Realismo locale e disuguaglianze di Bell Il realismo è l’idea secondo cui esiste una realtà...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE Dipartimento di Matematica e Fisica Corso di Laurea Triennale in Fisica Realismo locale e disuguaglianze di Bell Candidata Relatore Veronica Cinque Prof. Vittorio Lubicz Anno Accademico 2017/2018 Febbraio 2019

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE

Dipartimento di Matematica e FisicaCorso di Laurea Triennale in Fisica

Realismo localee disuguaglianze di Bell

Candidata RelatoreVeronica Cinque Prof. Vittorio Lubicz

Anno Accademico 2017/2018Febbraio 2019

“Non c’è nessun mondo quantistico.C’è solo una descrizione quantistica astratta.E sbagliato pensare che il compito della fisica

sia scoprire come la Natura è.La fisica si occupa di ciò che possiamo dire sulla Natura.”

(Niels Bohr)

“Negli esperimenti su eventi atomici abbiamo a che fare con fenomeniche sono veri tanto quanto quelli della vita di tutti i giorni. Ma gli

atomi e le particelle elementari non sono altrettanto reali.Essi formano un mondo di potenzialità e possibilità

piuttosto che di oggetti e fatti.”(Werner Karl Heisenberg)

“L’osservazione non solo disturba ciò che deve essere misurato ma loproduce. Nella misura della posizione attraverso un microscopio a

raggi gamma l’elettrone è costretto ad una decisione.Noi lo obblighiamo ad assumere una posizione definita;

precedentemente, in generale, non era né qui né lì; non aveva ancorapreso una decisione sulla sua posizione definita.Noi stessi produciamo i risultati della misura.”

(Pascual Jordan)

Indice

Introduzione 3

1 Il paradosso EPR 71.1 Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.2 L’argomento di EPR . . . . . . . . . . . . . . . 81.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2 Le disuguaglianze di Bell 132.1 Le disuguaglianze di Bell . . . . . . . . . . . . . 132.2 Dimostrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.3 Violazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.4 Le previsioni della meccanica quantistica . . . . 202.5 Verifiche sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . 24

Conclusioni 29

Bibliografia 33

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Prefazione

La meccanica quantistica è la teoria meglio verificata in fisica econfermata da tutti gli esperimenti avvenuti da quando è sta-ta scoperta. Eppure esistono ancora problemi relativi alla suainterpretazione, problemi che hanno messo in dubbio la sua com-pletezza.John Stewart Bell propose delle disuguaglianze valide per unmondo realista e locale. Tali disuguaglianze però sono violate nel-la realtà e lo sono esattamente nel modo previsto dalla meccanicaquantistica.

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Introduzione

Ogni teoria di successo nella fisica deve essere in grado di farepredizioni accurate. Dato un esperimento la teoria deve essere ingrado di prevedere correttamente i risultati o almeno assegnare leprobabilità ad ogni possibile risultato. Generalmente è richiestoanche che fornisca una comprensione degli eventi fisici in base airisultati osservati. Una difficoltà concettuale nell’interpretazionedella meccanica quantistica è dovuta al fatto che entra in con-flitto con il realismo locale, una visione del mondo che per moltotempo è stata considerata naturale.Un esperimento quale quello di interferenza degli elettroni, in cuisi manifesta il dualismo onda-particella, ci porta a capire che nonpossiamo predire attraverso quale fenditura l’elettrone passerà,possiamo solo determinarne la probabilità. Occorre specificarecosa si intende per probabilità. In meccanica classica ricorriamoal concetto di probabilità quando non siamo in grado di conosce-re tutte le cause di un fenomeno oppure gli effetti. Un esempio èil lancio di un dado: è difficile stabilire con esattezza il modo incui sia stato lanciato, su che superficie sia caduto, ecc... e quin-di si ricorre al concetto di probabilità epistemica per semplicità.In meccanica quantistica la probabilità non esprime una nostraignoranza sullo stato del sistema ma il fatto in sé che il mondonon ha caratteristiche definite, che le osservabili non hanno valo-ri determinati. Lo stesso concetto di funzione d’onda, impiegatoper descrivere il moto di una particella elementare, è da interpre-tare probabilisticamente: la probabilità di trovare la particella inun punto qualsiasi dello spazio è proporzionale al modulo quadrodella funzione d’onda in quel punto.Supponiamo di trovare una particella in una determinata posizio-ne. Ci chiediamo: stava lì già prima di misurarla? Per un fisicoclassico sì, la posizione della particella non è mai stata indeter-minata, ma era semplicemente sconosciuta allo sperimentatore.Invece la meccanica quantistica ci insegna che la particella primadi essere misurata non ha una posizione determinata, si trovain generale in una sovrapposizione di stati e con l’operazione dimisura la sua funzione d’onda collassa, cioè con certezza (pro-babilità uguale a 1) la particella si trova lì. Questo ci portadirettamente all’argomento della tesi: il realismo locale.

