Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna
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L origine
dell Ordine
dei Predicatori
l Università di
Bologna
7/18/2019 Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna
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Estratto da
Di
vu
Thomas44
2006,2
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Tel. 051/58?034 Fax. 05 l /331583
E mail: [email protected]
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Finito di stampare nel mese di novembre 2006 p•·esso
le
Grafiche Dehoniane- Bologna
at r a pro tto oa copy ght
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5
INDI E
G IOVANNI BERTUZZI
L origine dei Predicatori e la vocazione allo studio . ..
.
p 9
fRANCO
C ARDINI
Introduzione .................................................................................
p 13
LORENZO P AOI.INI
La Chiesa i Bologna e lo Studio
ne11a rima
metà de] Duecento.. ...
.. ..
...
.... ..
...
..........
.... ... .
.... ....
... . .
23
I.IJCA
J.OS
CHIAVO
Le scuole dei le isti all inizio del Duecento. .................. ...
...
.
......
.
4
F r.ORENT
CvGI
.ER
L'originalité
cles
<Constt tutt ons
· · ·
d
· · ·
nuttves» ommtcames.. . .. . . . .57
62 Le Liber consuetudinum puis constitutionum)
66 - remierséléments originaux
et onctionnalisme
des
constitutions
72 - I :édi{ice constitutionnel dominicain
74 -
rocessus
législati et «discretio»
des
/tères
76
C
ond
tJsions
Materiale protetto
d
copynght
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6
RlCCARDO Q UINTO
La teologia dei maestri secolari di Parigi
e la rimitiva s cuoia domenicana ....... .
.
. ...
......
.
. . .
8
81 - I «Maestri secolari
di
Parigi»
97 - Secol<3 ri e mendicanti
1O - O sse rvazio ni conclusive
M
AGDA
I ENA B IEN IAK
Filippo
il
Cancelliere e U go di Saint-Cher
sull anima umana ............. .............. ........ .
.
.
.
.p l 05
106 - Filippo
il
Cancelliere e Ugo di Saint-Cher
108 - Infl
ue
nza della
umma de bono
sulla ques tione n. 263
109 -
L unibilit
sdell anima
um
ana
l corp
o
112 - La semplicità dell an ima
G IUSEPPE M AZZ
AN
TI
La
teolo
ia a
olo
a
nel secolo X
118
M
ARK
I
OHNSON
La «Summa de poenitentia»
attribuita a Paolo Un aro ........... ..........
............ ......... ........
.
3
6
136- Introduzione
3
7 - La nat
ur
a, l
a
utore e la
da
tazione
37 - T.a natura
139 - T. autore
142 - La d tazio
ne
142 - I l con te
nnt
o
143 - Co nclll sio ne
144
-App
e
ndic
e dei resti
Matenale protetto
da
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M ARCO
R AJNJN[
Giovanni
da
Vicenza
7
Bolo a
l Ordine
dei
Predicatori.
..........
........
.........
.
. .
14
6
L UIG l C AN ETTI
l.a
datazione del
T ibellus
di
Giordano
di Sassonia .
.
p . 176
M ARIA P lA A
LB
E
RZONI
Le
origini
dell Ordine
dei
Predicatori
a Milano .
............
p. 194
ROI.ANDO D ONDARINI
I:insediamento dei Frati Predicatori a Bologna ......................p
230
242 -I beni immobili
2
52
Conventi femminili domenicani
Materiale protetto
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L ORIGINE DEI PREDICATORI
E LA VOC ZIONE ALLO STUDIO
9
Il Convegno, di cui qui presentiamo g
li
atti, è stato imporrante anche
pe
rch
é ha pe
rm
es
so
di
m
et
te re in
ev
id
e
nza
l ru olo che
ha avuto
l Università bolognese
per
la nascita
dell Ordine
dei Predicatori. Per
risalire alle origini della presenza dei Frati Dome
ni
cani a Bologna occor-
re infatti parlare necessariamente dei rapporti di san Domenico con
l Università bolognese, in quanto la nascita de
ll
Ordin
e dome
ni
cano vie-
ne di solito fatta coincidere con la decisione presa
da
san Domenico
di
invi,ue i
primi
suoi co
mp
agni
di pr
ed icazione
prima
a Parigi e
poi
a
Bologna,
prop
rio perché questi erano i
du
e maggiori centri universitari
del tempo:
Pari
gi per la teologia e Bologna
per il
diritto. Veramente san
D omenico aveva inviato a predicare i suoi
primi
co
mpa
gni anche in
Spagna, ma là non ebbero successo come invece avvenne per la comu-
nità
di
Parigi. Anche la comunità
di
Bologna non decollò finché Dome-
nico non solo venne
di
persona, ma po
rt
ò e lasciò in questa città il giuri-
sta Reginaldo
di
Orleans, che era
da
poco entrato a far parte del nuovo
Ordin
e dei Predicatori; e
fu lui
probabilmente a stabilire i contatti con
gli ambienti universitari, in modo tale che presto si aggregarono alla
comunità nuovi frati provenienti dalle
fil
e dei docenti e degli studenti
delle arti del diritto.
Bologna
poi
si te
nn
e ro i
primi
capitoli generali de
ll
Ordin
e dei
Predicatori
pr
oprio p
er
la presenza
in
questa città del suo impo rta
nt
e
cenrro universitario, e si è anche rite
nuto
per lungo te
mpo
che le prime
costituzio
ni
dell Ordine fossero state re
datt
e con l aiu to dei giuristi qui
presenti. Questa ipotesi però non è documentata.
Sempre a Bologna, infine, sorse nel 1248
un
o dei primi « tudi gene-
rali e solenni» de
ll O
rdine, frutto anche
di
questo rappo
rt
o che si era
stabilito tra i primi
pred
icatori e gli studi universitari della città.
A
proposito
del ruolo che lo
studio
dovev.a avere ne
ll
a vita
dell
a
nu
ov
a comu nità di canonici predicatori («R
eg
ularium Canonic
orum
..
congregatio»)
di
Bologna abbiamo la testimonianza dello storico Giaco-
mo di Vitry
l
quale, di passaggio da Bol
og
na nel 1222, all
ind
omani
Mat r a pro tto oa copy
ght
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10 L:migine dei Pr·edt catori e a vocazione aLlo studio
della
morte
di san
Domenico,
definiva
la
comunità dei primi
Frati
Predicatori «congregatio scholarium». Dalle sue parole possiamo sa pere
che essi erano canonici che si dedicavano allo studio e alla predicazione.
Alfonso D'Amato così definisce la comunità primitiva riassumendo la
testimonianza di Giacomo di Vitry:
« una
dolce mescolanza che provoca
e spinge all'imitazione ; essi studiano la sacra Scrittura e dispensano con
zelo agli altri, mediante la predicazione,
il
frutto
dei
loro studi; dispensa
no nelle piazze l'acqua della sapienza, pregano e lavorano nella massima
concordia c viv
ono
ncUa povertà: è una comunità santa che ogni giorno
cresce
di numero
e progredisce nella carità».t
Da
questa testimonianza si evincono tre considerazioni:
l)
La comunità domenicana primitiva
di
Bologna viene
descritta
come unita nella concordia, nella povertà, nella preghiera (come la pri
miriva comunità cristiana presentata negli tti degli Apostoli , ma viene
caratterizzata soprattutto per la sua dedizione allo studio; appunto una
«congrega rio scholarium».
2 Si può anche
desumere
che cosa vi si studiava : cioè la Sacra
Scrittura e non le discipline profane: «Essi che fanno parte degli studen
ti che risiedono a Bologna a motivo dello studio, riuniti insieme sotto l'i
spirazione del Signore, ascoltano ogni giorno le lezioni sulle Sacre
Scritture che vengono impartite da uno di loro».
2
3) Dallo studio poi promanava la predicazione: «una dolce mescolan
za che provoca e spinge all'imitazione».
Riguardo
al
primo
punto
ci possiamo chiedere: in che cosa consisteva
questa vita di studio e come era organizzata? Chi ne era responsabile?
Dove
si
studiava, solo negli ambienti conventuali o
ppur
e anche presso
gli studi dell 'u niversità? E quali studi erano avvicinc1ti: quelli delle arti o
quelli del dirino? , o entrambi? Che ruolo ha avuto esattamente Reginal
do
di Orleans in questo rapporto tra la prima comunità
pri
mitiva e i giu-
t) A. D'
A\
1ATO l Domemà
mi
a Bologna , Edizioni
SLUdio
Domenicano,
Bologna
1988
l o
vo
l.
, pp.
127-128.
2)
]. DE VITRY Histoire occidentale, Lcs
Edirions
du
Ccrf, Paris
1997, p. 168 ; la rradu-
. .
z1one e
m1a.
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I origine dei redicatori
e
la vocazione
allo stu io
11
risti bolognes i? A questi interrogativi si
è
rispos to finora quasi esclusiva-
me
nt
e
per
congetture e supposizioni basate su quanto era prescritto
dalle costituzioni e da qu ello che avveniva in altre località.
Il seco
nd
o punto
fa
capire chiaramente che gli studi dei frati erano
rivolti prevalentemente alla
Sac
ra Scrittura. Del resto sappiamo da altre
fo
nti che i primi ordiname
nci
scolastici dell Ordine proibivano per gli
studenti la lettura degli autori pagani, e in particolare delle opere di
Aristotele.
Ma all
or<1 quando si cominciò ad introdurre lo studio della
logica, delle altre discipline filosofiche e di autori paga ni o arabi come
Aristotele, Avicenna e Averroè? Che ru olo hanno avuto
il
maestro ne
ll
e
arti Rolando da Cremon;a e il maestro Moneta
in
qu esta m1ova imposta-
zione degli studi che verrà codificata a partire dagli anni quaranta?
Qu .ali co rsi e quali testi di logic.a e filosofia vennero introdotti
in
questo
periodo che ha preceduto e accompagnato l istituzione dello studio
gene
ra
le nel 1248?
R4 7Uardo
infine a quella che viene definita «la dolce mescolanza>> tra lo
studio e la predicazione va chiarito
se
e fino a che punto lo srudio all inte
r-
no delle comunità domenicane era originariamente promosso in
vista
della
predicazione itinerante o dell inserimento nell insegnamento accademico.
Era chi ra f
in
dall inizio per san Domenico l oppo rtuni che
i
membri del
suo Ordine conquistassero le cattedre universitarie oppure qu es ta esigen-
za cominciò a farsi sentire solo dopo che nell Ordine entrarono personag-
gi
come Reginal
do
d Orleans, Giordano di Sassonia, Rolando da
Cremona, Paolo d Ungheria , maestro Chiaro e maestro lvioneta? Fino a
che punto questo inserimento fu vo luto da san Domenico o invece dai
suoi immediati successori?
Non
è
possibile certamente rispondere a tutti
qu es
ti interrogativi, ma
è
importante conservarli, perché possano orientare la ricerca storica con gli
strumenti della sLori
a
e perché anche si possa riconoscere che cosa la sto-
ria non riesce a provare, e dove si possono avan zare solo ipotesi o illazioni.
Nel
tr;acciare le linee di questa storia gli storici usano spesso espr
es-
sioni come «sembra>>, «dovrebbe», «potrebbe», condizionali cioè che
coprono lacune nella documentazione storica. Su questi fatti e queste
circostanze, del resto, sono sorti molti racconti e anche alc
un
e leggende.
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12 L:migine dei Pr·edt catori e a vocazione a
o
studio
Sono anche state fatte diverse ricostruzioni stOriche, che però hanno
lasciato molti in terrogativi e
pr
oblemi non risolti. Gli storici sono unani
mi
nel ritenere che questo capitolo della storia dell
Ordin
e domenic
an
o
e dell Università
di
Bologna vada ripreso e rivisitatO.
Il
pr
ese
nt
e Co
nveg
no sulle o rig
ini
de
ll
Ordin
e
dei
Predicato ri e
l Università
di
Bologna nel periodo che va
da
l 1218 al 1248 ha visto riu
niti diversi e qualificari specialisti di storia i o v ~ che
hann
o voluro
dare
il
loro contributo per promuovere questa rivisitazione. E stata com-
piuta una messa a
punt
o de
lle
indagini sto riche attua
lm
e
nt
e
in
co
rs
o su
questo argome
nt
o e sulle
pr
o blematiche relative, sono state richiamate le
figure più rappresentative di questo pe
ri
odo, sono state messe in luce
le co
ndi
zio
ni
ambie
nt
a
li
, civili ed eccl
es
iastiche, che ha
nn
o accompagna
to la nascita dell
Ordine
dei
Pr
edicato ri a Bologna e hanno influenzato
la scelta di Bologna come primo centro di questo
Ordin
e.
Siamo lieti di presentare i frutti di questo convegno con la persuasio
ne che l lavoro altame
nt
e qualificato
co
mpiuto sia utile al
pr
ogresso
delle indagini storiche, e con la speranza che esso vada continuato nei
pro
ss
imi anni sulla base
di
qu
ello che
è
emerso nel
pr
ese
nt
e Convegno .
Tra g
li int
erventi te
nuti
nel corso del Co
nveg
no manca
qu
ello del
Pr
o
f.
Andrea Tabarro
ni
, che non
è
perve
nut
o in te
mp
o utile
e
che verrà
pubblicato a parte) . Ci scusiamo per questi:l lacuna.
P G
IO
VANNI BERTUZZI o P .
Mat r a pro tto oa copy
1ght
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13
INTRO UZIONE
Siamo qui per rico
rdar
e l
o
rigine de
ll Ordin
e dei Predicatori; per ono
rare la memoria di Domenico di Guzman; per celebrare quella gloriosa
istituzione che
fu
l U niversità d i Bologna, la prima e la
più
cele
bre
d E uropa insieme a quella
di
Parigi, per approfondire la storia dei rap
porti tra la città, l Università e l Ordine riflettendo sul loro stretto e fe-
condo intreccio. Siamo qui per un occasione em inentemente scientllka,
che vede riuniti illustri studiosi italia
ni
, e
ur
opei e americani: e
l
pr
og
ram
ma di queste tre intense giornate di studio
pr
omette un serio
pr
ogresso
negli studi relativi alla storia delia cit tà di Bologna, delia Chiesa, degli
Ordini
mendicanti e della cultura teologica e filosofica del secolo Xlll.
Non potrei aggiungere alcun personale e originale contributo a una di
scussione che si è già aperta e che continuerà, senza dubbio ricca di frutti,
nei
du
e giorni pr
os
simi. Mi permetto tuttavia
di proporre
alla V
os
tra
riflessione qualche breve nota su un
fa
tto che ritengo essenziale, centrale e
basilare per Ja nos
tr
a cultura c per
la
nostra esperienz
a
non solo scientifi
ca e intellettuale
ma
anche civica, di cittadini del XXI secolo, dì uomini c
donne che vivono all alba del
II
I mille
nni
o. Una discussi
one
in corso.
Proprio
in questi mesi,
per
non dire addirittura
.in
questi giorni, due
argomenti ci attraggono e ci coinvolgono; due gra
ndi
temi storici e poli
tici
ci
obbligano a discutere. Da una parte il dibattito sulle radici profon
de
dell Europa
e sulla sua identità, in relazione
con
il le
nt
o non facile -
ma, ci auguriamo, inarrestabile e irreversibile - cammino di cos tru zione
dell U
ni
one Europea; dall a
ltr
a quello, spesso sfociato e sfociante ne lla
polemica,
sui rapp
orti tra la storia d
Eur
o
pa
e
qu
ell idea d
Occid
e
nt
e
che troppo spesso tendiamo ad accettare come un dato
ob
iettivamente
chiaro, concreto, preciso mentre si presenta invece all esamina tore più
attento come dorato di
una
complessa e sorprende
nt
e dinamica. Molti
procedono ancora oltre questO quadro già fin troppo articolato e intrica
to per chiedersi quali siano i rapporti del concetto stesso di Occidente
con
quello
di
M
ode
rnità; ed è evide
nt
e che
un
tale dibattito finisce con
il
confluire con l al tro, non meno affascinante e imbarazzante, quello sulla
natura
e il carattere della Dem
oc
razia.
at r a pro tto oa copy
ght
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4 Introduzione
Ebbene: è forre, credo
in
tutti noi,
l
convincimento che l Europa
moderna abbia preso il suo avvio, se
non
proprio da questa città e maga
ri da questa Università, comunque dai tempi, dai luoghi e dai
problemi
che
in queste giornate noi ci apprestiamo a rievocare e sui quali
ci
prepa-
riamo a dibattere.
La tensione dialettica fra tradizione e innovazione, la dinamica della
continuità e delle successive rotture che l interrompono, sono i connota-
ti di fondo della storia della nostra Eur
opa.
Una delle sue principali
caratteris tiche è la città italiana cd europea del pieno medioevo, labora
torio nel quale si fondano
le
basi
e i
presupposti
di
nuove
forme
di
con
vivenza, di prassi politica, di
modelli
economico-finanziari,
imprendito-
riali e produttivi, di dibattito intellettuale, di ricerca scientifica, di vita
artistica e letteraria.
Nella città a partire già dalla fine dell XI, e con più fo rza dal pieno
XII
secolo, nelle sue sofferte e affermate libertates nel suo spregiudicato
dinamismo c nel suo
rapporto
sia con i poteri universalistici della Chiesa
e dell impero sia con l urgere dei tempi nuovi
che
portano con sé conflitti
politici e religiosi
più
intensi, si radica
una nuova
istituzione, l Università,
che sconvolge e rinnova
l
mondo del sapere, i
modi
della trasmissione di
esso e le condizioni
del
suo
rapporto
con la politica e l economia.
Ormai sono praticamente scomparsi, nel mondo degli studi, sia i fau
tori della continuità ad ogni costo, sia i seguaci convinti della tesi secon
do la quale
tutto quello
che ha
determinato
la storia
dell Occidente
andasse spiegato
sempre
e comunque dal
suo
interno. A
proposito
del
l origine dell Università, si continuano senza dubbio a studiare gli ele
menti che la collegano alle scuole vescovili altomedievali, e che magari
collegano queste
~ i l l
scuole romane: ma nessuno nega più che l Univer
sità in se stessa sia un fatto del tutto nuovo, sconvolgente, rivoluzionario.
L idea dell Università, in sé,
non
deriva né dal
mondo
antico né dal
l organizzazione altomedievale degli studi.
La
radice
da
cui essa nasce
è
piuttosto
la bayt al Hikbma («casa della scienza») del mondo islamico,
un libero ambiente dove si riuniscono i dotti e quanti sono desiderosi
d imparare; e dove primi ricevono, in
compenso
del loro insegnamento,
una
giusta mercede.
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ntroduzione
15
Conosciamo nel nostro medioevo la storia di
Universitates studiorum
organizzate e gestite dai maestri che offrivano a pagamento il loro sapere
mettendolo a disposizione di chi volesse conseguirlo, e quella di altre
gestite invece
da
studenti che si riunivano e si organizzavano per com
prarlo, attirando maestri migliori con l offerta di più vantaggiose condi
zioni. Una visione delle cose come quella alla base di questa commercia
lizzazione del sapere
non
s inquadra se
non
nell attiva e spregiudicata
operosità delle nostre città medievali che sì espandono, inventano nuovi
modi e nuovi metodi di far affari, fanno circolare le merci, il danaro c
le
informazioni; e riescono perfino a indurre la Chiesa a rivedere la sua
dura interpretazione di qualunque forma d investimento creditizio come
«usura». Nasce così la Modernità, tenuta a battesimo dalle tre grandi
realtà cittadine del nostro medioevo: le cattedrali, dove
si
elabora una
nuova scienza e una nuova arte del costruire; le Università, dove s inse
gna a pensare secondo metodi e sistemi nuovi giunti principalmente dal
mondo greco (ma anche persiano), attinti tuttavia attraverso la mediazio
ne ara ba ed ebraica
e
nascono così la nuova logica, la nuova matemati
ca, la
nu
ova medicina); infine le
societotes
mercantili-imprenditoriali,
nelle quali si pratica il prestito a interesse e si avvia un modo nuovo di
intendere il rapporto lra rischio, investimento e profitto.
