Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna

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Giovanni Bertuzzi, Ed., L´ORIGINE DELL'ORDINE DEI PREDICATORI E L'UNIVERSITÀ DI BOLOGNAISBN: 978887094-625-8dimensioni: 140 x 210 mmrilegatura: brossuracollana: Domenicanipagine: 270anno: 2006L´Università di Bologna ha avuto un ruolo decisivo nella nascita e nello sviluppo dell´Ordine Domenicano. Per risalire alle origine dei frati domenicani a Bologna occorre parlare dei rapporti di san Domenico con l´Università perché la nascita di quest´Ordine coincide con la sua decisione di inviare i suoi compagni prima a Parigi e poi a Bologna proprio perché queste due città erano i maggiori centri universitari dell´epoca: Parigi per la teologia e Bologna per il diritto. La comunità domenicana di Bologna non decollò finché Domenico non venne di persona in città, ma soprattutto finché non vi giunse il celebre giurista Reginaldo d´Orleans. Fu quest´ultimo a stabilire i contatti con gli ambienti universitari così che ben presto la comunità si arricchì di molti studenti e professori delle facoltà di filosofia e di diritto.È unicamente un estratto, quello consentito in Google Books, del libro.Contiene però alcuni passaggi interessanti.

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L origine

dell Ordine

dei Predicatori

l Università di

Bologna

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Estratto da

Di

vu

Thomas44

2006,2

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Finito di stampare nel mese di novembre 2006 p•·esso

le

Grafiche Dehoniane- Bologna

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5

INDI E

G IOVANNI BERTUZZI

L origine dei Predicatori e la vocazione allo studio .  ..

 

.

  p  9

fRANCO

C ARDINI

Introduzione .................................................................................

  p  13

LORENZO P AOI.INI

La Chiesa i Bologna e lo Studio

ne11a rima

metà de] Duecento.. ...

.. ..

...

.... ..

... 

..........

.... ... .

.... ....

... . .

23

I.IJCA

J.OS

CHIAVO

Le scuole dei le isti all inizio del Duecento. .................. ...

...

.

......

.

4

F r.ORENT

CvGI

.ER

L'originalité

cles

<Constt tutt ons

· · ·

d

· · ·

nuttves» ommtcames.. . .. . . . .57

62 Le Liber consuetudinum puis constitutionum)

66 -   remierséléments originaux

et onctionnalisme

des

constitutions

72 - I :édi{ice constitutionnel dominicain

74 -

  rocessus

législati et «discretio»

des

/tères

76

C

ond

tJsions

Materiale protetto

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6

RlCCARDO Q UINTO

La teologia dei maestri secolari di Parigi

e la rimitiva s cuoia domenicana .......  .

 

.

 

.  ...

 

......

 

.

 

.  . .

8

81 - I «Maestri secolari

di

Parigi»

97 - Secol<3 ri e mendicanti

1O - O sse rvazio ni conclusive

M

AGDA

I ENA B IEN IAK

Filippo

il

Cancelliere e U go di Saint-Cher

sull anima umana ............. ..............   ........  .

 

.

 

.

 

.p  l 05

106 - Filippo

il

Cancelliere e Ugo di Saint-Cher

108 - Infl

ue

nza della

umma de bono

sulla ques tione n. 263

109 -

L unibilit

  sdell anima

um

ana

l corp

o

112 - La semplicità dell  an ima

G IUSEPPE M AZZ

AN

TI

La

teolo

ia a

olo

a

nel secolo X

118

M

ARK

I

OHNSON

La «Summa de poenitentia»

attribuita a Paolo Un aro ........... ..........

 

............ .........   ........

  .

3

6

136- Introduzione

3

7 - La nat

ur

a, l

 a

utore e la

da

tazione

37 - T.a natura

139 - T. autore

142 - La d tazio

ne

142 - I l con te

nnt

o

143 - Co nclll sio ne

144

-App

e

ndic

e dei resti

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M ARCO

R AJNJN[

Giovanni

da

Vicenza

7

Bolo a

l Ordine

dei

Predicatori.

..........

 

........

 

.........

 

.

 

. .

14

6

L UIG l C AN ETTI

l.a

datazione del

T ibellus

di

Giordano

di Sassonia .

 

.

 

p . 176

M ARIA P lA A

LB

E

RZONI

Le

origini

dell Ordine

dei

Predicatori

a Milano .

 

............

p. 194

ROI.ANDO D ONDARINI

I:insediamento dei Frati Predicatori a Bologna ......................p 

230

242 -I beni immobili

2

52

Conventi femminili domenicani

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L ORIGINE DEI PREDICATORI

E LA VOC ZIONE ALLO STUDIO

9

Il Convegno, di cui qui presentiamo g

li

atti, è stato imporrante anche

pe

rch

é ha pe

rm

es

so

di

m

et

te re in

ev

id

e

nza

l ru olo che

ha avuto

l Università bolognese

per

la nascita

dell Ordine

dei Predicatori. Per

risalire alle origini della presenza dei Frati Dome

ni

cani a Bologna occor-

re infatti parlare necessariamente dei rapporti di san Domenico con

l Università bolognese, in quanto la nascita de

ll

 

Ordin

e dome

ni

cano vie-

ne di solito fatta coincidere con la decisione presa

da

san Domenico

di

invi,ue i

primi

suoi co

mp

agni

di pr

ed icazione

prima

a Parigi e

poi

a

Bologna,

prop

rio perché questi erano i

du

e maggiori centri universitari

del tempo:

Pari

gi per la teologia e Bologna

per il

diritto. Veramente san

D omenico aveva inviato a predicare i suoi

primi

co

mpa

gni anche in

Spagna, ma là non ebbero successo come invece avvenne per la comu-

nità

di

Parigi. Anche la comunità

di

Bologna non decollò finché Dome-

nico non solo venne

di

persona, ma po

rt

ò e lasciò in questa città il giuri-

sta Reginaldo

di

Orleans, che era

da

poco entrato a far parte del nuovo

Ordin

e dei Predicatori; e

fu lui

probabilmente a stabilire i contatti con

gli ambienti universitari, in modo tale che presto si aggregarono alla

comunità nuovi frati provenienti dalle

fil

e dei docenti e degli studenti

delle arti del diritto.

Bologna

poi

si te

nn

e ro i

primi

capitoli generali de

ll

 

Ordin

e dei

Predicatori

pr

oprio p

er

la presenza

in

questa città del suo impo rta

nt

e

cenrro universitario, e si è anche rite

nuto

per lungo te

mpo

che le prime

costituzio

ni

dell Ordine fossero state re

datt

e con l aiu to dei giuristi qui

presenti. Questa ipotesi però non è documentata.

Sempre a Bologna, infine, sorse nel 1248

un

o dei primi « tudi gene-

rali e solenni» de

ll O

rdine, frutto anche

di

questo rappo

rt

o che si era

stabilito tra i primi

pred

icatori e gli studi universitari della città.

A

proposito

del ruolo che lo

studio

dovev.a avere ne

ll

 a vita

dell

a

nu

ov

a comu nità di canonici predicatori («R

eg

ularium Canonic

orum

..

congregatio»)

di

Bologna abbiamo la testimonianza dello storico Giaco-

mo di Vitry

l

quale, di passaggio da Bol

og

na nel 1222, all 

ind

omani

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10 L:migine dei Pr·edt catori e a vocazione aLlo studio

della

morte

di san

Domenico,

definiva

la

comunità dei primi

Frati

Predicatori «congregatio scholarium». Dalle sue parole possiamo sa pere

che essi erano canonici che si dedicavano allo studio e alla predicazione.

Alfonso D'Amato così definisce la comunità primitiva riassumendo la

testimonianza di Giacomo di Vitry:

« una

dolce mescolanza che provoca

e spinge all'imitazione ; essi studiano la sacra Scrittura e dispensano con

zelo agli altri, mediante la predicazione,

il

frutto

dei

loro studi; dispensa

no nelle piazze l'acqua della sapienza, pregano e lavorano nella massima

concordia c viv

ono

ncUa povertà: è una comunità santa che ogni giorno

cresce

di numero

e progredisce nella carità».t

Da

questa testimonianza si evincono tre considerazioni:

l)

La comunità domenicana primitiva

di

Bologna viene

descritta

come unita nella concordia, nella povertà, nella preghiera (come la pri

miriva comunità cristiana presentata negli tti degli Apostoli , ma viene

caratterizzata soprattutto per la sua dedizione allo studio; appunto una

«congrega rio scholarium».

2 Si può anche

desumere

che cosa vi si studiava : cioè la Sacra

Scrittura e non le discipline profane: «Essi che fanno parte degli studen

ti che risiedono a Bologna a motivo dello studio, riuniti insieme sotto l'i

spirazione del Signore, ascoltano ogni giorno le lezioni sulle Sacre

Scritture che vengono impartite da uno di loro».

2

3) Dallo studio poi promanava la predicazione: «una dolce mescolan

za che provoca e spinge all'imitazione».

Riguardo

al

primo

punto

ci possiamo chiedere: in che cosa consisteva

questa vita di studio e come era organizzata? Chi ne era responsabile?

Dove

si

studiava, solo negli ambienti conventuali o

ppur

e anche presso

gli studi dell 'u niversità? E quali studi erano avvicinc1ti: quelli delle arti o

quelli del dirino? , o entrambi? Che ruolo ha avuto esattamente Reginal

do

di Orleans in questo rapporto tra la prima comunità

pri

mitiva e i giu-

t) A. D'

A\

1ATO l Domemà

mi

a Bologna , Edizioni

SLUdio

Domenicano,

Bologna

1988

l o

vo

l.

, pp.

127-128.

2)

]. DE VITRY Histoire occidentale, Lcs

Edirions

du

Ccrf, Paris

1997, p. 168 ; la rradu-

. .

z1one e

m1a.

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I origine dei redicatori

e

la vocazione

allo stu io

11

risti bolognes i? A questi interrogativi si

è

rispos to finora quasi esclusiva-

me

nt

e

per

congetture e supposizioni basate su quanto era prescritto

dalle costituzioni e da qu ello che avveniva in altre località.

Il seco

nd

o punto

fa

capire chiaramente che gli studi dei frati erano

rivolti prevalentemente alla

Sac

ra Scrittura. Del resto sappiamo da altre

fo

nti che i primi ordiname

nci

scolastici dell Ordine proibivano per gli

studenti la lettura degli autori pagani, e in particolare delle opere di

Aristotele.

Ma all

or<1 quando si cominciò ad introdurre lo studio della

logica, delle altre discipline filosofiche e di autori paga ni o arabi come

Aristotele, Avicenna e Averroè? Che ru olo hanno avuto

il

maestro ne

ll

e

arti Rolando da Cremon;a e il maestro Moneta

in

qu esta m1ova imposta-

zione degli studi che verrà codificata a partire dagli anni quaranta?

Qu .ali co rsi e quali testi di logic.a e filosofia vennero introdotti

in

questo

periodo che ha preceduto e accompagnato l istituzione dello studio

gene

ra

le nel 1248?

R4 7Uardo

infine a quella che viene definita «la dolce mescolanza>> tra lo

studio e la predicazione va chiarito

se

e fino a che punto lo srudio all  inte

r-

no delle comunità domenicane era originariamente promosso in

vista

della

predicazione itinerante o dell inserimento nell insegnamento accademico.

Era chi  ra f

in

dall  inizio per san Domenico l oppo rtuni che

i

membri del

suo Ordine conquistassero le cattedre universitarie oppure qu es ta esigen-

za cominciò a farsi sentire solo dopo che nell  Ordine entrarono personag-

gi

come Reginal

do

d Orleans, Giordano di Sassonia, Rolando da

Cremona, Paolo d Ungheria , maestro Chiaro e maestro lvioneta? Fino a

che punto questo inserimento fu vo luto da san Domenico o invece dai

suoi immediati successori?

Non

è

possibile certamente rispondere a tutti

qu es

ti interrogativi, ma

è

importante conservarli, perché possano orientare la ricerca storica con gli

strumenti della sLori

a

e perché anche si possa riconoscere che cosa la sto-

ria non riesce a provare, e dove si possono avan zare solo ipotesi o illazioni.

Nel

tr;acciare le linee di questa storia gli storici usano spesso espr

es-

sioni come «sembra>>, «dovrebbe», «potrebbe», condizionali cioè che

coprono lacune nella documentazione storica. Su questi fatti e queste

circostanze, del resto, sono sorti molti racconti e anche alc

un

e leggende.

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12 L:migine dei Pr·edt catori e a vocazione a 

o

studio

Sono anche state fatte diverse ricostruzioni stOriche, che però hanno

lasciato molti in terrogativi e

pr

oblemi non risolti. Gli storici sono unani

mi

nel ritenere che questo capitolo della storia dell 

Ordin

e domenic

an

o

e dell Università

di

Bologna vada ripreso e rivisitatO.

Il

pr

ese

nt

e Co

nveg

no sulle o rig

ini

de

ll

 

Ordin

e

dei

Predicato ri e

l Università

di

Bologna nel periodo che va

da

l 1218 al 1248 ha visto riu

niti diversi e qualificari specialisti di storia i o v ~   che

hann

o voluro

dare

il

loro contributo per promuovere questa rivisitazione. E stata com-

piuta una messa a

punt

o de

lle

indagini sto riche attua

lm

e

nt

e

in

co

rs

o su

questo argome

nt

o e sulle

pr

o blematiche relative, sono state richiamate le

figure più rappresentative di questo pe

ri

odo, sono state messe in luce

le co

ndi

zio

ni

ambie

nt

a

li

, civili ed eccl

es

iastiche, che ha

nn

o accompagna

to la nascita dell 

Ordine

dei

Pr

edicato ri a Bologna e hanno influenzato

la scelta di Bologna come primo centro di questo

Ordin

e.

Siamo lieti di presentare i frutti di questo convegno con la persuasio

ne che l lavoro altame

nt

e qualificato

co

mpiuto sia utile al

pr

ogresso

delle indagini storiche, e con la speranza che esso vada continuato nei

pro

ss

imi anni sulla base

di

qu

ello che

è

emerso nel

pr

ese

nt

e Convegno .

Tra g

li int

erventi te

nuti

nel corso del Co

nveg

no manca

qu

ello del

Pr

o

f.

Andrea Tabarro

ni

, che non

è

perve

nut

o in te

mp

o utile

e

che verrà

pubblicato a parte) . Ci scusiamo per questi:l lacuna.

P G

IO

VANNI BERTUZZI o P .

Mat r a pro tto oa copy

1ght

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13

INTRO UZIONE

Siamo qui per rico

rdar

e l

 o

rigine de

ll Ordin

e dei Predicatori; per ono

rare la memoria di Domenico di Guzman; per celebrare quella gloriosa

istituzione che

fu

l  U niversità d i Bologna, la prima e la

più

cele

bre

d E uropa insieme a quella

di

Parigi, per approfondire la storia dei rap

porti tra la città, l Università e l Ordine riflettendo sul loro stretto e fe-

condo intreccio. Siamo qui per un occasione em inentemente scientllka,

che vede riuniti illustri studiosi italia

ni

, e

ur

opei e americani: e

l

pr

og

ram

ma di queste tre intense giornate di studio

pr

omette un serio

pr

ogresso

negli studi relativi alla storia delia cit tà di Bologna, delia Chiesa, degli

Ordini

mendicanti e della cultura teologica e filosofica del secolo Xlll.

Non potrei aggiungere alcun personale e originale contributo a una di

scussione che si è già aperta e che continuerà, senza dubbio ricca di frutti,

nei

du

e giorni pr

os

simi. Mi permetto tuttavia

di proporre

alla V

os

tra

riflessione qualche breve nota su un

fa

tto che ritengo essenziale, centrale e

basilare per Ja nos

tr

a cultura c per

la

nostra esperienz

a

non solo scientifi

ca e intellettuale

ma

anche civica, di cittadini del XXI secolo, dì uomini c

donne che vivono all alba del

II

I mille

nni

o. Una discussi

one

in corso.

Proprio

in questi mesi,

per

non dire addirittura

.in

questi giorni, due

argomenti ci attraggono e ci coinvolgono; due gra

ndi

temi storici e poli

tici

ci

obbligano a discutere. Da una parte il dibattito sulle radici profon

de

dell Europa

e sulla sua identità, in relazione

con

il le

nt

o non facile -

ma, ci auguriamo, inarrestabile e irreversibile - cammino di cos tru zione

dell U

ni

one Europea; dall a

ltr

a quello, spesso sfociato e sfociante ne lla

polemica,

sui rapp

orti tra la storia d  

Eur

o

pa

e

qu

ell  idea d  

Occid

e

nt

e

che troppo spesso tendiamo ad accettare come un dato

ob

iettivamente

chiaro, concreto, preciso mentre si presenta invece all esamina tore più

attento come dorato di

una

complessa e sorprende

nt

e dinamica. Molti

procedono ancora oltre questO quadro già fin troppo articolato e intrica

to per chiedersi quali siano i rapporti del concetto stesso di Occidente

con

quello

di

M

ode

rnità; ed è evide

nt

e che

un

tale dibattito finisce con

il

confluire con l al tro, non meno affascinante e imbarazzante, quello sulla

natura

e il carattere della Dem

oc

razia.

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  4 Introduzione

Ebbene: è forre, credo

in

tutti noi,

l

convincimento che l Europa

moderna abbia preso il suo avvio, se

non

proprio da questa città e maga

ri da questa Università, comunque dai tempi, dai luoghi e dai

problemi

che

in queste giornate noi ci apprestiamo a rievocare e sui quali

ci

prepa-

riamo a dibattere.

La tensione dialettica fra tradizione e innovazione, la dinamica della

continuità e delle successive rotture che l  interrompono, sono i connota-

ti di fondo della storia della nostra Eur

opa.

Una delle sue principali

caratteris tiche è la città italiana cd europea del pieno medioevo, labora

torio nel quale si fondano

le

basi

e i

presupposti

di

nuove

forme

di

con

vivenza, di prassi politica, di

modelli

economico-finanziari,

imprendito-

riali e produttivi, di dibattito intellettuale, di ricerca scientifica, di vita

artistica e letteraria.

Nella città a partire già dalla fine dell  XI, e con più fo rza dal pieno

XII

secolo, nelle sue sofferte e affermate libertates nel suo spregiudicato

dinamismo c nel suo

rapporto

sia con i poteri universalistici della Chiesa

e dell impero sia con l urgere dei tempi nuovi

che

portano con sé conflitti

politici e religiosi

più

intensi, si radica

una nuova

istituzione, l Università,

che sconvolge e rinnova

l

mondo del sapere, i

modi

della trasmissione di

esso e le condizioni

del

suo

rapporto

con la politica e l economia.

Ormai sono praticamente scomparsi, nel mondo degli studi, sia i fau

tori della continuità ad ogni costo, sia i seguaci convinti della tesi secon

do la quale

tutto quello

che ha

determinato

la storia

dell Occidente

andasse spiegato

sempre

e comunque dal

suo

interno. A

proposito

del

l origine dell Università, si continuano senza dubbio a studiare gli ele

menti che la collegano alle scuole vescovili altomedievali, e che magari

collegano queste

~ i l l

scuole romane: ma nessuno nega più che l Univer

sità in se stessa sia un fatto del tutto nuovo, sconvolgente, rivoluzionario.

L idea dell Università, in sé,

non

deriva né dal

mondo

antico né dal

l organizzazione altomedievale degli studi.

La

radice

da

cui essa nasce

è

piuttosto

la bayt al Hikbma («casa della scienza») del mondo islamico,

un libero ambiente dove si riuniscono i dotti e quanti sono desiderosi

d imparare; e dove primi ricevono, in

compenso

del loro insegnamento,

una

giusta mercede.

