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8. UN WORKSHOP PROGETTUALE TRA MAGLIANO E ROMA 8.1 PROGETTAZIONE – DESCRIZIONE DELLA WHOLENESS Le esercitazioni progettuali che seguono costituiscono il risultato dell’applicazione all’ex ospedale di Magliano Sabina nonché ex monastero di Santa Croce del metodo di progettazione, definito in altre parti del libro, che si articola in tre fasi (descrizione della struttura profonda del luogo o wholeness, costruzione dello scenario futuro o visioning e sviluppo del progetto con le procedure di unfolding) 1 . Come ogni sperimentazione richiede, nel caso di studio in questione, è emersa la necessità di operare alcuni adattamenti nell’applicazione del metodo. Tali specificità consistono: 1 nell’aver proposto anticipatamente, rispetto alla fase del visioning, il tema progettuale principale, ovvero la funzione cohousing, ipotesi avanzata dai progettisti anche nel corso di alcuni focus group per suscitare reazioni all’idea, sensibilizzare e coinvolgere senza aspettare che l’idea scaturisse attraverso l’attività maieutica nel processo partecipato; 2 nell’aver focalizzato l’attenzione, prima dell’identificazione della wholeness, su aspetti rilevati dalla lettura dei valori storico – testimoniali, ovvero le diverse epoche di costruzione dei corpi edificati che mostrano configurazioni rispondenti a logiche poco coerenti; 3 nel ricorrere, oltre che ad una mappa con simbologie specifiche, soprattutto al testo scritto per la descrizione della wholeness. Perché la necessità degli adattamenti? Dovrebbero essere gli abitatori, i frequentatori, facilitati dai progettisti tecnici, ad applicare tale metodo di progettazione nel caso ci sia un luogo da trasformare, riqualificare, perché nelle loro volontà dovrebbe emergere l’aspirazione progettuale al miglioramento, inteso non in termini astratti ma come possibilità che gli spazi abbiano tutti i requisiti necessari per soddisfare le esigenze funzionali, psicologiche e relazionali delle persone che li frequentano, configurando una somma di qualità. Tanto più dovrebbero essere i potenziali cohouser, animati da “progettualità intenzionale” (cfr. cap. il pattern “The family”) a proporre la trasformazione di un luogo, avendolo riconosciuto come “adatto”. Sembrerebbe, come sostiene Alexander in molti suoi scritti, che le qualità di un luogo, dove si trovano centri viventi, esistano in sé e tendano a dischiudersi (unfolding), in modo da corrispondere ai desideri delle persone che “naturalmente” in un processo di trasformazione incrementale, di crescita per parti coerenti, tendono a riconoscervi, se presenti, o a collocarvi, se ancora non pienamente operanti, quelle 1 http://giangrande.dipsu.it/files/2010/10/TESTO-con-figure-a-colori- inserite.pdf http://giangrande.dipsu.it/files/2009/10/Wholeness-Visioning-e- Unfolding.pdf 1

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8. UN WORKSHOP PROGETTUALE TRA MAGLIANO E ROMA

8.1 PROGETTAZIONE – DESCRIZIONE DELLA WHOLENESS

Le esercitazioni progettuali che seguono costituiscono il risultato dell’applicazione all’ex ospedale di Magliano Sabina nonché ex monastero di Santa Croce del metodo di progettazione, definito in altre parti del libro, che si articola in tre fasi (descrizione della struttura profonda del luogo o wholeness, costruzione dello scenario futuro o visioning e sviluppo del progetto con le procedure di unfolding)1. Come ogni sperimentazione richiede, nel caso di studio in questione, è emersa la necessità di operare alcuni adattamenti nell’applicazione del metodo. Tali specificità consistono:1 nell’aver proposto anticipatamente, rispetto alla fase del visioning, il tema progettuale principale, ovvero la funzione cohousing, ipotesi avanzata dai progettisti anche nel corso di alcuni focus group per suscitare reazioni all’idea, sensibilizzare e coinvolgere senza aspettare che l’idea scaturisse attraverso l’attività maieutica nel processo partecipato; 2 nell’aver focalizzato l’attenzione, prima dell’identificazione della wholeness, su aspetti rilevati dalla lettura dei valori storico – testimoniali, ovvero le diverse epoche di costruzione dei corpi edificati che mostrano configurazioni rispondenti a logiche poco coerenti; 3 nel ricorrere, oltre che ad una mappa con simbologie specifiche, soprattutto al testo scritto per la descrizione della wholeness.Perché la necessità degli adattamenti? Dovrebbero essere gli abitatori, i frequentatori, facilitati dai progettisti tecnici, ad applicare tale metodo di progettazione nel caso ci sia un luogo da trasformare, riqualificare, perché nelle loro volontà dovrebbe emergere l’aspirazione progettuale al miglioramento, inteso non in termini astratti ma come possibilità che gli spazi abbiano tutti i requisiti necessari per soddisfare le esigenze funzionali, psicologiche e relazionali delle persone che li frequentano, configurando una somma di qualità. Tanto più dovrebbero essere i potenziali cohouser, animati da “progettualità intenzionale” (cfr. cap. il pattern “The family”) a proporre la trasformazione di un luogo, avendolo riconosciuto come “adatto”. Sembrerebbe, come sostiene Alexander in molti suoi scritti, che le qualità di un luogo, dove si trovano centri viventi, esistano in sé e tendano a dischiudersi (unfolding), in modo da corrispondere ai desideri delle persone che “naturalmente” in un processo di trasformazione incrementale, di crescita per parti coerenti, tendono a riconoscervi, se presenti, o a collocarvi, se ancora non pienamente operanti, quelle configurazioni archetipali, ovvero i pattern, da sempre indizi di qualità dell’ambiente nelle diverse culture umane. Dunque la proiezione di ciò che sarà in un luogo (visioning) è complementare alla percezione delle qualità di un luogo (descrizione della sua wholeness) e i due momenti scaturiscono da considerazioni di causa ed effetto, di struttura profonda e manifestazione il cui riconoscimento avviene simultaneamente nella coscienza, anche se gli elementi ne affiorano gradualmente. Ecco perché il cohousing nell’ex monastero di Santa Croce: le qualità del luogo consistono in alcuni ”centri forti” che si riconoscono subito. Questo organismo doppiamente “centrato” sul chiostro e sul giardino già ad una prima indagine progettuale mostra in sé le sue stesse qualità, le ragioni che rimandano ad un progetto in grado di svelarne tutto il valore intrinseco, rafforzandone le caratteristiche coerentemente. La funzione del cohousing basata su nuove forme di vicinato e vita in comune sembra aderire/ combinarsi/ adattarsi perfettamente alla struttura degli spazi nell’ex monastero.

