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Realtà immigratoria fra conoscenze, competenze, …Etnopsicologia dell'Ordine degli Psicologi delle...
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Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Realtà immigratoria fra
conoscenze, competenze, criticità:
il contributo dell’Etnopsicologia
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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La psicologia si è affacciata alla etnopsicologia negli spazi istituzionali, solo recentemente, tali spazi
hanno invece sempre visto favorito un approccio etnopsichiatrico.
Possiamo dire che parte di questo ritardo sia stato causato dalla incapacità di cogliere
immediatamente i mutamenti della società, difficoltà che caratterizza molte delle professioni sociali
e sanitarie.
La definizione di etnopsicologia e la relativa ricerca, risalgono addirittura alla seconda metà dell’800,
ma solo oggi il nostro ruolo ha acquisito rilievo.
Siamo colpiti costantemente dai mass media con notizie che riguardano l’immigrazione e le varie
problematiche connesse: flussi migratori, integrazione e razzismo, solo per citarne alcuni.
È nostro compito, come professionisti psicologi e psicoterapeuti, seguire queste dinamiche.
Dobbiamo dare il nostro contributo sia a livello scientifico sia a livello di intervento clinico, sociale e
civico.
E’ necessario essere in grado di far recepire e concepire un nuovo pensiero e una nuova cultura che
include la realtà migratoria; essa pur presentando nuove difficoltà, bisogni e patologie rappresenta
sempre un elemento evolutivo di crescita e riflessione.
Questa ricerca del “Gruppo di lavoro di Entnopsicologia” costituito dall’Ordine Psicologi Marche,
vuole essere un contributo di riflessione, e non solo, sull’importanza, mai come oggi così urgente,
di una cultura entopsicologica.
Dr. Luca Pierucci
Presidente Ordine Psicologi Regione Marche
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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PREMESSA
Riflettere, confrontarsi, capire l’attuale condizione migrante presso un contesto istituzionale quale l’Ordine
professionale degli Psicologi rappresenta un’azione di forte valenza culturale e civica, poiché come afferma
Tobie Nathan la cultura è “il sistema che contribuisce alla nostra costruzione del mondo e non può esistere
respiro psichico, senza filtro culturale che ordini, governi e fornisca i principali strumenti di interazione con
la realtà”. I colleghi e le colleghe che compongono il gruppo di lavoro di etnopsicologia presso l’Ordine
Psicologi Marche hanno pertanto profuso impegno, tempo ed energia per la valorizzazione di una cultura
etnopsicologica che rispetti innanzitutto la dimensione del diritto (per noi psicologi è sancito dall’articolo 3
del codice deontologico) e che sia all’insegna di un approccio psicologico profondamente connesso alla
potenza delle relazioni piuttosto che a rigide categorie nosografiche; uno sguardo alla migrazione tale da
poter riaffermare il senso della Storia della persona. La cultura etnopsicologica rappresenta in tal senso una
ricchezza perché parte dalle relazioni, dal rispetto per gli esseri invisibili, per la lingua, per gli oggetti simbolici
e per il corpo. È necessario però valorizzare le informazioni per poter leggere le condizioni contestuali dove
si muovono attualmente i destini di moltissime persone migranti.
Da qui l’elaborazione di un documento che rappresenti un viaggio, auspicabilmente esaustivo, nella
condizione migratoria, con la speranza che sia un contributo per vivere più tra uomini piuttosto che tra
avversari.
Silvana Zechini
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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INTRODUZIONE
Il presente documento si offre come fotografia e analisi dell’attuale condizione migratoria, come realtà in
continua evoluzione, con l’intento di offrire dati e approfondimenti utili a conoscere le connotazioni di tale
fenomeno e promuovere contemporaneamente la cultura etnopsicologica. Il Gruppo di lavoro di
Etnopsicologia dell'Ordine degli Psicologi delle Marche ha cominciato a operare sulla stesura di questo
contributo a inizio 2018, ma negli ultimi mesi la situazione, per quanto riguarda il settore dell'accoglienza dei
migranti e dell'integrazione sociale, è profondamente cambiata. Notizie e informazioni distorte hanno
trovato terreno fertile proprio nella mancanza di ciò per cui questo documento era stato pensato:
un’informazione diffusa e concreta sullo stato dell'arte e sugli strumenti esistenti.
Pertanto si vuole offrire a tutti coloro che sono motivati a conoscere la realtà migratoria, o per lavoro o per
interesse personale, le informazioni su le problematiche più diffuse nella presa in carico dei migranti, le prassi
in uso e le istituzioni attive in quest’ambito.
In questo periodo anche il sistema SPRAR, che era considerato un modello di riferimento europeo e che
puntava sull’integrazione fra le realtà ospitanti e le persone accolte è stato accantonato, con inevitabili
ripercussioni rispetto agli ingressi dei migranti nel Paese, che in passato potevano usufruire di strutture
d’accoglienza e protezione per richiedenti asilo e per titolari di protezione internazionale e umanitaria in
attesa di verifica dei requisiti.
La gravità dell'attuale situazione invece di frenarci ci ha motivati ancora di più, perché è proprio quando la
confusione si fa grande che bisogna impegnarsi a fare chiarezza, così come quando arriva il buio che bisogna
accendere le luci. Speriamo quindi che il presente documento possa offrire testimonianza del nostro lavoro
e del lavoro dei tanti che da anni si impegnano nell'ambito dell'integrazione in senso lato e dell'etnopsicologia
nello specifico, diventando allo stesso tempo uno strumento di confronto e di informazione.
Per concludere, questo documento non vuole essere un punto di arrivo, ma l'inizio di un viaggio condiviso
con chiunque operi nel settore o si senta interessato e intenda partecipare allo stesso con osservazioni e
scambi.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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1. SETTORE GENERALE
1.1 COS’E’ L’ETNOPSICOLOGIA
Da una semplice analisi etimologica appare immediatamente chiaro che l'etnopsicologia si occupa della
psicologia applicata alle differenze etniche. Ma cosa, in concreto, si intende con ciò?
Per approfondire la questione proviamo a concentrarci sui concetti di salute e cura. Per molti anni si è cercato
di distinguere la salute fisica da quella psicologica, dimenticando che la salute è un meccanismo sfaccettato,
in cui i processi emotivi condizionano il benessere fisico, e viceversa. È difficile perciò ottenere buoni risultati
di cura focalizzandosi solo su uno dei due aspetti che, complessivamente, chiamiamo salute. Lo stesso
approccio va però applicato anche in ambito psicologico. Quando si parla di psicologia ci si riferisce,
solitamente, alla realtà interiore dell'individuo: personalità, emozioni, traumi, focalizzando l'attenzione
sull'esperienza del singolo rispetto al mondo, dimenticando il sottile condizionamento che quest’ultimo
opera sulle persone. La "realtà", o meglio il modo in cui ci rappresentiamo la realtà, si costruisce in base ai
modelli imposti o proposti dalla cultura.
Le diverse culture plasmano gli individui e il loro modo di essere attraverso usanze, regole esplicite e implicite.
E se per un occidentale è buona norma stringere la mano a uno sconosciuto, per un latino americano sarà
considerato più cortese un contatto maggiore, come un abbraccio, mentre per un orientale l'inchino appare
come la forma di massima educazione verso l'altro. Apparentemente si tratta solo di semplici consuetudini,
ma in realtà definiscono un modo di vivere ed esprimere la propria parte affettiva ed emotiva, condizionando
quindi la vita psichica dell'individuo.
Alla luce di tale consapevolezza, appare chiaro che la psicologia non può essere considerata come un corpus
di conoscenze e di metodologie monolitico e perfettamente delineato, valido per ogni occasione, ma deve
variare in base al substrato culturale in cui l'individuo è cresciuto o vive.
Ed è qui che entra in gioco l'etnopsicologia!
L'etnopsicologia può quindi essere definita come un approccio di intervento psicologico focalizzato sui tratti
distintivi del contesto socio-culturale di appartenenza del soggetto preso in carico. Come approfondiremo in
seguito, la sfida per l’etnopsicologia è quindi quella di costituire un impianto multidisciplinare e interculturale
che utilizzi la lingua del paziente e che permetta di conferire significato al vissuto del migrante. Pertanto
l'etnopsicologo è il professionista dell'intervento psicologico dotato di competenze e, soprattutto, di una
particolare sensibilità alle dinamiche psico-emotive dell'individuo, derivate dalle diverse culture di
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appartenenza. Parliamo di sensibilità, perché sarebbe impensabile riuscire a raggiungere una competenza
approfondita di tutti i modelli culturali esistenti. Meglio costruire, invece, un approccio "fluido" libero da
preconcetti e, al tempo stesso, una specifica attenzione alla differenza, al dettaglio dietro cui si nascondono
i diversi modi di costruire e vivere le relazioni, di rappresentarsi la realtà, di raccontarsi il corpo e le emozioni.
Enfatizzando le risorse del paziente, l’etnopsicologo si pone come obiettivo quello di offrire un intervento di
sostegno psicologico meta-culturale, creato ad hoc, in grado di ristabilire l’involucro culturale, lacerato in
seguito l’esperienza migratoria. Questo perché è proprio nello sradicamento (ovvero l’allontanamento dal
proprio mondo verso un altro) che esplode il disagio psicofisico, una condizione che diventa difficile da
comunicare con un linguaggio o con sintomi comprensibili per la cultura ospite. Un esempio di questa
difficoltà sta nel lavoro dei medici che operano con pazienti stranieri, spesso provenienti da culture molto
lontane, con i quali non è possibile utilizzare gli stessi modelli di descrizione sintomatologica. Ciò che cambia,
chiaramente non è l’anatomia, ma il modo di rappresentare e descrivere il corretto funzionamento
dell'organismo; per cui ciò che nella nostra cultura può essere definibile come fitte al fegato o dolore alle
giunture, in Africa sub-sahariana può essere spiegato come uno squilibrio energetico tra la parte destra e
quella sinistra del corpo, mentre in medicina tradizionale cinese può essere raccontato come una presenza
eccessiva o insufficiente di vento o di fuoco nelle varie aree dell’organismo.
Un’altra questione alquanto spinosa da comprendere sta nel differente “rapporto con l’invisibile”, un
problema che si rende evidente nel lavoro con le donne vittime di tratta. La questione riguarda donne,
perlopiù nigeriane, reclutate nel loro villaggio o città d’origine, spesso con la falsa promessa di una nuova vita
in Europa e di un lavoro sicuro e onesto, vincolate mediante l’impegno alla restituzione di una certa somma
di denaro. Questo patto viene suggellato da un rito magico (vudù o juju) fatto allo scopo di assoggettare le
vittime da un punto di vista morale e spirituale, oltre che con la costrizione fisica, se necessario, anche
mediante minacce alla loro incolumità o a quella dei loro familiari rimasti nel Paese di origine. I riti prevedono
inoltre un vincolo di segretezza, che vieta loro di fare il nome dei propri sfruttatori. Il timore di ritorsioni
fisiche e spirituali, in seguito alla trasgressione del patto, rende la loro liberazione alquanto ardua.
Per fare al meglio questo lavoro di continua ricerca di comprensione e rispetto delle differenze socio-cultuali,
si rende necessaria la collaborazione con un mediatore culturale. Il mediatore linguistico culturale è un
ponte, una passerella tra due universi linguistici. Riguardo al ruolo del mediatore esiste ancora molta
confusione. Se da un lato alcuni operatori considerano i mediatori come figure di passaggio e semplici
traduttori da utilizzare solo in caso di emergenza, dall’altro ci sono operatori con grandi aspettative che
considerano i mediatori dei dispositivi passe-partout, dei tecnici in grado di risolvere qualsiasi questione
legata all’intercultura e all’integrazione dei cittadini stranieri.
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Le funzioni del mediatore dovrebbero invece essere delineate e costruite di volta in volta dagli stessi
operatori e mediatori in un preciso progetto di intervento. Entrambi dovrebbero collaborare ed essere
coinvolti nelle attività di promozione e personalizzazione degli interventi al fine di renderli più vicini all’utenza
straniera ed ai suoi bisogni. Poiché esiste una differenziazione di funzioni del mediatore, è difficile fare un
discorso generalizzato che non tenga conto del contesto. Tuttavia si possono individuare alcune principali
“funzioni base”, presenti in tutte le figure della mediazione, quali:
Funzione di orientamento e di informazione agli utenti
Funzione di accoglienza degli utenti nei servizi
Funzione di traduzione, interpretariato, mediazione linguistico-culturale
Funzione di sensibilizzazione, promozione e pubblicizzazione relative al servizio specifico in cui si è
inseriti.