Uno studioso geniale, Peter Spufford, ha
di
recente
preso
spunto
dalle innovazio
ni
nel campo dell estrazione dei metalli nobili e della cir
colazione del danaro
per
parlare del
Du
ecento come
dì
un «secolo
lungo>>, che comincia dalla seconda metà del XII e si prolunga fino a
lambire gli Anni Trenta del XIV, quelli nei quali si delinea con progressi-
va chiarezza
la
«crisi del Trecento». E appunto in questo «Secolo lungo»,
fra XII e XIII, che le Università si affermarono con forza, configurando
un nuovo modo d insegnare, di apprendere, di porsi in rapporto l potere,
di vivere. E fu, davvero,
la
primavera d Europa.
Città, Università, danaro. Un nuovo modo di convivere, d insegnar e
d apprendere, di gestire la ricchezza. Non sono forse questi i fondamenti
d un
concetto di Modernità che potremmo considerare endiadico, se
non sinonimico, rispetto a quello d Occidente? Consentitemi, parlando
in
Bologna, di rifarmi proprio a un idea elaborata da un Maestro del-
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16 Introduzione
l Università bolognese dei giorni nostri, a Ovidio Cap itani, il quale -
forse in anticipo, storiograficamenre parlando, sui tempi - già licenzian
do
quasi vent anni fa, nel1986, la sua
Storia deLl Italia
medievale edita da
Laterza, proponeva di arrestarla
e
quindi, se vogliamo attestarci - ma
sarebbe semplicistico - su un problema
di
periodizzazione, di «far fini
re» il medioevo) al 1216, alla morte
di
Innocenzo
II
I e all alba dell atti
vità politica di Federico Il: vale a dire - sirnbolicameme,
ché
l assunzione
di tma data ad apertura o a chiusura di un periodo o di un processo sto
rico è
sempre
simbolica - aJla scomparsa del pontefice che con il suo
pensiero e la sua vigorosa presenza sulla scena della Cristianità
ha
segna
to
l
culmine di queJla che appunto il Capitani ha definito «Consapevo
lezza piena della teocrazia papale» e l avvio, liberato dall autorevole e
pesante
tutela del pontefice, della politica di colui che
sempre
dal
Capitani
è
stato qualificato come «indicato da Dante come l ultimo vero,
grande imperatore», ma al tempo stesso «emblematico di una concezio
ne statuale .. consapevoLnente nuova».
Quel
che il Capitani osserva
per
la storia d Italia si può forse agevolmente estendere alla Cristianità lati
na,
quindi
all Europa.
D altronde, tctnto il potere e l autorità della Chiesa
quanto
la libera e
prospera
viLa
della ciuà dell Occidente europeo
erano
minacciaLe, all al
ba del Duecento, da un pericolo, o se si preferisce una definizione meno
impegnativa sotto il profilo valutativo - da un alternativa che si configu
rava nell aspetto di un forte richian1o antigerarchico alia vita evangelica
presentata come un esperienza personale e comunitaria effettivameme
possibile ma fondata concettualmente sul nichilismo negativistico
di
una
teologia e
d una
filosofia suscettibili di
condur
re a una
religio
martis
Per
guanto sia
orma
i largamente accettato il principio già autorevolmente
difeso - e, allora, in controtendenza - da David S. Landes, che cioè non
solo si possa, ma addirittura Ji
debba
scrivere la storia al condizionale,
con tutti i relativi
«Se»,
in quanto ciò consente di far emergere e di evi
denziare adeguatan1ente la pluralità di scelte possibili nel passato e la
variabilità dei processi di soluzione attraverso
i
quali, e
di
continuo,
uno
solo dei molti possibili diventa reale,
non
sento di possedere
né
la forza
né il rigore metodologico necessari per proporre un sia pur sintetico
quadro
di quel che avrebbe
potuto awenire
in
Europa,
e
di
quel che
at r a pro tto oa copy ght
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Introduzione
17
sarebbe stato dell Europa, se
il
catarismo fosse riuscito a vincere in tutto
o in parte la sua battaglia e ad affermarsi sulla c nella Cristianità, a infor
marla dl sé e a modificarla o a sopprimerla. Certo è che tra Loira, Pirenei
e Appennini, lungo l asse del
Camino
de Santiogo che prolungandosi
in
Via fran.cigena conduceva a Roma e di là verso l Oriente, fino a
Costantinopoli e a Gerusalemme, il richiamo del nuovo modo d intende
re il cristianesimo, o meglio della nuova religione esteriormente adattata
ll fede cristiana, si era straordinariamente diffuso ed appariva sempre
più spesso anche quantitativamcntc c culturalmente parlando come
«vince
nt
e». Verbo cataro
e
tentazioni mondane minacciavano contempo
raneamente, opposti sotto
il
profilo concettuale ma non necessariamente
sotto quello pratico, la prospera e felice vita delle città tra paese d oc,
pianura padana e valle dell Arno; e, come tanti trobadori occitani, anche
molti studenti bolognesi
citramontani
e
ultramontani
potevano sentirsi
tentati, l tempo stesso, dalle licenziose gioie dei
gai
saber e dal verbo
austero
dell Interrogatio
Ioh01mis
Vero è d altronde che la fenomenologia della presenza catara nell Eu
ropa tra X
II
e
XIII
secolo si radicava e s innervava in una più diffusa
dissidenza, soprattutto, ma non soltanto, laicale, rispetto alle gerarchie
ecclesiastiche,
il
carauere della quale era, come si è soliti definirlo, pau
peristico-evangelico, e che discendeva dai residui delle questioni lasciate
irrisolte dagli esiti della riforma dell XI secolo e dal riassorbimento di
essi in un ordine disciplinare rigorosamente gestito c controllato dalla
sede pontificia. I tentativi
di
contrastare le istanze ereticali, o anche sol
tanto dissidenti, attraverso l adozione di un genere di vita fondato sull u
miltà e sulla povertà, e l tempo stesso su una predicazione suscettibile
di ricondurre i dissidenti nel seno della disciplina ecclesiale, si erano
delineati, com è noto,
per
tempo: e data
da
circa la
metà
degli Anni
Settanta del XII secolo l si pur sofferta concessione pontificia a Valdo,
o Valdès, c ai suoi seguaci, di predicare: ma era sta ta proprio essa, dopo
il tentativo di Valdès di estenderla alle donne, a provocare la definitiva
rottura tra le gerarchie della Chiesa e il valdismo, poi scisso nelle due
correnti, non sempre facili a distinguersi, dei «Pove
ri
di Lione» e dei
«Pove
ri
Lombardi» . Ma la reazione della Chiesa, dapprima disorientata
e prevalentemente indirizzata alla repressione - come si coglie nel resro
atera pro tto oa copynght
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18
ntroduzione
dell Ad abolendam
-
non aveva tardato a caratterizzarsi per una crescente
coerenza all interno della quale si delineava una strategia attiva e articolata:
ad essa - ch ebbe
appunto,
come grande protagonista, Innocenza III -
si debbono scelte di fondo
come
quelle che ad esempio permisero il
recupero degli «Umilia
ti
» e la l
oro
permanenza nell ortodossia nonché
quello di frazioni importanti del valdismo come quelle guidate
da
Durando di Huesca e
da
Bernardo Primo, che nel corso del primo de
cennio del Duecento avrebbero finito col costituire i gruppi dei «Poveri
cattolici» c dci «Poveri riconciliati», più tardi confluiti in altri Ordini.
Con ciò, l esperienza della povertà secondo
l
modello letterale evangeli
co non veniva più né repressa
né
perseguitata in sé, bensì ammessa e
riconosciuta valida a livello individuale a patto che chi volesse far di essa
il centro della propria vita
non
pretendesse però, nel suo nome,
di
scar
dinare l ord ine della società. Povertà volontaria dunque, ma di segno e
di qualità profondamente diversi rispetto a quella vissuta all interno del
monachesimo tradizionale: c accompagnata dal lavoro e dall elemosina,
come si sarebbe appunto visto con gli Ordini mendicanti.
Conquistare definitivamente g
li
ambienti
cit
tadini, specie quelli
nei
quali-
come a Parigi o, appunto, a Bologna - si stava affermando non solo
un modo nuovo d insegnare e
di
apprendere, ma anche una nuova conce
zione del rapporto fra il sapere, la politica e l economia: questo l obiettivo
della complessa strategia della Santa Sede avviata
da
Innocenza
l l
e per
seguita sia pure in modi differenti e con un diverso grado di consapevo
lezza e d energia dai suoi successori Onorio III e Gregorio IX. A questo
fine, gl i Ordini
mendicanti
erano lo strumento più
appropriato.
E a
Bologna, in diretta comunicazione col amino de
Santiago
attraverso la
Via Francigena che
ne
era la continuazione, a Bologna il cui ambiente
cittadino, e forse in modo particolare studentesco, veniva minacciato
da
quei catari che ormai si stavano comba
tt
endo in Occitania con le armi
della crociata, doveva arrivare - si direbbe «fatalmente» e
«natu
ralmente»,
se si credesse ancora a un «Senso» della storia - quel Domenico già cano
nico regolare di Osma, predicatore ardente contro l eresia degli albigesi,
fon d
atore di una comunità
di
predicatori
nella
città
di
To
losa.
Confessiamo, senz alcuna residua nostalgia
per
le vecchie questioni evo
luzionistiche connesse
con
le «o
ri
gini>>
e per
l
relativo determinismo sto-
at r a pro tto oa copy ght
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Introduzione 19
rico, che vorremmo saperne di più -
per
guanto le f
on
ti, in fondo, non
poco ci dicano -
pr
oprio
a proposito dell Urereignis, del «fatto primario
e fondante» dal quale è necessario partire, la visita a Bologna di Dome
nico nel gennaio del 1218,
durante
uno dei suoi viaggi fra Tolosa e
Roma. La comunità tolosana era ormai già stata scio1ta, e avviata la dia
spora dei
/ratres pr edic tores
in
tutta
la Cristianità. Bologna
dovette
apparire a Domenico come un campo di battaglia urgente e necessario:
grande città, chiave dell Italia padana, illustre per traffici, ricca
dì
una
vita civile intensa
anche
grazie ai molti
eterici
che ivi soggiornavano
come studenti,
quindi
obiet
tiv
o primario della
propaganda
catara.
Un
ambiente a suo modo familiare era ì pronto ad attenderlo, qualcosa che
poteva quasi farlo
tornar
con la memoria agli anni dì Osma: l ospizio per
pellegrini spagnoli tenuto dai canonici di Roncisvalle sito
in
Santa Maria
della Mascarella, fuori dalle mura settentrionali della città. Può darsi che
già lì in quel breve soggiorno, Domenico abbia guadagnato un primo
adepto. Certo è che, rientrato nella sua sede romana del convento
di San
Sisto, egli inviò quasi subito e a più riprese a Bologna alcuni frati, tutti
spagnoli,
per
preparare la fondazione dì
un
convento. Bologna appare
quasi, per qualche verso, una dotta tappa sulla via della dotta Parigi: ed
era chiaro che, se vi si doveva predicare, si doveva farlo
con
un attenzio
ne speciale
per
il mondo privilegiato e difficile dei maestri e degli stu
den ti dell Università.
Sappiamo che i primissimi tempi dei frati, che avevano ottenuto ospi
zio alla Mascarella, furono duri e oscuri per alcuni mesi essi vivacchia
rono nella generale indifferenza, senza riuscire ad attrarre l attenzione né
d
ei
bolognesi, né degli studenti. L esempio della vita povera ed umile era
forse, nella città lieta e dotta più che altrove, tutto
sommaw
poco appe
tibile: e i seguaci di Domenico non potevano sperare
di guadagnarci
troppo
più successo di quanto non ne avessero otte
nut
o eretici e dissi
denti. U progetto di Domenico a proposito di Bologna era tuttavia estre
mamente lucido: conquistarsi uno spazio privilegiato
pr
oprio sotto il
profilo del fascino intellettuale. Per questo egli riservò a Bologna come
suo vicario, alla fine del
18, proprio il
meglio che avesse sottomano in
quel momento: il rn gister Reginaldo, canonico di Saint Aignan d O r
léans, docente
di
diritto canonico a Parigi, che reduce
da
un pellegrinag-
Mat r a pro tto oa copy
ght
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20 Introduzione
gio in Terrasama si era fermato a Roma e che era rimasto conquistato dal
rigore spirituale della comunità insediata in San Sisto. Uomo energico,
affascinante, ampiamente affermato nel mondo degli studi, Reginaldo
visse l suo ingresso nell Ordine come una vera e propria conversio
La storia del successo e dell affermazione dell
Ordine
di Domenico
è
fin dal principio storia della conversione ad esso
di
personaggi straordi
nari, già illustri ed influenti nel soeculum o negli ambienti del clero seco
lare e, in modo tutto speciale, in quelli degli studi. successo del vicario
Reginaldo fu immediato, al
punt
o che quasi subito si rese possibile, se
non necessario,
l
trasf
erime
nt
o
dei
frati nella sia
pur
tuttavia
ancor
modesta sede di San Nicolò delle Vigne, in
qu
ell area meridionale dell a
bitato attorno all abbazi<t di San Procolo appena all int
erno
della secon
da cerchia
mur
aria e quindi a contatto con la fascia che soltanto da una
decina di anni, col tracciamento della ter
za
cerchia, era stata inclusa nel
perimetro murario urbano. Notiamo
per
inciso che anche questo caso si
seguiva la tattica abitu ale degli
Ordini
me
ndi
canti, quella degli insedia
menti pe riferici a presidio nei centri urbani, quasi a circondarli.
Le fo
nt
i-
e penso a Gerardo Frachet e alle sue
Vitoe/rotrum -
n
on
dis
simulano tuttavia, anzi sottolineano con una certa enfasi - che serve forse
a esaltare gli esiLi positivi che vennero dopo - come anche l repentino
succe
ss
o ottenuto da Reginaldo fosse in qualche modo minacciato dalle
paur
e di un fallimento . La comunità era cresciuta in fretta, si sentiva
oggetto
di
un attenzione cittadina fin troppo intensa e non sempre bene
vola qualcu110 tra i frati cominckwa a gu ardarsi intomo e a pensare al
trasferimento in altri
Ordini
Regìnaldo reagl a questi se
gn
i di sconforto
con molta energia, a volte anche con durezza, senza risparmiare
l
ricorso
a penitenze rìgorose e all uso del flagello. La sua decisione e la sua forte
personalità furono senza dubbio alla base del superamento della crisi. Fu
tuttavia l adesione
di
alcuni personaggi
di
grande rilievo a contribuire in
m
odo
forse decisivo alla vittoria su queste prime, non lievi difficoltà.
Tra i primissimi docenti dell Università bolognese a venire conquista
ti dalla
pr
edicazione ardente e lucidissima di Reginaldo e a dare lustro
alla scuola di teologia di San Nicolò -
splendore
di
cherubica luce
si sarebbe tentati di definirla con Dante - furono
l
mogister Artium e
ca
no
nLc;ta
Chiaro
da
Sesto, i celebri Rolando e Moneta detti
ent
ra
mbi
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Introduzione
21
«da Cremona». All affermarsi dell Ordine
in
Bologna giovò comunque
moltissimo
l
fatto che
Dom
enico vi tornasse spesso fra 1919 e 1220,
alternandovi
l
soggiorno con suoi continui viaggi tra Roma e
l
I talia
settentrionale, e che a Bologna - dove aveva incontrato il
magister iuris
canonici e canonico barcellonese Raimondo di Peiiafort, che avrebbe
assumo l abito bianco-nero nel1222 -celebrasse tra 20 e 21 i primi due
Capitali generali
dell Ord
ine, appena prima di passare da questa vita.
Era stata probabilmente salutata, con scarso entusiamo se non addirittura
fraintesa, nell ottobre del1219, la repentina decisione del Padre di allon
tanare fra Reginaldo dalla comunità bolognese affinché egli riuscisse
anche a Parigi, dove
le
cose della comunità domenicana
non
andavano
in
modo soddisfacente, a ripetere
l
miracolo realizzato sulla riva del Reno.
Una scelta che ha fatto e che forse farà ancora colar dell inchiostro.
Il Capitolo generale del 1220 stabiliva come necessario che, per fon
dar
e un convento, oltre a
un
minimo
di
dodici frati e a
un
priore, vi
fosse anche un magister vale a dire un teologo
in
grado d insegnare i
fratelli: l elemento della disputa era difatti inseparabile,
in
una città uni
versitaria e in
un
t
empo
di lotta all eresia, dall attività di
un
Ordin
e
espressamente costituito di predicatori.
All indomani del trapasso del Padre, la devozione popolare anorno al
suo sepolcro e la fama dei miracoli che vi accadevano- cose
in
un primo
momento sopportate non troppo di buon grado dai frati - furono causa
del radicarsi di un culto che di lì a una dozzina d anni, grazie
al
movi
mento dell «Alleluia», si sarebbe espanso in modo travolgente e avrebbe
condotto alla spettacolare traslazione delle reliquie dell233 e alla cano
nizzazione dell anno successivo. Frattanto, l esperienza domenicana
bolognese era divenuta - seguendo
un
indirizzo
già
avviaw fin dai pri
missimi tempi - il centro d irradiazione delle comunità domenicane di
tutta Eu ropa.
In
questo contesto maturò
l
passaggio dal convento
di
San Nicolò e
dalla
domus
donata
ai
frati, nel 1233, dall ex bidello dello
Studio,
Rainaldo, per potervi studiare e tenere le lezioni, allo Studium gener le
dell Ordine,
per il
quale, già dal
124
6,
si
era designata la città di Bo
logna, insieme con quelle di
Oxf
ord, di Colonia e di Mo
ntp
ellie
r
La de
finitiva conferma
del1248
giungeva a sigillare una decisione che doveva
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22 Introduzione
sembrare ta
nt
o naturale
gu
a
nt
o necessaria e doverosa.
Le
Cos tituzioni
dell Ordin
e e
ran
o
stat
e mo
lt
o solle
cit
e ne
ll imp
ostare
una
serie
di di
-
spense a
tt
e a favo
rir
e i frati nel loro sforzo di
stu
diare : a tal fine essi
erano
soll
evati
da
mo
lti
impegni rel
at
ivi alia vita religiosa e liturgica, si
concedeva loro una cella personale e si acco rd ava a chi ne avesse biso-
gno
propter studium
di v
eg
liare durante la no
tt
e, si acce
tt
ava perfino una
deroga al voto delia povertà in
m
odo da perm
ettere
i
frati st
udi
osi
di
possedere
de
i libri. I
fr a ti
erano
milites h risti
nella lotta q
uo
tidiana per
l affe
rm
azione delia Verità: c i libri arma nostrae militiae Una definizio-
ne che po
tr
e
bbe, da
sola, essere acco
lt
a come divisa ta
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o dell
Ordin
e
quan
to
de
lla d
ot
ta
ci
ttà d i Bol
og
na e della sua
imm
ortale,
pr
estigiosa
Università.
FR N OC ARDINI
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23
L CHIES
I
BOLOGN E LO STUDIO
NELL PRIM MET DEL DUECENTO
L ORE rzo PAOLIN(:
Nelle conclusioni del Convegno bolognese de
ll
'aprile 1989, in occasio
ne del X centenario della nostra Università, intitolato proprio teneo e
Chiesa
di
Bologna, si lamentava
un
<<VUOtO» nelle indagini (uno fra tanti):
«Manca uno studio sul ruolo dell'Arcivescovo
di
Bologna in relazione
alla Università. Effettivamente è singolare,
per
l'Ateneo
di
Bologna, l'uf
ficio e i privilegi dell' arcidiacono del Capitolo della Cattedrale. Ruolo
guesto esaminato recentemente. Però è quasi assente un'indagine sulle
relazioni fra l'autorità ecclesiastica locale (normalmente
il
Vescovo era
anche
il
cancelliere) e l'Ateneo». Sorvolando sulle inesattezze, di chi
forse non aveva letto le
mi
e ricerche, benché citate in modo allusivo e
non
esplicito2-
per
diritto comune e consuetudine,
il
vescovo era cancel
liere in tutte le università medievali; a Bologna, questa funzione venne
''') Università di
Bologna.
l) G. D.