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 ntroduzione

15

Conosciamo nel nostro medioevo la storia di

Universitates studiorum

organizzate e gestite dai maestri che offrivano a pagamento il loro sapere

mettendolo a disposizione di chi volesse conseguirlo, e quella di altre

gestite invece

da

studenti che si riunivano e si organizzavano per com

prarlo, attirando maestri migliori con l offerta di più vantaggiose condi

zioni. Una visione delle cose come quella alla base di questa commercia

lizzazione del sapere

non

s inquadra se

non

nell attiva e spregiudicata

operosità delle nostre città medievali che sì espandono, inventano nuovi

modi e nuovi metodi di far affari, fanno circolare le merci, il danaro c

le

informazioni; e riescono perfino a indurre la Chiesa a rivedere la sua

dura interpretazione di qualunque forma d investimento creditizio come

«usura». Nasce così la Modernità, tenuta a battesimo dalle tre grandi

realtà cittadine del nostro medioevo: le cattedrali, dove

si

elabora una

nuova scienza e una nuova arte del costruire; le Università, dove s inse

gna a pensare secondo metodi e sistemi nuovi giunti principalmente dal

mondo greco (ma anche persiano), attinti tuttavia attraverso la mediazio

ne ara ba ed ebraica

e

nascono così la nuova logica, la nuova matemati

ca, la

nu

ova medicina); infine le

societotes

mercantili-imprenditoriali,

nelle quali si pratica il prestito a interesse e si avvia un modo nuovo di

intendere il rapporto lra rischio, investimento e profitto.

Uno studioso geniale, Peter Spufford, ha

di

recente

preso

spunto

dalle innovazio

ni

nel campo dell estrazione dei metalli nobili e della cir

colazione del danaro

per

parlare del

Du

ecento come

un «secolo

lungo>>, che comincia dalla seconda metà del XII e si prolunga fino a

lambire gli Anni Trenta del XIV, quelli nei quali si delinea con progressi-

 

va chiarezza

la

«crisi del Trecento». E appunto in questo «Secolo lungo»,

fra XII e XIII, che le Università si affermarono con forza, configurando

un nuovo modo d insegnare, di apprendere, di porsi in rapporto l potere,

di vivere. E fu, davvero,

la

primavera d Europa.

Città, Università, danaro. Un nuovo modo di convivere, d insegnar e

d apprendere, di gestire la ricchezza. Non sono forse questi i fondamenti

d un

concetto di Modernità che potremmo considerare endiadico, se

non sinonimico, rispetto a quello d Occidente? Consentitemi, parlando

in

Bologna, di rifarmi proprio a un idea elaborata da un Maestro del-

Mat r a pro tto oa copy ght

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16 Introduzione

l Università bolognese dei giorni nostri, a Ovidio Cap itani, il quale -

forse in anticipo, storiograficamenre parlando, sui tempi - già licenzian

do

quasi vent anni fa, nel1986, la sua

Storia deLl Italia

medievale edita da

Laterza, proponeva di arrestarla

e

quindi, se vogliamo attestarci - ma

sarebbe semplicistico - su un problema

di

periodizzazione, di «far fini

re» il medioevo) al 1216, alla morte

di

Innocenzo

II

I e all alba dell atti

vità politica di Federico Il: vale a dire - sirnbolicameme,

ché

l assunzione

di tma data ad apertura o a chiusura di un periodo o di un processo sto

rico è

sempre

simbolica - aJla scomparsa del pontefice che con il suo

pensiero e la sua vigorosa presenza sulla scena della Cristianità

ha

segna

to

l

culmine di queJla che appunto il Capitani ha definito «Consapevo

lezza piena della teocrazia papale» e l avvio, liberato dall autorevole e

pesante

tutela del pontefice, della politica di colui che

sempre

dal

Capitani

è

stato qualificato come «indicato da Dante come l ultimo vero,

grande imperatore», ma al tempo stesso «emblematico di una concezio

ne statuale .. consapevoLnente nuova».

Quel

che il Capitani osserva

per

la storia d Italia si può forse agevolmente estendere alla Cristianità lati

na,

quindi

all Europa.

D  altronde, tctnto il potere e l autorità della Chiesa

quanto

la libera e

prospera

viLa

della ciuà dell Occidente europeo

erano

minacciaLe, all al

ba del Duecento, da un pericolo, o se si preferisce una definizione meno

impegnativa sotto il profilo valutativo - da un alternativa che si configu

rava nell aspetto di un forte richian1o antigerarchico alia vita evangelica

presentata come un esperienza personale e comunitaria effettivameme

possibile ma fondata concettualmente sul nichilismo negativistico

di

una

teologia e

d una

filosofia suscettibili di

condur

re a una

religio

martis  

Per

guanto sia

orma

i largamente accettato il principio già autorevolmente

difeso - e, allora, in controtendenza - da David S. Landes, che cioè non

solo si possa, ma addirittura Ji

debba

scrivere la storia al condizionale,

con tutti i relativi

«Se»,

in quanto ciò consente di far emergere e di evi

denziare adeguatan1ente la pluralità di scelte possibili nel passato e la

variabilità dei processi di soluzione attraverso

i

quali, e

di

continuo,

uno

solo dei molti possibili diventa reale,

non

sento di possedere

la forza

né il rigore metodologico necessari per proporre un sia pur sintetico

quadro

di quel che avrebbe

potuto awenire

in

Europa,

e

di

quel che

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Introduzione

17

sarebbe stato dell Europa, se

il

catarismo fosse riuscito a vincere in tutto

o in parte la sua battaglia e ad affermarsi sulla c nella Cristianità, a infor

marla dl sé e a modificarla o a sopprimerla. Certo è che tra Loira, Pirenei

e Appennini, lungo l asse del

Camino

de Santiogo che prolungandosi

in

Via fran.cigena conduceva a Roma e di là verso l Oriente, fino a

Costantinopoli e a Gerusalemme, il richiamo del nuovo modo d intende

re il cristianesimo, o meglio della nuova religione esteriormente adattata

ll fede cristiana, si era straordinariamente diffuso ed appariva sempre

più spesso anche quantitativamcntc c culturalmente parlando come

«vince

nt

e». Verbo cataro

e

tentazioni mondane minacciavano contempo

raneamente, opposti sotto

il

profilo concettuale ma non necessariamente

sotto quello pratico, la prospera e felice vita delle città tra paese d oc,

pianura padana e valle dell Arno; e, come tanti trobadori occitani, anche

molti studenti bolognesi

citramontani

e

ultramontani

potevano sentirsi

tentati, l tempo stesso, dalle licenziose gioie dei

gai

saber e dal verbo

austero

dell Interrogatio

Ioh01mis

Vero è d altronde che la fenomenologia della presenza catara nell Eu

ropa tra X

II

e

XIII

secolo si radicava e s innervava in una più diffusa

dissidenza, soprattutto, ma non soltanto, laicale, rispetto alle gerarchie

ecclesiastiche,

il

carauere della quale era, come si è soliti definirlo, pau

peristico-evangelico, e che discendeva dai residui delle questioni lasciate

irrisolte dagli esiti della riforma dell XI secolo e dal riassorbimento di

essi in un ordine disciplinare rigorosamente gestito c controllato dalla

sede pontificia. I tentativi

di

contrastare le istanze ereticali, o anche sol

tanto dissidenti, attraverso l adozione di un genere di vita fondato sull u

miltà e sulla povertà, e l tempo stesso su una predicazione suscettibile

di ricondurre i dissidenti nel seno della disciplina ecclesiale, si erano

delineati, com è noto,

per

tempo: e data

da

circa la

metà

degli Anni

Settanta del XII secolo l si pur sofferta concessione pontificia a Valdo,

o Valdès, c ai suoi seguaci, di predicare: ma era sta ta proprio essa, dopo

il tentativo di Valdès di estenderla alle donne, a provocare la definitiva

rottura tra le gerarchie della Chiesa e il valdismo, poi scisso nelle due

correnti, non sempre facili a distinguersi, dei «Pove

ri

di Lione» e dei

«Pove

ri

Lombardi» . Ma la reazione della Chiesa, dapprima disorientata

e prevalentemente indirizzata alla repressione - come si coglie nel resro

atera pro tto oa copynght

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18

ntroduzione

dell Ad abolendam

-

non aveva tardato a caratterizzarsi per una crescente

coerenza all interno della quale si delineava una strategia attiva e articolata:

ad essa - ch ebbe

appunto,

come grande protagonista, Innocenza III -

si debbono scelte di fondo

come

quelle che ad esempio permisero il

recupero degli «Umilia

ti

» e la l

oro

permanenza nell ortodossia nonché

quello di frazioni importanti del valdismo come quelle guidate

da

Durando di Huesca e

da

Bernardo Primo, che nel corso del primo de

cennio del Duecento avrebbero finito col costituire i gruppi dei «Poveri

cattolici» c dci «Poveri riconciliati», più tardi confluiti in altri Ordini.

Con ciò, l esperienza della povertà secondo

l

modello letterale evangeli

co non veniva più né repressa

perseguitata in sé, bensì ammessa e

riconosciuta valida a livello individuale a patto che chi volesse far di essa

il centro della propria vita

non

pretendesse però, nel suo nome,

di

scar

dinare l  ord ine della società. Povertà volontaria dunque, ma di segno e

di qualità profondamente diversi rispetto a quella vissuta all interno del

monachesimo tradizionale: c accompagnata dal lavoro e dall elemosina,

come si sarebbe appunto visto con gli Ordini mendicanti.

Conquistare definitivamente g

li

ambienti

cit

tadini, specie quelli

nei

quali-

come a Parigi o, appunto, a Bologna - si stava affermando non solo

un modo nuovo d insegnare e

di

apprendere, ma anche una nuova conce

zione del rapporto fra il sapere, la politica e l economia: questo l obiettivo

della complessa strategia della Santa Sede avviata

da

Innocenza

l l

e per

seguita sia pure in modi differenti e con un diverso grado di consapevo

lezza e d energia dai suoi successori Onorio III e Gregorio IX. A questo

fine, gl i Ordini

mendicanti

erano lo strumento più

appropriato.

E a

Bologna, in diretta comunicazione col amino de

Santiago

attraverso la

Via Francigena che

ne

era la continuazione, a Bologna il cui ambiente

cittadino, e forse in modo particolare studentesco, veniva minacciato

da

quei catari che ormai si stavano comba

tt

endo in Occitania con le armi

della crociata, doveva arrivare - si direbbe «fatalmente» e

«natu

ralmente»,

se si credesse ancora a un «Senso» della storia - quel Domenico già cano

nico regolare di Osma, predicatore ardente contro l eresia degli albigesi,

fon d

atore di una comunità

di

predicatori

nella

città

di

To

losa.

Confessiamo, senz alcuna residua nostalgia

per

le vecchie questioni evo

luzionistiche connesse

con

le «o

ri

gini>>

e per

l

relativo determinismo sto-

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Introduzione 19

rico, che vorremmo saperne di più -

per

guanto le f

on

ti, in fondo, non

poco ci dicano -

pr

oprio

a proposito dell Urereignis, del «fatto primario

e fondante» dal quale è necessario partire, la visita a Bologna di Dome

nico nel gennaio del 1218,

durante

uno dei suoi viaggi fra Tolosa e

Roma. La comunità tolosana era ormai già stata scio1ta, e avviata la dia

spora dei

/ratres pr edic tores

in

tutta

la Cristianità. Bologna

dovette

apparire a Domenico come un campo di battaglia urgente e necessario:

grande città, chiave dell Italia padana, illustre per traffici, ricca

una

vita civile intensa

anche

grazie ai molti

eterici

che ivi soggiornavano

come studenti,

quindi

obiet

tiv

o primario della

propaganda

catara.

Un

ambiente a suo modo familiare era ì pronto ad attenderlo, qualcosa che

poteva quasi farlo

tornar

con la memoria agli anni dì Osma: l ospizio per

pellegrini spagnoli tenuto dai canonici di Roncisvalle sito

in

Santa Maria

della Mascarella, fuori dalle mura settentrionali della città. Può darsi che

già lì in quel breve soggiorno, Domenico abbia guadagnato un primo

adepto. Certo è che, rientrato nella sua sede romana del convento

di San

Sisto, egli inviò quasi subito e a più riprese a Bologna alcuni frati, tutti

spagnoli,

per

preparare la fondazione dì

un

convento. Bologna appare

quasi, per qualche verso, una dotta tappa sulla via della dotta Parigi: ed

era chiaro che, se vi si doveva predicare, si doveva farlo

con

un attenzio

ne speciale

per

il mondo privilegiato e difficile dei maestri e degli stu

den ti dell Università.

Sappiamo che i primissimi tempi dei frati, che avevano ottenuto ospi

zio alla Mascarella, furono duri e oscuri per alcuni mesi essi vivacchia

rono nella generale indifferenza, senza riuscire ad attrarre l attenzione né

d

ei

bolognesi, né degli studenti. L esempio della vita povera ed umile era

forse, nella città lieta e dotta più che altrove, tutto

sommaw

poco appe

tibile: e i seguaci di Domenico non potevano sperare

di guadagnarci

troppo

più successo di quanto non ne avessero otte

nut

o eretici e dissi

denti. U progetto di Domenico a proposito di Bologna era tuttavia estre

mamente lucido: conquistarsi uno spazio privilegiato

pr

oprio sotto il

profilo del fascino intellettuale. Per questo egli riservò a Bologna come

suo vicario, alla fine del

18, proprio il

meglio che avesse sottomano in

quel momento: il rn gister Reginaldo, canonico di Saint Aignan d  O r

léans, docente

di

diritto canonico a Parigi, che reduce

da

un pellegrinag-

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20 Introduzione

gio in Terrasama si era fermato a Roma e che era rimasto conquistato dal

rigore spirituale della comunità insediata in San Sisto. Uomo energico,

affascinante, ampiamente affermato nel mondo degli studi, Reginaldo

visse l suo ingresso nell Ordine come una vera e propria conversio

La storia del successo e dell  affermazione dell  

Ordine

di Domenico

è

fin dal principio storia della conversione ad esso

di

personaggi straordi

nari, già illustri ed influenti nel soeculum o negli ambienti del clero seco

lare e, in modo tutto speciale, in quelli degli studi. successo del vicario

Reginaldo fu immediato, al

punt

o che quasi subito si rese possibile, se

non necessario,

l

trasf

erime

nt

o

dei

frati nella sia

pur

tuttavia

ancor

modesta sede di San Nicolò delle Vigne, in

qu

ell area meridionale dell a

bitato attorno all abbazi<t di San Procolo appena all  int

erno

della secon

da cerchia

mur

aria e quindi a contatto con la fascia che soltanto da una

decina di anni, col tracciamento della ter

za

cerchia, era stata inclusa nel

perimetro murario urbano. Notiamo

per

inciso che anche questo caso si

seguiva la tattica abitu ale degli

Ordini

me

ndi

canti, quella degli insedia

menti pe riferici a presidio nei centri urbani, quasi a circondarli.

Le fo

nt

i-

e penso a Gerardo Frachet e alle sue

Vitoe/rotrum -

n

on

dis

simulano tuttavia, anzi sottolineano con una certa enfasi - che serve forse

a esaltare gli esiLi positivi che vennero dopo - come anche l repentino

succe

ss

o ottenuto da Reginaldo fosse in qualche modo minacciato dalle

paur

e di un fallimento . La comunità era cresciuta in fretta, si sentiva

oggetto

di

un attenzione cittadina fin troppo intensa e non sempre bene

vola qualcu110 tra i frati cominckwa a gu ardarsi intomo e a pensare al

trasferimento in altri

Ordini

Regìnaldo reagl a questi se

gn

i di sconforto

con molta energia, a volte anche con durezza, senza risparmiare

l

ricorso

a penitenze rìgorose e all uso del flagello. La sua decisione e la sua forte

personalità furono senza dubbio alla base del superamento della crisi. Fu

tuttavia l adesione

di

alcuni personaggi

di

grande rilievo a contribuire in

m

odo

forse decisivo alla vittoria su queste prime, non lievi difficoltà.

Tra i primissimi docenti dell Università bolognese a venire conquista

ti dalla

pr

edicazione ardente e lucidissima di Reginaldo e a dare lustro

alla scuola di teologia di San Nicolò -

splendore

di

cherubica luce

si sarebbe tentati di definirla con Dante - furono

l

mogister Artium e

ca

no

nLc;ta

Chiaro

da

Sesto, i celebri Rolando e Moneta detti

ent

ra

mbi

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Introduzione

21

«da Cremona». All affermarsi dell Ordine

in

Bologna giovò comunque

moltissimo

l

fatto che

Dom

enico vi tornasse spesso fra 1919 e 1220,

alternandovi

l

soggiorno con suoi continui viaggi tra Roma e

l

I talia

settentrionale, e che a Bologna - dove aveva incontrato il

magister iuris

canonici e canonico barcellonese Raimondo di Peiiafort, che avrebbe

assumo l abito bianco-nero nel1222 -celebrasse tra 20 e 21 i primi due

Capitali generali

dell Ord

ine, appena prima di passare da questa vita.

Era stata probabilmente salutata, con scarso entusiamo se non addirittura

fraintesa, nell ottobre del1219, la repentina decisione del Padre di allon

tanare fra Reginaldo dalla comunità bolognese affinché egli riuscisse

anche a Parigi, dove

le

cose della comunità domenicana

non

andavano

in

modo soddisfacente, a ripetere

l

miracolo realizzato sulla riva del Reno.

Una scelta che ha fatto e che forse farà ancora colar dell inchiostro.

Il Capitolo generale del 1220 stabiliva come necessario che, per fon

dar

e un convento, oltre a

un

minimo

di

dodici frati e a

un

priore, vi

fosse anche un magister vale a dire un teologo

in

grado d insegnare i

fratelli: l elemento della disputa era difatti inseparabile,

in

una città uni

versitaria e in

un

t

empo

di lotta all eresia, dall attività di

un

Ordin

e

espressamente costituito di predicatori.

All indomani del trapasso del Padre, la devozione popolare anorno al

suo sepolcro e la fama dei miracoli che vi accadevano- cose

in

un primo

momento sopportate non troppo di buon grado dai frati - furono causa

del radicarsi di un culto che di lì a una dozzina d anni, grazie

al

movi

mento dell «Alleluia», si sarebbe espanso in modo travolgente e avrebbe

condotto alla spettacolare traslazione delle reliquie dell233 e alla cano

nizzazione dell anno successivo. Frattanto, l esperienza domenicana

bolognese era divenuta - seguendo

un

indirizzo

già

avviaw fin dai pri

missimi tempi - il centro d irradiazione delle comunità domenicane di

tutta Eu ropa.

In

questo contesto maturò

l

passaggio dal convento

di

San Nicolò e

dalla

domus

donata

ai

frati, nel 1233, dall ex bidello dello

Studio,

Rainaldo, per potervi studiare e tenere le lezioni, allo Studium gener le

dell Ordine,

per il

quale, già dal

124

6,

si

era designata la città di Bo

logna, insieme con quelle di

Oxf

ord, di Colonia e di Mo

ntp

ellie

r

La de

finitiva conferma

del1248

giungeva a sigillare una decisione che doveva

atera pro tto oa copynght

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22 Introduzione

sembrare ta

nt

o naturale

gu

a

nt

o necessaria e doverosa.

Le

Cos tituzioni

dell Ordin

e e

ran

o

stat

e mo

lt

o solle

cit

e ne

ll imp

ostare

una

serie

di di

-

spense a

tt

e a favo

rir

e i frati nel loro sforzo di

stu

diare : a tal fine essi

erano

soll

evati

da

mo

lti

impegni rel

at

ivi alia vita religiosa e liturgica, si

concedeva loro una cella personale e si acco rd ava a chi ne avesse biso-

gno

propter studium

di v

eg

liare durante la no

tt

e, si acce

tt

ava perfino una

deroga al voto delia povertà in

m

odo da perm

ettere

i

frati st

udi

osi

di

possedere

de

i libri. I

fr a ti

erano

milites h risti

nella lotta q

uo

tidiana per

l  affe

rm

azione delia Verità: c i libri arma nostrae militiae  Una definizio-

ne che po

tr

e

bbe, da

sola, essere acco

lt

a come divisa ta

nt

o dell 

Ordin

e

quan

to

de

lla d

ot

ta

ci

ttà d i Bol

og

na e della sua

imm

ortale,

pr

estigiosa

Università.

