCHEOLOGICO

Tracciato della strada di progetto in rilevato

Scortico superficiale e riporto di materiale proveniente da altri scavi eseguito con mezzi meccanici in aree a bassa vocazione antropica

BASSO

Tracciato della strada di progetto in trincea

Scortico superficiale e asportazione di materiale eseguito con mezzi meccanici in aree a bassa

vocazione antropica MEDIO

Tracciato della strada di progetto a mezza costa.

Scortico superficiale, riporto parziale e asportazione di materiale eseguito con mezzi meccanici in aree a bassa vocazione antropica

BASSO

Scavo per messa in opera di elettrodotto MT su tracciati viari esistenti come strade provinciali e comunali

Scavo controllato eseguito con mezzi meccanici su viabilità esistente

BASSO

Scavo per realizzazione del plinto in c.c.a. di fondazione degli aereogeneratori

Scortico superficiale, asportazione di materiale e rinterro di materiale proveniente dallo scavo eseguito con mezzi meccanici eseguito con mezzi meccanici anche fino 4.00 metri di profondità in aree a bassa antropizzazione

ALTO

Scavo per la realizzazione delle piazzuole temporanee

Scortico superficiale, asportazione di materiale e rinterro con lo stesso materiale proveniente

dallo scavo a lavori di ripristino dello stato dei luoghi eseguito con mezzi meccanici in aree a

bassa antropizzazione

ALTO

Scavo per le opere di fondazione di box e cabine elettriche prefabbricate

Scortico superficiale, asportazione di materiale per una profondità di circa 60 cm e rinterro

parziale di materiale proveniente dallo scavo eseguito con mezzi meccanici

MEDIO

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Individuazionedelrischioarcheologico

Ci sembra a questo punto stabilire che l’area interessata dal progetto è stata impiegata, e lo è tuttora,

essenzialmente e prevalentemente come fondi agricoli.

I vincoli archeologici individuati dallo strumento urbanistico vigente del Comune di Banzi si

trovano:

Sito archeologico in località acqua delle Nocelle (denominazione carta IGM) si trova nelle

vicinanze del centro abitato di Banzi così come quello individuato tra le località

Mancamasone e Montelupino;

Sito archeologico in località Posta Vecchia ubicato a nord del centro abitato di Banzi ma

spostato a ovest dell’area oggetto del progetto (distanza superiore a 1000 mt).

Inoltre, come è stato dimostrato nei precedenti paragrafi, le aree dove è maggiore la probabilità di

trovare reperti archeologici (Mancamasone, Montelupino, Piano Carbone) sono nelle vicinanze del

centro abitato di Banzi e, quindi, a sud dell’area interessata dal progetto.

La fascia di territorio interessata dal progetto è attualmente destinata prevalentemente a usi agricoli

o all’allevamento suino. L’edificazione esistente è del tipo sparso con evidenti spazi di aree

utilizzate ai soli scopo agricoli. La presenza umana presente nella fascia di territorio interessata dal

progetto può ritenersi MEDIO-ALTA in quanto lo sfruttamento del territorio risulta omogeneo per

la presenza di aree coltivate, insediamenti rurali e/o ad uso civile, infrastrutture anche rilevanti

(acquedotti, vasche di raccolta acqua, elettrodotto S. Lucia, strade comunali, provinciali e statali),

stabilimenti industriali ( porcilaie e altro).

Tutti gli interventi previsti dal progetto non interferiscono con:

a) Fiumi ai sensi della Legge 8 agosto 1985, n. 431 in quanto le opere previste dal progetto

sono distanti dalla fascia di rispetto di 150 mt;

b) Le infrastrutture di progetto ( strade) e gli aereogeneratori distano dal parco archeologico più

di 1000 mt così come prescrive il PIAR della Regione Basilicata

Comunque, anche se le opere previste dal progetto non interferiscono con le emergenze

archeologiche, monumentali e naturali presenti nell’area presa in esame, allo stato attuale delle

nostre conoscenze storico-archeologiche, si ritiene che per una valutazione del rischio

archeologico, le azioni previste dal progetto non debbano avere un peso omogeneo ma differenziato

a seconda del grado di penetrazione che dette opere incidono sull’ambiente, fattore questo che

dipende essenzialmente dalla profondità e dalla estensione di scavo prevista dal progetto. Inoltre è

da considerare anche la vicinanza e non vicinanza di dette opere alle aree in cui insistono beni

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vincolati dove il fattore di rischio deve ritenersi ALTO in quanto la ricerca bibliografica non può

considerarsi esaustiva.

