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De Donatis: «Roma abbia credenti autentici» DI FILIPPO PASSANTINO uesta nostra città possa avere presenze di credenti autentici che diventino roccia su cui gli altri possano poggiare la loro fede». È il primo incoraggiamento rivolto ai fedeli della diocesi di Roma dal nuovo vicario del Papa, l’arcivescovo Angelo De Donatis, che ha presieduto a San Giovanni in Laterano giovedì, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, la sua prima Messa capitolare Q « da arciprete della basilica. A concelebrarla, tra gli altri, il vicegerente Filippo Iannone, il vescovo ausiliare per il settore Centro, Gianrico Ruzza, e il vescovo Luca Brandolini, vicario dell’arciprete di San Giovanni in Laterano. Il nuovo incarico di De Donatis, che succede al cardinale Agostino Vallini come vicario generale, è cominciato proprio nella festa degli apostoli patroni di Roma (la nomina risale al 26 maggio scorso). Al suo fianco tanti sacerdoti, che il presule ha avuto modo di seguire durante il suo ministero di vescovo ausiliare per la cura del clero. Ad accogliere l’arcivescovo è stato il canonico monsignor Luis Duval, decano del Capitolo della basilica lateranense: «Tutti quelli che la conoscono hanno accolto la sua nomina con grande gioia e l’hanno saputa comunicare a quelli, come me, che non avevano avuto l’onore di incontrarla. Lei – ha detto rivolgendosi a De Donatis – è il benvenuto. Tutto il Capitolo non chiede altro che collaborare con lei per fare di questa basilica un luogo in cui i numerosissimi visitatori e pellegrini possano incontrare il Signore, la pace dell’anima e la forza di servire i fratelli». «Le vostre preghiere so che non mancheranno e so che mi sostengono», ha detto l’arcivescovo rivolgendosi al clero, ai tanti religiosi e ai fedeli presenti nella cattedrale di Roma, molti dei quali lo hanno accompagnato nei diversi incarichi che ha ricoperto. L’omelia è stata incentrata sul brano del Vangelo del giorno. «La nostra fede può diventare pietra su cui può fondarsi la fede degli altri. È Dio la roccia su cui poggiare il piede per non vacillare», ha detto il presule, che ha richiamato il brano che conclude il discorso della montagna, nel Vangelo di Matteo: «Gesù propone la metafora della casa e dei due costruttori, l’uomo saggio edifica sulla roccia se ascolta le parole di Gesù e le mette in pratica. Allora la casa regge. Roccia su cui si edifica la La prima Messa capitolare presieduta giovedì dal nuovo vicario di Roma e arciprete di San Giovanni in Laterano «La nostra vita resti incarnata nelle dinamiche della storia» DI CHRISTIAN GIORGIO a voi, chi dite che io sia?». La domanda che Gesù pose ai suoi discepoli attraversa i millenni, viva e scomoda, e riecheggia sulle labbra del successore di quel Pietro che riconobbe il Cristo come «Figlio del Dio vivente». Francesco rivolge la stessa domanda ai cardinali che hanno partecipato al Concistoro per la creazione di 5 nuovi porporati e ai 36 nuovi arcivescovi metropoliti nominati nell’ultimo anno, per i quali – nella solennità dei santi Pietro e Paolo – ha benedetto i pallii, le stole di lana bianca che simboleggiano la pecora sulle spalle di Gesù Buon Pastore. Non c’è astrazione nelle parole del Papa, ma situazioni concrete che mettono in discussione la vita del cristiano. Gesù ci guarda negli occhi e ci pone quella domanda, potentissima. Come a dire: «Sono ancora io il Signore della tua vita, la direzione del tuo cuore, la ragione della tua speranza, la tua fiducia incrollabile?». Ecco quindi l’importanza di «confessare Gesù Signore della propria vita». È la prima di tre parole che Francesco sottolinea nell’omelia della Messa presieduta in piazza San Pietro. «Chi confessa Gesù sa che non è tenuto soltanto a dare pareri», come fanno i «cristiani da salotto, che chiacchierano su come vanno le cose nella Chiesa e nel mondo», «ma a dare la vita», non può credere «in modo tiepido, M « ma è chiamato a “bruciare” per amore; sa che nella vita non può “galleggiare” o adagiarsi nel benessere, ma deve rischiare di prendere il largo, rilanciando ogni giorno il dono di sé. Chi confessa Gesù fa come Pietro e Paolo: lo segue fino alla fine; non fino a un certo punto, e lo segue sulla sua via, non sulle nostre vie. La sua via è la via della vita nuova, della gioia e della risurrezione, la via che passa anche attraverso la croce e le persecuzioni». Certo, è necessario sopportare il male, sottolinea Francesco, che non vuol dire solamente «avere pazienza e tirare avanti con rassegnazione; sopportare è imitare Gesù. È accettare la croce, andando avanti con fiducia perché non siamo soli: il Signore crocifisso e risorto è con noi. Così con Paolo possiamo dire che “in tutto siamo tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati”». E “persecuzione” è la seconda parola illuminata dal Papa. Come ai tempi di Paolo, ha ricordato Francesco, «anche oggi in varie parti del mondo, a volte in un clima di silenzio, non di rado silenzio complice, tanti cristiani sono emarginati, calunniati, discriminati, fatti oggetto di violenze anche mortali, spesso senza il doveroso impegno di chi potrebbe far rispettare i loro sacrosanti diritti». L’unica condotta della “buona battaglia” di cui parla Paolo, «è stata vivere per: non per se stesso, ma per Gesù e per gli altri». Per amore suo «ha vissuto le prove, le umiliazioni e le sofferenze, che non vanno mai cercate, ma accettate. E così, nel mistero del dolore offerto per amore, in questo mistero che tanti fratelli perseguitati, poveri e malati incarnano anche oggi, risplende la forza salvifica della croce di Gesù». L’ultima parola è “preghiera” che è rimedio contro l’isolamento e l’autosufficienza che conducono alla morte spirituale. «Quanto è urgente avere maestri di preghiera, che vivono la preghiera – ha aggiunto Francesco –. La preghiera è l’acqua indispensabile che nutre la speranza e fa crescere la fiducia, ci fa esù “cammina davanti a voi” e vi chiede di seguirlo decisamente sul- la sua via. Vi chiama a guardare la realtà, a non lasciarvi distrarre da altri interessi, da al- tre prospettive. Lui non vi ha chiamati a di- ventare “principi” nella Chiesa, a “sedere al- la sua destra o alla sua sinistra”. Vi chiama a servire come Lui e con Lui. A servire il Padre e i fratelli». Così il Papa si è rivolto mercoledì pomeriggio ai cinque cardinali creati durante il Concistoro nella basilica di San Pietro. Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako (Mali), Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona (Spagna), Anders Arborelius, carmelitano, ve- scovo di Stoccolma (Svezia), Louis–Marie Ling Mangkhanekhoun, vicario apostolico di Pak- sé (Laos) e Gregorio Rosa Chávez, ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador (El Salvador) hanno ricevuto la berretta, l’anello e ad es- si è stata assegnata una chiesa di Roma qua- le segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Papa nella città. A Zerbo il ti- tolo di Sant’Antonio da Padova in via Tusco- lana, ad Omella quello di Santa Croce in Ge- rusalemme, ad Arborelius il titolo di Santa Maria degli Angeli, a Mangkhanekhoun quel- lo di San Silvestro in Capite, infine a Chávez il titolo di Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi. L’annuncio della loro nomina era stato dato in occasione del Regina coeli del 21 maggio scorso. G « La celebrazione presieduta nella solennità dei santi Pietro e Paolo con la consegna dei pallii Il Papa: «Sui perseguitati un silenzio complice» sentire amati e ci permette di amare, ci permette di andare avanti nei momenti bui perché accende la luce di Dio». Al termine della celebrazione, alla quale ha partecipato anche una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli inviata da Bartolomeo I, il Papa ha consegnato i pallii agli arcivescovi metropoliti. Tra loro, l’unico italiano è monsignor Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina. Prima dell’Angelus il Papa ha definito Pietro e Paolo «due colonne» della Chiesa: «Entrambi hanno suggellato con il proprio sangue la testimonianza resa a Cristo con la predicazione e il servizio alla nascente comunità cristiana». Infine, la preghiera per Roma: «La bontà e la grazia del Signore sostenga tutto il popolo romano, perché viva in fraternità e concordia, facendo risplendere la fede cristiana, testimoniata con intrepido ardore dai santi Apostoli Pietro e Paolo». Chiesa diventa la fede stessa di Pietro. La roccia è l’alleanza stessa che Dio stabilisce con ciascuno di noi». E proprio nell’apostolo, De Donatis trova un modello di accoglienza. «Pietro professa la sua fede perché sa accogliere. Il verbo più importante per un cammino di fede è accogliere, accogliere il dono di una rivelazione – ha aggiunto –. Pietro è roccia perché in lui si rivela la solidità di Dio, che ha bisogno di manifestarsi nella storia, nei segni di cui continuiamo ad avere bisogno, perché la nostra vita non fugga in un mondo virtuale ma rimanga incarnata nelle dinamiche della storia». Infine, un richiamo alla testimonianza di Paolo, che «sa che la sua fede sostiene quella degli altri; allora anche a lui il Signore promette di essere roccia su cui gli altri troveranno fondamento e rifugio». Al termine della Messa, animata dal Coro della diocesi diretto da monsignor Marco Frisina, i fedeli hanno salutato con un lungo applauso De Donatis, che ha concluso la celebrazione con una preghiera per la città. Il Concistoro per 5 nuovi porporati L’arcivescovo Angelo De Donatis, nuovo vicario del Papa per la diocesi di Roma ROMA SETTE On line su www.romasette.it facebook.com/romasette twitter.com/romasette Supplemento di Avvenire - Responsabile: Angelo Zema Coordinamento redazionale: Giulia Rocchi Sede: Piazza San Giovanni in Laterano 6a 00184 Roma; [email protected] Tel. 06 6988.6150/6478 - Fax 06.69886491 Abbonamento annuo euro 62,00 C. Corr. Postale n. 6270 intestato a Avvenire - Nei Spa Direzione vendite - Piazza Indipendenza 11/B 00185 Roma - Tel. 06.68823250 - Fax 06.68823209 Pubblicità: Publicinque Roma - Tel. 06.3722871 uando Abramo fu chiamato aveva più o meno la nostra età, stava per andare in pensione, per ri- posarsi… Un uomo anziano con il peso della vec- chiaia, quella vecchiaia che porta i dolori, le ma- lattie», e invece, «come se fosse un giovanotto, come se fos- se uno scout: alzati, vai, guarda, spera». Lo ha detto il Papa nell’omelia della concelebrazione eucaristica presieduta mar- tedì nella Cappella Paolina del Palazzo Apostolico e concele- brata con i cardinali presenti a Roma in occasione del suo 25° di ordinazione episcopale. Nell’omelia pronunciata inte- ramente a braccio, il Pontefice ha affermato: «Questa parola di Dio è anche per noi che abbia- mo un’età come quella di A- bramo più o meno». Il Signore «ci dice che non è l’ora di met- tere la nostra vita in chiusura; di non compendiare la nostra storia, ci dice che è aperta fino alla fine, aperta con una mis- sione e con questi tre imperati- vi ce la indica». «Qualcuno che non ci vuole bene – scandisce Francesco – dice di noi che siamo la gerontocrazia della Chiesa: è una beffa, non capisce quello che dice. Noi non siamo geronti, siamo dei nonni, e se non sentiamo questo dobbiamo chiedere la grazia di sentirlo, dei nonni ai quali i nostri nipotini guardano. Dobbiamo dare loro il senso del- la vita con la nostra esperienza». Nonni «non chiusi nella malinconia ma aperti: per noi questo alzati, guarda, spera, si chiama sognare. Del nostro sogno la gioventù di oggi ha bi- sogno perché loro prenderanno dai nostri sogni la forza di pro- fetizzare e portare avanti il no- stro compito. «Questo – conclude il Papa – è quello che oggi il Signore ci chie- de: di avere la vitalità di dare ai giovani che ci aspettano, di non chiudersi. I giovani aspettano dalla nostra esperienza, dai no- stri sogni positivi per portare a- vanti la profezia e il lavoro. Chie- do al Signore per tutti noi che ci dia questa grazia, la grazia di es- sere nonni, la grazia di sognare e dare questo sogno ai nostri gio- vani, ne hanno bisogno». Q « «Alzarsi, guardare e sperare», l’invito ai cardinali La Messa di Francesco per i 25 anni di episcopato Sopra e a sinistra tre immagini della celebrazione presieduta giovedì mattina dal Papa sul sagrato della basilica di San Pietro Anno XLIV – Numero 26 Domenica 2 luglio 2017