FR N  OC ARDINI

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23

L CHIES

I

BOLOGN E LO STUDIO

NELL PRIM MET DEL DUECENTO

L ORE rzo PAOLIN(:

Nelle conclusioni del Convegno bolognese de

ll

'aprile 1989, in occasio

ne del X centenario della nostra Università, intitolato proprio teneo e

Chiesa

di

Bologna, si lamentava

un

<<VUOtO» nelle indagini (uno fra tanti):

«Manca uno studio sul ruolo dell'Arcivescovo

di

Bologna in relazione

alla Università. Effettivamente è singolare,

per

l'Ateneo

di

Bologna, l'uf

ficio e i privilegi dell' arcidiacono del Capitolo della Cattedrale. Ruolo

guesto esaminato recentemente. Però è quasi assente un'indagine sulle

relazioni fra l'autorità ecclesiastica locale (normalmente

il

Vescovo era

anche

il

cancelliere) e l'Ateneo».  Sorvolando sulle inesattezze, di chi

forse non aveva letto le

mi

e ricerche, benché citate in modo allusivo e

non

esplicito2-

per

diritto comune e consuetudine,

il

vescovo era cancel

liere in tutte le università medievali; a Bologna, questa funzione venne

''') Università di

Bologna.

l) G. D.

GORDINI,

Bilancio

di un

Convegno,

in Ateneo e Chiesa di Bologna, Bo

l

ogn

a

1992

(Istiruro per la storia della Chiesa di Bologna - Saggi e ricerche 4), p.

.355

.

2)

Faccjo riferimemo a L. PAOLU l

La

.aurea

medievale,

in

L Università a Bologna.

Personaggz;

momenti e luoghi

dalle

origini al

XVI

secolo,

a cura di O. Capitani, Cini

sell

o Balsamo (Milano) 1987 , pp.

133-155;

lo.,

L evoluzione di

una

funzione ecclesia-

stica:

l'arcidiacono e lo Studio

a

Bologna

nel XIII

secolo,

in «Studi Medievali», .3 serie,

XXIX 1988),

pp.

129-172; ID.

,

La figura

dell Arcidiacono nei rapporti/ra lo studio c

ln città,

in

Cultura universitaria e pubblici poteri a Bologna dai XII ai XV secolo,

a cura

di

O.

Capitani, Bologna 1990, pp.

31-71; Io.,

L Arcidiacono della

Chiesa bolo-

gnesi' e i coilegi dei dottori dello Studio,

in

Domus

Episcopi.

Il

P

ala:a;o

Arcivescovile

di

Bologna, a cura Ji R Terra, Bologna 2002, pp. 259-

266.

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24

L.

PAOL INI

data all 'arcidiacono per privilegio . Questo regime durò fino al 1798,

quando

il

governo della Republica cisalpina abolì i collegi dottorali e le

funzioni dell'arcidiacono, sostltuendoli con commissioni di laurea di no

mina governativa. Nella restaurazione del governo pontificio, Leone XII

nell824 nominò l'arcivescovo di Bologna arcicancelliere dell'Università

sorvolando sulle inesattezze, rimaneva pur vera la denuncia di un'assenza,

quasi fosse un tabù storiografico, nelle storie generali dell' Università

bolognese ) Quel poco che essi hrumo, sbrigativamente, detto al riguar

do

è un

re/rain

ripetutO senza analisi critica delle fo n ti: l

 a

rgomento crea

disagio e irritazione, ancora oggi. Dal Sorbelli

in

poi si leggono va luta

zioni

di

ques to tipo: <<Da

li

ce

ntia

docendi papale] costituì l'intromissione

più perniciosa per un Istitu to che avrebbe vo luto e dovuto restare libero

come era sorto . ora

il papa

distruggeva nella radice la sua azione»;

«l'intervento di Onorio III, come atto autoritativo di diritto imposto...

non poté non costituire una menomazione della secolare libertà dello

Studio Bolognese»;

«[l

Collegi dei dottori] furono così, anche se costi

tuiti da ecclesiastici .. i più rigorosi custod i della laicità de

ll

o Studio

bolognese, che accettò certamente e rispettò l'autorità della Chiesa quale

titolare del magistero dell'insegnamento, ma non si lasciò mai imporre

una effeuiva soggezione istituzionale o

add

irittura una trasf

or

mazione in

sia pure altissimo orga nismo ecclesiastico, come accadde a

Par

igi»;

«il

pontefice infliggeva un grosso colpo anche all 'autonomia dei docenti

c guadagnava una posizione di decisa

pr

eminenza»; «l au torità pontificia

aveva inficiato la libertà delle Università per il conferimento dei titoli e

dei gradi accademici>>:'

3)

a. 

d

esempio,

A. SoRBELLT Storio dell Università di Bologna, l, Il Medioevo (secc. Xl-X\1),

Bologna 1940;M. BELLOMO

Saggio

sulL Università

nell età

dei diritto comune, Catania 1979.

4

a. rispettivamente:

SoRBtLU

Storia

dell Università,

cil.,

pp. 92-93; G. DE

V ERG01Tl-

NI, Lo Studio di Bok:Jgna, L Impero, il P

apato

, Bologn a

1

954, ora in

ri

stampa a cura di

C. Dokiru, Spoleto 1996, p. 76; G. C E:-.ICETTI,

L Università di Bologna

i tempi

di

Accursio,

ora in ID.,

Lo Studio di Bologna. Aspetti, momenti e problemi (1935-1970),

a cura di

R.

Ferrara-G. Orlandelli-A. Vasina,

Bo

log

na

1989, p.

120

; R

GRECI, L associa

zionismo degli studenti

dalle

origini

allo

fine del

secolo Xl\ ,

in Studenti e

Università degli

studenti

dal

XII

a XIX

secolo, a cura di

G. P.

Brizzi

e A.

I.

Pini, Bologna

1988 Studi

e

Memorie per la sto

ria

dell 'U

ni

versità

di

Bologna, n.

s.

,

VTT ,

p.

2

9;

A.

DE

BEN

EDTCTlS,

Lo

fine dell autonomia

studentesca

t

ra

autorità e disciplinamento, in ibid., p.

209.

Matera pro tto oa copynght

Page 22: Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna

7/18/2019 Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna

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La Chiesa di Bo

lo

gna e lo Studio nello m nte tò del Duecento

25

Sono solta

nt

o alcune

fr

asi che su

gge

ris

co

no

il

perché de

ll

a

rim

o

zi

one

o

la

sbrigativa a

cc

usa, secondo la quale l intromissione indebita -

co sì è

considerata - de

ll

a Chiesa nel momen

to

più delicato de

ll

a vita de

ll

o

Studio, cioè

dur

ante gli esami fin

al

i e la laurea, segnò la perdita di auto

nomia de

ll

o ste

ss

o. Fu un 1Hte

nt

aro

al

la libertà scolastica, garantita f

in

o

allora da

ll

 a

uL

e

nLi

ca

Habt.ta

di Federi

co

I; fu la svoh a che innescò la

decadenza.

Mi

sono

co

nvinto, riflettendo su queste affe rm azioni, che

l atta

cc am

e

nt

o appassionato al mito (per molti aspetti

ve

ro) de

ll

e origini

spontanee e laiche,

in

duce a g

iu

di

ca

re as

sa

i male le tr

as

fo rm

az

io

ni

a

vv

e

nute nel primo Duecento, in cui stabilità e istituzionalizzazione si anco

ravano a solide realrà esterne, in parte al Comune e

in

parte alla Chies

a;

anzi, darne una interpretazione diversa sembra, di necessità, causare il

dissolvime

nt

o di quel mito

fo

ndante de

ll

o Studio bolognese, il mito della

libertà

(o

spontaneit

à)

e della laicità.5Sembra pesare ancora

qu

e

ll

 intui

zione

carducciana, che considerava come fattori della gra

nd

e

zz

a di

Bologna il libero Comune e la libera Unive rsità <· Il che è vero, ma essa

va

necessariamente

in teg

rata, se noi attribuiamo - a fianco

di

vaJori fon

dame

nt

ali, quali la libertà e la dottrina - importanza storica anche a

ll

a

so

Udit

à i

sLitu

zionale,

all

a dimensione unive

rsal

e de

ll

a laurea, a

ll

 a u

to

no

mia regolata da

pr

o

pri

statuti, alla garanzia de

ll

a qu alità do ttorale.

) Su lle o

ri

g.ini dello Studio bol

ognese

, si vedano le novità storiografiche nel bilan

cio

da

me f

at

to

in

Storia della Chiesa

di

Bologna

medt.e-vale

:

un

«

cant

i

ere»

storiogra/ico

ap

e

rto

,

in

Codice diplomatico de

llo

Cbi

es

n bolognese. Docume

nti

autentici e spuri (s

ec

oli N-Xl[),

a cura di

M.

f nti e L P

ao

lini, Roma 2004 (Ponti pe r la storia dell  Ita lia Medi

eva

l

e-

Regesta Cban arum, 54 ), pp.

LXV

-LXXV.

)

È il

fu

lcro del celebre

disco

r

so,

pronun

cia

to dal poeta

all

Archi

gi

nnasio

in occasio

ne

delle celebr

azio

ni de

ll V111

Centenario dell Università cf  G. CARDU

CO,

Lo

Studio

bo

lognese, Bo

l

ogn

a 18

88), ch

e viene ripreso

da

A.

V

ASINA,

Lo «studio  nei rappot·ti colle

realtà

cittadin

e e il

mondo

esterno nei secoli XII-XN in L'Università a Bolog11a cit., p. 29,

co me «anco ra oggi il rife rimento stO ricamente pi ù corretto e fun zionale pe r in

te

nde

re la co mples

sa

e per molti aspett i oscura dinamica culturale e politico- sociale

..

di

Bo

logn

.

Mat r a pro tto oa copy

1ght

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26

L   P AOLINI

E la Chiesa, senza decidere della fama e della dottrina, impedì (nel pri

mo Duecento) che lo Studio (arcipelago di scuole) fosse ridotto a una

comune associazione cittadina, troppo condizionato dai vincoli imposti

dalle a

ut

orità comunali 7

Fu un mezzo secolo decisivo

per

gli assetti istituzionali dello Studio,

che possiamo ricordare solo in modo se

mp

lificat

o

perché ben noti. Sul

versante

int

erno la rapida crescita della popolazione studentesca, mise

in crisi g

li

assetti tradizionali delle soc:ietates e delle comitive, e i rapporti

prcgiuridici fra maestri e scolari

8

- c noi conosciamo per esperienza

dir

et

ta, dall avvento dell università

di

massa, cioè dagli anni Settanta

in

poi, il disordine, la confusione e i conflitti in terni scatenatisi, e quali dif

ficili situazioni in merito alla qualità della docenza e degli

studi

siano

sorte - e determinò la separazione - mai più colmata, e divenuta anzi

il

«modello bolognese», invocato

per

differenziarlo

da

quello parigino9 -

fra le organizzazioni corporative studentesche (unive

rs

itates citra e

ultra

montane, nationes)

con a capo due rettori eletti, e

l

corpo docente, che

anch esso, verso la metà del Duecento, si organizzò in collegio, retti da

priori, con funzio

ni

inizialme

nt

e

di

commissioni permanenti, a numero

chiuso, per gli esami finali e

di

laurea. I dottori non si fusero in

un

orga

no unitario e rappresenlativo, come gli

sLUdenti;

Lullavia, come pluralità

di corporazioni, raggiunsero in seguito, mediante statuti propri, funzioni

7)

Questa è l argomentazione e

ss

enzi

ale

che

si

ricava dallo studio

a11cora

insuperaro

di

G.

ROSSI, «Universitas

scholarium»

e Comune (sec. XII-XIV),

o

ra in ID., Studi e testi di

storia

giuridica medievale, a

cura

di G. Gualandi c N Sarti, Milano

1997,

pp. 141 -

264

.

Per una informazione semplificata

si

può, run

avia

, ricorrere ancora ad

A.

HESSEL,

Storia

della

città di Bologna, 1116-1280,

ed. italiana

a

cura di

Fasoli, Bologna

1

975

cd. originaria, Bcrlin

1910),

pp. 217 -

226.

s) Su

queste forme

aggregative

, priv

ate

e sponranee,

vedi G

CENCETII, Studium /uit

Bononie

.

Note sulla

storia

de l'Umversità di Bologna nelprimo mezz.o secolo

della sua

esistenZtJ, ora

in Io., o

studio

di B

ologna,

cit., pp. 29-73 (oppure, con trasposizione delle note dal t

e

sto a piè

di

pagina,

in

Le

origùti dell'Università, resti

a cura

di

G. Arnaldi, Bologna

1

97

4,

pp. 101-151).

9) Sui due m

ode

lli,

in

forma sintetica, vedi M. BELLOMO l Ml dioevo

e

l'origine

dell'Università,

in

L'Università e la sua storia,

a cura

di

L Srracca, Torino

1979,

pp.

13-25.

Matera pro tto oa copynght

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La Chiesa

di

Bologna

e lo Studio nello

p ·m

ntetò del

Duecento 27

decisionali esclusive

per

la vita e la continuità dello Studio, dalla chiama-

ta dei lettori, ai loro stipendi, alla regolamentazione degli esami, alla

limitazione delle lauree cittadine, e infine al potere

di

deroga.

La distinzione fra i corpi dello Studio, come separazione corporat

iv

a

netta rappresentò

l approdo

ultimo (a metà Duecento), come ci a ttesta

l Ostiense (En

rico da Susa, t 1271)

in

una sua glossa al

Liber Extra

(X. l , 38, 7): «Videbantur,

quod

eis non liceret, quasi scholares

non

con

stituan t unum

corpus

vel universi tatem ... Sed

contrarium

est verum,

nam et D

oc

torcs sive magistri collcgium habent et statuta faciunt... et

habent

scholares universitatem».

to

A inizio secolo, però, e

per

o

ltr

e

due

decenni, la divaricazione è tanto forte da conno tarsi in opposizione.

Basterà ricordare un passo di Azzone t 1230 ca.),

grande

civilista, che

non

riconosce agli studenti

l

diritto

di

eleggere i

propri

rappresentanti

(rettori e consoli), al contrario dei maestri, che

<<po

ssono eleggere i pro

pri consoli perché esercitano la professione».

11

Anche se a Bologna ciò

non

avviene, sia perché i maestri

non

eleggono i rettori, sia perché sem

brano non essersi ancora dati

un

proprio assetto istituzionale

con

organi

el

et

ti, come ric

or

da

Accursio

t

1260 ca.),

quando

aggiunge «e così si fa

a

Pari

gi» (et sic

fit

Parisius). Accursio fa esplicito riferimento - segno di

un evoluzione formalmente

non

ancora perfezionala, che Lrova resistenze,

ma che di fatto è già

awve

nuta - alla

tmiversitas scholarium

e ai rectores,

mentre Azzone

parla a

nc

ora

di consules quali rappresentanti

eletti:

«gli

studenti

..

non

possono eleggere

propri

consoli .. allo stesso

modo

degli

apprendisti

dei pellicciai o dei fabbri o

di

simili corporazioni>>. l

lO

Come

da

G. P

OST

, Parisian Masters

as a Corporatt on, 1200-1246,

in

Studies

Ùt

MediaevaL

Legai Thought Princewn N. J 1964, p. 58 nota 174 .

11

Cf.

Lectura in

Codicem, in Corpus Glossatorum luris Civilis, JII

rist.

anast., Torino

1966,

p.

189,

C. 3

13, 7:

«Magistri ergo possum cligcrc consulcs, quia ipsi cxcrccnr

professionem».

L2 Cf. rispe[[i

vameme

per AccuRSIO

Glossa ordinaria,

Lugduni 1604

col. 559

glossa

Pertinet

a

C.

3, 13, 7: «Qui d ergo

in

scholarium universirare?

an

possinr habere

rec-

rores? Videtur quod non, guia non exercenr professionem». Per Azzone,

Lectura in

Codicem

ciL.:

«Unde vide tur quod scbolares qui non exercem professionem ali

qnam, sed sub exercemibus fiam discipuJi. non possum e

li

gere consules, sicut nec

at r a pro tto oa copy 1ght

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  8 L.

PAOLINI

Odofredo

è

costretto ad accettare co ntrovoglia la forzatura di un diritto

universale operata da uno stat

ut

o bolognese: «de iure gli scolari non pos

sono eleggere i rettori .. tuttavia

l

creano per una legge municipale di

.

questa Cltta».n

Basterà ricordare w1 a

ltr

o passo di Odofredo, sulla rinuncia alla giu

risdizione criminale nei confronti degli studenti -

a

loro attribuita dal

l imperatore Federico Barbarossa, anche se formulata come scelta privi

legiata degli scolari: «S i

eis

litem super aliquo negotio quispiam movere

vo

luerit, huius rei optione data scolaribus eos coram domino aut magi

stro suo, vel ipsius civitatis episcopo, quibus hanc iurisdictionem dedi

mus, conveniat»;H rinuncia che i dottori fecero al tempo di Azzone:

«E si rinunciò per questa ragione, perché fra gl i studenti lombardi

c quelli toscani nacque una disco rdia grandissima c scontri armati

violentissimi

(maximum bellum),

al punto che

i

dottori non poleva

no intromerrersi in

puniendo

eos. Per cu i dissero che delle cause

criminali si occupasse

il

podestà di questa città ... quella rinuncia,

che fu fatta al tempo di Azzone, riguard<tva gli scolari non chierici,

perché i ch ierici non poterono rinunciare a

ll

oro privileg io».

I5

La testimonianza odofrediana ci attesta la rinuncia forzata dell eser

cizio del potere di foro

ris

ervato dei dottori, e suggerisce che quello del

vescovo - assai poco documentato per i decenni precedenti - riferito ai

discipuli pellipariorum

vel

fabrorum aut similium corporum». L opposizione dei

maestri alla capacità

elerriva degli

studenti parte

da

Giovanni

Bassiano fine

XII secol

o)

e

si

conclude

in

Odofredo, come

ci è

proposto da Rossi, «Universilas scholarium»,

cit.,

pp. 166

-

169;

e

da

Greci, L associazionismo degli studenti, cir., pp.

27

-

28.

u)

Cf

Lectura super Codice, I, Lugduni

1552

,

rist.

anast. Bologna 1968,

f

l48r.

14

Dall Auth

entica

Habita,

ed.

\Y/ STELZER, Zum Schol Jrenprivileg Friedrich Barbarossas

(Autbentica «Habita»), in «Deurschcs Archiv fiir Erforschung

cles Mitrelalters>>,

34

1978),

p.

165.

1

5) Cf. OD

OFREDO, Lectura

super

Codice, I, cit.

, in Authen.

Habita C.

4 , 13

,

Ne filius

pro

patre in fine), f 204r: «Et

fuir

renunciamm tali ratione, quia inrer Lombardos et

Tuscos

fuiL

maxima discordia, et maximum bellum,

iLa

quod domi

ni docLOres

non

poLeram se

intromenere

in

puniendo

eos.

Unde dixerum quod Potestas huius civita

ris

inrromirrcrcr

se in

criminali

causa

...

illa

rcnuntiario quc

fuir facra

tempore domini

Azonis habu

i

locum

in

scholaribus non clericis, quia clerici suo privilegio renumiare

non potuerunt».