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Il realismo è l’idea secondo cui esiste una realtà indipendente-mente dai nostri schemi concettuali. In fisica si può tradurre: sequalcosa ha probabilità uguale a 1 allora è un elemento di realtà,più precisamente la proprietà di un’osservabile è preesistente allasua misura.Il principio di località afferma che oggetti distanti non possonoavere influenza istantanea l’uno sull’altro.Per lungo tempo molti fisici hanno ritenuto che il realismo fosseuna caratteristica della natura. Si è pensato che la meccanicaquantistica fosse incompleta, ci fossero variabili nascoste. FinchéBell non elaborò delle disuguaglianze che smentirono il realismolocale e dimostrarono che la meccanica quantistica è completa.

In questa tesi ripercorreremo questi sviluppi concettuali e i ri-sultati ottenuti procedendo cronologicamente. Inizialmente ver-rà trattato il fenomeno dell’entanglement, che provocò i primidibattiti su realismo, località e interpretazione della meccanicaquantistica. L’argomento più rilevante in proposito fu formulatoda Einstein, Podolsky e Rosen nel 1935 [2], noto come paradossoEPR (Capitolo 1), di cui mostreremo la versione di Bohm [3] permotivi di semplicità. Nel loro articolo "La descrizione quanti-stica della realtà può ritenersi completa?" sono dati per ipotesirealismo, località e completezza della meccanica quantistica e simostra come tali ipotesi conducano a un paradosso. Einstein,Podolsky e Rosen conclusero che la meccanica quantistica fosseincompleta. Ciò diede vita a teorie alternative alla quantistica,che consideravano la possibilità che a completare la meccanicaquantistica potesse essere l’aggiunta di alcune variabili nascoste,che avrebbero reso tutto deterministico, realista. Il fatto che lameccanica quantistica fosse già confermata da tutti gli esperi-menti spinse Bell a formulare delle disuguaglianze valide per unmondo realista e locale, che risultano violate su scala atomica, ea dimostrare che nessuna teoria realista e locale può riprodurre leprevisioni della meccanica quantistica (Capitolo 2). Sarà tratta-ta una versione semplice di tali disuguaglianze (che sono molte ecomplicate) [7] (Sezione 2.1), la loro dimostrazione (Sezione 2.2)come proposta da d’Espagnat nel 1979 [4] e da Harrison nel 1999[7], e come risultino violate su scala atomica. La violazione ditale disuguaglianza sarà trattata nella versione proposta da Mer-min nel 1981 [5] con un esperimento mentale (Sezione 2.3) i cuirisultati verranno successivamente interpretati secondo le leggidella meccanica quantistica (Sezione 2.4); infine saranno trat-tate alcune prove sperimentali e la difficoltà nel realizzarle [8],causata dall’apparentemente inevitabile aggiunta di assunzioniche potenzialmente condizionano i risultati, denominati loopho-les, scappatoie (Sezione 2.30). In conclusione saranno brevemen-te menzionate teorie alternative alla meccanica quantistica, in

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particolare quella di Bohm a variabili nascoste [2] e saranno ac-cennate le questioni attualmente aperte sull’interpretazione dellameccanica quantistica.

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Capitolo 1

Il paradosso EPR

“Io considero l’entanglement il tratto più caratteristicodella meccanica quantistica,

quello che impone il suo completo distaccodalle linee di pensiero classiche.”

Erwin Schrodinger

Nel 1935 Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen scris-sero l’articolo intitolato "La descrizione quantistica della realtàpuò ritenersi completa?" [2] in cui date due particelle elementariin uno stato entangled, ponendo per ipotesi realismo, località ecompletezza della meccanica quantistica, si giungeva a una con-traddizione (in futuro definita paradosso EPR), da cui dedusseroche la meccanica quantistica fosse incompleta.In questo capitolo analizzeremo le loro ipotesi, l’entanglementquantistico e gli sviluppi del lavoro di Einstein, Podolsky e Ro-sen che hanno giocato un ruolo essenziale nell’elaborazione delledisuguaglianze di Bell.

