Reclus Eliseo, Nuova Geografia Universale

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1 Eliseo Reclus Nuova geografia universale la Terra e gli uomini. Volume 1, Introduzione generale L'Europa centrale www.liberliber.it

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    Eliseo Reclus

    Nuova geografia universale la Terra e gli uomini.

    Volume 1, Introduzione generale L'Europa centrale

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    QUESTO E-BOOK: TITOLO: Nuova geografia universale : la Terra e gli uomini. Volume 1, Introdu-zione generale - L'Europa centrale AUTORE: Reclus, Elise TRADUTTORE: Brunialti, Attilio CURATORE: Brunialti, Attilio NOTE: DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo distribuito con la licenza specificata al seguente indi-rizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: 1: Introduzione generale : Europa centrale : Svizzera, Austria-Ungheria, Germania / di Eliseo Reclus. - Napoli [etc.] : Vallardi, 1884. - LXXI, 1135 p., [22] c. di tav. : in gran parte ill. ; 28 cm. Fa parte di Nuova geografia universale : la Terra e gli uomini / di Eliseo Re-clus ; traduzione italiana con note ed appendici per cura [di] Attilio Brunial-ti. - Napoli ; Milano : Vallardi ; [poi] Milano : Societa editrice libraria. - v. : ill. ; 28 cm. CODICE ISBN: assente 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 13 luglio 2009 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilit bassa 1: affidabilit media 2: affidabilit buona 3: affidabilit ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Alberto Mello, [email protected] Catia Righi, [email protected] REVISIONE: Mario Lanzini, [email protected] PUBBLICAZIONE: Catia Righi, [email protected]

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    NUOVA GEOGRAFIA UNIVERSALE

    LA TERRA E GLI UOMINI DI

    ELISEO RECLUS TRADUZIONE ITALIANA CON NOTE ED APPENDICI

    PER CURA DEL PROF. ATTILIO BRUNIALTI

    VOLUME I INTRODUZIONE GENERALE. LEUROPA CENTRALE

    (SVIZZERA, AUSTRIA-UNGHERIA, GERMANIA)

    CONTENENTE 11 CARTE COLORATE, 225 CARTE INTERCALATE NEL TESTO E 79 INCISIONI IN

    LEGNO

    Dottor LEONARDO VALLARDI, Editore

    NAPOLI Corso Garibaldi, Piazza della Stazione.

    MILANO ROMA TORINO Corso Vitt. Eman.,

    4. Via del Corso, 269. Via Finanze, l1.

    TRIESTE al deposito presso il sig. Giovanni Romeo

    Corso N. 11, 2 piano.

    1884.

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    INTRODUZIONE

    La pubblicazione di una GEOGRAFIA UNIVERSALE, per quanto possa parere impresa temeraria, giustificata dai notevoli progressi compiuti di recente e che si vanno compiendo nella conquista scienti-fica del globo. Le contrade dove da lunga pezza domina luomo incivilito hanno lasciato penetrare gran parte de loro misteri; vaste regioni, per lo innanzi non esplorate dallEuropeo, vennero ad aggiungersi al mondo conosciuto, e le leggi cui obbediscono i fenomeni terrestri sono state scrutate con pi rigoro-sa esattezza. Le conquiste della scienza sono in numero troppo grande, e troppo sono importanti per-ch si possa introdurne il riassunto in qualche opera vecchia, fosse pure del maggior merito, come quel-la dellillustre Malte-Brun. A tempi nuovi occorrono libri nuovi.

    La mia grande ambizione sarebbe di poter descrivere tutti i paesi della Terra e farli apparire agli oc-chi del lettore come se mi fosse stato dato di percorrerli io medesimo e di contemplarli sotto i loro di-versi aspetti; ma, per un uomo solo, la Terra davvero sconfinata, s che ho dovuto giovarmi dellaiuto di tutti i viaggiatori per riprodurre la infinita successione dei paesaggi terrestri. Nondimeno ho procura-to di non seguire ciecamente le mie guide e mi sono studiato, merc continue letture, di controllare le loro descrizioni e narrazioni. Innanzi di riprodurre le parole, ho sempre aspettato di essermene reso un esatto conto; ho fatto rivivere la natura intorno a me.

    Ma questa natura cambia essa pure costantemente insieme cogli uomini cui d nutrimento. I movi-menti interni sollevano od abbassano le montagne, le acque correnti trasportano via il suolo e lo trasci-nano verso il mare, le correnti rodono le scogliere e ricostruiscono gli arcipelaghi, la vita formicola nei flutti e rinnova senza posa la superficie della Terra; infine i popoli, collagricoltura e collindustria, cam-biano le vie commerciali e modificano laspetto e le condizioni prime dei continenti che li portano, n cessano di modificarsi essi medesimi colle emigrazioni e cogli incrociamenti. Infinita la mobilit di tut-to quanto ne circonda; tuttavia uopo tentare doffrirne unidea e descrivere insieme quello che rimane e quello che muta. Gi nel libro LA TERRA, che in cotal modo la prefazione dellopera attuale, ho ten-tato di descrivere i movimenti generali che si producono alla superficie del globo; ora si tratta di seguirli nei particolari attraverso i mari e i continenti. Siffatto lavoro, ben lo sento, difficilmente pu condursi a buon fine; ma nellampiezza stessa del cmpito trovo la scusa del mio ardire, e vi consacro sinceramen-te le rapide ore della mia vita. La goccia di vapore che brilla un istante nello spazio riflette nella sua mo-lecola quasi impercettibile luniverso che la circonda colla sua immensit: cos io mi provo a riflettere il mondo circostante.

    La geografia convenzionale, che consiste nel citare le longitudini e le latitudini, nellenumerare le cit-t, i villaggi, le divisioni politiche ed amministrative, piglier un posto affatto secondario nel mio lavoro; gli atlanti, i dizionar, i documenti ufficiali offrono su questa parte della scienza geografica tutte le desi-derabili indicazioni. Collassumermi la facile bisogna dintercalare numerose tabelle di nomi e di cifre non vorrei accrescere inutilmente le proporzioni di unopera che sar gi molto estesa, e temerei di u-surpare un dominio, quello della cartografia e della statistica pura. Laggiunta al mio libro di una certa quantit di carte non lho fatta per ambizione di comporre una specie di atlante, dispensando il lettore dal ricorrere alle opere speciali. Mentre le carte generali hanno per iscopo di dare a coloro che le studia-no tutte le indicazioni, nessuna eccettuata, che si riferiscono alla configurazione del suolo ed alla posi-zione de mari, le incisioni e le carte speciali della NUOVA GEOGRAFIA UNIVERSALE sono destinate uni-camente a mettere in evidenza i fenomeni di cui parola nel testo; e mentre esse saranno, come necessario, esatte e precise, trascureranno i particolari secondar. Lungi dal surrogare un atlante, le mie carte non fanno, per cos dire, che commentarlo e spiegarne il significato intimo, in relazione ai feno-meni della natura ed agli avvenimenti della storia.

    Nel mio lungo viaggio attraverso il mondo, dai paesi dove ha sua sede la civilt europea, ai formida-bili monti di ghiaccio che vietano alluomo di approdare alle terre antartiche, io non mi costringer ad un ordine assolutamente rigoroso. Siccome la natura essa medesima diversa molto nei suoi aspetti e non obbedisce a verun regime di convenzionale regolarit, io terrei un ordine affatto apparente ove se-guissi sempre lo stesso sistema nella descrizione de paesi. Parmi pi conforme al vero lasciarmi dirigere nel lavoro dallimportanza relativa dei fenomeni che si tratta di descrivere, dai caratteri distintivi e dallo stato di coltura dei popoli che si succederanno ne miei quadri.

    Nel cominciare unopera cos estesa mio dovere di impegnarmi verso il lettore ad usare la maggior

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    sobriet di linguaggio. Troppo ho a dire per non ritenermi obbligato a sfuggire ogni parola inutile; sar dunque pi breve che mi sar possibile, senza nuocere alla chiarezza dellesposizione. La Terra abba-stanza grande e i mille e quattrocento milioni duomini che labitano offrono diversit e contrasti baste-voli per parlarne senza cadere in ripetizioni inutili.

    Per mala ventura, il mio lavoro, qualunque sia la cura colla quale lho preparato e lo vado esponen-do, non andr immune da molti errori. Quelli derivanti dalle continue trasformazioni della natura e dellumanit non potrebbero essere evitati, n mi duopo scusarmene, perch non posso pretendere di precorrere il tempo. Per io prevedo del pari molti errori provenienti, vuoi dallignoranza delle opere dei miei predecessori, vuoi, cosa pi grave, da qualche pregiudizio del quale forse non riuscii ancora a spogliarmi. Ne chiedo scusa sin dora ai miei lettori, ai quali posso invece promettere lo scrupolo nel la-voro, la rettitudine nei giudiz, il rispetto continuo alla verit. Ci mi d animo a rivolgermi ad essi pieno di fiducia, invitandoli a studiare con me questa TERRA BENEFICA, che tutti ci porta, e sulla quale sarebbe cos bello vivere come fratelli!

    ELISEO RECLUS.

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    PREFAZIONE I

    Limportanza scientifica della geografia cresciuta a d nostri di pari passo colla sua popolarit. Il geografo deve ormai possedere non solo quelle cognizioni la cui necessit gi avvertiva Strabone, ma tante pi da far credere, come notarono il generale Strachley e Cristoforo Negri, il compito di lui supe-riore alle forze umane. Ma, a testimonio appunto della popolarit sua, il Peschel avverte, che il sapere geografico aperto a moltissimi, e il Ritter ne d le ragioni, paragonandolo alloceano: sapere sterminato ma non difficile. Comunque si esamini lo scibile, noi ci avvediamo che tutti i pi gravi problemi dellordine morale, tutti i fatti della vita fisica fanno per capo necessariamente qui, alla Terra. Poco monta che questa Terra, gi centro immobile e sovrano delluniverso, sia stata ridotta allufficio dumile ancella duno dei tanti milioni di Soli, disseminati nelluniverso, traendosi dietro, misero avanzo dellantica pompa, appena la Luna. Noi ci troviamo pur sempre confinati su questa Terra e la dominia-mo, e dominiamo da essa luniverso, senza riuscire in alcun modo a separarcene mai. Cos la Terra con-tinua ad essere il centro morale delluniverso, e la sua descrizione la parte pi interessante e viva di tutta la cosmografia. Tutto quanto sattiene alla estensione, alla configurazione, al movimento, allaspetto, alla popolazione del globo terrestre, lassieme di tutto quello che esiste, vive e si produce na-turalmente od artificialmente col concorso delle umane attivit il suo proprio elemento, comprenden-do essa ugualmente la Terra e luomo, la vita fisica e lazione molteplice di quello sulla natura.