1.2 PARTE STORICA E RIFERIMENTI TEORICI
La collaborazione interdisciplinare tra psicologi, antropologi, filosofi, storici, sociologi è stata fondamentale
nei secoli per sviluppare la ricerca nell’ambito della dimensione psichica nelle diverse popolazioni.
I primi accenni al termine di etnopsicologia si ebbero grazie a Heymann Steinthal, filosofo del linguaggio e
psicologo tedesco, cofondatore nel 1860 della Rivista per l'etnopsicologia e la linguistica e autore di numerosi
scritti sull'origine del linguaggio. Nella sua opera (1851) Steinthal sostiene un orientamento volto a porre in
relazione l'analisi strutturale delle lingue e la psicologia dei popoli.
Successivamente Wilhelm Wundt, psicologo e filosofo tedesco del XIX secolo, parlò nelle sue ricerche di
“psicologia dei popoli” o etnopsicologia, ovvero dello studio del ruolo della cultura nella costruzione
delle funzioni psicologiche superiori (memoria volontaria, ragionamento, linguaggio, apprendimento). Il
concetto venne poi riutilizzato da Wundt nello studio dello sviluppo mentale generale dell'essere umano,
ovvero dei fattori costitutivi della cultura di un'etnia o di un popolo (lingua, religione, miti, morale, costumi
ecc.) tramite metodi psicologici, filologici, storici e antropologici. Una vera e propria indagine integrata che
oggi viene invece sviluppata da diverse discipline come la psicologia culturale, la psicologia trans-culturale o
cross-culturale, l'antropologia psicologica e l'etnopsicologia.
Gli studi di etnopsicologia hanno successivamente contribuito ad approfondire l’argomento. L'etnopsichiatria
può essere fatta risalire allo psichiatra Emil Kraepelin che, all'inizio del XX secolo, ha delineato una nuova
disciplina chiamata psichiatria comparata. Kraepelin era convinto che i fattori socioculturali svolgano un ruolo
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fondamentale nella genesi di diverse psicopatologie e perciò si preoccupò di identificare e spiegare il legame
che esiste tra disturbi mentali e caratteristiche etniche e culturali dei diversi popoli.
Con l'etnopsicologia e l'etnopsichiatria, etnia e cultura diventano così fattori centrali anche per le discipline
che si occupano della salute mentale. L’etnopsichiatria mirava al confronto tra diverse realtà cliniche al fine
di convalidare le categorie nosografiche della psichiatria classica occidentale, che rimanevano il termine di
riferimento certo e indiscutibile. Il metodo era appunto quello comparativo e da qui nasceva la definizione di
psichiatria trans-culturale, cross-culturale o comparativa. L’orientamento della prima etnopsichiatria era di
considerare le sindromi psichiatriche esotiche come una variante più semplice e povera di quelle riscontrate
in Occidente: in esse i fattori culturali costituivano dei meri ostacoli all’efficace riconoscimento delle
patologie secondo la nosografia psichiatrica occidentale. L’elemento culturale veniva preso in considerazione
e studiato solo in vista di una sua rimozione al fine di svelare i modi universali della sofferenza umana. La
prima etnopsichiatria riteneva infatti che, sebbene i contenuti del disagio psichico differissero in diverse aree
geografiche del mondo, essi sottintendessero una uguale forma, universale, di disturbo mentale.
Un altro pioniere degli studi etnopsicologici e della etnopsicanalisi è Georges Devereux, che ha effettuato
studi sul campo fra le popolazioni indigene in California, Australia, Nuova Zelanda, Nuova Guinea e Vietnam,
studiandone le formazioni culturali al fine di individuare le varianti strutturali comuni ad ogni cultura.
L’etnopsichiatria viene da lui considerata come una disciplina complementarista, in cui è necessario un
dialogo incessante e comparativo tra epistemologie psicoanalitiche, antropologiche, sociologiche, ma anche
biomediche, perché nessun punto di vista è esaustivo nello studio dell’uomo.
Gli orientamenti attuali hanno maturato una visione più critica del compiere azioni di cura. L’esigenza di farsi
carico di disagi "altri", ha suggerito la necessità di ripensare gli strumenti e i quadri teorici, riconoscendo la
loro inevitabilità culturale, cioè il loro essere localizzati, costruiti in spazi storici e geografici specifici. E infatti
gli etnostudiosi contemporanei si differenziano da quelli del passato per la consapevolezza della necessità di
storicizzare anche i propri riferimenti culturali e strumenti operativi.
Un ulteriore passo avanti, soprattutto nella direzione della costruzione di dispositivi di cura adeguati alle
patologie etniche, è stato più recentemente compiuto da Tobie Nathan. Da lui la psicoterapia viene
considerata come “un procedimento d’influenza destinato a modificare radicalmente, profondamente e in
modo duraturo una persona, una famiglia o semplicemente una situazione, partendo da un’intenzione
terapeutica” (Nathan 1998, p. 20). Non si separa perciò il paziente dalla famiglia o dal clan, per ricondurlo ad
un gruppo virtuale, statistico, come quello individuato e descritto dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual
of Mental Disorders), ma lo si considera parte di un corpo sociale più ampio. Di conseguenza, tutte le pratiche
terapeutiche presentano un interesse e non si può discriminare tra pratiche scientifiche e pratiche
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"selvagge". Le terapie tradizionali sono operazioni razionali, efficaci e suscettibili d’indagini approfondite:
tutto va ricondotto al sistema culturale e solo all’interno di esso si possono valutare l’efficacia e il senso.
Molti sono gli sviluppi, anche divergenti nel pensiero e nella pratica, che hanno origine dal lavoro di Nathan.
Ricordiamo soltanto Rose Marie Moro (1994, 1998), che si è concentrata in particolare sulla problematica
dell’intervento con i figli dei migranti.
Infine, va tenuto conto del fatto che in letteratura le sigle etnopsicoanalisi, etnopsichiatria e psichiatria trans-
culturale vengono a volte utilizzate come sinonimi, mentre in realtà corrispondono ad ambiti culturali e
applicativi diversi. In genere i primi due si riferiscono a quanto elaborato da George Devereux e da Tobie
Nathan, il terzo termine viene utilizzato nell’ambito della ricerca anglosassone.
Spostandoci in Italia, anche qui le ricerche e gli interventi in ambito etnopsicologico hanno avuto sviluppi
considerevoli. Già a partire dagli anni ‘50, sotto lo stimolo dell'antropologo e filosofo Ernesto De Martino,
sono stati effettuati studi e ricerche sul mondo magico e sui rapporti tra l’antropologia e la psiche. Giovanni
Jervis collaborò alle ricerche di De Martino sul tarantismo pugliese; Michele Risso e Wolfgang Boker si
occuparono di psicopatologia delle migrazioni presso le comunità d’immigrati in Svizzera; l'etnologo Vittorio
Lanternari studiò gli stretti legami tra medicina, magia e religione.
Un’eccellente attività di ricerca e d’intervento originale e feconda, e d’ispirazione nathaniana, continua ad
essere svolta da Piero Coppo che ha compiuto lunghi anni di attività scientifica e terapeutica in Mali;
dall'etnopsichiatra Salvatore Inglese, con precisi interventi sulla psicopatologia trans-culturale e sulla
psichiatria in tempo di guerra; da Giuseppe Cardamone e dallo psicologo Sergio Zorzetto, con interessanti
interventi sulla psichiatria di comunità; e dal gruppo di lavoro che si raccoglie attorno all'Associazione Oriss,
che pubblica la rivista I fogli di Oriss. E’ importante anche il contributo di Roberto Beneduce, con considerevoli
studi sulla possessione in Africa e sulla patologia delle migrazioni e di Natale Losi.
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1.3 RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Premessa:
Generalmente con il termine IMMIGRAZIONE si definisce ogni movimento migratorio individuale o di massa
originato da motivi economici, di studio, di lavoro o dall'intento di fuggire da situazioni conflittuali del proprio
Paese che porta a stabilirsi, in via temporanea o definitiva, in un luogo diverso da quello di origine.
L'immigrazione in Italia è un fenomeno abbastanza recente. Per oltre un secolo terra di emigrazione, il nostro
Paese si trova di fronte ad un repentino cambiamento di ruolo ed è chiamato a misurarsi, sul piano culturale
e politico, con l'afflusso crescente di uomini e donne di culture, usi e religioni assai diverse tra loro così che
l'espressione "società multietnica" è diventata una realtà quotidiana.
Sul piano storico, l'arrivo dei primi flussi migratori cominciò nei primi anni '70 con l'inizio della crisi del
petrolio. L'Italia venne scelta dagli immigrati che non potevano più raggiungere i ricchi paesi dell'Europa
centro-settentrionale a causa delle politiche restrittive e della chiusura delle frontiere da parte degli Stati più
industrializzati.
Dalla seconda metà degli anni ‘80, l'Italia vide aumentare in maniera esponenziale il numero degli ingressi di
cittadini stranieri. Da allora l’immigrazione iniziò ad essere percepita dall'opinione pubblica come un
problema e gli studiosi intrapresero ricerche più approfondite sulla condizione degli immigrati.
L'Italia, a differenza di altri Stati europei solo da pochi anni si è impegnata ad elaborare politiche
sull'immigrazione; durante gli anni '70 e la prima metà degli anni '80, lo Stato preferì "non decidere" in
materia di immigrazione, lasciando al libero gioco delle forze di mercato il compito di regolamentare i flussi
migratori e agli enti locali ed alle organizzazioni assistenziali quello di affrontare, in qualche modo, le
emergenze con centri di prima accoglienza, mense, dormitori. Le politiche che vennero adottate non tennero
sufficientemente conto dei bisogni e soprattutto dei diritti di chi proveniva da un altro Paese, fornendo
prevalentemente assistenza caritatevole in assenza di una legge specifica, in cui l'unica soluzione era spesso
individuata nell'espulsione con il ritorno immediato nel Paese di origine.
La prima legge in materia di immigrazione risale alla fine del 1986, periodo nel quale si avvertiva la necessità
di un intervento da parte dello Stato che esprimesse la volontà di regolarizzare i flussi migratori, tenendo
conto anche dei diritti degli stranieri.
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Riferimenti legislativi
Ripercorrendo l’evoluzione normativa in materia di asilo il punto di partenza si può individuare nel dettato
costituzionale: l’articolo 10 comma 3 della Costituzione riguarda i diritti di asilo e prevede che: “lo straniero
al quale sia impedito nel suo Paese l’esercizio effettivo delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione
italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Di seguito
verranno riportate altre tappe cruciali di questo processo:
Il 28 luglio 1951 l’Italia firmò la Convezione di Ginevra: pilastro del sistema di asilo che affrontò per
la prima volta la questione relativa ai rifugiati nel dopoguerra. L’Italia aderì alla Convezione di Ginevra
attraverso la legge di autorizzazione alla ratifica n. 722 del 24 luglio 1954.
È con la Legge Martelli che ci fu un punto di svolta nel campo del diritto di asilo e sul tema, fino ad
allora inedito, dell’accoglienza dei richiedenti asilo, in termini più generali, nella regolamentazione
della disciplina della condizione giuridica dello straniero.
Legge 28 febbraio 1990 n. 39 fu la prima norma Nazionale in cui venne affrontato il tema del Diritto
di Asilo.
Nel luglio del 1999 l'esperienza isolata delle comunità virtuose che avevano spontaneamente
predisposto forme di accoglienza integrata a favore dei soggetti rimasti esclusi dalle strette maglie
del circuito di accoglienza governativo, assunse una dimensione strutturata grazie all'approvazione
del progetto “Azione Comune”, avviato con il sostegno dell'Unione Europea e del Ministero
dell'Interno in favore degli esuli kosovari. Il progetto venne affidato al Consiglio Italiano per i Rifugiati,
che lo realizzò in partenariato con altre associazioni ed enti di tutela attivi sul fronte dell'accoglienza.