1.1 Premesse

Alla base dell’argomento EPR ci sono due ipotesi, ossia il reali-smo e la località, che vengono assunte come valide a priori per ladescrizione del mondo fisico. Vediamo dunque, esattamente, inche cosa consistono queste due ipotesi.L’ipotesi di realismo è la seguente: se è possibile prevedere concertezza il risultato di una misura di un’osservabile del sistema,allora quell’osservabile è un elemento di realtà, cioè il sistemaaveva quella proprietà anche prima dell’operazione di misura.L’ipotesi di località invece afferma che gli elementi della realtàfisica di un sistema non possono venire influenzati istantanea-mente a distanza.Uno stato entangled (letteralmente: intrecciato) è uno stato diun sistema costituito da due o più particelle esprimibile sempre

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(cioè in tutte le basi) e solo come combinazione lineare. In que-sta situazione la misura dello stato di uno dei suoi componentidetermina lo stato anche degli altri.Con queste premesse possiamo articolare l’argomento EPR.

1.2 L’argomento di EPR

Einstein, Podolsky e Rosen nell’articolo sopra citato hanno pro-posto un esperimento mentale che riguardava due particelle inuno stato entangled e le osservabili in questione erano impulsoe coordinate spaziali. Noi presenteremo l’argomento come lo hariformulato Bohm nel suo libro Quantum Mechanics del 1951 [3],cioè con una coppia di particelle di spin 1/2 perché è più sempli-ce: trattiamo variabili che possono assumere solo valori discreti eper di più finiti (ci sono solo due possibili valori di spin in unitàdi ~/2: +1 e -1, o | ↑

⟩e | ↓

⟩).

Supponiamo di avere una molecola contenente due atomi in unostato tale per cui lo spin totale sia zero e quello di ogni atomo sia~/2. In altre parole lo spin di una particella punta nella direzioneopposta a quello dell’altra (nonostante non si possa dire che unaparticella abbia lo spin lungo una determinata direzione).Ora supponiamo che la molecola venga disintegrata da qualcheprocesso che non cambia il momento angolare di spin totale. I dueatomi cominceranno a separarsi e presto smetteranno di intera-gire in modo apprezzabile, ma la combinazione dei loro momentiangolari rimarrà comunque nulla.Quindi possiamo esprimere lo stato del sistema al tempo t comelo stato detto di singoletto:

|ψ, t⟩

=1√2

(| ↑↓

⟩− | ↓↑

⟩)(1.1)

Supponiamo a questo punto che venga effettuata la misura diuna componente dello spin di una delle due particelle, ad esem-pio l’atomo 1 (non si può misurare più di una componente adesperimento per l’incompatibilità). Supponiamo inoltre che il ri-sultato del test sia spin up. A questo punto il vettore di statosarà:

|ψ, t+ dt⟩

= | ↑↓⟩

(1.2)Come si può vedere, data la correlazione, si può immediatamen-te concludere che la stessa componente dello spin dell’atomo 2 èopposta a quello dell’atomo 1, senza neanche misurarla. Quindil’atomo 2 ha un elemento di realtà fisica, cioè ha la proprietàdi avere lo spin lungo quella componente down con probabilitàuguale ad 1.

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Data l’ipotesi di località dobbiamo tener conto che l’azione di mi-sura eseguita sull’atomo 1 non può aver influito nella creazionedi questo elemento di realtà nell’atomo 2, quindi l’atomo 2 do-veva avere spin down anche prima che lo spin dell’atomo 1 fossemisurato.Questo vale per ogni componente dello spin, per ogni orienta-mento dell’apparato rilevatore. Infatti se al tempo t avessimomisurato lo spin del primo atomo lungo un’altra componente,incompatibile con la prima, e l’atomo 1 fosse stato trovato spindown, avremmo concluso che l’atomo 2 avrebbe avuto spin upnella stessa direzione, sempre con probabilità uguale ad 1, an-che da prima che la misura sull’atomo 1 fosse effettuata. Maallora prima di una qualsiasi misura dell’atomo 1, l’atomo 2 pos-sedeva entrambe le proprietà di spin lungo differenti assi? Cioèpossedeva simultaneamente proprietà che secondo il formalismoquantistico sono incompatibili?Eccoci giunti al paradosso: non tutti gli elementi di realtà presen-ti in un sistema possono trovare espressione nell’apparato forma-le della teoria quantistica, che quindi, con le ipotesi date, risultaessere incompleta. Il vettore di stato non esprime tutte le infor-mazioni possibili su quel sistema, ci devono essere dei parametriaggiuntivi, delle variabili nascoste la cui conoscenza fornirebbeinformazioni precise su tutte le proprietà del sistema, rendendoepistemiche le probabilità quantistiche.