GORDINI,
Bilancio
di un
Convegno,
in Ateneo e Chiesa di Bologna, Bo
l
ogn
a
1992
(Istiruro per la storia della Chiesa di Bologna - Saggi e ricerche 4), p.
.355
.
2)
Faccjo riferimemo a L. PAOLU l
La
.aurea
medievale,
in
L Università a Bologna.
Personaggz;
momenti e luoghi
dalle
origini al
XVI
secolo,
a cura di O. Capitani, Cini
sell
o Balsamo (Milano) 1987 , pp.
133-155;
lo.,
L evoluzione di
una
funzione ecclesia-
stica:
l'arcidiacono e lo Studio
a
Bologna
nel XIII
secolo,
in «Studi Medievali», .3 serie,
XXIX 1988),
pp.
129-172; ID.
,
La figura
dell Arcidiacono nei rapporti/ra lo studio c
ln città,
in
Cultura universitaria e pubblici poteri a Bologna dai XII ai XV secolo,
a cura
di
O.
Capitani, Bologna 1990, pp.
31-71; Io.,
L Arcidiacono della
Chiesa bolo-
gnesi' e i coilegi dei dottori dello Studio,
in
Domus
Episcopi.
Il
P
ala:a;o
Arcivescovile
di
Bologna, a cura Ji R Terra, Bologna 2002, pp. 259-
266.
Mat r a pro tto oa copy 1ght
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24
L.
PAOL INI
data all 'arcidiacono per privilegio . Questo regime durò fino al 1798,
quando
il
governo della Republica cisalpina abolì i collegi dottorali e le
funzioni dell'arcidiacono, sostltuendoli con commissioni di laurea di no
mina governativa. Nella restaurazione del governo pontificio, Leone XII
nell824 nominò l'arcivescovo di Bologna arcicancelliere dell'Università
sorvolando sulle inesattezze, rimaneva pur vera la denuncia di un'assenza,
quasi fosse un tabù storiografico, nelle storie generali dell' Università
bolognese ) Quel poco che essi hrumo, sbrigativamente, detto al riguar
do
è un
re/rain
ripetutO senza analisi critica delle fo n ti: l
a
rgomento crea
disagio e irritazione, ancora oggi. Dal Sorbelli
in
poi si leggono va luta
zioni
di
ques to tipo: <<Da
li
ce
ntia
docendi papale] costituì l'intromissione
più perniciosa per un Istitu to che avrebbe vo luto e dovuto restare libero
come era sorto . ora
il papa
distruggeva nella radice la sua azione»;
«l'intervento di Onorio III, come atto autoritativo di diritto imposto...
non poté non costituire una menomazione della secolare libertà dello
Studio Bolognese»;
«[l
Collegi dei dottori] furono così, anche se costi
tuiti da ecclesiastici .. i più rigorosi custod i della laicità de
ll
o Studio
bolognese, che accettò certamente e rispettò l'autorità della Chiesa quale
titolare del magistero dell'insegnamento, ma non si lasciò mai imporre
una effeuiva soggezione istituzionale o
add
irittura una trasf
or
mazione in
sia pure altissimo orga nismo ecclesiastico, come accadde a
Par
igi»;
«il
pontefice infliggeva un grosso colpo anche all 'autonomia dei docenti
c guadagnava una posizione di decisa
pr
eminenza»; «l au torità pontificia
aveva inficiato la libertà delle Università per il conferimento dei titoli e
dei gradi accademici>>:'
3)
a.
d
esempio,
A. SoRBELLT Storio dell Università di Bologna, l, Il Medioevo (secc. Xl-X\1),
Bologna 1940;M. BELLOMO
Saggio
sulL Università
nell età
dei diritto comune, Catania 1979.
4
a. rispettivamente:
SoRBtLU
Storia
dell Università,
cil.,
pp. 92-93; G. DE
V ERG01Tl-
NI, Lo Studio di Bok:Jgna, L Impero, il P
apato
, Bologn a
1
954, ora in
ri
stampa a cura di
C. Dokiru, Spoleto 1996, p. 76; G. C E:-.ICETTI,
L Università di Bologna
i tempi
di
Accursio,
ora in ID.,
Lo Studio di Bologna. Aspetti, momenti e problemi (1935-1970),
a cura di
R.
Ferrara-G. Orlandelli-A. Vasina,
Bo
log
na
1989, p.
120
; R
GRECI, L associa
zionismo degli studenti
dalle
origini
allo
fine del
secolo Xl\ ,
in Studenti e
Università degli
studenti
dal
XII
a XIX
secolo, a cura di
G. P.
Brizzi
e A.
I.
Pini, Bologna
1988 Studi
e
Memorie per la sto
ria
dell 'U
ni
versità
di
Bologna, n.
s.
,
VTT ,
p.
2
9;
A.
DE
BEN
EDTCTlS,
Lo
fine dell autonomia
studentesca
t
ra
autorità e disciplinamento, in ibid., p.
209.
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La Chiesa di Bo
lo
gna e lo Studio nello m nte tò del Duecento
25
Sono solta
nt
o alcune
fr
asi che su
gge
ris
co
no
il
perché de
ll
a
rim
o
zi
one
o
la
sbrigativa a
cc
usa, secondo la quale l intromissione indebita -
co sì è
considerata - de
ll
a Chiesa nel momen
to
più delicato de
ll
a vita de
ll
o
Studio, cioè
dur
ante gli esami fin
al
i e la laurea, segnò la perdita di auto
nomia de
ll
o ste
ss
o. Fu un 1Hte
nt
aro
al
la libertà scolastica, garantita f
in
o
allora da
ll
a
uL
e
nLi
ca
Habt.ta
di Federi
co
I; fu la svoh a che innescò la
decadenza.
Mi
sono
co
nvinto, riflettendo su queste affe rm azioni, che
l atta
cc am
e
nt
o appassionato al mito (per molti aspetti
ve
ro) de
ll
e origini
spontanee e laiche,
in
duce a g
iu
di
ca
re as
sa
i male le tr
as
fo rm
az
io
ni
a
vv
e
nute nel primo Duecento, in cui stabilità e istituzionalizzazione si anco
ravano a solide realrà esterne, in parte al Comune e
in
parte alla Chies
a;
anzi, darne una interpretazione diversa sembra, di necessità, causare il
dissolvime
nt
o di quel mito
fo
ndante de
ll
o Studio bolognese, il mito della
libertà
(o
spontaneit
à)
e della laicità.5Sembra pesare ancora
qu
e
ll
intui
zione
carducciana, che considerava come fattori della gra
nd
e
zz
a di
Bologna il libero Comune e la libera Unive rsità <· Il che è vero, ma essa
va
necessariamente
in teg
rata, se noi attribuiamo - a fianco
di
vaJori fon
dame
nt
ali, quali la libertà e la dottrina - importanza storica anche a
ll
a
so
Udit
à i
sLitu
zionale,
all
a dimensione unive
rsal
e de
ll
a laurea, a
ll
a u
to
no
mia regolata da
pr
o
pri
statuti, alla garanzia de
ll
a qu alità do ttorale.
) Su lle o
ri
g.ini dello Studio bol
ognese
, si vedano le novità storiografiche nel bilan
cio
da
me f
at
to
in
Storia della Chiesa
di
Bologna
medt.e-vale
:
un
«
cant
i
ere»
storiogra/ico
ap
e
rto
,
in
Codice diplomatico de
llo
Cbi
es
n bolognese. Docume
nti
autentici e spuri (s
ec
oli N-Xl[),
a cura di
M.
f nti e L P
ao
lini, Roma 2004 (Ponti pe r la storia dell Ita lia Medi
eva
l
e-
Regesta Cban arum, 54 ), pp.
LXV
-LXXV.
)
È il
fu
lcro del celebre
disco
r
so,
pronun
cia
to dal poeta
all
Archi
gi
nnasio
in occasio
ne
delle celebr
azio
ni de
ll V111
Centenario dell Università cf G. CARDU
CO,
Lo
Studio
bo
lognese, Bo
l
ogn
a 18
88), ch
e viene ripreso
da
A.
V
ASINA,
Lo «studio nei rappot·ti colle
realtà
cittadin
e e il
mondo
esterno nei secoli XII-XN in L'Università a Bolog11a cit., p. 29,
co me «anco ra oggi il rife rimento stO ricamente pi ù corretto e fun zionale pe r in
te
nde
re la co mples
sa
e per molti aspett i oscura dinamica culturale e politico- sociale
..
di
Bo
logn
a»
.
Mat r a pro tto oa copy
1ght
7/18/2019 Bertuzzi - Origine Dell'Ordine dei predicatori e l'università di Bologna
http://slidepdf.com/reader/full/bertuzzi-origine-dellordine-dei-predicatori-e-luniversita-di-bologna 23/57
26
L P AOLINI
E la Chiesa, senza decidere della fama e della dottrina, impedì (nel pri
mo Duecento) che lo Studio (arcipelago di scuole) fosse ridotto a una
comune associazione cittadina, troppo condizionato dai vincoli imposti
dalle a
ut
orità comunali 7
Fu un mezzo secolo decisivo
per
gli assetti istituzionali dello Studio,
che possiamo ricordare solo in modo se
mp
lificat
o
perché ben noti. Sul
versante
int
erno la rapida crescita della popolazione studentesca, mise
in crisi g
li
assetti tradizionali delle soc:ietates e delle comitive, e i rapporti
prcgiuridici fra maestri e scolari
8
- c noi conosciamo per esperienza
dir
et
ta, dall avvento dell università
di
massa, cioè dagli anni Settanta
in
poi, il disordine, la confusione e i conflitti in terni scatenatisi, e quali dif
ficili situazioni in merito alla qualità della docenza e degli
studi
siano
sorte - e determinò la separazione - mai più colmata, e divenuta anzi
il
«modello bolognese», invocato
per
differenziarlo
da
quello parigino9 -
fra le organizzazioni corporative studentesche (unive
rs
itates citra e
ultra
montane, nationes)
con a capo due rettori eletti, e
l
corpo docente, che
anch esso, verso la metà del Duecento, si organizzò in collegio, retti da
priori, con funzio
ni
inizialme
nt
e
di
commissioni permanenti, a numero
chiuso, per gli esami finali e
di
laurea. I dottori non si fusero in
un
orga
no unitario e rappresenlativo, come gli
sLUdenti;
Lullavia, come pluralità
di corporazioni, raggiunsero in seguito, mediante statuti propri, funzioni
7)
Questa è l argomentazione e
ss
enzi
ale
che
si
ricava dallo studio
a11cora
insuperaro
di
G.
ROSSI, «Universitas
scholarium»
e Comune (sec. XII-XIV),
o
ra in ID., Studi e testi di
storia
giuridica medievale, a
cura
di G. Gualandi c N Sarti, Milano
1997,
pp. 141 -
264
.
Per una informazione semplificata
si
può, run
avia
, ricorrere ancora ad
A.
HESSEL,
Storia
della
città di Bologna, 1116-1280,
ed. italiana
a
cura di
G
Fasoli, Bologna
1
975
cd. originaria, Bcrlin
1910),
pp. 217 -
226.
s) Su
queste forme
aggregative
, priv
ate
e sponranee,
vedi G
CENCETII, Studium /uit
Bononie
.
Note sulla
storia
de l'Umversità di Bologna nelprimo mezz.o secolo
della sua
esistenZtJ, ora
in Io., o
studio
di B
ologna,
cit., pp. 29-73 (oppure, con trasposizione delle note dal t
e
sto a piè
di
pagina,
in
Le
origùti dell'Università, resti
a cura
di
G. Arnaldi, Bologna
1
97
4,
pp. 101-151).
9) Sui due m
ode
lli,
in
forma sintetica, vedi M. BELLOMO l Ml dioevo
e
l'origine
dell'Università,
in
L'Università e la sua storia,
a cura
di
L Srracca, Torino
1979,
pp.
13-25.
Matera pro tto oa copynght
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La Chiesa
di
Bologna
e lo Studio nello
p ·m
ntetò del
Duecento 27
decisionali esclusive
per
la vita e la continuità dello Studio, dalla chiama-
ta dei lettori, ai loro stipendi, alla regolamentazione degli esami, alla
limitazione delle lauree cittadine, e infine al potere
di
deroga.
La distinzione fra i corpi dello Studio, come separazione corporat
iv
a
netta rappresentò
l approdo
ultimo (a metà Duecento), come ci a ttesta
l Ostiense (En
rico da Susa, t 1271)
in
una sua glossa al
Liber Extra
(X. l , 38, 7): «Videbantur,
quod
eis non liceret, quasi scholares
non
con
stituan t unum
corpus
vel universi tatem ... Sed
contrarium
est verum,
nam et D
oc
torcs sive magistri collcgium habent et statuta faciunt... et
habent
scholares universitatem».
to
A inizio secolo, però, e
per
o
ltr
e
due
decenni, la divaricazione è tanto forte da conno tarsi in opposizione.
Basterà ricordare un passo di Azzone t 1230 ca.),
grande
civilista, che
non
riconosce agli studenti
l
diritto
di
eleggere i
propri
rappresentanti
(rettori e consoli), al contrario dei maestri, che
<<po
ssono eleggere i pro
pri consoli perché esercitano la professione».
11
Anche se a Bologna ciò
non
avviene, sia perché i maestri
non
eleggono i rettori, sia perché sem
brano non essersi ancora dati
un
proprio assetto istituzionale
con
organi
el
et
ti, come ric
or
da
Accursio
t
1260 ca.),
quando
aggiunge «e così si fa
a
Pari
gi» (et sic
fit
Parisius). Accursio fa esplicito riferimento - segno di
un evoluzione formalmente
non
ancora perfezionala, che Lrova resistenze,
ma che di fatto è già
awve
nuta - alla
tmiversitas scholarium
e ai rectores,
mentre Azzone
parla a
nc
ora
di consules quali rappresentanti
eletti:
«gli
studenti
..
non
possono eleggere
propri
consoli .. allo stesso
modo
degli
apprendisti
dei pellicciai o dei fabbri o
di
simili corporazioni>>. l
lO
Come
da
G. P
OST
, Parisian Masters
as a Corporatt on, 1200-1246,
in
Studies
Ùt
MediaevaL
Legai Thought Princewn N. J 1964, p. 58 nota 174 .
11
Cf.
Lectura in
Codicem, in Corpus Glossatorum luris Civilis, JII
rist.
anast., Torino
1966,
p.
189,
C. 3
13, 7:
«Magistri ergo possum cligcrc consulcs, quia ipsi cxcrccnr
professionem».
L2 Cf. rispe[[i
vameme
per AccuRSIO
Glossa ordinaria,
Lugduni 1604
col. 559
glossa
Pertinet
a
C.
3, 13, 7: «Qui d ergo
in
scholarium universirare?
an
possinr habere
rec-
rores? Videtur quod non, guia non exercenr professionem». Per Azzone,
Lectura in
Codicem
ciL.:
«Unde vide tur quod scbolares qui non exercem professionem ali
qnam, sed sub exercemibus fiam discipuJi. non possum e
li
gere consules, sicut nec
at r a pro tto oa copy 1ght
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8 L.
PAOLINI
Odofredo
è
costretto ad accettare co ntrovoglia la forzatura di un diritto
universale operata da uno stat
ut
o bolognese: «de iure gli scolari non pos
sono eleggere i rettori .. tuttavia
l
creano per una legge municipale di
.
questa Cltta».n
Basterà ricordare w1 a
ltr
o passo di Odofredo, sulla rinuncia alla giu
risdizione criminale nei confronti degli studenti -
a
loro attribuita dal
l imperatore Federico Barbarossa, anche se formulata come scelta privi
legiata degli scolari: «S i
eis
litem super aliquo negotio quispiam movere
vo
luerit, huius rei optione data scolaribus eos coram domino aut magi
stro suo, vel ipsius civitatis episcopo, quibus hanc iurisdictionem dedi
mus, conveniat»;H rinuncia che i dottori fecero al tempo di Azzone:
«E si rinunciò per questa ragione, perché fra gl i studenti lombardi
c quelli toscani nacque una disco rdia grandissima c scontri armati
violentissimi
(maximum bellum),
al punto che
i
dottori non poleva
no intromerrersi in
puniendo
eos. Per cu i dissero che delle cause
criminali si occupasse
il
podestà di questa città ... quella rinuncia,
che fu fatta al tempo di Azzone, riguard<tva gli scolari non chierici,
perché i ch ierici non poterono rinunciare a
ll
oro privileg io».
I5
La testimonianza odofrediana ci attesta la rinuncia forzata dell eser
cizio del potere di foro
ris
ervato dei dottori, e suggerisce che quello del
vescovo - assai poco documentato per i decenni precedenti - riferito ai
discipuli pellipariorum
vel
fabrorum aut similium corporum». L opposizione dei
maestri alla capacità
elerriva degli
studenti parte
da
Giovanni
Bassiano fine
XII secol
o)
e
si
conclude
in
Odofredo, come
ci è
proposto da Rossi, «Universilas scholarium»,
cit.,
pp. 166
-
169;
e
da
Greci, L associazionismo degli studenti, cir., pp.
27
-
28.
u)
Cf
Lectura super Codice, I, Lugduni
1552
,
rist.
anast. Bologna 1968,
f
l48r.
14
Dall Auth
entica
Habita,
ed.
\Y/ STELZER, Zum Schol Jrenprivileg Friedrich Barbarossas
(Autbentica «Habita»), in «Deurschcs Archiv fiir Erforschung
cles Mitrelalters>>,
34
1978),
p.
165.
1
5) Cf. OD
OFREDO, Lectura
super
Codice, I, cit.
, in Authen.
Habita C.
4 , 13
,
Ne filius
pro
patre in fine), f 204r: «Et
fuir
renunciamm tali ratione, quia inrer Lombardos et
Tuscos
fuiL
maxima discordia, et maximum bellum,
iLa
quod domi
ni docLOres
non
poLeram se
intromenere
in
puniendo
eos.
Unde dixerum quod Potestas huius civita
ris
inrromirrcrcr
se in
criminali
causa
...
illa
rcnuntiario quc
fuir facra
tempore domini
Azonis habu
i
locum
in
scholaribus non clericis, quia clerici suo privilegio renumiare
non potuerunt».
Mat r a pro tto oa copy 1ght
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La Chiesa
di
Bologna
e lo Studio nello
p,7
·ma ntetò del Duecento
29
chierici, continuò. Ma noi possiamo leggerla anche dalla parte degli stu
denti, che scelsero il peggio pur
di
non farsi giudicare dai loro professori,
tale era
l
clima oppositivo e
di
generale disaggregazione. Più tardi,
per
le cause civili, furono i
rettori
ad assumere il
compito
di giudici. Qu
anto
ai chierici, siamo
informati
indirettamente dalla lettera di Onorio III
all arcidiacono Grazia del 27 giugno 1219 -
l
giorno preceden te al confe
rimento del potere di
licentia
- in cui il famoso decrerista e decretalista
viene investito della funzione di «penitenziere»
de
llo Studio, di assolvere
cioè quei dottori e scolari «che fra di loro, o nei confronti
di
altre persone
ecclesiastiche avessero
comp
iuto violenze
manus
iniecerint violentas)».
t
Su richiesta degli studenti stessi, che in numero elevato
plures)
si trova
vano in stato
di
scomunica
per
le violenze
compiute in
clericos. L inter
vento papale, così richiesto, esprimeva la «pa terna sollecitudine» verso i
molti do ttori e scolari coinvolti. Il vescovo di Bologna, neppure conside
rato veniva definitivamente estromesso dalla vita dello Studio
ed
esauto
rato dall esercizio del
potere
giudiziario
anche
per g
li
scolari chierici.