Il progetto Azione Comune "rappresentò la sperimentazione di una metodologia in base alla quale si
sono successivamente costituiti i sistemi di accoglienza istituzionalizzati e più strutturati: il
Programma Nazionale Asilo (PNA), poi evolutosi in Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e
Rifugiati (SPRAR)".
Nel 2002 venne approvato un importante intervento legislativo di modifica della normativa vigente
in materia di immigrazione, contenente al suo interno disposizioni concernenti il diritto di asilo. La
Legge 30 luglio 2002 n.189, meglio nota come Bossi-Fini, rappresentò un inasprimento della
condizione giuridica dello straniero in Italia. Il tema dell'asilo divenne un punto a sé; affrontato in via
diretta, seppur non organica, dettando un ordine nella procedura di riconoscimento dello status e
gettando le basi per la realizzazione di un sistema di accoglienza a livello nazionale.
L'Italia, a partire dalla fine degli anni '80 del secolo scorso, partecipò ai primi trattati intraeuropei
incidenti anche sulla materia della protezione politico-umanitaria aderendo tanto all'Accordo di
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Schengen del 1985 quanto alla Convenzione di Dublino del 1990. Il primo nacque dal dibattito sorto
sul finire degli anni '80 riguardante il concetto di libertà di movimento delle persone all'interno
dell'Unione che portò a una graduale eliminazione dei controlli alle frontiere comuni. Con l’entrata
in vigore della Convenzione di Schengen nel 1995, di ratifica dell'Accordo del 14 giugno 1985, venne
sancita l'abolizione delle frontiere interne degli Stati firmatari, creando un'unica frontiera esterna
dove i controlli delle migrazioni sarebbero avvenuti sulla base di regole comuni riguardanti il tema
dei visti d'ingresso, soggiorni brevi, controlli alle frontiere e richieste di asilo. Quanto a quest'ultimo
aspetto, la Convenzione gettava le basi per la determinazione dello Stato competente ad esaminare
la domanda di asilo, una questione affrontata specificamente nella Convenzione di Dublino siglata il
15 giugno 1990 ed entrata in vigore nel 1997 per gli Stati firmatari. La Convenzione di Dublino si
propose di dare risposta a due fenomeni, conseguenza indiretta del sistema Schengen. Il primo, noto
come asylum shopping, consistente nella tendenza dei richiedenti asilo a ricercare lo Stato membro
che offra condizioni più permissive per il conferimento dello status. Il secondo volto a risolvere il
fenomeno dei 'rifugiati in orbita', imponendo che sussista in capo a un determinato Stato membro
l'obbligo di esaminare una domanda di asilo, evitando che la competenza venga rimbalzata di Stato
in Stato, senza alcuna presa di responsabilità.
Nel 1997 tramite il Trattato di Amsterdam prese avvio la cosiddetta "comunitarizzazione" della
materia, ovvero il passaggio della materia dall'area intergovernativa alla competenza comunitaria.
La legge 6/03/98 n.40 guarda in modo particolare all'integrazione sociale e ai diritti-doveri degli
stranieri, facendo emergere la consapevolezza nella società contemporanea che non è più possibile
evitare questa realtà e che bisogna cercare nuovi strumenti per costruire un dialogo con le altre
culture. Nella legge sono inserite innovazioni importanti, per quanto concerne le misure
d'integrazione, quale, ad esempio, la carta di soggiorno, un documento che permette di rimanere a
tempo indeterminato dopo 5 anni di permanenza con regolare permesso di soggiorno. La legge
prevede, quindi, che l'espulsione possa essere disposta solo per gravi motivi di ordine pubblico e che
lo status di titolare di carta di soggiorno si estenda anche al coniuge e ai figli minori conviventi. Il
ricongiungimento familiare viene garantito e si allarga la sfera dei parenti che ne può usufruire.
Quanto all'assistenza sanitaria, lo straniero regolarmente soggiornante ha parità di trattamento e
piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani. Ai minori presenti sul territorio,
regolari e clandestini, tra le altre forme d tutela è esteso l'obbligo scolastico. Per tutti gli stranieri,
infine, è prevista un'azione civile contro qualsiasi atto di discriminazione per motivi razziali, etnici o
religiosi. Oltre alle diverse esigenze oggettive di controllo dei flussi migratori, con questa legge
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cambia anche la sensibilità di fronte allo straniero: da lavoratore utile per l'economia del Paese, a
persona desiderosa di creare un nuovo progetto di vita nel nostro territorio e che quindi ha bisogno
di strutture sociali e culturali.
Inoltre, il Dlgs n. 286/1998 stabilisce all’articolo 2 che la tutela dei diritti fondamentali della persona
non possa essere limitata al solo cittadino italiano, ma debba essere estesa anche ai cittadini degli
altri Stati ed agli apolidi.
Nel 1999 si tenne il Consiglio europeo di Tampere da cui scaturirono importanti conclusioni sul tema
dell'asilo. In particolare venne introdotto per la prima volta il concetto di Common European Asylum
System (CEAS), ovvero l'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo, basato
sull'applicazione della Convenzione di Ginevra in ogni sua componente, garantendo in tal modo che
nessuno venga esposto nuovamente alla persecuzione, ossia mantenendo il principio di non-
refoulement.
Nell'arco del quinquennio successivo furono adottati atti normativi di fondamentale importanza che
gettarono le basi del Sistema Comune di Asilo: il Regolamento di Dublino n. 343/2003, che andò a
sostituire la Convenzione di Dublino del 1990, concernente i criteri e i meccanismi volti alla
determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda, la Direttiva 2003/9/CE
relativa alle misure minime per l'accoglimento dei richiedenti asilo (Direttiva Accoglienza), la
Direttiva 2004/83/CE relativa all'attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti
bisognosa di protezione internazionale (Direttiva Qualifiche), la Direttiva 2005/85/CE sulle procedure
per il riconoscimento dello status di rifugiato (Direttiva Procedure). Rilevante anche le Direttiva
2001/55/CE del 21 luglio 2001 sulle misure di afflusso massiccio di sfollati.
Terminato il completamento di questa prima fase di armonizzazione, la Comunità Europea ritenne
necessario avviare una riflessione al fine di determinare in quale direzione il CEAS dovesse muoversi.
Nel 2007, con l'elaborazione del Green Paper sul futuro regime comune in materia di asilo, prese
avvio la seconda fase di implementazione del Sistema Comune. Sulla scorta di questo documento la
stessa Commissione Europea approvò un Piano Strategico sull'Asilo, presentato nel Giugno del 2008,
in cui vennero individuati i tre pilastri sulla cui base sviluppare il sistema: rafforzare l'armonizzazione
degli standard di protezione avvicinando ulteriormente la legislazione in materia di asilo degli Stati
membri; garantire e supportare una cooperazione effettiva tra gli stessi; incrementare la solidarietà
ed il senso di responsabilità tra gli Stati membri e tra gli Stati Europei ed extra-Europei.
La seconda fase del CEAS venne confermata dal Programma di Stoccolma del 2009 e con l'entrata in
vigore del Trattato di Lisbona nello stesso anno.
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Il sistema di accoglienza dei migranti nel territorio italiano è disciplinato dal decreto legislativo n.
142/2015, adottato in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE.
Successivamente, alcune integrazioni e modifiche sono state apportate dapprima dal D.L. 13/2017,
che ha previsto alcuni interventi urgenti in materia di immigrazione, poi dalla L. n. 47/2017 sui minori
stranieri non accompagnati e dal D.Lgs. n. 220/2017. Nell'attuale legislatura, il D.L. 113/2018 (ovvero,
decreto immigrazione e accoglienza) ha introdotto ulteriori modifiche, che vedremo in seguito, che
riformano in parte l'impianto complessivo del sistema.
La cornice normativa riflette il modello di accoglienza «diffusa» e basata su regole definite al di fuori di una
logica emergenziale, già emerso nell'Intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 10 luglio 2014 da Stato,
regioni ed enti locali, nella quale era stato concordato il " Piano operativo nazionale per fronteggiare il flusso
straordinario di cittadini extracomunitari". Il sistema di accoglienza dei migranti si fonda, in primo luogo, sul
principio della leale collaborazione, secondo forme apposite di coordinamento nazionale e regionale, basate
sul Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell'interno con compiti di indirizzo,
pianificazione e programmazione in materia di accoglienza, compresi quelli di individuare i criteri di
ripartizione regionale dei posti da destinare alle finalità di accoglienza. La primissima fase, antecedente alla
accoglienza vera e propria, consiste nel soccorso e prima assistenza, nonché nelle operazioni di
identificazione dei migranti, soprattutto nei luoghi di sbarco (art. 8, co. 2, D.Lgs. n. 142 del 2015). In base agli
impegni assunti dallo Stato italiano nell'ambito dell'Agenda europea sulla migrazione, adottata nel 2015, tali
funzioni sono svolte nelle aree chiamate hotspot (punti di crisi) allestite nei luoghi dello sbarco per consentire
le operazioni di prima assistenza, screening sanitario, identificazione e somministrazione di informative in
merito alle modalità di richiesta della protezione internazionale o di partecipazione al programma di
relocation. Ai sensi del decreto, tale funzione è svolta nei centri di prima accoglienza (CPA) o Centri di primo
soccorso e accoglienza (CPSA) allestiti all'epoca dell'emergenza sbarchi in Puglia nel 1995 ai sensi del D.L. 30
ottobre 1995, n. 451, conv. da L. n. 563/1995 (legge Puglia).
Nell'ambito delle misure di accoglienza, il decreto n. 142/2015 riserva una particolare attenzione ai soggetti
"portatori di esigenze particolari" (cosiddette persone vulnerabili, il cui novero è ampliato rispetto al
passato), per i quali sono introdotti specifici accorgimenti nella procedura di accoglienza e di assistenza. Così,
nell'ambito dei centri governativi sono attivati servizi speciali di accoglienza, assicurati anche in
collaborazione con la ASL competente per territorio, che devono garantire misure assistenziali particolari e
un adeguato supporto psicologico. Tra tutte le categorie di vulnerabilità, disposizioni particolari sono
riservate all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (MSNA).
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
15
Per quanto riguarda le condizioni materiali di accoglienza, il decreto legislativo n. 142 si preoccupa di
assicurare livelli di accoglienza uniformi sul territorio nazionale e garantire la trasparenza delle procedure di
affidamento dei centri, rinviando ad un decreto ministeriale la definizione di uno schema di capitolato di gara
d'appalto per la fornitura dei beni e dei servizi relativi al funzionamento di tutte le strutture di accoglienza.
Tale decreto è stato adottato dal Ministero dell'interno con la collaborazione dell'Autorità nazionale
anticorruzione - ANAC (D.M. 7 marzo 2017).
Gli ultimi sviluppi legislativi in Italia:
I dati consuntivati nel DEF 2018 confermano che negli ultimi anni le presenze di migranti nelle strutture di
accoglienza italiane hanno visto un andamento crescente, dalle 176 mila unità attestate a fine 2016 alle oltre
183 mila a fine 2017, con picchi fino a oltre 193 mila a settembre 2017. La maggior parte dei rifugiati è
ospitata in strutture provvisorie (CAS), poiché i servizi convenzionali a livello centrale e locale hanno capienza
limita.
Rispetto all’elevato numero dei richiedenti asilo presenti nelle strutture di accoglienza, a fronte della
sensibile contrazione dei flussi migratori (fenomeno registrato a partire dal 2017 e consolidato nel 2018) il
Governo si è impegnato ad una rivisitazione del sistema di accoglienza, anche mediante la razionalizzazione
dei servizi (si v. comunicazioni del Ministro dell’interno sulle linee programmatiche del suo dicastero alle
Commissioni congiunte affari costituzionali di Camera e Senato, 25 luglio 2018).