Dunque, da quanto esposto, i diversi livelli di rischio archeologico valutato per i singoli interventi

di progetto sono elencati di seguito:

<1.00  1.00‐2.00 > 2.00 > 1.000 1000 ‐ 2000 > 2000 < 1.00 1.00 ‐2.00 > 2.00Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A1 per uno sviluppo lineare di cc 165 mt

1 0 0 1 0 0 0 0 1 3

Tratto di strada a servizio degli aeregeneratori A2-A3 - A4 per uno sviluppo lineare di cc 2 km

1 0 0 0 0 3 0 0 1 5

Tratto di strada a servizio degli aeregeneratori A6-A5 per uno

sviluppo lineare di cc 500 mt 1 0 0 0 0 3 0 0 1 5

Tratto di strada a servizio degli aeregeneratori A7-A8 per uno sviluppo lineare di cc 600 mt

1 0 0 0 0 3 0 0 1 5Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A9 per uno sviluppo lineare di cc 170 mt

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A10-A11 per uno sviluppo lineare di cc 650 mt

1 0 0 0 0 3 0 0 1 5

Tratto di strada a servizio degli aeregeneratori A12- A13 - A14 - A15 per uno sviluppo lineare di

cc 1,15 km

1 0 0 0 0 3 0 0 1 5

Tratto di strada a servizio degli aeregeneratori A16 per uno sviluppo lineare di cc 170 mt

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4

Tratto di strada a servizio degli aeregeneratori A17 per uno sviluppo lineare di cc 175 mt

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A18 per uno sviluppo lineare di cc 170 mt

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A19 per uno sviluppo lineare di cc 260 mt

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A20-A21 per uno sviluppo lineare di cc 485 mt

1 0 0 0 0 3 0 0 1 5Tratto di strada a servizio degli

aeregeneratori A22 per uno sviluppo lineare di cc 170 mt

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4

Interventi di progetto ‐ opere 

stradali 

profondità dello scavo (mt) estensione dello scavo (mq) vicinanza non vicinanza (km)

Tabella 2 - opere stradali

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<1.00  1.00‐2.00 > 2.00 1000‐2000 2000‐3000 > 3000 <0,5 0,5 ‐ 1 >1 

aeregeneratori A1 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A2-A3-A4 0 0 3 0 0 3 0 0 1 7

aeregeneratori A5-A6 0 0 3 0 2 0 0 0 1 6 aeregeneratori A7 -A8 0 0 3 0 2 0 0 0 1 6

aeregeneratori A9 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A10-A11 0 0 3 0 2 0 0 0 1 6

aeregeneratori A12 -A13-A14-A15 0 0 3 0 0 3 0 0 1 7

i aeregeneratori A16 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A17 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A18 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A19 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5

aeregeneratori A20-A21 0 0 3 0 2 0 0 0 1 6 aeregeneratori A22 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5

Interventi di progetto ‐ plinti 

di fondazione

profondità dello scavo (m) estensione dello scavo (mq) vicinanza non vicinanza (km)

Tabella 3 - plinti di fondazione areogeneratori

<1.00  1.00‐2.00 > 2.00 <1000 1000‐2000 > 2000 <0,5 0,5 ‐ 1 >1 

aeregeneratori A1 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A2-A3-A4 0 0 3 0 2 0 0 0 1 7

aeregeneratori A5-A6 0 0 3 1 0 0 0 0 1 6 aeregeneratori A7 -A8 0 0 3 1 0 0 0 0 1 6

aeregeneratori A9 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A10-A11 0 0 3 0 2 0 0 0 1 6

aeregeneratori A12 -A13-A14-A15 0 0 3 0 0 3 0 0 1 7

i aeregeneratori A16 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A17 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A18 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5 aeregeneratori A19 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5

aeregeneratori A20-A21 0 0 3 0 2 0 0 0 1 6 aeregeneratori A22 0 0 3 1 0 0 0 0 1 5

Interventi di progetto ‐ opere 

provvisionali

profondità dello scavo (m) estensione dello scavo (mq) vicinanza non vicinanza (km)

Tabella 4 - opere provvisionali per la messa in opera degli areogeneratori

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aeregeneratori A1

aeregeneratori A2-A3-A4

aeregeneratori A5-A6

aeregeneratori A7 -A8

aeregeneratori A9

aeregeneratori A10-A11

aeregeneratori A12 -A13-A14-A15

i aeregeneratori A16

aeregeneratori A17

aeregeneratori A18

aeregeneratori A19

aeregeneratori A20-A21

aeregeneratori A22

Interventi di progetto ‐ opere 

provvisionaliopere stradali  plinti di fondazione opere provvisionali Grado di attenzione 