Mat r a pro tto oa copy 1ght

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La Chiesa

di

Bologna

e lo Studio nello

p,7

·ma ntetò del Duecento

29

chierici, continuò. Ma noi possiamo leggerla anche dalla parte degli stu

denti, che scelsero il peggio pur

di

non farsi giudicare dai loro professori,

tale era

l

clima oppositivo e

di

generale disaggregazione. Più tardi,

per

le cause civili, furono i

rettori

ad assumere il

compito

di giudici. Qu

anto

ai chierici, siamo

informati

indirettamente dalla lettera di Onorio III

all arcidiacono Grazia del 27 giugno 1219 -

 l

giorno preceden te al confe

rimento del potere di

licentia

- in cui il famoso decrerista e decretalista

viene investito della funzione di «penitenziere»

de

llo Studio, di assolvere

cioè quei dottori e scolari «che fra di loro, o nei confronti

di

altre persone

ecclesiastiche avessero

comp

iuto violenze

manus

iniecerint violentas)».

t

Su richiesta degli studenti stessi, che in numero elevato

plures)

si trova

vano in stato

di

scomunica

per

le violenze

compiute in

clericos. L inter

vento papale, così richiesto, esprimeva la «pa terna sollecitudine» verso i

molti do ttori e scolari coinvolti. Il vescovo di Bologna, neppure conside

rato veniva definitivamente estromesso dalla vita dello Studio

ed

esauto

rato dall esercizio del

potere

giudiziario

anche

per g

li

scolari chierici.

Di

lui non si parla affatto nella disposizione, del 1250, del l

egato

papale

Ottaviano Ubald.ini-

un grande

personaggio che riconsidereremo

-c

on

tro la prova

consuetudo

di «comprare» gli esami e la laurea

con

doni e

denaro, reato che comportava la scomunica.n

La

ricomposizione possi

bile e pacifica nello Studio prescindeva dall ordinario locale.

6

Cf. la bolla Catmtlerati.f circumstanttjs, ed. in M. SARTI - M. PATIORlNl,

De claris

Archigynmasii Bononiensis pro/essoribus a sacculo X l usque

ad

saeculum XI\ , li ,

Bononiae

1889-1896,

p.

14:

«qui

ad

invicem in se, aut

ù

alias personas ecclesiasticas

manus i

ni

ecerint

vio

l

entaS>>.

S

uiJ

 a rcidiacono Grazia, vedi

PAOL1Nl,

L evoluzione

di

una funzione, cit.,

pp.

138-147; A.

PADOVANI,

Grazia,

in Di

zionario biografico

degli

italiani,

58, Roma 2002, pp.

780

-783.

7)

La lettera,

Cum ab

omni, inv:iata iJ

22

luglio 1250 dal cardinal legato ai professori

dello Studio, che considera e qualifica «prudente.r

v iri,

am ici in Christo carissim

i,

legum doctor

es

Bononie commorantes»,

è

poco nota ASB, San Fra11cesco, campione

rosso

R.

b. 351/5094, n. 25): «Sane cum admiratione audimus .. quod officium

docenldi in civitate Bononie ac app robationis adeptio sub dat ione ac acceptione

munerum usurparur. Cum autem bee prava consuetudo a cupiditatis radice

l[proc esserit, cum sit scientia donum Dei, que dehonestari non debet nec precio

nummario exrimari,

ne

decorem confundat scolastice honestat

is

, nosl[cup]ientes

huiusmodi pravc consuctudi Ì obviare, coosuctudinem ipsam prccipimus a

Matera pro tto oa copynght

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30 L

PAOLINI

Tutto questo -la spaccatura interna insanabile, che portò la struttura

delle univeriitates e il

pot

ere dei rettori a prevalere nell organizzazione

scolastica dello Sudio - alt

erò

a tal punto il sistema

di

cooptazione del

corpo

docente

- oggi diremmo che

i

concorsi

non

erano più selettivi - da

determinare una crisi e un decadimento degli

studi

tali da richiedere sia

una formalizzazione dei rapporti fra le

parti componenti

dello Studio,

sia una regolamentazione delle «prove>> finali, sia l introduzione di una

nuo

va

figura che si rendesse garante del rigore e della qualità delle stes

se.

Pena

il dissolvimento della ragione stessa dello Studio e degli interes

si di

tutti

, docenti, scolari e

Comun

e.

Gli int

eressi del C

om

une, per il

pr

estigio e soprattutto per le grandi

potenzialità economiche che lo Studio e la massa studentesca fornivano

alla città, sia come apporto di capitali esterni sia come moltiplicazione di

attività indotte - alloggi, produzione del libro col st itema della pecia, risto

razione, commercio, abbigliamento, solo per indicare qualche settore 1s si

riassumevano in

un

a politica vincolativa, mediante statuti, per garantirsi

con

impegno giurato

dei dottori

(dal 82

in

poi),

dei rett

ori e

di ogni

laureando

(dal1216/1217

in

poi)

19

che

il

rapporto

fra

la

città e lo Studio

fosse esclusivo e ininterrotto e che la minaccia

di

emigrazioni in massa,

Bononiensi Swdio penirus aboleri .. Si qui vero huiusmodi prohibitionis er precepti

nostri cxtitcrim transgrcssorcs, ipso facto l[sc] novcri.nt cxcommunicationis scntcn

cie subiacere. A qua per archidiaconum Bononiensem, vel per vicarium elus,

ad

quem officium examinandi et approbandi spel[ct]are dignoscilllr, absolvi nullatenus

mcrcantm. Nlsi in prcscncia doctorum et magistrorum ac rcctorum, qui

pro

tempo

re

fuerint, dantes et recipilentes reatum suum confessi

fu

erint et excess

um

, exactis

seu

exLOrùs

penitus

reslÌllllÌS

,

e

LOùdem

collaLis

de proprio per

dicLUm

archidiaco

num IBonooknsem, de consilio

docLorum

ac

ma

gistro

rum

predicrorum,

in

usu s pau

perum exigendis. Et demum hiis pe

raccis,

ab eodem archidiacono

ve

e

iu

s l vicario

mereantur absolulionis beneficium obùnere». EdiLa

da H. D ENIFLE, Urkunden zur

Geschichte der mittclalterliclum Univcrsitiiten, in <<Archiv fl.ir LiLeratur

und Kirchen

geschichte», IV (1888), pp. 243-244.

t8) Per

qu

esti aspetti, decisivi per capire la politica del Comune ver

so

lo Studio, vedi

A.

L

PINI a presenza dello Studio nelt economia di Bologna medievale,

ora in

Studio

università e città neL medioevo bolognese,

Bologna

2005

, pp.

247

-264.

t9) Vedi

al

riguardo,

Rossr, <<Universitas scholan·um»

cit., rispettivamente

aJle

pp.

156-

158,

164-166,

175,

e

178-179.

Mat r a pro tto oa copy

tght

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7/18/2019 Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna

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La Chiesa di Bologna e lo Studio nello p ·m ntetò del

Duecento

31

sempre rivendicata dagli studenti in nome della

libertas scboLastica

e ap

poggiata dal papa, fosse messa fuori legge. Chiunque si fosse adoperato,

dall interno o dall esterno dello Studio, «cospirando per trasferire lo

Studio da Bologna

in

un altro luogo» avrebbe

su

bìto

il

bando e la confi

sca dei beni.  o Mentre i professori di gran fama non ebbero, per la mag

gior parte, remore a giurare il vincolo di permanenza, ottenendo dall 

amministrazione comunale privilegi - come le esenzioni dalle tasse e

da

imposte straordinarie - e incarichi pubblici extrascolastici lautamente

ricompensati per

co

nsulenze, arbitrati, ambascerie, supervisioni, cd altro

ancora. Venne in tal modo assecondata la logica municipalistica, che

portò nel Trecento alla chiusura dei

collegia,

riservati ai soli dottori bolo

gnes

i.

Gli studenti forestieri invece - owero la stragrande maggioranza -

cercarono soddisfazione nella prolungata lite co

ntr

o i

dura statuta

e l 

iliicitum juramentum

imp

os ti

dal Comune chiedendo a Onorio

III

d intervenire. Al papa, peraltro, sulla stessa questione si rivolsero per

un autorevole sentenza gli stessi dottori e il Comune.2

l co

n

so

lidamento dei nuovi assetti istituzionali dello Studio, r

aggi

un

to sia per tappe progressive, sia con la svolta decisiva del

121

9,

awen

i

va

nella confusione generale per tensione e conflittualità permanente. La

minaccia coslante di emigrazione - realizzatasi nel 1204 a Vicenza, nel

1215

ad Arezzo, nel1222 a Padova

qu

asi sempre incoraggiata dal papa,

andava neutralizzata da parte del Comune, e concedendo agli studenti

privilegi

di

tipo organizzat ivo, c accettando l introduzione del valore

legale della laurea

licentia docendi), ri

conosciuta e garantita dal papato,

non semplicemente per decreto, ma istituendovi e impiantandovi un

cancelliere esterno allo Studio - significativamente non viene richiesto il

o) lbid., pp. 178·179. Lo s

ta

nno comunale del 1216 ebbe una nuova redazione nel

1250, che

è

quella nora, per la quale vedj

L

FRA TI,

Statuti di Bo

lo

g

na

dall 

anno 124

5

all anno 1267, Bologna 1869, Il, p. 25: «S i quis

jn

venLus fuerit lacere vel fecisse

amodo sectam vcl conspirarjonem pro studio u·ansferendo a civitate bon. ad alium

locum perpetuo banniatur, et omnia eius bona que bon. habuerit publicantur».

2t

Per

queste tormentate vìcende, resta imprescindibile il riferimento a

Rossr,

«Univc

rsitas

scholtu·ium»,

cit.,

pp. 180-196.

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32 L. PAOLINI

vincolo che fosse anche dottore a Bologna - che fungesse da med iatore e

garante fra dottori,

studenti

e Comune. E

co

me tale fosse accettato: la

figura dell arcidiacono del Capitolo della cattedrale di Bologna,

in

vestito

del potere di conferire le lauree, era la soluzione compromissoria che

andava

bene

a tutti, in quel pr

ec

iso con testo

di

crisi interminabile e

senza via d uscita.

zz

E a questo punto che lo Studio cambia natura, nel momento in

cui

cambia natura la laurea: da cooptazione privata, come un bene che si

trasm

ette

er

ed

itaria

mente,

strettamente legata alla scuola - «Per

cui i

maestri devono costituire come

propri

ere

di

gli scolari che

hann

o gene

rato attraverso la dottrina e la scienza, perché diventino in ordine suc

cessivo

padri

e maestri»,

ci

dice Buoncompagno da Signa 23 - a riconosci

mento pubblico della capacità di insegnare e abilitazione all  insegna

mento mediante il co

nf

erimento del titolo do tto rale per autorità papale,

delegata ali arcidiacono. L istituto giuridico della laurea nasce

con

la

Cum

sepe

contingat di Onorio III

dcl28

giu

gno 1219

,2

ed è ben

diverso

dal precedente attesta to interno.

Qu

esta trasfo rmazi

one

viene accolta e

riconosciuta dal potere locale,

pur

con logica municipalistica.

Mentre

22 Questa è la mia tesi, esposta in

L evoluzione di

uno

funzione

ecciesiasticn cit. in par

ticolare

all

e pp. 148-163; e soprauuuo in

Lo

figura

dell Arcidiacono,

cit. , in particola

re alle

pp

. 38-39,44-57.

23) Cf. BoKCOMPAGI O,

Rethorica novùsùna,

del 1235, ed . A. Gaudenzi, in

Bibliotheca

Iurt.dica

Medii Aevi,

II, Bononiae 1892, p. 273, cap.

De principiis conventatorum:

<<Unde

per locum a simili, magistri scholares quos

per

doctrinam

et

scientiam genue

runt sibi debent heredes instituere,

u

patres

et

magistri efficiantur ordine successivo».

Pur essendo già stata introdot ta la

:e

ntin docendi,

formalizzata nella

ca

ttedrale di

S. Pietro,

la

scuola resta un bene ereditario per trascinamento della forza della con

suetudine; e lo sarà

pe

r molto tempo ancora.

n

resro

è

edito in SARTI -

FATIORINI,

De claris Arcbigymnasii Bononiensis, cit., II,

p. 260: «Cum sepe conringat ut minus docti ad docendi regimen assumantur, prop

ter quod et doctomm

honor minuarur, et profecrus impediarur scholarium volen

tium eructiri,

nos

eorumdem utilitari

et

honori prospicere rupiemes, auctoritate pre

senrium

dux

imus statuendum, ut nullus ulterius in civitate predicta ad docendi regi

men assumatur, nisi a te obrenta licentia, examinaùone prehabita diligenti».

Mat r a pro tto oa copy

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La Chiesa

di

Bologna

e lo Studio nello

p ·m

ntetò del Duecento

33

era promossa dal

papato

con logica universalistica, che portò settant an

ni dopo alla licentia ubique docendi del 1291, cioè alla validità universale

della

laurea

bolognese

e alla trasformazione dello stesso

Studio in

Studium

generale.

«Poiché spesso succede che nell  insegnamento ven

ga

no assunti i

meno dotti , e a causa di ciò venga

sia

sminuito l  honor doctorum,

sia impedito l profitto degli scolari che vogliono erudirsi, noi, desi

derosi di vedere realizzati

la

loro uti

li

tà e il loro onore, con l auto

rità di

ques

ta lettera ordiniamo che nessuno venga più

coopta

to

nell insegnamento nella detta città, a

meno

che

non

abbia otten

ut

o

da te la laurea, dopo aver superato un esame rigoroso».

Nessuno storico, oggi, può pensare ad un at to ricognitivo di una

prassi già in uso;z ma neppure si può sostenere -

come

spesso si legge -

che fosse una intromissione

indebita

o

un

atto di forza o

un

co

lp

o di

mano per esautorare i professori. Consjderato ne

ll

a sua dinamica e nel

contesto in cuj si calò, e non per gli effetti di molto posteriori, quell in

tervento fu visto

come un

salvataggio, necessario - e forse anche concor

dato

dalle singole delegazioni

di

ogni parte interessata -

per

uscire da

un emergenza eccezionale e trovare

un

equilibrio che do ttori, studenti e

Comune non

riuscivano a darsi. Porse og

nun

o auspicava che la soluzio

ne

papale fosse transitoria, efficace p

er

uscire dalla crisi, ma perciò stes

so provvisoria, in quanto non considerata

come

espressione di

un

pro-

getto accentratore del papa. Non mirava a finalità diverse da quelle

esp resse. Anche se

c e

ra grande attenzione e premura interessata verso i

due massimi sacrari della cultura, Parigi e Bologna; anche se

papi

(Ales

sandro III e Innocenzo III

  ,

cardina

li

e vescovi si erano

formati

nello

2

5 Mi pare

di

aver chiarito questo aspetto della questione, anche nel con tes to storiografico

attuale, in

L evoluzione di

una

/unvone, cit., p.

149; e in

La figura

dell Arcidiacono,

cit.,

pp . 46-47.

Il

merito

di

aver riconsiderato

in

termini nuovi

i

disposto papale

è

stato

di

P. WEIMAR,

Zur Doktorwiil de der Bologneser Legisten,

in

Aspekte europiìisci:Jer

Rechtsgescbichte (Fesrgabe fur

H.

Coing zum 70. Geburstag · lus Commune,

Sonderhefte

17

, Frankfurt

am

Main

1982

, pp. 421-443, pur con il limite, da me cri

ticato, di interpretarlo come conferimento di un potere ad

personam

al solo aròdia·

cono Grazia.

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34 L. P AOLINI

Studio bolognese come studenti e docenti , e se

mpr

e più ciò avvenne in

seguito;26 anche se le

Com

pilationes antique

di

decretali papali - la III del

1210 di

Gi

ovanni di Galles, la IV dell216 di

Gi

ova

nni

Te

ut

o

ni

co, la V

del 1226 de ll  a rcid iacono Tancredi  7 - e il Liber Extra del 1234

di

Raimondo di Pe

fi

afort, erano ope

ra di

do

tt

ori canonis ti dello Studio

ed e

ran

o inviate nelle sc uole p erché fossero

studiat

e e

int

e

rpr

etate

«ad communem omnium et maxime studenrium utilitatem» , come si

espresse I

nn

ocenza IV n e

l125

3 inviando alc

un

e sue decretali;2s anche se

dai maestri bolognesi ci si atten

de

va un sostegno intellettuale contro

le

eresie del mome

nt

o - si pensi al civilista

Va

cario

e

al maestro

di

fil

oso

fia

e d arti Moneta da Cremona 9 -; anche se l affinità, an zi la connaturalità

fra

Chi

esa ed a

lta

scuola erano c

hi

arame

nt

e avvertite nell am

bi

e

nt

e uni

versitario bolognese: «Se gli uomini di scuola [maestri, vù·i sc

ol

astici)

non fossero amati dalla Chiesa, parrebbe un fatto contro

natur

a, soprat-

26) Vedi, al proposito, VASlNA, o "studio"

nei

rapporti

coLle

realtà

ciuadine,

cit

.,

pp. 38-4

6;

ID

.

Bologna nello Stato

della

Chiesa:

autorità

papale,

clero

locale,

Comune e Studio

fra

XIII e

XN

secok>, in

Cultura universitaria

e pubblici poteri a

Bok>gna, cit.,

in

particolare

alle pp. 138-150; ID . 

La

Chiesa

ravenna/e nei suoi rapporti con lo Studio bok>gnese dal

X1l al XIV

secolo, in

tmeo

e

Chiesa

di

Bologna, cil., in parLi

co la

re alle pp . 96-1

04 ;

e

anche

Io., Chiesa e comunità dei/edeli nella diocesi di Bologna dal X

II al XV secolo,

in Storia

della

Cbiesa di Bologna,

a cura di

P.

F rodi

e

L. Paolini,

I,

Bologna

1997,

pp . 113,

11

9-120, 124-125.

27 Vedi, su ll 'argomento,

E

CoRTESE, Le grandi linee della storia gim·idica medievale,

Roma 2000,

pp

.

339·343.

2

8) Cf. d

explicandos nodos, 9 set t.

1253, lettera innocenziana

in

viata

all

' arcidiacono

Filippo:

«.

.. Co

nsLiwtionum

et

Decretalium episwlarum principia

.

.

Libi

competenti

bus

as

signara titulis duximus transmittend

a:

mandantes quatenus ea m

ag

istris et

~ r i b d

ili

gente r exponens ex parte nostra distincte prohibea

s,

ne qu is alias sub

nost

ro

nomine edita vel edendas, in judic

iis vel

in scholis admirrar absque ma

nd

ato

Sedis apos

rolice

speciali»,

in

SARTI

· FATIORINI, De

claris

Archigymnasti"

Bononiensis,

c

it.

,

TI, pp. 174-175 .

29) Sulle loro opere

di

controversistica,

vedi LARINO DA

MILANO,

L eresia di

Ugo

Spe-

r

oni nella

con/uta::.ione del

maestro Vacario, Città del Vaticano 1945;

G G

MERLO,

Ugo Speroni: le

ragioni

della grazia

divina e dell intelletto umano,

in ID.,

Eretici ed ere-

sie medievali,

Bol

og

na 1989, pp. 63-67;

MONETA

DA R

EMO A, Summa adversus

Catharos et Va denses,

ed.

Th.

Ri

cchini,

R

om

ae

17

4

3.

Matera pro tto oa copynght

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La Chiesa

di

Bologna

e lo Studio nello

p ·m

ntetò del

Duecento

35

tut to

co

nsiderando che

è

co

mposta da essi e

si

basa su di essi

.. L orda

scholasticus è

specchio della Chiesa».

Jo

Nonostante tutto questo, mi sembra una forzatura vedervi una strate

gia accentratrice che mette le mani sullo Studio per controllarlo e tr

a

sformarlo in stmmento funzionale alla ierocrazia papale. l controllo

specifico era la selezione agli esami (examinatione prebabita diligentt); e

fu

la prima volta che

se

ne parlò nello Studio bologne

se

. In questa

fase,

dunque, mi pare che la Chiesa abbia avuto un ruolo di mediazione e di

garanzia; c non abbia attuato quella riforma così innovati

va

per sé o pcn-

,

sando al proprio tornaconto.