    Nessuna meraviglia se quella sete natural che mai non sazia s fatta pi che mai viva a d nostri, e le pubblicazioni geografiche aumentano e si diffondono a dismisura. Tutti i pi diversi senti-menti umani vi trovano alimento: lalta scienza al pari della pi volgare curiosit, il sentimento dellumana solidariet e legoismo pi gretto, la fede pi pura e lo spirito davventura, il culto dei pi ideali interessi e la prose-cuzione pi accanita del benessere e della ricchezza. I periodici di geografia non bastano pi, e la scien-za trova posto e si diffonde negli altri; le pubblicazioni spesseggiano, le societ geografiche aumentano di numero, di potenza, i governi aiutano, e tutti leggono avidamente il racconto delle nuove scoperte, mentre leducazione geografica si diffonde sino alle pi umili scuole. Al conosci te stesso dellantica civilt, la moderna ha aggiunto un altro precetto: conosci la Terra,

    Tavanza tavanza Divino straniero Conosci la stanza Che i fati ti diero

    Noi allunghiamo la breve giornata della vita popolandola di immagini feconde, ed ingrandiamo que-

    sto nostro pulviscolo cosmico popolandolo di infiniti problemi. Ma sono appena quattro secoli che era affatto ignota la met del nostro stesso emisfero, e tutto quello dAmerica. Appena trenta secoli sono passati dalla manifestazione delle prime idee sul sistema del mondo, sebbene esistessero assai prima grandi e potenti nazioni. vero che i selvaggi ed i barbari, mossi dallistinto irrequieto, sfidarono sem-pre lo spazio; ancora a d nostri, i Beduini pastori del deserto, gli Indiani cacciatori dellAmerica, i Ma-lesi navigatori e pirati, e gli Eschimesi, che tracciano col carbone, sulle scorze di betulla, i passi da segui-re tra i ghiacci, percorrono vaste regioni, ma non hanno la pi lieve idea geografica. Il caso di una tempesta, la forza irresistibile degli elementi, lostilit daltre trib, la fame o la speranza di preda, li se-ducono o li spingono a varcare i consueti confini. Il regno della favola dur in geografia pi che nella storia; ma dopo le grandi scoperte marittime della fine del secolo XV, il velo incominci a cadere, ed i confini dellorizzonte si allargano da tutte le parti. La geografia, seguendo tutte le imprese, profitta di tutte, la civilt intera riceve un potente impulso, e grazie a questo movimento incessante i limiti dellignoto si restringono ognora pi. Il genio delluomo vince il tempo e lo spazio; nellaria non ci sia-mo elevati oltre agli 11.500 metri, e le gallerie pi profonde non entrano che per ben pochi chilometri in seno alla Terra. Ma i monti spianati o perforati, gli istmi tagliati, le terre prosciugate, gli oceani doma-ti, le notizie trasmesse colla rapidit del pensiero, ci mostrano come il dominio della geografia sia ben presso ad essere anche tutto intero il dominio delluomo.

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    II

    Le cognizioni dei primi abitanti della Terra non si estendevano gran tratto oltre lo sguardo, s che lungi dal focolare domestico tutto era avvolto di tenebre, nel regno vastissimo della favola. Il re del creato era allora poco meno che inerme contro lesuberante natura,

    Col gel, coi nembi, colle belve in guerra e alle naturali barriere altre ne aggiungevano le rigide istituzioni e le paurose teogonie. Nei sacri poemi Indiani la Terra un fiore di loto fluttuante sulle acque, mentre i Cinesi la credono un disco vastissimo, del quale lImpero loro tiene il mezzo, trovandosi pi presso al cielo, e il sentimento religioso di quelli, il ca-rattere politico e quasi direi burocratico di questi, si riflettono in tutti i particolari di codesti concetti co-smici. Pi limitati quelli degli Egizi e della Bibbia, i quali tenevansi anche pi lontani dalle speculazioni sulluniverso, paghi di descrivere, colla incoscienza del linguaggio volgare, quello che cadeva loro sotto i sensi.

    Il commercio e la guerra, o come direbbe Herbert Spencer, la manifestazione delle due diverse atti-vit, industriale e militare, determinarono luomo ad uscire dai noti confini, a correre traverso lo spazio, e giammai potremo sapere se pi contribuissero a queste prime espansioni lauri sacra fames, che prepa-rava le vele al navigatore fenicio, o lambizione delle falangi egizie e macedoni di Sesostri, di Ciro, dAlessandro, ovvero la legge che non volendo pi sacrificare ai viventi, nelle terre isterilite, il soverchio dei nati, li commetteva venturieri e pirati alle fortune del mare, lanciando ai quattro venti il prospero seme delle colonie.

    Le nozioni acquisite ed i fatti raccolti vennero metodicamente esposte dai greci con una vivacit di colori ed una freschezza di espressione, che oggi ancora siamo costretti ad ammirare. Ma anche tra loro era durato sino alla fine dei tempi eroici il regno della favola, cio sino a che le men remote peregrina-zioni trovavano difficolt e pericoli estremi, in paesi barbari o deserti, fra popolazioni di lingue e co-stumi diversi, e poco o punto conosciute. Pure il confuso senso della natura si eleva a dignit di pensie-ro, e luomo raffigura in s luniverso. Lo scudo dAchille ci d allora la pi antica carta geografica che si conosca

    Vi descrisse la terra, il mare, il cielo E il sole infaticabile

    ma anche nel mondo Omerico, Itaca lontana e lItalia appare, come la Libia, circonfusa di favole; ivi i Ciclopi, le Sirene, Circe, Scilla, Cariddi, tutto un mondo fantastico di mostri favolosi, di perfidi incanti e di minaccievoli abissi; quivi i Lotofagi, i pigmei, ed Atlante, che regge sulle ampie e poderose sue spalle la vlta del cielo.

    Il bacino del Mediterraneo, focolare della pi alta coltura dellantichit, fu naturalmente anche il centro intorno al quale si svilupparono le esplorazioni pi importanti per la geografia degli antichi. Me-raviglioso popolo i Fenic, viventi su breve terra, come Venezia e lInghilterra, e pur dispersi in tutte le isole e su tutte le coste del Mediterraneo, anzi neppure arrestati dai favoleggiati terrori dallaperto Ocea-no oltre i segni di Ercole. Era forse arte della loro politica seminare lungo i consueti itinerarii marittimi favole di mostri e leggende di nuovi terrori e propalare errori, i quali trattenessero o fuorviassero la concorrenza, come usarono di poi i nostri viaggiatori mercanti dei tempi di mezzo, fra i quali avremmo potuto trovare in gran numero i Polo. Eppure i Fenic precedettero nellEusino gli Argonauti, supera-rono le Sirti insidiose, tennero il monopolio dello stagno e dellambra nei mari del Nord, raggiunsero lultima Thule, creduto per tanto tempo di poi il segno estremo delle umane conquiste, e girarono, forse, ma ad ogni modo indarno, lAfrica intera. Annone, Milcone, i tre Scillaci, richiamano una plejade di o-bliati navigatori, poi quali si allargarono la prima volta i confini dun mondo, chiuso dapprima sulle rive del classico Mediterraneo.

    Il genio greco, pi aperto e fecondo, sebbene meno proclive alle scoperte, doveva meglio profittare delle relazioni che fecero penetrare in tutti i circostanti paesi i loro commerci e linfluenza. Cos crearo-no, si pu dire, la geografia, e diedero vigoroso impulso, specialmente al suo rapporto storico, non riu-scendo loro di separare luomo dalla terra onde contemplavano le bellezze. Le scuole astronomiche di Mileto e di Samo tentarono di erigere sopra basi razionali un compiuto sistema geografico, gloria im-mortale di Talete, dAnassimandro, dAnissimene, sebbene quelle loro cosmogonie ci sembrino oggi puerili, ed essi medesimi togliessero le principali notizie geografiche ed astronomiche degli antichi col-legi sacerdotali della Caldea e dellEgitto. Vero padre della geografia, come della storia, appare Erodoto,

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    maestro per lungo tempo insuperato nel narrare quello che ha veduto nei viaggi coi quali aveva supera-to i pi irrequieti antecessori.

    Le povere cognizioni teoriche degli antichi e le loro artificiose cosmogonie impallidiscono per di fronte alla imponente grandezza di imprese come quelle di Alessandro, per tacere dei predecessori, i quali ci costringerebbero a risalire di nuovo sino ai poemi dellIndia. Non possibile pensare senza me-raviglia, che nel breve giro di poco pi che due lustri seguivano allora le battaglie del Granico e delle go-le dIsso, la distruzione di Tiro, linvasione e la conquista dEgitto, la fondazione di grandi citt, la cadu-ta di Babilonia, la giornata di Gangamela, dove la potenza degli Achemenidi giacque annientata per sempre, le spedizioni della Battriana e della Sogdiana, e linvasione della Pentapotamia nellIndia mo-derna. E tutto questo mentre Nearco veleggiava con duemila legni dallIndo alle foci del Tigri, e i Greci atterriti vedevano scomparire le note costellazioni, e la Croce del Sud brillar per la prima volta agli atto-niti sguardi. Lo studio della natura sopra cos larghe proporzioni, in tanta ampiezza di spazio, fra tanta variet di fenomeni, da un popolo di cos alto intelletto, ed i rapporti nuovi stabiliti fra tanta variet di cose e di persone, diedero un vigoroso impulso alla scienza. Gi Platone aveva avuto il presentimento che noi altri seduti intorno al Mediterraneo come rane intorno ad un padule, occupiamo una picciola parte di terra, ed Aristotele stabilisce sopra una solida base di decisivi argomenti la sfericit della Terra, mentre accenna ad un mondo che sar il rovello dei critici futuri, lAtlantide. I viaggi di Pitea dovevano essere un oscuro episodio di fronte alle conquiste macedoni, mentre sorgeva sulle rive del Nilo una citt chiamata a condensare tutto il sapere umano di quei tempi, temprando il pensiero a matematica severi-t. Ivi Eratostene raccolse gli sparsi documenti geografici, li sottopose al vaglio della critica, illumin i punti oscuri, tolse i dubbi, e ne usc il primo trattato di geografia matematica. Del quale, se anche ci re-stano appena pochi frammenti, abbiamo la grande scoperta dei meridiani e dei paralleli, coi quali egli primo adoper a determinare la latitudine e la longitudine di ogni luogo. Ipparco perfeziona lopera di lui, trovando il vero metodo per determinare le longitudini, popolando il cielo di stelle, e meritandosi il titolo di padre della geografia astronomica. Che se quei due grandi contrastarono come moderni pedan-ti daccademia, divinarono insieme lesistenza dun continente messo a contrabbilanciare il nostro sulla via, che da Gades ci permetterebbe di raggiungere lIndia sopra uno stesso parallelo, se non ci atterris-se lincommensurabile oceano interposto.

    III

    Roma, che la tradizione classica ci descrive soprattutto come intesa principalmente alle conquiste, regre imperio populos, Romane, memento, fu pure un grande fattore despansione e di coltura geografica. Giammai si era seguito sopra uno spazio pi vasto di quello che Roma tenne lo scambio delle idee, dei prodotti, degli uomini; nessuna meraviglia, se da quei vasti contatti si sprigionava poi, con Strabone e con Plinio, con Pomponio Mela e Marino di Tiro, tanta luce di scienza, e si apriva la via a Tolomeo, quando i legati romani mostravansi alla corte cinese, nel centro dArabia, tra i Pitti ed i Garamanti, per modo che quasi una cunctarum gentium in toto orbe patria fieret. Ma se Roma pu darci lopus magnum, lenciclopedia naturale, non riesce a darci la scienza, che ritorna ad Alessandria alla cui scuola appartiene lalmagesto, ultima espressione dellantica geografia. Ivi anche la divinatrice tradizione cosmica dei pitago-rici giace obliata, perch lipotesi di Tolomeo, sebbene in gran parte fantastica, comprende nella sua me-ravigliosa struttura lintero universo. Per questo la gran sintassi, riassunto e conclusione delle idee e delle dottrine dellOriente e della Grecia, doveva diventare di poi lunica base scientifica, il filo conduttore delle imprese di terra e di mare, loracolo della Chiesa, sino alla scoperta dAmerica. La Terra, immobile, il centro regolatore del mondo; le sette orbite dei pianeti, lottava translucida delle stelle, e il firma-mento lasciavano oltre ancora un posto allempireo, perch la fede vi collocasse il trono fiammeggiante di Dio e la dimora eterna degli eletti. La sua descrizione della Terra per quel tempo completa, specie ri-guardo al settentrione dEuropa ed allAfrica, ed appena i moderni lo superarono nelle acute osserva-zioni a proposito dellinfluenza dellambiente sugli abitanti. Cos, di fronte al grande Alessandrino, si di-scernono appena Pausania, Dicearco, Scimno, Artemidoro, Isidoro di Carace, Dionisio Periegete, Agatemero, Marciano dEraclea, Agrippa, Cornelio Nipote, Stazio, ed appena ci possiamo arrestare sul-le descrizioni geografiche di Cesare e di Tacito, quadri impareggiabili di natura e di costumi, e sugli iti-nerarii peutirigeriano e antoniano, colle loro indicazioni grossolane e prive di proporzioni, ma pratiche, documenti preziosi della romana potenza.