Di
lui non si parla affatto nella disposizione, del 1250, del l
egato
papale
Ottaviano Ubald.ini-
un grande
personaggio che riconsidereremo
-c
on
tro la prova
consuetudo
di «comprare» gli esami e la laurea
con
doni e
denaro, reato che comportava la scomunica.n
La
ricomposizione possi
bile e pacifica nello Studio prescindeva dall ordinario locale.
6
Cf. la bolla Catmtlerati.f circumstanttjs, ed. in M. SARTI - M. PATIORlNl,
De claris
Archigynmasii Bononiensis pro/essoribus a sacculo X l usque
ad
saeculum XI\ , li ,
Bononiae
1889-1896,
p.
14:
«qui
ad
invicem in se, aut
ù
alias personas ecclesiasticas
manus i
ni
ecerint
vio
l
entaS>>.
S
uiJ
a rcidiacono Grazia, vedi
PAOL1Nl,
L evoluzione
di
una funzione, cit.,
pp.
138-147; A.
PADOVANI,
Grazia,
in Di
zionario biografico
degli
italiani,
58, Roma 2002, pp.
780
-783.
7)
La lettera,
Cum ab
omni, inv:iata iJ
22
luglio 1250 dal cardinal legato ai professori
dello Studio, che considera e qualifica «prudente.r
v iri,
am ici in Christo carissim
i,
legum doctor
es
Bononie commorantes»,
è
poco nota ASB, San Fra11cesco, campione
rosso
R.
b. 351/5094, n. 25): «Sane cum admiratione audimus .. quod officium
docenldi in civitate Bononie ac app robationis adeptio sub dat ione ac acceptione
munerum usurparur. Cum autem bee prava consuetudo a cupiditatis radice
l[proc esserit, cum sit scientia donum Dei, que dehonestari non debet nec precio
nummario exrimari,
ne
decorem confundat scolastice honestat
is
, nosl[cup]ientes
huiusmodi pravc consuctudi Ì obviare, coosuctudinem ipsam prccipimus a
Matera pro tto oa copynght
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30 L
PAOLINI
Tutto questo -la spaccatura interna insanabile, che portò la struttura
delle univeriitates e il
pot
ere dei rettori a prevalere nell organizzazione
scolastica dello Sudio - alt
erò
a tal punto il sistema
di
cooptazione del
corpo
docente
- oggi diremmo che
i
concorsi
non
erano più selettivi - da
determinare una crisi e un decadimento degli
studi
tali da richiedere sia
una formalizzazione dei rapporti fra le
parti componenti
dello Studio,
sia una regolamentazione delle «prove>> finali, sia l introduzione di una
nuo
va
figura che si rendesse garante del rigore e della qualità delle stes
se.
Pena
il dissolvimento della ragione stessa dello Studio e degli interes
si di
tutti
, docenti, scolari e
Comun
e.
Gli int
eressi del C
om
une, per il
pr
estigio e soprattutto per le grandi
potenzialità economiche che lo Studio e la massa studentesca fornivano
alla città, sia come apporto di capitali esterni sia come moltiplicazione di
attività indotte - alloggi, produzione del libro col st itema della pecia, risto
razione, commercio, abbigliamento, solo per indicare qualche settore 1s si
riassumevano in
un
a politica vincolativa, mediante statuti, per garantirsi
con
impegno giurato
dei dottori
(dal 82
in
poi),
dei rett
ori e
di ogni
laureando
(dal1216/1217
in
poi)
19
che
il
rapporto
fra
la
città e lo Studio
fosse esclusivo e ininterrotto e che la minaccia
di
emigrazioni in massa,
Bononiensi Swdio penirus aboleri .. Si qui vero huiusmodi prohibitionis er precepti
nostri cxtitcrim transgrcssorcs, ipso facto l[sc] novcri.nt cxcommunicationis scntcn
cie subiacere. A qua per archidiaconum Bononiensem, vel per vicarium elus,
ad
quem officium examinandi et approbandi spel[ct]are dignoscilllr, absolvi nullatenus
mcrcantm. Nlsi in prcscncia doctorum et magistrorum ac rcctorum, qui
pro
tempo
re
fuerint, dantes et recipilentes reatum suum confessi
fu
erint et excess
um
, exactis
seu
exLOrùs
penitus
reslÌllllÌS
,
e
LOùdem
collaLis
de proprio per
dicLUm
archidiaco
num IBonooknsem, de consilio
docLorum
ac
ma
gistro
rum
predicrorum,
in
usu s pau
perum exigendis. Et demum hiis pe
raccis,
ab eodem archidiacono
ve
e
iu
s l vicario
mereantur absolulionis beneficium obùnere». EdiLa
da H. D ENIFLE, Urkunden zur
Geschichte der mittclalterliclum Univcrsitiiten, in <<Archiv fl.ir LiLeratur
und Kirchen
geschichte», IV (1888), pp. 243-244.
t8) Per
qu
esti aspetti, decisivi per capire la politica del Comune ver
so
lo Studio, vedi
A.
L
PINI a presenza dello Studio nelt economia di Bologna medievale,
ora in
Studio
università e città neL medioevo bolognese,
Bologna
2005
, pp.
247
-264.
t9) Vedi
al
riguardo,
Rossr, <<Universitas scholan·um»
cit., rispettivamente
aJle
pp.
156-
158,
164-166,
175,
e
178-179.
Mat r a pro tto oa copy
tght
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La Chiesa di Bologna e lo Studio nello p ·m ntetò del
Duecento
31
sempre rivendicata dagli studenti in nome della
libertas scboLastica
e ap
poggiata dal papa, fosse messa fuori legge. Chiunque si fosse adoperato,
dall interno o dall esterno dello Studio, «cospirando per trasferire lo
Studio da Bologna
in
un altro luogo» avrebbe
su
bìto
il
bando e la confi
sca dei beni. o Mentre i professori di gran fama non ebbero, per la mag
gior parte, remore a giurare il vincolo di permanenza, ottenendo dall
amministrazione comunale privilegi - come le esenzioni dalle tasse e
da
imposte straordinarie - e incarichi pubblici extrascolastici lautamente
ricompensati per
co
nsulenze, arbitrati, ambascerie, supervisioni, cd altro
ancora. Venne in tal modo assecondata la logica municipalistica, che
portò nel Trecento alla chiusura dei
collegia,
riservati ai soli dottori bolo
gnes
i.
Gli studenti forestieri invece - owero la stragrande maggioranza -
cercarono soddisfazione nella prolungata lite co
ntr
o i
dura statuta
e l
iliicitum juramentum
imp
os ti
dal Comune chiedendo a Onorio
III
d intervenire. Al papa, peraltro, sulla stessa questione si rivolsero per
un autorevole sentenza gli stessi dottori e il Comune.2
l co
n
so
lidamento dei nuovi assetti istituzionali dello Studio, r
aggi
un
to sia per tappe progressive, sia con la svolta decisiva del
121
9,
awen
i
va
nella confusione generale per tensione e conflittualità permanente. La
minaccia coslante di emigrazione - realizzatasi nel 1204 a Vicenza, nel
1215
ad Arezzo, nel1222 a Padova
qu
asi sempre incoraggiata dal papa,
andava neutralizzata da parte del Comune, e concedendo agli studenti
privilegi
di
tipo organizzat ivo, c accettando l introduzione del valore
legale della laurea
licentia docendi), ri
conosciuta e garantita dal papato,
non semplicemente per decreto, ma istituendovi e impiantandovi un
cancelliere esterno allo Studio - significativamente non viene richiesto il
o) lbid., pp. 178·179. Lo s
ta
nno comunale del 1216 ebbe una nuova redazione nel
1250, che
è
quella nora, per la quale vedj
L
FRA TI,
Statuti di Bo
lo
g
na
dall
anno 124
5
all anno 1267, Bologna 1869, Il, p. 25: «S i quis
jn
venLus fuerit lacere vel fecisse
amodo sectam vcl conspirarjonem pro studio u·ansferendo a civitate bon. ad alium
locum perpetuo banniatur, et omnia eius bona que bon. habuerit publicantur».
2t
Per
queste tormentate vìcende, resta imprescindibile il riferimento a
Rossr,
«Univc
rsitas
scholtu·ium»,
cit.,
pp. 180-196.
at r a pro tto oa copy 1ght
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32 L. PAOLINI
vincolo che fosse anche dottore a Bologna - che fungesse da med iatore e
garante fra dottori,
studenti
e Comune. E
co
me tale fosse accettato: la
figura dell arcidiacono del Capitolo della cattedrale di Bologna,
in
vestito
del potere di conferire le lauree, era la soluzione compromissoria che
andava
bene
a tutti, in quel pr
ec
iso con testo
di
crisi interminabile e
senza via d uscita.
zz
E a questo punto che lo Studio cambia natura, nel momento in
cui
cambia natura la laurea: da cooptazione privata, come un bene che si
trasm
ette
er
ed
itaria
mente,
strettamente legata alla scuola - «Per
cui i
maestri devono costituire come
propri
ere
di
gli scolari che
hann
o gene
rato attraverso la dottrina e la scienza, perché diventino in ordine suc
cessivo
padri
e maestri»,
ci
dice Buoncompagno da Signa 23 - a riconosci
mento pubblico della capacità di insegnare e abilitazione all insegna
mento mediante il co
nf
erimento del titolo do tto rale per autorità papale,
delegata ali arcidiacono. L istituto giuridico della laurea nasce
con
la
Cum
sepe
contingat di Onorio III
dcl28
giu
gno 1219
,2
ed è ben
diverso
dal precedente attesta to interno.
Qu
esta trasfo rmazi
one
viene accolta e
riconosciuta dal potere locale,
pur
con logica municipalistica.
Mentre
22 Questa è la mia tesi, esposta in
L evoluzione di
uno
funzione
ecciesiasticn cit. in par
ticolare
all
e pp. 148-163; e soprauuuo in
Lo
figura
dell Arcidiacono,
cit. , in particola
re alle
pp
. 38-39,44-57.
23) Cf. BoKCOMPAGI O,
Rethorica novùsùna,
del 1235, ed . A. Gaudenzi, in
Bibliotheca
Iurt.dica
Medii Aevi,
II, Bononiae 1892, p. 273, cap.
De principiis conventatorum:
<<Unde
per locum a simili, magistri scholares quos
per
doctrinam
et
scientiam genue
runt sibi debent heredes instituere,
u
patres
et
magistri efficiantur ordine successivo».
Pur essendo già stata introdot ta la
iù
:e
ntin docendi,
formalizzata nella
ca
ttedrale di
S. Pietro,
la
scuola resta un bene ereditario per trascinamento della forza della con
suetudine; e lo sarà
pe
r molto tempo ancora.
n
resro
è
edito in SARTI -
FATIORINI,
De claris Arcbigymnasii Bononiensis, cit., II,
p. 260: «Cum sepe conringat ut minus docti ad docendi regimen assumantur, prop
ter quod et doctomm
honor minuarur, et profecrus impediarur scholarium volen
tium eructiri,
nos
eorumdem utilitari
et
honori prospicere rupiemes, auctoritate pre
senrium
dux
imus statuendum, ut nullus ulterius in civitate predicta ad docendi regi
men assumatur, nisi a te obrenta licentia, examinaùone prehabita diligenti».
Mat r a pro tto oa copy
ght
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La Chiesa
di
Bologna
e lo Studio nello
p ·m
ntetò del Duecento
33
era promossa dal
papato
con logica universalistica, che portò settant an
ni dopo alla licentia ubique docendi del 1291, cioè alla validità universale
della
laurea
bolognese
e alla trasformazione dello stesso
Studio in
Studium
generale.
«Poiché spesso succede che nell insegnamento ven
ga
no assunti i
meno dotti , e a causa di ciò venga
sia
sminuito l honor doctorum,
sia impedito l profitto degli scolari che vogliono erudirsi, noi, desi
derosi di vedere realizzati
la
loro uti
li
tà e il loro onore, con l auto
rità di
ques
ta lettera ordiniamo che nessuno venga più
coopta
to
nell insegnamento nella detta città, a
meno
che
non
abbia otten
ut
o
da te la laurea, dopo aver superato un esame rigoroso».
Nessuno storico, oggi, può pensare ad un at to ricognitivo di una
prassi già in uso;z ma neppure si può sostenere -
come
spesso si legge -
che fosse una intromissione
indebita
o
un
atto di forza o
un
co
lp
o di
mano per esautorare i professori. Consjderato ne
ll
a sua dinamica e nel
contesto in cuj si calò, e non per gli effetti di molto posteriori, quell in
tervento fu visto
come un
salvataggio, necessario - e forse anche concor
dato
dalle singole delegazioni
di
ogni parte interessata -
per
uscire da
un emergenza eccezionale e trovare
un
equilibrio che do ttori, studenti e
Comune non
riuscivano a darsi. Porse og
nun
o auspicava che la soluzio
ne
papale fosse transitoria, efficace p
er
uscire dalla crisi, ma perciò stes
so provvisoria, in quanto non considerata
come
espressione di
un
pro-
getto accentratore del papa. Non mirava a finalità diverse da quelle
esp resse. Anche se
c e
ra grande attenzione e premura interessata verso i
due massimi sacrari della cultura, Parigi e Bologna; anche se
papi
(Ales
sandro III e Innocenzo III
,
cardina
li
e vescovi si erano
formati
nello
2
5 Mi pare
di
aver chiarito questo aspetto della questione, anche nel con tes to storiografico
attuale, in
L evoluzione di
una
/unvone, cit., p.
149; e in
La figura
dell Arcidiacono,
cit.,
pp . 46-47.
Il
merito
di
aver riconsiderato
in
termini nuovi
i
disposto papale
è
stato
di
P. WEIMAR,
Zur Doktorwiil de der Bologneser Legisten,
in
Aspekte europiìisci:Jer
Rechtsgescbichte (Fesrgabe fur
H.
Coing zum 70. Geburstag · lus Commune,
Sonderhefte
17
, Frankfurt
am
Main
1982
, pp. 421-443, pur con il limite, da me cri
ticato, di interpretarlo come conferimento di un potere ad
personam
al solo aròdia·
cono Grazia.
at r a pro tto oa copy ght
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34 L. P AOLINI
Studio bolognese come studenti e docenti , e se
mpr
e più ciò avvenne in
seguito;26 anche se le
Com
pilationes antique
di
decretali papali - la III del
1210 di
Gi
ovanni di Galles, la IV dell216 di
Gi
ova
nni
Te
ut
o
ni
co, la V
del 1226 de ll a rcid iacono Tancredi 7 - e il Liber Extra del 1234
di
Raimondo di Pe
fi
afort, erano ope
ra di
do
tt
ori canonis ti dello Studio
ed e
ran
o inviate nelle sc uole p erché fossero
studiat
e e
int
e
rpr
etate
«ad communem omnium et maxime studenrium utilitatem» , come si
espresse I
nn
ocenza IV n e
l125
3 inviando alc
un
e sue decretali;2s anche se
dai maestri bolognesi ci si atten
de
va un sostegno intellettuale contro
le
eresie del mome
nt
o - si pensi al civilista
Va
cario
e
al maestro
di
fil
oso
fia
e d arti Moneta da Cremona 9 -; anche se l affinità, an zi la connaturalità
fra
Chi
esa ed a
lta
scuola erano c
hi
arame
nt
e avvertite nell am
bi
e
nt
e uni
versitario bolognese: «Se gli uomini di scuola [maestri, vù·i sc
ol
astici)
non fossero amati dalla Chiesa, parrebbe un fatto contro
natur
a, soprat-
26) Vedi, al proposito, VASlNA, o "studio"
nei
rapporti
coLle
realtà
ciuadine,
cit
.,
pp. 38-4
6;
ID
.
Bologna nello Stato
della
Chiesa:
autorità
papale,
clero
locale,
Comune e Studio
fra
XIII e
XN
secok>, in
Cultura universitaria
e pubblici poteri a
Bok>gna, cit.,
in
particolare
alle pp. 138-150; ID .
La
Chiesa
ravenna/e nei suoi rapporti con lo Studio bok>gnese dal
X1l al XIV
secolo, in
tmeo
e
Chiesa
di
Bologna, cil., in parLi
co la
re alle pp . 96-1
04 ;
e
anche
Io., Chiesa e comunità dei/edeli nella diocesi di Bologna dal X
II al XV secolo,
in Storia
della
Cbiesa di Bologna,
a cura di
P.
F rodi
e
L. Paolini,
I,
Bologna
1997,
pp . 113,
11
9-120, 124-125.
27 Vedi, su ll 'argomento,
E
CoRTESE, Le grandi linee della storia gim·idica medievale,
Roma 2000,
pp
.
339·343.
2
8) Cf. d
explicandos nodos, 9 set t.
1253, lettera innocenziana
in
viata
all
' arcidiacono
Filippo:
«.
.. Co
nsLiwtionum
et
Decretalium episwlarum principia
.
.
Libi
competenti
bus
as
signara titulis duximus transmittend
a:
mandantes quatenus ea m
ag
istris et
~ r i b d
ili
gente r exponens ex parte nostra distincte prohibea
s,
ne qu is alias sub
nost
ro
nomine edita vel edendas, in judic
iis vel
in scholis admirrar absque ma
nd
ato
Sedis apos
rolice
speciali»,
in
SARTI
· FATIORINI, De
claris
Archigymnasti"
Bononiensis,
c
it.
,
TI, pp. 174-175 .
29) Sulle loro opere
di
controversistica,
vedi LARINO DA
MILANO,
L eresia di
Ugo
Spe-
r
oni nella
con/uta::.ione del
maestro Vacario, Città del Vaticano 1945;
G G
MERLO,
Ugo Speroni: le
ragioni
della grazia
divina e dell intelletto umano,
in ID.,
Eretici ed ere-
sie medievali,
Bol
og
na 1989, pp. 63-67;
MONETA
DA R
EMO A, Summa adversus
Catharos et Va denses,
ed.
Th.
Ri
cchini,
R
om
ae
17
4
3.
Matera pro tto oa copynght
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La Chiesa
di
Bologna
e lo Studio nello
p ·m
ntetò del
Duecento
35
tut to
co
nsiderando che
è
co
mposta da essi e
si
basa su di essi
.. L orda
scholasticus è
specchio della Chiesa».
Jo
Nonostante tutto questo, mi sembra una forzatura vedervi una strate
gia accentratrice che mette le mani sullo Studio per controllarlo e tr
a
sformarlo in stmmento funzionale alla ierocrazia papale. l controllo
specifico era la selezione agli esami (examinatione prebabita diligentt); e
fu
la prima volta che
se
ne parlò nello Studio bologne
se
. In questa
fase,
dunque, mi pare che la Chiesa abbia avuto un ruolo di mediazione e di
garanzia; c non abbia attuato quella riforma così innovati
va
per sé o pcn-
,
sando al proprio tornaconto.
E
in tale prospettiva che
va
letta l a
ppr
ova-
zione dei nuovi statuti del 1252 - i primi di cui si abbia memoria -
dell Università degli
sco
lari, data da Innocenza V nell253 che li giudi
ca
salubria)
licita et bonesta, ed incarica l a rcidiacono Filippo e
il
dome
nicano fra Daniele di farli os
servare media
nt
e i consueti strumenti de
ll
a
coercizione ecclesiastica; con riferimento
ai
r
et
tori e agli scolari, che già li
avevano
giu
rati, c soprattutto alle autorità comunali e ai dottori, perché
non
vi
si opponessero
in
nulla.
