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Regione Abruzzo Azienda Sanitaria Locale n. 2 Lanciano Vasto Chieti RASSEGNA STAMPA Sabato 4 luglio 2015

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Regione Abruzzo Azienda Sanitaria Locale n. 2

Lanciano Vasto Chieti

RASSEGNA STAMPA Sabato 4 luglio 2015

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CHIETI Sabato, 4 luglio 2015

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Venerdì, 3 luglio 2015

Riforma Pa, nuove procedure per i direttori delle Asl

Per i 41.500 dirigenti pubblici arriva la “garanzia” anti-decadenza dal ruolo unico prospettato per loro dalla riforma della Pubblica amministrazione. Con un correttivo approvato ieri dalla commissione Affari costituzionali della Camera, infatti, si prevede che il dirigente potrà decadere solo dopo un periodo di disponibilità «successivo a una valutazione negativa», per cui non basterà più solo un lungo parcheggio per mandarlo a casa. Per capire la questione occorre riandare all'architettura della dirigenza disegnata dalla riforma della Pa, e fondata sul «ruolo unico».

Il meccanismo In realtà i «ruoli unici» sarebbero tre (per Stato, Regioni ed enti locali), e da questi le amministrazioni dovrebbero scegliere i propri dirigenti a cui affidare incarichi di quattro anni, rinnovabili senza concorso per altri due anni. I dirigenti senza incarichi sarebbero collocati «in disponibilità», con attribuzione dello stipendio base e della parte fissa del trattamento accessorio ma, e qui arriva il punto più critico, «dopo un determinato periodo di collocamento in disponibilità» secondo il testo confermato dal Senato arriverebbe la decadenza. Questo aspetto ha scatenato le proteste dei diretti interessati, nel timore che il rischio di disponibilità e soprattutto di decadenza finisse per dipendere dal tasso di fedeltà alle scelte della politica.

Il correttivo L'emendamento approvato ieri, che era stato “promesso” dallo stesso ministro della Pa Marianna Madia, prova a evitare questo rischio, stabilendo appunto che la decadenza potrà riguardare solo chi è stato messo in disponibilità dopo una bocciatura sulle proprie performance. Il problema si sposta allora sulla costruzione di un sistema di valutazione oggettivo, che ha rappresentato una sfida per tutte le riforme della Pubblica amministrazione ma che secondo la Corte dei conti finora «non è mai entrato a regime». Proprio per questa ragione tre settimane fa, presentando il rapporto 2015 di coordinamento della finanza pubblica, i magistrati contabili erano arrivati a parlare a pagina 90 di «controriforma della dirigenza», che «aumenta i margini di discrezionalità nel conferimento degli incarichi».

Nuova procedura per i direttori delle Asl Sul rapporto fra politica e dirigenza interviene un altro emendamento approvato ieri a Montecitorio, in cui si prevede che per essere scelti dalle Regioni come direttori generali delle Asl bisognerà esprimere interesse per la posizione specifica in palio. L'obiettivo è quello di favorire selezioni fra candidati davvero interessate, limitando le scelte discrezionali dall'elenco nazionale dei candidati.

Prove di addio al «valore legale» della laurea Un terzo emendamento interviene sulla valutazione, e ipotizza che nei concorsi pubblici si possa valutare, accanto al voto minimo di laurea, anche «i fattori inerenti all'istituzione che lo ha assegnato». Il principio è importante, perché le università non sono tutte allo stesso livello e l'ateneo di provenienza è un fattore di valutazione consueto per le assunzioni nel privato, e se attuato rappresenterebbe nei fatti un primo superamento del «valore legale» del titolo di studio.

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Venerdì, 3 luglio 2015

Delega Pa: nei concorsi non varrà solo il voto di laurea, ma anche l’ateneo

Nei concorsi pubblici a fare la differenza non sarà più solo il voto di laurea: potrà contare anche l'Università. Lo prevede un emendamento appena approvato alla delega sulla Pubblica amministrazione, al voto in commissione Affari costituzionali della Camera, che parla di «superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l'accesso» e «possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all'istituzione che lo ha assegnato».