E

in tale prospettiva che

va

letta l a

ppr

ova-

zione dei nuovi statuti del 1252 - i primi di cui si abbia memoria -

dell Università degli

sco

lari, data da Innocenza V nell253 che li giudi

ca

salubria)

licita et bonesta, ed incarica l a rcidiacono Filippo e

il

dome

nicano fra Daniele di farli os

servare media

nt

e i consueti strumenti de

ll

a

coercizione ecclesiastica; con riferimento

ai

r

et

tori e agli scolari, che già li

avevano

giu

rati, c soprattutto alle autorità comunali e ai dottori, perché

non

vi

si opponessero

in

nulla.

JJ

Una

ri

conosciuta fonte medievale del

diritto convalida la normativa della nuova istituzione emer

ge

nte e preva

lente nello Studio e ne ratifica i caratteri intrinseci, giuridicamente ed

eticameme positivi, cioè buoni, leciti e giusti; e dispone che

la

sua appli

cazione non sia

disattesa.

Si

conclude in tal modo quel processo di paci

ficazione, iniziato un trentennio prima: ora l autonomia de

ll

o Studio e la

libertas scholorium,

sono raggiunte con forme ri

co

mposte.

Jo La

consapevolezza

del

particolare statttS e della funzione è chiaramente presente, ad

esempio, in BONCO:-.•

PAGNO

DA

SIGNA

cf. Retborica antiqua, passo citato dal

DE

VERGOTITNl,

T o

Studio

di

B

ologna,

cit.,

p.

80

nota

1):

<<Ordo

quippe schol

ast

icus

est ccclcsic spcculum, bcrericorum rcpagulum, organum sapientic et candelabrum in

altissimo residens .. Vidererur ergo res in alteram verti na turam, si viri scolastici ab

ecclcsia non diligerenrur, maxime

cum ex ipsis

et in ipsis consistere vidcatul >.

Jl)

Cf.

il

ecti

/iiii

12 gennaio 1253, in SARTi -

FAITORINI,

e claris Archt gymnasii

Bononiensis,

cir., II , p. 174 : «Dilecti illii, Rectores et Universitas scholarium bono·

niensium quedam dicumur edidisse Statura salubria er honesra, qtJe ad utilitatem ec

bonum srarum ipsomm redundare noscunrur; ad quorum obser

va ri

onem

se

, jura

mento prestito, obligarunt. Nos itaque, ipsorum supplicationibus, i..ncllnati, manda·

mus quatenus Statu ra ipsa, prout sunr

li

cita et honesta,

aucLOrita

re apostOlica confir

mantes,

ca

f

ac

i

atis

fumirer

observarÌ>>

.

Mat r a pro tto oa copy

ght

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36 L. PAOLINI

Ma va detto che

il

quietarsi delle tensioni dialettiche e

il

ragg iungi

mento di una fase di eccezionale splendore dello Studio intorno alla

metà del Duecento

l

'e tà di Accursio e di Odofredo;

in

corrispondenza

con la

massima

espansione territoriale e potenza politica ed economica

d

ella

città, alle quali contribuì

in

modo decisivo

il

legato papale Ottavia

no Ubaldini, già arcidiacono dal 1236 al 1244 e procurator della Chiesa

bolognese n

-

nonostante i disordini politici del 1244, l'uccisione del

decretalista Garmondo e il ferimento di molti dottori e studenti,33 non

dissiparono intorno

alle

funzioni dell'arcidiacono una dissimulata ambi

guità di valutazioni, foriera delle liti future fra dottori e arcidiacono a

partire dall270 e ricorrenti poi fino al Settecento. Da una parte

si

tace

va comple

tam

ente di lui, negU statuti comuna

Ji

come

in

quelJi dell'Uni

versità, poiché nella

Cum sepe

contùzgat non era detto chi dovesse fare

il

«diligente esame», tradendo, io credo, la convinzione di una sua provvi

sorietà e comunque

marginaliLà.

Da parte

invece delJa

decretalisrica, a

commento del privilegio di Onorio III, si taceva dei dottori e dei loro

collegi esaminami e giudicanti, e si estendevano le competenze arcidia

conali a presiedere sia l'esame pr ivato che quello pubblico.J

4

Tanto che

nel decreto sulla

licentia ubique docendi

del 1291 Niccolò

V

poteva

dire: «Chiunque della vostra Universi

tà ...

verrà esamin

at

o e promosso

dall'arcid iacono di Bologna, come è stàlO finora osservato, e otterrà da

lui la licenza all ' insegnamento in diritto canonico o civile, da

al

lora,

n

T

Cardinale meriterebbe di essere studiato dj sana pianta, soprattutto per la sua

azione in favore della città e

deJ

la Chiesa di Bologna.

Si

veda, al momento,

A PARAVTGNT BAGUAJ'.:T, Cardinali di curia e /amiliae cardinalizie da/ 1227 a/1254,

Padova 1972 (Italia Sacra, 18-19), pp. 279-299; e le brevi valutazioni da me fatte

in

La figura dell'Arcidiacono,

cit., pp.

58-59.

H Su questi nuovi disorcliru, vedi Rossi, «Universitas schoklrium»,

cir. pp.

205,215-217.

34) Ho rilevato, credo opporrw1ameore, questa doppia e autonoma normaciva, sorretta

rispettivamenre dalla civiJistica e dalla canonisti

ca, in

L'evoluzione di una unzio11e

cir.,

pp. 155 nora 59, 168.

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La

Chiesa di

Bologna

e lo Studio ne

llo p 7

·ma ntetò del Du

ecento

37

senza [ulteriore] esame e promozione pubblica o privata... abbia libera

facoltà di insegnare ovunque».n Ma è storia successiva. Se per cin

quant anni l istituzione dei poteri dell arcidiacono nella fase più delicata

della vita dello

Stud

io non sollevò obiezioni, né suscitò opposizioni,

sono convinto che fosse

per

un accordo non formalizzato né scritto fra

lui e i professori su compete

nz

e divise: lo sdoppiamento, da sub ito, dell

esame finale

36 - da unico qual era - in

privotum

e

publicum

o

convelttus,

lasciava intatte le competenze e il potere di controllo scientifico dei do t

tori nella prin1a fase (il tradizionale examen), c riservava all arcidiacono

l onor

e e la funzione di

pr

esie

der

e

il

momento della cerimonia di laurea

nella cattedrale di S.

Pietr

o, scandita dalla solenne

pr

esentazione del

candidato

(setmo orcbidiaconi),

dalla

pr

olusione del laureando - talvolta

penosa, come è documentata da Boncompagno da Signa n -, dalla conse-

35

) Cf. Du

m attente

consideratio11is

18

agosto 1291

,

in SARTr - FATTORINI,

De

clarir

Archigyrnnasii Bononiensis

cit., II, p.

19:

« . quicumque ex Universitate vestra apud

civitatem predictam per Archidjaconum bononiensem,

v

el eius

Vi

carium, prout est

ibidem hactenus

ob

servatum, examinatus et approbatus fuerit, et docendi ab eo

licentiam obtinuerit in jure canonico vel civili , ex tunc absqu e examinatione

ve

l

approbatione pub

li

ca,

vel

privata, aliquo, ve abo nova principio regendi atque

docendi ubique locorum extra civitatem bononiensem preructam liberam habeat

fac ultatcm».

J6) La ricalibrarura storiografica sullo sdoppiamenro dell esame finale, che fa pulizia di

luoghi comuni indimosrrati e trascinati da lungo tempo, è stata da me operata in

a

laurea medievale,

cit.,

p.

144;

in L'evolu:.ione di una funzione,

cit., in particolare

alle pp. 164-168;

.in La igura dell'Arcidiacono,

cit., pp 40-41.

n ) C

f

Rethorica antiquo,

I, ed. parziale in

V.

PINI,

Testi riguardanti

la

vita degli studenti

a

Bologna nel

sec.

XIII, Bologna

1968,

p.

29:

«talis celebr

av

ic

co

n

ve

nticulum non

conventum, in qua sedit tamquam byrcus in catbedra, et «rabbi» fuit derisorie

appellatus, quia non erat pu

er

qui sibi de guoUbet sophlsmate non concluderet

manifes te , et ipse in

ob

iciendo procedere non sciebaD>. L 

exemplum

rerorico aveva

un reale fondamento rifcribilc a casi accaduti,

c

non era mcramcntc fittizio, come

è

attestato dal

Liber secretus

del collegio civiHstico, ad esempio il 15 ottobre 1411:

<<Fac

ta

fuit

vi tu

perosa publica

sive

conventus dominorumJohannis et Angeli filiorum

Anù1onii de PoeLis... obrobrium hominum et abiectio plcbls .. Nuncquam fac ta ftJ.it

tam ygno

mini

osa publica: in omnibus e

nim

fecerunt miserias, quia

va

lentes nedum

sum

, ymmo chaos ygnoraotie» (c f.

A.

SoRBELLI,

l

Li

ber secretus iuris cesarei

dell'Università di Bologna,

I,

Bologna

1938,

p.

198).

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38

L.

PAOLINI

gna del libro e del berretto, dall osculum pads, dalla benedictio doctoris e

dalla proclamazione del

doctor.

Momenti sì distinti, ma

condizioni

entrambe necessarie, e per l attribuzione di un valore giuridico alle hm

ree e per la stessa ragione

poliLica

dello Studio, come testim onia il fa lso

Privil

egio

teodosiano,

composto intorno al 1225 - Pini lo attribuisce in

via ipotetica al maestro di

ars dictaminis

Guido Fava 38 - , come risposta

interna alla fondazione dello Studio di Napoli o

al

successivo

band

o

imperiale con decreto di soppressione dello Studio bolognese, revocato

da

Onorio

III

nel 1227:

J

«Se uno avrà raggiunto la dignità dell inseg

namento

ma

non

avrà

rice

vuto

il lib ro per insegnare dall  a rcidiacono della chiesa maggio

re

,

anche se

fosse

stato promosso dai dottori

di

una

qualsi

as

i

facoltà, lo priviamo della stessa

dignità

e potere>>.

4

o

E quando

nell270

l  arcidiacono Ruggero Ubaldini volle intrometter

si nell  esame privato, i civilisti reagirono duramente, facendo appello a

un diritto tutelato dalla norma -statuti comunali del 1250 - e dalla con-

38 La datazione tradizionale artribujta a questo famoso falso era compresa fra il l 226 e

il

1234

G. FASOLI, Il falso privilegio

i

Teodosio per lo Studio

i

Bologna,

in

fiilschungen in Mittelalte

r I, Hannover 1988 (Monumenra Germaniae Historica,

Schriften 33), pp. 627-641). A. I.

PINI,

Federico Il Lo

Studio di

Bologna

e il

«falso

Teodosiano»,

ora

in ID., Studio, università e città,

cit., p.

76,

ipotizza una composizio

ne

farra

dal derrarore Guido Fava fra l apr ile

e

l agosto 1225. Per una prima informa

zione, vedi F.

ROVERSI

Mo

ACO,

l

Privilegio Teodosiano,

in

Petronio e Bologna.

L

volto di una storia

Bologna 2001,

pp. 65-69.

39

Sul

lodo papale dcl5 gennaio

1227,

vedi

A. GAUDENZl, a costituzione di Federico

cbe

interdice lo Studio bolognese, in

«Archivio storico italiano»,

s. V,

XLII (1908),

pp. 353-354. l testo del lodo si

può

leggere in

SARTt -

fATTOR

i

l, Dc

cfaris

Archigymnasii Bononiensis,

cit., II, pp .

.37-.38

.

40) Cf. G. FASOLI- G. B. PIGHJ, Il privilegio

Teodosiano.

Edizione miica e commento, in

«Studi e Memorie per

la

storia deli Universitit dj Bologna»,

n.

s.,

1966),

p. 62:

«Si

quis

ad

magistratus dignitatem pervenerir er librum ab archidiacono maioris

ecclesie non susceperit magistralem quamquam a peritis cuiuslibet facultatis fuerit

approbaLus

ab

i

psa

digniLa

Le eLdominio privamus».

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7/18/2019 Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna

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La

Chiesa

di Bologna e lo Studio nello p 7·ma ntetò del

Duecento

39

suetudine: <<ram

de

iure, guam de consuetudine dudum [cioè

da

lungo

tempo] obtenta, hcc ad se spectare i c e n t e s »

Per comprendere in m

odo

compiuto il ruolo della Chiesa locale - nella

figura dell arcidiacono - e del

papato

ritengo che vadano anche fissati e

chiariti i termini di continuità e discontinuità, fra XII e XIII secolo, nelle

relazioni fra le tre istituzioni che definiscono

in

modo precipuo l identità

bolognese: Comune, Chiesa e Studio. Rece

nt

eme

nt

e ho poturo eviden

ziare come i rapporti fra il Comune e la Chiesa locale, durante tutto

il

XII

secolo, fossero sostanzialmente improntati a

u11a

strategia solidale,

il

cui obi

et t

ivo comune era l autonomia politica dall  impero e l au tonomia

giurisdizionale ecclesiastica

da

a v e n n a ~ Nella seconda metà del secolo

anche lo

Studio

era stato inserito in questo progetto

comp

lessivo, al

quale però, data la frammentarietà delle scuole, aveva

potuto

dare

un

apporto

solo personale e limitato dei dottori.

4

3 La testimonianza

più

4

 )

Parte della lite, di cui non conosciamo

la

conclusione, ven ne raccolta e formalizzata in

verbali notarili, registrati nel

MemoriaLe

12

70,

c.

8r

-v

dell Archivio di

Sraro

di Bologna,

con un resto edito da

SARTI

-

FATIORINI, De claris Archi'gymnasii Bononie11sis

cit.,

II,

pp. 56-57:

<<predicti

doctores dicunr

se jus

habere

in

examinationibus faciendis pro

movendorum ad honorem magisrcrii in jure civili tam in scrutiniis et presemationibus,

ac axjgnationibus puntorum, quam

in

aliis, que in examinationlbus et promorionibus

requirumur tam de iure, quam de consuemdine dudum obrenta, hec

ad

se speccare

dicenres; que omnia dictus dominus Rogerius adnegat, dicens ad

se

solum et ad offi

cium et clignitatem Archidiaconatus spectare» p. 57). Sulla rissa e sulle percosse infer

te al

vescovo

bo lognese, all arcidiacono Ruggero Ubaldìni di trista fama dantesca) suo

fratello, ai canonici e ai loro servirori, durame la celebrazione della messa nella catte

drale

di

S.

Pietro,

il

14 luglio

1270,

vedi

L'evo luzione di

una

funzione

ecclesiastica,

ci

r.

pp.

170-17

1, dove sono indicati i

nomi

dei famosi civilisù bolognesi implicati .

< ~ 2 Cf.

L PAOLlNI,

Chiesa,

città e Studio: l 'invem;ione

deLl'ide11tità boLognese, in

Vitale

e Agricola rrsancti'

doclores

.

Città, Chiesa,

Studio

11ei

testi agiografici del

X secolo,

a cura di

G.

Ropa e

G

Malaguti, Bologna 2001, pp. 85-102.

43) Sul ruolo dei giuristi, vedi

J.

FRIED,

e Entstehung des Juristenstandes im

12.

Jahrhunderl. Zur sm:.i'aLen Stellu11g und poli'tischen Bedeutwzg gelehrter Juristen in

Bologna und

Mode11a, Koln, \YJien 1974, in particolare alle pp. 115 -120. 130-137,

144-157;

e

R. fERRARA,

La

pratica del sapere. Dottrina ed esperienza di governo a

Bologna

(secoLi XJJ-XfTI , in

L'Università a B

ologna

. P

ersonaggi, cit., segnatamente

alle

pp. 6

1-

6.3.

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40 L

PAOLINI

consapevole del processo identitarie cittadino

è

rappresentata da

un

testo agiografico, la Vita sancti Petronii

(1177-1180),

scritta da

un

mona

co di Santo Stefano con l ' intento di indiv

idu

are e sostenere la figura

di

santo

patrono

più

ada

tt

o per la realtà bolognese , ovvero la tutela, il

patronato e la rappresentatività civica religiosa di ognuna delle tre istitu

zioni e condivisa dal lo ro insierne.44

L'unico a centrare l obiettivo dell\mtonomia fu il Comune; la

Chi

esa

forma lm

ente

vi dovette rinunciare , anche se non venne

mai

meno la

competizione con la pr

op

ria metropoli,

superando

la nel Duecento

per

importanza con

l app

oggio del

papato.

Me

ntr

e sul fronte

int

e

rn

o, nel

l arco di oltre quindici anni (1215-1219, 1220-122 1, 1230-1233), Co

mune e Chiesa furono in lite

per

l'autonomi< giu

ri

sdizionale, civile e cri

minale, di

quest ult

ima sulle proprie terre e castelli.

4

5 Lo Studio,

per

ini

ziativa delle organizzazioni studentesche e con il sostegno della Chiesa,

poté raggiungere la propria a

ut

onom ia verso la me tà del Duecento:

emb lematicamente, nel

1250

agli studenti stranieri fu riconosciuta la

condizione di cives per la loro persona e per la custod ia dei loro beni.

4

6

La

sfasatura cronologica del processo

di

autonomia dello Studio, m

oti

vata anche dalla sua l

enta

trasformazione da insieme

di

scuole private in

isLituzione

pubblica

unitaria, rispe uo a quello politico ed ecclesias tico, al

di

là dei disordini e della crisi interna, segnò il brusco passaggio da una

fase converge

nt

e e solidale (XII sec.) ad una divergente di ricerca spa

smodica

di

autonomia. Tutto

l

primo Du

ecen

to fu segnato da questa

tensione, e il nuovo equilibrio istituzionale sanzionò il recupero comple

to dello Studio, unica istituzione in ritardo.

44) Su questa fonte agjogra6ca, oltre aJ sottoscrjtro

in

Chiesa, città e Studio cir., in parti

colare alle

pp.

94-102, l i è recentemente interessato A. L PINI, Un agiografia «mili-

tante»: San

Procolo,

San Petronio e il patronato civico di

Bologna

medievale ora ln ID.,

Ciuà,

Chiesa e culti civici in

Bologna

medievale,

Bologna 1999, pp. 251-279.

45) Si veda, al riguardo, HESS

EL,

Storia della città di Bologna cir. , pp. 207-212 ;

L PAOL Nl,

Della Fratta Enrico,

in

Dizionario biografico degli italiani 37, Roma 1989,

pp. 1-5;

A. I

PiN

I,

Proprietà vescovi/i e comune di

Bologna,

ora in

ID., Città, Chiesa

e

culti civici

CÌL,

in particolare alle

pp.

185-191.

4

6

Vedi

Hl.:ssEL,

Storia

della

città di

Bologna, cit.,

p.

223; c RossJ,

«Universitas scholarium»,

CÌL,

pp.

202·210.

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La Chiesa di Bologna e lo Studio nello p 7·m ntetò del Duecento 41

Infine, l interpretazione

da

me proposta

di

un ruolo

di

mediazione e

di garanzia della Chiesa, che rovescia

il

significato dei suoi interven ti,

non già mortificanti la libertà e l autonomia dello Smdio -così , casomai

il Comune - bensì orientati a darne una versione solida, condivisa e mul

tilaterale, ancorata al papato,

non

in balìa

di

pressioni e minacce interne

e loca

li

o esterne, a esercitare un arbitrato permanente che impedisse

sopraffazioni o incorporazioni, questa

int

erpretazi

one

trova conferma

(io credo) nella scelra della figura ecclesiastica, cui fu conferita la funzio

ne di «chiave di vo l

ta>>

dell autonomia dello Studio entro il sistema delle

altre autonomie. L arcidiacono -

mogister

Grazia, così come

il

magister

Tancredi, e come a fine secolo

il magister

Guido da Bai

so-

sce

lt

o diretta

mente dal pontefice;n rappresentò meglio

di

chiunque altro tale coordi

namento superiore. Meglio del vescovo, come

awenne

nelle altre uni

versità italiane ed europee. Il vescovo, anzi, a Bologna, la figura notevole

di

Enrico della

Fratta non

avrebbe potuto rivestire quel ruolo, non

aveva i requisiti

di

uomo

e

autorità sopra le parti come le circostanze

richiedevano: era parte in causa, per la lite con il Comune, nella quale fu

coinvolto anche lo Studio da Gregorio sospeso

per

quattro mesi dopo i

dieci

mesi

di esilio volontario;

ed

era un fedelissimo del1 impero.4s

L arcidiacono, invece, emancipatosi dall esclusiva funzione vicaria del

vescovo con il pieno sostegno papale,

  9

o era un canonista di fama, gra

dito

al

papa e ai dottori, stimato dagli studenti; o era un personaggio

pubblico come Ottaviano Ubaldini,

il

quale, benché

di

famiglia ghibelli

na, nella politica interna bolognese si era proposto e imposto come me

di

atore politico fra il comune nobiliare podestarile e quello

di

popolo,

favorendo la necessità della coesione e dei compromessi. E Bologna gli

4

7 Approfittando di situazioru eli

vacanza

o di disaccordo fra il Capitolo delia cattedrale

e

il vescovo, come ho sottolineato in Ùt

figura dell Arcidiacono,

c:iL. pp. 50-51

nota n.

