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Il 17 marzo 1861, esattamente 150 anni fa, Vittorio Emanuele II veniva proclamato

re d’Italia.C’erano ancora dei moti insurrezionali in

giro per l’Italia, ma il paese era stato finalmente unificato per merito

soprattutto di Giuseppe Garibaldi: infatti grazie al suo esercito di volontari,

consegnò le terre liberate del sud al re. Un tempo l’Italia non era come adesso, ma

era divisa in tanti stati.

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C’era il regno di Sardegna, il regno- lombardo- veneto,

il ducato di Parma, il ducato di Massa, il ducato di Lucca,

il ducato di Modena, il gran ducato di Toscana,

lo Stato della chiesa,

e infine il regno delle due Sicilie.

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Ognuno parlava il suo dialetto, ogni Stato aveva la

sua moneta, le sue leggi, i suoi regnanti… in poche parole;

per un abitante di Milano, un torinese, un fiorentino, un

romano erano tutti stranieri, sudditi di un altro Re, e

parlavano lingue diverse. L’Italia non esisteva.

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“Oggi l’Italia è disunita ed oppressa. Noi non abbiamo bandiera nostra, non nome politico, né voci tra le nazioni d’Europa, siamo smembrati in tanti Stati, indipendenti l’uno dall’altro, senza alleanze, senza contatti regolari. Otto confini ci separano , inceppano il nostro progresso. E tutti questi Stati, fra i quali noi siamo divisi, sono governati dispoticamente. Uno (il regno lombardo- veneto), contenente un quarto quasi della popolazione italiana, appartiene allo straniero, all’Austria; tutti gli altri si piegano ad ogni sua volontà. L’insurrezione è necessaria per raggiungere l’unità d’Italia”.Così scriveva Mazzini intorno al 1830

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Nel 1848 iniziano i moti insurrezionali nelle singole città del nord Italia che vogliono liberarsi dall’oppressione austriaca.Il percorso dell’unificazione è stato lungo e difficile, e anche dopo l’unità non sono mancati i problemi per gestire il nuovo paese.

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Per difendersi dalle polizie dei loro Stati, molti patrioti italiani si organizzarono in società segrete che avevano lo scopo di diffondere le idee di libertà e di suscitare insurrezioni popolari.Fra questa società ebbe particolare importanza la Carboneria, che raccoglieva gruppi ristretti di patrioti appartenenti soprattutto alla nobiltà e alla borghesia. Per sfuggire ai controlli polizieschi, essi usavo frasi e codici segreti fingendosi commercianti di carbone.

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Un’altra società segreta, la Giovane Italia, fondata da Giuseppe Mazzini, cercò di fare propaganda anche negli ambienti popolari ed ebbe più larga diffusione. Ebbe per motto: Italia Unita, Libera, Indipendente e Repubblicana.Anche Giuseppe Garibaldi aderì alla Giovane Italia e pronunciò questo giuramento: “Giuro in nome di Dio, dei martiri della libertà… contro i tiranni e gli stranieri, per i doveri che ho verso laterra che oggi non ha né nome né bandiera; giuro di consacrarmi tutto e per sempre alla Giovane Italia, per costruire un’Italia libera, indipendente, repubblicana”.

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In molte città d’Europa scoppiarono rivolte popolari contro l’oppressione dei re e

dei Governi antipopolari.

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Guidate dai patrioti, insorsero anche popolazioni di alcune città

italiane: si lottò per l’indipendenza dal dominio austriaco a Milano,

Brescia, Modena, Venezia.

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Per cinque lunghe giornate la gente di Milano lottò sulle barricate, contro i soldati dell’esercito austriaco.Anche in Toscana, nello Stato della chiesa e nell’Italia meridionale scoppiarono moti contro il Papa e i sovrani.

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Il Conte Cavour, primo ministro del giovane re, attraverso un’abile politica diplomatica, riuscì ad allearsi con la Francia.L’esercito franco- piemontese, nel 1859, sconfisse l’Austria e conquistò la Lombardia.

Nel 1848 il re del Piemonte, Carlo Alberto di Savoia, approfittò della situazione creata dalle numerose insurrezioni popolari in tante città italiane e dichiarò guerra alla potente Austria.Dopo le prime vittorie l’esercito piemontese fu definitivamente sconfitto.Carlo Alberto abdicò e Vittorio Emanuele II divenne nuovo re del Piemonte.

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L’anno successivo si unirono al Piemonte, con dei “plebisciti” (referendum), anche l’Emilia, la Toscana e la Romagna. Infine nel 1866, con una III guerra d’Indipendenza, fu liberato dal dominio austriaco anche il Veneto.