    I barbari invasori non portarono luce, ma tenebre fitte, ed anche la geografia fu avvolta nel generale

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    naufragio della civilt. Fu per qualche tempo come una ridda turbinosa di imperi, che apparivano e spa-rivano; il nodo robusto col quale, come aveva potuto cantare di Roma un poeta gallico del quarto seco-lo, urbem fecisti quod prius orbis erat, era spezzato in frantumi, e quando emersero da quellanarchia i primi Stati, le loro agitazioni, larbitrio che li governava, le divisioni della feudalit erano tali da sfuggire ad ogni descrizione scientifica. In quegli amalgama transitorii e spesso fortuiti della conquista, relazioni, limiti, nomi, tutto riusciva per siffatto modo incerto, che non era possibile mettere assieme un corpo di notizie le pi elementari. Le menti dominate dalle vaghe speranze o dai folli terrori duna grossolana superstizione, si fermavano su tutte sorta di favole e di leggende, foggiando le pi strane cosmogonie. Era come una lanterna magica, che spiegava i colori fantastici delle pi mutevoli immagini sul fondo oscuro della generale ignoranza. Tentativi isolati non mancano, ma nonch a progressi nuovi, riescono appena a conservare tracce del passato: merito tuttavia di Cassiodoro, consigliere a Teodorico, di San Gregorio Magno, della scuola di Canterbury. Le Cognizioni frammentarie degli antichi si mescolano colle leggende del Medio-evo e colle ingenue creazioni dei Padri. A nulla giovano le missioni e i viaggi degli inviati di Giustino imperatore alla corte di Dissabolo nellAsia centrale, di Cosma Indicopleuste nellIndia e in Etiopia, degli Irlandesi nelle isole e nelle terre settentrionali dEuropa, di Wulstano nel Baltico, di Otero nel mar Bianco. Continuano a reputare aperto il Caspio, isola la Scandinavia, scono-sciute le vie degli oceani, popolate di favole le estremit della stessa Europa. Insieme alla leggenda del paradiso terrestre e a quella di Gog e Magog che si trasformano via via fino al Rinascimento, troviamo tracce del romanzo di Alessandro Magno, e ricordi che la stessa coltura classica aveva reputati miti etni-ci o simbolici, o creazioni poetiche, i pigmei, i centauri, i cinocefali, i macrobi, gli astomi. La Terra ap-pare ai Padri pianeggiante, con forma quadrangolare, come in Cosma Indicopleuste ed in Marciano dEraclea, di una fronda, come in Prisciano, o da queste diversa come in Severiano di Gabala e Diodoro di Tarsia, mentre Etico, Festo Avieno, Pappo Alessandrino tornano allantico. San Virgilio immagina un alter orbis, con un Sole e una Luna tutti suoi e loceano nel mezzo, e al pari di Beda il venerabile ammette gli antipodi; ma la dottrina pare contraria alla Bibbia e papa Zaccaria la anatematizza, come iniqua e perversa. Il Sole si nascondeva di notte dietro un gran monte; le stelle erano condotte in giro dalle po-tenze angeliche. La Chiesa aliment le pi fanciullesche stravaganze, sino a che le necessit stesse del suo culto, che esigono un calendario, come dire la fissazione dei periodi astronomici, la spinsero a favo-rire i primi tentativi dei monaci Irlandesi. Ma prima bisogna che lelemento arabo, assimilandosi i tesori dellantichit orientale e greca, accenda il fuoco di una civilt nuova, e questa da Bagdad, dal Cairo, da Siviglia mandi raggi di luce sullEuropa adagiata nella rude e ferrea ignoranza della feudalit, e risvegli Onorio dAutun, Adamo di Brema ed il monaco Gerberto (Silvestro II). Ma in tutto il periodo patristico, come egli lo chiama, fu nullo, dice il Marinelli, lavanzamento della conoscenza del globo, ad onta delle guerre numerose e grosse, delle migrazioni e dei numerosi apostolati, nullo il progresso della fisica co-smica, nel quale campo non fu intra-veduta alcuna idea nuova; e moltissimi dei fatti nemmeno furono compresi nella loro esterna manifestazione; grossolani e rudi-mentali i prodotti cartografici, per giunta subordinati a convenzionalismi mistici e tradizionali. Cos anche questo episodio della gran lotta che si combatte da secoli tra il misticismo e la scienza mostra una volta di pi lintimo legame che avvince la geografia alla vita tutta della societ ed alla civilt generale, s che ne divide forse pi di tutte le altre di-scipline, le tristi come le liete fortune.

    IV

    La storia della geografia profitta egualmente delle invasioni arabe, delle scorrerie normanne, delle imprese crociate. Spinti come da un bisogno di perpetuo moto, i Normanni superarono sul mare tutte le audacie dellantichit, seguendo su fragili barche il volo dei corvi dOdino, unica bussola. Allora colo-nizzarono utilmente lIslanda, e la punta del Grnland, verdeggiante di boschi e di campi profumati di fiori, scoprirono Helluland, Markland, Vinland, discesero forse anche pi gi, lunghesso le coste dAmerica, sebbene indarno per la scienza e per la civilt, causa linsufficiente preparazione mentale e la poca opportunit delle regioni scoperte. Somiglianti alla loro isola, dove fumano tra i geli e le nevi eter-ne i vulcani, essi illuminarono la tenebra boreale di una vigorosa civilt, come traspare dalla Saghe e dai canti inspirati dellEdda, dove illustrano nuovi e fantastici miti cosmici, ma descrivono anche la scono-sciuta regione dai cui fianchi erano usciti, il nord scandinavo.

    Gli Arabi, abbandonata, alla voce del Profeta, la crisalide del patriarcato ed i deserti dellYemen, do-ve avevano erette per tanto tempo le tende, piombarono sullEuropa e sullAsia. A guisa di nubi raggrup-

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    pate e subito disperse dai soffi del vento, corsero dalla Persia alla Spagna, dallIndo sin quasi alle porte di Ro-ma. Ma la spada e lAlcorano mandano lampi di civilt, e nelle tenebre risplendono gli osservator, le bi-blioteche ristaurate, lAlhambra. Incominciano col tradurre Tolomeo; poi Macudi nei Prati d oro, Iban Namu nelle Vie e Reami, descrivono le terre visitate da loro, dalla Spagna alla Cina e dalla Russia al Ma-dagascar; Edrisi illustra il monumentale planisfero dargento di Ruggiero II, ed Abulfeda, raccogliendo il parere di sessanta geografi, descrive la vera situazione dei paesi, specie di quelli dove sera dapprima diffuso lIslamismo. Intorno a questo principe Sciemseddin-Abn-Abdallah mette insieme le meraviglie della terra e del mare, Ibn Batuta sinoltra sino a Sumatra e a Tinbuct, Ahmed Moquaddasi ci d la migliore divisione dei paesi; Leone lafricano descrive autorevolmente la terra onde trae il nome, Wahad ed Abu-Said penetra-no nel cuore della Cina, e i fratelli Almagrurin tentano di rapire i suoi segreti al mar tenebroso.

    Cogli Arabi e coi Normanni, le Crociate ravvivano il genio dei navigatori, aprono nuove vie alle in-dustrie, pi numerosi sbocchi ai commerci, collegano diversi e lontani paesi, fanno convenire in quello che era riputato lombelico del mondo, spinti da fervida piet o da feroci ambizioni, da strazianti rimor-si o da celestiali speranze, gli uomini pi diversi. Si allargano i chiusi orizzonti feudali, ed una folla di cose non vedute o non considerate dapprima, appare ad una folla di uomini, dileguando favole e pre-giudiz, alimentando interessi e bisogni nuovi. Gerusalemme e laltre citt di Palestina ricadono in mano ai Musulmani, e Bisanzio tornata per poco Costantinopoli, diventa la musulmana Stambul. Ma tutto non perduto, imperocch dove il ferreo feudalismo non aveva veduto che unoccasione a menar dazza e di spada, e a distruggere e rapinare, le nostre avvedute borghesie mercantili avevano gittata la rete doro dei commerci e il prospero semenzaio delle colonie. E dai loro fondachi di Caffa e della Ta-na, i mercanti di Rialto e di Loggia dei Banchi, per allargarne i confini, facevano e disfacevano imperi; s che per duecento anni Venezia, Genova e Pisa contesero la palma dei commerci dOriente, raggiungen-do ciascuna tanta grandezza da lasciare attoniti gli uniti nipoti. Non pu a meno di sentirsi umiliato e orgoglioso ad un tempo chiunque gitti lo sguardo su di una carta dellepoca, come quella che il Serristo-ri trasse dal portolano mediceo della Laurenziana, dove nelle stesse singolarit topografiche suona leco degli idiotismi liguri e veneziani.

    Pi che dalle civili discordie venne loro il principio della fine da quelluragano di barbarie, che dai colli di Samarcanda rovin sino al Gange, per risalire poscia a sgomentare lEuropa. In pochi anni, so-vrapponendosi a conquistati ed a conquistatori, i Tartari penetrarono sin nel cuore del nostro continen-te, innalzando le loro funeree piramidi di teschi sulle rive del Danubio. Dal muro della Cina sino alla Vi-stola, dalle steppe siberiche alle pianure feconde del Gange, Timur Lenk ben poteva dire, non esservi che un Dio nel cielo e un padrone sulla terra. I Papi e gli altri potenti dEuropa mandarono a placarli umili fraticelli, tratti dalloscurit del chiostro, i quali dopo infiniti errori, traverso continenti sconosciuti, erano accolti per lo pi con infinito disprezzo, ma ritornando deponevano nei conventi, nei castelli, nel-le pi umili capanne germi di scienza e di curiosit. Cos i Carpino, i Van Ruysbroeck, gli Asselino, Si-mone da San Quintino, e cento altri; mentre la ricerca del prete Gianni e del suo regno cristiano procu-rava alla geografia le esplorazioni, le analisi, le scoperte inattese, onde agli alchimisti intenti a cercare la pietra filosofale, doveva saper grado la chimica. Oderico da Pordenone, Francesco Pegolotti, Pedro da Corilhan, Alfonso di Paiva, Clavijo, Maudeville, fra strane favole e grossolane imposture, allargano tut-tavia le nostre cognizioni sullAsia, superati tutti da Marco Polo, il cui Milione, tenuto pur esso per pi secoli in conto dun ammasso di errori e di favole, viene dalla scienza moderna rimesso in onore ed ele-vato tra i monumenti pi insigni dello spirito umano, tra le opere onde pi ebbero vanto ed incremento le scienze geografiche. Ultimi i dottori scolastici, che avevano trascurata la scienza della terra, la asso-ciano alle altre, e Alberto Magno scrive il Liber Cosmographicus, mentre Bacone la comprende nellOpus majus, che onora tuttod quel veramente mirabilis dottor. Prevalgono sempre le dottrine tolemaiche, in-grandendo ed impicciolendo le vere dimensioni della terra. Cos anche Dante, al quale il fortissimo in-gegno suggeriva cos chiaro concetto delle varie posizioni del sole, nelle diverse stagioni, a tutte le lati-tudini della terra, e porse modo di risolvere graficamente molti problemi di geografia matematica, che richiedono nel loro sviluppo luso della geometria descrittiva ed anche della trigonometria. Ricorda la Libia, il mar Rosso, accenna vagamente ai paesi oltre il Gange; crede inabitata la zona torrida, ed imma-gina terre lontane, inaccessibili ai pi audaci navigatori, oltre allo stretto, ove Ercole segn li suoi riguardi.