JJ
Una
ri
conosciuta fonte medievale del
diritto convalida la normativa della nuova istituzione emer
ge
nte e preva
lente nello Studio e ne ratifica i caratteri intrinseci, giuridicamente ed
eticameme positivi, cioè buoni, leciti e giusti; e dispone che
la
sua appli
cazione non sia
disattesa.
Si
conclude in tal modo quel processo di paci
ficazione, iniziato un trentennio prima: ora l autonomia de
ll
o Studio e la
libertas scholorium,
sono raggiunte con forme ri
co
mposte.
Jo La
consapevolezza
del
particolare statttS e della funzione è chiaramente presente, ad
esempio, in BONCO:-.•
PAGNO
DA
SIGNA
cf. Retborica antiqua, passo citato dal
DE
VERGOTITNl,
T o
Studio
di
B
ologna,
cit.,
p.
80
nota
1):
<<Ordo
quippe schol
ast
icus
est ccclcsic spcculum, bcrericorum rcpagulum, organum sapientic et candelabrum in
altissimo residens .. Vidererur ergo res in alteram verti na turam, si viri scolastici ab
ecclcsia non diligerenrur, maxime
cum ex ipsis
et in ipsis consistere vidcatul >.
Jl)
Cf.
il
ecti
/iiii
12 gennaio 1253, in SARTi -
FAITORINI,
e claris Archt gymnasii
Bononiensis,
cir., II , p. 174 : «Dilecti illii, Rectores et Universitas scholarium bono·
niensium quedam dicumur edidisse Statura salubria er honesra, qtJe ad utilitatem ec
bonum srarum ipsomm redundare noscunrur; ad quorum obser
va ri
onem
se
, jura
mento prestito, obligarunt. Nos itaque, ipsorum supplicationibus, i..ncllnati, manda·
mus quatenus Statu ra ipsa, prout sunr
li
cita et honesta,
aucLOrita
re apostOlica confir
mantes,
ca
f
ac
i
atis
fumirer
observarÌ>>
.
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36 L. PAOLINI
Ma va detto che
il
quietarsi delle tensioni dialettiche e
il
ragg iungi
mento di una fase di eccezionale splendore dello Studio intorno alla
metà del Duecento
l
'e tà di Accursio e di Odofredo;
in
corrispondenza
con la
massima
espansione territoriale e potenza politica ed economica
d
ella
città, alle quali contribuì
in
modo decisivo
il
legato papale Ottavia
no Ubaldini, già arcidiacono dal 1236 al 1244 e procurator della Chiesa
bolognese n
-
nonostante i disordini politici del 1244, l'uccisione del
decretalista Garmondo e il ferimento di molti dottori e studenti,33 non
dissiparono intorno
alle
funzioni dell'arcidiacono una dissimulata ambi
guità di valutazioni, foriera delle liti future fra dottori e arcidiacono a
partire dall270 e ricorrenti poi fino al Settecento. Da una parte
si
tace
va comple
tam
ente di lui, negU statuti comuna
Ji
come
in
quelJi dell'Uni
versità, poiché nella
Cum sepe
contùzgat non era detto chi dovesse fare
il
«diligente esame», tradendo, io credo, la convinzione di una sua provvi
sorietà e comunque
marginaliLà.
Da parte
invece delJa
decretalisrica, a
commento del privilegio di Onorio III, si taceva dei dottori e dei loro
collegi esaminami e giudicanti, e si estendevano le competenze arcidia
conali a presiedere sia l'esame pr ivato che quello pubblico.J
4
Tanto che
nel decreto sulla
licentia ubique docendi
del 1291 Niccolò
V
poteva
dire: «Chiunque della vostra Universi
tà ...
verrà esamin
at
o e promosso
dall'arcid iacono di Bologna, come è stàlO finora osservato, e otterrà da
lui la licenza all ' insegnamento in diritto canonico o civile, da
al
lora,
n
T
Cardinale meriterebbe di essere studiato dj sana pianta, soprattutto per la sua
azione in favore della città e
deJ
la Chiesa di Bologna.
Si
veda, al momento,
A PARAVTGNT BAGUAJ'.:T, Cardinali di curia e /amiliae cardinalizie da/ 1227 a/1254,
Padova 1972 (Italia Sacra, 18-19), pp. 279-299; e le brevi valutazioni da me fatte
in
La figura dell'Arcidiacono,
cit., pp.
58-59.
H Su questi nuovi disorcliru, vedi Rossi, «Universitas schoklrium»,
cir. pp.
205,215-217.
34) Ho rilevato, credo opporrw1ameore, questa doppia e autonoma normaciva, sorretta
rispettivamenre dalla civiJistica e dalla canonisti
ca, in
L'evoluzione di una unzio11e
cir.,
pp. 155 nora 59, 168.
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La
Chiesa di
Bologna
e lo Studio ne
llo p 7
·ma ntetò del Du
ecento
37
senza [ulteriore] esame e promozione pubblica o privata... abbia libera
facoltà di insegnare ovunque».n Ma è storia successiva. Se per cin
quant anni l istituzione dei poteri dell arcidiacono nella fase più delicata
della vita dello
Stud
io non sollevò obiezioni, né suscitò opposizioni,
sono convinto che fosse
per
un accordo non formalizzato né scritto fra
lui e i professori su compete
nz
e divise: lo sdoppiamento, da sub ito, dell
esame finale
36 - da unico qual era - in
privotum
e
publicum
o
convelttus,
lasciava intatte le competenze e il potere di controllo scientifico dei do t
tori nella prin1a fase (il tradizionale examen), c riservava all arcidiacono
l onor
e e la funzione di
pr
esie
der
e
il
momento della cerimonia di laurea
nella cattedrale di S.
Pietr
o, scandita dalla solenne
pr
esentazione del
candidato
(setmo orcbidiaconi),
dalla
pr
olusione del laureando - talvolta
penosa, come è documentata da Boncompagno da Signa n -, dalla conse-
35
) Cf. Du
m attente
consideratio11is
18
agosto 1291
,
in SARTr - FATTORINI,
De
clarir
Archigyrnnasii Bononiensis
cit., II, p.
19:
« . quicumque ex Universitate vestra apud
civitatem predictam per Archidjaconum bononiensem,
v
el eius
Vi
carium, prout est
ibidem hactenus
ob
servatum, examinatus et approbatus fuerit, et docendi ab eo
licentiam obtinuerit in jure canonico vel civili , ex tunc absqu e examinatione
ve
l
approbatione pub
li
ca,
vel
privata, aliquo, ve abo nova principio regendi atque
docendi ubique locorum extra civitatem bononiensem preructam liberam habeat
fac ultatcm».
J6) La ricalibrarura storiografica sullo sdoppiamenro dell esame finale, che fa pulizia di
luoghi comuni indimosrrati e trascinati da lungo tempo, è stata da me operata in
a
laurea medievale,
cit.,
p.
144;
in L'evolu:.ione di una funzione,
cit., in particolare
alle pp. 164-168;
.in La igura dell'Arcidiacono,
cit., pp 40-41.
n ) C
f
Rethorica antiquo,
I, ed. parziale in
V.
PINI,
Testi riguardanti
la
vita degli studenti
a
Bologna nel
sec.
XIII, Bologna
1968,
p.
29:
«talis celebr
av
ic
co
n
ve
nticulum non
conventum, in qua sedit tamquam byrcus in catbedra, et «rabbi» fuit derisorie
appellatus, quia non erat pu
er
qui sibi de guoUbet sophlsmate non concluderet
manifes te , et ipse in
ob
iciendo procedere non sciebaD>. L
exemplum
rerorico aveva
un reale fondamento rifcribilc a casi accaduti,
c
non era mcramcntc fittizio, come
è
attestato dal
Liber secretus
del collegio civiHstico, ad esempio il 15 ottobre 1411:
<<Fac
ta
fuit
vi tu
perosa publica
sive
conventus dominorumJohannis et Angeli filiorum
Anù1onii de PoeLis... obrobrium hominum et abiectio plcbls .. Nuncquam fac ta ftJ.it
tam ygno
mini
osa publica: in omnibus e
nim
fecerunt miserias, quia
va
lentes nedum
sum
, ymmo chaos ygnoraotie» (c f.
A.
SoRBELLI,
l
Li
ber secretus iuris cesarei
dell'Università di Bologna,
I,
Bologna
1938,
p.
198).
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38
L.
PAOLINI
gna del libro e del berretto, dall osculum pads, dalla benedictio doctoris e
dalla proclamazione del
doctor.
Momenti sì distinti, ma
condizioni
entrambe necessarie, e per l attribuzione di un valore giuridico alle hm
ree e per la stessa ragione
poliLica
dello Studio, come testim onia il fa lso
Privil
egio
teodosiano,
composto intorno al 1225 - Pini lo attribuisce in
via ipotetica al maestro di
ars dictaminis
Guido Fava 38 - , come risposta
interna alla fondazione dello Studio di Napoli o
al
successivo
band
o
imperiale con decreto di soppressione dello Studio bolognese, revocato
da
Onorio
III
nel 1227:
J
«Se uno avrà raggiunto la dignità dell inseg
namento
ma
non
avrà
rice
vuto
il lib ro per insegnare dall a rcidiacono della chiesa maggio
re
,
anche se
fosse
stato promosso dai dottori
di
una
qualsi
as
i
facoltà, lo priviamo della stessa
dignità
e potere>>.
4
o
E quando
nell270
l arcidiacono Ruggero Ubaldini volle intrometter
si nell esame privato, i civilisti reagirono duramente, facendo appello a
un diritto tutelato dalla norma -statuti comunali del 1250 - e dalla con-
38 La datazione tradizionale artribujta a questo famoso falso era compresa fra il l 226 e
il
1234
G. FASOLI, Il falso privilegio
i
Teodosio per lo Studio
i
Bologna,
in
fiilschungen in Mittelalte
r I, Hannover 1988 (Monumenra Germaniae Historica,
Schriften 33), pp. 627-641). A. I.
PINI,
Federico Il Lo
Studio di
Bologna
e il
«falso
Teodosiano»,
ora
in ID., Studio, università e città,
cit., p.
76,
ipotizza una composizio
ne
farra
dal derrarore Guido Fava fra l apr ile
e
l agosto 1225. Per una prima informa
zione, vedi F.
ROVERSI
Mo
ACO,
l
Privilegio Teodosiano,
in
Petronio e Bologna.
L
volto di una storia
Bologna 2001,
pp. 65-69.
39
Sul
lodo papale dcl5 gennaio
1227,
vedi
A. GAUDENZl, a costituzione di Federico
cbe
interdice lo Studio bolognese, in
«Archivio storico italiano»,
s. V,
XLII (1908),
pp. 353-354. l testo del lodo si
può
leggere in
SARTt -
fATTOR
i
l, Dc
cfaris
Archigymnasii Bononiensis,
cit., II, pp .
.37-.38
.
40) Cf. G. FASOLI- G. B. PIGHJ, Il privilegio
Teodosiano.
Edizione miica e commento, in
«Studi e Memorie per
la
storia deli Universitit dj Bologna»,
n.
s.,
1966),
p. 62:
«Si
quis
ad
magistratus dignitatem pervenerir er librum ab archidiacono maioris
ecclesie non susceperit magistralem quamquam a peritis cuiuslibet facultatis fuerit
approbaLus
ab
i
psa
digniLa
Le eLdominio privamus».
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La
Chiesa
di Bologna e lo Studio nello p 7·ma ntetò del
Duecento
39
suetudine: <<ram
de
iure, guam de consuetudine dudum [cioè
da
lungo
tempo] obtenta, hcc ad se spectare i c e n t e s »
Per comprendere in m
odo
compiuto il ruolo della Chiesa locale - nella
figura dell arcidiacono - e del
papato
ritengo che vadano anche fissati e
chiariti i termini di continuità e discontinuità, fra XII e XIII secolo, nelle
relazioni fra le tre istituzioni che definiscono
in
modo precipuo l identità
bolognese: Comune, Chiesa e Studio. Rece
nt
eme
nt
e ho poturo eviden
ziare come i rapporti fra il Comune e la Chiesa locale, durante tutto
il
XII
secolo, fossero sostanzialmente improntati a
u11a
strategia solidale,
il
cui obi
et t
ivo comune era l autonomia politica dall impero e l au tonomia
giurisdizionale ecclesiastica
da
a v e n n a ~ Nella seconda metà del secolo
anche lo
Studio
era stato inserito in questo progetto
comp
lessivo, al
quale però, data la frammentarietà delle scuole, aveva
potuto
dare
un
apporto
solo personale e limitato dei dottori.
4
3 La testimonianza
più
4
)
Parte della lite, di cui non conosciamo
la
conclusione, ven ne raccolta e formalizzata in
verbali notarili, registrati nel
MemoriaLe
12
70,
c.
8r
-v
dell Archivio di
Sraro
di Bologna,
con un resto edito da
SARTI
-
FATIORINI, De claris Archi'gymnasii Bononie11sis
cit.,
II,
pp. 56-57:
<<predicti
doctores dicunr
se jus
habere
in
examinationibus faciendis pro
movendorum ad honorem magisrcrii in jure civili tam in scrutiniis et presemationibus,
ac axjgnationibus puntorum, quam
in
aliis, que in examinationlbus et promorionibus
requirumur tam de iure, quam de consuemdine dudum obrenta, hec
ad
se speccare
dicenres; que omnia dictus dominus Rogerius adnegat, dicens ad
se
solum et ad offi
cium et clignitatem Archidiaconatus spectare» p. 57). Sulla rissa e sulle percosse infer
te al
vescovo
bo lognese, all arcidiacono Ruggero Ubaldìni di trista fama dantesca) suo
fratello, ai canonici e ai loro servirori, durame la celebrazione della messa nella catte
drale
di
S.
Pietro,
il
14 luglio
1270,
vedi
L'evo luzione di
una
funzione
ecclesiastica,
ci
r.
pp.
170-17
1, dove sono indicati i
nomi
dei famosi civilisù bolognesi implicati .
< ~ 2 Cf.
L PAOLlNI,
Chiesa,
città e Studio: l 'invem;ione
deLl'ide11tità boLognese, in
Vitale
e Agricola rrsancti'
doclores
.
Città, Chiesa,
Studio
11ei
testi agiografici del
X secolo,
a cura di
G.
Ropa e
G
Malaguti, Bologna 2001, pp. 85-102.
43) Sul ruolo dei giuristi, vedi
J.
FRIED,
e Entstehung des Juristenstandes im
12.
Jahrhunderl. Zur sm:.i'aLen Stellu11g und poli'tischen Bedeutwzg gelehrter Juristen in
Bologna und
Mode11a, Koln, \YJien 1974, in particolare alle pp. 115 -120. 130-137,
144-157;
e
R. fERRARA,
La
pratica del sapere. Dottrina ed esperienza di governo a
Bologna
(secoLi XJJ-XfTI , in
L'Università a B
ologna
. P
ersonaggi, cit., segnatamente
alle
pp. 6
1-
6.3.
Mat r a pro tto oa copy 1ght
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40 L
PAOLINI
consapevole del processo identitarie cittadino
è
rappresentata da
un
testo agiografico, la Vita sancti Petronii
(1177-1180),
scritta da
un
mona
co di Santo Stefano con l ' intento di indiv
idu
are e sostenere la figura
di
santo
patrono
più
ada
tt
o per la realtà bolognese , ovvero la tutela, il
patronato e la rappresentatività civica religiosa di ognuna delle tre istitu
zioni e condivisa dal lo ro insierne.44
L'unico a centrare l obiettivo dell\mtonomia fu il Comune; la
Chi
esa
forma lm
ente
vi dovette rinunciare , anche se non venne
mai
meno la
competizione con la pr
op
ria metropoli,
superando
la nel Duecento
per
importanza con
l app
oggio del
papato.
Me
ntr
e sul fronte
int
e
rn
o, nel
l arco di oltre quindici anni (1215-1219, 1220-122 1, 1230-1233), Co
mune e Chiesa furono in lite
per
l'autonomi< giu
ri
sdizionale, civile e cri
minale, di
quest ult
ima sulle proprie terre e castelli.
4
5 Lo Studio,
per
ini
ziativa delle organizzazioni studentesche e con il sostegno della Chiesa,
poté raggiungere la propria a
ut
onom ia verso la me tà del Duecento:
emb lematicamente, nel
1250
agli studenti stranieri fu riconosciuta la
condizione di cives per la loro persona e per la custod ia dei loro beni.
4
6
La
sfasatura cronologica del processo
di
autonomia dello Studio, m
oti
vata anche dalla sua l
enta
trasformazione da insieme
di
scuole private in
isLituzione
pubblica
unitaria, rispe uo a quello politico ed ecclesias tico, al
di
là dei disordini e della crisi interna, segnò il brusco passaggio da una
fase converge
nt
e e solidale (XII sec.) ad una divergente di ricerca spa
smodica
di
autonomia. Tutto
l
primo Du
ecen
to fu segnato da questa
tensione, e il nuovo equilibrio istituzionale sanzionò il recupero comple
to dello Studio, unica istituzione in ritardo.
44) Su questa fonte agjogra6ca, oltre aJ sottoscrjtro
in
Chiesa, città e Studio cir., in parti
colare alle
pp.
94-102, l i è recentemente interessato A. L PINI, Un agiografia «mili-
tante»: San
Procolo,
San Petronio e il patronato civico di
Bologna
medievale ora ln ID.,
Ciuà,
Chiesa e culti civici in
Bologna
medievale,
Bologna 1999, pp. 251-279.
45) Si veda, al riguardo, HESS
EL,
Storia della città di Bologna cir. , pp. 207-212 ;
L PAOL Nl,
Della Fratta Enrico,
in
Dizionario biografico degli italiani 37, Roma 1989,
pp. 1-5;
A. I
PiN
I,
Proprietà vescovi/i e comune di
Bologna,
ora in
ID., Città, Chiesa
e
culti civici
CÌL,
in particolare alle
pp.
185-191.
4
6
Vedi
Hl.:ssEL,
Storia
della
città di
Bologna, cit.,
p.
223; c RossJ,
«Universitas scholarium»,
CÌL,
pp.
202·210.
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La Chiesa di Bologna e lo Studio nello p 7·m ntetò del Duecento 41
Infine, l interpretazione
da
me proposta
di
un ruolo
di
mediazione e
di garanzia della Chiesa, che rovescia
il
significato dei suoi interven ti,
non già mortificanti la libertà e l autonomia dello Smdio -così , casomai
il Comune - bensì orientati a darne una versione solida, condivisa e mul
tilaterale, ancorata al papato,
non
in balìa
di
pressioni e minacce interne
e loca
li
o esterne, a esercitare un arbitrato permanente che impedisse
sopraffazioni o incorporazioni, questa
int
erpretazi
one
trova conferma
(io credo) nella scelra della figura ecclesiastica, cui fu conferita la funzio
ne di «chiave di vo l
ta>>
dell autonomia dello Studio entro il sistema delle
altre autonomie. L arcidiacono -
mogister
Grazia, così come
il
magister
Tancredi, e come a fine secolo
il magister
Guido da Bai
so-
sce
lt
o diretta
mente dal pontefice;n rappresentò meglio
di
chiunque altro tale coordi
namento superiore. Meglio del vescovo, come
awenne
nelle altre uni
versità italiane ed europee. Il vescovo, anzi, a Bologna, la figura notevole
di
Enrico della
Fratta non
avrebbe potuto rivestire quel ruolo, non
aveva i requisiti
di
uomo
e
autorità sopra le parti come le circostanze
richiedevano: era parte in causa, per la lite con il Comune, nella quale fu
coinvolto anche lo Studio da Gregorio sospeso
per
quattro mesi dopo i
dieci
mesi
di esilio volontario;
ed
era un fedelissimo del1 impero.4s
L arcidiacono, invece, emancipatosi dall esclusiva funzione vicaria del
vescovo con il pieno sostegno papale,
9
o era un canonista di fama, gra
dito
al
papa e ai dottori, stimato dagli studenti; o era un personaggio
pubblico come Ottaviano Ubaldini,
il
quale, benché
di
famiglia ghibelli
na, nella politica interna bolognese si era proposto e imposto come me
di
atore politico fra il comune nobiliare podestarile e quello
di
popolo,
favorendo la necessità della coesione e dei compromessi. E Bologna gli
4
7 Approfittando di situazioru eli
vacanza
o di disaccordo fra il Capitolo delia cattedrale
e
il vescovo, come ho sottolineato in Ùt
figura dell Arcidiacono,
c:iL. pp. 50-51
nota n.