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Le regioni d’Italia meridionale furono unite al resto d’Italia con l’ “impresa dei Mille”. Garibaldi e un migliaio di volontari (che indossavano, come divisa, delle camicie rosse) partirono segretamente da un porto ligure e sbarcarono in Sicilia.

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Si scontrarono con le truppe del re borbonico che regnava sull’Italia meridionale ma, aiutati dai “picciotti” (patrioti

siciliani), riuscirono a liberare tutta l’isola. Molti altri patrioti si unirono ai Mille: si formò un esercito popolare

che liberò la Calabria,la Basilicata, le Puglie e la Campania.

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Garibaldi, che non voleva compromettere l’unità d’Italia per cui aveva combattuto, salutò Vittorio Emanuele re d’Italia, consegnandogli con queste parole le terre conquistate, poi scelse le sue truppe e si ritirò a Caprera.Il 18 febbraio del 1861, davanti al primo Parlamento italiano, Vittorio Emanuele II riceveva il titolo di re d’Italia.

Preoccupato delle vittorie dei garibaldini, il re scese con l’esercito piemontese nelle regioni liberate da Garibaldi.

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All’unità di tutte le regioni italiane mancavano solamente il Lazio e la città di Roma. Lo stato della Chiesa godeva della protezione francese: tuttavia, approfittando di una sconfitta in Francia, i bersaglieri del regno d’Italia entrarono nella città dei papi attraverso la breccia di Porta Pia. Era il 20 settembre 1870. Dopo secoli, finiva il potere temporale (politico) del papa.

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Si formò lo Stato del Vaticano, piccolo territorio vicino alla Basilica di San Pietro, che garantiva al Papa e alla Chiesa cattolica la piena autonomia dallo Stato italiano.

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Il Risorgimento italiano era terminato. Le regioni della nostra penisola formavano una

unica, libera Nazione con capitale Roma.

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è ricordato da vie o piazze intitolate a personaggi o vicende di questo nostro glorioso passato.

In ogni città d’Italia il Risorgimento (cioè gli ideali dei patrioti, le lotte popolari, le vicende militari che hanno portato all’unità del Paese)

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Anche a Roma ce ne sono, e molte! Piazza Mazzini, Piazza Garibaldi, Via Venti Settembre, Piazza delle Cinque Giornate, Corso Vittorio Emanuele II.. e tante altre. Roma già nel 1849 fu teatro delle lotte intraprese da patrioti e dal popolo per difendere la Repubblica romana e unire la città e il Lazio al resto della penisola.

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Goffredo Mameli, giovanissimo patriota genovese, era fra questi. Durante questo periodo scrisse il testo dell’inno d‘Italia. Le vicende della Repubblica romana si svolsero presso il Gianicolo e Trastevere.

Morì a 21 anni in seguito alle ferite riportate in una battaglia.

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Le memorie dell’antica Roma erano ai tempi di Mameli un argomento molto vivo nelle scuole.Mameli faceva riferimento non alla Roma imperiale, ma a quella del periodo repubblicano, quando bisognò armarsi di coraggio per reagire alle invasioni e alle sconfitte subite per mano di Annibale. “Scipio” è Publio Cornelio Scipione, il condottiero della seconda guerra punica che nel 202 a.C. sconfisse i cartaginesi nella battaglia di Zama.Tutto l’inno è un invito all’unità d’Italia, una continua rievocazione dei più significativi momenti di lotta con-tro gli oppressori stranieri. Tra le strofe si ricordano anche le insurrezioni avvenute in tutta Europa nello stesso periodo, e soffocate nel sangue.

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Questo è un giorno importante, un giorno che ci ricorda il sacrificio di tanta gente, anche la più umile per farci vivere in un Paese unito, con una propria identità, un

Paese non più privo della sua libertà.Rimanere uniti è difficile, bisogna crederci.

E ora anche l’Italia fa parte dell’Europa, non solo geograficamente parlando, è contro ogni logica parlare di

separatismi.Perciò vogliamo vivere questa giornata in modo intenso

qui a scuola, a casa, in famiglia.E ricordare.

NON ESSERE DISTRATTI

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A conclusione di questo momento, ci piace ricordare quei principi di democrazia che proprio durante la Repubblica romana vennero elaborati:

1.Il voto per tutti2.Tasse anche per i più ricchi3.La fratellanza dei popoli4.La libertà d’insegnamento5.La laicità dello Stato