1.3 Conclusioni

Grandi scienziati hanno faticato nel cogliere il vero significatodell’argomento EPR.Max Bohr, ad esempio, espresse il suo punto di vista dichiarandoche la differenza tra lui ed Einstein era l’assioma secondo cui glieventi che si verificano in posti diversi A e B sono indipenden-ti l’uno dall’altro, nel senso che l’osservazione di una situazionein A non può dirci nulla sulla situazione in B. Ma Einstein nonaveva alcuna difficoltà ad ammettere che eventi lontani potesseropresentare correlazioni strette, quindi che un’informazione otte-nuta in una regione potesse a sua volta fornire una più precisaconoscenza dello stato delle cose altrove. Egli negava che un’a-zione eseguita in una regione potesse istantaneamente influenzarela situazione fisica in un’altra regione.Altri dissero che la situazione considerata da EPR non presentavaalcuna differenza con la seguente:

Ci sono una scatola contenente una pallina nera e un’al-tra contenente una pallina bianca, ma non si sa qualepallina sia dentro quale scatola. Si allontanano a piace-

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re, per esempio una a Tokyo e una a New York. Quandoagli osservatori lontani arriva la propria scatola posso-no dire solamente che con probabilità 1/2 troverannouna pallina bianca e con probabilità 1/2 una pallinanera. Successivamente l’osservatore di New York aprela scatola e trova la pallina, ad esempio, bianca. Acausa della correlazione, può concludere che a Tokyo èarrivata una pallina nera.

L’esempio conferma che acquisire informazioni localmente possafornire conoscenza circa situazioni lontane, ma questo non è ilpunto cruciale dell’analisi EPR. Nell’esempio delle palline nonemerge nessuna contraddizione anzi risulta corretto asserire chela pallina che è stata spedita a Tokyo era nera anche prima che aNew York venisse aperta la scatola, mentre secondo la meccanicaquantistica, in riferimento agli stati entangled, questa associazio-ne è illegittima.John Bell criticò con sottile humor questa interpretazione dell’ar-gomento EPR, giudicandola una lettura superficiale, e ricorse alfamoso caso dei calzini di Bertlmann:

Al dottor Bertlmann piace indossare ogni giorno uncalzino di un colore e uno di un altro. Non si può pre-dire che colore avrà il calzino di un dato piede in undato giorno. Ma quando si scopre una caviglia e si ve-de che un calzino è rosa, è sicuro che nell’altro piedeindossa un calzino di un altro colore, non-rosa. L’os-servazione del primo calzino fornisce immediatamenteun’informazione sull’altro calzino.

In questo modo Bell spiegò il motivo per cui il lavoro EPR hasollevato tante dispute: è come se fossimo stati condotti a negarela realtà dei calzini di Bertlmann, o almeno del loro colore.Ma oggi sappiamo che le proprietà non preesistono alla misura eche la relatività non è violata, nessun segnale si propaga istanta-neamente, più velocemente della luce. Non c’è nessun paradosso.L’ipotesi da scartare è almeno una delle due tra realismo e lo-calità. Lo sappiamo grazie a Bell. Successivamente all’uscitadell’articolo EPR e a tutto il clamore che sollevò, si sviluppò unimportante filone di ricerche, che va sotto il nome di teorie dellevariabili nascoste, che si proponeva di elaborare un completa-mento deterministico della teoria quantistica. Tra gli scienziatiaderenti a tale filone spicca David Bohm che per l’influsso del-le sue discussioni con Einstein a Princeton passò in pochi mesidall’adesione incondizionata all’interpretazione di Copenaghen,a formulare il primo e più interessante modello esplicito di unateoria a variabili nascoste. Nel 1952 egli propose appunto unateoria equivalente alla meccanica quantistica dal punto di vista

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predittivo ma deterministica. L’ipotesi a cui rinunciò quindi fuquella di località. Bell ne rimase molto colpito perché mostra-va come realizzare ciò che era ritenuto impossibile e si impegnòmolto ad elaborare un modello con le stesse caratteristiche malocale. Ci provò a lungo ma non riuscì a realizzare tale modello.Lavorandoci però ebbe l’intuizione che fossero le previsioni stessedella teoria e non la sua interpretazione ad entrare in conflittocon la richiesta di località. Così derivò le disuguaglianze che rap-presentano la chiave di volta per superare il problema EPR e perarrivare a una migliore comprensione della meccanica quantisticae quindi del mondo.