45.
4
8) <<D
ilect
um
fidelem principem nostrutm> , lo definisce l imperatore Federico TI nel
diploma incliri
zza
togli
l
25 novembre 1220
(cl. J
·L.
A.
HulLLAJm BRÉHOLLES,
Hist
oria
diplomatico
Frzd
erici secundi,
TI/ l , Parisiis 1852, p. 28).
4
9) Se ne veda
la trasfo
rmazione
dalla
seconda metà del XII secolo alla prima metà del
Xlll
,
in
L
evoluzione di
una
funzione ecclesiastica
ci
t.,
in
panicolare
alle
pp.
12
9-137.
Mat r a pro tto oa copy ght
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LE SCUOLE DEI LEGISTI
ALL INIZIO DEL DUE ENTO
LUCA
LOS
CHlAVO'
43
l L'arrivo di Domenico a Bologna, la fondazione della comuni tà dei
Frati Predicatori e il progressivo, profondo radicamento di quest'ultima
nel tessuto della città
1218-1250),
coincidono con uno dei momenti
senz'a
ltr
o più vivaci e intensi - per non dire incandescen ti - della vita
dello
studium
bolognese. Nei
primi
decenni del
Du
ecento, Bologna si
co nfe rma la regina riconosciU[a dello stud io e dell' insegnamento de l
diritto. Varie scuole si co
nt
endono un numero impressionante di studen
ti:
si parla per quest'epoca
di
circa mme schoLares residenti
in
città. Tra
gli in segnanti figllfano personaggi di notevole caratura, alCLmi dei quali
vanno anzi senz'altro annoverati tr<:l
i
più grandi giuristi d ogni tempo.
Vo le
nd
osi limitare ai soli
Legisti -
questo è
il
nome che si danno coloro
che Lengono le cauedre di
ius
civiLe,
va
le a dire del diritto romano giusri-
'' )
Un
ivers ità di Teramo.
1
) Secondo una Lestimonianza di Odofredo, all'epoca
di
Azzone vi sarebbero stati in
Bologna
X.
milia
studenti; cf.
N
TAMASSI
A Odo/redo. Studio storico-gùm dico,
ora
in
Io
.
Scritti di ston <z giuridica, IT Padova 1967
pp.
385-46 qui in
particolare
pp. 412 ss.
Un
numero
così
esorbita
nL
e è naturalmente difficile
da
creder
e. Co
n maggiore pro
babilità si può credere invece a un errore di trascrizione risp
erto
a un'indicazione
orig1naria di
un numero - comunque elevatissimo - di
mi
lle studenti;
cf.
H.
LANGE,
Romi
sches
Recht im Miltelalter.
I
Die Glossatoreu Miinch
en
1997 ,
p.
39
nt.
21.
Matera pro tto oa copynght
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44
L. LOS
CHIAVO
nianeo -
è
sufficiente rico
rd
are i nomi di Azzone (...
1190 - 1229...),
2
U
go
l
in
o
dei
Presbiteri(
.. 1197 - 123 3 ..) 3
Iacopo Balduini (
.. 1210 - 1235),4
Accursio
... 1213
1259 ...
)
e Odofredo
. .. 1234
1265).6
Dopo
un secolo di vita , tuttavia, la scuola
di
diritto fondata da
Imerio attraversa sotto vari aspetti
un
momento cruciale. Pur potendo
ancora vantare una superiorità «moral
e»
derivante appunto dall essere
erede diretta del magistero della lucerna iuris
(come ormai tutti defini
scono
Im
erio), la scuol
a,
o meglio,
le
scuole bolognesi si trovano ora
al
centro di una serie di attacchi portati dall es terno come dall interno.
Negli anni
che
segnano
il
passaggio tra
il
XII e
il
XIII secolo, Bologna
conosce infatti
in
rapida successione l emergere prepotente della co
m
ponente
studentesca e quindi l inevitabile scontro di questa con
il
Comune, a sua volta determinato a esercitare un controllo sempre più
invasivo sull attività delle scuole.7
Alle vicissitudini interne
si
aggiungono
2) P. FtoRELLI v.
Azzone,
in
Diz. Biogr.
ùgli ltaL., vol. 4 1 962), pp. 773-781, e ora
LANGE m. l) pp. 255 -261.
La
data j morte - tradjzionalmente posta
al
1220 deve
forse essere posticipata
in
base all orazione
di
presentazione di un
ca
ndidato a
ll
esa
me
di
doLLoraLo scoperta ed edita da
E.
Conte
(Un senno pro petendis
insignii ;
ul
tempo di
Azzone
Bagarotto, in
RSDI 60 [1987J pp. 71-86)
e
da cui parrebbe infaLti
pote
rsi ri
cavare che Azzone
fosse
ancora vivo nel1229
.l LANGE (nt. 1), pp. 271 -274.
4)
Dopo la voce
di R.
Abbondanza per il «Diz. Biogr. degli
ltal.» (vo l.
5 [1963]
pp.
521
-525), si vedano ora N. SARTI, Un giurùta tra
Azzone
c Accursio. Iacopo
di
Baldt1ino (1210-1235 e il Juo «Ltbellus imtructionum advocatorum», Mi
lan
o 1990,
pp.
1·5 e ID.,
Sull identità del «dominus
Ia
cobus quod Ianu
ae
in
equ.o
armatus tulit
sententiam». Intorno a una
nuova
/onte, in
RSDI
62
(1989) pp. 363 -382 e, finalmen
te,
LANGE (nt.
1
),
pp. 286-290.
5)
P.
FIORELLI, v. Accorso, in
«Diz. Biogr. degli
Itai.>>, vo
l. l (1960),
pp.
116-121; L ANGE
(or.
1),
pp. 335 -385 .
6) Oltre a TAMASSIA (nt. l ), v. ora LANGE (nt.
1),
pp. 323-334.
7) Cf.
in
particolare G. Rossi,
«Uniuersitas scholarium» e Comune (Sec. XII-XI\1),
in
«S tudi e Memorie per la Storia dell Universjtà di Bologna», n. s. I, 1
955,
in parricola·
re pp. l
-53
dcll cstrauo. D<t tale scontro, i cui toni sono spesso aspri c che si prolun
ga per parecchi decenni, esce ben presro ridimensionaro
il
ruolo dei docenti: pur
continuando ad essere onorarj e riveriti dagli srudenri per la loro sapienza, essi per
dono tuttavia
qucll auctoritas
che compeLcva al
macsLro (dominus) nei
confronti del
l apprcndisra c c
he
i lcgisti delle prime generazioni si erano scnz altro visti riconosce·
Mat r a pro tto oa copy 1ght
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Le scuole dei legisti all inizio del Duecento 45
poi
il moltiplicarsi delle attenzioni - non del rutto disi.nteressate
8
- del
pontefice e, di contro, l ondivago atteggiamento di Federico II che, a
metà
degli
anni
20, sfocia in ostilità dichiarata.9
E parso ad alcuno che, di fronte a tali vicende, l atteggiamento dei
professori bolognesi si sia caratterizzato per una certa remissività. Si è per
esempio
notato
come nessuno di loro
-conosciuto
o meno
che
lo abbiano
- faccia mai cenno al falso privilegio teodosiano il quale, dal canto suo,
dovette invece essere concepito proprio in risposta al bando federiciano
del
1226.
10
In realtà, non
è
del tutto
esatta l affcnnazionc
secondo la
re
dai loro
socii Jcholares; cf. G. CE..\JCETn, l oro degli scolar
i t1egli s t ~ t i
medievali ita
liani,
in lo., Lo studio di B
ologna. Aspettz;
momenti, problemi (1935-1970),
saggi
raccol·
ti a cura di
R.
Ferrara- G. OrlandeUi. · A. Vasina, Bologna 1989, p. 97 già in <<Atti e
Memorie della Dep. di Storia pau·ia per l
E
milia Romagna», [1939-1940]) e quindi
E.
CORTESE,
i rinascimento giuridico
medievale, 2•
ediz., Roma
1996,
pp. 43
-45. I
doc
to
res legum, pur provando a reagire sostenendo
la
non legittimità
de
ll elezione dei
rettori da parte degli studenti
(è
la posizione sostenuta da Giovanni Bassiano,
Azzone, Accursio e Odofredo sia sulla base della const.
Hahita sia,
soprattutto,
del
Codice di G
iu
stiniano; cf. R
OSSI, Universitas,
cit., pp.
19 ss.),
finiscono con il trovarsi
sottoposti a un duplice condizionamento: quello
dell
universùas
scholarium
che vin
cola sempre più pesantemente tempi
e
modi dell insegnamento e quello dd Comune
che impone loro,
già
dal 1189, un giuramento che li impegna a non insegnare al di
fuori della città e
a
prestare colhborazione alle istituzioni cinadine < ~ l di là della
vicenda di Pillio da
Medicin11,
il primo episodio sicuro è quello relativo
al
cremonese
Lotario; cf. da ultimo
L.
LOSCHIAVO, v. ÙJtario da Cremona, in <Diz. Biogr. degli
Iral.»,
vo l.
66 [2006], pp. 179-181, con indicazione di ulteriore lcrrcratunt).
s) È Onorio
III
in particolare a farsi interprete della resistenza che
gli
scolari oppongo·
no
i
provvedimenti del Comune limitaLivi della libertà e delle prerogative loro.
Per il significato dci suoi interventi (del 1211 , del l 217 c, soprattutto, del 1219) si
rinvia scnz altro
al
testo della relazione del prof. Paolini in questo stesso convegno.
9
) L imperatore, desideroso di punire la ciuà per la sua adesione alla seconda Lega
lombarda, interviene una prima volta nel 1226, interdicendo lo studio e l insegna
mento nella città emiliana
c
invitando sn1dcnri
c
docenti a recarsi presso lo Studio di
Napol
i.
Secondo il de Vergottini, Federico rendeva in
ta
l modo manifesto il disegno
di trasferire lo srudio come istituzione da Bologna a Napoli, un disegno che conti
nuerà a perseJ;,ruire con ostinazione sin quasi al termine del suo regno G. DE VER-
GOTTJNJ, Lo studio di Bologna, L'impero, il
papato,
Bologna 1954-56, ma d t. qu i dalla
rist. a cura di C. Dolcini per il CISAM,
SpoleLo
1996, pp.
52
e
59) .
lO)
Cf. G.
FASOLf,
l
falso privilegio di Teodosio per lo Studio di Bologna, in
«Fii.lschun gen im Minelalter» (MGH- Schriften 33 .
1)
, Hannover 1988, I, p. 638.
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46
L.
LOSCHIAVO
guale i legisti bolognesi non avrebbero mutato
il
tradizionale atteggi
a
mento
di
favore nei confronti dell istituzione imperiale e delle sue prero
gative assolutistiche.
11
Proprio nei decenni iniziali del
Du
ecento matura
infatti nelle scuole bolognesi (in quella
di Azwne
e, forse ancor più incisi
vamente, in quella
di
Ugolino) una diversa valutazione dell origine e del
l ampiezza del potere imperiale. Partendo da un differente apprezzamen
to del contesto storico, l giuristi cominciarono a riv
ede
re l inte
rpr
etazione
irneriana dell antica
ex regia
come definitivo trasferimento del
potere
originariam
ente
spettante al popolo. Lo stesso popolo, infatti,
di
gucl
potere avrebbe conservato
reliquiae.
In
o
ltr
e, n
on
di
alienazione si sarebbe
trattato,
ma di una
particolare estensione dell istituto tutto pdvatistico
della delega. E
il
delegante,
si
sa, del diritto cede solo l esercizio mante
nendo invece la titolarità e, con essa, la possibilità
di
revoca.I2
2. Ben maggiore preoccupazione,
in
ogni caso, dovette destare,
tr
a i
legisti bolognes
i,
l attacco congiuntamente lanciato da un
num
ero sem
pre
crescente
di
scuole di
dirino
sorte in maniera repentina in
Itc:Ùi
a
come al di là delle Alpi. Come già era accaduto, in particolare nella
seconda metà del secolo precedente, molte
di
queste scuole ve
ni
vano
fondate
per
iniziativa degli organismi cittadini che, intravedendo le note
voli possibilità
di
sfruttamento economico che l arrivo
di
studenti poteva
g<
rantire,
f<:1ceva
no
og
ni sforzo
per
attirare a sé professori e studenti. I
d
oce
nti,
soprattutto
quelli
di
fama, venivano allettati
con
p romesse
seducenti
s
ia pattuendo stipendi versati dalle istituzioni comunali sia
promettendo
privilegi e incarichi
di
prestigio);
gl
i studenti er
<1no
attirati
con
la promessa
di
assicurare l
oro
condizioni di vira migliori di quelle
offerte
dall'alma mater
(si possono ricordare le migrazioni studentesche
da cui nacquero g
li studia
di Vicenza nel 1204,LJ
di
Arezzo nel1215, di
11
) Come a[erma per esempio
il
de Vergottini (nt.
9),
pp.
59 ss.
12 Su quesro complesso tema- che poi è quello della capacità derogatoria della consuem
dine di fronte alla
legge
impe riale - cf. soprattutto E. Co
RTESE
a norma
giuridica
, n,
Milano 1964 = 1995), pp. 122-138 in particolaJ·e pp. 130-133) e pp. 169 ss. {in par
ticolare
pp.
171-177).
1
3) Dove, sarà bene ricordare, assieme agli studenti si trasferiscono anche maestri di un
certo prestigio
come
Lanfranco e
Cacciav
ill
ano.
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Le scuole dei legisti all inizio del D
uecento
47
Pad
ova nel 1222 e
di
Vercelli ne
l122
8). Altre scuole sorgono invece per
dir
et
to interessame
nt
o d
eg
li imperatori o dei papi e possono quindi van
tare, a differenza di Bologna,
il
crisma dell ufficialità (Pederico II fonda
nel 1224 lo
studium di
Napoli e nel 1246 quello
di
Siena, Gregorio
IX
riconosce nel 1235 quello di Orléans e, nel 1248,
Innocenza
IV procla
ma
Piacenza
studium generale). H
Talune
di
queste scuole durano lo spazio
di un
martino, non vanno
o
ltr
e, cioè, la
durata
dell insegnamento
di
questo o quel maestro capace
di attirare gli studenti col solo prestigio del
propri
o nome.t
5
Altre però
riescono ad organizzarsi
in
mani
era più solida e
si
propongono agli stu
denti
con
un
tipo
di
insegnamento
che è
spesso
di buon
livello qualitati
vo
. Queste scuole - che
in
contrapposizione
all almo moter bo
lognese
sogliano essere definite come «minori» - attuano in realtà una concor
renza agguerrit
a:
l offensiva viene lanciata sia sul piano della didattica sia
su quello dei contenu ti.
Quant
o alla didattica, in alternati
va
al metodo
de
ll
a glossa - troppo lungo e faticoso - viene
pr
oposto il met
odo
brocar
di
co e un ben più ampio ricorso alle
quaestiones,
in particolare a quelle
cle
facto
che meglio consentivano rife
rimenti
al m
ondo
della prassi.
16
Prop
rio la maggiore attenzione
per i
tribunali e
per
ciò che accade
va
al
di fuo ri delle aule accademiche caratterizza queste scuole anche in rela
zione ai contenuti dell insegnan1ento. Vi si studia con particolare riguar
do l processo (
pr
oprio
il
diritto processuale era l settore della compila-
14
Olu·e a P.
CLASSEN
, it
alienische Rechtsschulen auf,erhalb
Bolognas, in l o. U Fried
hrg.),
Ric/:;terstand und R
ec/:;t
swissemcha/t in italienischen Kommunen des
]ahrhundert, [MGH ·
Schriften,
28]
Sumgart 1983, pp.
29-45
, cf. per ulterio
ri
noti
zie e letteratura L
Al \G
E(nt.
l )
pp.
47-59.
1
5
Cf., per e
s.
,
M.
BELLOMO, Scuole giuridiche e
~ m i v e r s i t à
studentesche
i n
Italia,
in
L GARG t\N
l
O .
t ~ O N
curr., <<Luoghi c metodi di insegnamento ncU Italia
medioevale
(seco
li XII-XIV)», Atù del Conv., Lecce-Otranto
6-8-10-1986,
G
al
atina
1989, pp. 128 ss.
16
) Ra cco l
te
di quaestùmes, specialmente
su
te
mi sin
goli, o p
ezz
i che
usa
oggi chiamar
trattati o trattatelli, mentre a
Bol
ogna
seJVono
solo da sfondo alle attività principaJj, a
Modena,
ad
Arezzo, a Parma, a Reggio e nella stessa
P
d
ova
deten
go
no
la
palma
trionfalmente»; così E. CORTESE, Scienza di giudici e scienza di pro/es.rori tra
X
e
xm reco/o,
in
«Legge, giudici,
gi
uristi», 1\rti del Conv. di Cag liari 18-21. 5. 1981 ,
Mil ano
1982,
p. 11
7.
Mat r a pro tto oa copy
1ght
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48 L . LOSCHIAVO
zione di Giustiniano che si mostrava bisognoso
di
maggiori adattamenti
perché risultasse adeguato al contesto contemporaneo). Soprattutto, poi,
si offre agli studenti la possibilità di coniugare lo studio di Giustiniano
con quello dei diritti concorrenti -
il
feudale,
il
longobardo e lo stesso
diritto canonico - che, sdegnosamente esclusi dalle scuole bolognesi
tutte concentrate sul so lo
ius civile,
po tevano tuttav ia apparire necessari
a c
hi
intendesse intraprendere le carriere fo rensi. n
3. maestri bolognesi non tardarono ad accorgersi del pericolo che
queste nuove istituzioni costiruivano e si diedero a p redisporre le o
pp
o
r
tune difese.
Su un piano che porremmo definù·e formalistico , essi presero spumo
dalla medesim
a,
antica leggenda sulla quale era stato imbastito il falso
privilegio teodosiano e che voleva la città di Bol
og
na dapprima distrutta
e poi rif
ondata dall imperatore Teodosio per ingiunzione di Ambrogio
di Milano. Insistendo sulla
di
gnità «reg
ia
» che la città avrebbe in tal
modo conseguito e sottolineando qua
nt
o
Gi
ustiniano stesso aveva detto
int roducendo
il
Digesto const. Orrmem, § 7),
i
legisti bolognesi pretese
ro di derivare non solo la legittimità della sola Bol
og
na (unitame
nt
e a
Roma e Bisanzio) a ospitare scuole di diritto, ma anche la facoltà di
dispensare agli studenti che superavano l esame finale il tirolo di
doctor
con le connesse prerogative e immunità.
1
s
1
7 Op . cit., p. 19 ss., e
se
mpre Cortese (n
t. 7 ,
pp. 27 ss. e poi
passim.
ta
La r
es
i
se
mbra essere sra ra sosrenura pe r primo da Giovanni Bass
ian
o, segu j
ro
poi da
Azzone e da
Od
ofredo; cf. specialmente Odofredo, iect. in consr. Omnem §
bee
autem (ed.
Ju
D
ig.
Vetcr
is,
Lugduni 1550 = Bologna 1967, 4rb) e
io
D. 27.
l
6
de excusationibus, l
i
duas ; ed.