Dirigenti licenziabili solo dopo «valutazione negativa» Non è l'unica novità varata in commissione. I dirigenti pubblici potranno essere licenziati se privi di incarico per un certo periodo ma non sarà l'unica condizione richiesta: l'uscita dal ruolo scatta solo se prima c'è stata una sostanziale “bocciatura” da parte dell'amministrazione. Il collocamento in disponibilità - si legge in un emendamento approvato - sarà «successivo a valutazione negativa».

Niente bonus ai manager se il risultato è negativo Con un'altra proposta di modifica targata M5S e approvata ieri sera, è stato invece stabilito che gli amministratori di società pubbliche che otterranno risultati negativi non riceveranno bonus o trattamenti economici variabili. «L'emendamento, modificato rispetto a quello proposto inizialmente dal Movimento - spiegano i parlamentari Cinque Stelle - prevede infatti che l'erogazione di compensi variabili sia legato ai risultati economici ottenuti. Ora sarà fondamentale verificare come il governo tradurrà questo risultato nei decreti delegati. È importante che i bonus siano legati ai risultati, e non solo a rendita di posizione».

Meno discrezionalità nelle nomine dei direttori Asl E ancora: con un altro emendamento, proposto dal Pd, si limita la discrezionalità nelle nomine dei direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere: le Regioni nomineranno i Dg non solo basandosi semplicemente sulla rosa di candidati ricavata dall'apposito elenco nazionale attraverso la commissione ad hoc, ma la selezione avverrà tra coloro che hanno aderito al bando, «previo avviso della Regione», esprimendo il loro interesse per la postazione in palio. Insomma si vogliono evitare selezioni poco agguerrite, con candidati non interessati (tutti tranne uno, magari). Restano ferme le regole sulla trasparenza e il monitoraggio delle operazioni.

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NORME e TRIBUTI Sabato, 4 luglio 2015

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Sabato, 4 luglio 2015

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Venerdì, 3 luglio 2015

Medicina, odontoiatria, veterinaria e professioni sanitarie: ecco date e novità dei test di ammissione

Medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, medicina in inglese, veterinaria, professioni sanitarie, arrivano i decreti con la firma della ministra dell'Istruzione, Stefania Giannini. ha firmato i decreti che definiscono i contenuti e le modalità di svolgimento delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale: medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, medicina in inglese, veterinaria, professioni sanitarie. Quest'anno diminuisce il numero dei quesiti «generalisti» per fare spazio a un numero maggiore di domande specialistiche. Ulteriormente rafforzate le misure a tutela dell'anonimato dei partecipanti.

I candidati potranno iscriversi alle prove dal 6 al 23 luglio 2015 attraverso la procedura presente sul portale www.universitaly.it . I test si terranno nel mese di settembre.

7 17 per Veterinaria.

I decreti sono in via di pubblicazione sul sito www.istruzione.it , nella sezione Università.

I quesiti Anche per i test di quest'anno restano 60 i quesiti a cui i candidati dovranno rispondere in 100 minuti, mentre la ripartizione del numero di domande per ciascun argomento è stata modificata in favore del numero dei quesiti delle materie disciplinari.

Nel test di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria, rispetto allo scorso anno, le domande di Cultura generale scendono da 4 a 2, quelle di Ragionamento logico da 23 a 20, mentre passano da 15 a 18 le domande di Biologia, da 10 a 12 quelle di Chimica. Confermate le 8 domande di Matematica e Fisica. La stessa struttura è prevista anche per il test per i corsi di Medicina in lingua inglese.

Veterinaria prevede 2 domande di Cultura generale (erano 4), 20 di Logica (erano 23), 16 di Chimica (erano 14), 16 di Biologia (erano 13), mentre restano 6 quelle di Fisica e Matematica.

Per le Professioni Sanitarie le prove sono predisposte dagli atenei.

I posti per Medicina in inglese sono 204 per cittadini comunitari e non residenti in Italia e 101 per i non comunitari residenti all'estero. La prova si svolgerà il 16 settembre 2015 in contemporanea in 17 paesi oltre all'Italia, dagli Usa al Qatar.