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De Donatis: «Roma abbia credenti autentici»

DI FILIPPO PASSANTINO

uesta nostra città possaavere presenze di credentiautentici che diventinoroccia su cui gli altri

possano poggiare la loro fede». È ilprimo incoraggiamento rivolto aifedeli della diocesi di Roma dalnuovo vicario del Papa, l’arcivescovoAngelo De Donatis, che ha presiedutoa San Giovanni in Laterano giovedì,nella solennità dei santi Pietro ePaolo, la sua prima Messa capitolare

da arciprete della basilica. Aconcelebrarla, tra gli altri, ilvicegerente Filippo Iannone, ilvescovo ausiliare per il settore Centro,Gianrico Ruzza, e il vescovo LucaBrandolini, vicario dell’arciprete diSan Giovanni in Laterano. Il nuovoincarico di De Donatis, che succede alcardinale Agostino Vallini comevicario generale, è cominciato proprionella festa degli apostoli patroni diRoma (la nomina risale al 26 maggioscorso). Al suo fianco tanti sacerdoti,che il presule ha avuto modo diseguire durante il suo ministero divescovo ausiliare per la cura del clero.Ad accogliere l’arcivescovo è stato ilcanonico monsignor Luis Duval,decano del Capitolo della basilicalateranense: «Tutti quelli che laconoscono hanno accolto la suanomina con grande gioia e l’hannosaputa comunicare a quelli, come me,che non avevano avuto l’onore di

incontrarla. Lei – ha dettorivolgendosi a De Donatis – è ilbenvenuto. Tutto il Capitolo nonchiede altro che collaborare con leiper fare di questa basilica un luogo incui i numerosissimi visitatori epellegrini possano incontrare ilSignore, la pace dell’anima e la forzadi servire i fratelli». «Le vostrepreghiere so che non mancheranno eso che mi sostengono», ha dettol’arcivescovo rivolgendosi al clero, aitanti religiosi e ai fedeli presenti nellacattedrale di Roma, molti dei quali lohanno accompagnato nei diversiincarichi che ha ricoperto. L’omelia èstata incentrata sul brano del Vangelodel giorno. «La nostra fede puòdiventare pietra su cui può fondarsi lafede degli altri. È Dio la roccia su cuipoggiare il piede per non vacillare»,ha detto il presule, che ha richiamatoil brano che conclude il discorso dellamontagna, nel Vangelo di Matteo:«Gesù propone la metafora della casae dei due costruttori, l’uomo saggioedifica sulla roccia se ascolta le paroledi Gesù e le mette in pratica. Allora lacasa regge. Roccia su cui si edifica la

La prima Messa capitolarepresieduta giovedì dal nuovovicario di Roma e arcipretedi San Giovanni in Laterano«La nostra vita resti incarnatanelle dinamiche della storia»

DI CHRISTIAN GIORGIO

a voi, chi dite che io sia?». Ladomanda che Gesù pose ai suoidiscepoli attraversa i millenni,

viva e scomoda, e riecheggia sulle labbra delsuccessore di quel Pietro che riconobbe ilCristo come «Figlio del Dio vivente».Francesco rivolge la stessa domanda aicardinali che hanno partecipato alConcistoro per la creazione di 5 nuoviporporati e ai 36 nuovi arcivescovimetropoliti nominati nell’ultimo anno, per iquali – nella solennità dei santi Pietro ePaolo – ha benedetto i pallii, le stole di lanabianca che simboleggiano la pecora sullespalle di Gesù Buon Pastore. Non c’èastrazione nelle parole del Papa, masituazioni concrete che mettono indiscussione la vita del cristiano. Gesù ciguarda negli occhi e ci pone quella domanda,potentissima. Come a dire: «Sono ancora io ilSignore della tua vita, la direzione del tuocuore, la ragione della tua speranza, la tuafiducia incrollabile?». Ecco quindil’importanza di «confessare Gesù Signoredella propria vita». È la prima di tre paroleche Francesco sottolinea nell’omelia dellaMessa presieduta in piazza San Pietro. «Chiconfessa Gesù sa che non è tenuto soltanto adare pareri», come fanno i «cristiani dasalotto, che chiacchierano su come vanno lecose nella Chiesa e nel mondo», «ma a darela vita», non può credere «in modo tiepido,