1 http://giangrande.dipsu.it/files/2010/10/TESTO-con-figure-a-colori-inserite.pdf http://giangrande.dipsu.it/files/2009/10/Wholeness-Visioning-e-Unfolding.pdf

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Sebbene fosse possibile riferirsi alle esperienze e alle volizioni degli abitatori/ frequentatori dell’ex monastero, dove le poche attività sociali presenti (sala da ballo, scuola estiva per bambini, sala prove musica per i giovani, centro sociale anziani) probabilmente riscuotono discreto successo, pur richiamando ad una migliore utilizzazione, si è scelto di concentrare l’attenzione sull’idea non consueta del cohousing anche per mostrare l’aspetto maieutico, educazionale di un processo progettuale partecipato, da pari a pari tra progettisti e potenziali abitatori.Considerando l’importanza di un’esercitazione progettuale sul tema, il pensiero è andato anche all’opportunità di rivitalizzare parte significativa del tessuto urbano di un centro storico minore attraverso l’insediamento di nuovi abitanti che siano consapevoli di modalità più creative e solidali di vivere, come un sistema vivente che si autoregola in interdipendenza con l’analoga tendenza a dischiudersi dell’organismo ex monastero. In conclusione, la necessità del progetto lì è suffragata da due considerazioni che riguardano in primo luogo la vocazione dell’ex monastero ad essere spazio collettivo, intorno a due aree centrali intorno cui si struttura tutto il resto, ideali per l’incontro e lo scambio. La seconda considerazione attiene alla posizione del complesso architettonico nel reticolo stradale di Magliano Sabina, che lo contraddistingue da sempre come luogo tranquillo ma anche “portale” d’ingresso alla città, nodo simbolico e luogo di riferimento (le strutture conventuali erano in posizione di “accoglienza” nei confronti del contado collocate spesso accanto alle vie d’accesso al centro urbano).

Il secondo adattamento deriva dal primo, nel rimando tra elementi della struttura profonda e immagini dello scenario futuro per l’ex monastero, e ci impone di fare una “premessa” alla descrizione della wholeness. Riconoscendo la struttura profonda del luogo, ci riferiamo a dati oggettivi e valori storici e rileviamo che il complesso edilizio dell’ex monastero di Santa Croce è formato da due parti nettamente distinte. L’edificio “A” originario, duecentesco, è la parte più importante ora degradata; costituita da corpi di fabbrica affaccianti sul chiostro, completato dalla ex chiesa a ridosso del sistema di mura difensive, doveva comprendere anche allora lo spazio aperto, l’orto - giardino con l’ampio panorama verso la vallata del Tevere ad ovest. L’altra parte, che chiamiamo “B” è attualmente adibita a centro diurno per anziani, spazio mostre e consultorio familiare ASL al piano terra, centro comunale di lunga degenza per anziani al primo piano; costituita dai tre corpi di fabbrica che circondano il giardino, è dovuta ad una successiva edificazione settecentesca, novecentesca per alcune parti. Forse l’intenzione era allora di valorizzare, con l’addizione, il centro forte del giardino ma attualmente la giustapposizione di una delle ali settecentesche al fronte nord della fabbrica preesistente impedisce che le stanze di quest’ultima abbiano le caratteristiche studiate per l’organismo originario (affacci, luce, aria, calore e ne risultano danneggiati soprattutto i due vani localizzati agli angoli del chiostro). Tale accostamento di parti dà forma ad una scontata e poco vitale articolazione degli spazi al primo piano, corridoio centrale e camere con bagno lungo i lati, evidenziando la non coerenza dell’intervento.

Veniamo al terzo adattamento operato. Questo metodo progettuale è basato sull’espressione che i non tecnici sono in grado di rendere e soprattutto è finalizzato a far percepire loro l’essenza di una realtà fisica, il suo valore intrinseco e quello attribuito dai soggetti che la valutano con sensibilità ed immedesimazione mentre vi si trovano a proprio agio. E’ rivelatore e coerente, che Alexander non ricorra mai a disegni e descrizioni troppo definite nei suoi metodi progettuali, per descrivere qualità e caratteristiche dei luoghi, ma ad immagini evocative, o diagrammi morfologici. Perciò le fasi di tale metodo trovano le forme adatte di presentazione nei racconti e nella narrazione a più voci, che è opportuno utilizzare sia per il visioning sia nella fase della wholeness, anche se le

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rappresentazioni planimetriche sono utili a focalizzare e ad annotare più sistematicamente i ragionamenti che si susseguono.Ancora una nota pratica rispetto al metodo. Per comprendere meglio le potenzialità delle diverse parti come elementi che contribuiscono alla qualità del tutto, sintetizziamo dapprima il risultato della individuazione della struttura profonda del luogo, per far seguire poi le descrizioni, rese in forma di note esplicative delle fotografie e disegni, dove sono identificati gli elementi riconosciuti come costitutivi della wholeness, dunque da non modificare, e vengono chiariti i motivi di tale valutazione (proprietà geometriche rispettate, pattern presenti o da realizzare che configurano i centri nel loro sviluppo progettuale e nelle mutue relazioni).

In primo luogo riconosciamo come centro esteso vitale il giardino pensile di tipo razionale, all’italiana, perché parte strutturante, sin dall’origine, dell’intero complesso architettonico (1), ancor oggi è lo spazio dove le persone preferiscono stare. Sono da individuare come centri latenti, potenzialmente vitali: il cortile con accesso dall’androne della Porta di Santa Croce che era una chiesa romanica (2), il chiostro a pianta trapezoidale col porticato a piano terra (3), lo spazio coperto a doppia altezza con accesso dal giardino e l’apertura che dà sull’area a verde verso valle, snodo e congiunzione tra il livello della campagna sottostante, il giardino pensile e l’intero complesso architettonico (4), l’ambiente con volte su lunette, adiacente al chiostro, dove è il camino che attesta l’originaria funzione di refettorio (7), l’ex lavatoio ora spazio espositivo (8), il centro diurno per anziani ed altre attività ricreative (10a, 11, 11a) collocate al piano del giardino e al piano primo, o rialzato, dei corpi di fabbrica di costruzione settecentesca - novecentesca.