I risultati I risultati dei test saranno pubblicati il 22 settembre 2015 per Medicina e Chirurgia-Odontoiatria e il 23 settembre 2015 per Veterinaria. La graduatoria di merito nazionale sarà diffusa il 7 ottobre 2015.

Il calendario delle prove - Professioni sanitarie: 4 settembre 2015 - Medicina e Odontoiatria (in lingua italiana): 8 settembre 2015 - Medicina Veterinaria: 9 settembre 2015 - Medicina e Chirurgia in lingua inglese: 16 settembre 2015

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Venerdì, 3 luglio 2015

Tumore del polmone, un paziente su cinque è vivo a tre anni: «L’immunoterapia può cambiare lo standard del trattamento»

Il 20% dei pazienti con tumore del polmone in fase avanzata è vivo a tre anni. Un dato ancora più significativo se si considera che riguarda anche i fumatori, i più colpiti da questa malattia (85% dei casi) e che non presentano mutazioni genetiche. È il più importante risultato mai ottenuto finora e il primo reale passo in avanti negli ultimi venti anni in una neoplasia particolarmente difficile da trattare. L'unica arma disponibile infatti era rappresentata dalla chemioterapia, poco efficace e molto tossica. Oggi nivolumab, un farmaco immunoterapico innovativo, ha le potenzialità per cambiare lo standard del trattamento ed è disponibile in Italia per uso compassionevole. Le nuove prospettive offerte dall'immunoterapia sono al centro della conferenza internazionale Immunotherapy and cancer, reality and hopes, promossa dall'Aiot (Associazione Italiana Oncologia Toracica), che si svolge domani a Napoli, con più di 150 esperti da tutto il mondo. Molto importanti anche i dati della sopravvivenza a uno e due anni, pari al 51% e al 25% dei pazienti. Solo il 15% dei casi di tumore del polmone riguarda i non fumatori, che di solito presentano mutazioni genetiche e possono essere trattati con farmaci a bersaglio molecolare. Ma l'85% delle diagnosi interessa i tabagisti, che non sono caratterizzati da queste alterazioni e non disponevano finora di alcuna arma realmente efficace. L'immunoterapia è la nuova frontiera nel trattamento di questa malattia e ha dimostrato di offrire benefici a lungo termine indipendentemente dalla presenza di mutazioni genetiche. Non solo, sta evidenziando risultati rilevanti sia nella forma metastatica non a piccole cellule squamosa che nell'adenocarcinoma, in particolare nei pazienti già trattati, cioè in seconda e terza linea. In Italia nel 2014 sono state stimate 40.000 nuove diagnosi (circa il 30% fra le donne). Nel 2011 si sono registrate 33.706 morti (ultimo dato ISTAT disponibile). L'immunoterapia aumenta la sopravvivenza globale di circa tre mesi rispetto alla chemioterapia e, soprattutto, possiamo parlare di pazienti vivi a distanza di un triennio. Con la chemioterapia la sopravvivenza in fase avanzata invece non supera i 10 mesi. Siamo di fronte a una grande opportunità per le persone colpite da questo tumore. Innanzitutto perché può essere evitata la chemioterapia che in seconda e terza linea presenta molte criticità: questi malati storicamente sono considerati candidabili solo alle cure palliative. Oggi non è più così. L'immunoterapia permette di sbloccare il freno che le cellule tumorali pongono al nostro sistema immunitario. E per i pazienti è facile capire che il tumore non viene curato da una molecola esterna ma grazie al sistema immunitario. La parte sana dell'organismo viene cioè rinforzata per attaccare quella malata. Questo messaggio risulta fondamentale nella comunicazione medico-paziente perché viene favorita l'adesione al trattamento. Il programma di uso compassionevole prevede che nivolumab possa essere utilizzato in Italia in seconda e terza linea, quindi in pazienti con malattia avanzata già trattati con chemioterapia. Sono in corso sperimentazioni per verificare l'efficacia del farmaco immunoterapico sia in prima linea, cioè in persone non pretrattate, che in fase post-operatoria in cui le percentuali di guarigione sono elevate. Di fatto ci stiamo avvicinando alla concreta possibilità di abbandonare la chemioterapia nel trattamento del tumore del polmone. Si tratta di un grande vantaggio per i pazienti. La conferenza internazionale che si è svolta oggi, 3 luglio, a Napoli si è divisa in tre sessioni, la prima sul meccanismo d'azione dell'immunoterapia, la seconda e la terza sull'utilizzo di questa nuova arma nel melanoma e nel tumore del polmone. Il melanoma è stato infatti il candidato ideale per valutarne l'efficacia nel trattamento dei tumori. Nivolumab è stato approvato dall'Agenzia europea per i farmaci (Ema) lo scorso 22 giugno proprio nel melanoma avanzato. Oggi in questa patologia possiamo parlare di lungosopravvivenza, un obiettivo che riteniamo possa presto essere raggiunto anche nel cancro del polmone. È infatti la prima volta che si registrano pazienti vivi a tre anni. La pratica clinica sta cambiando radicalmente. Lo scorso 22 maggio il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema ha espresso parere favorevole raccomandando l'approvazione di nivolumab nel tumore del polmone non a piccole cellule squamoso localmente avanzato o metastatico precedentemente trattato con la chemioterapia. Per cui si attende a breve l'approvazione definitiva in Europa. Nel frattempo, l'Agenzia Italiana del Farmaco, con il supporto di Bristol Myers-Squibb, ha attivato un programma di uso compassionevole per garantire l'accesso al farmaco a tutti i pazienti colpiti da questo tipo di tumore. È essenziale che queste terapie innovative ed efficaci siano disponibili in breve tempo. Infatti negli Stati Uniti lo studio alla base dell'approvazione di nivolumab ha mostrato un vantaggio così rilevante in termini di sopravvivenza da indurre l'autorità regolatoria americana (FDA) ad approvare questa indicazione in soli tre giorni. I dati a due e tre anni riguardano il farmaco somministrato in monoterapia. Il confronto con la terapia standard è a un anno: nel tipo non squamoso i pazienti vivi trattati con nivolumab erano il 51% rispetto al 39% con docetaxel (un farmaco chemioterapico), in quello squamoso rispettivamente il 42% e il 24%.