M«ma è chiamato a “bruciare” per amore; sa chenella vita non può “galleggiare” o adagiarsinel benessere, ma deve rischiare di prendere illargo, rilanciando ogni giorno il dono di sé.Chi confessa Gesù fa come Pietro e Paolo: losegue fino alla fine; non fino a un certopunto, e lo segue sulla sua via, non sullenostre vie. La sua via è la via della vita nuova,della gioia e della risurrezione, la via chepassa anche attraverso la croce e lepersecuzioni». Certo, è necessario sopportareil male, sottolinea Francesco, che non vuoldire solamente «avere pazienza e tirare avanticon rassegnazione; sopportare è imitareGesù. È accettare la croce, andando avanticon fiducia perché non siamo soli: il Signorecrocifisso e risorto è con noi. Così con Paolopossiamo dire che “in tutto siamo tribolati,ma non schiacciati; sconvolti, ma nondisperati; perseguitati, ma nonabbandonati”». E “persecuzione” è laseconda parola illuminata dal Papa. Come aitempi di Paolo, ha ricordato Francesco,«anche oggi in varie parti del mondo, a voltein un clima di silenzio, non di rado silenziocomplice, tanti cristiani sono emarginati,calunniati, discriminati, fatti oggetto diviolenze anche mortali, spesso senza ildoveroso impegno di chi potrebbe farrispettare i loro sacrosanti diritti». L’unicacondotta della “buona battaglia” di cui parlaPaolo, «è stata vivere per: non per se stesso,ma per Gesù e per gli altri». Per amore suo«ha vissuto le prove, le umiliazioni e le

sofferenze, che nonvanno mai cercate, maaccettate. E così, nelmistero del dolore offertoper amore, in questomistero che tanti fratelliperseguitati, poveri emalati incarnano ancheoggi, risplende la forzasalvifica della croce diGesù». L’ultima parola è“preghiera” che è rimediocontro l’isolamento el’autosufficienza checonducono alla mortespirituale. «Quanto èurgente avere maestri dipreghiera, che vivono lapreghiera – ha aggiuntoFrancesco –. La preghieraè l’acqua indispensabileche nutre la speranza e facrescere la fiducia, ci fa

esù “cammina davanti a voi” e vichiede di seguirlo decisamente sul-

la sua via. Vi chiama a guardare la realtà, anon lasciarvi distrarre da altri interessi, da al-tre prospettive. Lui non vi ha chiamati a di-ventare “principi” nella Chiesa, a “sedere al-la sua destra o alla sua sinistra”. Vi chiama aservire come Lui e con Lui. A servire il Padree i fratelli». Così il Papa si è rivolto mercoledìpomeriggio ai cinque cardinali creati duranteil Concistoro nella basilica di San Pietro.Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako (Mali),Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona(Spagna), Anders Arborelius, carmelitano, ve-scovo di Stoccolma (Svezia), Louis–Marie LingMangkhanekhoun, vicario apostolico di Pak-

sé (Laos) e Gregorio Rosa Chávez, ausiliaredell’arcidiocesi di San Salvador (El Salvador)hanno ricevuto la berretta, l’anello e ad es-si è stata assegnata una chiesa di Roma qua-le segno di partecipazione alla sollecitudinepastorale del Papa nella città. A Zerbo il ti-tolo di Sant’Antonio da Padova in via Tusco-lana, ad Omella quello di Santa Croce in Ge-rusalemme, ad Arborelius il titolo di SantaMaria degli Angeli, a Mangkhanekhoun quel-lo di San Silvestro in Capite, infine a Chávezil titolo di Santissimo Sacramento a Tor de’Schiavi. L’annuncio della loro nomina era stato datoin occasione del Regina coeli del 21 maggioscorso.

La celebrazione presieduta nella solennità dei santi Pietro e Paolo con la consegna dei pallii

Il Papa: «Sui perseguitatiun silenzio complice»

sentire amati e ci permette di amare, cipermette di andare avanti nei momenti buiperché accende la luce di Dio». Al terminedella celebrazione, alla quale ha partecipatoanche una delegazione del Patriarcatoecumenico di Costantinopoli inviata daBartolomeo I, il Papa ha consegnato i palliiagli arcivescovi metropoliti. Tra loro, l’unicoitaliano è monsignor Giovanni Accolla,arcivescovo di Messina. Prima dell’Angelus ilPapa ha definito Pietro e Paolo «duecolonne» della Chiesa: «Entrambi hannosuggellato con il proprio sangue latestimonianza resa a Cristo con lapredicazione e il servizio alla nascentecomunità cristiana». Infine, la preghiera perRoma: «La bontà e la grazia del Signoresostenga tutto il popolo romano, perché vivain fraternità e concordia, facendo risplenderela fede cristiana, testimoniata con intrepidoardore dai santi Apostoli Pietro e Paolo».

Chiesa diventa la fede stessa di Pietro.La roccia è l’alleanza stessa che Diostabilisce con ciascuno di noi». Eproprio nell’apostolo, De Donatistrova un modello di accoglienza.«Pietro professa la sua fede perché saaccogliere. Il verbo più importanteper un cammino di fede è accogliere,accogliere il dono di una rivelazione– ha aggiunto –. Pietro è rocciaperché in lui si rivela la solidità diDio, che ha bisogno di manifestarsinella storia, nei segni di cuicontinuiamo ad avere bisogno,perché la nostra vita non fugga in unmondo virtuale ma rimanga incarnatanelle dinamiche della storia». Infine,un richiamo alla testimonianza diPaolo, che «sa che la sua fede sostienequella degli altri; allora anche a lui ilSignore promette di essere roccia sucui gli altri troveranno fondamento erifugio». Al termine della Messa,animata dal Coro della diocesi direttoda monsignor Marco Frisina, i fedelihanno salutato con un lungoapplauso De Donatis, che haconcluso la celebrazione con unapreghiera per la città.

Il Concistoro per 5 nuovi porporati

L’arcivescovo Angelo De Donatis, nuovo vicario del Papa per la diocesi di Roma

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uando Abramo fu chiamato aveva più o meno lanostra età, stava per andare in pensione, per ri-posarsi… Un uomo anziano con il peso della vec-chiaia, quella vecchiaia che porta i dolori, le ma-

lattie», e invece, «come se fosse un giovanotto, come se fos-se uno scout: alzati, vai, guarda, spera». Lo ha detto il Papanell’omelia della concelebrazione eucaristica presieduta mar-tedì nella Cappella Paolina delPalazzo Apostolico e concele-brata con i cardinali presenti aRoma in occasione del suo 25°di ordinazione episcopale.Nell’omelia pronunciata inte-ramente a braccio, il Ponteficeha affermato: «Questa parola diDio è anche per noi che abbia-mo un’età come quella di A-bramo più o meno». Il Signore«ci dice che non è l’ora di met-tere la nostra vita in chiusura;di non compendiare la nostrastoria, ci dice che è aperta finoalla fine, aperta con una mis-sione e con questi tre imperati-vi ce la indica». «Qualcuno chenon ci vuole bene – scandisce

Francesco – dice di noi che siamo la gerontocrazia dellaChiesa: è una beffa, non capisce quello che dice. Noi nonsiamo geronti, siamo dei nonni, e se non sentiamo questodobbiamo chiedere la grazia di sentirlo, dei nonni ai qualii nostri nipotini guardano. Dobbiamo dare loro il senso del-la vita con la nostra esperienza». Nonni «non chiusi nellamalinconia ma aperti: per noi questo alzati, guarda, spera,

si chiama sognare. Del nostrosogno la gioventù di oggi ha bi-sogno perché loro prenderannodai nostri sogni la forza di pro-fetizzare e portare avanti il no-stro compito.«Questo – conclude il Papa – èquello che oggi il Signore ci chie-de: di avere la vitalità di dare aigiovani che ci aspettano, di nonchiudersi. I giovani aspettanodalla nostra esperienza, dai no-stri sogni positivi per portare a-vanti la profezia e il lavoro. Chie-do al Signore per tutti noi che cidia questa grazia, la grazia di es-sere nonni, la grazia di sognaree dare questo sogno ai nostri gio-vani, ne hanno bisogno».

«Alzarsi, guardare e sperare», l’invito ai cardinaliLa Messa di Francesco per i 25 anni di episcopato

Sopra e a sinistra tre immagini della celebrazione presieduta giovedì mattina dal Papa sul sagrato della basilica di San Pietro

Anno XLIV – Numero 26 Domenica 2 luglio 2017

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Quella salda passioneper il Vangelo e l’uomo

13 marzo 2013, sulla loggiaaccanto al Pontefice appena eletto

immagine, quel 13 marzo del 2013,fece il giro del mondo. Accanto al

cardinale argentino Jorge Mario Bergo-glio, eletto nel Conclave al soglio di Pie-tro, che si affacciava alla loggia centraledella basilica di San Pietro per salutaree benedire le migliaia di persone assie-pate in piazza San Pietro, altri due car-dinali: il suo amico Claudio Hummes,francescano, brasiliano, e il vicario di Ro-ma, Agostino Vallini.«È stato il Papa personalmente che miha fatto chiamare – disse Vallini pocheore dopo l’elezione di Francesco ad Av-venire – e mi ha chiesto se potevo ac-compagnarlo alla Loggia delle Benedi-zioni. Naturalmente ho capito subito cheera un grande privilegio. È stata un’e-sperienza che ho vissuto con molta com-mozione e anche come un grande ono-re. Papa Francesco mi ha detto con sem-plicità: “Io sono il nuovo vescovo di Ro-ma, Lei è il mio vicario, quindi è bene che

’L mi sia vicino”. Mi sono commosso per-ché sapevo che c’erano tanti romani».Un riferimento recente al Conclave chelo ha eletto – e a Vallini in particolare –è stato fatto nel febbraio scorso da Fran-cesco, durante il dialogo con i bambininella parrocchia di Santa Maria Josefadel Cuore di Gesù. «Perché sei diventatoPapa?», gli aveva chiesto Alessandro, conquello stile diretto che sanno avere ibambini. «Perché ci sono i “colpevoli” –aveva risposto Bergoglio –. Uno dei col-pevoli è questo (indicando il cardinaleVallini)». I bambini erano scoppiati a ri-dere e Francesco aveva spiegato, anchecon qualche battuta, come avviene l’e-lezione di un Pontefice, tornando poi acitare il suo vicario. «Chi sono quelli cheeleggono il Papa? Pensate bene: chi so-no? (“I cardinali”) I cardinali. E don Ago-stino (Vallini) è un cardinale, è il vicariodi Roma, e lui era tra quei 115 che era-no riuniti per eleggere il Papa».