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    Flavio Gioja scopriva intanto la bussola, indarno divinata nella mariniera di Guyot de Provins, e di

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    Giacomo di Vitry, e conosciuta per la propriet sua da Pier delle Vigne e Brunetto Latini. Non doveva-no tardare le grandi scoperte della strada dellIndia e dellAmerica, colle quali saprono anche per la ge-ografia i nuovi tempi. Da poi i Fenic, quello era stato il sogno di tutti i navigatori; aveva affaticato dieci generazioni di piloti veneti e genovesi; Marco Polo laveva descritta e Fra Mauro raffigurata nel suo pla-nisferio, e la sua ricerca aveva condotto Guido Vivaldi e Niccoloso da Recco alle Canarie, Tedisio Doria alle Azzorre, Antonio Noli alle isole del Capo Verde, Aloise Cadamosto e Antoniotto Usodimare alle coste di Guinea. Colombo nel suo fortunato errore, laveva scambiata colla via degli antipodi. Alla per-fine un portoghese, bordeggiando di seno in seno, simbatt a percorrerla intera, sulle orme di Diego Cam, di Gian Alfonso dAveiro, di Bartolomeo Diaz e degli altri, suscitati dalla intelligente protezione e dallimpulso dei monarchi lusitani, e profittando dei consigli di Martino Behaim e della sua applicazione dellastrolabio alla grande navigazione. Anche Toscanelli dava avveduti consigli a Colombo, ma inco-minciava allora per noi quel sic vos non vobis, che ci doveva sbattere sulla faccia umiliata le scoperte glo-riose per italiani e inesorabilmente fatali alla patria. Le moderne affermazioni della critica storica non strapparono intanto al genovese immortale una sola fronda di quella gloria, che egli merit disputando alle corti dEuropa i mezzi dellimpresa, lottando cinque anni contro i barbassori di Salamanca, combat-tenti con Lattanzio, come eresia, la sfericit della Terra, e perseverando a sua volta nel pi grande degli errori geografici, per cui, mentre, per buscar el leviante por el poniente, credeva daver approdato alle Indie Orientali, segnava colla sua scoperta una delle date pi memorabili nella storia del genere umano. Nel mare attraversato, nel nuovo mondo scoperto, Colombo esamina la configurazione delle terre, la fiso-nomia delle piante ed i caratteri degli animali, i costumi degli uomini, la distribuzione del calore, le va-riazioni del magnetismo terrestre. N minor valore hanno le opinioni di lui intorno alla declinazione dellago magnetico, allinflessione delle linee isotermiche tra le coste del vecchio e del nuovo continente, sulla situazione del gran banco di sargasse, e sulle relazioni di questa parte dellOceano collatmosfera che lo ricopre. Egli per primo descrisse la corrente equatoriale, ed osserv che la variazione magnetica pu servire a determinare la posizione della nave rispetto alla longitudine. Sebbene anche i suoi viaggi abbiano una preparazione, costituiscono un avvenimento mondiale, lultima e maggiore conclusione di tutti gli sforzi fatti nei tempi anteriori per allargare la cognizione della terra e del mondo, ed il principio degli sforzi di coloro che vennero dopo, i quali non fecero che camminare nelle sue vie e secondare le sue idee, continuando lopera da lui incominciata.1

    Il continente, secondo la volgare credenza, fu denominato da uno degli emuli di lui, Amerigo Ve-spucci, che lo visit pi tardi, quando disegnava le carte marittime nella casa de contratacion di Siviglia, o forse da Valdseemller, loscuro Hylacomilus, cosmografo alemanno; e secondo pi recenti indagini ave-va quel nome antica radice nelle lingue indiane dei popoli coi quali i primi navigatori vennero a contat-to. Incredibile la rapidit con cui si succedettero allora su quel vergine suolo le esplorazioni e le conqui-ste. Era segno alle pi sterminate ambizioni, era lEldorado per tanto tempo sognato, un campo sterminato ed aperto alle pi nobili come alle pi basse passioni. Uno dei Pinon tocca, e lo ignora, la costa del Brasile, e poco appresso Cabral vi spinto dalla furia delle tempeste; Sebastiano Caboto visita il Labrador, e discopre vasti tratti dellAmerica meridionale, con patente inglese; Alonso di Hojeda pe-netra nel continente meridionale; Diaz de Solis scopre il Rio della Plata; Ponzio de Leon si stabilisce nella Florida, Grija va nel Messico, e Vasco Nuez di Balboa simmerge chiuso nellarmi dentro il Paci-fico, porgendo il filo conduttore per distruggere gli errori durati lungamente intorno ai rapporti tra la superficie della terra e quella delle acque. I racconti dei meravigliosi progressi esagerati dalla distanza su-scitano soldati venturieri, e Cortez, Pizarro, dAlmagro rovesciano i vetusti imperi degli Atzechi e degli Inca con meravigliose prove di valore ed inaudite ferocie.

    Se poteva rimanere dubbio sulla rotondit della terra, lo dilegu Magellano, che dallestrema Europa travers lo stretto del suo nome e trov morte immatura alle Filippine, mentre le tre navi di lui torna-vano pel Capo di Buona Speranza, e De Elcano scriveva sullarma un globo col motto primus circumdedi-sti me! Pi fortunato Drake, che girandolo intorno intorno scopriva la California, mentre Willoughby e Chancellor, cercando il passaggio di nord-ovest verso lIndia e la Cina traverso gli oceani polari scopri-vano il mar Bianco e le remote Spitzberghe, esplorate di poi da Barentz, Cornelius ed Heemskerk.

    Sebbene un neoplatonico del secolo XVI, Francesco Patrizzi, osa rompere ancora una lancia contro la sfericit della terra, la rapida estensione del dominio geografico, le nuove idee sul globo e i suoi rap-

    1 DE LUCA, Storia, concetto e limiti della Geografia, Napoli, 1881, pag. 24.

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    porti cosmici dovevano vincere le riluttanze della scienza, gli anatemi della Chiesa, i pregiudiz dei vol-ghi. La Terra non era pi il centro immobile delluniverso, ma erano necessarie le vittorie del libero e-same a vincere i terrori dellInquisizione e la tradizione scolastica. Nondimeno Copernico, dopo aver adoperati trentanni a scrivere il suo libro de Orbium celestium revolutionibus, osa appena mettere innanzi lidea che la Terra ruota intorno al proprio asse, e con questo saggira intorno al Sole, dedicandolo a Pa-olo III, colle maggiori riserve. La morte lo salv, forse, dalle persecuzioni papali, certo gli imped di ve-dere alleati contro le sue teorie, necessariamente incomplete, gesuiti ignoranti come il Riccioli, e giganti del pensiero come Bacone. Ma indarno Mariano di Basilea, ancora nel secolo XVII, difende lopinione biblico-tolemaica; indarno Ticho Brahe propone una soluzione adatta a conciliare la scienza e la fede, mettendo la Terra immobile col Sole, la Luna ed i cinque pianeti allora conosciuti, giranti intorno al So-le. Linvenzione del telescopio consente a Galileo di svelare le nuove vie dei cieli, e dare alla dottrina di Copernico serio fondamento di osservazioni e di preziose scoperte.

    Indarno il Santo Ufficio condanna le nuove dottrine e ne imprigiona lautore: E pur si muove. Cos i teologi luterani impacciano Keplero, ridotto a morire poco men che di fame, sebbene, scoprendo le or-bite elissoidi dei pianeti, nota tuttavia onestamente, come avevano fatto Pier Lombardo e lAquinate, che le nuove scoperte non scemavano valore alla Bibbia scritta in linguaggio popolare e costretta a par-lare ai sensi del popolo. Newton corona cotesti progressi scoprendo la teoria della gravitazione univer-sale, principio fondamentale di tutta la meccanica celeste. Allora si possono correggere definitivamente anche gli errori durati nelle carte geografiche, dove lOceano Pacifico era quasi uno stretto di mare, e la Cina veniva a bagnarsi nel golfo del Messico, mentre Mnster descriveva anche linterno del globo col-locandovi, sintende, linferno, una caverna capace di contenere parecchi milioni di anime dannate. Nel mappamondo di Ortelio tutte le parti del globo incominciano ad assumere le loro reali forme e dimen-sioni, ed in quello di Mercatore vi si aggiungono molti particolari, sebbene lOceano riprenda la figura del fiume omerico, per accogliere oltre le sue rive il paradiso terrestre!

    Altre terre, altre isole erano state scoperte nel secolo XVII a sud dellequatore e del continente asia-tico, e fra queste la Nuova Guinea. Ma ben presto gli Spagnuoli ed i Portoghesi videro il primato delle scoperte passare agli Olandesi, i quali additavano la Nuova Olanda con Abele Tasman, mentre Edels, Leuwin, De Witt, Arnhein, Nuytz la navigavano e descrivevano intorno in-torno, e Dirk-Hartigks visi-tava la terra di Endracht. Le navi che solcavano limmenso Oceano recando audaci esploratori erano ormai per gran parte inglesi e baster ricordare i nomi di Dampier, di Carteret, Surville, Bougainville, Shorthland e soprattutti quello di Cook, che girando tre volte intorno al mondo dissip la credenza in un grande continente antartico, messo quasi a contrabbilanciare le terre prevalenti nellemisfero boreale, scopr la Nuova Caledonia e la Nuova Galles del Sud, pass in mezzo alle due isole della Nuova Zelan-da, e determin la posizione di molte isole dellOceania, ultime le Sandwich, dove perdette miseramente la vita.

    Verso la fine del secolo XVIII la descrizione delluniverso perci, nei suoi grossolani contorni, poco men che completa. An-cora sono sconosciute lAfrica interna, quasi tutta lAustralia, e durano la-cune ed errori sulle parti pi centrali o remote dellAsia e dellAmerica, mentre nelle regioni polari ap-pena si conoscono alcune isole e brevi tratti di litorale. Al nostro secolo la gloria di compiere lopera della scoperta e dare in pari tempo nuovo indirizzo alla scienza, perch risponda al suo spirito eminen-temente indagatore, associando la geografia a tutti i progressi della civilt, e dandole pi sicure basi scientifiche.