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Capitolo 2

Le disuguaglianze di Bell

Nel 1964 John Stewart Bell nel suo articolo intitolato "Sul para-dosso Einstein-Podolsky-Rosen" [2] elaborò delle disuguaglianzevalide in un mondo realista e locale. Egli estese l’esperimentomentale del paradosso EPR nella versione proposta da Bohm [3]inserendo tra le misure/proprietà l’avere componente dello spinlungo tre assi e poi dimostrò che per tale esperimento le sue di-suguaglianze sono violate dalla meccanica quantistica.Nel 1975 Stapp [7] chiamò il teorema di Bell "La scoperta piùprofonda della scienza".In questo capitolo discuteremo una versione rigorosa ma più sem-plice delle disuguaglianze di Bell, come proposta da Bernard d’E-spagnat nel 1979 [4] e nell’ulteriore revisione del 1999 di DavidM. Harrison [7] (Sezione 2.2). Successivamente mostreremo comela disuguaglianza risulti violata attraverso l’esperimento mentaleproposto da N.D. Mermin nel 1981 [5] (Sezione 2.3) e attraverso ilcalcolo esplicito della disuguaglianza in meccanica quantistica nelcaso di due elettroni nello stato di singoletto (Sezione 2.4). Infinediscuteremo dell’effettiva realizzabilità di esperimenti mirati allaverifica della violazione delle disuguaglianze di Bell (Sezione 2.5)[8].

2.1 Le disuguaglianze di Bell

Discutiamo qui la disuguaglianza di Bell nella forma proposta daDavid M. Harrison [7].In un mondo realista e locale sia dato un sistema costituito dauna serie di elementi. Ne consideriamo 3 proprietà: A, B e C. Ilnumero di elementi che hanno la proprietà A e non la Bsommato al numero di elementi che hanno la proprietàB ma non la C è maggiore o uguale al numero di ele-menti che hanno la proprietà A e non la C.Se indico con N(A+C−) il numero di elementi che hanno la

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proprietà A non la C:

N(A+C−) ≤ N(B+C−) +N(A+B−) (2.1)

Ad esempio in una classe dividiamo gli studenti per 3 caratte-ristiche: avere capelli biondi (A), essere più alti di 1,7 m (B)e avere occhi azzurri (C). Ogni proprietà può avere due valori,positivo o negativo, vero o falso (es. essere più alti di 1,7 m ono). Il numero di studenti biondi e più bassi di 1,7 m sommatoal numero di studenti più alti di 1,7 m che non hanno gli occhiazzurri è maggiore o uguale al numero di studenti biondi che nonhanno gli occhi azzurri.

2.2 Dimostrazione

Per cominciare possiamo dire con certezza che la somma deglielementi di due insiemi è non negativa. Vale pertanto:

N(A+B−C+) +N(A−B+C−) ≥ 0 (2.2)

Adesso aggiungiamo ad entrambi i membri la quantità

N(A+C−) = N(A+B−C−) +N(A+B+C−). (2.3)

Otteniamo in tal modo:

N(A+B−C+) +N(A−B+C−) +N(A+B−C−) +

+N(A+B+C−) ≥ N(A+C−) (2.4)

Al primo membro dell’eq.(2.4) si ha:{N(A+B−C+) +N(A+B−C−) = N(A+B−)N(A−B+C−) +N(A+B+C−) = N(B+C−).

(2.5)

Inserendo le eq.(2.5) nell’eq.(2.4) si ha:

N(A+B−) +N(B+C−) ≥ N(A+C−) (2.6)

che è la disuguaglianza di Bell in eq.(2.1) che volevamo dimostra-re.

Una dimostrazione della stessa disuguaglianza può essere svoltacon l’ausilio di strumenti grafici come rappresentato in Fig.2.1:Ci sono quindi 23 = 8 possibili sottoinsiemi di elementi, corri-spondenti alle 8 regioni dei diagrammi in figura.Se un elemento ha le proprietà A+ e C− allora dev’essere mem-

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Figura 2.1: Dimostrazione grafica di una disuguaglianza di Bell ideata dad’Espagnat.

bro o del sottoinsieme A+B+C− o del sottoinsieme A+B−C−,pertanto vale:

N(A+C−) = N(A+B+C−) +N(A+B−C−). (2.7)

Lo stesso vale per A+B− e B+C−:{N(A+B−) = N(A+B−C+) +N(A+B−C−)N(B+C−) = N(A+B+C−) +N(A−B+C−)

(2.8)

da cui {N(A+B−) ≥ N(A+B−C−)N(B+C−) ≥ N(A+B+C−).

(2.9)

Inserendo le eq.(2.9) nell’eq.(2.7) si ottiene:

N(A+C−) ≤ N(A+B−) +N(B+C−), (2.10)

che è la disuguaglianza di Bell (2.1).

Ricordiamo che per dimostrare la disuguaglianza abbiamo as-sunto che le proprietà A, B e C esistano a prescindere dal nostromisurarle.