Nel primo messaggio a Roma ci fu il riferimentoal Sinodo diocesano. L’impegno per i poverie il dialogo con la realtà civile. Un’attenzione in lineacon la “Chiesa in uscita” auspicata da Francesco

La prima visita nel 2008: l’incontrocon le donne vittime della tratta

n gesto significativo, eloquente: l’incontro conalcune donne vittime della tratta e alcune

mamme con bambini in difficoltà. Fu quella la primavisita, la prima “uscita” romana del cardinale Vallinicome nuovo vicario del Papa per la diocesi (dopo unincontro con i sacerdoti a Rocca di Mezzo). Visitaprivata, senza clamori. Erano passati appena undicigiorni dal suo insediamento. Segno di un’attenzioneagli ultimi che ha poi caratterizzato tutti i nove annidel suo ministero pastorale di vicario, portando aRoma quella vicinanza ai poveri che aveva giàcontraddistinto il suo impegno alla guida della diocesidi Albano e prima ancora da ausiliare a Napoli.L’incontro dell’8 luglio 2008 avvenne in una strutturaprotetta della Caritas diocesana, nel quadranteorientale della città. Un momento semplice, fatto diascolto delle storie delle donne ospiti della casa e diaffetto per i piccoli presenti. «Tenevo molto acominciare il mio servizio di collaborazione con ilPapa da un luogo dove regna come legge l’amore»,disse Vallini. E, rivolto alle donne, aggiunse: «Nonbisogna scoraggiarsi. Bisogna essere amici di Gesùperché così si è più forti».

U

a “Lettera alla città”, presentata a San Giovanniin Laterano il 5 novembre 2015, è firmata dal

cardinale Vallini insieme al Consiglio pastoralediocesano. Vede quindi il coinvolgimento dei laicidella Chiesa di Roma ma di fatto esprime con forzail “sentire” del cardinale e la sua preoccupazioneper una città travolta dagli scandali dell’inchiesta“mafia capitale”, colpita da un’«anemia spirituale»– parole che Vallini ripeterà più volte perrilanciare l’allarme – e oltraggiata da un degrado eda un disagio della popolazione a livelliintollerabili. La “Lettera” entra nel vivo deiproblemi di Roma con l’intento di «condividernegli affanni». Si parla di corruzione, impoverimentourbanistico e ambientale, crisi economica, sfiducianelle istituzioni, tensioni sociali. Mettendo in luceperò le «molte risorse civili e religiose della città,meravigliosi talenti per svilupparsi come luogo diincontro, di dialogo, di promozione della crescitaintegrale della persona». Cinque le sfide indicatenel documento: vecchie e nuove povertà;accoglienza e integrazione; educazione;comunicazione; formazione della classe dirigente.«La Chiesa di Roma», viene sottolineato per quantoriguarda l’ambito della comunicazione, «intendeessere presente nell’agorà dei media, offrendo lasua voce e il suo punto di vista». Mentre perl’aspetto politico, l’invito è a «costruire adeguaticammini di formazione pre–politica aperti a tutti,particolarmente alle migliori energie giovanili».«La Chiesa di Roma – conclude la “Lettera” – vuolefermarsi, inginocchiarsi e offrire il proprio aiutodavanti alle sofferenze degli uomini. Roma haurgente bisogno di questo “supplemento d’anima”per essere all’altezza della sua vocazione e dellenostre attese di speranza». Nei mesi successivi, e

fino agli ultimi giornidel suo ministerocome vicario diRoma, Vallini ètornato spesso suicontenuti della“Lettera alla città”,anche in incontri aporte chiuse conrappresentanti delleistituzioni, delmondo accademico,culturale, educativo,della comunicazionee di altri settori dellasocietà civile, avendocome orizzonte latutela della dignitàdell’uomo el’attenzione ai piùpoveri. «Un appello –è il senso della“Lettera” – affinchétutti gli uomini dibuona volontàcollaborino peredificare il benecomune». Alla vitadella città eradedicato anche ilconvegno del 2014

con i responsabili delle aggregazioni ecclesiali e diispirazione cristiana, da cui hanno preso avvio ilrilancio dell’impegno diocesano di animazionecristiana degli ambienti di vita (partito inoccasione della Missione cittadina pre–Giubileodel 2000) e la costituzione dell’«Osservatorio sullacittà», guidato dal cardinale, per accompagnare lapastorale di ambiente. Solo nell’ultimo anno ilcardinale ha guidato momenti di riflessione concirca ottocento uomini e donne impiegati in varisettori: università, scuola, sanità, istituzioni,comunicazione, attività produttive, settoreeconomico–finanziario, sport, beni culturali eturismo. Tra gli ultimi appuntamenti, quello del 4marzo scorso con gli uomini e le donne dellepubbliche istituzioni. «Dobbiamo riappropriarci dialcuni punti che non sono negoziabili – ha dettotra l’altro Vallini –, la vita è vita, un diritto naturaleed è ancora un valore. Dobbiamo avere il coraggiodi portare avanti con umiltà e senza integralismole idee motivate, pensate e riflettute». Nel solcodel dialogo con la città vale la pena ricordareanche i “Dialoghi in cattedrale” con personalitàdella Chiesa e della cultura, promossi dal 2012,che hanno ripreso l’iniziativa avviata da Ruini allafine degli anni ‘90 in preparazione al Giubileo del2000: tra i nomi, Andreoli, Betori, de Bortoli,Fitoussi, Navarro–Valls e Rupnik. (A. Z.)

L

La «Lettera alla città»appello di speranza

DI ANGELO ZEMA

ono motivo di consolazione e di fiducia lacoerenza e la

testimonianza di vita cristiana e lapartecipazione alla missioneecclesiale di tanti fedeli, fa pensareed impegna sul piano pastorale laconstatazione che oggi tantibattezzati e quanti non hannoancora ricevuto il Vangelo, hannobisogno che venga loro annunciatoGesù Cristo, offrendo a loro

S«l’opportunità di riscoprire le ragioniaffascinanti della fede biblica e lagioia di viverla». Iniziò così noveanni fa, con la manifestazione diun impegno per l’annuncio delVangelo e la consapevolezza dellafede di un popolo in cammino, ilministero pastorale del cardinaleAgostino Vallini come vicario delPapa per la diocesi di Roma. Era il27 giugno 2008, un venerdì, equeste erano tra le parole cherivolse nell’indirizzo di omaggio aBenedetto XVI, che l’aveva appenanominato all’importante incaricodi suo primo collaboratore per laChiesa di Roma. Il giornosuccessivo, solennità dei santiPietro e Paolo, il suo primomessaggio alla città, con ilriferimento al Sinodo diocesano(che costituirà una bussola per glianni di Vallini a Roma) e unachiara dichiarazione di intenti: «Misento vicino, amico e alleato diogni persona nella promozione enella difesa dei diritti fondamentalie della dignità di ciascuno». Conl’impegno a cooperare «allo sforzoper rendere più bello, più umano epiù fraterno, il volto di questanostra città» auspicato pochi giorniprima da Benedetto XVI. Il primoatto va proprio in questa direzione:la visita – privata, senza clamori – auna casa famiglia per donne vittimedella tratta, uno dei fenomeni a cuiVallini ha prestato più attenzione inquesti anni. «Saremo giudicati suun numero – esclama –. Matteo,25. Vale la carità che avremoavuto». Un segnale eloquente cheaffianca la salda passione per ilVangelo a quella per l’uomo, inparticolare i più deboli, i poveri, gliemarginati. Due passioni cheinevitabilmente si tengono insieme.Ne sono testimonianza la serie divisite a ospedali e case di cura della