    VI

    E per pigliar le mosse dallAfrica, in pochi anni quali e quanti progressi, sebbene paiano adesso scar-si alle nobili impazienze della civilt e della scienza, come alle ambizioni della politica! Sulle soglie meri-dionali del gran deserto si disegnarono Stati gi educati alla mezza civilt del Corano; di fra le sabbie u-scirono, come per virt dincanto, oasi popolate, fiorenti, e si vide un formicolo di carovane e di bande di scorridori e di predoni. LEgitto, disegnando con troppa fretta e quasi sullarena una copia dellantico impero dei Faraoni, crebbe agio alla geografia di esplorare il bacino del Nilo e chiuderne in angusto e certo spazio le prime sorgenti. I grandi laghi equatoriali, dopo esplorazioni faticose e lunghe, e dopo pi lunghe dispute daccademici, apparirono chiari e distinti; e si pot tracciare in quasi tutto il suo corso il fiume smisurato che eterner il nome e la gloria di Livingstone. Fra questo fiume e le colonie britanni-che, ampliate ancor esse come prefazione di un nuovo impero indiano, una folla di esploratori, sulle

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    orme di quel grande, distrecciava gli oscuri viluppi di fiumi, e ci metteva innanzi agli occhi un curioso caleidoscopio di razze, consentendo una descrizione sommariamente esatta di tutto il continente inter-posto. Parve infine, che dopo i tentativi isolati, rispondendo allappello gene-roso del Re del Belgio, lumanitarismo, la religione, la scienza, i commerci, gli interessi politici avrebbero stretta unalleanza ve-ramente santa, per afferrare gli ultimi lembi del gran velo che copriva la vergine nera, e rivelarla agli oc-chi nostri in tutta la sua varia bellezza.

    Gi nella seconda met del secolo XVIII Bruce e Brown serano accinti primi alla ricerca delle sor-genti del Nilo, esplorando lAbissinia quasi obliata; e poco appresso la spedizione francese in Egitto a-priva quel paese alla scienza, quando gi la Societ africana di Londra aveva iniziato quel grande movi-mento di esplorazioni, che pi non doveva arrestarsi. Caillaud, DAbbadie, Brun-Rollet, profittando delle munificenze di Mohamet Al, penetravano la valle del Nilo, mentre per impulso di quella scende-vano a combattere colla natura africana i Belzoni, gli Hornemann, i Burckardt, e specialmente i Mungo-Park, i Clapperton, i Lander e i Laing, che riconobbero il corso inferiore e le foci del Niger, vittime in cos gran parte del loro zelo e dellaudacia. Ma dietro ai primi caduti altri seguivano, ed anche qui il san-gue generoso dei martiri era seme di nuovi scopritori. Caill visit Tinbuct, altri tentarono il viaggio dallAlgeria al Senegal, Duveyrier esplor il deserto, Largeau ne studi le trasformazioni. Rohlfs studi le oasi libiche, mentre gli archeologi frugavano tra le sabbie le memorie del dominio di Roma, ed i geo-logi chiedevano alle risorte conchiglie se ricordassero gli amplessi dellOceano. Clapperton ci rivel il lago Ciad e le lagune del Fittri, nelle cui acque si specchiano il Born, lUadai, il Baghirmi, stati musul-mani visitati e descritti minutamente da Nachtigal e da Matteucci. LAlgeria venne minutamente illustra-ta dai Francesi, e lo adesso la Tunisia; mentre Camperio ed altri italiani indarno studiavano la Cirenai-ca. DallEgitto risalirono quasi innumerevoli viaggiatori su pel fiume misterioso che lo bagna e feconda, mentre altri tentarono di scoprirne le sorgenti penetrando i reami misteriosi di Caffa e dEnarea, o risa-lendovi dalle marine ospitali di Zanzibar. Si affollano cos in questa regione i nomi e le scoperte. Beke, Rocher dHricourt, Krapf, New, Rebmann, Burton, Speke, Grant, Baker, Stanley, Cameron, Gessi, Piaggia, Schweinfrt, Miani, Antinori, Matteucci, Bianchi, Cecchi, Antonelli, grazie ai quali conosciamo lUganda, lo Scioa ed i reami vicini ed interposti, i laghi che tolsero nome da Alberto e Vittoria o serba-rono quello indigeno di Tanganika, le montagne nevose del Kenia e del Kilimangiaro, e tutte laltre par-ticolarit geografiche dapprima appena sospettate tra una selva di errori o sulla carta poco meno che bianca. Dal Tanganika esce appunto il maggior fiume africano, che traversa altri laghi, accoglie numero-si ed in gran parte inesplorati affluenti, e sulle cui rive sorgono gi stazioni europee di commercio e di scienza, e si disegnano le meschine gelosie europee. Fra quel fiume e il deserto il teatro delle esplora-zioni di Brazz, della guerra degli Ascianti, e sorgono alcuni minori stabilimenti inglesi e francesi, accan-to alla repubblica di Liberia, fortunato sperimento di libero governo tra i negri dellAfrica. Pi sotto e su ambedue gli oceani si estendono domin portoghesi e linterno il principale teatro delle glorie di Livin-gstone, di fronte al quale, impallidiscono quelle di Cameron, di Serpa Pinto e dei minori. La cuspide au-strale pressoch tutta conosciuta e vi sono scritti non solo i nomi di Ellis, Moffat, Johnston, Mohr, Pogge, Wissman e daltri esploratori, ma Stati e colonie, come lOrange ed il Transvaal, il Capo e Natal, principio forse dun futuro impero anglo-africano. Missionar, commercianti, scienziati, venturieri di quasi tutte le nazioni, contribuirono a questi rapidi progressi, e riuscirono da ultimo a fondare anche stazioni civili, nel nome della civile fraternit europea, ma pi spesso recando anche dEuropa le picci-nerie gelose e le profonde antipatie.

    Dopo lAfrica, i poli, e pi il boreale, sedussero nel secolo nostro il maggior numero dimprese, au-spice specialmente la Gran Bretagna, cui furono quasi scuola a tre generazioni di marinai. Sotto la guida di capitani come Ross, Parry, Franklin, Nares, aprirono laccesso dei golfi e delle terre artiche, rivelando tutto un confuso mondo insulare. Le Spitzberghe e la Nuova Zembla vennero minutamente studiate, e fa una nobile gara a chi sarebbesi pi avvicinato al polo per le vie diverse che pare si aprano verso di es-so. I Russi e gli Americani, muovendo oltre lo stretto di Behring, fino alle isole di Wrangel, e alla terra di Bennett non riuscivano a toccar lottantesimo grado; i Tedeschi e gli Austriaci, scoprivano oltre que-sto la terra di Francesco Giuseppe, intravedendo quelle di Re Oscar e di Petermann, mentre Parry fin dal 1827 raggiungeva quasi l83; lunghesso gli stretti di Smith, di Kane, di Kennedy e di Robeson, in-glesi ed americani, riuscivano a scoprire il pi vasto gruppo di terre, e Markham spingevasi a meno di sette gradi dal polo. Intorno al quale spiano adesso tutti i movimenti dei ghiacci, dellaria e del mare le

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    stazioni metereologiche delle baje di Mossel, di Moller, e della Scoperta, di Bosekop, dellisola Dickson, delle foci della Lena, di capo Barrow, e le altre che agevoleranno maggiori scoperte. E giova ricordare che Mac Clure scopriva nel 1850 il passaggio di nord-ovest e trentanni dopo Nordenskiold quello di nord-est, riuscendo entrambi, luno dallo stretto di Smith, laltro dal mar di Kara allo stretto di Behring.

    Nelle regioni antartiche le nostre cognizioni progredirono assai meno, causa le difficolt maggiori opposte dalle barriere glaciali la lontananza dei maggiori centri di civilt, ed anche per il minore interes-se economico della scoperta. Dopo i reiterati tentativi di Cook, riusc bens a Bellinghausen, Balleny, Bi-scoe, Dumont d Urville, Moore, Morrell, Ross, Weddell, di restringere il supposto dominio delle terre, intravedendo piuttosto isole e baje profonde, ma nessuno penetr oltre il segno raggiunto nel febbraio 1842 da Ross a 78 10, alla latitudine delle elevate montagne di Vittoria Land, lErebus e il Terror. Le nostre cognizioni, tranne in due punti, non vanno dunque pi di cinque o sei gradi oltre al circolo pola-re, lasciando affatto sconosciuta una regione nella quale capirebbe forse lAustralia.

    Fu appunto lAustralia lultimo dei continenti scoperti. Soltanto nel 1845 Leichardt os affrontare le regioni dellinterno, dove trov fine misteriosa, e fu seguito pi tardi, con maggior fortuna, da Giles, che scopr nel cuore del continente il lago Amedeo, da Forrest, Burke, Wills, Hunt, Gregory, Eyre, Mac Farlane, Joung, Sturt, Barclay, Warburton, Landsborough, Mitchell, Stuart. Grazie ai quali e ad altri va-lorosi conosciamo ormai non solo le prime colonie di Vittoria e New South Wales, ma il Queensland, e il South Australia, nonch larghe strisce e tratti di litorale dellAustralia del nord, dellovest e di Alexan-dra. Cos dileguarono le favole che avevano ancora corso, sono appena trentanni, sullinterno di cote-sto continente, dove appena pochi uomini ischeletriti e randagi contendono agli audaci pionieri europei le vergini foreste e le praterie sterminate.

    NellAsia baster ricordare anzitutto le opere immortali di Niebuhr, Chardin, Pallas, Eichwald, Bot-ta, Gamba, Jacquemont, Burnes, Humboldt, Berghaus, grazie alle quali vennero chiariti innumerevoli problemi prima insoluti. Le sorgenti del Gange, dellIndo, del Brahmaputra, del Sampo, si scoprirono in luoghi diversi da quelli prima assegnati, mentre si distrecci, n ancora completamente, limmenso vi-luppo delle montagne centrali, misurandovi altezze neppure sospettate. Elphinstone e Pottinger illustra-rono i territor di Candahar e di Cabul; Turner, Moorkroft, Prejevalski penetrarono nel Tibet; questultimo, con altri ufficiali russi esplorava anche la Mongolia, descritta sommariamente da Hue, come Vambery, Bockhara e Samarcanda; Davide Richthofen, la Cina; Griffith e Oppert la Corea; Gar-nier, Colquhunn, Margary, lIndocina; i punditi, e gli ufficiali inglesi le pi elevate ed interne regioni abi-tabili dellIndia; Karsten, Palgrave, De Maltzan, Manzoni lArabia. In questAsia materna, pi che altro-ve, la geografia apre la via alle conquiste, e giov del pari alla Russia ed allInghilterra ad estendere i loro domin, cos che i confini scientifici dellIndia toccano quasi quelli segnati dalle conquiste moscovite, e in tutte le Corti del Turchestan e dei maggiori e minori reami interni si combatte fra i due colossi una lotta di interessi, che senza le difficolt opposte da natura li avrebbe condotti forse a rinnovare sul Pamir, leden favoleggiato dai poeti, le contese fierissime che fecero nei primi secoli della storia homo homini lu-pus.

    Anche le contrade delle due Americhe, sebbene conosciute nei loro profili, chiudevano vastissimi spazi vergini, dove si esercit nel nostro secolo laudacia degli esploratori. Humboldt, Bonplain, Bous-singault determinarono intanto la configurazione di quellunica, vasta catena che attraversa come spina vertebrale i due continenti, e vennero successivamente esplorati gli immensi bacini del Mississip e delle Amazzoni, che hanno affluenti pi grandi del Danubio e del Reno, il Rio della Plata e lOrenoco, gli in-terni altipiani, le pampa, il mare dacqua dolce dei grandi laghi aggruppati fra il Canad e gli Stati Uniti. E in tutta la great republic le esplorazioni proseguite metodicamente ci porgono complete illustrazioni dei territor appena si aprono alle imprese dei pionieri che vi fondano nuovi Stati.