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Venerdì, 3 luglio 2015

Fondazione Gimbe: «Il parto non è una malattia, il percorso nascita deve essere riorganizzato»

pdf - Linee guida Nice per l'assistenza a partorienti sane e neonati

La maggior parte delle donne che partoriscono sono sane, hanno una gravidanza fisiologica, vanno incontro a travaglio spontaneo e danno alla luce un neonato dopo la 37a settimana di gestazione. Tuttavia, come afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, «anche in assenza di reali fattori di rischio continuiamo a mantenere modelli organizzativi che medicalizzano gravidanza e parto, a dispetto di evidenze scientifiche che dimostrano che per la maggior parte delle gravidanze fisiologiche non ci sono benefici materni e neonatali per scegliere la sala parto, dove il travaglio è oggi caratterizzato da troppi interventi ostetrico-ginecologici, divenuti routinari, ma spesso inappropriati».

«In particolare – continua Cartabellotta – il Ssn dovrebbe garantire a tutte le donne la libertà di scegliere, nell'area del proprio domicilio o nelle immediate vicinanze, dove partorire in sicurezza: oltre alla sala parto in ospedale pubblico o in struttura privata, anche a casa propria e nei centri nascita a gestione esclusivamente ostetrica, sia fuori (freestanding) che dentro (alongside) l'ospedale. Ovviamente, prevedendo protocolli condivisi per trasferire la donna, quando necessario, verso le Uo di Ostetricia e Ginecologia».

Secondo il “Certificato di assistenza al parto (CeDAP). Analisi dell'evento nascita” del ministero della Salute, i dati rilevati per l'anno 2011 evidenziano che, in Italia, meno dello 0,1% dei parti avviene a domicilio o in altra struttura non ospedaliera, pubblica o privata. Il dato è confermato dal fatto che, a oggi, l'offerta di centri nascita a gestione ostetrica si conta sulle dita di una mano sia per i freestanding che per gli alongside.