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Di segno negativo, opposto ai primi elementi, dunque da trasformare o investire con la messa in pristino (quando siano state compromesse situazioni iniziali favorevoli e di qualità) sono senz’altro le aree danneggiate, ambienti e spazi dove, in alcuni casi, proprio a causa di superfetazioni ed interventi incoerenti, le proprietà fondamentali non sono più verificabili. Presenti in quasi tutti le parti del complesso architettonico, sono: la superfetazione costituita dalla scala anni ’50 (2c) ed il conseguente danno alla parete di fondo affrescata della ex chiesa (2b) nel cortile che la conteneva, a ridosso dell’androne adiacente Porta di Santa Croce, tramezzi da rimuovere tra portico e chiostro e tubazioni a vista che forano le volte del portico, i passaggi voltati tra ingresso e scala per il primo piano (3a-3b-3c-3d), padiglione del gioco bocce con tetto in eternit (4c), grosse tubazioni a vista che passano dalle aperture nello spazio coperto a doppia altezza (4d), volte tagliate nella stanza adibita a sepoltura delle claustrali dove è un affresco con Cristo risorgente, idem nella stanza adiacente (5a-5b), volte e pavimenti sottoposti ad incuria nei tre ampi ambienti limitrofi al chiostro e portico, un tramezzo incongruo in uno degli ambienti (6c), l’incoerente consolidamento con una piattabanda in cemento armato dell’arco interno della Porta di Santa Croce, la volta a botte soprastante l’androne, visibilmente tagliata (9a-9c), la scala che connette piano terra e primo piano crollata (13a), una scala tagliata da un solaio costruito successivamente (13b), una scontata articolazione degli spazi, data dalle tramezzature che attualmente formano corridoio centrale e camere con bagno lungo i lati nel corpo a L al primo piano che accoglie la casa alloggio per anziani (14).Ci sono poi alcuni spazi identificabili come centri minori, ambienti originariamente connessi agli altri che mostrano una loro logica formale, senz’altro da riscoprire, ancorché adibiti ad usi non propri o abbandonati, e a cui attribuire una funzione coerente con gli altri centri dell’organismo ex monastero. Si tratta delle quattro piccole stanze al primo piano al di sopra del portico con crociere, originariamente forse un loggiato (12, 12a), del sistema delle mura difensive, ora in totale abbandono, fatto di spazi “guscio” di modulazione degli scambi termici tra interno – esterno, della relazione tra città e paesaggio (15, 15a), del bell’ambiente voltato originariamente adibito a parlatorio, con ingresso dal chiostro (16).

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Seguono altri elementi che fanno parte di questa sintesi, pur non riconosciuti come costitutivi della struttura profonda del luogo, che tuttavia inseriamo per completezza.Tre accessi appropriati, poiché utilizzati attualmente e progettati con l’intero corpo a C intorno al giardino, connettono Piazza Principessa di Piemonte e via del Lavatoio al piano rialzato dove sono il Centro comunale di lunga degenza per anziani, il Consultorio familiare ASL ed il centro diurno per anziani. Accessi potenziali che si potrebbero ricavare in seguito al recupero funzionale del complesso sono al piano terra dall’androne a ridosso della porta Santa Croce verso il cortile della ex chiesa, dal giardino verso il cortile coperto a doppia altezza e, forse, un ingresso di minor importanza, sulla sinistra della porta Santa Croce, da un piccolo vano scala cilindrico o caditoia in corrispondenza del percorso sopraelevato nel sistema delle mura difensive. Un accesso inappropriato avviene al primo piano nel cortile della ex chiesa attraverso la scala costruita come superfetazione. Visuali reali si aprono da una finestra nel lato corto dell’ex lavatoio, dal parapetto del giardino verso l’orizzonte, dalla porta Santa Croce verso il Giglio; visuali potenziali potrebbero schiudersi dalle finestre degli ambienti ora non accessibili e degradati verso il panorama della vallata del Tevere a ovest, dei Monti Cimini e del Soratte.Nella descrizione attraverso note esplicative delle fotografie e disegni, si approfondiscono alcune caratteristiche delle parti della struttura, nonché gli elementi di continuità storica che riguardano l’intero complesso architettonico, anch’essi costitutivi della wholeness.

8.2 DESCRIZIONE DELLA WHOLENESS ATTRAVERSO NOTE ESPLICATIVE DELLE FOTOGRAFIE E DISEGNI

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ELEMENTI RETICOLARI DEL TESSUTO EDILIZIO. Proprietà: Ripetizione alternata, Simmetrie locali, Gradienti, Echi. Pattern: Reti ecologiche e vuoti pieni (7B), Quartieri identificabili (14), Densità appropriata (20B), forma e tipologia bioclimaticamente appropriata (115B). Una parte del reticolo stradale di un centro storico che non ha subito alterazioni costituisce un buon esempio di elemento reticolare. Il reticolo – grazie alle giuste distanze tra i suoi nodi, al corretto rapporto tra la larghezza delle strade e l’altezza dei fronti costruiti, alla qualità e alla riconoscibilità dei luoghi attraversati ecc – è un elemento della struttura urbana che contribuisce a qualificare gli spazi di vita degli abitanti. Le alterazioni che il reticolo stradale di Magliano Sabina ha subito si mostrano come l’evolversi di interventi coerenti nel tempo, che hanno mantenuto la struttura originaria, rafforzandola in modo continuo, incrementale. Come in ogni ambiente urbano con le stesse caratteristiche di permanenza storica, gli elementi del reticolo stradale mantengono alcune configurazioni che rispettano come principi geometrici fondamentali l’alternanza di strade e spazi edificati, l’alternanza di spazi di percorrenza e punti d’arrivo lungo i percorsi, utilizzano la simmetria delle strade e l’articolazione in zone pressappoco quadrate del territorio per creare una struttura regolare (simmetrica), realizzano gradienti nella densità che decresce dal centro alla periferia e cresce lungo le direttrici bacino d’utenza - centro della regione.