    In questi meravigliosi progressi la geografia ebbe ausiliari governi, associazioni e privati, lo sviluppo dellattivit industriale e commerciale, le grandi imprese coloniali, la propaganda religiosa, e persino le guerre. Fra le quali baster ricordare quelle che funestarono ed illustrarono a un tempo lIndia e la Cina, lAlgeria e la Zululandia, il Caucaso e lAsia centrale, lAbissinia ed il paese degli Ascianti, il Messico e il Tonchino, Sumatra e il Madagascar. E quanto alle missioni nessuno ha dimenticato quelle dei Gesuiti nella Cina, dei Francescani in Oriente, e le altre del Congo, della Plata, della Nubia, dove basterebbero i nomi di Beltrame, di Massaja, Comboni, come quelli di Livingstone, New, Rebmann e cento altri ono-rano le missioni protestanti sparse specialmente nelle regioni centrali dellAfrica.

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    La cultura geografica, diventando nel nostro secolo cos vasta e comprensiva, doveva trovar anche altri impulsi e tra i pi efficaci vogliono essere annoverate le Socit geografiche, fondate sullesempio di quella di Francia, nata nel 1828 a Parigi, in tutti gli Stati europei, moltiplicandosi anzi in alcuno cos da raccogliere in tutti i centri pi colti gli amici della Geografia. Le societ geografiche, sprone ai Go-verni ed ai privati, raccolgono cospicue somme per incoraggiare o promuovere viaggi, esplorazioni, pubblicazioni scientifiche, o vi attendono direttamente contribuendo in tutti i modi al progresso della geografia. N trascurabile il contributo dei privati, dei quali molti fanno le spese dei propr viaggi desplorazione come Humboldt, Ross, Ida Pfeiffer, A. Tinn, De Beauvoir e De Hbner; altri le altrui, come Wilczek, Booth, Dickson ai quali dobbiamo tante imprese polari, e Gordon Bennett, che mand reporters al polo ed al centro dellAfrica, per saziare le turbe affamate di novit. Cos lubique terrarum di-venta ai nostri giorni quasi condizione di civilt, e noi possiamo accingerci a percorrere tutto quanto il breve spazio sul quale ci troviamo come a confine. Ed io affiderei senza pi il lettore alla migliore delle guide, se non reputassi utile aggiungere poche osservazioni sui presenti progressi della elaborazione scientifica, sui rapporti che la geografia ha saputo mantenere, accrescere od avviare, e sulla varia e viva importanza che presenta lo studio di questa scienza, bella altrettanto che utile, piena di curiosit per la fantasia, di interesse per le passioni, piena delle pi nobili soddisfazioni per lo spirito umano.

    VII

    Lasci scritto Strabone: la Geografia che ci proponiamo di studiare nella prefata opera ci sembra appartenga al pari dogni altra scienza al dominio del filosofo, e pi di un fatto ci autorizza a pensare in tal modo. Anzitutto, i primi critici che osarono trattare della geografia erano appunto filosofi, Omero, Anassimandro di Mileto, Ecateo; poi Democrito, Eudosso, Dicearco, Eforo ed altri con essi; pi recen-temente, infine Eratostene, Polibio, Posidonio, filosofi tutti tre. In secondo luogo la moltiplicit delle conoscenze necessaria a chi vuole condurre a buon fine una tale opera, propria solo di colui che con-templa le cose divine ed umane, cio loggetto stesso della filosofia. Finalmente la variet di applicazioni di cui suscettibile la geografia che pu servire a un tempo ai bisogni dei popoli e agli interessi dei capi e tende a farci meglio conoscere il cielo dapprima, poi tutte le ricchezze della terra e dei mari, gli animali e le piante, i frutti e le altre produzioni proprie a ciascuna contrada, questa variet implica ancor essa nel geografo lo stesso spirito filosofico abituato a meditare sulla grande arte di vivere e di esser felice.2 E per contrario Ritter si restringe ad esporre la geografia fisica rinunciando ad indagare tutti i rapporti cosmici, statistici e politici del globo, che furono con essa confusi e vennero trattati da specialisti in o-pere distinte.3 Nondimeno anche la sua geografia, per questo cos celebrata, non si limita a caratterizza-re spiccatamente la fisonomia del nostro globo, ma, come scrisse Humboldt, mostra linfluenza della sua configurazione esterna, tanto sui fenomeni fisici che si manifestano alla sua superficie, quanto sulle migrazioni dei popoli, le loro leggi e i loro costumi e tutti i principali fenomeni di cui essa il teatro.4

    Ad attribuire alla geografia eminente carattere scientifico, senza scemarne il valore comparativo con-tribuirono specialmente G. Supan, F. Marthe, F. von Richthofen, Wagner e Behm in Germania, donde mosse principalmente limpulso; Strachey, Geikie, Markham, in Inghilterra; G. Dozy, R. Bos, Loffler ed Erslev in Olanda e in Danimarca; Levasseur, Vivien Saint Martin e Reclus in Francia. Il Reclus appunto si eleva sugli altri, sia che tratti dei fenomeni della vita fisica del globo,5 sia che si accinga a descriverlo tutto intero, per larte sua squisitissima del dire, per la vastit delle cognizioni e per gli aiuti che seppe dovunque procurarsi. In Italia dopo aver assistito, fu detto, come spettatori alle dispute ed ai progressi altrui, abbiamo occupato fortemente e con onore il nostro posto, e gli scritti di Malfatti, Negri, De Lu-ca, Bellio, Marinelli, Cora, Dalla Vedova, possono essere citati con onore accanto ai pi reputati stud scientifici e metodologici daltre nazioni, sebbene i tre ultimi specialmente non tralascino di esagerare la prevalenza dellelemento naturalistico sullelemento storico e sociale.

    Non si pu certamente disconoscere lelemento scientifico della geografia senza menomarne per ci solo il valore. Comebbe a concludere il III Congresso geografico, si pu dire, che loggetto scientifico della geografia comprende lo studio delle forme della superficie terrestre, e si estende alle manifestazio-

    2 Geografia, Lib. I, Capo I. 3 Die Erdkunde, ecc. Berlino, 1882, t. I, p. 22. 4 Cosmos, traduz. Vallini, Vol. I, p. 40. 5 La Terre, description des phnomnes de la vie du globe, 2, vol. in-4, Paris, 1881.

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    ni ed alle relazioni reciproche delle diverse parti del mondo organico; la geografia prende ad imprestito da altre scienze per poter rispondere al suo scopo tutto quanto le necessario, ma si distingue da tutto per ci che localizza gli oggetti, ed ha base precipuamente corografica.6 E come ebbe a dire Guido Co-ra 7 studiando le forme della superficie della Terra essa indica il vero sito degli oggetti vale a dire ne de-termina la posizione in senso orizzontale e verticale, esamina le relazioni tra le parti solide e liquide, sta-bilisce i rapporti che corrono da queste, dallo stato climaterico e dalla circolazione atmosferica allo sviluppo della vita vegetale e animale, considera le razze umane nelle loro manifestazioni reciproche e nello sviluppo storico in ordine alla natura terrestre, ossia nei caratteri di stirpe, di lingua, di coltura, dindustria e commercio, di potenza territoriale, rappresenta graficamente queste diverse espressioni delle forme inorganiche ed organiche colla cartografia, e comparando fra di loro tutti questi momenti dellesistenza valendosi dei risultati ottenuti dalle altre scienze, ne stabilisce le leggi, senza per indagare i modi con cui esse furono sancite.

    La geografia lascia allastronomia il mondo sidereo, alla fisica ed alla chimica lo studio delle sostanze e delle forze naturali, delle propriet, affinit e combinazioni dei corpi; alla geologia quello della forma-zione interna del globo, alla mineralogia la cura di determinare i caratteri esteriori delle sostanze onde si compone. Lidrografia, la metereologia, la climatologia si occupano specialmente dei fenomeni dellacqua e dellaria; la botanica, la zoologia, lantropologia di quelli della vita organica. E nondimeno la geografia matematica e fisica, geologica e mineralogica, idrografica, climatologica, metereologica, bo-tanica, zoologica, antropologica, perch, mentre trae da queste ed altre scienze sussid preziosi, reca a sua volta a tutte il proprio contributo. Ma non possiamo dimenticare, non fossaltro, lo scopo di tutte queste cognizioni, non possiamo dimenticare che nella catastrofe da noi preparata, che ridusse la Terra a pulviscolo errante nello spazio, noi soli non siamo stati travolti, ma abbiamo dominato e dominiamo pi che mai le rovine; e che se il suolo, sotto lazione delle forze cosmiche, da forma ai ricettacoli dellacqua, e questa logora e spiana le forme della terra, se il suolo, lacqua e latmosfera suscitano, favo-riscono od uccidono la pianta, e questa, unita agli altri elementi, consente vita al bruto o la vieta, tutte coteste trasformazioni servono alluomo, a questo compendio delluniverso, a prefinirne, stimolarne, assopirne i bisogni, a dirigerne loperosit, ad allietarne o aduggiarne lesistenza.

    VIII

    La geografia il fondo reale sul quale si svolge lazione economica e politica delluomo. Ed ecco an-zitutto le scoperte di nuovi popoli e lo studio dei men noti temperare a pi giusti criter le nostre idee sulle forme della societ e del governo, e metterci in grado di meglio apprezzare i benefic dello scambio e della civilt generale. Come quel filosofo della Grecia, in faccia a chi definiva luomo un bipede im-plume, gittava il gallo spennacchiato, soggiungendo: ecco luomo, noi altri potremmo condurre davanti a Rousseau ed agli altri entusiasti dello stato di natura, gli Obongo che parlano sibilando, gli Akka mo-struosi, i selvaggi della Papuasia, gli ultimi avanzi nudi, ischeletriti, randagi, senza idee, senza affetti, senza bisogni, degli aborigeni dellAustralia: ecco luomo allo stato di natura, che, a vostro avviso, la ci-vilt avrebbe scemato, impoverito, corrotto. E ne trae nuovi documenti la teorica della discendenza, perch tra noi e quegli avanzi ultimi di chi sa quali naufragi etnici corre, forse, ben maggior distanza, di quella che intercede fra essi e le scimmie colle quali alcune trib, nel centro dAfrica, menano vita co-mune, annidati sui rami delle smisurate adansonie, rintanati dentro la terra, o appollaiati nelle palafitte, onde le formiche rosse insegnarono loro larchitettura. Cos, in luogo degli idillii pastorali, in luogo dei vecchi bianchi che parlano alla trib rispettosa il linguaggio della ragione, dei miti affetti domestici e delle delicate virt, troviamo la tirannide degli istinti pi animaleschi, la brutalit delle passioni, la lotta selvaggia, sino allantropofagia, gli eccid pi capricciosi, la tratta e la schiavit, e si spiega anche qual-mente gli esecutori del contratto sociale, gli scolari di Rousseau e di Proudhon, per tornare alla natura, trovino necessario distruggere le pi stupende creazioni del genio, statue, quadri, libri, palazzi, monu-menti, maledicendo la civilt, bestemmiando la patria.

    Cos, quanto alla vita economica la geografia ci mostra da un lato popoli i quali ignorano i benefic della moneta, s che seguono fra loro commerci appena degni del nome, in natura, e pare segnalato pro-gresso ridurre tutti i valori a misura di conterie, di cauris, di bastoncini di sale, se anche hanno quasi sot-

    6 Atti del Congresso geografico. 7 Cenni intorno allattuale indirizzo degli studi Geografici, Torino, 1881, pag. 22-23.

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    to mano, nelle viscere delle montagne o nelle acque dei fiumi, i metalli pi nobili; povere popolazioni, che muoiono di fame se vien meno il raccolto, di gozzoviglie se abbonda, schiavi sommessi sempre ad una natura paurosamente gigante, che agisce sulle povere intelligenze coi pi strani terrori, sulle mem-bra affralite coi miasmi pi terribili.