Ja
In/ortiati,
L
ug
dunj
1552 = Bo logna 1968, 52
rb
ca . fi. . Si vedano quindi N. TAMASSIA (nt.
l )
pp. 394 ss., U. GUALAZZL I, La scuola
giuridica
reggiana nel Medio Evo,
Mil
ano 1952,
pp.
59-62 e
15
4
ss.
e M.
BELLOMO
Saggio sull università n eli età del diritto comune, Roma 1992, pp. 138-
14
0. Circa l esa·
me finale sostenum dagli s
ru
denti bolog nesi che intendessero fregiarsi del
ci
talo i
iegum doctor, P.
WE IMAR
(Zur Doktorwurde der o l o g n s ~ Legisten, in
<<Aspe
k
re
eroplliscl1er Rechrsg
eschicl1te»
. Fest
ga
be fur H Coing
[Ius
Commune - Sonderh
efre,
17]
Frankfurt a.
M. 1982,
pp.
421-443)
ritiene che esistesse
già
qualche anno prima
del
l emanazione de lla boll a «Cum sepe» da pan e di O norio lll (28. 6 . 12 19).
An alogamente L
ANGE
(n
t.
l ),
pp. 43 ss.
Mat r a pro tto oa copy
ght
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50 L. LOSCHIAVO
cardico,
l
più ampio ricorso didattico a summae e quaeJtiones e la pre
coce (per Bologna) apertura verso i diritti conc
orre
nti
il canonico e il
feudale) e, più in generale, verso l mondo
dei
tribunali
Molte delle novità del
maestro
furono poi riprese e sviluppate dai
du
e gran
di
allievi
i
quali, tuttavia, solo
in
qualche caso
appaiono
fra loro
in
sintonia e
si vedono procede
re su
strade
parallele. Assai
più
spesso
intraprendono invece p
ercorsi
differenti
o,
se si vuole, alternativi.
4. Azzone, per comincicue, si
muove
in più direzioni.
Per
un verso
egli semplifica, forse
oltre
illecito,
la
comp
lessa dialettica che a
partire
dal m
ag
istero
irn
eriano aveva per
corso
le varie
scuole
bol
og
n
es
i e la
riduce alla secca contrapposizione tra la
corrente
dei «gosiani» e
que
lla
d
ei nostri doctores.
J
Tra
i primi
egli inserisce
anche figure che solo
impropriamente possono ricondursi in maniera
univoca all insegnamen
to dell alHevo
di
Imerio, Martino Gosia.
Si
tratta, in realtà, di personaggi
dorati ciascuno di grande spessore e spiccata personalità come Rogerio,
Piacentino, Cipriano,
Pillio.
Ad accomunarli
ai nostri occ
hi
è
piuttosto
l aver essi raggiunto i vertici della scientia
iuris insegnando
al d i fuori di
Bologna. Azzone non
perde
occasione per criticarli e
metterne
in
ridicolo
le t
eo
rie: 4 l rimprovero più fre
quente
-
rimpr
overo che, naturalmente,
è diretto anche contro
coloro
che
persistevano a
seguirne
gli insegna
menti
- è appunto quello di aver deviato dalla via maestra
inquinando
zz
Sulla «alrernarivirà» del magistero eli Ugolino e poi
di
Iacopo Balduini rispcrro
alla
linea costituita da Azzone e Accu r
sio, ba
insistito in maniera particolare M. Bellomo
di
cui
si
vedano
in
particolare
Sulle
tracce
d uso dei
«libri
lega/es»
1989)
e La
scienza
dei
diritto al tempo di Federico l
1992) (entrambi
i
cootribmi
si
trovano ora risran1pati
in
lo.,
Medioroo edito e inedito,
Roma 1997 rispettivamente
nei
voli. l [pp. 121-138] e Il
[pp. 37-62]).
2J Cf. CORTF.SE (n t. 21) pp. 77
ss.
24
) Si veda invece
il
ben diverso atteggiamento che, ad esempio, tiene Giovanni Bassiano
nei confronti degli insegnamenti
del
Piacentino: cf. E.
CoRTESE,
Lo «summula placuit»
piacentiniana e le aggiunte di Giovanni nel
ms.
parigino 4546, in «Scud i economko·giu·
ridici della Facoltà di Giurisprudenza di Cagliari
»,
44 (1963-64), Padova 1966,
pp.
339
-355, ora anche in In.,
Scritti (I.
Birocchi/U. Petrooio curr
.),
CISAM Spoleto
1999, I, pp. 233-247.
at r a pro tto oa copy 1ght
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Le scuole dei legisti all'inizio del Duecento 51
Giustiniano con eccessivi richiami alla cu
ltur
a delle arti
25
ovvero ispiran
d
os
i a concezioni equitative metagiuridichc. Altra colpa tipica di chi
si
poneva
fuori
della tradizione era poi
qu
ella
di
riconoscere eccessiva
importanza ai cosiddetti diritti concorrenti , vale a dire alle norme cano
niche, 6 a quelle feudalip alle longobarde s o agli statuti.l9 Di contro ,
Azzone
is
crive i
pr
o
pri pr
ogenitori scientifici in una linea ininte
rr
otta
che, per il tramite del suo
ma
est ro, lo riallaccia direttamente al rigoroso
magistero di Bulgaro e quindi a quello di Imerio. Tale
pr
estigiosa tt·adi
zione non
è
solo
qu
ella che più fedelmente rispecchia il magist
ero
del
c
ap
oscuola. Secondo Azzone, essa incarna una dottrina che
è
più
di
un
sap ere tecnico
ma
si
propon
e come autentica sapientia,
aut
onoma e
autosuff
iciente p erché
escl
usivam
ente
fondata
sui
testi g
iustini
anei:
insomma una vera filosofia delJa pratica.Jo
E no
ta
l affermazione con cui Azzone rimprovera l allievo e amico Bernardo Doma
reo eli non riuscire a menere
da
pane la sua cultura letteraria pur quando si occupava
di
diritto:
ai
legisti infarti, sentenzia Azzone, «non licer allegare nisi Iusriniani le
ges»
cf.
in
proposito
CORTES
E
r
t. 71 p. 39). Sotto questo aspetto, potrebbe allora
SOf·
prendere
il
non trascurabile numero di citazioni aristol
cl
iche che si rin
ve
ngono negli
scritti azzoniani c che hanno colpire più eli uno srudioso (per esempio G. OTIE,
Die Aristoteleszitate
ir
der Clone. Be b chtungen zur pbilosophischen Vorbildung der
Clo
ss
toren,
in ZSSr. RA, 85 [1968] particolare pp. 381 ss. e, prima ancora,
E. G
ENZMER,
Diejustinianische Kodt/ic tion und die Clossatoren, in
«Ani del congr.
im. eli diritto romano» [Bologna /Roma 17-27. 4. 1933] , l , Pav
ia
1934, p. 385).
In realtà, più recenti ricerche
pa
iono suggerire che porrebbe uanarsi , anche
ù
que·
sto caso , di «prestiti» presi dal maes tro Giovanni Bassiano (come accade,
ad
es. , per
la dproposizione delle dieci categorie nella Mat
eri
Codicis : cf. L LoscHIAVO,
Summa
Codicis Bt?rolitunsis. Studio ed
edizione di
urla composizi
one
«a mosaico»
[Tus Commune - Sonderhefte,
89]
, Frankfurt am Main 1996, pp. 57-61 ).
26
) Tuttavia sembra c
he
Io stesso
Azzone
non fosse del tutto ignorante di diritto canoni
co e ne avesse an
zi
una certa elimestkhezza quando
si
t
ratLava eli
accostarsi ai pro
bl
e·
mi della
pr
assi confezionando
be
n remunerati cm1silia;
cf.
A. BELLONI,
Azzone e il
diritto canonico. L a collezione A w A : 13 e 7
7,
in ZSSt KA , 83 (1997), pp. 249-27 1.
27
)
CoRTESE
(nt.
7) pp. 48-52.
28)
Del diritto longobardo, com è noro, a Bologna si diceva scherzosamente che
fosse
non
ex
sed ex;
cf.
comunque CORTE -SE (nt. 7) pp. 30-33 .
29) Bollato da Odofredo come
ius
sisninum anche se si conosce almeno una
qu estio
in cui
lo stesso Azzone affronta
un
tema
di diritto
statutario;
cf.
CORTESE (nt. 21) p. 177
nt.
76.
JO) Così
CoRTE.<;
E
(
nt. 7)
p. 40.
Mat r a pro tto oa copy
1ght
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105
FILIPPO
IL
CANCELLIERE
E
UGO
DI
SAINT-CHER
SULL ANIMA
UM N
M GD LEN BIEN ie
Gli anni Trenta del XIIT secolo costituiscono un periodo di grande
importanz<l per l ind<lgine
intorno all anima
uman<l. L ingresso nel
mondo
Lat ino de l pensiero ari
stote
li
co
e
de
l
De fide ot·thodoxa
di
Giovanni Damasceno acce
nd
e un
dibauito
imorno ai nuovi
prob
lemi
ant
r
opo
logici.
1
Tra gli scritti dedicati a questa nuova psicologia merita
attenzi
one
la questione
De anima
di Ugo di S<lint-Cher
2
e la sua fonte
principale, la Summa de
bono di
Filip
po il
Can celliere.3P rima, tuttavia,
dì passare al confronto dottrinale tra queste due opere, sarà utile mettere
brevemenLe
in
luce le G
gme
deiloro auLori
.
1
)
Università di Padova.
t) Cf.
P.-M.
DE CONT.E.\ISON,
Avicennisme
latin et vision de
Dieu
au début
du XJIJe
st ècle}
<<Archjves
d Histoire Dottrinale et
Littéraire
du
Moyen Age> ,
26 (1959), 35-38.
2 n testo edito da
M. BIENJAK,
Una questione disputata
di
Ugo di t.-Cher sultanima.
Edizione e studio dottrinale
«Studia anryczne i mediewistyczne», l (2004),
in
corso
di stampa.
3 PmuPP l CANCELLAIUt PARISIENSlS Summa
de
bono
2 t., cd. N.
\Xlick.i,
Editioncs
Franckc, Bernac 1
985
(Opera Philosophica
Mecliae
Acratis Selecra I-II}.
Mat r a pro tto oa copy ght
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1 6
M.
BIENIAK
Filippo
il
Cancelliere
e go
di
Saint Cher
Filippo il
Ca
ncelliere nacque
probabilment
e tra il 1160 e il 1185 .
Fino
al1217
fu arcidiacono di Noyon, dopodiché diventò cancelliere di
Notre-
Dame
di Parigi. Per mo
lt
i anni insegnò teologia a Parigi. Filippo
l
Cancelliere morì a Parigi
l 23
dicembre 1236.
È
autore
di
numerose
ques tioni disputate, conservate nel mc1noscriuo Douai BM 434 , di circa
400 sermoni,
di Distinctiones super
Ps
alterium
e soprattutto di una
summa
teologica, intitolata
Summa
de bono stesa verosimilmente nella
seconda metà degli anni Venti,
un
ope ra che ha avu to grande influenza
sulla lettera
tur
a teologica della prima metà del
XIII
secolo. Dalla
Summa
de
bono
dipendono, inf
att
i,
la Summa De
vitiis di Giovanni de La Ro
chelle, la Summa
di
Alessandro
di
Hales, il Commento alle Sentenze
di
Od
o Rigaldi,
il Commento di Alberto
Magno alle
Sente·nze
e
il
suo
De
natura b o n ~ per nominare solo alcune opere. La sua dottrina influirà
anche su Bonaventura e Tommaso d Aquino:
Ugo di Sain
t-
Cher
nacqu
e
intorn
o all
a
nno
11
90, in un
quartiere
periferico di Vienne chiamato Saint-Che
r
che allora
apparte
neva alla
provincia di Borgogna. Il 22 febbraio dell a
nno
1225 o 1226 e
ntr
ò
nell
Ordin
e dei Predicator.i, nel conve
nt
o di
d n t J a c q u e s
a Parig
i.
Nel
1227 gli fu affidato l incarico
di
priore provinciale
di
Francia, che tenne
fino al123 0. Negli anni 1229-1230 fu
lector
sententim·ius
durant
e l inse
gname
nt
o
di
teologia
di
Rolando
di
Cremona; nel 1230 Ugo lo sosrirul
fino
all anno
1235 , diventando in
questo
modo il secondo magister
domenicano all università di Parigi. In seguito tenne l ufficio di priore
del conve
nt
o pa
ri
gino
di
Saint-Jacques e negli anni
123
6-44 fu per la
seconda volta priore provinciale di Francia. Nel 1244 egli diventò il
primo cardinale domenicano. Gl i furono
af
fidati va ri incarichi im por
tanti, come quello
di
rivedere la regola
de
g
li
Ordini carmelitano e dome-
4
) Cf. , . W tCKJ, Introduction in Philippi Ca ncellarii Parisiensis Summa de bono
r
I,
11
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Filippo
il
Cancellie re
e U
go
di
Saint-Cher:
sull anima
umana 107
nicano, o quello di dir
ige re
la penitenzieria del papa. Mo
rì
a Orvieto
il
19 marzo 1263. Tra le
su
e opere teologiche bisogna ricordare l
opus
su
ll
e
Sentenze di Pietro Lombardo, scritto tra il1229 e 1232 , le 38 quaestiones
disputatae
scritte neg
li
anni successivi,
co
nservate quasi esclusivamente
nel ms. n. 434 di Douai; le opere esegetiche, vale a dire le Postillae
in
Biblimn,
le
Concordantiae
S
ancti
Iacobz:
il
Corr
ecto
rium Biblt'ae;
il Tr
actatus
super
11
issam,
un Comme
nt
o sulla Historia
Scholastica
di Pietro Com
e
stare e di sermoni.5
Quando Ugo iniziò
il
suo insegnamento nella facoltà teologica dì
Parigi (1231), Filippo
il
Cancelliere era
già
un
maestro di solida fama,
conosciuto soprattutto come uno dei
pr
edicatori più apprezzati dei suoi
tempi.
>
Sappiamo, inoltre, che egli era in rapporti molto stretti con i
Domenicani parigini.
In
molti serm oni di Filippo troviamo, infat ti, d
egli
elogi dedicati all ordine dei predicatori.
E
lui, inoltre, a concedere la
licentia docendi a Rolando di Cremona. Ugo e Filippo facevano parte,
quindi, de
ll
o stesso ambiente nel medesimo periodo:
è
fac
il
e dedurne la
loro conoscenza rec iproca. Questa, inoltre,
è
attestata anche dal
fatto
che entrambi parteciparono nel 1235 alla discussione sulla pluralità dei
benefici.a
5) Per l elenco complero delle pubblicazioni sulla figura di Ugo
si
veda T. KAE PPELI,
Scriptores
Ordinis Praedicalorum Medii Aevi,
Ad Sancrae Sabinae · Istituto Storico
Domenicano, Roma 1970-1993,
vol. II
, 269-271 ;
vol.
IV,
124
. Tra le pubblica
zio
ni
rccemi bisogna nonUn u·esopratruno gli
Atti
del convegno tenuto
a
Parigi ncU anno
2000
(Hugues
de
St -Cher. Bibli
ste et Th éologien, Colloque inrernatio
naJ 13
-15 mars
2000 , Paris, le Saulchoir EPHE-CNRS
,
éd . L.-J. Baraillon, G.
Dahan, P.-M.
Gy,
BrcpoJs, TurnhoUl 2005 .
6) f. J. B. SCllNE.YER,
Die Sittenkritik
ùt
den Predigten Philipps des Kanzlers,
Aschendorff, Mi.insLer 1962-1963
BeiLrage
zur Geschiclue der Philosop
hie
und
Theologie dcs Minelahers,
39.
4
),
115
-119.
7) Cf. WI
CK
I, lntroduction,
26 -2J1 .
s) a. F. STEGMU
ER
Die neuge/undem
Paririer
B
ene/t';:.ien
-D;sputation
des
Kardinals
E-lugo von St.
Cher
OP. <<His[QrischesJahrbuch>>, 72
(1953), 179-
182; C.
DE
MlRAMON,
La
p ace d T
ugues de Saint
-
Cher dans es débats
rur la piuralité
der bene/icer
(7?
30
-
1240)
,
in uguer
de
St-Cher.
Bibliste
et
Théologien,
Colloque internationaJ 13-15
mars 2000
,
Paris, le Saulch oir EPHE-C i RS , éd. L.-]. BaLaillon,
G.
Dahan, P.-M.
Gy,
Brepols,
Turnhout 2005
,3
41-386.
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108 M. BIENIAK
Influenza della
Summa de bono
sulla questione n
263
Si
pr
oporrà qui un confronto cir
ca
il problema dell'a
nim
a umana
ne
ll
a
Summa
de bono e neJla questione 263 del Ms. Douai 434, auribulta
a Ugo di Sa int-Cher La streua parentela tra la questione De anz ma e la
Summa
de bono
risulta
ev
ide
nt
e già dopo la prima lettu ra del testo di
Ugo . Non si tratta di un caso isolato: Jean-Pierre Torrell ha dimostrato,
9
infatti, che anche la questione di Ugo De prophetia (n. 481 contiene
numerosi prestiti dalla Summa di Filippo.
Tut
tO
il
testo della nostra questione risente di una forte
inOu
en
za
deHa
Summa
de bono di Filippo i] Cancelliere. Statislicamente,
il
mat
e-
riale cop
ia ro di
rettamente o con piccoli ca mbiamenti da
ll
a Summa costi
tuisce circtl il 64 del testo. Tutttlvia,
il
modo in
cu
i Ugo si se
rv
e del l
o
pera di Can
ce
lliere è per lo più strumentale. Dal punto di vista del co
n-
tenuto do[[rinale Ugo segue in far ti, come ved remo, un sentiero proprio.
Il rema dell'anima umana viene affrontato da Filippo
l
Cancelliere
nella prima parte della
Summa
de bono, intitolata De
bono
nature. Dopo
aver discusso i problemi lega ti agli ange
li
e a
ll
e creature corpo ree,
Filippo dedica alla psicologia una lunga sezione, composta di nove que
stioni che trattano diciotto proble
mi
di
ve
rsi. I te
mi
antropologici riLOr-
ntlno, tutrtlVÌtl anche in altre parti de ll 'opera. Per redigere la propria
questione, Ugo di Saint - Cher si è servito di numerosi passi presi da
capitoli sparsi ne
ll
a prima parte della
Surmna
de bono che, in molti casi,
non solo trattano problemi diversi da quelli che egli si proponeva di
affrontare ma anche espongo no
un
punto
di
vista contrario al suo. La
qu estione ingloba infatti , materiale proveniente da sette arti
co
li diversi
dell'opera di Cance
lli
ere,
di
cui quattro dedicati
all
'anima uman
a
due
al l'ange lologia e
un
o alle creamre corpor
ee
. Nonostan te questo, Ugo
co
mpone un'opera perfettamente coerente.
Per quamo riguarda la struttura della
quaestio
n. 263, essa è una qu
e-
stione redatta e non una reportatio fatta dal vivo
dur
ante Ja disputa.
9)
Tb
éorie de la
prophétie
et pbilosophie de la con
nm
ssan
ce
aux environs de 1230.
a
contri·
bution d Hugues
de
Saùrt
-Cher,
Spicilegium Sacrum
Lo
va
niensc, Louva
in
1977,
73
-
87
.
Mat r a pro tto oa copy
ght
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Filippo il Cancelliere e Ugo di Saint-Cher: sull anima umana 109
La quest ione è
co
mposta da tre articoli dedicati a tre problemi di psi
co
logia: intitolato quid sit anima secundum diffinitionem et secundum essen
tiam et in quo di/ferat
ab
angelo (art.
l );
utrum unius et eiusdem sint
an
imo rationalis et animo sensibilis et anima uegetabilis
(art.