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Figura 2.2: Dispositivo immaginato da Mermin per il suo esperimentomentale [5].

2.3 Violazione

Come già osservato, le disuguaglianze di Bell sono violate dallameccanica quantistica perché il mondo non risponde al realismolocale. Lo approfondiremo in questa sessione attraverso un espe-rimento mentale proposto da Mermin [5]. Nell’esperimento ini-zialmente non faremo uso di nozioni quantistiche. Il dispositivoche immagineremo di usare non è stato davvero costruito, manon ci sarebbero difficoltà nel realizzarlo (in altre parole: esperi-mento mentale sì, ma non fantascienza).Il dispositivo (vedi Fig.2.2) è costituito da tre parti non connessefra loro:

• (A) e (B) sono rivelatori. Ognuno ha un interruttore contre alternative, a scelta dell’osservatore (1, 2, 3). Una voltaavviato il dispositivo, sui rilevatori si accende una lampadinarossa (R) o verde (G) il cui unico scopo è di comunicareall’osservatore informazioni.

• (C) è una scatola posta tra i rilevatori. Ogni volta che sipreme un bottone sulla scatola, due particelle ne escono e simuovono in direzioni opposte, verso i rivelatori.

• Ogni volta che una particella arriva a un rivelatore quest’ul-timo lampeggia di uno dei suoi due colori.

Si potrebbero aggiungere degli schermi tra la scatola e i rivela-tori per assicurare che ciò che arriva loro è proprio la particellasparata dalla scatola.Gli interruttori sui rivelatori possono essere spostati a piacere inognuna delle tre possibili posizioni, perciò abbiamo 32 = 9 possi-bili configurazioni per gli interruttori: 11, 12, 13, 21, 22, 23, 31,32, 33.Una volta scelta una configurazione, si spinge il bottone sullascatola sorgente e su ogni rivelatore si accenderà la lampadinarossa o verde. Non è necessario che il lampeggiamento dei duerivelatori sia simultaneo, si può allontanare una scatola in modoche siano non simultanei (e l’osservatore sarebbe facilitato nel

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riportare il risultato del test).Indicheremo i risultati del test nel seguente modo: 13 RG si-gnifica che il rivelatore (A) ha l’interruttore impostato su 1 elampeggia rosso e il rivelatore (B) ha l’interruttore impostato su3 e lampeggia verde.Confrontando gli esiti di molti test potrebbe sembrare che i ri-sultati abbiano carattere casuale, tuttavia, osservando più atten-tamente emergono delle peculiarità che possiamo raggruppare indue comportamenti/casi:

1. Nei test in cui abbiamo le stesse impostazioni per gli inter-ruttori (11, 22, 33) entrambi i rivelatori lampeggiano con lostesso colore: metà delle volte RR e metà GG.

2. Nei test in cui abbiamo impostato diversamente gli interrut-tori (12, 13, 21, 23, 31, 32) entrambi i rivelatori lampeggia-no:

(a) per un quarto delle volte dello stesso colore: RR o GGcon la stessa frequenza;

(b) per i tre quarti delle volte di diversi colori: RG o GRcon la stessa frequenza.

Questi risultati sono soggetti a fluttuazioni, come ogni previsionestatistica, ma succede anche nei test di testa o croce che i risultatinon siano esattamente metà testa e metà croce. Lo sono semprepiù precisamente tanto più aumenta il numero di reiterazioni deltest.Questi risultati in apparenza potrebbero sembrare non rilevanti,ma esaminando minuziosamente troviamo un paradosso. Primadi esporlo ribadiamo l’impossibilità di comunicazione tra le com-ponenti (A), (B) e (C) del dispositivo, onde evitare che qualcunosia tentato di avventurarsi alla ricerca di cavilli nascosti, specchio carte nella manica...Consideriamo il comportamento esposto nel primo caso: dato chenon c’è nessuna possibilità di comunicazione tra i rivelatori, nonpotendosi "mettere d’accordo" fra loro né i rivelatori né le par-ticelle, verrebbe da dire che l’unica spiegazione è che in ognunadelle particelle ci sia una qualche proprietà che determina il colo-re della lampadina che si accende, per ognuna delle tre posizionidell’interruttore. L’assenza di colori diversi quando gli interrut-tori sono nella stessa posizione può essere spiegata dal fatto cheentrambe le particelle per ogni test portano lo stesso insieme diinformazioni (hanno le stesse proprietà che fanno accendere lalampadina rossa o verde). Questa sembra l’unica ipotesi possibi-le per spiegare il primo caso.Ora vediamo come la suddetta ipotesi sia incompatibile col se-condo caso. Se fosse vero che le particelle trasportano le stesse