45.

4

8) <<D

ilect

um

fidelem principem nostrutm> , lo definisce l imperatore Federico TI nel

diploma incliri

zza

togli

l

25 novembre 1220

(cl. J

·L.

A.

HulLLAJm BRÉHOLLES,

Hist

oria

diplomatico

Frzd

erici secundi,

TI/ l , Parisiis 1852, p. 28).

4

9) Se ne veda

la trasfo

rmazione

dalla

seconda metà del XII secolo alla prima metà del

Xlll

,

in

L

evoluzione di

una

funzione ecclesiastica

ci

t.,

in

panicolare

alle

pp.

12

9-137.

Mat r a pro tto oa copy ght

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LE SCUOLE DEI LEGISTI

ALL INIZIO DEL DUE ENTO

LUCA

LOS

CHlAVO'

43

l L'arrivo di Domenico a Bologna, la fondazione della comuni tà dei

Frati Predicatori e il progressivo, profondo radicamento di quest'ultima

nel tessuto della città

1218-1250),

coincidono con uno dei momenti

senz'a

ltr

o più vivaci e intensi - per non dire incandescen ti - della vita

dello

studium

bolognese. Nei

primi

decenni del

Du

ecento, Bologna si

co nfe rma la regina riconosciU[a dello stud io e dell' insegnamento de l

diritto. Varie scuole si co

nt

endono un numero impressionante di studen

ti:

si parla per quest'epoca

di

circa mme schoLares residenti

in

città. Tra

gli in segnanti figllfano personaggi di notevole caratura, alCLmi dei quali

vanno anzi senz'altro annoverati tr<:l

i

più grandi giuristi d ogni tempo.

Vo le

nd

osi limitare ai soli

Legisti -

questo è

il

nome che si danno coloro

che Lengono le cauedre di

ius

civiLe,

va

le a dire del diritto romano giusri-

'' )

Un

ivers ità di Teramo.

1

) Secondo una Lestimonianza di Odofredo, all'epoca

di

Azzone vi sarebbero stati in

Bologna

X.

milia

studenti; cf.

N

TAMASSI

A Odo/redo. Studio storico-gùm dico,

ora

in

Io

.

Scritti di ston <z giuridica, IT Padova 1967

pp.

385-46 qui in

particolare

pp. 412 ss.

Un

numero

così

esorbita

nL

e è naturalmente difficile

da

creder

e. Co

n maggiore pro

babilità si può credere invece a un errore di trascrizione risp

erto

a un'indicazione

orig1naria di

un numero - comunque elevatissimo - di

mi

lle studenti;

cf.

H.

LANGE,

Romi

sches

Recht im Miltelalter.

I

Die Glossatoreu Miinch

en

1997 ,

p.

39

nt.

21.

Matera pro tto oa copynght

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44

L. LOS

CHIAVO

nianeo -

è

sufficiente rico

rd

are i nomi di Azzone (...

1190 - 1229...),

2

U

go

l

in

o

dei

Presbiteri(

.. 1197 - 123 3 ..) 3

Iacopo Balduini (

.. 1210 - 1235),4

Accursio

... 1213

1259 ...

)

e Odofredo

. .. 1234

1265).6

Dopo

un secolo di vita , tuttavia, la scuola

di

diritto fondata da

Imerio attraversa sotto vari aspetti

un

momento cruciale. Pur potendo

ancora vantare una superiorità «moral

derivante appunto dall essere

erede diretta del magistero della lucerna iuris

(come ormai tutti defini

scono

Im

erio), la scuol

a,

o meglio,

le

scuole bolognesi si trovano ora

al

centro di una serie di attacchi portati dall  es terno come dall interno.

Negli anni

che

segnano

il

passaggio tra

il

XII e

il

XIII secolo, Bologna

conosce infatti

in

rapida successione l emergere prepotente della co

m

ponente

studentesca e quindi l inevitabile scontro di questa con

il

Comune, a sua volta determinato a esercitare un controllo sempre più

invasivo sull attività delle scuole.7

Alle vicissitudini interne

si

aggiungono

2) P. FtoRELLI v.

Azzone,

in

Diz. Biogr.

ùgli ltaL., vol. 4 1 962), pp. 773-781, e ora

LANGE m. l) pp. 255 -261.

La

data j morte - tradjzionalmente posta

al

1220 deve

forse essere posticipata

in

base all orazione

di

presentazione di un

ca

ndidato a

ll

 esa

me

di

doLLoraLo scoperta ed edita da

E.

Conte

(Un senno pro petendis

insignii ;

ul

tempo di

Azzone

Bagarotto, in

RSDI 60 [1987J pp. 71-86)

e

da cui parrebbe infaLti

pote

rsi ri

cavare che Azzone

fosse

ancora vivo nel1229

.l LANGE (nt. 1), pp. 271 -274.

4)

Dopo la voce

di R.

Abbondanza per il «Diz. Biogr. degli

ltal.» (vo l.

5 [1963]

pp.

521

-525), si vedano ora N. SARTI, Un giurùta tra

Azzone

c Accursio. Iacopo

di

Baldt1ino (1210-1235 e il Juo «Ltbellus imtructionum advocatorum», Mi

lan

o 1990,

pp.

1·5 e ID.,

Sull identità del «dominus

Ia

cobus quod Ianu

ae

in

equ.o

armatus tulit

sententiam». Intorno a una

nuova

/onte, in

RSDI

62

(1989) pp. 363 -382 e, finalmen

te,

LANGE (nt.

1

),

pp. 286-290.

5)

P.

FIORELLI, v. Accorso, in

«Diz. Biogr. degli

Itai.>>, vo

l. l (1960),

pp.

116-121; L ANGE

(or.

1),

pp. 335 -385 .

6) Oltre a TAMASSIA (nt. l ), v. ora LANGE (nt.

1),

pp. 323-334.

7) Cf.

in

particolare G. Rossi,

«Uniuersitas scholarium» e Comune (Sec. XII-XI\1),

in

«S tudi e Memorie per la Storia dell Universjtà di Bologna», n. s. I, 1

955,

in parricola·

re pp. l

-53

dcll cstrauo. D<t tale scontro, i cui toni sono spesso aspri c che si prolun

ga per parecchi decenni, esce ben presro ridimensionaro

il

ruolo dei docenti: pur

continuando ad essere onorarj e riveriti dagli srudenri per la loro sapienza, essi per

dono tuttavia

qucll auctoritas

che compeLcva al

macsLro (dominus) nei

confronti del

l apprcndisra c c

he

i lcgisti delle prime generazioni si erano scnz altro visti riconosce·

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Le scuole dei legisti all inizio del Duecento 45

poi

il moltiplicarsi delle attenzioni - non del rutto disi.nteressate

8

- del

pontefice e, di contro, l ondivago atteggiamento di Federico II che, a

metà

degli

anni

20, sfocia in ostilità dichiarata.9

E parso ad alcuno che, di fronte a tali vicende, l atteggiamento dei

professori bolognesi si sia caratterizzato per una certa remissività. Si è per

esempio

notato

come nessuno di loro

-conosciuto

o meno

che

lo abbiano

- faccia mai cenno al falso privilegio teodosiano il quale, dal canto suo,

dovette invece essere concepito proprio in risposta al bando federiciano

del

1226.

10

In realtà, non

è

del tutto

esatta l affcnnazionc

secondo la

re

dai loro

socii Jcholares; cf. G. CE..\JCETn, l oro degli scolar

i t1egli s t ~ t i

medievali ita

liani,

in lo., Lo studio di B

ologna. Aspettz;

momenti, problemi (1935-1970),

saggi

raccol·

ti a cura di

R.

Ferrara- G. OrlandeUi. · A. Vasina, Bologna 1989, p. 97 già in <<Atti e

Memorie della Dep. di Storia pau·ia per l

 E

milia Romagna», [1939-1940]) e quindi

E.

CORTESE,

i rinascimento giuridico

medievale, 2•

ediz., Roma

1996,

pp. 43

-45. I

doc

to

res legum, pur provando a reagire sostenendo

la

non legittimità

de

ll  elezione dei

rettori da parte degli studenti

la posizione sostenuta da Giovanni Bassiano,

Azzone, Accursio e Odofredo sia sulla base della const.

Hahita sia,

soprattutto,

del

Codice di G

iu

stiniano; cf. R

OSSI, Universitas,

cit., pp.

19 ss.),

finiscono con il trovarsi

sottoposti a un duplice condizionamento: quello

dell

 universùas

scholarium

che vin

cola sempre più pesantemente tempi

e

modi dell  insegnamento e quello dd Comune

che impone loro,

già

dal 1189, un giuramento che li impegna a non insegnare al di

fuori della città e

a

prestare colhborazione alle istituzioni cinadine < ~ l di là della

vicenda di Pillio da

Medicin11,

il primo episodio sicuro è quello relativo

al

cremonese

Lotario; cf. da ultimo

L.

LOSCHIAVO, v. ÙJtario da Cremona, in <Diz. Biogr. degli

Iral.»,

vo l.

66 [2006], pp. 179-181, con indicazione di ulteriore lcrrcratunt).

s) È Onorio

III

in particolare a farsi interprete della resistenza che

gli

scolari oppongo·

no

i

provvedimenti del Comune limitaLivi della libertà e delle prerogative loro.

Per il significato dci suoi interventi (del 1211 , del l 217 c, soprattutto, del 1219) si

rinvia scnz altro

al

testo della relazione del prof. Paolini in questo stesso convegno.

9

) L imperatore, desideroso di punire la ciuà per la sua adesione alla seconda Lega

lombarda, interviene una prima volta nel 1226, interdicendo lo studio e l insegna

mento nella città emiliana

c

invitando sn1dcnri

c

docenti a recarsi presso lo Studio di

Napol

i.

Secondo il de Vergottini, Federico rendeva in

ta

l modo manifesto il disegno

di trasferire lo srudio come istituzione da Bologna a Napoli, un disegno che conti

nuerà a perseJ;,ruire con ostinazione sin quasi al termine del suo regno G. DE VER-

GOTTJNJ, Lo studio di Bologna, L'impero, il

papato,

Bologna 1954-56, ma d t. qu i dalla

rist. a cura di C. Dolcini per il CISAM,

SpoleLo

1996, pp.

52

e

59) .

lO)

Cf. G.

FASOLf,

l

falso privilegio di Teodosio per lo Studio di Bologna, in

«Fii.lschun gen im Minelalter» (MGH- Schriften 33 .

1)

, Hannover 1988, I, p. 638.

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46

L.

LOSCHIAVO

guale i legisti bolognesi non avrebbero mutato

il

tradizionale atteggi

a

mento

di

favore nei confronti dell istituzione imperiale e delle sue prero

gative assolutistiche.

11

Proprio nei decenni iniziali del

Du

ecento matura

infatti nelle scuole bolognesi (in quella

di Azwne

e, forse ancor più incisi

vamente, in quella

di

Ugolino) una diversa valutazione dell origine e del

l ampiezza del potere imperiale. Partendo da un differente apprezzamen

to del contesto storico, l giuristi cominciarono a riv

ede

re l inte

rpr

etazione

irneriana dell antica

ex regia

come definitivo trasferimento del

potere

originariam

ente

spettante al popolo. Lo stesso popolo, infatti,

di

gucl

potere avrebbe conservato

reliquiae.

In

o

ltr

e, n

on

di

alienazione si sarebbe

trattato,

ma di una

particolare estensione dell istituto tutto pdvatistico

della delega. E

il

delegante,

si

sa, del diritto cede solo l esercizio mante

nendo invece la titolarità e, con essa, la possibilità

di

revoca.I2

2. Ben maggiore preoccupazione,

in

ogni caso, dovette destare,

tr

a i

legisti bolognes

i,

l  attacco congiuntamente lanciato da un

num

ero sem

pre

crescente

di

scuole di

dirino

sorte in maniera repentina in

Itc:Ùi

a

come al di là delle Alpi. Come già era accaduto, in particolare nella

seconda metà del secolo precedente, molte

di

queste scuole ve

ni

vano

fondate

per

iniziativa degli organismi cittadini che, intravedendo le note

voli possibilità

di

sfruttamento economico che l arrivo

di

studenti poteva

g<

rantire,

f<:1ceva

no

og

ni sforzo

per

attirare a sé professori e studenti. I

d

oce

nti,

soprattutto

quelli

di

fama, venivano allettati

con

p romesse

seducenti

s

ia pattuendo stipendi versati dalle istituzioni comunali sia

promettendo

privilegi e incarichi

di

prestigio);

gl

i studenti er

<1no

attirati

con

la promessa

di

assicurare l

oro

condizioni di vira migliori di quelle

offerte

dall'alma mater

(si possono ricordare le migrazioni studentesche

da cui nacquero g

li studia

di Vicenza nel 1204,LJ

di

Arezzo nel1215, di

11

) Come a[erma per esempio

il

de Vergottini (nt.

9),

pp.

59 ss.

12 Su quesro complesso tema- che poi è quello della capacità derogatoria della consuem

dine di fronte alla

legge

impe riale - cf. soprattutto E. Co

RTESE

a norma

giuridica

, n,

Milano 1964 = 1995), pp. 122-138 in particolaJ·e pp. 130-133) e pp. 169 ss. {in par

ticolare

pp.

171-177).

1

3) Dove, sarà bene ricordare, assieme agli studenti si trasferiscono anche maestri di un

certo prestigio

come

Lanfranco e

Cacciav

ill

ano.

Mat r a pro tto oa copy ght

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Le scuole dei legisti all inizio del D

uecento

47

Pad

ova nel 1222 e

di

Vercelli ne

l122

8). Altre scuole sorgono invece per

dir

et

to interessame

nt

o d

eg

li imperatori o dei papi e possono quindi van

tare, a differenza di Bologna,

il

crisma dell ufficialità (Pederico II fonda

nel 1224 lo

studium di

Napoli e nel 1246 quello

di

Siena, Gregorio

IX

riconosce nel 1235 quello di Orléans e, nel 1248,

Innocenza

IV procla

ma

Piacenza

studium generale). H

Talune

di

queste scuole durano lo spazio

di un

martino, non vanno

o

ltr

e, cioè, la

durata

dell insegnamento

di

questo o quel maestro capace

di attirare gli studenti col solo prestigio del

propri

o nome.t

5

Altre però

riescono ad organizzarsi

in

mani

era più solida e

si

propongono agli stu

denti

con

un

tipo

di

insegnamento

che è

spesso

di buon

livello qualitati

vo

. Queste scuole - che

in

contrapposizione

all almo moter bo

lognese

sogliano essere definite come «minori» - attuano in realtà una concor

renza agguerrit

a:

l offensiva viene lanciata sia sul piano della didattica sia

su quello dei contenu ti.

Quant

o alla didattica, in alternati

va

al metodo

de

ll

a glossa - troppo lungo e faticoso - viene

pr

oposto il met

odo

brocar

di

co e un ben più ampio ricorso alle

quaestiones,

in particolare a quelle

cle

facto

che meglio consentivano rife

rimenti

al m

ondo

della prassi.

16

Prop

rio la maggiore attenzione

per i

tribunali e

per

ciò che accade

va

al

di fuo ri delle aule accademiche caratterizza queste scuole anche in rela

zione ai contenuti dell insegnan1ento. Vi si studia con particolare riguar

do l processo (

pr

oprio

il

diritto processuale era l settore della compila-

14

  Olu·e a P.

CLASSEN

, it

alienische Rechtsschulen auf,erhalb

Bolognas, in l o. U Fried

hrg.),

Ric/:;terstand und R

ec/:;t

swissemcha/t in italienischen Kommunen des

]ahrhundert, [MGH ·

Schriften,

28]

Sumgart 1983, pp.

29-45

, cf. per ulterio

ri

noti

zie e letteratura L

Al \G

E(nt.

l )

pp.

47-59.

1

5

Cf., per e

s.

,

M.

BELLOMO, Scuole giuridiche e

~ m i v e r s i t à

studentesche

i n

Italia,

in

L GARG t\N

l

O .

t ~ O N

curr., <<Luoghi c metodi di insegnamento ncU  Italia

medioevale

(seco

li XII-XIV)», Atù del Conv., Lecce-Otranto

6-8-10-1986,

G

al

atina

1989, pp. 128 ss.

16

) Ra cco l

te

di quaestùmes, specialmente

su

te

mi sin

goli, o p

ezz

i che

usa

oggi chiamar

trattati o trattatelli, mentre a

Bol

ogna

seJVono

solo da sfondo alle attività principaJj, a

Modena,

ad

Arezzo, a Parma, a Reggio e nella stessa

P

d

ova

deten

go

no

la

palma

trionfalmente»; così E. CORTESE, Scienza di giudici e scienza di pro/es.rori tra

X

e

xm reco/o,

in

«Legge, giudici,

gi

uristi», 1\rti del Conv. di Cag liari 18-21. 5. 1981 ,

Mil ano

1982,

p. 11

7.

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48 L . LOSCHIAVO

zione di Giustiniano che si mostrava bisognoso

di

maggiori adattamenti

perché risultasse adeguato al contesto contemporaneo). Soprattutto, poi,

si offre agli studenti la possibilità di coniugare lo studio di Giustiniano

con quello dei diritti concorrenti -

il

feudale,

il

longobardo e lo stesso

diritto canonico - che, sdegnosamente esclusi dalle scuole bolognesi

tutte concentrate sul so lo

ius civile,

po tevano tuttav ia apparire necessari

a c

hi

intendesse intraprendere le carriere fo rensi. n

3. maestri bolognesi non tardarono ad accorgersi del pericolo che

queste nuove istituzioni costiruivano e si diedero a p redisporre le o

pp

o

r

tune difese.

Su un piano che porremmo definù·e formalistico , essi presero spumo

dalla medesim

a,

antica leggenda sulla quale era stato imbastito il falso

privilegio teodosiano e che voleva la città di Bol

og

na dapprima distrutta

e poi rif

ondata dall imperatore Teodosio per ingiunzione di Ambrogio

di Milano. Insistendo sulla

di

gnità «reg

ia

» che la città avrebbe in tal

modo conseguito e sottolineando qua

nt

o

Gi

ustiniano stesso aveva detto

int roducendo

il

Digesto const. Orrmem, § 7),

i

legisti bolognesi pretese

ro di derivare non solo la legittimità della sola Bol

og

na (unitame

nt

e a

Roma e Bisanzio) a ospitare scuole di diritto, ma anche la facoltà di

dispensare agli studenti che superavano l esame finale il tirolo di

doctor

con le connesse prerogative e immunità.

1

s

1

7 Op . cit., p. 19 ss., e

se

mpre Cortese (n

t. 7 ,

pp. 27 ss. e poi

passim.

ta

La r

es

i

se

mbra essere sra ra sosrenura pe r primo da Giovanni Bass

ian

o, segu j

ro

poi da

Azzone e da

Od

ofredo; cf. specialmente Odofredo, iect. in consr. Omnem  §

bee

autem (ed.

Ju

D

ig.

Vetcr

is,

Lugduni 1550 = Bologna 1967, 4rb) e

io

D. 27.

l

6

de excusationibus, l

i

duas ; ed.