Il centro di Magliano Sabina si è sviluppato su un colle a 220 m di altitudine; tale conformazione è da attribuire all’origine etrusca dell’abitato. Infatti, il centro sabino si sviluppò secondo un modello urbano noto in Etruria e nel Lazio, dove il centro abitato è insediato su un’altura ben difendibile, separata da quelle adiacenti, occupate dalle necropoli. La sua egemonia decadde mentre prevaleva l’importanza economica e politica di Otricoli, tanto che si assistette alla rinascita di un nuovo centro abitato nell’area di Magliano nel VI – VII secolo. Il nucleo storico è cresciuto nella forma tipicamente medievale, in un reticolo di strade che si è sviluppato a partire dalle due direttrici principali che collegano le porte della città. Porta Romana, a est, come dice il nome stesso, è l’accesso dalla valle del Tevere e, quindi, dalle vie di comunicazione con Roma. L’asse via Roma-via Manlio la collega con Porta Sabina a ovest, verso la valle reatina. Porta Santa Croce a sud, ancora visibilmente “incastonata” nelle mura in prossimità dell’ex ospedale, è l’accesso più panoramico, una volta ed ancora esclusivamente pedonale, che guarda direttamente sulla vallata verso il monte Soratte. L’asse costituito da largo Crispi - piazza Garibaldi – via Cavour – via dell’Asilo la collega con porta Leone a nord. Il centro storico è il luogo più alto di tutto il territorio comunale. Qui sorgono le chiese di S. Giovenale, ora distrutta, e quella di S. Eugenia, non ancora individuata. Più a sud si trova la chiesa di S. Pietro (sec. XI – XII) di epoca romanica. Probabilmente da identificare con l’attuale palazzo Cencelli, sorgeva il castello di Magliano, proprio all’incrocio dei due assi viari. Si andava costituendo nello stesso periodo, verso Porta Romana, il primo nucleo di quella che poi sarà la chiesa di S. Maria delle Grazie e, fuori dalla cinta muraria, la chiesa di S. Antonio (a nord di porta Leone). In epoca tardo-medievale e rinascimentale l’espansione avviene verso sud e verso est, grazie alla presenza della chiesa di San Liberatore e al convento delle monache che con la loro attività costituiscono un punto di riferimento per la popolazione. Presso Porta Sabina assume importanza la chiesa di S. Michele di difficile datazione, ma sicuramente di epoca medievale. Magliano diviene la sede della cattedrale Sabina nel 1495 e ottiene il titolo ufficiale di città e di metropoli della Sabina. Nel 1593 viene aperto il seminario. E’ questo il periodo in cui il centro abitato completa la sua espansione verso Porta Romana. Si nota l’ampliamento del complesso di S. Maria delle Grazie, la costruzione dell’odierno palazzo Comunale, di epoca cinquecentesca, mentre una fascia di costruzioni si colloca a ridosso delle mura tra Porta Leone e Porta Sabina, mura che probabilmente erano muri di contenimento più opere difensive. La restante parte del territorio comunale, nel corso dei secoli ha sempre vissuto usi prevalentemente agricoli, da cui il paesaggio agrario che caratterizza le viste dalla collina. Sono

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questi caratteri che si ripetono come “regole” ricorrenti, adattate agli specifici contesti regionali in Italia, ad imprimere qualità al piccolo centro antico di Magliano Sabina.

La specificità, altre le vedremo descritte nei visioning degli studenti, è nella stessa struttura urbana di Magliano Sabina. Ipotizziamo che l’origine del complesso edilizio del monastero di Santa Croce, collocato a sud presso la porta omonima, sia conformata sul tipo della casa a corte (nel caso di Magliano è ricorrente la corte aperta con esposizione verso la valle del Tevere ad ovest) a partire dalla dimensione della taberna romana di 5,5 - 6 metri circa d’ampiezza (in effetti le dimensioni della pianta trapezoidale del chiostro è di 5,5 - 6,9 x 9 metri circa. Il cardo e decumano a Magliano Sabina, in precisa relazione con l’impianto del complesso del monastero, come si evince dallo scritto che segue, sono riconoscibili rispettivamente nell’asse attuale costituito da largo Crispi- piazza Garibaldi – via Cavour – via dell’Asilo (cardo maximus) e nell’asse via Roma - via Manlio. La casa a corte nel territorio mediterraneo ha origini millenarie. Ma vediamo quali caratteri fisici del luogo suggeriscono forme, orientamenti, rapporti dimensionali ed altezze degli edifici nella corte. “In molte città di tradizione romana, seguendo l’intelaiatura degli assi portanti della viabilità, quali il “cardo maximus” in direzione nord-sud e gli assi di impianto edilizio, i “decumani” con direzione est-ovest, “si generano lottizzazioni di case–corti, con l’edificazione principale posta perpendicolarmente al percorso e volta a sud all’interno della corte, mentre sugli assi est - ovest si generano case–corti poste in fregio all’asse di accesso in posizione parallela e con il lato principale a sud all’interno della corte. La tipologia edilizia presente in molte città d’Italia di formazione indo-europea e romana, è costituita dalla casa–corte italica come interpretazione locale della domus romana. All’interno del suo preciso recinto murario la casa–corte articola i suoi volumi edilizi gradualmente nei secoli, intorno a due sistemi fondamentali: il primo, atrium, spazio aperto più architettonico e concluso con funzione anche di impluvium per la raccolta dell’acqua; il secondo, peristilium, spazio più grande, a giardino ed orto. Tali sistemi sono non solo la risposta tipologica più consona a condizioni di aggregazione urbana compatta tale quale si presenta in molte città ad alta intensità abitativa, ma sono anche i luoghi per un migliore ed efficiente equilibrio bioclimatico ove sono situate le superfici e le coperture maggiormente soleggiate, ove ventilazione ed

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illuminazione naturale vengono garantite nei limiti del mantenimento della dimensione degli spazi aperti”2 Dunque, a nostro avviso, è sensato riconoscere la relazione tra ex monastero – reticolo stradale come riproposizione del sistema urbano di case a corte in area mediterranea.

1. GIARDINO PENSILE. Centro vivente, visuali reali, accessi potenziali. Proprietà geometriche fondamentali: buona forma, confini. Pattern: stanza all’aperto (163), posti

2 F., Sartogo, C. Brizioli, La ventilazione naturale nel processo evolutivo della città, in “L’Architettura naturale”, 15/2002, pag. 3. Edicom edizioni, Monfalcone.