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informazioni, questo avverrebbe anche nel caso in cui gli inter-ruttori fossero posizionati diversamente. Mettiamoci allora nelcaso in cui , ad esempio, entrambe le particelle portano l’infor-mazione che indichiamo con RRG, ossia lampeggia rosso quandol’interruttore indica 1 e 2, e verde quando indica 3. Allora di6 possibili combinazioni di interruttori (12, 13, 21, 23, 31, 32)solo due di queste (la 12 e la 21) risulterebbero lampeggiare conlo stesso colore e le altre quattro combinazioni (13, 23, 31, 32)risulterebbero lampeggiare con colori diversi. Quindi nel secondocaso, con l’informazione RRG, due volte su sei dovremmo vederelo stesso colore. Ma questo vale anche per le altre 5 informazioni:RGR, GRR, GGR, GRG e RGG. A questo punto rimangono so-lo i casi RRR e GGG, in cui ogni volta lampeggerebbe la stessaluce. Quindi possiamo concludere che, nel caso in cui gli inter-ruttori indicano alternative diverse, almeno un terzo delle voltedovremmo vedere lo stesso colore. Invece nei risultati dell’espe-rimento riportati sopra lo stesso colore appare un quarto dellevolte. Questa è una contraddizione. I fatti osservati nel secondocaso sono incompatibili con la nostra interpretazione del primocaso.

Spieghiamo la relazione tra l’esperimento di Mermin e tra il rea-lismo locale e le disuguaglianze di Bell.Il dispositivo sfrutta la versione di Bohm dell’esperimento men-tale di Einstein, Podolsky e Rosen: le particelle che escono dallascatola sono fermioni di spin 1

2 nello stato di singoletto. I rive-latori contengono apparecchi di Stern e Gerlach e le tre possibiliposizioni determinano l’orientamento dell’apparecchio: ortogo-nale al piano d’appoggio degli strumenti, a 2

3π e a 43π, tutte nel

piano perpendicolare alla linea di volo delle particelle. Quandogli interruttori sono impostati allo stesso modo, i rivelatori misu-rano lo spin delle particelle nella stessa direzione. Un rivelatorelampeggia di rosso o di verde se lo spin della particella è orien-tato nello stesso verso del campo magnetico o nel verso opposto;l’altro rivelatore funziona nello stesso modo ma con i colori nel-la convenzione opposta. Perciò quando lampeggiano dello stessocolore, qualsiasi sia la componente di spin misurata, uno è up el’altro down.Interpretiamo allora i risultati precedentemente esposti:

1. Nei test in cui abbiamo le stesse impostazioni per gli inter-ruttori (11, 22, 33), cioè nei test in cui misuriamo la stessacomponente di spin, entrambi i rivelatori lampeggiano con lostesso colore: metà delle volte RR e metà GG, cioè troviamosempre le due particelle con spin opposti.

2. Nei test in cui abbiamo impostato diversamente gli interrut-

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tori (12, 13, 21, 23, 31, 32), cioè in cui misuriamo compo-nenti di spin diverse, entrambi i rivelatori lampeggiano:

(a) per un quarto delle volte dello stesso colore: RR o GG,con la stessa frequenza, cioè una particella era trovatacon lo spin up e una down;

(b) per i tre quarti delle volte di diversi colori: RG o GRcon la stessa frequenza, cioè entrambe le particelle eranostate trovate con lo spin up o spin down.

Non c’è nessuna contraddizione tra i due casi perché il primo casoci dice che le due particelle sono nello stato entangled. Non cidice che ognuna porta con sé una proprietà, anzi sappiamo cheprima della misura il loro stato è una sovrapposizione di spin upe spin down.Come avremo modo di vedere nel paragrafo a seguire, quandole orientazioni dei rivelatori differiscono di un angolo θ la pro-babilità che la misura dello spin delle particelle restituisca valoriopposti è pari a cos2(θ/2) quindi la probabilità è certezza quandoθ = 0 (che è il nostro primo caso) ed è di 1

4 quando θ = ±23π.

Mermin successivamente, nel 1990, [6] ideò un dispositivo diversocon cui svolgere lo stesso esperimento mentale ma in modo piùaccurato (vedi Fig.2.3), in cui la sorgente genera tre particelleche vengono mandate in tre rivelatori, ognuno dei quali misuradue proprietà (gli interruttori hanno solo 2 alternative).