Capitale, gli incontri con i detenutidei penitenziari romani (uno deiprimi è con i ragazzi di Casal delMarmo, nel luglio 2008), gli appelliper l’accoglienza ai profughi, maanche – forse la cifra principaledell’impegno di Vallini per i poveri– l’attenzione per i rom,manifestata in molte visite ai campidislocati nelle aree periferiche dellaCapitale e in una vicinanzapersonale mai sbandierata. Non sipuò dimenticare l’intervento sutanti casi di cronaca che hannofunestato Roma in questi anni, connumerosi appelli alla speranza, allacollaborazione tra realtà educative,all’impegno delle istituzioni,proprio nella direzione di quello«sforzo per rendere più bello, piùumano e più fraterno il volto diquesta nostra città» che avevaauspicato nel giorno della suanomina. Del resto, è a questoobiettivo che mira il documentocertamente più significativo deinove anni trascorsi da Vallininell’ufficio di vicario del Papa: la“Lettera alla città” presentata a SanGiovanni in Laterano il 5 novembre2015 (articolo in questa pagina). Undocumento firmato insieme alConsiglio pastorale diocesano. Conun appello arrivato pochesettimane prima dell’apertura delGiubileo straordinario dellaMisericordia, vissuto a Roma conun’attenzione a tutte le componentidella comunità ecclesiale e nelsolco delle indicazioni proposte dapapa Francesco. Numerose leiniziative promosse dai vari Ufficidiocesani e presentate nella guida“Misericordiosi verso il Padre”(messa a punto dal Comitatodiocesano per il Giubileo). Spetta aVallini chiudere la Porta Santa dellacattedrale di Roma, il 13 novembre2016, e in quell’occasione indica

come «frutto dell’Anno Santol’impegno ad accrescere la nostraattenzione, la nostra cura epremura verso i sofferenti e ipoveri». Un’attenzione – in lineacon la “Chiesa in uscita” auspicatada Francesco – allargata negli annialle nuove povertà legate afenomeni emergenti, come la piagadel gioco d’azzardo con le suedevastanti conseguenze: ecco allorala partecipazione di Vallini alloslot–mob davanti alla più grandesala slot d’Europa, a piazza Re diRoma, nel quartiere Appio. Unsegnale di vicinanza alle famiglie,che entra con decisione nella vitadella città e dei suoi problemi.Vallini ha voluto sottolineare iprincipali contenuti dell’impegnodi questi anni nel volumetto “UnaChiesa in cammino…” che allavigilia del Natale 2016 ha fattodistribuire alle parrocchie e alpersonale del Vicariato. Un segno aconclusione del Giubileo, cheraccoglie le linee essenziali delprogetto pastorale a partire dal2008, ne scandisce le tappe (iConvegni diocesani su Eucaristia,testimonianza della carità,pastorale battesimale, iniziazionecristiana, attuazione dell’Amorislaetitia) e traccia degli auspici per ilfuturo. «Il progetto pastorale diimpronta missionaria della Chiesadi Roma camminerà nella misurain cui la Diocesi, con audaciaprofetica, svilupperà passionepastorale e formazione adeguatadei presbiteri, consacrati e laici».Un appello in linea con quello cherivolse per il futuro di Roma allapresentazione della “Lettera allacittà”: «Assumiamo con coraggio ilcompito di trasmettere a giovanil’eredità di una Roma migliore,superando il pessimismo e larassegnazione».

L’invito a fine Giubileo: «Curare le ferite dei poveri è dovere di tutti»

13 novembre2016, ilcardinaleVallini chiudela Porta Santadi S. Giovanniin Laterano

accogliere l’impegno adaccrescere la nostraattenzione, la nostra cura

e premura verso i sofferenti e ipoveri: farsi prossimi, accorgersidi chi soffre, interessarsi,impegnarsi a fare quanto ci èpossibile per aiutare, sollevare,consolare». È la consegna delGiubileo straordinario dellaMisericordia secondo il cardinaleAgostino Vallini, in occasionedella celebrazione per la chiusuradella Porta Santa della basilica diSan Giovanni in Laterano. Era il13 novembre del 2016. UnGiubileo vissuto personalmenteda Vallini in tanti momentisignificativi e guidato nelladiocesi attraverso le iniziativemesse a punto dal Comitatodiocesano da lui presieduto. Oltre

R« alle Porte Sante delle basilichepapali, a Roma c’era quella delsantuario del Divino Amore, laTorre del primo miracolo. E poi,le porte speciali delle “periferie”,da quella dell’ostello della Caritasdiocesana intitolato a Don LuigiDi Liegro, in via Marsala(stazione Termini), a quelle degliospedali e delle case di cura, ealle celle dei penitenziari, comeper espressa volontà del Papa.Parte numerosa di quel «popolodei sofferenti» che a Roma è«ormai così visibile e numerosonei nostri palazzi, quartieri,parrocchie», ha detto Vallininell’omelia di quel 13 novembre,e che «ci appartiene, ce lo halasciato il Signore». A loro, hasottolineato, sono dedicate lecure e i servizi della «nostra

Caritas diocesana, le Caritasparrocchiali e tante altre generoseassociazioni ecclesiali e divolontariato», ma «curare le feritedei poveri, lenirle con l’olio dellaconsolazione, fasciarle con lasolidarietà e l’attenzione dovuta èdovere di tutti, secondo lepossibilità di ciascuno». Perquesto, ha concluso Vallini,«impegniamoci a non rimanereindifferenti». Poi l’appello finale,a suggello dell’Anno Santo dellaMisericordia: «Risvegliamo lanostra coscienza davanti alle penedi tante famiglie che ci vivonoaccanto, e testimoniamo in unasocietà sempre più cinica chel’unica realizzazione della vita stanel donare amore e viveresecondo giustizia le nostrerelazioni umane».

Nelle foto in pagina, tutte di CristianGennari, alcuni momenti significatividei nove anni in cui il cardinale Valliniha ricoperto l’incarico di vicariodel Papa per la diocesi di Roma

Una panoramicasui nove annidi ministero delcardinale Vallini

da vicario del Papaper la diocesi,conclusi mercoledì28 giugno 2017

La Lettera alla città

La consegna dell’AnnoSanto della Misericordianell’omelia pronunciataalla celebrazione per lachiusura della Porta Santadella basilica Lateranense

Il documentopresentato nelnovembre 2015in cattedralecon cinque sfideper l’Urbe,a cominciaredalle povertàe dall’accoglienza

il gesto

13 maggio 2014, il cardinale Vallini festeggia 50 anni di sacerdozio

18 luglio 2013, la visita al campo rom di via Candoni

2 Domenica2 luglio 2017SpecialeSpeciale

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Page 3: redazione@romasette.it Il Papa: «Sui perseguitati un silenzio … · in occasione del Regina coelidel 21 maggio scorso. «G La celebrazione presieduta nella solennità dei santi

DI ALBERTO COLAIACOMO

n faro che illumina, un luogodi riferimento, dove lacomunità possa respirare

un’umanità vera, un’umanità bella».Così il cardinale Agostino Vallini hadescritto il centro di accoglienza “SantaBakhita” della Caritas di Romavisitandolo nei giorni scorsi. Lastruttura, che ospita donne e mammecon bambini richiedenti asilo e rifugiate,si trova ad Acilia ed è attiva da pochesettimane nei locali che in precedenzaospitavano la casa di riposo “Giovanni

XXIII”. Ad accompagnare il porporato,oltre a monsignor Enrico Feroci,direttore della Caritas diocesana, anche iparroci della zona, padre GregorioSosnowski, di San Maurizio martire, epadre Paolo Maiello, di San Leonardoda Porto Maurizio. Attualmente, ilcentro – inserito nell’ambito deiprogrammi del Servizio di protezioneper richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)del Comune di Roma – ospita trentadonne somale, nigeriane, cinesi econgolesi. Altre venti, in questo casomamme con bambini piccoli al seguito,arriveranno nelle prossime settimane.Oltre agli operatori della Caritas, nellastruttura operano le suore dellacongregazione Ancelle del Signore enumerosi volontari. Insieme all’edificioprincipale, che si sviluppa su due piani enel quale le ospiti dimorano, vi sononumerosi spazi per promuovere attivitàdi integrazione e di inserimento socio–

lavorativo: scuola di italiano, laboratoridi cucito e di teatro, piccoli orti urbani,giardini per attività ludiche. È stato ilcardinale Vallini, durante la sua visita, abenedire la nuova cappella dedicata a“Santa Bakhita”. Nel corso dell’incontro,il porporato ha spiegato come «sei mesifa, quando qui c’era una residenza peranziani della diocesi la cui gestione eramolto problematica, neancheimmaginavamo che questo luogopotesse rinascere così bello». Il cardinaleha poi raccontato: «Ho sentito lanecessità di destinare quest’opera allacarità, un progetto destinato alle donneche hanno bisogno di trovare il calore diuna famiglia. Loro, che hanno provatogià tante sofferenze pur essendogiovanissime, in questo luogo vengonoaccolte e amate». Parlando della nuovacappella, affidata alla cura dellereligiose, Vallini ha detto che «siamoagli inizi del progetto, per questo

vogliamo che questa cappella, dedicataa santa Bakhita – che nel Sud Sudan hadifeso gli schiavi con la sua vita, la suatestimonianza e il suo amore – diventi ilcuore della casa. Un angolo dove leragazze ospiti, gli operatori, i volontari eanche i gruppi della vicina parrocchia,possono venire a pregare, a riversare allaMadonna e a santa Bakhita le pene, lesperanze, i progetti. Un luogo – hacontinuato Vallini rivolgendosi allegiovani ospiti – anche dove poterringraziare il Signore dell’opportunità divivere qui, perché in questa casa poteterisanare le ferite che avete ingiustamentesubito. Per quello che è dipeso da noi,dagli uomini e dalla città, io sento dichiedervi perdono». Infine l’augurio«che questa casa possa essere un faro, dacui parte la luce del bene, del rispetto,della giustizia, della promozionedell’uomo, della difesa della donna datutte le forme di schiavitù».