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alberati (171), intorno verde dell’edificio (115B). Il giardino rappresenta per il complesso edilizio dell’ex monastero di Santa Croce uno spazio fondamentale, il vero fulcro della vita che lì si svolge o potrebbe svolgersi. Sono rispettate alcune proprietà fondamentali, secondo cui un complesso edificato è più confortevole se viene messo in relazione con lo spazio esterno, se si realizzano porticati, portici e terrazze; funziona bene se vi percepiamo una buona forma ovvero se vediamo la forma del giardino come realizzata da centri costituiti da figure semplici, in questo caso le stanze alberate tra le siepi. Un hortus conclusus doveva esistere sin dall’epoca di costruzione dell’edificio stesso, “data controversa: 1230 o 1265 anche se quest’ultima sembra più probabile come riporta un manoscritto del 1727 esistente nell’archivio dello stesso monastero”3 Si tratta di un’area rettangolare di 810 mq circa (m 26.5 x 32.0), racchiusa su tre lati dai corpi di fabbrica affacciata (1d) verso il vasto ed ameno orizzonte della vallata del Tevere ad ovest, delimitata dai Monti Cimini, dal Soratte ed in lontananza dai Monti Sabatini. I fronti dei corpi di fabbrica affacciati sul giardino presentano le stesse caratteristiche del prospetto su Piazza S. Croce, ovvero un coronamento che marca la linea di gronda, il ritmo delle finestre e delle lesene. Al piano terra, per quanto riguarda il blocco ad L originario, il ritmo è dato non solo dalle lesene ma dalle aperture arcuate con sopraluce a tutto sesto, alcune murate altre con la loro tipologia originaria. Si tratta di finestre che solo su di un lato sono state conservate(1b), mentre sull’altro sono state sostituite da finestre rettangolari con grate in ferro (1a); una doppia fascia marcapiano separa i due livelli e segna i davanzali delle finestre anch’esse rettangolari con scuri esterni. Il terzo braccio della “c” che chiude il giardino è successivo all’epoca di fondazione del complesso, unito successivamente al resto, ha livelli sfalsati ed una copertura a falde più bassa. Il giardino è di tipo razionale, all’italiana, articolato in cinque stanze delimitate da siepi in bosso, che compongono un disegno quasi a labirinto, entro i cui corridoi pare che le monache si nascondessero per giocare tra loro; un percorso a “c” si stende lungo i margini delle facciate. L’ombra nel giardino è fornita da numerosi abeti, da un pino e da una slanciata palma (1c - chamaerops excelsa), all’interno delle aiuole crescono altri arbusti e piante in vaso; un pozzo nell’angolo sud – est (1e) doveva rifornire dell’acqua necessaria le abitanti del monastero, quando forse all’origine il giardino doveva essere uno spazio per la produzione agroalimentare (erbe medicinali, orto e frutteto, forse un vigneto nelle vicinanze, allevamento di piccoli animali, ecc) mentre oggi una piattaforma di cemento, stesa accanto al pozzo, chiude in superficie una cisterna interrata di circa 10.000 litri non più utilizzata, ma che per la sua potenziale funzione in un sistema di riciclo delle acque / risparmio delle risorse, classifichiamo come centro latente minore. Qualche panchina è collocata nei punti da cui si godono le viste migliori verso l’orizzonte; nel giardino si trovano anche semplici attrezzature rimovibili per il gioco dei bambini dislocate nelle diverse aree (piccoli scivoli, casette, ecc) ed arredi vari (tavoli, ombrelloni, un rudimentale pergolato, ecc). Lo spazio del giardino aperto al sole del pomeriggio, protetto dai corpi di fabbrica dai venti invernali provenienti da nord - est, è ampiamente vissuto nella bella stagione dagli abitanti temporanei del complesso (soprattutto bambini) anche perché connette i percorsi d’accesso alle varie parti edificate; è in buone condizioni e non necessità di interventi straordinari.

3 dalla relazione per un progetto di “Ristrutturazione ex Ospedale M. Marini – parte –“ Ettore Racioppa, marzo 1988.

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2. CORTILE, EX CHIESA ROMANICA. Centro latente, area danneggiata, accesso inappropriato. Proprietà geometriche fondamentali: buona forma, spazio positivo, confini, centro forte. Pattern: luoghi sacri (24), esterni esposti a sud (105), stanza all’aperto (163). L’attuale cortile di circa 130 mq ha l’accesso verso l’androne della Porta di Santa Croce ed era “una bella chiesa Romanica di pianta quasi quadrata ad unica navata con tetto a falde spioventi e con pareti affrescate. Anche qui sono rispettate proprietà geometriche fondamentali come il principio che occorre organizzare la parte centrale di un edificio (il ‘cuore’ che diventa centro forte) come uno spazio al quale tutti i percorsi sono tangenti, al fine di creare una singola area condivisa da tutto il gruppo sociale dei parrocchiani. In quanto centro forte l’ex monastero, collocato accanto alla cattedrale, gioca anche un ruolo chiave alla scala urbana nel creare un punto focale che è necessario nella città. Ora che non è più occupato dalla ex chiesa, il cortile diventa anche uno spazio attraverso cui mettere in relazione l’edificio e la comunità che vi abita con l’esterno. Lo spazio è in terra battuta e chiuso su tre lati da volumi pieni; il quarto lato (2a) è rappresentato da un muro perimetrale che in passato limitava verso valle, a sud, la chiesa scomparsa. Di essa

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restano queste testimonianze: a) finestre murate, nicchie ed intonaco con minute tracce di affreschi oramai perduti, nel muro citato poc’anzi; b) parti di fondamenta e di attacco con la facciata del muro perimetrale opposto al precedente; c) finestrelle, “disegni” di falde dei tetti frutto di stratificazioni storiche, parti di intonaco affrescate, conci isodomi in tufo (all’esterno), nel muro di facciata inglobato in una struttura postuma. Sempre a piano terra è chiaramente leggibile l’intervento degli anni ’50 nel muro che fronteggia l’ingresso (2b) ove la muratura in blocchetti di tufo ha sostituito, purtroppo, la parete di fondo della chiesa un tempo affrescata. Gli eventi naturali, soprattutto terremoti ed incendi, modificarono notevolmente il primitivo impianto della chiesa, così come attestano i segni di una ricostruzione della facciata visibile all’interno del cortile, ed il naturale espandersi della città in direzione Nord-Ovest fece sì che la stessa facciata fosse inglobata in un edificio tardo medioevale con funzioni difensive. Una parziale ristrutturazione fu attuata nel 1650 data visibile sulla chiave di volta posta all’ingresso interno del Monastero, anche se non sono ben note le modifiche apportate”4. Per la sua consistenza, per il fatto che si tratta di spazio aperto e per la collocazione, all’ ingresso dalla strada al complesso edilizio, riconosciamo il cortile come centro latente. Occorre rilevare che lo stato di degrado dello spazio ex chiesa è soprattutto relativo alla necessità di risarcimento delle murature e della sistemazione degli attacchi a terra. La scala (2c) per l’accesso al primo piano costruita in muratura a ridosso della parete in tufo che fronteggia l’ingresso è da classificare come area danneggiata, in quanto superfetazione, e va quindi rimossa.