«Invece di avviare un confronto multi-professionale sulla riorganizzazione del percorso nascita basata su criteri di appropriatezza clinica e orientato dai reali bisogni della donna – conclude il presidente – il dibattito politico, manageriale, professionale e sociale ripropone continuamente le stesse criticità: la strenua difesa dei punti nascita con meno di 500 parti/anno, i tassi di parti cesarei che in tutte le Regioni del centro-sud oscillano tra 35% e 65%, nonostante anni di Piano di rientro, dimostrando l'inefficacia di questo strumento nel favorire la riorganizzazione dei servizi e i rischi medico-legali, sicuramente reali, ma inevitabilmente condizionati dall'eccessiva medicalizzazione del parto».

Le migliori evidenze scientifiche recentemente sintetizzate dal National institute of clinical excellence (Nice) oggi consigliano alle donne a basso rischio di partorire, previa disponibilità di un'assistenza ostetrica 1:1, al proprio domicilio o in un centro nascita (esterno all'ospedale, o adiacente alla sala parto), dove la percentuale di interventi ostetrico-ginecologici è più bassa e gli esiti neonatali sono di fatto sovrapponibili a quelli della sala parto. La sintesi in italiano delle linee guida Nice per l'assistenza a partorienti sane e neonati e per la scelta del setting del parto - realizzata dalla Fondazione Gimbe - è disponibile a: www.evidence.it/linee-guida-parto .

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Venerdì, 3 luglio 2015

Dal governo

Fecondazione assistita, ecco le nuove linee guida

di B.Gob.

pdf La sentenza 151/2009

pdf La sentenza 162/2014

pdf Le nuove linee guida sulla Pma

pdf Le osservazione dell’associazione Luca Coscioni

pdf La Relazione su legge 40 e Pma trasmessa al Parlamento

La ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha firmato il decreto di aggiornamento delle linee guida della legge 40/2004, che regola

la Procreazione medicalmente assistita (Pma) : un provvedimento molto atteso dagli operatori del settore e dalle coppie che accedono a queste tecniche, e che entrerà in vigore con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Il nuovo testo, che aggiorna le linee guida del 2008, è stato rivisto in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica del settore e all’evoluzione normativa; in particolare - spiegano da Lungotevere Ripa - ai decreti legislativi 191/2007 e 16/2010 e all’Accordo Stato Regioni del 15 marzo 2012 (che applica alla Pma le normative europee su qualità e sicurezza di cellule umane), e alle sentenze della Corte Costituzionale n.151/2009, e n.162/2014 le quali hanno eliminato, rispettivamente, il numero massimo di tre embrioni da creare e trasferire in un unico e contemporaneo impianto, e il divieto di fecondazione eterologa .

La caduta di questi paletti aveva già modificato di fatto il volto dell'assistenza alle coppie in Italia, complici le linee di indirizzo sull'eterologa che, dopo la sentenza della Consulta, la Conferenza Stato-Regioni si era affrettata ad adottare, nel settembre 2014, per consentire l'accesso ai trattamenti in tutta Italia.

Esulta per il nuovo testo la ministra della Salute Beatrice Lorenzin: «Dopo l'istituzione del Registro nazionale dei donatori – afferma – questo è il secondo passo importante per l'aggiornamento dell'intero quadro normativo che regola la pma in Italia». Una lunga marcia che, promette Lorenzin, procederà con i decreti sul consenso informato e sui cosiddetti embrioni abbandonati, e con il perfezionamento del recepimento delle norme Ue sulla donazione dei gameti.

Non solo: omologa o eterologa che sia, la fecondazione assistita entra a pieno diritto nei nuovi Livelli essenziali di assistenza, le prestazioni garantite nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.