Vallini:continueròla missionepregando

La celebrazione a San Giovanni per i giubileisacerdotali, l’ultima da arciprete della basilica«Annunciare Cristo con coraggio». Tra i pretimonsignor Scipioni, 98 anni, presbitero da 75

Pubblichiamo la lettera che il cardinaleAgostino Vallini ha inviato ai sacerdoti delladiocesi d Roma lunedì scorso, prima dicongedarsi dal suo ufficio di vicario del Papa.

ari confratelli, al termine del mio mandato divicario del Santo Padre per la diocesi

di Roma mi è caro rivolgere a tutti voi unfraterno saluto e un sentito ringraziamentoper l’affetto fraterno che mi avete concessoe la generosa cooperazione nell’eserciziodel mio ministero episcopale. Ho potutoringraziare personalmente molti di voi,che ho incontrato nelle scorse settimane inVicariato o in altri luoghi, ma desideroesprimere la mia gratitudine anche conquesto piccolo messaggio che confidopossa giungere a tutti. Considero unagrazia ed un onore aver servito in questianni la Chiesa di Roma e la città, chiamatodalla fiducia di Papa Benedetto e poi diPapa Francesco, ai quali rinnovo il miodevoto ringraziamento. Ho avvertito che lagrande responsabilità che mi è stataaffidata ho potuto esercitarla grazie al fattodi averla condivisa quotidianamente con ifratelli vescovi, monsignor vicegerente, gliausiliari, e tutti voi sacerdoti. A ciascuno ea tutti il mio profondo e fraterno grazie.Nel corso di questi anni sono rimastoammirato per la testimonianza di vita e difedeltà al Signore e per la generosadedizione del clero romano. Certo, il

C

tempo complesso che viviamo chiede anoi pastori uno sguardo lungimirante difede ed un rinnovato coraggio di creativitàpastorale per affrontare le sfide cheabbiamo davanti e per rispondere aibisogni spirituali delle famiglie e dellepersone, vicine e lontane, che guardanoalla Chiesa con speranza. Il progettopastorale che abbiamo costruito insieme,in obbedienza agli orientamenti e alledeterminazioni del Sinodo diocesano deglianni ’90, ha messo al primo postol’urgenza di individuare vie nuove perriproporre il Vangelo e suscitare la fede,fondamento della vita cristiana, e percostruire comunità ecclesiali coscienti etestimonianti. Sono convinto che le sceltepastorali che abbiamo fatto nei convegniannuali, portate avanti con pazienza etenacia, daranno i frutti desiderati.Andiamo avanti dunque con fiducia eletizia, certi dell’azione potente delloSpirito Santo che anima e vivifica laChiesa. Al carissimo fratello S. E.Monsignor Angelo De Donatis, nuovovicario, formulo gli auguri più cordiali diun buon servizio e gli assicuro lavicinanza, la stima e la preghiera.Ricordatemi al Signore nella vostrapreghiera, come anche io mi impegno afare ogni giorno per ciascuno di voi e perle vostre comunità.Con affetto fraterno.

cardinale Agostino Vallini

La visita alla struttura Caritasdi Acilia, che ospita donnecon bambini richiedenti asiloe rifugiate. Benedetta la cappella

Centro Bakhita, «faro che illumina un’umanità vera»

DI MICHELA ALTOVITI

na chiesa di legno che dia vitaalla Chiesa di cuore. È l’augurioche il cardinale Agostino Vallini

ha riservato domenica ai parrocchianidi Sant’Agostino vescovo, a Stagni diOstia, nel corso della celebrazionepresieduta per la benedizione dellanuova sede provvisoria. «Con l’acquabenedetta e l’incenso – ha spiegato ilvicario del Papa – dedichiamo questoluogo alla preghiera e al Signore: sulla

parete ancora spoglia ed essenzialecampeggia solo il crocifisso cherappresenta il nostro unico e veroDio». Vallini ha manifestato la suagioia «per questo atto fondativo chenasce dal desiderio mio e della Chiesadi Roma di veder fiorire in questa zonadella città una bella comunità».Quindi, ha ringraziato il parroco, donSalvatore Tanzillo, e monsignorLiberio Andreatta, direttore dell’Ufficiodiocesano per l’edilizia di culto, «chehanno creduto fortemente in questoprogetto». La parrocchia diSant’Agostino è stata istituitanell’agosto del 2012 intorno a unpiccolo prefabbricato, sostituito pochimesi dopo da una tenda prestata dallaCroce Rossa. Dal 2014, poi, luogodestinato al culto diviene unatensostruttura fornita dal Vicariato eche adesso verrà ceduta ad un’altra

comunità, come ha spiegato lo stessoVallini. A Stagni, invece, i parrocchianipotranno ora fruire di un nuovoprefabbricato in legno di 500 metriquadrati, che domenica era gremito.«La Parola – ha detto Vallininell’omelia – possa diventare lievito divita nuova affinché possiamoprogredire come Chiesa viva», capacedi rispondere con convinzione «allascelta che Cristo ci chiede di compiere,quella della fede». Di seguito, l’invito ariconoscere «che il Signore conta nellavita di ciascuno ed è importanteperché ne è il padre», di conseguenza«dobbiamo riconoscerci fratelli anchequando è difficile e ci combattiamo»,incapaci di «smuoverci dalle nostreradicate convinzioni e prese diposizione». È alla luce del Vangelo, haproseguito il porporato, «che vacostruita una comunità in grado di

condividere». Infine,Vallini ha invitato aguardare al patronodella comunitàprendendolo amodello: «Agostinoera un giovanetormentato che hasaputo trovare paceper il suo cuore solonel Signore», equesto ha auspicatoil porporato, «per itanti ragazzi della parrocchia chepotranno frequentare il nuovooratorio: che crescano sani eall’interno di una vera e grandefamiglia». Dopo la preghiera dei fedeliha avuto luogo la benedizionedell’altare. Dopo i riti di comunione, lareposizione solenne della santissimaeucaristia nel nuovo tabernacolo, una

piccola nicchia «affinché il Signore siasempre al centro di ogni celebrazione edella nostra vita» ha ammonito Vallini.Il parroco si è detto soddisfatto «perquesta nostra bella chiesa che tuttiammirano», ringraziando lemaestranze che hanno lavorato allasua realizzazione, l’architetto AlbertoStatuti e l’ingegner Bruno Spada.

U

Ostia, una chiesa di legno per una Chiesa di cuore

DI FILIPPO PASSANTINO

oi siamo mandati ad aprirestrade e a preparare le vie alSignore, a offrire occasioni

perché, attraverso di noi, le personeincontrino Cristo». Il cardinale AgostinoVallini lo ha ricordato ai tanti sacerdoti chehanno concelebrato con lui nella basilicalateranense sabato 24 giugno la Messadella solennità di san Giovanni Battista. PerVallini è stata l’ultima celebrazioneeucaristica presieduta da arciprete dellabasilica e da vicario del Papa per la diocesidi Roma, prima della conclusione del suomandato (eccezion fatta per quella diOstia). Al suo fianco, il nuovo vicario,l’arcivescovo Angelo De Donatis, i vescoviausiliari e numerosi sacerdoti che hannocelebrato 25 e 50 anni di sacerdozio.Presente anche monsignor UmbertoScipioni, che ne ha festeggiati 75. All’iniziodella Messa, il vicegerente monsignor

Filippo Iannone ha rivolto al cardinalevicario il ringraziamento della comunitàdiocesana per il suo impegno. «Sotto la suaguida, esercitata sempre in perfettacomunione con il Santo Padre, la diocesi diRoma ha rinvigorito la sua coscienzamissionaria – ha detto –. Abbiamoriscoperto, sacerdoti e fedeli, la bellezzadell’annuncio della salvezza e dellatestimonianza del Vangelo nei luoghi enegli ambienti in cui si vive, nella città.Abbiamo operato individuando nellafamiglia, nei giovani, nell’educazione dellenuove generazioni punti focali della nostraazione pastorale. La sua costante attenzione– ha aggiunto rivolgendosi al cardinale – ei suoi continui inviti a testimoniare e avivere l’impegno della carità, guardandoalle vecchie e nuove povertà di Roma, nonsono mai mancati. A lei chiediamo dicontinuare ad accompagnare con la suabenedizione la nostra comunitàdiocesana». Non un commiato, ma un

invito a continuare ilcammino in manieradiversa. Un invito raccoltodal cardinale Vallini, chedurante la celebrazionenon ha nascosto la suacommozione:«Continuerò la miamissione soprattuttopregando, ma anche voi,se credete, pregate per me,perché quest’ultimo trattodi vita sia davvero vissutonella gioia e nellatestimonianza, la piùgenerosa». Durantel’omelia invece si è rivoltoin particolare ai sacerdoti,