BASSO

MEDIO ALTO

MEDIO BASSO

MEDIO BASSO

BASSO

BASSO

MEDIO ALTO

BASSO

BASSO

BASSO

BASSO

MEDIO BASSO

MEDIO BASSO

Tabella 5 - sintesi dei risultati ottenuti circa il rischio archeologico

<1.00  1.00‐2.00 > 2.00 1.00‐2.00  2.00‐3.00 > 3.00 <0,5 0,5 ‐ 1 >1 Posa in opera di cavidotto MT in

aree non antropizzate o scarsamente antropizzate

1 0 0 0 2 0 0 0 1 4Posa in opera di cavidotto MT in

aree antropizzate ( strade esistenti)

0 1 0 0 2 0 0 0 1 4

Interventi di progetto ‐ posa 

in opera di cavidotto MT‐AT

profondità dello scavo  estensione dello scavo vicinanza non vicinanza

Tabella 6 - rischio archeologico della messa in opera del Cavidotto MT

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Proposteperlarisoluzionedelrischioarcheologico

Le verifiche dell’interesse archeologico dovranno essere modulate sul successivo livello di

progettazione in modo da ridurre la possibilità di incontrare resti di strutture o stratificazioni di

origine antropica durante l’esecuzione dell’opera.

La realizzazione di una infrastruttura quale quella in progetto può trasformarsi in una occasione di

ricerca scientifica dei processi storici di frequentazione e trasformazione del territorio, a condizione

di stabilire un rapporto capillare tra esigenze progettuali e costruttive ed esigenze di conoscenza e

tutela del patrimonio archeologico e storico.

Diviene quindi importante saper utilizzare tutte le azioni che vengono poste in essere dalle necessità

tecniche di realizzazione dell’opera in progetto e lavorare sulla prevenzione.

Le metodologie finora adottate per la gestione dell’emergenza archeologica in occasione di

importanti opere offrono diverse chiavi interpretative e diversi approcci.

Propedeutiche all’esecuzione del progetto sono pertanto le indagini archeologiche preliminari che

hanno il fine di individuare con il maggior grado possibile di certezza e chiarezza l’estensione e la

tipologia delle eventuali aree d’intervento. Esse avranno lo scopo in particolare di chiarire la natura

e l’estensione delle presenze archeologiche che saranno individuate.

Le indagini archeologiche verranno effettuate come previsto dalla normativa vigente nei modi

seguenti:

a) Completamento delle indagini conoscitive presso l’archivio della soprintendenza

competente. In tal modo si completerà il quando conoscitivo sull’area attraversata dalle

opere previste dal progetto;

b) Prima dell’inizio dei lavori andrà prevista una campagna di survey di verifica ispettiva

diretta sul campo con relazione geomorfologica di corredo. In tal modo si potranno

evidenziare eventuali interferenze causa di possibili criticità di progetto, delimitando

eventuali aree a rischio archeologico.

Le attività saranno condotte secondo un preciso programma di intervento stabilito prima

dell’inizio dei lavori o in corso d’opera, da eseguirsi in accordo con la Soprintendenza per i

Beni Archeologici della Basilicata. Per l’esecuzioni dell’indagini ci si dovrà avvalere di

archeologici specialisti in materia e si dovranno seguire i dettami della migliore regola d’arte,

stabiliti in accordo con la Soprintendenza competente. Tali attività saranno condotte a seguito di

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autorizzazione da parte dei funzionari della Soprintendenza e sotto la loro direzione scientifica.

Le metodologie saranno indicate dai funzionari preposti alla tutela.

A lavori avviati andranno previste nelle eventuali aree a rischio l’esecuzione di indagini dirette

mediante trincee o saggi di verifica archeologica, con o scopo di perimetrale con maggiore

precisione l’area dell’eventuale sito archeologico e di definire la natura ed il grado di

conservazione, oltre naturalmente alla profondità del rinvenimento e allo spessore medio della

stratificazione archeologica.

Anche in questa fase, le attività saranno condotte secondo un preciso programma di intervento

stabilito prima dell’inizio dei lavori o in corso d’opera, da eseguirsi in accordo con la

Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata.

Il complesso dei dati raccolti confluirà in una relazione conclusiva che dovrà fornire un quadro

completo ed esaustivo delle emergenze individuate. In allegato dovranno essere forniti per ogni

singolo sito:

Relazione tecnica

Posizionamento topografico delle singole indagini(saggio, trincea, sondaggio)

Ubicazione dell’area indagata

Scheda riassuntiva per ogni indagine eseguita

Documentazione grafica relativa ad ogni specifica indagine

Documentazione fotografica

La documentazione sarà completata da una carta di sintesi che dovrà discriminare la reale

autenticità dei ritrovamenti ai fini dell’ attribuzione del rischio archeologico nelle aree indagate.

Essa andrà inviata alla Soprintendenza competente, sia per le determinazioni conseguenti

(svincolo dell’ area o successive prescrizioni, progettazione di eventuali scavi archeologici), sia

per la verifica scientifica del prodotto.

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