Ja

In/ortiati,

L

ug

dunj

1552 = Bo logna 1968, 52

rb

ca . fi. . Si vedano quindi N. TAMASSIA (nt.

l )

pp. 394 ss., U. GUALAZZL I, La scuola

giuridica

reggiana nel Medio Evo,

Mil

ano 1952,

pp.

59-62 e

15

4

ss.

e M.

BELLOMO

Saggio sull università n eli età del diritto comune, Roma 1992, pp. 138-

14

0. Circa l esa·

me finale sostenum dagli s

ru

denti bolog nesi che intendessero fregiarsi del

ci

talo i

iegum doctor, P.

WE IMAR

(Zur Doktorwurde der o l o g n s ~ Legisten, in

<<Aspe

k

re

eroplliscl1er Rechrsg

eschicl1te»

. Fest

ga

be fur H  Coing

[Ius

Commune - Sonderh

efre,

17]

Frankfurt a.

M. 1982,

pp.

421-443)

ritiene che esistesse

già

qualche anno prima

del

l emanazione de lla boll a «Cum sepe» da pan e di O norio lll (28. 6 . 12 19).

An alogamente L

ANGE

(n

t.

l ),

pp. 43 ss.

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50 L. LOSCHIAVO

cardico,

l

più ampio ricorso didattico a summae e quaeJtiones e la pre

coce (per Bologna) apertura verso i diritti conc

orre

nti

il canonico e il

feudale) e, più in generale, verso l mondo

dei

tribunali

Molte delle novità del

maestro

furono poi riprese e sviluppate dai

du

e gran

di

allievi

i

quali, tuttavia, solo

in

qualche caso

appaiono

fra loro

in

sintonia e

si vedono procede

re su

strade

parallele. Assai

più

spesso

intraprendono invece p

ercorsi

differenti

o,

se si vuole, alternativi. 

4. Azzone, per comincicue, si

muove

in più direzioni.

Per

un verso

egli semplifica, forse

oltre

illecito,

la

comp

lessa dialettica che a

partire

dal m

ag

istero

irn

eriano aveva per

corso

le varie

scuole

bol

og

n

es

i e la

riduce alla secca contrapposizione tra la

corrente

dei «gosiani» e

que

lla

d

ei nostri doctores.

  J

Tra

i primi

egli inserisce

anche figure che solo

impropriamente possono ricondursi in maniera

univoca all insegnamen

to dell alHevo

di

Imerio, Martino Gosia.

Si

tratta, in realtà, di personaggi

dorati ciascuno di grande spessore e spiccata personalità come Rogerio,

Piacentino, Cipriano,

Pillio.

Ad accomunarli

ai nostri occ

hi

è

piuttosto

l aver essi raggiunto i vertici della scientia

iuris insegnando

al d i fuori di

Bologna. Azzone non

perde

occasione per criticarli e

metterne

in

ridicolo

le t

eo

rie:  4 l rimprovero più fre

quente

-

rimpr

overo che, naturalmente,

è diretto anche contro

coloro

che

persistevano a

seguirne

gli insegna

menti

- è appunto quello di aver deviato dalla via maestra

inquinando

zz

Sulla «alrernarivirà» del magistero eli Ugolino e poi

di

Iacopo Balduini rispcrro

alla

linea costituita da Azzone e Accu r

sio, ba

insistito in maniera particolare M. Bellomo

di

cui

si

vedano

in

particolare

Sulle

tracce

d uso dei

«libri

lega/es»

1989)

e La

scienza

dei

diritto al tempo di Federico l

1992) (entrambi

i

cootribmi

si

trovano ora risran1pati

in

lo.,

Medioroo edito e inedito,

Roma 1997 rispettivamente

nei

voli. l [pp. 121-138] e Il

[pp. 37-62]).

2J Cf. CORTF.SE (n t. 21) pp. 77

ss.

24

) Si veda invece

il

ben diverso atteggiamento che, ad esempio, tiene Giovanni Bassiano

nei confronti degli insegnamenti

del

Piacentino: cf. E.

CoRTESE,

Lo «summula placuit»

piacentiniana e le aggiunte di Giovanni nel

ms.

parigino 4546, in «Scud i economko·giu·

ridici della Facoltà di Giurisprudenza di Cagliari

»,

44 (1963-64), Padova 1966,

pp.

339

-355, ora anche in In.,

Scritti (I.

Birocchi/U. Petrooio curr

.),

CISAM Spoleto

1999, I, pp. 233-247.

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Le scuole dei legisti all'inizio del Duecento 51

Giustiniano con eccessivi richiami alla cu

ltur

a delle arti

25

ovvero ispiran

d

os

i a concezioni equitative metagiuridichc. Altra colpa tipica di chi

si

poneva

fuori

della tradizione era poi

qu

ella

di

riconoscere eccessiva

importanza ai cosiddetti diritti concorrenti , vale a dire alle norme cano

niche,  6 a quelle feudalip alle longobarde  s o agli statuti.l9 Di contro ,

Azzone

is

crive i

pr

o

pri pr

ogenitori scientifici in una linea ininte

rr

otta

che, per il tramite del suo

ma

est ro, lo riallaccia direttamente al rigoroso

magistero di Bulgaro e quindi a quello di Imerio. Tale

pr

estigiosa tt·adi

zione non

è

solo

qu

ella che più fedelmente rispecchia il magist

ero

del

c

ap

oscuola. Secondo Azzone, essa incarna una dottrina che

è

più

di

un

sap ere tecnico

ma

si

propon

e come autentica sapientia,

aut

onoma e

autosuff

iciente p erché

escl

usivam

ente

fondata

sui

testi g

iustini

anei:

insomma una vera filosofia delJa pratica.Jo

E no

ta

l affermazione con cui Azzone rimprovera l allievo e amico Bernardo Doma

reo eli non riuscire a menere

da

pane la sua cultura letteraria pur quando si occupava

di

diritto:

ai

legisti infarti, sentenzia Azzone, «non licer allegare nisi Iusriniani le

ges»

cf.

in

proposito

CORTES

E

r

t. 71 p. 39). Sotto questo aspetto, potrebbe allora

SOf·

prendere

il

non trascurabile numero di citazioni aristol

cl

iche che si rin

ve

ngono negli

scritti azzoniani c che hanno colpire più eli uno srudioso (per esempio G. OTIE,

Die Aristoteleszitate

ir

der Clone. Be b chtungen zur pbilosophischen Vorbildung der

Clo

ss

toren,

in ZSSr. RA, 85 [1968] particolare pp. 381 ss. e, prima ancora,

E. G

ENZMER,

Diejustinianische Kodt/ic tion und die Clossatoren, in

«Ani del congr.

im. eli diritto romano» [Bologna /Roma 17-27. 4. 1933] , l , Pav

ia

1934, p. 385).

In realtà, più recenti ricerche

pa

iono suggerire che porrebbe uanarsi , anche

ù

que·

sto caso , di «prestiti» presi dal maes tro Giovanni Bassiano (come accade,

ad

es. , per

la dproposizione delle dieci categorie nella Mat

eri

Codicis : cf. L LoscHIAVO,

Summa

Codicis Bt?rolitunsis. Studio ed

edizione di

urla composizi

one

«a mosaico»

[Tus Commune - Sonderhefte,

89]

, Frankfurt am Main 1996, pp. 57-61 ).

26

) Tuttavia sembra c

he

Io stesso

Azzone

non fosse del tutto ignorante di diritto canoni

co e ne avesse an

zi

una certa elimestkhezza quando

si

t

ratLava eli

accostarsi ai pro

bl

mi della

pr

assi confezionando

be

n remunerati cm1silia;

cf.

A. BELLONI,

Azzone e il

diritto canonico. L a collezione A w A : 13 e 7

7,

in ZSSt KA , 83 (1997), pp. 249-27 1.

27

)

CoRTESE

(nt.

7) pp. 48-52.

28)

Del diritto longobardo, com è noro, a Bologna si diceva scherzosamente che

fosse

non

ex

sed ex;

cf.

comunque CORTE -SE (nt. 7) pp. 30-33 .

29) Bollato da Odofredo come

ius

sisninum anche se si conosce almeno una

qu estio

in cui

lo stesso Azzone affronta

un

tema

di diritto

statutario;

cf.

CORTESE (nt. 21) p. 177

nt.

76.

JO) Così

CoRTE.<;

E

(

nt. 7)

p. 40.

Mat r a pro tto oa copy

1ght

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105

FILIPPO

IL

CANCELLIERE

E

UGO

DI

SAINT-CHER

SULL ANIMA

UM N

M GD LEN BIEN  ie

Gli anni Trenta del XIIT secolo costituiscono un periodo di grande

importanz<l per l  ind<lgine

intorno all anima

uman<l. L ingresso nel

mondo

Lat ino de l pensiero ari

stote

li

co

e

de

l

De fide ot·thodoxa

di

Giovanni Damasceno acce

nd

e un

dibauito

imorno ai nuovi

prob

lemi

ant

r

opo

logici.

1

Tra gli scritti dedicati a questa nuova psicologia merita

attenzi

one

la questione

De anima

di Ugo di S<lint-Cher

2

e la sua fonte

principale, la Summa de

bono di

Filip

po il

Can celliere.3P rima, tuttavia,

dì passare al confronto dottrinale tra queste due opere, sarà utile mettere

brevemenLe

in

luce le G

gme

deiloro auLori

.

1

 )

Università di Padova.

t) Cf.

P.-M.

DE CONT.E.\ISON,

Avicennisme

latin et vision de

Dieu

au début

du XJIJe

st ècle}

<<Archjves

d Histoire Dottrinale et

Littéraire

du

Moyen Age> ,

26 (1959), 35-38.

2 n testo edito da

M. BIENJAK,

Una questione disputata

di

Ugo di t.-Cher sultanima.

Edizione e studio dottrinale

«Studia anryczne i mediewistyczne», l (2004),

in

corso

di stampa.

3 PmuPP l CANCELLAIUt PARISIENSlS Summa

de

bono

2 t., cd. N.

\Xlick.i,

Editioncs

Franckc, Bernac 1

985

(Opera Philosophica

Mecliae

Acratis Selecra I-II}.

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1 6

M.

BIENIAK

Filippo

il

Cancelliere

e go

di

Saint Cher

Filippo il

Ca

ncelliere nacque

probabilment

e tra il 1160 e il 1185 .

Fino

al1217

fu arcidiacono di Noyon, dopodiché diventò cancelliere di

Notre-

Dame

di Parigi. Per mo

lt

i anni insegnò teologia a Parigi. Filippo

l

Cancelliere morì a Parigi

l 23

dicembre 1236.

È

autore

di

numerose

ques tioni disputate, conservate nel mc1noscriuo Douai BM 434 , di circa

400 sermoni,

di Distinctiones super

Ps

alterium

e soprattutto di una

summa

teologica, intitolata

Summa

de bono stesa verosimilmente nella

seconda metà degli anni Venti,

un

 ope ra che ha avu to grande influenza

sulla lettera

tur

a teologica della prima metà del

XIII

secolo. Dalla

Summa

de

bono

dipendono, inf

att

i,

la Summa De

vitiis di Giovanni de La Ro

chelle, la Summa

di

Alessandro

di

Hales, il Commento alle Sentenze

di

Od

o Rigaldi,

il Commento di Alberto

Magno alle

Sente·nze

e

il

suo

De

natura b o n ~ per nominare solo alcune opere. La sua dottrina influirà

anche su Bonaventura e Tommaso d  Aquino: 

Ugo di Sain

t-

Cher

nacqu

e

intorn

o all

 a

nno

11

90, in un

quartiere

periferico di Vienne chiamato Saint-Che

r

che allora

apparte

neva alla

provincia di Borgogna. Il 22 febbraio dell  a

nno

1225 o 1226 e

ntr

ò

nell 

Ordin

e dei Predicator.i, nel conve

nt

o di

d n t J a c q u e s

a Parig

i.

Nel

1227 gli fu affidato l incarico

di

priore provinciale

di

Francia, che tenne

fino al123 0. Negli anni 1229-1230 fu

lector

sententim·ius

durant

e l inse

gname

nt

o

di

teologia

di

Rolando

di

Cremona; nel 1230 Ugo lo sosrirul

fino

all anno

1235 , diventando in

questo

modo il secondo magister

domenicano all università di Parigi. In seguito tenne l ufficio di priore

del conve

nt

o pa

ri

gino

di

Saint-Jacques e negli anni

123

6-44 fu per la

seconda volta priore provinciale di Francia. Nel 1244 egli diventò il

primo cardinale domenicano. Gl i furono

af

fidati va ri incarichi im por

tanti, come quello

di

rivedere la regola

de

g

li

Ordini carmelitano e dome-

4

) Cf. , . W tCKJ, Introduction in Philippi Ca ncellarii Parisiensis Summa de bono

r

I,

11  

Mat r a pro tto oa copy

1ght

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Filippo

il

Cancellie re

e U

go

di

Saint-Cher:

sull anima

umana 107

nicano, o quello di dir

ige re

la penitenzieria del papa. Mo

a Orvieto

il

19 marzo 1263. Tra le

su

e opere teologiche bisogna ricordare l 

opus

su

ll

e

Sentenze di Pietro Lombardo, scritto tra il1229 e 1232 , le 38 quaestiones

disputatae

scritte neg

li

anni successivi,

co

nservate quasi esclusivamente

nel ms. n. 434 di Douai; le opere esegetiche, vale a dire le Postillae

in

Biblimn,

le

Concordantiae

S

ancti

Iacobz:

il

Corr

ecto

rium Biblt'ae;

il Tr

actatus

super

11

issam,

un Comme

nt

o sulla Historia

Scholastica

di Pietro Com

e

stare e di sermoni.5

Quando Ugo iniziò

il

suo insegnamento nella facoltà teologica dì

Parigi (1231), Filippo

il

Cancelliere era

già

un

maestro di solida fama,

conosciuto soprattutto come uno dei

pr

edicatori più apprezzati dei suoi

tempi.

  >

Sappiamo, inoltre, che egli era in rapporti molto stretti con i

Domenicani parigini.

In

molti serm oni di Filippo troviamo, infat ti, d

egli

elogi dedicati all ordine dei predicatori.

E

lui, inoltre, a concedere la

licentia docendi a Rolando di Cremona. Ugo e Filippo facevano parte,

quindi, de

ll

o stesso ambiente nel medesimo periodo:

è

fac

il

e dedurne la

loro conoscenza rec iproca. Questa, inoltre,

è

attestata anche dal

fatto

che entrambi parteciparono nel 1235 alla discussione sulla pluralità dei

benefici.a

5) Per l elenco complero delle pubblicazioni sulla figura di Ugo

si

veda T. KAE PPELI,

Scriptores

Ordinis Praedicalorum Medii Aevi,

Ad Sancrae Sabinae · Istituto Storico

Domenicano, Roma 1970-1993,

vol. II

, 269-271 ;

vol.

IV,

124

. Tra le pubblica

zio

ni

rccemi bisogna nonUn  u·esopratruno gli

Atti

del convegno tenuto

a

Parigi ncU  anno

2000

(Hugues

de

St -Cher. Bibli

ste et Th éologien, Colloque inrernatio

naJ 13

-15 mars

2000 , Paris, le Saulchoir EPHE-CNRS

,

éd . L.-J. Baraillon, G.

Dahan, P.-M.

Gy,

BrcpoJs, TurnhoUl 2005 .

6) f. J. B. SCllNE.YER,

Die Sittenkritik

ùt

den Predigten Philipps des Kanzlers,

Aschendorff, Mi.insLer 1962-1963

BeiLrage

zur Geschiclue der Philosop

hie

und

Theologie dcs Minelahers,

39.

4

),

115

-119.

7) Cf. WI

CK

I, lntroduction,

26 -2J1  .

s) a. F. STEGMU

 

ER

Die neuge/undem

Paririer

B

ene/t';:.ien

-D;sputation

des

Kardinals

E-lugo von St.

Cher

OP. <<His[QrischesJahrbuch>>, 72

(1953), 179-

182; C.

DE

MlRAMON,

La

p ace d T

ugues de Saint

-

Cher dans es débats

rur la piuralité

der bene/icer

(7?

30

-

1240)

,

in uguer

de

St-Cher.

Bibliste

et

Théologien,

Colloque internationaJ 13-15

mars 2000

,

Paris, le Saulch oir EPHE-C i RS , éd. L.-]. BaLaillon,

G.

Dahan, P.-M.

Gy,

Brepols,

Turnhout 2005

,3

41-386.

Mat r a pro tto oa copy

1ght

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108 M. BIENIAK

Influenza della

Summa de bono

sulla questione n

263

Si

pr

oporrà qui un confronto cir

ca

il problema dell'a

nim

a umana

ne

ll

a

Summa

de bono e neJla questione 263 del Ms. Douai 434, auribulta

a Ugo di Sa int-Cher La streua parentela tra la questione De anz ma e la

Summa

de bono

risulta

ev

ide

nt

e già dopo la prima lettu ra del testo di

Ugo . Non si tratta di un caso isolato: Jean-Pierre Torrell ha dimostrato,

9

infatti, che anche la questione di Ugo De prophetia (n. 481  contiene

numerosi prestiti dalla Summa di Filippo.

Tut

tO

il

testo della nostra questione risente di una forte

inOu

en

za

deHa

Summa

de bono di Filippo i] Cancelliere. Statislicamente,

il

mat

e-

riale cop

ia ro di

rettamente o con piccoli ca mbiamenti da

ll

a Summa costi

tuisce circtl il 64   del testo. Tutttlvia,

il

modo in

cu

i Ugo si se

rv

e del l

 o

pera di Can

ce

lliere è per lo più strumentale. Dal punto di vista del co

n-

tenuto do[[rinale Ugo segue in far ti, come ved remo, un sentiero proprio.

Il rema dell'anima umana viene affrontato da Filippo

l

Cancelliere

nella prima parte della

Summa

de bono, intitolata De

bono

nature. Dopo

aver discusso i problemi lega ti agli ange

li

e a

ll

e creature corpo ree,

Filippo dedica alla psicologia una lunga sezione, composta di nove que

stioni che trattano diciotto proble

mi

di

ve

rsi. I te

mi

antropologici riLOr-

ntlno, tutrtlVÌtl anche in altre parti de ll 'opera. Per redigere la propria

questione, Ugo di Saint - Cher si è servito di numerosi passi presi da

capitoli sparsi ne

ll

a prima parte della

Surmna

de bono che, in molti casi,

non solo trattano problemi diversi da quelli che egli si proponeva di

affrontare ma anche espongo no

un

punto

di

vista contrario al suo. La

qu estione ingloba infatti , materiale proveniente da sette arti

co

li diversi

dell'opera di Cance

lli

ere,

di

cui quattro dedicati

all

'anima uman

a

due

al l'ange lologia e

un

o alle creamre corpor

ee

. Nonostan te questo, Ugo

co

mpone un'opera perfettamente coerente.

Per quamo riguarda la struttura della

quaestio

n. 263, essa è una qu

e-

stione redatta e non una reportatio fatta dal vivo

dur

ante Ja disputa.

9)

Tb

éorie de la

prophétie

et pbilosophie de la con

nm

ssan

ce

aux environs de 1230.

a

contri·

bution d Hugues

de

Saùrt

-Cher,

Spicilegium Sacrum

Lo

va

niensc, Louva

in

1977,

73

-

87

.

Mat r a pro tto oa copy

ght

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Filippo il Cancelliere e Ugo di Saint-Cher: sull anima umana 109

La quest ione è

co

mposta da tre articoli dedicati a tre problemi di psi

co

logia: intitolato quid sit anima secundum diffinitionem et secundum essen

tiam et in quo di/ferat

ab

angelo (art.

l );

utrum unius et eiusdem sint

an

imo rationalis et animo sensibilis et anima uegetabilis

(art.