In tale direzione si muove la direttiva del Ministero dell’interno del 23 luglio 2018, che ha come oggetto la
rivisitazione dei servizi di accoglienza per richiedenti asilo, tra cui:
l’individuazione dei servizi prestazionali per gli ospiti delle strutture di prima accoglienza, in coerenza
con le dimensioni e le tipologie di struttura (individuali o collettive), definendone il valore di
riferimento;
l’inclusione, nei servizi di base di accoglienza comuni, oltre all’alloggio e al vitto, della cura dell’igiene,
dell’assistenza generica alla persona (mediazione linguistico-culturale, informazione normativa),
della tutela sanitaria e di un sussidio per le spese giornaliere;
l’esigenza di porre particolare attenzione alla determinazione delle basi d’asta dei servizi, da
individuare sulla scorta dei prezzi standard di riferimento stabiliti da centrali di committenza, ovvero
indicati dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nelle proprio delibere, con valenza regolatoria
finalizzata al risparmio della spesa.
La revisione dei servi di accoglienza è proseguita con alcune disposizioni contenute nel D.L. 113 del 2018
(ovvero, decreto sicurezza e immigrazione) che riservano i servizi di accoglienza integrata sul territorio
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(ovvero, seconda accoglienza) predisposti dagli enti locali e finanziati con il Fondo nazionale per le politiche
ed i servizi dell’asilo (ovvero, Fondo SPRAR) solo ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri
non accompagnati. Possono accedere a tali servizi anche i titolari dei permessi di soggiorno “speciali” per
motivi umanitari previsti dal Testo unico in materia di immigrazione, come ridisciplinati dal medesimo
decreto legge, a condizione che tali soggetti non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati.
Rispetto al quadro normativo previgente, restano invece esclusi dall’ambito di applicazione dei servizi
territoriali i richiedenti asilo (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione
internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva).
Ulteriori interventi di razionalizzazione sono previsti dalla legge di bilancio per l’anno 2019 (L. 145 del 2018)
che demanda al Ministero dell’interno di provvedere sia alla razionalizzazione della spesa per la gestione dei
centri per l’immigrazione (tenuto conto della contrazione del fenomeno migratorio), sia alla riduzione del
costo giornaliero di accoglienza dei migranti (art. 1, co. 767).
Fino alla riforma introdotta dal D.L. 113/2018, l'accoglienza vera e propria dei richiedenti di asilo si articolava
a sua volta in due fasi: la fase di prima accoglienza per il completamento delle operazioni di identificazione
del richiedente e per la presentazione della domanda di asilo, all'interno dei cosiddetti centri governativi di
prima accoglienza (art. 9) ed una fase di seconda accoglienza e di integrazione, assicurata, a livello territoriale,
nelle strutture del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), dove erano accolti coloro
che avevano già fatto richiesta del riconoscimento della protezione internazionale (e anche coloro ai quali
detto status era stato riconosciuto) e che non dispongono di mezzi sufficienti di sostentamento.
Sul fronte dell'attuazione, la Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza istituita alla Camera nel
corso della XVII legislatura ha evidenziato una non allineata corrispondenza tra il modello teorico stabilito dal
D.Lgs. n. 142 del 2015 e la realtà del sistema. L'indagine svolta ha fatto emergere, a 2 anni dall'approvazione
del decreto, l'eccessivo ricorso ai centri di accoglienza straordinaria (CAS) ed una ristretta adesione ai progetti
SPRAR da parte degli enti locali, nonostante gli interventi normativi ed amministrativi volti ad incentivare i
comuni in tal senso. Ciò che ha indotto la Commissione, anche in considerazione di ulteriori fattori di criticità,
a suggerire adeguati correttivi per garantire la realizzazione del modello di accoglienza tracciato dal D.Lgs. n.
142/2015 ( Doc. XXII-bis, n. 21).
Con le novità introdotte dal citato decreto legge 113 del 2018, la distinzione tra le due fasi è sostanzialmente
eliminata, in quanto la riforma riserva i servizi di accoglienza degli enti locali che aderiscono a quello che
veniva definito SPRAR ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati,
escludendo dalla possibilità di usufruire dei relativi servizi i richiedenti la protezione internazionale.
Una disposizione transitoria consente che i richiedenti asilo e i titolari di protezione umanitaria già presenti
nel Sistema di protezione (SPRAR) alla data di entrata in vigore del decreto-legge possono rimanere in
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accoglienza nel Sistema fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, già finanziato. I minori non
accompagnati richiedenti asilo, al compimento della maggiore età, potranno rimanere nel Sistema fino alla
definizione della domanda di protezione internazionale. All'esito di tale intervento, i richiedenti protezione
internazionale, a meno che non ricorrano le condizioni che necessitino il trattenimento nei Centri di
permanenza per i rimpatri (CPR), possono accedere solo alle misure previste nell'ambito dei centri
governativi di prima accoglienza, che hanno la funzione di consentire l'identificazione dello straniero (ove
non sia stato possibile completare le operazioni negli hotspot), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di
esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni
di vulnerabilità che comportino speciali misure di assistenza.
Tale funzione è assicurata dai centri governativi di nuova istituzione, previsti dal decreto legislativo n.
142/2015 sulla base della programmazione dei tavoli di coordinamento nazionale e interregionali (art. 9) e,
in prima applicazione, dai centri di accoglienza già esistenti, come i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo
(CARA) e i Centri di accoglienza (CDA). L'invio del richiedente in queste strutture è disposto dal prefetto,
sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
In caso di esaurimento dei posti nei centri governativi, a causa di massicci afflussi di richiedenti, questi
possono essere ospitati in strutture diverse dai centri governativi di accoglienza. La natura di queste strutture,
denominate CAS (centri di accoglienza straordinaria), è temporanea e l'individuazione viene effettuata dalle
Prefetture, sentito l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura.
In totale sono 40 gli articoli che formano il testo del D.L. 113 del 2018 (ovvero, Decreto Sicurezza e
Immigrazione). Di seguito verranno elencati i punti fondamentali del testo riguardanti il tema immigrazione:
Richiesta di asilo politico: vengono aumentati quel tipo di reati che annullano la sospensione della
richiesta di asilo politico, dopo una condanna in primo grado, portando all’espulsione immediata. I
reati in questione sono violenza sessuale, spaccio, furto e lesioni aggravate a pubblico ufficiale.
Abolizione protezione umanitaria: al momento la norma può garantire, in caso di situazioni di
emergenza umanitaria, un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che ne fanno richiesta.
Inizialmente si pensava a una abolizione e a una sostituzione con un permesso di soggiorno della
durata di un anno per motivi civili o di calamità naturali nei paesi di origine. Alla fine invece si è optato
per un “procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della
protezione internazionale“
Trattenimento nei centri per il rimpatrio: raddoppiati i tempi da un massimo di 90 giorni a 180 giorni.
Revoca della cittadinanza: se una persona viene ritenuta un possibile pericolo per lo Stato, potrebbe
scattare la revoca della cittadinanza in caso di condanna in via definitiva per reati legati al terrorismo.
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In più, una domanda di cittadinanza potrà essere rigettata anche se presentata da chi ha sposato un
cittadino o cittadina italiana.
Patrocinio gratuito: niente patrocinio gratuito per un migrante se il suo ricorso contro il diniego della
protezione umanitaria viene dichiarato inammissibile.
Fondi per i rimpatri: stanziati 500.000 euro per il 2018, 1,5 milioni per il 2019 e 500.000 euro per il
2020.
Gli SPRAR ora chiamati SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e
per minori stranieri non accompagnati): i piccoli centri che ospitano i migranti, sotto l’egida dei
Comuni, non potranno più accogliere i richiedenti asilo ma soltanto minori non accompagnati e chi
ha già ricevuto la protezione internazionale.
Riferimenti legislativi regione Marche
Il Servizio regionale delle Politiche sociali è articolato sulla base del modello previsto dalla L. 328/00 e recepito
dalla Regione Marche con L.R. 32/2014. La Regione ha funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento
e controllo in materia di servizi sociali intendendo per essi “gli interventi e le prestazioni coordinati nei diversi
settori della vita sociale, aventi come scopo la promozione del benessere della persona con riferimento alla
conservazione e allo sviluppo delle capacità di ciascuno a svolgere una vita di relazione in un ambiente idoneo
e sicuro. Sono esclusi gli interventi e le prestazioni assicurati dal sistema previdenziale e da quello sanitario
nonché quelli assicurati in sede di amministrazione della giustizia” (art. 2 L.R. 32/2014) ; Il sistema è articolato
in 23 Ambiti Territoriali Sociali (ATS) che aggregano più Comuni attraverso modalità istituzionali diversificate
(aziende, unione dei comuni, Unioni Montane, accordi di programma, convenzioni con istituzione di uffici
comuni etc.) ai quali viene affidata la funzione di programmazione in materia di politiche sociali e costituisce
il luogo della gestione associata dei servizi sociali. Gli ATS sono governati dai Comitati dei Sindaci composti
dai Sindaci dei Comuni aderenti all’ATS. La Regione determina le linee di programmazione sociale attraverso
lo strumento del Piano Sociale Regionale il quale, tra le altre cose, prevede anche le modalità di raccordo tra
la programmazione sociale specifica di ATS e la programmazione delle altre politiche di welfare.
Con riguardo alle politiche di inclusione sociale per i cittadini stranieri immigrati la legge regionale del 26
maggio 2009, n 13 prevede “Disposizioni a sostegno dei diritti e dell’integrazione dei cittadini stranieri
immigrati”, nel rispetto della normativa statale e comunitaria, promuove iniziative volte a garantire agli
immigrati e alle loro famiglie, condizioni di uguaglianza con i cittadini italiani nel godimento dei diritti civili
nonché a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che ne impediscono il pieno
inserimento nel territorio marchigiano. Inoltre, ispira la propria azione alla garanzia delle pari opportunità di
accesso ai servizi e alla valorizzazione della consapevolezza dei diritti e dei doveri connessi alla condizione di
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19
cittadino straniero immigrato. In particolare, le politiche regionali promuovono interventi sociali per
garantire l’istruzione, la formazione, il lavoro, la salute, l’accesso all’abitazione, la tutela culturale,
l’accoglienza, l’accesso ai servizi, l’informazione e la partecipazione, la tutela dell’associazionismo, secondo i
principi sanciti dalla Dichiarazione fondamentale dei diritti dell’uomo, dalla Convenzione di Ginevra sullo
status di rifugiato, dalla Convenzione internazionale di New York sui diritti del fanciullo, dalla Convenzione
internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e loro famiglie, dal Quadro comune per
l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi (2005), dal Programma “Europa 2020” per la crescita e l’occupazione.
In attuazione di tale legge la Giunta regionale stabilisce annualmente, attraverso un Programma, gli obiettivi
e i criteri di riparto dei fondi disponibili, da destinare a interventi e servizi sociali per il target specifico di
cittadini stranieri provenienti dai Paesi terzi, attivati dagli Enti Locali. Tali interventi, nel corso degli ultimi
anni, sono diventati residuali, indirizzandosi soprattutto verso i target vulnerabili, o verso i nuovi ingressi. In
particolare, i destinatari degli interventi previsti sono, oltre ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione
europea, anche gli apolidi, i richiedenti asilo, i rifugiati e le loro famiglie che risiedono o dimorano
regolarmente nel territorio regionale, i soggetti che hanno usufruito del ricongiungimento familiare ai sensi
del D.Lgs n 286/1998, nonché i minori stranieri non accompagnati, i giovani immigrati di seconda generazione
e le vittime della tratta e della riduzione in schiavitù.
Gli elementi più qualificanti contenuti nella normativa regionale attualmente in vigore sono i seguenti:
1. una rivisitazione della composizione della Consulta regionale degli immigrati (art. 3),
valorizzando in particolare le rappresentanze degli immigrati, per rendere il suo funzionamento più
snello e, quindi, maggiormente operativo;
2. tra i compiti della Consulta (art. 5) viene prevista la collaborazione con l’Osservatorio regionale
per le politiche sociali, di cui all’art. 7, al fine di monitorare costantemente il fenomeno migratorio
nella Regione con l’obiettivo di utilizzare i dati a supporto della programmazione regionale;
3. la valorizzazione della figura del mediatore interculturale (art. 15), oggi ampiamente utilizzata,
prevedendo il sostegno alla realizzazione di appositi corsi di formazione ed aggiornamento rivolti agli
operatori degli enti pubblici e delle associazioni operanti nel campo dell’immigrazione.
Con la promulgazione della L.R. 1 dicembre 2014, n 32 “Sistema integrato dei servizi sociali e tutela della
persona e della famiglia”, gli interventi e i servizi per l’inclusione sociale e culturale dei cittadini stranieri sono
confluiti nel complesso dei servizi di welfare ad accesso universalistico.