ricordando il ruolo del Battista, che «tuttoorienta a Cristo. Anche noi siamo chiamatia preparare la via al Signore. Chi è ilsacerdote? Colui che apre le vie al Vangelo.E noi lo facciamo con la testimonianzadella vita e con il ministero, con il servizioquotidiano accanto alle persone comeministri di Dio». Ecco, dunque, il suocompito: «Noi siamo chiamati,particolarmente oggi in questo contesto incui c’è tanta confusione sulle visioni dellavita, ad annunciare con coraggio chel’unico salvatore è Gesù Cristo – haaggiunto –. È chiaro che noi esercitiamo inquesto modo la nostra vocazione, laviviamo, la trasmettiamo con gioia. Nonsiamo persone private, siamo inviati. Matutto questo lo dobbiamo fare e vivererimanendo umili. Coscienti di avere tuttoricevuto, consapevoli che la missione non ènostra, ci è stata affidata». Al termine dellaMessa, il momento dei ringraziamenti aivescovi ausiliari, ai canonici di SanGiovanni, ai padri penitenzieri, al Corodella diocesi. Infine un augurio ai«confratelli» che hanno celebrato i giubilei.«Giubileo vuol dire riprendere coscienzadella storia di amore che il Signore ci hadato – ha sottolineato –, è una ripartenzacon rinnovata lena, con i sentimenti delgiorno dell’ordinazione ma con la maturitàdi oggi, con le esperienze e la santità dellavita maturata in questi anni». Tra loro,monsignor Scipioni, 98 anni, parroco aCastelverde per 18 e adesso rettore emeritodella basilica di Santa Balbina: «Ladevozione per la Madonna mi è cresciutanel cuore durante il sacerdozio, mi haportato ad andare in pellegrinaggio quattrovolte l’anno al santuario del Divino Amoredal 1947 fino a otto anni fa».

N«La lettera al clero: «Ammiratoper la vostra testimonianza»

La Messa a Santa Bakhita

Vallini presiede la Messa per i giubilei sacerdotali (foto Gennari)

Vallini benedice la nuova chiesa (foto Gennari)

Benedizione del prefabbricatoche sarà sede provvisoria dellaparrocchia di Sant’AgostinoIl cardinale alla comunità:la Parola diventi lievito di vita

3Domenica2 luglio 2017 SpecialeSpeciale

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Page 4: redazione@romasette.it Il Papa: «Sui perseguitati un silenzio … · in occasione del Regina coelidel 21 maggio scorso. «G La celebrazione presieduta nella solennità dei santi

4 Domenica2 luglio 2017

n fin dei conti è unsoggetto che possiamodefinire “classico” nel

senso di ripercorrere stradegià battute, di riproporresituazioni già vissute macon l’ansia di volerneuscire e tornare a respirarearia nuova. La premessa,che dà l’idea delrompicapo narrativo, è allabase di 2:22 – Il destino ègià scritto, un thriller che simuove tra fantasy escienza, uscito nelle sale il

29 giugno. Si tratta di una produzione australiana, unfilm che affronta una storia tipica di certa suspenceanglosassone, che parte dal “vero” e sconfina subitonei territori del paranormale. Controllore del trafficoaereo a New York City, il giovane Dylan Bransonsubisce una improvvisa quanto inaspettata deviazionepermanente, quando si accorge che uno schema fissodi eventi comincia a ripetersi intorno a lui ogni giorno

alle 2.22 alla stazione dei treni. «Quando ho letto ilcopione scritto da Todd Stein – dice Paul Currie,regista australiano di nascita ma residente negli StatiUniti – ho pensato che si trattasse di uno script oscuroma con un’idea, sul concetto del tempo e sull’amorenel tempo, in realtà molto più ampia, un thrillerromantico dalle notevoli possibilità». In effetti, quellodella cavalcata attraverso vari tipi di spazio è unpercorso quanto mai accidentato e con molte frecce alproprio arco. Dylan conosce Sarah, che lavora in unagalleria d’arte, i due si innamorano ma ben presto unostacolo di natura inspiegabile si frappone tra loro,all’inizio con una certezza che comincia a sbandare,che prosegue con un incredulo confronto con unavversario ignoto, infine fa inciampare la ragionecontro il muro dell’inspiegabile. Alla fine i protagonistisembrano perdere la logica della consequenzialità e diogni ipotesi di capacità cognitiva. «È la storia –aggiunge Currie – di un ragazzo che ha un donoparticolare, che potrebbe essere considerato geniale ofolle. Un dono che comporta un segreto pericoloso. Ilfilm parla anche della paura dell’amore. E del passatoche può segretamente tornare per tormentare tutti noi.

È la storia di un ragazzo che cerca di proteggere la suadonna a tutti i costi, contro il tempo stesso. Questotempo che è contemporaneamente alleato e nemico diDylan». Qui il racconto spinge sull’acceleratore di unaincredulità che rasenta la follia. Fino ad un finale cheriannoda le fila del percorso e rimette in linea ilsuccedersi dei fatti. E anche Dylan e Sarah ricevono lagiusta ricompensa con un epilogo che è opportunonon rivelare. In sostanza si tratta di un film di genere,appunto “thriller romantico”, che tiene in sospeso conbuona tensione e si fa seguire con attenzione. L’ideadei piani temporali che si ripetono, come detto, haavuto al cinema altri, importanti precedenti e quiviene replicata con una regia agile e dinamica bensostenuta dalle interpretazioni nei ruoli principali diMichiel Huisman (Dylan) e Teresa Palmer, vista direcente nel drammatico La battaglia di Hudson Haws,diretto da Mel Gibson. Film certo da rivolgere a chiama lasciarsi andare a storie che inseguono glisbandamenti della logica e insegue rompicapi come irebus di una rivista di enigmistica in una località divacanza.

Massimo Giraldi

I«2.22», la sorpresa del passato che ritorna e tormentacinema

re serate, fra teatro e musica, dedicate adaltrettante sante e alla loro storia. Èl’iniziativa promossa dalla

congregazione dell’Oratorio di San FilippoNeri, in collaborazione con l’associazione dipromozione sociale “Oratorium”, a partire damercoledì 5 luglio. Per tre serate consecutive,fino a venerdì, nella suggestiva cornicedell’Oratorio del Borromini, sono inprogramma altrettante performance teatrali emusicali, accompagnate dalle installazionivideo di Embrio.net, riunite sotto il titolo“Belle donne. La santità al femminile inmusica e parole”. «Le tre opere – informa unanota – hanno l’ambizione di descrivere trefigure femminili elevate agli onori degli altari:Ildegarda di Bingen, Giovanna d’Arco ed

Edith Stein, che verranno raccontate dalleloro stesse parole». Donne belle perché liberedi essere conformi alla volontà di Dio e«capaci di affrontare con coraggio la battagliafisica e spirituale», sottolinea Francesca Goliache sul palco sarà Giovanna D’Arco. Donnefiere ed emancipate, come Ildegarda diBingen, che l’attrice Martina Pillepich nonconosceva prima e che descrive come un sole«fermo al centro dell’universo a diffondereconoscenza, saggezza ebellezza», e ostinate,secondo l’aggettivo concui Caterina Silvasintetizza la figura diEdith Stein e la sua vita«che attrae e seduce,perché pienamente spesa».Unico antagonista einterlocutore maschilesarà Matteo Pelle, che sulpalco porta «l’insieme divoci e forze che cercano diimpedire il cammino diqueste donne versoCristo». Con questi tre

spettacoli, la congregazione dell’Oratorio«vuole rendere omaggio a tre donneeccezionali. La santità, la testimonianza divita e la profondità intellettuale di questedonne, così diverse e lontane nel tempo,costituiscono il filo conduttore di questeserate in cui il teatro, la musica e la videoarte,si fonderanno per creare tre esperienzetotali». Le interpretazioni sarannoaccompagnate dalle musiche di Ildegarda,

Franco Battiato, JuryCamisasca, Arvo Part eCsi. I brani musicali,arrangiati perl’occasione, sarannoeseguiti da padre RoccoCamillò all’oboe,Valerio Losito al violinoe Arianna Vendittelli allavoce. Ogni serata avràinizio alle 21.15, coningresso dalle ore 20.30fino ad esaurimentoposti. Ingresso da piazzadella Chiesa Nuova 18.(R. S.)