2); utrum

anima sit ex mater

ia

et fo rma (art. 3 ). Il testo della d isputa, so

prattut

to

nel cas o del secondo e del terzo a

rti

colo, è ordinato secondo uno schema

tipi

co

per quel periodo,10 che si presenra nel modo s

eg

uente: innanzitu

t

to tma breve in trodu zione, in cui viene presentato

l

problema affrontato

nella disputa. La tesi del maestro, annunciata dopo la parola «utrum»,

viene me ssa

in

qu

est ione .

Seg

uon

o,

in

o

rdin

e,

prima

g

li

argome

nt

i

contr

a, p

oi

q uelli a favore della tesi del maestro . Infine, troviamo la

solutio

del maestro preced

ut

a da

un

a cri tica di a

lcu

ne posizi

on

i correnti o del

l

 e

sposizione

di

distinzio

ni

terminologiche. La

qu

estione si c

hiud

e con la

risposta alle diffi

co

ltà sollevate nella parte iniziale del testo.

La maggio r

part

e d

eg

li argomenti presentati nella

qu

estione 263 è

copi

ata

quasi esa

tt

amente da

ll

a Summa

de

bono. Le solu zio

ni

esposte

hann

o,

invece, come b

ase

due tesi originali: l unibilitas dell

 anim

a

um

ana

al

co

rp

o e la semplicità dell anima.

V unibilitas dell anima umana

l

corpo

In p rimo l

uogo

Ugo sostiene che I uttibilitas al

co

rpo costi[Uisce per

l anima umana un cara ttere intrinseco della sostanza e non un acciden te.

10

C

f

B.

C.

BAZAN,

Lo «quaestio disputattt»,

in

L

es

genres littéraires dans

es

sources

théologiques t philosophiques médiévales. Actes du Colloque internatz onal

de

Louvain-la-Ncuve ?

5-? 7

mai 1981,

Pub

li

cations

de

l «I nsti

tu

t d Etudes Médiéva l

e5 >,

Louva

ìn-la

- eu

ve

1982, 31-49; B. C. BAzAN,

FRA;..rSEN,

D.

]ACQUART, \ (/_WrPPEL,

Les questions disputées et

les

questions quodlzbétiques dans Ics Facultés de Théoiogie,

dc

Droit et

de Médecine,

Brepol

s,

Turnh out 1

985

(Typologie des so urces du moyen

age

occidental,

44-45);

]. -G. BouGEROL,

De la «reportatio»

à la

«redacliO))J

in

Les

genres littéraires dans

les sources théologiques

et philosophiqtll:S

médiévales, 51-55;

P.

GLORIE

UX,

L enseignement au moyen tige. Techniques et méthodes en usage à la

Facuité

de

Tbéologie de Patù au < .fiècle, <<Arc

hives d h

is

toire d

oc

trinale et litté

raire du moyen

age>>, .35

1968),

65-

1

86.

Mat r a pro tto oa copy ght

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110 M. BIENIAK

Questa

capacità presenra, come Ugo afferma seguendo Aristotele, un

carattere fondamentale dell'anima.ll Di conseguenza, l'anima senza il

corpo non può essere definita come essere umano e

non è

una persona.u

Inoltre, l'anima conserva l'unibilitos anche dopo la morte del corpo. n E

chiaro che queste affermazioni non sono

ovvie

o scontate: Ugo si allon-

tana

in qu

esto modo dalla tradizione neoplatonica che ha condizionato

la teoria dell'anima sin dall'epoca patristica. Egli si allontana, inoltre, dal

De anima

di

Avicenna, il quale defi.tù la capacità dell'anima di unirsi

al

corpo come un «accidente spirituale».

14

Il e

anima

di Avicenna ebbe

11) co DI SAlNT-CHER, De anima,

l ,

So

lutio: «Solutio. Dico ad primum quod anima

et

angelus differunt substantialiter non numero tantum sicut duo homines, m quidam

uoluerunt, sed specie, ut homo

et

asinus. Conueniunt autem

in

genere remoto quod

est

subsLanùa eL

io genere propinquo quod

es

t sp

iriLu

s. Sed anima est

spiriLus

unibilis,

angelus uero spiritus omnino non unibilis, unde angelus ita est substa n

tia

quod non

perfecdo, a

nima

uero

ita

substantia

qu

od perfectio alte

ri

us, scilicet corporis organici,

ut dicit Ph ilosophus quod est

endelicbia corporis organici potentia uitam babentis.

Hec autem unibilitas inest anime narura1iter et substantialiter per quam differr

ab

angelo

et

hec est prima differentia anime er angeli».

12

b

td

: « et hec est secunda differentia a

nim

e et angeli quod angelus est persona et

non anima sed hom o <est persona>»;

III,

ad

16: « ...

anima uero tanrum compositione

partium caret, et plures habet compositiones quam angelus, quia componitur ali i sci

licer corpori ad faciendum aliquid, scilicet hommem».

u Ibid.,

I, ad 2:

<<Ad

secundum, quod anima er angelus dillerunt accidente solo etc.,

dicendum quod regens non dicit acrum sed apri tudin

em

secundum quam anima

apra est naturalircr rcgcrc corpus ilio triplici rcgimine quod

di-ximus,

et hanc aptitudi·

nem habet anima etiam separata. Hec enim est illa unibiliras de qua supra di:cimus».

14

AVICENJXA,

Liber de anima

V, 3,

Traduction latine médiévale,

ed. S. Van Riet,

Editions Orienralisres, Louvain

1968

Av

ic

enna Latinus),

106

49-

.n

111

19-27

:

«lnter

anin1as

aurcm non est alrcriras

in

essenria et forma: forma cnim earum una est. Ergo

non est aheritas nisi secuodum recepLibile suae essentiae cui comparatur essenùa

eius proprie, et hoc est corpus.

Si

autem anima esser tamum absque corpore, una

anima non posser esse

alia

ab alia numero. . ..) Ergo anmu non

est.

una, scd est mul ·

tae numero,

el

eius species una es t, et est creata sicut postea decla rabimus. Sed sine

dubìo aliquìd est propter quod singularis effecm est; illud autem non est impressìo

animae in materia (iam enin1 desrruximus hoc); immo illud est aliqua dc affectioni·

bus et aliqua de virtutibus et aliquid ex accidentibus spiritualibus, aut compositum

ex

illis

, propter quod s

ingu

laris

fiL

anima, quamvis illud nesciamus»;

cf

M. SEBTl,

Avicenne. L'ome humaine,

Pr

esses Universitaires de France, Paris 2000, 27.

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Filippo

il Cancelliere e Ugo di Saint Cher: sull anima

umana

111

una notevole influenza sugli autori contemporanei a Ugo.

  5

Pochi

anni

prima della stesura della nostra questione

Gug

lielmo di Auxerre,

pur

avendo cita to Ja definizione aristotelica dell'an

im

a come entelechia del

corpo, scriveva ancora nella sua

Sutmna

aurea che il fatto di congiungersi

al corpo non apporta <Jll anima umana nessun cambiamento sostanziale.

16

Sappiamo che Ugo conosceva e citava la SummtJ au rea; in questo luogo,

tuttavia, la sua opinione è molto lo

nt

ana da quella

di

Guglielmo.

Bisogna notare, inoltre,

che

la

questione

De anima non è l'unica

opera in cui Ugo pone l'accento sull'importanza della coniunctio dell'a

nima e del corpo. Un'insistenza simile

è

stata ossetvata

da

Jean-Pierre

Torrell nel caso della questione n. 481

De

prophetia (come la nostra, pre-

,

sente nel manoscritto di Doua i) . E proprio a causa dell'unione psico-fisi-

ca che, secondo Ugo, solamenLe

un

uomo

può

essere un profeta: infalli,

solo un essere composlo daJl'anima e dal corpo possiede la

vis

ùzte1pre-

tativa

necessaria

perché

avvenga una profezia. Di conseguenza, come

Ugo afferma nella questione, u angelo non può essere chiamato profeta,

poiché non possiede un

corpo.n

E quindi possibile osservare che, secon-

do Ugo, la

natura

composta dell'uomo è tm fatto di una grande impor

tanza e ha pesanti conseguenze, prima di tutto per la natura dell'anima

umana, ma anche per la teo ria della conoscenza.

1

' )

Cf. N.

HASSE, Avicen

na

s De anima

in

tbe Lotin ìW

es

t,

The

Warburg

Tnsùtute - Nino

Aragno Editore,

London

- Turin 2000 (Warburg Insrirme Smdies

and

Texts, l).

16)

G

UILLEL

MI

ALTI

SS

IOOORENS

IS

Summa Aurea,

Il,

ed.].

Ribailler, Ediriones Collegii

S. Bonaventurae

ad

Claras Aquas Gronaferrara, Roma 1982,

t.

l, 262 23-

2?:

<<Et sum

alii qui dicum quod angelus substanrialircr differt ab anima in co quod ipse

per

se

est stans, corporis unitione aut amixtione non egens,

qu

emadmodum anima. Et hoc

non videtur verum esse.

J

am quod dico per se stans , in privauone sonat; quod

patet si resolvas. Sed negatio

sive

privario, cum nichil sit,

quomodo

dabit alii esse am

divcrsitatcm secundum esse, quod proprium est substantialis differcntie?».

1

7)

Cf.

ToRR

, Théorie de a prophétie, 17; 223-224: <<L'argument tiré de la naLure

composée J e J'ètre humain parrut dooc assez fort

po

ur qu'on puisse lui faire jouer un

ròle décisif dans certe

qucstion. Hugues embo'ìce ici le pas

à

Philippe

et à d'

aurres

auteu rs».

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112 M. BIENIAK

Anche Filippo il Cancelliere trattando nella sua Summa il tema del

l immortalità dell anima, si sofferma sulla differenza tra il modo di cono

scere dell angelo e quello della sostanza spirituale unita al corpo, vale a

dire dell anima umana. Egli afferma, infatti: «lnteilectus (

..

) hominis ( ..)

cognoscit per speciem extractam, guia coni

un

ctus

es

t; sed intellectus

angeli inconiunctus est et in

se

incorruptibilis; quare et intellectus homi

nis, nisì hoc ips.i contìngat grat

.ia

coniuncrionis».

1

s L unibilitas dell anima

razionale al corpo ha, quindi, anche secondo Filippo un forte impatto

sulla gnoseolog

ia

umana. La sostanza dell anima, tuttavia, n

on

viene

affètta in nessun modo da questa congiunzione: «Set gratia coniunctio

nis non habet nisi modum differentem ìntelligendi, et substantia non

mutatur>>.

19

Questa affermazione trova la SU<l giustificazione nella neces

sità di difendere l  immortalità dell anima: «Igitur non attinger corruptio

11isi modum intelligendi et 11011 substa11tiam».2o

E quindi evidente che Ugo, considerando la capacità di unirsi al

corpo un carattere essenziale dell anima, si dimostra indipendente anche

dalla Summa

de

bono.

Per

trovare un affermazione

sin1ile

bisognerà

aspettare più

di

un dece

nni

o (1242 -1246),21

va

le a dire la

Summa

de

homùze di Alberto Magno. 

La sempli ità

dell anima

La seconda resi originale della questione n. 263, ribadita da Ugo più

volte, anche nel suo Opus sulle Sentenze, consiste nell affermazione della

semplicità dell anima. Ugo, similmente a Filippo, rifiuta, prima di tutto,

18) PHlLlPPl CAJ -:CELLARll PARLSlENSIS Summa de bono l

I,

268 J6H66.

19) Jbid. 268

1 \

,_269 1

67

.

20) Jbid. , 269

167

·168.

21 ) Cf.

HA

ssE Avicenna s De anima in tbe

La

tin W est 61.

22

)

A LBERTI.JS M AGI\US,

Summa de homine,

I, l Sol

urio, ed.

H.

Anzulewicz e

J R.

Seder,

Felix Meiner Verlag, IIamburg 2004,

56:

«Solutio: Dicendum secundum supra

delerminala

de angeJis

quod substantiaJis difierentia animae

eL

angeli

esl

in

hoc quod

anima inclinatur ad corpus ut actus, angelus autem non. Et ideo didmus subsmntiale

esse animae quod sit actus corporis».

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Filippo

il

Cancelliere e

Ugo di

Saint-Cher: sull anima umana

11 3

la compos izione di materia e

fo

rma all 'inte rno de

ll

'anima. Ugo, tuttavia ,

afferm a una tesi più radicale di quella sostenuta ne

ll

a Surnma de

bono.

Filippo

il

Cancelliere, infatti, sosriene che ne

ll

'anima si possono indivi

duare due principi diversi, vale a dire

quo

est e

quod

est Tra qu esti, seco

n

do Filippo, bisogna ammettere

un

a distinzione reale; entra

mbi

i

co

mpo

nenti, infa tt

i,

possono essere chiamati «sos tanza». Ugo di

Sa

int-Cher,

invece, ammette questa composizione, ma solo «ratione siue compar

a

tione», non seco

nd

o la natura. Secondo Ugo, quindi, questi principi

possono

es

sere distinti solo dalla ragione, in virtù di un'astrazione pura

me

nt

e teoretic

a.z>

Ugo defin isce la propria posizione «media via»:2

4

una

vi

a di mezzo tra

la

sem

plicità totale de

ll

'anima e la sua

co

mposizione, in term ini semplici,

da parte di due principi. È fac ile spiegare perché egli non voglia

affe

rm

a

re la semplicità assoluta dell'anima. Infatti, ne

ll

e sue

Sententie,

Pietro

Lombardo25 aveva sostenu

to

c

hi

aramente che la semplicità totale spetta

so

lame

nt

e a Dio. Dopo Pietro Lombardo ques ta teoria rimarrà un pun

to

fe rmo per

tu

tti i teologi. A ques ta co ncezione ba contribuito sicuramente,

oltre al pensiero di Agos tin

o,z6

que

ll

o dello pseudo Dionigi Areopagita,

con la sua insistenza sulla totale trasce

nd

enza

di

Dio e la sua radicale

di

versi

da tu tte le creatu re. Nonos tante ques to, nella ques tione

De anima

troviamo una tendenza opposta: que

ll

a ad afferm are la semplicità

più completa possibile dell 'anima. Da che co

sa

deriva questa tendenza?

2J) Cf. UGO DI SAI•

T-CrrER,

De anima,

III,

Solurio;

ad ; PHILlPPI CANCELLARli

PARISIEN IS

Summa

de

bono,

r.

I,

65-70;

cf. O.

or r r tt

petit traité sur t ome de

flugues deSaint-Cber, <<Rev . neoscol. p

hilos

.

», 34

(1932), 469-475; Io., Psychologie et

morale aux XlJe et XII• siècles, vol.

I ,

Duc

ul

or, G rcmb loux

1942, 430-442;

M.

BIENIAK,

Una questione dùputata.

24) Uco

DI ST.-CHER, De

anima, Ili,

So

lu

tio

.

25) PETRUS LoMBA.RDUS Sententiae in W

l.ibris

distinctae, I, dis

t.

V

ITI

, cap . IV, 2, Ediriones

Co llegi i S.

Bo

n

avent

ur

ae

Ad

Cla ras

Aquas, Roma

197

1,99: «llic de spirimali crea tura

ostendi t quomodo sit multipl

ex

et non simpl

ex.

(.

..

) Nich

il en i m

s

impl ex

mutab ile est;

omnis amem creatura mmabilis est ;

null

a er

go

crearu ra vere simplex est».

26) Cf. AUGUSTINUS, De Trinitate, VT, cap. 6, n. 8, ed. W. J.

Mo

untain (1968),

CCSL

50,

237; PL 42 ,

929.

Mat r a pro tto oa copy

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7/18/2019 Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna

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114 M. BIENI K

Nel trovare una risposta potrebbe forse venirci

in

aiuto

la Summa

theologiae

di Tommaso d'Aquino. Anche Tommaso nega fermamente

nell'anima la composizione di materia e forma. E

il

motivo per cui lo fa

è,

secondo l'interpretazione di Sofia Vanni-Rovighi, strettamente legato

alla concezione dell'uomo come unità ilem01fica. Infatti, secondo Tom

maso, «Se l'anima fosse composta

di

materia e forma, bisognerebbe dire

che l'anima

sola

già

costituisce l'uomo,

la

specie umana. E in tal caso

il

corpo e l'anima sarebbero uniti solo accidentalrnente».27 È possibile che

questa sia anche

la

causa per cui Ugo ribadisce così fortemente la sem

plicità dell'anima?

Credo che

la

risposta a questa domanda debba essere negativa. Prima

di tutto, U

go ev

i ta con coerenza di chiamare l'anima «forma» del corpo.

Essa viene definita «entelechia», «atto» o «perfezione» del corpo, ma

mai <<forma».

Questa scelta non viene mai giustificat

a,

ma viene espressa

quasi

es

plicitamente.28

n

rifiuto di chiamare l'anima

<<forma>>

è facilmen

te comprensibile,

se

prendiamo in considerazione

il

contesto

.in

cui Ugo

scriveva. Infatti, tutta la tradizione a lui precedente, cominciando da

Calcidio per finire con Avicenna, tramanda l'interpretazione del concet

to di forma come qualcosa di pertinente alla materia e che non può esi

stere senza di essa.

In

questi

Lermini si

pronuncia, infaui, Calcidio nel

suo

Commentario

al

Timeo

di Platone.

2

<J Similme

nte, nel

De natura bominis

.27)

S.

V

A]\ NJ ROVTGI-U L anlropolngia

filosofica

di San Tommaso d Aquino, Vita

e pensiero,

Milano 1965,

45 ;cf.

Th Aq. I 

l l

a

< q.

75,

a.

4-5, Roma 1889 (EL 4.1), 200-202.

28)

UGO DI SAINT-CHER, e anrtfltJ m 3: <J:rern. Substanria non dicitur uniuoce de

mate

ria et forma et composito, quia materia est substanria ex qua aliquid es t,

forma

es t sub

stantia per qurun aliguid est, compositum est substant.ia ens per

se.

Sed

consLat

4uod

substantia

dic.irur

un iuocc dc corporea cr

inc

orporea quia est gcnus, ergo ur forma,

uel

u materia, uel ut composirum. Constar quod non ut materia neque ur forma, ergo ur

compositum, ergo sicut substamia corporea es t compositum

ita

et

incorporeu >.

29

CALCIOlO,

Commet1tarius in Timaeum

CCXXV, cd. P.]. Jenscn

-].

-H Waszink,

Warburg Institute, London 1962 (Corpus platonicurn Med iì Aevi, 4  , 239-240:

<<Aduersu

m guae iLa r

es

pondetur:

Alia

quidem fere omnia rec te et prout fert natura

rerum Plaronicisque dogmatibus consemanee dieta, sed de

ani.mae

subsramia erra

tum uideri; non enim speciaJem essentiam fore animam, guam appellat Aristoteles

emelechiam - haec quippe fo1ma est

co

rporibus

acc.idens L

ut censet Pl

alOJ.

quam

bic specialem essemiam nuncupar, et est

<,

ur

censer Plato,> ima

go

speciei purae a

corpore et intell igibilis, penes quam es t dignitas exemplaris».

Mat r a pro tto oa copy

1ght

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L Lnivcrsità di Bologna ha avuto un ruolo decisivo nella nascita c nello

sviluppo

dell Ordine Domenicano.

Per risalire alle origine dci Frati Domenicani a Bologna occorre parlare

dei

rapporti d1 c;an

Domenico con l LniYersità perché

la

nascita di

quest Ordine coincide con la

sua

decisione di inviare i suoi compagni

prima a Parigi e p01 a Bologna proprio perché queste due città erano i

maggiori centri universitari dell epoca: Parigi per

la

teologia e Bologna

p r il diritto.

La comunità domenicana di Bologna non decollò finché Domenico non

venne di personn m cillà, tna

soprattutto

finché non

vi

giunse l celebre

giurista Rcginaldo d Orlcans.

Fu qucst ultm1o a stabilire i contatti con gli ambienti universitari così

che ben presto

la comunità

si arricchl di molti studenti c professori delle

facoltà di filosofia c di diritto.