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1.4 REALTA’ ATTIVE INTERNAZIONALI, NAZIONALI E REGIONALI
In Italia il sistema di accoglienza si svolge essenzialmente su due livelli: prima accoglienza, che comprende gli
hotspot e i centri di prima accoglienza, e seconda accoglienza, che comprende il SIPROIMI (Sistema di
protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) – che con il
decreto Salvini ha sostituito lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) – e i CAS (Centri
di Accoglienza Straordinaria) ibrido tra prima e seconda accoglienza. Per poter accedere presso tali centri, i
migranti devono far domanda di Asilo Politico, in caso contrario, è previsto il trasferimento presso i Centri di
Identificazione ed Espulsione (CIE) recentemente sostituiti dai centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR), dove
i migranti possono rimanere fino ad un massimo di 180 giorni. Il SIPROIMI, con il nuovo decreto Salvini, si
rivolge solo a coloro che hanno già ottenuto una risposta positiva alla domanda di asilo (status di rifugiato o
protezione sussidiaria) e ai minori stranieri non accompagnati, mentre prima potevano accedervi anche i
richiedenti asilo e i tiolari di Protezione Umanitaria.
Il grafico che segue intende rendere più chiari questi passaggi.
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RICHIESTA ASILO
SI
Centri di prima Accoglienza
Centro di Accoglienza
Straordinaria
Sistema di Protezione per titolari di
protezione internazionale e minori
stranieri non accompagnati
NO
Centro di Permanenza e
Rimpatrio
QUESTURA
COMMISSIONI TERRITORIALI
TRIBUNALE
ACCOGLIENZA APPROVATA O
RESPINTA
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Gli enti locali che intendono aderire al SIPROIMI possono fare domanda per accedere ai fondi ministeriali in
qualsiasi momento, rispondendo ad un avviso pubblico sempre aperto.
Il Ministero dell’Interno vaglia le domande e in caso affermativo, l’ente locale riceve un finanziamento
triennale al fine di attivare un progetto SIPROIMI sul proprio territorio.
Ricevute le risorse, l’ente locale pubblica una gara d’appalto per l’assegnazione di tali risorse ad un ente
gestore che può essere rappresentato da una cooperativa o da un’associazione (purché ente non profit).
Ogni progetto dovrà contemplare “l’accoglienza integrata”, ossia la costituzione di una rete locale per
permettere e promuovere le attività di inclusione sociale, scolastica, lavorativa e culturale del migrante.
I Comuni che aderiscono allo SIPROIMI non sono molti, per tale motivo e per ovviare alle situazioni di
emergenza che si presentano, sono stati introdotti i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), concepiti come
strutture temporanee da aprire quando non sia possibile l’accoglienza tramite il sistema ordinario. Gli enti
gestori dei CAS possono essere sia profit che non profit e vengono stabiliti dalle prefetture dopo apposite
gare d’appalto.
Particolare tutela viene messa in atto per le situazione che vedono i minori non accompagnati (MSNA).
“Per Minore Straniero non accompagnato si intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri
Stati dell’Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel
territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte di genitori o di altri adulti per lui
legalmente responsabili…” (DPCM 535/99 art. 1).
In questi casi, l’iter prevede alcuni importanti punti.
Ogni minore straniero non accompagnato deve essere segnalato:
alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni;
al Giudice Tutelare, per l’apertura della tutela;
al Comitato per i minori stranieri, nel caso in cui il minore non abbia presentato
domanda di asilo.
Secondo quanto riportato sul sito di Save the Children, ai minori stranieri non accompagnati si applicano le
norme previste in generale dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione dei minori.
Si applicano, tra le altre, le norme riguardanti:
- il collocamento in luogo sicuro del minore che si trovi in stato di abbandono; la competenza in materia di
assistenza dei minori stranieri è attribuita, come per i minori italiani, all’Ente Locale (in genere il Comune);
- l’affidamento del minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo a una famiglia o a una
comunità; l’affidamento può essere disposto dal Tribunale per i minorenni (affidamento giudiziale) oppure,
nel caso in cui ci sia il consenso dei genitori o del tutore, può essere disposto dai servizi sociali e reso esecutivo
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23
dal Giudice Tutelare (affidamento consensuale); la legge non prevede che per procedere all’affidamento si
debba attendere la decisione del Comitato per i minori stranieri sulla permanenza del minore in Italia;
- l’apertura della tutela per il minore i cui genitori non possano esercitare la potestà.
MAPPATURA DELLE REALTÀ LOCALI
Sul Dossier SPRAR del 2018, rispetto alla regione Marche, viene riportato il seguente documento, redatto da
un Gruppo di lavoro di professionisti del Servizio Sanitario della Regione Marche, coordinato
dall’Osservatorio sulle Diseguaglianze nella Salute dell’Agenzia Regionale Sanitaria Marche:
“…Il Manuale scaturisce dal protocollo d'intesa tra la Regione Marche, le Prefetture e l'ANCI ai fini della
realizzazione di interventi di accoglienza e integrazione, atti a fronteggiare il flusso straordinario di cittadini
stranieri provenienti da paesi terzi, alla luce dell’intesa raggiunta nel 2014 tra il Governo, le Regioni e gli Enti
locali ed il Piano Operativo Nazionale da essa scaturito e tramite il quale mettere in campo interventi di tipo
strutturale, in un contesto di leale collaborazione fra i diversi livelli istituzionali (Prefetture, Regioni, Comuni).
Trattasi di un’operatività articolata da attuarsi dal momento dello sbarco, con le attività di primissimo
soccorso e poi in strutture di accoglienza per la prima assistenza ed il completamento delle procedure di
identificazione funzionali al successivo trasferimento nella rete della seconda accoglienza (SPRAR). L’Intesa
costituisce un importante cambio di passo nell’approccio all’accoglienza dei profughi, la cui attuazione
necessita di un costante impegno istituzionale. Ed è proprio in questa ottica che nella regione Marche è stato
stipulato il Protocollo di Intesa tra la Regione Marche, le Prefetture, l’ANCI per la realizzazione di interventi di
accoglienza e di integrazione atti a fronteggiare il flusso straordinario di cittadini stranieri provenienti dai
paesi terzi (DGR Marche n. 857 del 12/10/2015). Il medesimo Protocollo insiste sulla necessità di
implementare “iniziative integrate” che presuppongono rapporti di fattiva collaborazione tra tutti gli attori
che, a vario titolo, si occupano di gestire l’accoglienza e l’integrazione dei migranti.”
La situazione della realtà marchigiana aggiornata al 2016 evidenzia i seguenti dati (Banca dati Servizio
Centrale SPRAR):
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* Grottammare (Provincia di Ascoli Piceno)
Gli enti gestori, per poter adempiere al proprio compito devono assumere operatori che lavorino nei progetti
a supporto dei richiedenti e rifugiati ospiti: personale di coordinamento e amministrazione, psicologi,
assistenti sociali, operatori legali, interpreti e mediatori culturali, insegnanti di lingua italiana, addetti alle
pulizie, autisti, manutentori.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Si è visto come tra le figure di riferimento all’interno dei centri di accoglienza ci sia lo psicologo o più
specificatamente l’etnopsicologo.
Ma quali sono le realtà formative in Italia?
Nel nostro Paese non c’è un’unica realtà formativa, né linee guida rigide, sono infatti diverse e variegate le
proposte che fanno riferimento e che si occupano della formazione in etnopsicologia (Per un
approfondimento consultare Allegato 2).
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26
2. SETTORE PRATICO
2.1 GRUPPO DI LAVORO DI ETNOPSICOLOGIA
Presentazione, funzioni e contesto:
Nel 2015 è stato costituito all’interno dell’Ordine Psicologi della Regione Marche un gruppo di lavoro in tema
di Etnopsicologia, composto da esperti psicologi nel settore. I membri sono tutti psicologi e/o psicoterapeuti
iscritti all’Ordine e il gruppo è presieduto da Silvana Zechini, responsabile e consigliere dell’Ordine degli
psicologi della Regione Marche.
Il Gruppo di Lavoro Etnopsicologia è inserito nel contesto dei Gruppi di Lavoro dell’Ordine degli Psicologi delle
Marche, per accedervi occorre presentare regolare domanda. Nel corso degli anni si è potuto osservare una
crescente partecipazione.
Le sue funzioni possono essere così articolate:
- scambio di informazioni e di esperienze fra i membri,
- confronto di idee ed integrazione di metodologie fra i membri,
- diffusione della cultura etnopsicologica sia fra gli psicologi che in ambiti professionali collegati,
- arricchimento della formazione individuale degli psicologi marchigiani ed eventualmente di altri
operatori,
- consulenza/referenza per l’OPM (e tramite esso, anche per realtà esterne) nel campo specifico.
Tutte le funzioni risultano particolarmente rilevanti, in quanto l’etnopsicologia è un’importante dimensione
della cultura psicologica, per cui la sfida risulta eccitante e, soprattutto, impellente.
Il gruppo intende scambiare contributi con l’esterno ed auspica in particolare la creazione di analoghi gruppi
in ciascuno degli Ordini regionali nonché di un coordinamento fra loro.
Cadenza degli incontri:
Le riunioni di gruppo si svolgono nella sede dell’Ordine Psicologi della Regione Marche e sono a cadenza
regolare.
Attività svolte:
- Definizione delle realtà territoriali attive sul tema, mondo dell’associazionismo, cooperative sociali, centri
di accoglienza, con l’intento di incrociare con essi le esperienze più significative ed entrare in situazioni
operative sul tema della migrazione e delle problematiche ad essa connesse, definendo in tal modo sempre
di più il ruolo dell’etnopsicologia.
- Partecipazione a convegni per far conoscere il ruolo dell’etnopsicologo nei contesti migratori.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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- Istituzione del primo convegno presentato dal Gruppo Etnopsicologia dal titolo: “Altre vite, altri luoghi”
(Ancona-15 ottobre 2016). La responsabile del gruppo, Silvana Zechini, ha condotto e presentato l’evento e
la peculiarità del lavoro svolto dal Gruppo. In seguito sono succedute altre partecipazioni a convegni e
seminari con l’intento di mostrare il lavoro svolto, affinché il Gruppo diventi un riferimento per i professionisti
interessati all'argomento e di promozione sul territorio della mission e del modus operandi
dell’etnopsicologo nei contesti migratori.
- Raccolta dati: condivisione di documenti formativi e della bibliografia che i membri del gruppo decidono di
mettere a disposizione di tutti.
- Condivisione delle esperienze e delle modalità lavorative con i diversi operatori.
- Condivisione da parte dei membri del gruppo delle eventuali realtà associative di cui essi fanno parte, legate
al mondo migratorio.
- Segnalazioni di atti discriminatori di cui si viene a conoscenza.
- in elaborazione: percorsi formativi da presentare a strutture interessate al campo etnopsicologico.
2.2 STRUMENTI DELL’ETNOPSICOLOGO
Da decenni gli psicologi e gli operatori del settore si impegnano a trovare strumenti in grado di misurare nel
modo più certo possibile ciò che non ha dimensioni o natura fisica, ovvero la psiche. Ma tali strumenti
presentano limiti notevoli e spesso non sono utilizzabili con soggetti provenienti da culture diverse.
Ecco perché, nel lavorare con stranieri, è necessario rifarsi a strumenti il più possibile svincolati da una precisa
cultura e focalizzati invece su comportamenti e pratiche che appartengono al genere umano e che trovano
spazio un po' in tutte le culture.
E poiché l'intervento di cura psicologico si basa sostanzialmente sull'uso della parola per guarire e per
costruire un'alleanza col paziente, diventa perciò fondamentale condividere la lingua del migrante, per avere
una porta d’ingresso privilegiata al suo mondo simbolico. Questo è possibile grazie all’intervento di mediatori
culturali. Contestualmente, risulta essere necessario trovare uno o più strumenti che favoriscano la
costruzione di una relazione di fiducia e che allo stesso tempo permetta già di offrire un sollievo al paziente.