T

«Belle donne», teatro e musica per tre santeDa mercoledì 5 luglio tre seratededicate a Ildegarda di Bingen,Giovanna d’Arco e Edith Steinnella suggestiva cornicedell’Oratorio del Borromini

L’Oratorio dei Filippini

DI GIULIA ROCCHI

ofia ha i capelli biondi freschi dimessa in piega e indossa unabito a fiori colorati. Sorride,

mentre parla. «Noi abbiamo gli stessiproblemi delle persone che sentiamoal telefono. Una signora una volta miha detto “Sa, ma io ho 81 anni…”. Leho risposto: “E io ne ho 84!”». Nedimostra oltre dieci di meno. Meritodel suo impegno come volontariaper il progetto portato avanti datredici anni dalla Comunità diSant’Egidio, inizialmente con le Asl eadesso con il sostegno di Enel Cuoreonlus, prima chiamato “W glianziani!” e di recente ribattezzato“Una città per gli anziani, una cittàper tutti”. Il programma si propone ilcontrasto dell’isolamento socialedelle persone avanti con gli anni, e lofa attraverso un monitoraggio attivofatto di telefonate e di una rete diprossimità che coinvolge vicini,negozianti, portieri. Soprattutto inperiodi critici come quello estivo.«Di fronte al caldo di questi giorni ealle ondate di calore che sipreannunciano per questa estatelanciamo un appello a tutti gliitaliani: non lasciamo soli glianziani. Accorgiamoci di loro neiquartieri delle nostre città. Suoniamoil campanello di un nostro vicino:una visita può salvare la vita». È unrichiamo alla generosità di tuttiquello di Marco Impagliazzo,presidente di Sant’Egidio, chemartedì, in conferenza stampa, ha

illustrato i risultati del programmanato nel 2004 per rispondere allasituazione drammatica che si eraverificata nell’estate del 2003,quando, per un’eccezionale ondatadi calore, morirono in Europamigliaia di anziani. «L’emergenza –ha spiegato Impagliazzo – si affrontacome si deve solo se si è preparati. Lascelta è stata quella di monitorare lapopolazione ultraottantenne dialcuni rioni del centro storico diRoma in collegamento con le Asllocali. Questa rete di protezione, chefunziona con visite regolari,sensibilizzazione del vicinato, maanche semplici telefonate perverificare le condizioni di vita e disalute degli anziani, ha portato neglianni a ottimi risultati. In particolare,nell’estate 2015, quando si èverificata una nuova e prolungataondata di calore, si è potuto calcolareche, mentre a livello nazionale si èregistrato un aumento del 60 percento dei decessi tra la popolazioneanziana, nelle zone coperte dalprogetto la percentuale si è arrestataal 30 per cento, vale a dire unamortalità dimezzata». Per questoImpagliazzo lancia un secondoappello, diretto alle istituzioni:«Diffondete il programma a livellonazionale». In Italia le personeanziane che vivono sole sono 3,8milioni; addirittura, nellapopolazione con più di 85 anni,oltre la metà (52,2 %) abita da sola.Ma attualmente il progetto diSant’Egidio ed Enel Cuore è attivo in

sette città: Roma, Genova, Napoli,Novara, Catania, Ferentino eAmatrice, dopo il terremoto. Altresette (Mestre–Venezia, Livorno,Civitavecchia, Campello sulClitunno, Reggio Calabria, Sassari ela zona del Sulcis in Sardegna) sistanno aggiungendo. Inoltre stannoprendendo piede esperimenti dicohousing, cioè convivenza peralcuni anziani che altrimentisarebbero stati destinati allaistituzionalizzazione. «Sono ormai45 mila – ha spiegato il consiglieredi Enel Cuore Andrea Valcalda – glianziani raggiunti in un impegno checoinvolge circa 500 persone travolontari e persone assunte, 34, permonitorare la popolazione». Questiultimi sono in gran parte immigrati,che in questo modo svolgono unlavoro al servizio delle persone chefavorisce anche la loro integrazione.«Occorre – aggiunge Valcalda –mettere in rete le nostre società:

essere anziani non è una vergogna,ma un’opportunità». Tanto che unbuon numero di volontari ècostituito dagli stessi anziani. ComeSofia, appunto, quel «fattore in più»,la definisce Impagliazzo, che rende ilprogramma un successo. «Il nostro èun lavoro complesso ma bellissimo –commenta la signora –. Telefonandosalviamo la nostra vita e quella ditanti». Impegnato a contrastare lasolitudine degli anziani anche ilComune di Roma, che hapredisposto un nuovo “Piano caldo”con particolare attenzione agliultrasessantacinquenni e ai senzadimora. «Vengono messi adisposizione – informa una nota delCampidoglio – servizi di accoglienzadiurna e notturna, punti doccia,fornitura di pasti, bevande,indumenti e anche occasioni disocializzazione e svago quando lacittà si svuota e le temperature siinnalzano».

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Fare reteaccantoagli anziani

emergenza.L’appello di Sant’Egidio: non lasciarli soli

In due spazi la mostradedicata a Giorgione

alazzo Venezia e Ca-stel Sant’Angelo: due

spazi per la mostra dedi-cata a Giorgione e al suo “Idue amici”, chiamata “La-birinti del cuore”. La mo-stra è visitabile con un bi-glietto unico comprensivodei due siti museali e del-le due sezioni. A PalazzoVenezia si può ammirare ildoppio ritratto dell’artistaveneto; mentre a CastelSant’Angelo sono esposteopere collegate di altrimaestri del Cinquecento,come Tiziano o Tintoretto.

P

arte

La Comunità rilancia il programma per contrastaree prevenire l’isolamento sociale degli “over 80”che si acuisce soprattutto d’estate. Un monitoraggioin collegamento con le Asl. Progetto attivo in 7 città

Disagio giovanile?Ripartire dagli adulti

n un recentissimo convegno del Centro Studi Ericksonsono stati snocciolati alcuni dati allarmanti: il 95% deigenitori ignora (!) l’eventuale disagio dei propri figli, un

adolescente su 4 nel 2016 ha fatto uso di cannabis e unosu 5, sempre nel 2016, ha compiuto un gesto (piccolo o gran-de) di autolesionismo, dal “cutting” (il tagliarsi) al “bur-ning” (il bruciarsi) ed altro, fino al suicidio (anche negli ul-timi mesi attraverso il tragico gioco web “Blue Whale”, inItalia per fortuna ampiamente arginato dai molti inter-venti preventivi). A questi aggiungiamo altri dati. Il 21%dei giovani italiani sembra essere attirato nel vortice Neet:non studiano, non lavorano, non cercano formazione, so-no come paralizzati, autoesiliati e automarginalizzati.Nel recente Tavolo della Cei sulla salute mentale i neuro-psichiatri infantili avvertono: un bambino su 5 ha un pro-blema comportamentale degno di attenzione. Se a questipoi aggiungiamo i dati sulla precocizzazione dell’abuso al-colico (con il diffondersi del “binge drinking”, cioè dell’as-sunzione veloce e a digiuno di 4–5 unità alcoliche per pro-curarsi uno sballo immediato), dell’incremento dei com-portamenti antisociali e dell’erotizzazione precoce dell’in-fanzia, il quadro assume contorni inquietanti.I ragazzini e gli adolescenti sono troppo fragili e troppo spa-ventati dal mondo e sembra non abbiano riferimenti a-dulti convincenti. In altre parole: adulti deludenti e il webcome luogo della costruzione del sapere. Ma il dato più ag-ghiacciante è proprio il primo dato che ho fornito: la mag-gior parte dei genitori sottovaluta o addirittura ignora il di-sagio dei figli ed interviene quando ormai è tardi, quandocioè il disagio esita in comportamenti troppo disadattavi oin quadri psichiatrici franchi.Sembra emergere una verità: troppi genitori sono assenti,lontani, oppure deludenti, poco autorevoli, “adultescenti”(cioè ancora impegnati nella risoluzione dei loro conflittiadolescenziali), affettuosi ma incapaci di essere conteniti-vi e normativi, di porre ordine e freno alla pulsionalità cao-tica degli adolescenti.Le comunità dei ragazzini e degli adolescenti sono semprepiù autoreferenziate, “tecn centrate” e capaci di costruirepercorsi di conoscenza senza adulti (si pensi al diffonder-si dilagante dei “web influencers”, ragazzini di 13–14 an-ni che dettano stili di vita agli altri ragazzini attraverso vi-deo visualizzati migliaia e migliaia di volte, o ai “web crea-tors”, adolescenti seguitissimi che attraverso il web lan-ciano mode, idee, prodotti culturali e sociali per i loro coe-tanei).Per educare i giovani dobbiamo ripartire dagli adulti: ab-biamo bisogno di genitori autorevoli e attendibili, corag-giosi, davvero interessati alle vicende dei loro figli e dota-ti di una qualche capacità oblativa e non troppo proietta-ti sulla soddisfazione dei propri bisogni narcisistici o ado-lescenziali. Insomma adulti veri. Bisognerebbe rilanciarele scuole, ma quelle per genitori.

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Pianeta famigliaa cura di Tonino Cantelmi

Festa degli oratori estiviLojudice: una forza viva

iate voi gli animatori del domanidel vostro oratorio». Questo

l’affettuoso invito che il vescovo ausiliarePaolo Lojudice ha rivolto ai 4milabambini e giovani animatori che hannopartecipato martedì alla sesta edizionedella Festa degli oratori estivi delladiocesi, a Zoomarine. A convocarli,l’Ufficio catechistico e il Centro oratoriRomani (Cor). «L’oratorio rappresenta unaforza viva – ha sottolineato monsignorLojudice –, un luogo dove è possibileessere parrocchia, essere Chiesa. Unospazio che crea occasioni di incontro fraanimatori e bambini, in cui si sta insiemealla luce dei valori cristiani ed umani».Alla giornata di festa, alla quale hannopartecipato gruppi arrivati da decine diparrocchie, è intervenuto anche ildirettore dell’Ufficio catechisticomonsignor Andrea Lonardo.

ragazzi

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