2); utrum
anima sit ex mater
ia
et fo rma (art. 3 ). Il testo della d isputa, so
prattut
to
nel cas o del secondo e del terzo a
rti
colo, è ordinato secondo uno schema
tipi
co
per quel periodo,10 che si presenra nel modo s
eg
uente: innanzitu
t
to tma breve in trodu zione, in cui viene presentato
l
problema affrontato
nella disputa. La tesi del maestro, annunciata dopo la parola «utrum»,
viene me ssa
in
qu
est ione .
Seg
uon
o,
in
o
rdin
e,
prima
g
li
argome
nt
i
contr
a, p
oi
q uelli a favore della tesi del maestro . Infine, troviamo la
solutio
del maestro preced
ut
a da
un
a cri tica di a
lcu
ne posizi
on
i correnti o del
l
e
sposizione
di
distinzio
ni
terminologiche. La
qu
estione si c
hiud
e con la
risposta alle diffi
co
ltà sollevate nella parte iniziale del testo.
La maggio r
part
e d
eg
li argomenti presentati nella
qu
estione 263 è
copi
ata
quasi esa
tt
amente da
ll
a Summa
de
bono. Le solu zio
ni
esposte
hann
o,
invece, come b
ase
due tesi originali: l unibilitas dell
anim
a
um
ana
al
co
rp
o e la semplicità dell anima.
V unibilitas dell anima umana
l
corpo
In p rimo l
uogo
Ugo sostiene che I uttibilitas al
co
rpo costi[Uisce per
l anima umana un cara ttere intrinseco della sostanza e non un acciden te.
10
C
f
B.
C.
BAZAN,
Lo «quaestio disputattt»,
in
L
es
genres littéraires dans
es
sources
théologiques t philosophiques médiévales. Actes du Colloque internatz onal
de
Louvain-la-Ncuve ?
5-? 7
mai 1981,
Pub
li
cations
de
l «I nsti
tu
t d Etudes Médiéva l
e5 >,
Louva
ìn-la
- eu
ve
1982, 31-49; B. C. BAzAN,
G
FRA;..rSEN,
D.
]ACQUART, \ (/_WrPPEL,
Les questions disputées et
les
questions quodlzbétiques dans Ics Facultés de Théoiogie,
dc
Droit et
de Médecine,
Brepol
s,
Turnh out 1
985
(Typologie des so urces du moyen
age
occidental,
44-45);
]. -G. BouGEROL,
De la «reportatio»
à la
«redacliO))J
in
Les
genres littéraires dans
les sources théologiques
et philosophiqtll:S
médiévales, 51-55;
P.
GLORIE
UX,
L enseignement au moyen tige. Techniques et méthodes en usage à la
Facuité
de
Tbéologie de Patù au < .fiècle, <<Arc
hives d h
is
toire d
oc
trinale et litté
raire du moyen
age>>, .35
1968),
65-
1
86.
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110 M. BIENIAK
Questa
capacità presenra, come Ugo afferma seguendo Aristotele, un
carattere fondamentale dell'anima.ll Di conseguenza, l'anima senza il
corpo non può essere definita come essere umano e
non è
una persona.u
Inoltre, l'anima conserva l'unibilitos anche dopo la morte del corpo. n E
chiaro che queste affermazioni non sono
ovvie
o scontate: Ugo si allon-
tana
in qu
esto modo dalla tradizione neoplatonica che ha condizionato
la teoria dell'anima sin dall'epoca patristica. Egli si allontana, inoltre, dal
De anima
di
Avicenna, il quale defi.tù la capacità dell'anima di unirsi
al
corpo come un «accidente spirituale».
14
Il e
anima
di Avicenna ebbe
11) co DI SAlNT-CHER, De anima,
l ,
So
lutio: «Solutio. Dico ad primum quod anima
et
angelus differunt substantialiter non numero tantum sicut duo homines, m quidam
uoluerunt, sed specie, ut homo
et
asinus. Conueniunt autem
in
genere remoto quod
est
subsLanùa eL
io genere propinquo quod
es
t sp
iriLu
s. Sed anima est
spiriLus
unibilis,
angelus uero spiritus omnino non unibilis, unde angelus ita est substa n
tia
quod non
perfecdo, a
nima
uero
ita
substantia
qu
od perfectio alte
ri
us, scilicet corporis organici,
ut dicit Ph ilosophus quod est
endelicbia corporis organici potentia uitam babentis.
Hec autem unibilitas inest anime narura1iter et substantialiter per quam differr
ab
angelo
et
hec est prima differentia anime er angeli».
12
b
td
: « et hec est secunda differentia a
nim
e et angeli quod angelus est persona et
non anima sed hom o <est persona>»;
III,
ad
16: « ...
anima uero tanrum compositione
partium caret, et plures habet compositiones quam angelus, quia componitur ali i sci
licer corpori ad faciendum aliquid, scilicet hommem».
u Ibid.,
I, ad 2:
<<Ad
secundum, quod anima er angelus dillerunt accidente solo etc.,
dicendum quod regens non dicit acrum sed apri tudin
em
secundum quam anima
apra est naturalircr rcgcrc corpus ilio triplici rcgimine quod
di-ximus,
et hanc aptitudi·
nem habet anima etiam separata. Hec enim est illa unibiliras de qua supra di:cimus».
14
AVICENJXA,
Liber de anima
V, 3,
Traduction latine médiévale,
ed. S. Van Riet,
Editions Orienralisres, Louvain
1968
Av
ic
enna Latinus),
106
49-
.n
111
19-27
:
«lnter
anin1as
aurcm non est alrcriras
in
essenria et forma: forma cnim earum una est. Ergo
non est aheritas nisi secuodum recepLibile suae essentiae cui comparatur essenùa
eius proprie, et hoc est corpus.
Si
autem anima esser tamum absque corpore, una
anima non posser esse
alia
ab alia numero. . ..) Ergo anmu non
est.
una, scd est mul ·
tae numero,
el
eius species una es t, et est creata sicut postea decla rabimus. Sed sine
dubìo aliquìd est propter quod singularis effecm est; illud autem non est impressìo
animae in materia (iam enin1 desrruximus hoc); immo illud est aliqua dc affectioni·
bus et aliqua de virtutibus et aliquid ex accidentibus spiritualibus, aut compositum
ex
illis
, propter quod s
ingu
laris
fiL
anima, quamvis illud nesciamus»;
cf
M. SEBTl,
Avicenne. L'ome humaine,
Pr
esses Universitaires de France, Paris 2000, 27.
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Filippo
il Cancelliere e Ugo di Saint Cher: sull anima
umana
111
una notevole influenza sugli autori contemporanei a Ugo.
5
Pochi
anni
prima della stesura della nostra questione
Gug
lielmo di Auxerre,
pur
avendo cita to Ja definizione aristotelica dell'an
im
a come entelechia del
corpo, scriveva ancora nella sua
Sutmna
aurea che il fatto di congiungersi
al corpo non apporta <Jll anima umana nessun cambiamento sostanziale.
16
Sappiamo che Ugo conosceva e citava la SummtJ au rea; in questo luogo,
tuttavia, la sua opinione è molto lo
nt
ana da quella
di
Guglielmo.
Bisogna notare, inoltre,
che
la
questione
De anima non è l'unica
opera in cui Ugo pone l'accento sull'importanza della coniunctio dell'a
nima e del corpo. Un'insistenza simile
è
stata ossetvata
da
Jean-Pierre
Torrell nel caso della questione n. 481
De
prophetia (come la nostra, pre-
,
sente nel manoscritto di Doua i) . E proprio a causa dell'unione psico-fisi-
ca che, secondo Ugo, solamenLe
un
uomo
può
essere un profeta: infalli,
solo un essere composlo daJl'anima e dal corpo possiede la
vis
ùzte1pre-
tativa
necessaria
perché
avvenga una profezia. Di conseguenza, come
Ugo afferma nella questione, u angelo non può essere chiamato profeta,
poiché non possiede un
corpo.n
E quindi possibile osservare che, secon-
do Ugo, la
natura
composta dell'uomo è tm fatto di una grande impor
tanza e ha pesanti conseguenze, prima di tutto per la natura dell'anima
umana, ma anche per la teo ria della conoscenza.
1
' )
Cf. N.
HASSE, Avicen
na
s De anima
in
tbe Lotin ìW
es
t,
The
Warburg
Tnsùtute - Nino
Aragno Editore,
London
- Turin 2000 (Warburg Insrirme Smdies
and
Texts, l).
16)
G
UILLEL
MI
ALTI
SS
IOOORENS
IS
Summa Aurea,
Il,
ed.].
Ribailler, Ediriones Collegii
S. Bonaventurae
ad
Claras Aquas Gronaferrara, Roma 1982,
t.
l, 262 23-
2?:
<<Et sum
alii qui dicum quod angelus substanrialircr differt ab anima in co quod ipse
per
se
est stans, corporis unitione aut amixtione non egens,
qu
emadmodum anima. Et hoc
non videtur verum esse.
J
am quod dico per se stans , in privauone sonat; quod
patet si resolvas. Sed negatio
sive
privario, cum nichil sit,
quomodo
dabit alii esse am
divcrsitatcm secundum esse, quod proprium est substantialis differcntie?».
1
7)
Cf.
ToRR
, Théorie de a prophétie, 17; 223-224: <<L'argument tiré de la naLure
composée J e J'ètre humain parrut dooc assez fort
po
ur qu'on puisse lui faire jouer un
ròle décisif dans certe
qucstion. Hugues embo'ìce ici le pas
à
Philippe
et à d'
aurres
auteu rs».
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112 M. BIENIAK
Anche Filippo il Cancelliere trattando nella sua Summa il tema del
l immortalità dell anima, si sofferma sulla differenza tra il modo di cono
scere dell angelo e quello della sostanza spirituale unita al corpo, vale a
dire dell anima umana. Egli afferma, infatti: «lnteilectus (
..
) hominis ( ..)
cognoscit per speciem extractam, guia coni
un
ctus
es
t; sed intellectus
angeli inconiunctus est et in
se
incorruptibilis; quare et intellectus homi
nis, nisì hoc ips.i contìngat grat
.ia
coniuncrionis».
1
s L unibilitas dell anima
razionale al corpo ha, quindi, anche secondo Filippo un forte impatto
sulla gnoseolog
ia
umana. La sostanza dell anima, tuttavia, n
on
viene
affètta in nessun modo da questa congiunzione: «Set gratia coniunctio
nis non habet nisi modum differentem ìntelligendi, et substantia non
mutatur>>.
19
Questa affermazione trova la SU<l giustificazione nella neces
sità di difendere l immortalità dell anima: «Igitur non attinger corruptio
11isi modum intelligendi et 11011 substa11tiam».2o
E quindi evidente che Ugo, considerando la capacità di unirsi al
corpo un carattere essenziale dell anima, si dimostra indipendente anche
dalla Summa
de
bono.
Per
trovare un affermazione
sin1ile
bisognerà
aspettare più
di
un dece
nni
o (1242 -1246),21
va
le a dire la
Summa
de
homùze di Alberto Magno.
La sempli ità
dell anima
La seconda resi originale della questione n. 263, ribadita da Ugo più
volte, anche nel suo Opus sulle Sentenze, consiste nell affermazione della
semplicità dell anima. Ugo, similmente a Filippo, rifiuta, prima di tutto,
18) PHlLlPPl CAJ -:CELLARll PARLSlENSIS Summa de bono l
I,
268 J6H66.
19) Jbid. 268
1 \
,_269 1
67
.
20) Jbid. , 269
167
·168.
21 ) Cf.
HA
ssE Avicenna s De anima in tbe
La
tin W est 61.
22
)
A LBERTI.JS M AGI\US,
Summa de homine,
I, l Sol
urio, ed.
H.
Anzulewicz e
J R.
Seder,
Felix Meiner Verlag, IIamburg 2004,
56:
«Solutio: Dicendum secundum supra
delerminala
de angeJis
quod substantiaJis difierentia animae
eL
angeli
esl
in
hoc quod
anima inclinatur ad corpus ut actus, angelus autem non. Et ideo didmus subsmntiale
esse animae quod sit actus corporis».
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Filippo
il
Cancelliere e
Ugo di
Saint-Cher: sull anima umana
11 3
la compos izione di materia e
fo
rma all 'inte rno de
ll
'anima. Ugo, tuttavia ,
afferm a una tesi più radicale di quella sostenuta ne
ll
a Surnma de
bono.
Filippo
il
Cancelliere, infatti, sosriene che ne
ll
'anima si possono indivi
duare due principi diversi, vale a dire
quo
est e
quod
est Tra qu esti, seco
n
do Filippo, bisogna ammettere
un
a distinzione reale; entra
mbi
i
co
mpo
nenti, infa tt
i,
possono essere chiamati «sos tanza». Ugo di
Sa
int-Cher,
invece, ammette questa composizione, ma solo «ratione siue compar
a
tione», non seco
nd
o la natura. Secondo Ugo, quindi, questi principi
possono
es
sere distinti solo dalla ragione, in virtù di un'astrazione pura
me
nt
e teoretic
a.z>
Ugo defin isce la propria posizione «media via»:2
4
una
vi
a di mezzo tra
la
sem
plicità totale de
ll
'anima e la sua
co
mposizione, in term ini semplici,
da parte di due principi. È fac ile spiegare perché egli non voglia
affe
rm
a
re la semplicità assoluta dell'anima. Infatti, ne
ll
e sue
Sententie,
Pietro
Lombardo25 aveva sostenu
to
c
hi
aramente che la semplicità totale spetta
so
lame
nt
e a Dio. Dopo Pietro Lombardo ques ta teoria rimarrà un pun
to
fe rmo per
tu
tti i teologi. A ques ta co ncezione ba contribuito sicuramente,
oltre al pensiero di Agos tin
o,z6
que
ll
o dello pseudo Dionigi Areopagita,
con la sua insistenza sulla totale trasce
nd
enza
di
Dio e la sua radicale
di
versi
tà
da tu tte le creatu re. Nonos tante ques to, nella ques tione
De anima
troviamo una tendenza opposta: que
ll
a ad afferm are la semplicità
più completa possibile dell 'anima. Da che co
sa
deriva questa tendenza?
2J) Cf. UGO DI SAI•
T-CrrER,
De anima,
III,
Solurio;
ad ; PHILlPPI CANCELLARli
PARISIEN IS
Summa
de
bono,
r.
I,
65-70;
cf. O.
or r r tt
petit traité sur t ome de
flugues deSaint-Cber, <<Rev . neoscol. p
hilos
.
», 34
(1932), 469-475; Io., Psychologie et
morale aux XlJe et XII• siècles, vol.
I ,
Duc
ul
or, G rcmb loux
1942, 430-442;
M.
BIENIAK,
Una questione dùputata.
24) Uco
DI ST.-CHER, De
anima, Ili,
So
lu
tio
.
25) PETRUS LoMBA.RDUS Sententiae in W
l.ibris
distinctae, I, dis
t.
V
ITI
, cap . IV, 2, Ediriones
Co llegi i S.
Bo
n
avent
ur
ae
Ad
Cla ras
Aquas, Roma
197
1,99: «llic de spirimali crea tura
ostendi t quomodo sit multipl
ex
et non simpl
ex.
(.
..
) Nich
il en i m
s
impl ex
mutab ile est;
omnis amem creatura mmabilis est ;
null
a er
go
crearu ra vere simplex est».
26) Cf. AUGUSTINUS, De Trinitate, VT, cap. 6, n. 8, ed. W. J.
Mo
untain (1968),
CCSL
50,
237; PL 42 ,
929.
Mat r a pro tto oa copy
ght
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114 M. BIENI K
Nel trovare una risposta potrebbe forse venirci
in
aiuto
la Summa
theologiae
di Tommaso d'Aquino. Anche Tommaso nega fermamente
nell'anima la composizione di materia e forma. E
il
motivo per cui lo fa
è,
secondo l'interpretazione di Sofia Vanni-Rovighi, strettamente legato
alla concezione dell'uomo come unità ilem01fica. Infatti, secondo Tom
maso, «Se l'anima fosse composta
di
materia e forma, bisognerebbe dire
che l'anima
sola
già
costituisce l'uomo,
la
specie umana. E in tal caso
il
corpo e l'anima sarebbero uniti solo accidentalrnente».27 È possibile che
questa sia anche
la
causa per cui Ugo ribadisce così fortemente la sem
plicità dell'anima?
Credo che
la
risposta a questa domanda debba essere negativa. Prima
di tutto, U
go ev
i ta con coerenza di chiamare l'anima «forma» del corpo.
Essa viene definita «entelechia», «atto» o «perfezione» del corpo, ma
mai <<forma».
Questa scelta non viene mai giustificat
a,
ma viene espressa
quasi
es
plicitamente.28
n
rifiuto di chiamare l'anima
<<forma>>
è facilmen
te comprensibile,
se
prendiamo in considerazione
il
contesto
.in
cui Ugo
scriveva. Infatti, tutta la tradizione a lui precedente, cominciando da
Calcidio per finire con Avicenna, tramanda l'interpretazione del concet
to di forma come qualcosa di pertinente alla materia e che non può esi
stere senza di essa.
In
questi
Lermini si
pronuncia, infaui, Calcidio nel
suo
Commentario
al
Timeo
di Platone.
2
<J Similme
nte, nel
De natura bominis
.27)
S.
V
A]\ NJ ROVTGI-U L anlropolngia
filosofica
di San Tommaso d Aquino, Vita
e pensiero,
Milano 1965,
45 ;cf.
Th Aq. I
l l
a
< q.
75,
a.
4-5, Roma 1889 (EL 4.1), 200-202.
28)
UGO DI SAINT-CHER, e anrtfltJ m 3: <J:rern. Substanria non dicitur uniuoce de
mate
ria et forma et composito, quia materia est substanria ex qua aliquid es t,
forma
es t sub
stantia per qurun aliguid est, compositum est substant.ia ens per
se.
Sed
consLat
4uod
substantia
dic.irur
un iuocc dc corporea cr
inc
orporea quia est gcnus, ergo ur forma,
uel
u materia, uel ut composirum. Constar quod non ut materia neque ur forma, ergo ur
compositum, ergo sicut substamia corporea es t compositum
ita
et
incorporeu >.
29
CALCIOlO,
Commet1tarius in Timaeum
CCXXV, cd. P.]. Jenscn
-].
-H Waszink,
Warburg Institute, London 1962 (Corpus platonicurn Med iì Aevi, 4 , 239-240:
<<Aduersu
m guae iLa r
es
pondetur:
Alia
quidem fere omnia rec te et prout fert natura
rerum Plaronicisque dogmatibus consemanee dieta, sed de
ani.mae
subsramia erra
tum uideri; non enim speciaJem essentiam fore animam, guam appellat Aristoteles
emelechiam - haec quippe fo1ma est
co
rporibus
acc.idens L
ut censet Pl
alOJ.
quam
bic specialem essemiam nuncupar, et est
<,
ur
censer Plato,> ima
go
speciei purae a
corpore et intell igibilis, penes quam es t dignitas exemplaris».
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L Lnivcrsità di Bologna ha avuto un ruolo decisivo nella nascita c nello
sviluppo
dell Ordine Domenicano.
Per risalire alle origine dci Frati Domenicani a Bologna occorre parlare
dei
rapporti d1 c;an
Domenico con l LniYersità perché
la
nascita di
quest Ordine coincide con la
sua
decisione di inviare i suoi compagni
prima a Parigi e p01 a Bologna proprio perché queste due città erano i
maggiori centri universitari dell epoca: Parigi per
la
teologia e Bologna
p r il diritto.
La comunità domenicana di Bologna non decollò finché Domenico non
venne di personn m cillà, tna
soprattutto
finché non
vi
giunse l celebre
giurista Rcginaldo d Orlcans.
Fu qucst ultm1o a stabilire i contatti con gli ambienti universitari così
che ben presto
la comunità
si arricchl di molti studenti c professori delle
facoltà di filosofia c di diritto.