Tra gli strumenti già utilizzati da molto tempo in ambito psicologico, dotati quindi di una comprovata validità
funzionale, abbiamo perciò individuato:
- il genogramma (in tutte le varie forme possibili) è una rappresentazione grafica delle relazioni familiari di
un soggetto. Ha un’impostazione simile all’albero genealogico, ma consente però, grazie i suoi segni grafici
tipici, di individuare i fattori psicologici che caratterizzano le relazioni familiari e i comportamenti ripetitivi.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Nel genogramma vengono rappresentati legami, separazioni ed eventi all’interno della famiglia e comprende
in genere due o tre generazioni. Rappresenta una “mappa” della rete emotiva-affettiva che ha caratterizzato
lo sviluppo dell’individuo. Oltre alla descrizione grafica, il tutto viene verbalizzato e questa “mappa” porta la
persona alla consapevolezza di essere parte di una storia più ampia. Attraverso la co-costruzione, con il
terapeuta, di una nuova narrazione familiare ci si riappropria in modo positivo dell'esperienza del proprio
passato. Questo strumento può avere funzione sia diagnostica che terapeutica, in quanto il terapeuta può
individuare per mezzo del genogramma le narrazioni malate o lacerate nel modello familiare e intervenire,
restando il fatto che è esso stesso una forma di terapia;
- la N.E.T. (Narrative Exposure Therapy, Ex Vi.VoVictim's Voice): una tecnica nata sul campo (in campi
profughi, con vittime di violenze gravi, ecc.) e con una lunga esperienza affiancata anche da un percorso di
accreditamento. Si tratta di un metodo che ci permette di tralasciare le categorie diagnostiche tradizionali,
connesse al DSM, e che consente di superare gli eventuali gap culturali che possono rendere difficile
l'intervento con soggetti provenienti da altre culture;
- la Linea della vita permette di rappresentare in modo simbolico e schematico gli eventi significativi della
persona presa in carico attraverso la raffigurazione della vita come un gomitolo in parte ancora avvolto (gli
anni futuri ancora da vivere) e in parte svolto. Quest'ultimo viene disseminato di sassi (eventi traumatici) e
fiori (eventi felici). L'immediatezza delle immagini rende lo strumento adatto a utilizzi con persone di ogni
età e appartenenti a ogni cultura, aiuta a rompere il ghiaccio rispetto a vissuti altrimenti difficili da raccontare;
- la Mappa delle relazioni è uno strumento nato per comprendere le risorse presenti nella vita di una persona
attraverso l'elaborazione grafica di una mappa dei luoghi importanti della sua vita quotidiana (casa, scuola,
luogo di lavoro, uffici vari, negozi, case di parenti o amici). Questo permette di comprendere il livello di
connessione e integrazione col territorio di soggetti a rischio di isolamento, e anche di offrire al soggetto
stesso una visione più realistica della sua "solitudine".
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
29
2.3 ACCOGLIENZA E PRESA IN CARICO – BUONE PRASSI
Definiamo qui di seguito quella che può essere una prassi condivisibile adatta all'accoglienza della persona
straniera.
Nell’incontro con un soggetto che proviene da una cultura diversa dalla propria, l'equipe multidisciplinare
deve avere una profonda (nel senso di "fatta propria") comprensione dei concetti di differenza e di rispetto
dell’altro da sé, e deve possedere la capacità di creare una relazione che possa contenere l’angoscia e il senso
di fragilità che tormentano l’immigrato, che è sempre un individuo che vive in una situazione di
disadattamento perché strappato dal proprio mondo e dalla propria cultura.
Innanzitutto, all’immigrato deve essere data la possibilità di comunicare attraverso la propria lingua, poiché
solo così ci si può sintonizzare con lui e dare "voce" alle sue parole, questo è possibile grazie all’intervento di
un mediatore culturale.
Un punto fondamentale da considerare è che l’anamnesi in etnopsicopatologia deve essere di tipo
psicopatologico e culturale, dove la dimensione del gruppo sociale affianchi la dimensione della
psicopatologia individuale. A tal fine può essere utile reperire elementi di identità culturali, ma anche
elementi di soggettività identitaria ( es. il nome del soggetto, cercando di capire se è mutato rispetto
all’originario) e gli eventuali cambiamenti che possono aver interessato i legami storici del soggetto (es. una
perdita).
Un altro fattore fondamentale da tenere sempre presente è che le modalità in cui si è svolta la migrazione e
la separazione dal luogo natio sono questioni nodali nel processo di formazione della psicopatologia.
Altri ambiti a cui porre particolare attenzione sono:
il disagio psicologico della persona e della famiglia migrante: shock biografico-culturale, disturbi “sacri”
(ovvero generati da un rapporto col mondo dell'invisibile), problematiche legate al pregiudizio e
all’esclusione sociale, rapporti con la famiglia d’origine, inserimento sociale e lavorativo, rapporti con i
figli “italiani”, dinamiche nostalgiche rispetto al Paese d’origine, disagio esistenziale, ecc.;
le problematiche relazionali nella coppia e famiglia “interculturale” (mista): armonia-disarmonia di
coppia, rapporti con le rispettive famiglie d’origine, shock biografico-culturale, difficoltà di inserimento
sociale e lavorativo, rapporto con i figli (che sono soggetti a un processo di socializzazione primaria in
cui risuonano universi culturali differenti e per questo necessariamente distanti), ecc.;
le dinamiche psico-sociali e organizzative: difficoltà scolastiche dei giovani migranti o figli di coppie
interculturali (miste), dispersione scolastica, conflittualità tra studenti italiani e stranieri, difficoltà psico-
pedagogiche dei docenti nelle pratiche educative e di insegnamento, ecc.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
30
Per concludere, possiamo affermare che la possibilità di mettersi in relazione con lo straniero non sta
unicamente nel riconoscere e affrontare il senso di disintegrazione e depersonalizzazione che si genera
dall’incontro con l’altro e condividere quell’inquietante senso di estraneità che è loro come nostro, ma nel
pervenire man mano al mondo delle sue risorse.
2.4 APPROCCI
Contributo della scuola ETNO-SISTEMICA NARRATIVA:
L’approccio etno-sistemico-narrativo è l’apporto che Natale Losi ha elaborato per lavorare non solo con le
culture migranti ma anche con le comunità colpite dalla guerra.
Il terapeuta non agisce nello spazio di una relazione duale ed evita di ridurre a questione privata e patologica
le FERITE inflitte dalla guerra o dalla migrazione, le riporta pertanto ad una dimensione corale, pubblica,
dotata di un senso.
Infatti il primo passo verso la salute mentale è quello di non essere isolati nella sofferenza.
E’ dunque necessario un setting che richieda in seduta più persone nonché un mediatore culturale, addestrati
e competenti.
Allenarsi e confrontarsi in un setting gruppale aiuta a pensare in “tondo” e ad apprezzare la pluralità dei punti
di vista e delle possibili strade che la terapia può co-costruire.
Il rischio della etnopsichiatria è quello di etichettare i migranti come pezzi della loro cultura e non come
soggetti, attivi, dinamici mobili, in realtà, è una pretesa pensare che una cultura coincida con un territorio, il
migrante è un individuo che ha messo in atto un assemblaggio di culture diverse, un “ meticciato.”
L’approccio etno-sistemico-narrativo mira a co-costruire il percorso terapeutico avendo come riferimento
l’ibridazione conquistata dal migrante.
Gli elementi di riflessione che caratterizzano l’approccio etno-sistemico-narrativo:
1. Il disagio psichico è interpretabile come una narrazione negativa di sé che contiene tutti gli elementi
per una nuova co-costruzione che porti al superamento del disagio.
2. Il rinnovamento narrativo, parte soprattutto dalla struttura della fiaba, in cui sono rilevanti 4 coppie
di opposizione tematica:
- conflitto tra generazioni - incontro tra i sessi - opposizione sociale umili e potenti - rapporto positivo o negativo tra il mondo visibile e quello invisibile
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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La fiaba rappresenta una ricaduta dei riti di passaggio ed hanno cominciato a sostituire questi ultimi da
quando le organizzazioni umane non li ha resi più fattibili.
3. Le prescrizioni sono il filo di sutura che consente la ricucitura delle “fratture” dovute ad una rottura
di equilibri e consentono la ripresa di una narrazione positiva della propria esistenza.
Da questo punto di vista sono un ritorno dalla fiaba al rito, e non a caso seguono la stessa struttura del rito
di passaggio:
- Connotazione positiva - Definizione della prova - Esecuzione della prova - Riconoscimento del suo superamento
4. Il setting terapeutico se possibile: paziente, terapeuta testimoni.
5. Etno è il termine per poter usare il setting etnopsichiatrico, nella individuazione di prescrizioni che
siano accettabili ed efficaci per il paziente e compatibili e accettabili per la sua cultura.
Sistemico deriva dal pensiero sistemico e dunque dal sistema di relazioni che riguardano il paziente.
Narrativo, deriva dalla consapevolezza che siamo fatti di storie e che “storie che ammalano” possono essere
trasformate, in interazioni significative, in storie che curano.
Il migrante, per forza o per scelta, non può essere posto nella posizione di vittima o malato, anche quando
attraversa periodi di grave disagio psichico, il migrante nel pensiero etno-sistemico-narrativo è il moderno
eroe, che, come nelle fiabe, può sperimentare fallimenti e prove e abbisogna di alleati per raggiungere i
propri scopi. Il terapeuta è questo alleato.
Contributo dell’associazione e del centro FRANTZ FANON:
L’associazione Frantz Fanon è composta da psicologi, psichiatri, mediatori culturali, educatori ed antropologi
accomunati dall’interesse per la salute e per la cultura della migrazione, e impegnati nello sviluppo di
interventi clinici nel campo della salute mentale dei migranti. L’associazione Frantz Fanon prende il nome
dallo psichiatra martinicano che aveva appassionatamente legato i temi della cultura psicologica al rapporto
tra società europea ed africana. L’associazione Frantz Fanon conduce da sempre attività di ricerca sui temi
della migrazione e della salute, sugli esiti della violenza e delle torture, sui sistemi di cura in altri contesti
culturali, sull’epistemologia clinica. Dall’attività di ricerca svolta fin dagli anni ’90 emergeva già la necessità
di progetti di intervento etno-clinico in grado di sperimentare altre modalità di cura e di accesso alla cura.
Nel 1996 veniva creato a Torino il centro Frantz Fanon, un servizio di psicoterapia e consulenza per gli
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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immigrati, i rifugiati e le loro famiglie, un luogo al contempo di riflessione e di ricerche dirette al campo della
clinica e salute mentale dei migranti.
Il centro Frantz Fanon è dunque un servizio di psicoterapia, consulenza e supporto psicosociale per gli
immigrati, i rifugiati e le vittime di tortura. L’equipe è composta da psicologi, psichiatri, mediatori culturali,
antropologi e ricercatori professionali. I pazienti arrivano al centro spesso inviati da altri servizi, più di rado
per auto-invio. Grande attenzione viene data allo spazio di accoglienza e a modalità di cura attenta il più
possibile a non riprodurre contesti istituzionalizzati, connotati da regole rigide e setting prestabiliti. Il
trattamento viene realizzato da personale medico, psichiatrico e psicologico e i mediatori linguistico-culturali
hanno costruito una specifica competenza nell’area dell’assistenza psicologica e psichiatrica.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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3. CONCLUSIONI
Concludendo possiamo dire di assistere nel panorama dell’immigrazione a velocissimi cambiamenti di scenari
riguardo a regolamentazioni, decreti, divieti e ingiunzioni a catena, si respira il tipico piglio decisionalista degli
intenti, inefficaci riguardo agli effetti. Le nuove incertezze di provvedimenti che non risolveranno il problema
dell’immigrazione non potranno, infatti, placare l’ansia di tutti coloro che ritengono la Terra Confinabile e
Spartibile come una torta. Ancora più significativo allora è comprendere il fenomeno dell’erranza, affinare il
pensiero critico e riflettere sulle relazioni umane ed è questo il senso del nostro contributo che si ferma qui,
sapendo bene di non essere esaustivo rispetto alle vicende che avanzano come Ombre sulla realtà dei Diritti
Umani.