4 E. Racioppa, ibidem11

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3. CHIOSTRO E PORTICO DELL’EX MONASTERO. Centro latente, aree danneggiate. Proprietà geometriche fondamentali: centri forti, confini, interconnessione profonda e ambiguità. Pattern: portici (119), corti che vivono (115), forma e tipologia bioclimaticamente appropriata (105B), corte termoregolatrice (120B), aree comuni nel cuore (129).Sono riscontrabili alcune proprietà geometriche fondamentali tra le quali l’interconnessione profonda realizzata tra esterno e interno con aperture adatte a fornire a tutte le stanze un’illuminazione appropriata. L’ambiguità connessa al rapporto interno – esterno nell’edificio è cruciale anche per motivi sociali: quest’ambiguità determina quel particolare tipo d’interconnessione che si concretizza sotto forma di portici e terrazze e la possibilità per le persone di trovare diverse situazioni e combinazioni, piena luce, penombra, ombra, per relazionarsi comunque in spazi protetti. Il chiostro interno, al piano terra, a pianta trapezoidale con il portico a crociere (3a) che, sul lato est, collega l’androne d’accesso (3b) alla scala per il piano superiore, consente di prender luce ai vani che su di esso affacciano. Il prospetto est del chiostro è caratterizzato da un piccolo porticato costituito da due archi a tutto sesto poggianti su un unico pilastro centrale. L’analisi delle murature aiuta ad effettuare una lettura cronologica dei vari interventi. Parte di esse sono in blocchi di tufo regolari, soprattutto il primo livello, mentre nei piani superiori la muratura è in mattoni sovrapposti e, in corrispondenza delle finestre, disposti di coltello seguendo un piano inclinato. Classifichiamo chiostro e portico come centri latenti in quanto collocati nel cuore dell’edificio, spazi di transito e di incontro tra le persone. Chiostro e portico potrebbero funzionare anche come spazi intermedi per la regolazione termica dove si produce un microclima “artificiale” interessante e avviene il bilanciamento delle differenze di temperature tra l’ambiente climatizzato interno e l’esterno, nelle diverse stagioni. Attualmente le murature

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presentano ampie zone di distacco dell’intonaco con presenza di vegetazione. Lo stato di degrado in quest’area riguarda le tamponature (3c) delle arcate del portico che andranno rimosse, in quanto superfetazioni e le tubazioni che corrono lungo l’intradosso delle volte del portico (3d).

4. CORTILE DOPPIA ALTEZZA DI CERNIERA TRA EDIFICIO E AREA VERDE TERRAZZATA. Centro latente, aree danneggiate, accessi potenziali. Proprietà geometriche

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fondamentali: gradienti, contrasto, simmetrie locali. Pattern: transizione tra esterno e interno (112), ambiti di circolazione (98), forma dello spazio interno (191). Attraversando il giardino e dirigendosi verso l’angolo nord ovest del corpo di fabbrica più antico, la scaletta entro lo spessore murario di una grande apertura arcuata (4a) nel lato nord conduce ad una spazio parzialmente interrato, settecentesco, addossato al complesso edilizio lateralmente alle fortificazioni di epoca precedente. Più che una stanza questo ambiente può essere concepito come un “cortile coperto”, uno spazio a doppia altezza su cui affacciano finestre di altri ambienti, con una porta (4b) al livello in basso che dà sull’area verde terrazzata originariamente a seminativo dove è il padiglione del gioco delle bocce (4c -col tetto in eternit a due falde per cui andrà studiata la rimozione e bonifica). Sono verificabili alcune proprietà geometriche: lo spazio è pressappoco simmetrico pur con eccezioni, l’una sui due lati lunghi finalizzata a dar accesso all’ambiente dall’edificio e dal giardino, l’altra dovuta al fatto che lo spazio si trova in testata al corpo di fabbrica. Riconosciamo questo spazio come centro latente per la posizione di transito, interspazio tra esterno - interno, livello alto e basso del complesso edilizio, per l’eccezionalità delle dimensioni che ne fanno un’area potenzialmente da adibire ad usi comuni. Nell’ambiente cortile coperto si legge uno stato di degrado diffuso: le pareti sono state alterate da interventi avvenuti nel tempo, le aperture sono state spezzate dal passaggio di tubazioni lasciate a vista (4d).

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5. EX CAPPELLA - VANI A MAGAZZINO. Proprietà geometriche fondamentali: non separatezza, vuoto. Pattern: collegamenti con la terra (168). Funzione originaria attribuita: Sacrestia.Nel cortile dell’ex chiesa si aprono due vani adibiti a magazzino, testimonianti entrambi il perduto soffitto con volte a crociera di cui restano le imposte degli archi (visibili nella sezione Y – Y’) e il passaggio voltato che vi conduce; dei magazzini però è accessibile solo il locale adiacente al sistema di mura difensive verso valle (5a). “Di particolare pregio nel magazzino di destra (5b) un affresco con Cristo risorgente, databile alla seconda metà del ‘400 ed attribuibile alla Scuola del Pastura (Antonio del Massaro). Visibili anche alcune tracce di affreschi precedenti che testimoniano il primitivo impianto duecentesco e confermano una ricostruzione successiva della chiesa nel XV secolo. La stanza era adibita a sepoltura delle Claustrali: ciò si evince per la presenza di una grossa buca nel centro, sia per lo stesso soggetto dell’affresco, sia infine per l’ubicazione della stanza, attigua alla chiesa“5. Le proprietà geometriche da rispettare riguardano in senso pratico le connessioni tra strutture orizzontali – verticali, pavimento, pareti e volte, in senso più profondo, data la funzione originaria di luogo sacro dello spazio, il legame che il vivente

5 M. MORTIN, Monastero di S. Croce di Magliano Sabina. Cenni storici, in “Bollettino Diocesano” della Diocesi Suburbicaria di Sabina e Poggio Mirteto, n. 1, 1966 in E. Racioppa.

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conserva con quanto si nasconde, ciò che è spirituale, essenziale, mistico. Il degrado più evidente consiste nello stravolgimento della forma e della struttura resistente causato dal taglio delle volte originarie che le chiudevano superiormente e nel danno alla parete di fondo affrescata della ex chiesa romanica.