    Senonch la Terra, che per gli animali e per le razze inferiori dimora e nutrice, per luomo diventa presto o tardi il teatro di uno sviluppo materiale, intellettuale e morale nel quale egli lo trasforma senza tregua, ne muta laspetto e le condizioni, e subisce poscia linflusso dellopera propria. Che cosa altro la civilt, se non lassieme di questopera collettiva, cosciente, progressiva dellattivit umana, che ha tra-sformata gi la maggior parte del globo e da nessuna, per vergine, desolata o selvaggia che sia, distoglie lo sguardo disperato? Senonch, malgrado il cosmopolitismo al quale si presta ognor pi la razza umana nella sua espansione, le differenze multiple tra le diverse sue parti, le affinit e le disparit etniche, labitudine di vivere insieme, determinano tra gli uomini e la terra abitata diversit non meno grandi di quelle che si manifestano negli aspetti fisici, nelle credenze, nella lingua, nelle idee, nei costumi nelle isti-tuzioni politiche e sociali, in tutte le loro creazioni. La geografia estende il suo dominio su tutto quanto colpisce gli occhi, nella natura e nelle creazioni materiali delluomo in rapporto ad essa, ma diventa commerciale appena ai prodotti della natura e dellattivit umana impresso un movimento di sviluppo, di circolazione, di distribuzione; diventa politica, quando si eleva a considerare le idee ed i fatti che ac-quistano e serbano sulle masse un legittimo impero, la religione, la razza, la lingua, le tradizioni, le istitu-zioni sociali e politiche, tutto ci che unisce da un lato e divide dallaltro, che d alle associazioni umane distinta fisonomia, e le spinge a collaborare in modi diversi al progresso generale.

    I fatti che provano questa influenza reciproca della natura e delluomo furono raccolti, studiati, ele-vati a dignit di scienza da Buckle, Ansted, Marsh, Somerville. La superficie di intere contrade stata cos cambiata, che spesso i botanici deplorano di non saper ravvisare le vestigia della primitiva vegeta-zione, ed i geologi, appena ritrovano poca parte dei massi erratici, scomparsi sotto lassiduo scalpello. Gli Arabi importarono il cammello per migliaia di chilometri lungi dalle primitive sue sedi, gli Europei introdussero gli animali utili in America e in Australia, coprirono le Antille di una vegetazione indiana, trasformarono vasti tratti del deserto, dove cresce, fra oasi ridenti di palme, lutile sparto.

    Come bambina non dessa ancora, questopera dindigenazione, che ha pur dato di s, nelleconomia delluniverso, tante prove meravigliose! I botanici additano nuovi alberi adatti a solidifica-re le dune del mare, a contenere gli argini dei fiumi, a sanare paludi, a fertilizzare lande arenose, a rinno-vare il verde manto dei boschi. E quante piante alimentari, tessili, coloranti, oleacee, gommifere, quante altre opportune a soddisfare le molteplici esigenze dellindustria, del piacere, dei multiformi e vari biso-gni umani?

    La geografia descrive la terra abitata e la deserta, e dice quanto giovarono a popolare fittamente lEuropa il clima temperato, i litorali penetrati dovunque dal mare, e lopportuno alternarsi di monti e di pianure, e come invece lAfrica, priva di snodature, di litorali accessibili a tuttagio, di fiumi aperti alla navigazione, coi suoi deserti, coi suoi torridi soli, colle sue alternative di siccit e di piogge torrenziali, sia tuttod selvaggia per decreto di natura pi che per colpa degli uomini. Ma come sono abitate le terre e da chi? Quali prodotti danno e quali consumano? Ecco dove necessaria lalleanza della politica e del commercio, che hanno ai loro servizi quella rivelatrice di tutti i segreti che la statistica. Isacco Vossio dava alla terra 600 milioni dabitanti, Voltaire tre volte tanti, e fu chi li port fino a 4 miliardi. Adesso Behm, Wagner, Kolb, le migliori autorit contemporanee, riducono cotesta cifra a 1390 milioni. E an-cora, guai a noi, se limportanza storica e geografica delle razze, anzich dalla qualit del loro genio, di-pendesse dal numero! Imperocch terrebbe il primo posto la mongola, coi suoi 530 milioni di abitanti, mentre tutti sappiamo che i 356 milioni di Caucasei hanno fatto quasi soli la storia e ad essi sono dovu-te le conquiste della civilt, sebbene anche quella abbia una storia e una civilt speciali, piene dinteresse. Ma che cosa sono, rispetto a noi, i 250 milioni di Neri, i 220 di Malesi e i 35 delle razze minori o di san-gue misto, che popolano le altre parti del mondo? Non si direbbe, chi ne segue commosso la progressi-va diminuzione, chi avverta la strage spietata che loro incombe e la civilt stessa determina recando lo-ro, insieme ai suoi benefic, i liquori, la polvere, ed i nostri contagi, non si direbbe, che il mondo sar un giorno conteso in una lotta suprema tra la razza bianca e la gialla? Pare ne abbiano il presentimento gli Stati Uniti dAmerica, se negarono per legge ospitalit ai Cinesi, cui i terrori della fame e le stragi della miseria, cos frequenti e fatali in quel loro immenso formicaio umano, impararono quegli esodi di popo-

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    li, onde il mondo aveva perduta la memoria. Lalleanza tra la geografia e la politica si fa pi evidente nel-lazione dello Stato, di questo massimo

    prodotto della civilt, del quale manca la coscienza ai pastori erranti, ai cacciatori dispersi sopra vastis-sime terre, alle trib di pescatori, cui nemmeno le comuni origini dettano alcun vincolo giuridico. Quando si manifesta nella citt greca, e negli imperi dellEgitto e dellAsia, cotesta coscienza dello Stato siffattamente assorbente, da dominare tutti i rapporti privati, e allora il cittadino soggiace alla pi dura servit. Emancipato dalla reazione dellindividualismo barbaro e dalla rivoluzione del cristianesimo, an-che lo Stato diventa patrimonio, si regge con le norme del diritto privato e il cittadino simbranca nella greggia del principe. Sino a che, spezzate del pari le catene foggiate dalle dottrine autoritorie, e quelle imposte al popolo dalle ambizioni dei principi, questo popolo, nelle forme giuridiche della costituzione, si afferma sovrano, e determina per concorso di suffragi e per influsso continuo della pubblica opinio-ne, lazione dello Stato. Agli occhi del geografo cotesta azione si manifesta moralmente e materialmente in mille forme diverse, colle opere pubbliche, colle costruzioni di tutte sorta, colle molteplici istituzioni che si connettono alleconomia nazionale, colle influenze continue che ne derivano per il benessere, leducazione, le idee di tutte le classi della popolazione.

    Cos non solo si sviluppano le citt e si modifica la superficie della Terra, ma si creano nuovi centri e muta la fisonomia stessa degli abitanti. Mi basti citare le grandi metropoli americane, che paiono nate per effetto di maga, e le combinazioni sapienti per cui la Russia, con romana violenza, mescola le po-polazioni del Caucaso per guisa che la divisione loro, quasi infitesimale, le assicuri facile impero. Cos si dica delle opere colossali suggerite da ragioni di difesa: la grande muraglia della Cina, quella che i Ro-mani costruirono in Inghilterra, le strade militari, i campi trincerati e via dicendo, ed anche delle distru-zioni che la guerra talvolta determina, e possono persino trasformare laspetto di un paese. Se il Barba-rossa semin indarno il sale leggendario sulle rovine di Milano, se lOlanda seppe ricacciare nellOceano le acque cui aveva aperte le dighe per difendere il paese allagandolo, larcheologo appena sa dire dove sorgevano Sibari, Cartagine, Corinto e cento altre metropoli superbe, e il viaggiatore perduto nelle de-serte pianure della Mesopotamia non pu immaginare come ivi sorgessero le pi grandi monarchie dellAsia. Di molti aspetti della terra, di molte agglomerazioni umane la geografia non saprebbe darci ragione, senza questi sussidi della storia e della politica, senza conoscere lazione che gli uomini, cresciu-ti a potenza di giuridiche consociazioni, esercitarono sulla natura.

    Come a questa azione storica e politica, cos la geografia piglia interesse allo sviluppo economico commerciale. La ricchezza pubblica, cio lassieme dei beni acquisiti da un paese o da una nazione, ha un incontestabile influsso predominante sulle grandi metamorfosi, che noi vediamo svolgersi tutti i giorni alla superficie del globo, come sui mutamenti che pi ci colpiscono nelle condizioni della societ. Sulleconomia nazionale, da cui la ricchezza deriva, pu, non se ne dubita, lazione del governo; ma molto pi possono i bisogni degli individui, il genio e leducazione dei popoli, il lavoro e la sua intelli-gente divisione, la produzione, lindustria e lo sviluppo del commercio, che cresce valore ai prodotti. Lo Stato interviene per facilitare il movimento e guarentire la libert del lavoro e dello scambio, per tutelare lattivit nazionale, per svolgere ed assicurare i buoni rapporti internazionali. Da esso siamo in diritto di esigere una buona gestione della finanza pubblica, una savia politica, dove salternino laudacia e la pru-denza a tempo e a luogo, un ottimo ordinamento delle poste e dei telegrafi, un vigoroso impulso allo sviluppo dei mezzi di comunicazione. Ma soprattutto, perch il primo bisogno del vivere civile, si in-voca pronta e sicura giustizia, guarentigia efficace per la persona e le attivit sue, per i beni e le loro forme, cos dagli abusi dellautorit, che dalle minacce della licenza.

    La geografia ferma del pari la sua attenzione su tutti i fattori di questa ricchezza, lagricoltura e la pa-storizia, lindustria mineraria e la forestale, la caccia e la pesca, le industrie manifattrici e le meccaniche, la circolazione, la navigazione, il commercio di terra e di mare, colle variet chesso introduce nelle abi-tudini del consumo. Vero, che cotesti fatti sono constatati dalla statistica; ma linteresse dei risultati ge-nerali che ne derivano non pu essere apprezzato fuor del terreno della geografia. La quale sovrattut-to necessaria al commercio internazionale, a cagione delle indicazioni che essa sola pu fornire sulla situazione dei luoghi di produzione e di fabbricazione, dei mercati e degli empor, sulle distanze e gli iti-nerar, sulle condizioni fisiche dei paesi, gli usi e i costumi dei popoli coi quali si tratta di stringere nuovi rapporti; soltanto la geografia pu dare una guida sicura alle imprese di colonizzazione, ed precipua-mente a cagione dellassoluta, supina ignoranza di essa che gli emigranti sono spesso vittime di iniqui

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    tradimenti e di crudeli abbandoni.

    IX

    Ed ecco per qual modo quella che era nuda ed arida nomenclatura, affastellamento indigesto di ci-fre, sconnessa e inesatta descrizione dei luoghi, si trasformata in un ampio e compatto corpo di dot-trina i cui princip attingono alle matematiche vigore e seriet, mentre le sue deduzioni porgono un pra-tico ed efficace sussidio alla navigazione, al commercio, alle scienze sociali e politiche.

    Il campo della geografia and di giorno in giorno estendendosi, e le sue molteplici e svariate ricer-che riuscirono ognor pi feconde di benefic per luomo. Sanno tutti che le applicazioni dellastronomia si riducono, nella pratica, principalmente, ai servigi chessa rende alla misura del tempo ed alla naviga-zione. La geografia porge a tutti vantaggi assai pi numerosi e var. Se da un lato deve lestensione pro-gressiva del suo orizzonte allintrepido zelo che ha determinato in ogni tempo e determina oggi pi che mai viaggi di esplorazione e di scoperta per terra e per mare, dallaltro le nozioni che essa procura sono indispensabili alla massa dei viaggiatori, qualunque sia la meta delle loro peregrinazioni; perch ogni ri-cerca, ogni intrapresa, ogni lontana spedizione, commerciale, industriale, coloniale, marittima, militare, scientifica, pu contare sul successo soltanto grazie a suoi insegnamenti cio a una folla di notizie che essa sola in grado di fornire. N meno necessaria riesce ad elevare il livello dellintelligenza degli affari pubblici e di tutte le quistioni che vi si connettono. Lo studio della geografia, imparandoci la verit sulla natura e sullordinamento di ciascun paese, sui bisogni, gli interessi, le aspirazioni di tutti i popoli, la chiave di vlta dogni buon sistema politico.