Silvana Zechini, referente gruppo etnopsicologia
Sara Appoloni, coordinamento gruppo etnopsicologia
Maddalena Gregori, editor gruppo etnopsicologia
Federica Bartozzi
Marneo Serenelli
Martina Miocchi
Catia Ferrantini
Maria Luisa Mazzetta
Natalia Glauser
Maria Luce Cardelli
Luciana Del Grosso
Denise Cintio
Federica Mei
Paola Paci
Flavia Galassi
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Allegato 1
MAPPATURA DELLE REALTÀ PRESENTI
NEL TERRITORIO MARCHIGIANO
1. Associazioni e ONG operanti nel non-profit per iniziativa di professionisti e/o volontari
Avvocato di Strada associazione onlus – www.avvocatodistrada.it
Nata a Bologna, dove ha la sede centrale, si è poi diffusa in Italia grazie all’adesione successiva di diversi
professionisti ed è attiva anche ad Ancona con uno sportello. Si occupa di consulenze e dell’assistenza legale
ai senza-fissa-dimora, sostenendo anche gli immigrati in difficoltà nell’ottenimento di documenti,
nell’affrontare procedimenti legali, ecc.
Caritas - www.caritasroma.it - www.caritasmarche.it/
Associazione internazionale e nazionale, con sedi presenti su tutto il territorio nazionale, collegate alle
attività della chiesa cattolica. Gestisce anche strutture di accoglienza per migranti, corsi di alfabetizzazione
in italiano L2, ecc.
Cestim Centro Studi Immigrazione - www.cestim.it
Sito di documentazione sui fenomeni migratori che, pur avendo sede a Verona (zona nella quale è
particolarmente attivo anche in progetti scolastici e nel supporto a servizi per immigrati), può intervenire
anche in altre regioni.
Cies Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo - www.cies.it
Da oltre 25 anni fornisce servizi di mediazione culturale; pura avendo sede a Roma, ora opera in oltre 50 città
italiane, con oltre 300 mediatori, nel momento degli sbarchi di immigrati, nella prima accoglienza, presso le
Commissioni Territoriali, nei servizi sanitari, in tribunale, nelle questure, nelle scuole, nella pubblica
amministrazione. Si occupa di formazione per operatori sociali, progetti per insegnanti e studenti di
educazione alla cittadinanza mondiale, cooperazione internazionale, mediazione interculturale per ospedali,
prefetture, tribunali ecc.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Comunità di Capodarco (FM) - http://www.comunitadicapodarco.it
Nata nel 1966, si è dedicata ad una vita residenziale alternativa per disabili, prima fisici, ma poi anche mentali
e psichiatrici. Oltre a alla sede storica nel fermano, ha aperto altre sedi in Italia e all’estero, affrontando anche
la tossicodipendenza e l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati.
Coop. COOSS Marche – www.cooss.it
Fondata nel 1979 ha la sede centrale ad Ancona, ma col tempo ha aperto sedi periferiche a Jesi, Matelica e
Fermo. Offre un’ampia gamma di servizi per minori, terza età, salute mentale, dipendenze, orientamento e
lavoro, nonché per l’immigrazione.
Coop. Il Faro - www.ilfarosociale.it
La cooperativa, con sede a Macerata, attua servizi per l’infanzia e i minori, i disabili, gli anziani. Gli educatori
della cooperativa collaborano da anni con le associazioni locali (Tabor, CSI Arcobaleno, Unimec e Sa. So.) nella
gestione di doposcuola - aiuto compiti organizzati all'interno del centro polivalente Hotel House di Porto
Recanati.
Interpreti e Traduttori in Coopertiva ITC – www.itccooperativa.org
Associazione di interpreti, traduttori e mediatori linguistico-culturali italiani e stranieri che si avvale della
collaborazione di oltre 1200 professionisti distribuiti su tutto il territorio nazionale. Con sede centrale a Roma,
lavora su tutto il territorio nazionale anche tramite convenzioni con Ministeri, Comuni, Agenzie
Internazionali.
Coop. Labirinto - www.labirinto.coop
Via Milazzo 28 - 61122 Pesaro
Gestisce anche centri di accoglienza per richiedenti asilo, all’interno della rete SPRAR.
Polo9 Cooperativa sociale- impresa sociale – Ancona - www.polo9.org.
Polo9 è un’impresa sociale che opera nelle Marche, in reti locali e nazionali. Un’impresa sociale nata dalla
fusione di 3 storiche cooperative (I.R.S. L’Aurora, Progetto solidarietà, La Gemma) che hanno fuso passione
e competenze, dando vita ad una organizzazione che mette al centro del suo lavoro l’innovazione sociale.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Coop. Sociale Vivere Verde Onlus – www.vivereverdeonlus.it
Con sede a Senigallia, offre servizi socio-assitenziali destinati a minori in stato di disagio, attraverso la
gestione di Comunità Socio-educative, Centri Diurni e Servizi Domiciliari, in particolare nella provincia di
Ancona ma anche in quella di Pesaro Urbino.
Croce Rossa – CRI
Storica associazione di promozione sociale, membro dell'organizzazione Croce Rossa e Mezzaluna Rossa
Internazionale. È organizzata in comitati regionali e locali. Si occupa principalmente di assistenza sanitaria e
sociale, sia nelle emergenze che nei servizi permanenti. Gestisce anche centri di accoglienza per migranti.
http://www.criancona.it
http://www.criascolipiceno.it/
http://www.cripesaro.it/
Free Woman http://www.ristretti.it/areestudio/prostituzio/interventi/woman.htm
Dal 1995 l’associazione opera in collaborazione con la Caritas e altre realtà territoriali principalmente per
combattere le situazioni di sfruttamento a cui sono sottoposte le persone che si prostituiscono, di cui molte
sono straniere. La sua zona di azione è prevalentemente quella di Ancona e dei comuni costieri a nord della
città. Oltre che attraverso l’opera di unità di strada, la gestione del numero verde (assieme ad On the
Road) e il raccordo con gli operatori dei servizi sanitari, organizza e gestisce la prima e la seconda
accoglienza “case di fuga” ecc. per chi esce dalla tratta.
GrIS Gruppo Immigrazione e Salute -
Rientra nell’ambito della SIMM. In Italia al momento sono attivi 15 gruppi, in Lazio, Trentino, Lombardia,
Sicilia, Sardegna, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Calabria,
Liguria, Puglia, Marche.
Gruppo Umana Solidarietà GUS – gusitalia.it
Inizia ad operare nel 1993 e viene anche riconosciuto come ong dal Ministero degli Affari Esteri e della
Cooperazione Internazionale. Oltre ad impegnarsi in emergenze nazionali ed internazionali, si è col tempo
sempre più coinvolto nella realizzazione di servizi per immigrati, gestendo centri di accoglienza nelle Marche
a anche in altre regioni italiane (i quartieri generali sono a Macerata).
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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ISCOS – https://open-cooperazione.it www.iscosmarche.org (responsabile Mariella Tonti)
Organismo di cooperazione internazionale del sindacato CISL MARCHE, è un’articolazione regionale
dell’ISCOS – Istituto Sindacale di Cooperazione allo Sviluppo. Collaborando con istituzioni, comunità e
organizzazioni sindacali dei paesi più poveri, sostiene iniziative di sviluppo per il lavoro, la produzione, la
formazione, la salute, la democrazia.
Nuovaricerca.AgenziaRes – cooperativa sociale Onlus – http://www.coopres.it
Via Prosperi Giacomo Filippo Maria 26 – 63900 Fermo (FM)
Gestisce servizi alla persona da oltre 30 anni. Una cooperativa che lavora in favore di minori, giovani, anziani,
disabili psichiatrici e immigrati. Offrendo un servizio di cura e accoglienza dell’individuo, creando occasioni
di aggregazione giovanile, organizzando attività di autonomia scolastica per persone in situazione di
svantaggio, favorendo percorsi di accoglienza e integrazione degli stranieri sul territorio. Gestisce da anni
anche la Casa dei Mattoni (comunità di accoglienza per minori) a Ponzano di Fermo.
On the Road - www.ontheroadonlus.it
Onlus che opera dal 1994, ha la sede principale a Martinsicuro (TE) ma è presente nelle regioni Marche
Abruzzo e Molise; interviene sulle seguenti aree: tratta e sfruttamento, accoglienza migranti, violenza di
genere, povertà estrema, formazione e lavoro, salute mentale, cooperazione internazionale. Fornisce servizi
di drop-in, numero verde (con Free Woman), interventi in strada, alloggi protetti, consulenze per
l’integrazione, ecc.
Associazione Senza Confini - http://www.senzaconfini.net/
(fondata dalla Dott.ssa Patrizia Carletti, in servizio presso l’Agenzia Sanitaria Regionale)
Associazione di medici e di infermieri e di altri volontari che gratuitamente prestano la loro opera per
risolvere i problemi di salute delle persone straniere che non possono ancora ricevere l'assistenza pubblica.
Si occupa di mediazione interculturale in ambito socio sanitario tramite il progetto Uman; formazione per
operatori sanitari e mediatrici/tori; cooperazione internazionale; collaborazione con aziende sanitarie per la
tutela della salute degli immigrati.
Centro Consulenza sulla Relazione Shinui - http://www.shinui.it/
Scuola di counseling con sede a Bergamo, è una associazione senza scopo di lucro fondata nel gennaio 2000
dalla Dott.ssa Cecilia Edelstein con lo scopo di creare un centro culturale professionale per coloro che
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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lavorano nelle relazioni umane e in un rapporto di aiuto con le persone (dai professionisti alle badanti) . Offre
corsi di counseling e mediazione familiare interculturale.
SIMM -Società Italiana Medicina delle Migrazioni - www.simmweb.it
“Policy network” nazionale di scambio di esperienze, dati, evidenze scientifiche e considerazioni di politica
sanitaria anche locale. Per questo è stata favorita la nascita di gruppi territoriali (GrIS), in massima autonomia,
ma nella condivisione degli obiettivi statutari della Società: promuovere, collegare e coordinare le attività
sanitarie in favore degli immigrati in Italia; favorire attività volte ad incrementare studi e ricerche nel campo
della medicina delle migrazioni; costituire un forum per lo scambio, a livello nazionale ed internazionale, di
informazioni e di metodologie di approccio al paziente immigrato; patrocinare attività formative nel campo
della tutela della salute degli immigrati.
Tandem – Grottammare - http://tandeminterculturale.tumblr.com/
Associazione Interculturale Onlus, nata nel 2014. Opera all’interno delle scuole, delle amministrazioni
pubbliche e sul territorio con iniziative volte alla prevenzione dei fenomeni di discriminazione e razzismo, alla
diffusione delle culture e alla contemporanea crescita interculturale della società.
Tenda di Abramo - www.tendadiabramo.it
Associazione con sede a Falconara Marittima, dove offre temporaneamente un tetto a non residenti che non
hanno una casa, servizio di cui usufruiscono spesso immigrati; nella struttura c’è anche un servizio di ascolto.
2. Sistema di servizi specifici degli Enti Locali
Centri di Servizi e di prima Accoglienza per immigrati nelle Marche
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Fano - Roberta Bellocchi
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Macerata - Daniel Amanze
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Urbania - Arrigo Benedetti
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Senigallia - Giuseppina Campolucci
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Ancona - Anna Maria Manca
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Tolentino - Romina Caponi
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Falconara - Amir Akel
Centro Servizi per Immigrati - Comune di Pesaro - Manuela Pianosi
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Centro Servizi per Immigrati - Comune di Grottammare - Gorge Oteng
Centro Servizi per Immigrati – Comune di Osimo - Alberto Magnoni
Centro di Ascolto e di prima Accoglienza per immigrati - Comune di Macerata - Enrico Marcolini
Centro di prima Accoglienza per immigrati - Comune di Pesaro - Alberto Sacco
S.P.E.C.A.S. (Sportello Permanente Educazione Cittadinanza Accoglienza per Stranieri) - Senigallia e
Trecastelli
Sportello di ascolto e aiuto attivo per il territorio dei comuni Senigallia, Arcevia, Barbara, Corinaldo,
Castelleone di Suasa, Ostra, Ostra Vetere, Serra de’ Conti e Trecastelli. Organizzato dall'Esercizio Associato
Funzione Sociale in collaborazione con l'Associazione ACADS.
SPRAR - http://www.sprar.it - https://www.sprar.it/progetti-territoriali?_sft_regione=marche
Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, costituito dalla rete degli enti locali che per la
realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo
nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.