6. TRE AMBIENTI IN SEQUENZA CON VOLTE. (I ambiente accanto al cortile doppia altezza, II ambiente con affaccio sul chiostro) Proprietà geometriche fondamentali: interconnessione profonda e ambiguità, simmetrie locali, echi. Pattern: porte agli angoli della stanza (196), ambiti di circolazione (98), ali di luce (107). (III ambiente) Proprietà geometriche fondamentali: forma buona, simmetrie locali. Pattern: ambiti di circolazione (98), forma dello spazio interno (191). Funzione originaria attribuita: (I e II ambiente “fattoria” con adiacente “stanza di passo per clausura”, III ambiente “granaro”).Si svolgono in sequenza tra il chiostro e il cortile coperto, tre ambienti con volte a padiglione e stucchi al centro dei soffitti (nel primo ambiente una cornice rettangolare con teste di angeli nei vertici – 6a, un ottagono inserito in un quadrato con semicirconferenze nella seconda stanza – 6b). I primi due ambienti erano originariamente un unico spazio; locali di servizio, costituivano l’ala nord del complesso a corte, meno confortevole, non a caso gli ambienti per le monache erano sistemati a sud. Tuttavia le dimensioni, le forme che si ripetono per la stessa funzione produttiva cui erano destinate, ricovero per gli animali – granaio, attestano del rispetto di principi di semplicità, praticità nella costruzione, regolarità per rendere chiari e coerenti i movimenti delle persone al loro interno e

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verso l’esterno (permeabilità). Riguardo al degrado di questi ambienti, il primo, tra il chiostro e il cortile coperto, ha il pavimento dissestato, dove corrono tubazioni, e un cavedio lungo la parete tra le due finestre; il terzo ambiente è diviso al suo interno da una tramezzatura incongrua (6c).

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7. AMBIENTE CON CAMINO. Centro latente. Proprietà geometriche fondamentali: centro forte, simmetrie locali, irregolarità. Pattern: massa d’accumulo termico (195B), aree comuni nel cuore (129), il focolare (181), forma dello spazio interno (191), soffitti a volta (219). Funzione originaria attribuita: “cucina”, “stanza con due forni”.

L’ambiente con camino (7a) adiacente il chiostro è coperto da una volta con lunette al di sopra delle aperture, porte e finestre. La riconosciamo come centro latente per le sue dimensioni, per l’unitarietà delle sue parti, per la collocazione accanto ad altri centri. Le proprietà geometriche individuate attestano le caratteristiche di questo spazio come di una parte centrale dell’edificio al quale tutti i percorsi sono tangenti, al fine di creare una singola area condivisa da tutto il gruppo

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sociale; per rafforzare la sua idoneità a spazio di soggiorno, all’interno è posto l’elemento del focolare che ne identifica il nucleo. L’ambiente col camino, inoltre, è fornito di altre qualità poiché trova piena integrazione all’intorno, funzionalmente connesso alla stanza con due forni, collocata a sud, e formalmente unito con il chiostro a nord attraverso la spessa muratura contraffortata all’esterno, che proteggeva dal freddo e poteva ospitare sedute nel vano della finestra. Consideriamo anche l’armoniosa connessione dello spazio del soffitto alla configurazione della stanza che si mostra quale il risultato di un originario processo di adattamento.

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8. EX LAVATOIO. Centro latente, visuale reale. Proprietà: centri forti, buona forma. L’ex lavatoio occupa il piano terra del corpo di fabbrica nord ovest dell’intero complesso ed è nella parte “B” settecentesca – novecentesca; più basso rispetto al giardino, vi si accede da una strada leggermente in pendenza con l’ingresso posto all’estremità di un blocco (lungo circa 33 m) caratterizzato da un prospetto con poche bucature, privo di particolari fregi architettonici. L’ex lavatoio, di costruzione settecentesca, è un ampio spazio rettangolare posto circa ad un metro sotto il livello della strada; è coperto con volta su lunette per la prima parte, sino ad un arcone, un solaio in ferro e laterizio sovrasta la parte terminale; al suo centro c’è il lavatoio in pietra (8a), oggi divenuto piccolo spazio espositivo delle sculture in legno del maestro Ministrella, direttore scenico del Teatro Argentina di Roma. Interessante è anche l’ampia finestra (8b) che si apre verso valle. Dal lavatoio è possibile aprire un ingresso al giardino, costruendo una scala che superi il leggero dislivello.

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9. Accesso reale, accessi potenziali, area danneggiata.Il fronte con gli accessi è sul lato est del complesso. Un accesso reale è costituito dall’ingresso (9b) al centro di lunga degenza per anziani posto verso la fine del prospetto lungo piazza Principessa di Piemonte. Avvicinandosi a questo ingresso, lo spazio si articola, si passa da uno slargo caratterizzato dai semplici prospetti degli edifici ad un passaggio voltato che si sviluppa al di sotto dell’edificio del seminario. Il passaggio voltato unito alla Porta di Santa Croce, anche se ora non è adeguatamente valorizzato, costituisce senz’altro una parte del sistema edilizio più ampio ed include l’accesso principale all’ex monastero (9a). Le ombre hanno una loro forte valenza e accompagnano questi “passaggi urbani” creando zone buie in contrapposizione alle luci degli spazi aperti. La contro-parete interna della Porta di Santa Croce si chiude in alto con un arco, malamente consolidato da una piattabanda in c.a. Si può vedere l’imposta originaria (9c) della volta a botte al di sopra del passaggio, tagliata ora da un solaio in latero-cemento.

10. CORPO SU STRADA A EST Accessi appropriati. Pattern: piccole piazze pubbliche (61), famiglia di entrate (102), qualcosa approssimativamente nel mezzo (126), ornamento (249).Il corpo di fabbrica lungo piazza Principessa di Piemonte consiste di due livelli, uno a piano terra con accesso dal giardino e l’altro rialzato rispetto alla quota stradale Il corpo si trova nella parte “B” del complesso. Vi si individuano due ingressi, un primo collocato all’inizio del blocco che,con una piccola scala monumentale in marmo (10a), dà accesso al consultorio famigliare ASL, un secondo, verso la fine del prospetto a servizio del centro comunale di lunga degenza per anziani (9b) collocato nel primo e secondo piano dell’ala a sud nel corpo “B” e in alcune parti del corpo “A” duecentesco. Nelle due ali a piano terra del corpo “B”, sono collocate alcune attività ricreative (cfr. punto 11) e di servizio (una cucina nell’angolo). Il fronte lungo piazza Principessa di Piemonte è interessante poiché si apre sullo spazio pubblico ora occupato perlopiù da auto; perciò andrebbe completamente riqualificato insieme all’accesso dalla Porta di Santa Croce alla città e al complesso dell’ex monastero. Del prospetto del corpo di fabbrica che si sviluppa longitudinalmente per circa 44 m si legge una fascia basamentale in pietra di circa 50 cm, il ritmo scandito dalle lesene anch’esse in pietra naturale e le finestre: bucature rettangolari in cui l’altezza è predominante rispetto alla larghezza segnate da cornici semplici che si articolano solo superiormente. Il prospetto termina con un marcato ed aggettante coronamento. Una targa in marmo ricorda Marzio Marini, maglianese che volle la costruzione novecentesca dell’ex Ospedale. La facciata non presenta fenomeni di degrado.