I contenuti. Tra le principali novità, l’accesso alle tecniche di fecondazione eterologa, la raccomandazione di un’attenta valutazione clinica del rapporto rischi-benefici, l’accesso generale alle tecniche aperto anche a coppie “sierodiscordanti”, cioè in cui uno dei due partner è portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili come Hiv o epatiti B e C (nella linee guida 2008 l’accesso era previsto solo per l’uomo portatore e non anche per la donna portatrice, come invece sarà da oggi). Ancora: la cartella clinica dovrà contenere un maggior dettaglio sui trattamenti rispetto a quanto avvenuto fino a ora, «considerato che - spiegano dal ministero - gli operatori possono avviare percorsi più differenziati di quanto fatto prima delle sentenze». Non solo: le nuove linee guida chiedono di riportare le «motivazioni» in base alle quali si determina il numero di embrioni strettamente necessario da generare, ed eventualmente quelle relative agli embrioni non trasferiti da crioconservare.

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Quanto alla fecondazione eterologa, tutto ciò che riguarda i donatori di gameti sarà oggetto di un Regolamento in via di limatura. Sono previsti la “doppia eterologa”, che si ha quando entrambi i componenti della coppia possano ricevere gameti donati, l’”egg sharing” e lo “sperm sharing”, quando cioè uno dei due componenti della coppia ricevente possa essere a sua volta anche donatore di gameti per altre coppie che accedono alla Pma eterologa.

Altolà a ogni forma di eugenetica: le coppie che accedono all’eterologa non possono scegliere le caratteristiche fenotipiche del donatore.

La Relazione al Parlamento. Nella Relazione sulla legge 40/2004 e le tecniche di Pma trasmessa ieri dal ministero al Parlamento, il quadro degli interventi e dei centri. Nel 2013 risultano 369 i centri di Pma autorizzati in Italia con 91.556 cicli di trattamento iniziati su 71.741 coppie, 15.550 gravidanze ottenute, 13.770 gravidanze monitorate, 10.350 parti ottenuti con 12.187 bambini nativi vivi che rappresentano il 2,4% del totale dei nati in Italia nel 2013 e, pur aumentando lievemente rispetto al 2012 (quando era pari al 2,2%), resta inferiore al valore massimo di 12.506 ottenuto nel 2010. Si conferma la tendenza all'aumento del numero di centri privati, nonostante il maggior numero dei trattamenti di fecondazione assistita (64,8%) venga effettuato nei centri pubblici e privati convenzionati. Emerge un andamento differente fra tecniche di inseminazione semplice – per le quali diminuiscono coppie, cicli di trattamento, gravidanze e nati – e tecniche di fecondazione di II e III livello, dove aumentano i cicli, gravidanze e nati. Tali incrementi - si legge nella Relazione - sono dovuti all'aumento degli stessi parametri unicamente per le tecniche da scongelamento. La percentuale di gravidanze su ciclo resta sostanzialmente stabile: 10,2% per inseminazione semplice, 19,5% per tecniche a fresco di II e III livello, con una lieve flessione rispetto all'anno precedente, quando era il 20,0%. Diminuisce la perdita di informazioni rispetto agli esiti delle gravidanze (perdita al follow up): mentre nel 2012 non si avevano notizie dell'esito del 14.0% delle gravidanze accertate, nel 2013 questo dato scende all'11.4%. Aumenta del 16,8% il numero degli embrioni crioconservati, aumenta del 19,9% il numero di cicli con congelamento di embrioni, mentre continua a diminuire quello dei cicli di congelamento degli ovociti. Continua il trend di aumento dell'età delle donne che accedono alla Pma, 36,55 anni per le tecniche a fresco di II e III livello, e della percentuale di donne che vi accedono con oltre 40 anni, che è del 31%. L'accesso alle tecniche di Pma di donne in età sempre più avanzata è dovuta alla tendenza per cui, nel nostro paese, si cerca di avere figli in un'età sempre più elevata, quando la fertilità è ridotta. Questo fenomeno implica anche che la scoperta dell'infertilità si verifichi ad un'età nella quale anche l'efficacia delle tecniche di Pma è limitata. Ad esempio per le tecniche a fresco di II e III livello la percentuale di gravidanze per ciclo iniziato, da 43 anni in su, è del 4.6%, gravidanze che hanno un esito negativo nel 63.1% dei casi.

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NORME e TRIBUTI Sabato, 4 luglio 2015