Nato in seguito alla stipula di un protocollo d'intesa tra Ministero dell'Interno, ANCI (Associazione nazionale
comuni italiani) e UNHCR, teso alla realizzazione di un programma nazionale di asilo. La legge n.189/2002 ha
successivamente istituzionalizzato queste misure di accoglienza organizzata, prevedendo la costituzione del
Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). L'attuazione del progetto è stato affidato
all'ANCI che, a sua volta, si è avvalso del supporto della Fondazione Cittalia.
3. Associazioni di immigrati nelle Marche
Anolf - Associazione Nazionale Oltre le Frontiere - www.anolf. it
Associazione di immigrati di varie etnie a carattere volontario, democratico che ha come scopo la crescita
dell'amicizia e della fratellanza tra i popoli, nello spirito della Costituzione italiana.
Promossa dalla CISL, in tutta Italia ha 20 sedi regionali, 101 provinciali, 10 territoriali. Promuove una serie di
attività al servizio degli immigrati
Nelle Marche ha una sede regionale e 4 provinciali:
Marche: Neli Isaj e Pasquale Antonelli
Ancona: Neli Isaj e Cristiana Ilari
Ascoli Piceno: Dergjini Zamire e Pasquale Antonelli
Macerata: Kunoun Samuel Odiowei e Abdelahad Dourasse
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Pesaro Urbino: Gianluigi Storti e Klarita Grazhdani
Nella Provincia di Ancona
Associazione Albanesi delle Marche – Cis Benvenuti
Associazione dei Camerunensi della Provincia di Ancona
Associazione Tunisini nelle Marche
Associazione Culturale Arancia Donna Subsahariana - ACADS -Judith Savoeda
Realizza diffusione cultura africana nelle scuole, aiuto agli immigrati africani ad inserirsi in un contesto
diverso dai loro luoghi di origine, lotta contro la prostituzione, raccolta fondi per scuole africane,
valorizzazione della femminilità nera, portando la donna africana all’attenzione della società per
combatterne il degrado e promuoverne l’integrazione culturale.
Associazione Stranieri Multietnica- Senigallia -Catherine Iheme Caroli
Agisce per l’integrazione delle varie etnie di migranti che risiedono nella zona di Senigallia, sia tra di loro,
sia nella società dei residenti; realizza corsi di lingua per rifugiati politici e feste di piazza.
Associazione Perù – Regione Marche Fernando Panta Merino
Associazione Stranieri Vallesina - Samuel Ekoriko
Associazione Immigrati Nigeriani nelle Marche - Udo Umoren Nsima
Associazione Bangladesh - Hashim M.G. Mustafa
Associazione dei Camerunesi in Italia - Regione Marche - AS.CA.I. - Akonchong Johanes Ako
Associazione Centro Islamico Culturale delle Marche - Khaled Maoulaoui
Associazione degli immigrati Marocchini nelle Marche - ASSIM - Elmestar Abdelatif
Associazione Centro Servizi Immigrati Marche A.C.S.I.M. - Daniel A. Ogbonna
Associazione Centro Assistenza per gli Immigrati nelle Marche - ACAIM ONLUS - Nkopa Pandia Francis
Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati ANFE, delegazione regionale per le Marche, - Silvana
Fortuna
Nelle Provincie di Ascoli Piceno – Fermo
Associazione Angolani residenti in Italia
Atlas onlus (marocchini)
Associazione cinesi
Associazione Perù Regione Marche
Casa Argentina Latinoamericana
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Nella Provincia di Macerata
ASSIM – Associazione Immigrati Marocchini nelle Marche
ACICCO – Associazione Centro Islamico e Culturale di Corridonia
Associazione del Senegal nelle Marche
ACOSET 2.3.5 Associazione Perù - Regione Marche
ACSIM – Associazione Centro Servizi Immigrati Marche
Nella Provincia di Pesaro Urbino
Associazione Pesaro Nuovo Mondo
Associazione Comunità albanese “Iliria”
Associazione Immigrati congolesi Marche
Associazione Peruviana Pesaro Marche
4. Questure delle Marche - Addetti Ufficio Stranieri
Ancona: Angela Celentano
Ascoli Piceno: Angela Altamura
Macerata: Andrea Innocenzi
Pesaro - Urbino: Serenella Marini
Fermo – ancora in via di costituzione nel 2018
5. Prefetture delle Marche – Area IV (Diritti civili, Cittadinanza, Condizione Giuridica dello straniero,
Immigrazione e Diritto d’asilo)
Ancona - Dirigente: Simona Calcagnini
Ascoli Piceno – Dirigente: Fiorangelo Angeloni
Macerata – Dirigente: Maria Giulia Minicuci
Pesaro Urbino – Dirigente: Sabrina Pane
6. Organizzazioni sindacali - referenti per servizi agli immigrati
C.G.I.L.: Sally Kane
C.I.S.L.: Claudio Omiccioli
U.I.L.: Julia Maria Andujar Baez
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Allegato 2
REALTA’ FORMATIVE
attive attualmente in Italia (2018)
MASTER ETNOPSICHIATRIA E PSICOLOGIA DELLA MIGRAZIONE
Master della durata di un anno presso l’Istituto Beck di Roma, Scuola di Psicoterapia Cognitivo-
Comportamentale. Sede didattica in via Gioberti, Roma.
CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN ETNOPSICOLOGIA ANALITICA INTEGRATA
Corso di perfezionamento universitario della durata di 6 mesi presso l’Istituto di Terapia Relazionale Integrata
con sede a Roma (ITRI)
CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN ETNOPSICOLOGIA ANALITICA
Il Corso, programmato su un periodo di circa 8 mesi (organizzato in 8 moduli, costituiti di una parte teorica e
una parte pratica-esperienziale per favorire una migliore acquisizione dei contenuti trattati) presso
l’Associazione di promozione sociale ETNA, con sede a Roma.
CORSO DI APPROFONDIMENTO SULLA PRESA IN CARICO ETNOPSICHIATRICA
Corso della durata di 1 anno presso Etnopsi, scuola di psicoterapia etno-sistemico-narrativa.
La sede didattica della scuola è in via Cesare Balbo, 4 c/o YWCA 00184 – Roma (zona Termini)
CORSO DI FORMAZIONE IN “MEDIAZIONE ETNOCLINICA” E SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN
PSICOTERAPIA
Il corso di formazione della durata di 6 mesi (7 weekend) e la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia è ad
indirizzo Psicodinamico e orientamento Entnopsicoterapeutico, presso Centro studi Sagara.
Sede legale: via Montebono 2, 56035, Lari, Pisa
Sede didattica: Fondazione “Stella Maris”, viale Tirreno 331 – Calambrone, Pisa – www.inpe.unipi.it
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICOTERAPIA TRANSCULTURALE
Scuola della durata quadriennale presso l’Istituto Transculturale per la Salute (GRT Gruppo per le Relazioni
Transculturali), ad orientamento psicodinamico culturale, con sede a Milano.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
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Diverse sono anche le ASSOCIAZIONI CHE SI OCCUPANO DI FORMAZIONE DEGLI OPERATORI E DELLA SALUTE
PSICHICA DEGLI IMMIGRATI Tra le prime troviamo:
1. Centro Fanon
c/o via Vassalli Eandi 18 – 10138 Torino
Il centro è nato nel 1996, è il primo centro ad essere sorto all’interno del Servizio Sanitario Pubblico in Italia.
Un anno dopo è sorta l’annessa associazione Frantz Fanon. L’equipe di ricerca è coordinata
dall’etnopsichiatra Roberto Beneduce.
2. Fondazione Silvano Andolfi. Servizio di Consulenza Psicologica alle Famiglie Straniere
c/o Dipartimento Clinico della Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” in Via degli Apuli, 1.
Presentazione: La Fondazione “Silvano Andolfi” nasce nel 1989 come uno spazio di studio e di ricerca sulla
famiglia con un’attenzione particolare alla dimensione del bambino all’interno dei suoi sistemi di
appartenenza.
3. Associazione Naga
c/o via Zamenhof 7, Milano
Realtà nata nel 1987. Nel 2001 ha aperto un centro per profughi rifugiati e richiedenti asilo in cui vengono
offerti servizi di orientamento, consulenza legale, supporto psicologico, attività di istruzione. E’
un’associazione di volontari che opera nel campo della salute e assistenza a migranti.
4. L’albero della salute
c/o Villa Fiorelli, Via di Galceti, 64 – 59100 Prato
È una realtà inter-istituzionale che dal 2001 al 2004 ha svolto tre cicli di attività come progetto e dal 2005 è
diventato struttura di riferimento per la Mediazione culturale in Sanità – Regione Toscana.
5. Servizio di medicina preventiva per le migrazioni Istituto San Gallicano
c/o via delle Fratte di Trastevere, 52 Roma
Dal 1985 circa nasce per rispondere ai bisogni di cura di immigrati con interventi inizialmente a carattere
medico sanitario e successivamente anche psicologico psichiatrico e di supporto sociale. Il servizio è gratuito
e rivolto sia a immigrati regolari che irregolari.
6. Centro di ricerca Interpersonale e interculturale “Terrenuove Onlus”
c/o piazza Novelli, 8 – 20129 Milano
Il Centro si occupa di accompagnare l’esperienza del migrare, seguendo persone straniere nel percorso di
inserimento sociale, con interventi di consulenza psicologica e di psicoterapia.
7. Associazione Shinui
c/o via Divisione Tridentina, 5 24121 Bergamo
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Un’associazione senza scopo di lucro fondata nel febbraio 2000 con l’obiettivo di creare un centro culturale
e professionale per coloro che lavorano nelle relazioni umane e in un rapporto di aiuto con le persone.
8. Centro di psichiatria transculturale Scalo
c/o il CENTRO SALUTE MENTALE SCALO – AUSL Bologna, Via Nani, 10 Bologna
In passato denominato Centro Devereux Bologna Ovest, è un centro di studio e di ricerca, fino al 2004
universitario, ora dell’Ausl, attivo quindi da più di dieci anni.
9. Centro per la Salute delle Donne Straniere e dei loro Bambini
c/o via Zanolini, 2 a Bologna
Il Centro all’interno del Servizio pubblico con l’ausilio di mediatrici culturali offre consulenza e assistenza a
donne straniere, supporto medico e psicologico. Ha favorito l’accesso ufficiale di operatrici straniere in
ambito sanitario con contratti continuativi.
10. Centro Mamre
c/o str. Maddalene 366 – 10154 Torino
Via Saluzzo 30 – 10125 Torino
Nato nel 2001 è un centro interdisciplinare di ricerche e cure in etnopsichiatria. Al suo interno è costituito
uno spazio di intercultura e di promozione alla convivenza di trattamento psicoterapeutico, di diagnosi e
cura.
11. Centro Studi Sagara
c/o Fondazione “Stella Maris”, Viale Tirreno, 331 – Calambrone, Pisa – www.inpe.unipi.it
Il centro è stato fondato nel 2010 in seguito all’incontro di professionisti (antropologi, psicologi, medici,
psichiatri e sociologi).
12. L’Associazione OIKOS O.N.L.U.S. BERGAMO
c/o via Borgo Palazzo 130
“L’associazione OIKOS si propone di promuovere una cultura che riconosce nella salute un diritto primario di
chiunque.“ L’ambulatorio nasce con l’obiettivo di fornire assistenza medica di primo livello alle persone non
iscritte/iscrivibili al SSN.
13. Nuova ricerca Agenzia RES – cooperativa sociale Onlus
c/o Via Prosperi Giacomo Filippo Maria 26 – 63900 Fermo (FM) “NuovaRicerca.AgenziaRes gestisce servizi
alla persona da oltre 30 anni. Una cooperativa che lavora in favore di minori, giovani, anziani, disabili
psichiatrici e immigrati. Offrendo un servizio di cura e accoglienza dell’individuo, creando occasioni di
aggregazione giovanile, organizzando attività di autonomia scolastica per persone in situazione di svantaggio,
favorendo percorsi di accoglienza e integrazione degli stranieri sul territorio. NuovaRicerca.AgenziaRes si
propone di essere impresa di comunità costantemente presente sul territorio”.
Gruppo di lavoro di Etnopsicologia
45
Allegato 3
BIBLIOGRAFIA
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