    I progressi della paleontologia, le pazienti indagini della geologia hanno domato il nostro orgoglio. Per quanto il crederlo ci riesca difficile e quasi ripugnante, la storia della terra infinitamente pi antica della storia delluomo. Noi siamo di jeri; ed anche i pi antichi avvenimenti istoriati sui monoliti del Messico e dellEgitto, o ricordati nei libri della Cina e nelle tradizioni classiche sono assai recenti a para-gone delle rivoluzioni telluriche. Imperocch non solo la terra err deserta negli spaz deserti, massa va-porosa e incandescente, per tre o quattrocento milioni di anni; ma anche nelle centinaia di secoli duran-te i quali si forma il terreno carbonifero, e nei successivi periodi geologici, quando la terra si and popolando, luomo venne ultimo, ed era allora circondato da una cos esuberante natura, fra cos nume-rose e terribili forme animali, e tanto privo di mezzi, nudo ed inerme, da non avventurarsi oltre le chiu-se caverne, o fuor delle palafitte erette a pi facile difesa sulle rive dei laghi. Cos molti secoli passarono ancor prima che egli osasse spingere lo sguardo oltre i prossimi confini, penetrare le foreste della mon-tagna, affidarsi sul cavo tronco alle acque, uscire dal luogo dove lo imprigionavano le pi umili ed ine-sorabili necessit della vita.

    Eppure il progresso degli uomini nel tempo e nello spazio cagione di ben larghi conforti, quando noi gittiamo lo sguardo sulla gran tela che strascica incompiuta da tremila anni su per gli atrii delle scuo-le metafisiche, e Bacone paragonava allindustre lavoro dellaragna. Le miriadi pigmee che baldanzeg-giano sul dito mignolo del Micromega di Voltaire, sono riuscite a scandagliare per ogni verso ed a misura-re in un attimo limmane corpaccio; ma cos non piaccia al malizioso colosso di chiedere quale ignoto principio le esagiti; che allora si leva un tumulto di diverse lingue e di orribili favelle; ed gran ventura se i minuscoli dottori non si accapigliano a proposito di monadi, di sostanze, e di categorie e dentelechie. Si guardi per esempio come la geografia possa agevolare la soluzione dei pi gravi pro-blemi dellet nostra meglio di tutte le speculazioni metafisiche. Noi ci domandiamo tuttod qual sorte serber lavvenire ai milioni di esseri pensanti e soffrenti, che stanno sotto le cifre della produzione, e come il breve margine dei salarii agricoli potr bastare alle crescenti generazioni. E vha pi duno, che considerando lavvenire della nostra specie si sente guadagnare da subiti scoramenti. Ma soccorre la scienza della Terra. Indarno Malthus ha annunciata, terribile come un sacerdote del fato antico, la tre-menda novella: non vi posto per tutti al banchetto della vita; la carit, i progressi tecnici, le migliori leggi sono conati di mente inferma, ed i venuti tardi debbono lasciare ogni speranza, nonch di vita in-telligente e libera, persino di completa vita animale; devono seguire moralmente il precetto dOrigene od aggregarsi agli Skopsi. Indarno si tracciano prossimi confini ai progressi industriali, e si annuncia imminente la pletora, non lontana la morte od una contrazione della produzione che porterebbe a molti la morte. Questa antica palude selvosa dEuropa pu dirsi relativamente popolata; ma gli arcipelaghi dellOceania trovano appena qualche audace colono che li contenda al barbaro Malese; lAmerica osten-ta, a fianco della pi intraprendente civilt, le intatte foreste; lAsia sciupa lombra dei palmiz sotto cui

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    si attendavano gli interminabili eserciti di Serse a proteggere i solinghi oz e le infeconde libidini degli harem; gli altipiani dellAfrica trovano a stento chi contenda le immense loro ricchezze allugna delle belve e alla fantastica ferocia degli abitanti. Persino la celia muore, vero, sul labbro quando pensiamo agli spaventosi sintomi di sfacimento morale e materiale che traspaiono pelle pelle sotto il liscio di una fastosa civilt: le campagne squallide, le metropoli ingombre, il decadimento di intere popolazioni: ma la speranza rinasce quando si pensa ai campi aperti alla nostra attivit, ai tesori che lAfrica, per esempio, ci offre, ai mercati che apre alle industrie europee, agli agi che promette alle venture generazioni, alle quali la scienza porger i suoi aiuti a vincere le difficolt materiali e la esperienza soccorrer per compie-re ladattamento dei nuovi climi.

    Egli che il rinnovamento della terra procede parallelo al rinnovamento sociale: ogni umana im-pronta aggiunse o tolse qualche cosa al suo aspetto primitivo. Pendici diboscate, paludi scolate o interri-te, aride pianure vergate di acque correnti, alpi perforate, bassifondi furtivamente usurpati al riflusso del mare: i nostri antichi, che si destassero da sonni secolari non riconoscerebbero pi il proprio suolo nel nostro, poich questo, come la temperie, come il clima, per gran parte nostra fattura. La terra, al pari della storia, accumula a profitto dei posteri le fatiche di tutto il passato. E le due elaborazioni, storica e terrestre, sono i grandi fattori di questo capitale fenomeno dei tempi, che la preponderanza della so-ciet industriale, della quale comprende la grandezza chiunque noti, per esempio come n la forza mate-riale del numero, n il patrimonio morale di remotissime origini bastino a salvare limmoto e mistico Oriente da una disperata inferiorit al cospetto di pochi Europei.

    Cos la scienza e le applicazioni pratiche si danno fraternamente la mano. I sapienti lasciarono la to-ga, tra le cui pieghe maestose guardavano con indifferenza o con disprezzo gli uomini dei negozi e delle officine. Che se lo spirito umano pu cercare il vero indipendentemente dallutile, non ignoriamo che non esisterebbe la geologia, se nel fondo delle gallerie della Boemia non si fosse intrapresa quella serie di osservazioni che comincia da un povero minatore e finisce con Lyell ed Elia di Beaumont; che la chimica deve le sue origini alle ricerche interessate degli alchimisti; e senza laculeo dei prodotti coloniali che si volevano recare in Europa per via pi breve, a minor prezzo, Colombo, navigando ad Oriente per la via di Occidente, non avrebbe trovata lAmerica. Gli uomini non hanno fatto di Prometeo un semidio perch tolse il fulmine a Giove, ma per ci che del fuoco celeste insegn alla sua stirpe a servir-si per gli usi della vita.

    Daltra parte va scemando il numero di coloro che credono inutili ed anzi nocivi per le applicazioni pratiche gli stud scientifici, dichiarando chessi non danno sufficiente compenso ai loro cultori. Se po-chi sono in grado di ripetere col Thiery, che vha qualche cosa di pi prezioso dei godimenti materiali, degli averi, della salute stessa, ed il sacrificio di tutta una vita per la scienza, molti apprezzano i confor-ti chessa pu dare, il vasto campo che schiude, le pure glorie che dispensa. Saggiunge, che mentre le applicazioni, si chiamino Suez o Gottardo, telegrafo o sulfuro di carbonio, tavole lunari o vaccinazione, ci riempiono di nobile orgoglio, la scienza pura, quella del cosmo sovratutte, cimpone quella grande modestia che conduce al successo. Tutti noi possiamo ripetere con Laplace morente: poco ci che sappiamo, ci che ignoriamo non ha misura. Ci avviene come ai cavalieri della selva incantata: quando credevano di uscirne, la selva appariva sempre pi ampia ed oscura. Chi pensi alla cupola di rame alla quale gli antichi cosmografi credevano appese le sfere di cristallo che contenevano gli astri giranti intor-no alla terra, comprender come doveva essere soddisfatta la modesta curiosit degli antichi, mentre la nostra mente si perde quando pensa che il sole grande pi di un milione di volte la nostra terra, e vi sono 75 milioni di sistemi simili al sistema solare, n possiamo sapere quanti milioni e forse miliardi di soli gi spenti popolino lo spazio o si sottraggano, per la soverchia distanza, alle nostre indagini.

    Nessuna et ha mai avuto uguale ragione di ripetere il fatidico motto: scienza potenza. Cresce e si diffonde la fede nel valore pratico della scienza, la fede che il vero sia anche lutile; che la scienza sia po-tenza indefinita, immanchevole, sotto tutte le forme. Cos essa penetra per ogni dove; le industrie, le arti belle, le istituzioni, le abitudini, il temperamento ne prendono sempre pi nome e carattere; la vita no-stra se ne imbeve in ogni sua fibra. Lidea dellutile pi facile a ridestare ed la pi necessaria, quando i governi non possono avere denaro che dal consenso del popolo; ma v chi cerca la scienza, come la giustizia, senza pensare ad altro; v chi lama come una ginnastica eroica, un esercizio sano; v chi laiuta per lutile o pel piacere che ne trae. E fra tutte le scienze la geografia quella che possiede mag-giori seduzioni per tutti. Chi non vede come rispondono al suo appello le pi disparate inclinazioni, gli

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    intenti ideali degli scienziati, il senso pratico dei commercianti, le ambizioni degli uomini di Stato, la li-beralit dei mecenati, la sete davventura dei cacciatori, le ascetiche aspirazioni dei missionar, le umani-tarie dei filantropi, la curiosit dei giovani, la balda irrequietezza, la brama di gloria delle anime immagi-nose, la volutt dei pericoli, il sublime eroismo del martirio?

    Ma scienza e lavoro debbono alla libert la maggior parte delle loro fortune. Essa ha sciolto con una mano le catene che stringevano la terra, collaltra quelle che impacciavano il pensiero umano. Non pi chiusi nelle caste, non pi cose mercabili, non pi attaccati alla gleba, gli uomini ebbero agio di movi-menti, mentre le vecchie terre tornavano alla mano viva e saprivano davanti sterminate le nuove. Lubique terrarum divent allora quasi un comando; e con un movimento pi intelligente di quello che era stato determinato dal rinascimento ed aveva condotto alle grandi scoperte geografiche, geografia e commercio strinsero luomo dovunque vera speranza di fare una scoperta o davviare una fortuna, qua-si obbediente ad un nuovo precetto: euntes ergo, docete omnes gentes, e battezzatele in nome di questa reli-gione, per cui dalle nozze feconde dellutile colla verit nasce la civilt. Cos nei campi, anche pi ster-minati del pensiero, la libert determinava non isperate conquiste, perch rotti i ceppi della censura, chiuse dentro giusti confini la filosofia e la religione, proclamata e sancita nelle istituzioni la sovranit nazionale, eccoci alla perfine arbitri dei nostri destini, giudici degli atti nostri, costretti, per non soc-combere, a lavorare, a produrre, a imparare, a guardare sempre in alto, davanti a noi, a non dissociare, sotto pena di prossima o lontana rovina, i nostri interessi particolari da quelli dello Stato.

    Che se nessuno disconosce il valore delle scienze esatte in generale e pi particolarmente della geo-grafia, se il lavoro da tutti onorato si diffonde e si rafforza del pari la coscienza del valore duna be