11. CENTRO ANZIANI E ALTRE ATTIVITA’ RICREATIVE Centri latenti. Proprietà geometriche fondamentali: centri forti. Pattern: magia della città (10), rete di percorsi ed automobili (52), posti in alto (62), gradiente di intimità (127).Da un punto di via del Lavatoio si ha la possibilità, saliti pochi gradini (11a), di entrare negli spazi del centro diurno anziani. Si accede ad un piccolo spazio distributivo da cui si scende al giardino e si passa attraverso il lungo corridoio agli ambienti utilizzati per le diverse attività del tempo libero dagli anziani e non solo. Come già scritto, nelle due ali del corpo “B” a piano terra, in ampi ambienti voltati, in connessione con il centro diurno anziani attraverso il giardino, trovano spazio occasionalmente attività musicali, motorie e di danza, ha luogo la scuola estiva per bambini. La proprietà geometrica fondamentale caratteristica di centro forte in questa parte del complesso la rende adatta nel giocare un ruolo chiave alla scala urbana nel creare alcuni di quei punti focali che sono necessari nella città. Ancora, i centri forti costituiti dagli ambienti per le attività ricreative svolgono un ruolo attrattivo fondamentale nella realizzazione di sequenze spaziali che proteggono con gradualità la privacy e le emozioni profonde delle persone all’interno degli edifici: lo spazio pubblico facilmente raggiungibile delle attività ricreative o del centro civico che conduce

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gradualmente agli spazi più interni del cohousing, che conducono a loro volta agli altri spazi ancora più interni degli alloggi. Davvero per ampiezza e collocazione questi spazi paiono adatti ad ospitare un centro civico o comunque attività aperte al pubblico. Inoltre, per la sua posizione in vicinanza alle strade carrabili, il corpo di fabbrica a nord del giardino può diventare, attraverso i possibili interventi da attuare, nodo di accesso e scambio per forme di mobilità sostenibile (car sharing – bike rent, bus a chiamata, ecc).

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12. QUATTRO PICCOLE STANZE AL PRIMO PIANO. Funzione originaria attribuita: passetto.Al primo piano dove è il centro lunga degenza per anziani al di sopra del porticato, che si affaccia sul chiostro, si trovano quattro piccole stanze, tre delle quali adibite a laboratorio, la quarta di passaggio e con altezza maggiore delle altre (12a - forse una piccola cappella) presenta modanature all’imposta della volta quasi semisferica e testimonia un intervento barocco, probabilmente quello del 1650, come riporta il concio in chiave dell’ingresso sottostante. Si individuano come aree danneggiate perché fanno ora parte del centro di lunga degenza; inoltre,

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per la posizione che occupano tra chiostro e coro dell’antica chiesa, per i caratteri formali che ancora conservano, se ne potrebbero meglio studiare le possibilità.13. Visuali potenziali. In questo lato del complesso edilizio alcune aree sono completamente inaccessibili, solai parzialmente crollati, ambienti che con il loro sviluppo consequenziale seguono l’andamento delle antiche mura. E’ il caso della scala (13a) che connette il piano terra dal passaggio oltre il portico al primo piano e continuava a distribuire verso le stanze al secondo piano. Di questi ambienti è importante cogliere il rapporto con l’esterno attraverso le aperture irregolari che si aprono sul panorama, a sud, verso “il Giglio”, la vallata sottostante che guarda al Monte Soratte e l’antica via d’ingresso alla città.14. CENTRO LUNGA DEGENZA ANZIANI. Area danneggiata. Funzione originaria attribuita: (per la parte duecentesca) educandato. Un blocco ad L a due livelli accoglie il centro comunale di lunga degenza per anziani, composto dagli ambienti che, lungo due corridoi, si susseguono tra di loro per mezzo di aperture ricavate nei muri portanti. La consideriamo area danneggiata poiché, ammesso che la funzione potrebbe essere diversa, con la demolizione delle tramezzature che attualmente formano una scontata articolazione degli spazi, corridoio centrale e camere con bagno lungo i lati, si potrebbe realizzare un impianto più interessante, forse riproponendo gli ambienti come al piano terra.

15. SISTEMA MURA DIFENSIVE. Proprietà: confini, ripetizione alternata, irregolarità. Pattern: recupero del sito (104), pendio terrazzato (169), pareti spesse (197), porte e finestre secondo natura (221).

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Nel lato sud del complesso edilizio si eleva il sistema delle mura difensive caratterizzato da due murature perimetrali di forte spessore le cui facce interne risultano distanziate tra loro circa 1.20 – 1.50 m e collegate per mezzo di un percorso sopraelevato rispetto alla quota del cortile. Il muro esterno ha uno spessore variabile; infatti, si rastrema man mano che sale diventando poi parapetto di questo percorso; il muro più interno, invece, ha una sezione costante ed un’altezza (circa 6.00 m) maggiore rispetto a quello esterno. Ad Ovest il sistema difensivo (15a) è caratterizzato da torrette a due livelli, con coperture a falde poste a differenti quote, che emergono dal volume dell’intero complesso. Le proprietà geometriche presenti qualificano tali ambienti come zone di bordo formate da piccoli spazi adatti a supportare ed intensificare le attività dei centri maggiori posti all’interno (confini); anche l’alternanza fitta di mura verticali e piani orizzontali, dovuti alla costruzione sul pendio (ripetizione alternata), porta a ritagliare piccoli spazi facendo attenzione alle esigenze d’illuminazione delle diverse stanze, alle diverse visuali, ed ottenendo un’informale disposizione di finestre irregolari (irregolarità).

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16. AMBIENTE VOLTATO ACCESSIBILE DAL CHIOSTRO. Proprietà geometriche fondamentali: centro forte, simmetrie locali, irregolarità. Pattern: forma dello spazio interno (191), soffitti a volta (219). Funzione originaria attribuita: ex parlatorio.E’ un ambiente posto al piano terra di circa 10.50 x 4.60 m., ripartito in due da un arco intermedio, con l’accesso dal lato corto del chiostro, dinanzi al portico che da qui si intravede attraverso la porta d’ingresso con sovra luce. Le dimensioni armoniose, le numerose aperture verso gli ambienti dell’antico monastero (stanza di passo per la clausura, fattoria, passetto verso la stanza delle rotare) la simmetria, il panorama che si ammira dalla sua finestra e, soprattutto, poterne vedere la volta ancora in piedi ne fanno un ambiente tra i più belli del complesso.

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