Figura 2.3: Dispositivo immaginato da Mermin per l’esperimento mentaledi ref.[6]

Ciò che rende questo dispositivo più accurato è che l’analisi deidati accumulati, che richiede una lunga serie di reiterazioni, pre-cedentemente veniva rifiutata dalla statistica dei risultati perché

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ottenuti misurando 3 proprietà (per ogni impostazione degli in-terruttori) ma prese due alla volta, due per ogni test. In questocaso i risultati di un singolo esperimento sono dati da un singolotest. Questo vale sia rispetto al precedente dispositivo di Mermin,che rispetto all’esperimento mentale a due particelle di EPR e al-la relativa analisi di Bell. I risultati di quest’ultimo esperimentoconfermano quelli del primo, ovvero che il mondo non risponde alrealismo locale, e non lo fa esattamente nel modo descritto dallameccanica quantistica.

2.4 Le previsioni della meccanica quantistica

Ora dimostriamo con un calcolo esplicito che la disuguaglianzadi Bell:

N(A+C−) ≤ N(B+C−) +N(A+B−) (2.11)è violata in meccanica quantistica.Consideriamo un sistema di due elettroni nello stato di singoletto

|ψ⟩

=1√2

(| ↑↓

⟩− | ↓↑

⟩)(2.12)

che poi si separano e misuriamo di ognuno un’osservabile diversa.Le tre osservabili (A, B, C) che andiamo a considerare, ispiratidalla versione di Bohm, sono l’avere lo spin lungo tre differentiassi nello stesso piano (xz ). Essendo l’elettrone un fermione dispin 1/2 i valori che A, B e C possono assumere sono solo due:±~/2.Nell’equazione 2.11 abbiamo adottato la notazione secondo cuiN(A+C−) è il numero di elementi di un insieme che hanno laproprietà A e non la C. In meccanica quantistica non possiamocalcolare la probabilità che un elettrone abbia lo spin up o downlungo un asse n e simultaneamente lo spin up o down lungo unaltro asse n′, perché Sn e Sn′ sono osservabili incompatibili. Peròpossiamo calcolare P (A+C+), ovvero la probabilità che il primoelettrone abbia la proprietà A e il secondo elettrone abbia laproprietà C. La disuguaglianza di Bell 2.11 si traduce quindi:

P (A+C+) ≤ P (A+B+) + P (B+C+) (2.13)

Consideriamo un generico asse n a un angolo θ dall’asse z (comeindicato in Fig.2.4) di componenti:

n = (nx, nz) = (senθ, cosθ). (2.14)

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Figura 2.4: Sistema di riferimento del calcolo

L’operatore di spin lungo un generico asse n è:

Sn = ~Sn = Sxnx + Sznz = Sxsenθ + Szcosθ, (2.15)

che in forma matriciale, sapendo che Sx,z =~2σx,z,

dove σx e σz sono le matrici di Pauli, è espresso da:

Sn.=

~2

(cosθ senθ

senθ −cosθ

). (2.16)

E immediato verificare che gli autovettori di Sn, definiti dalleequazioni:

Sn | ↑⟩n

=~2| ↑

⟩n

Sn | ↓⟩n

= −~2| ↓

⟩n, (2.17)

sono dati da:

| ↑⟩n

= cos(θ/2) | ↑⟩

+ sen(θ/2) | ↓⟩

| ↓⟩n

= −sen(θ/2) | ↑⟩

+ cos(θ/2) | ↓⟩. (2.18)

Inizialmente ci troviamo nello stato di singoletto (eq.2.12). Suc-cessivamente misuriamo lo spin del primo elettrone, che nellametà dei casi è uguale a ~/2:

P (S1 = ~/2) =∣∣⟨↑↓ |ψ⟩∣∣2 =

1

2. (2.19)

Con la misura dello spin del primo elettrone lo stato totale delsistema collassa nello stato | ↑↓

⟩, quello in cui il primo elettrone

ha spin up e il secondo spin down.A questo punto la probabilità di trovare il secondo elettrone conspin up lungo l’asse n, che differisce di un angolo θ dall’asse lungo

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il quale abbiamo stimato lo spin del primo elettrone, è:

P (S2n = ~/2|S1 = ~/2) =∣∣n

⟨↑ | ↓

⟩∣∣2 = sen2(θ/2) (2.20)

La probabilità che il primo elettrone abbia lo spin up lungo uncerto asse, P (S1 = ~/2), e che il secondo elettrone abbia lo spinup lungo l’asse n, P (S2n = ~/2|S1 = ~/2), è:

P (S1 = ~/2, S2n = ~/2) =1

2

∣∣n

⟨↑ | ↓

⟩∣∣2 =1

2sen2(θ/2). (2.21)

Per il calcolo esplicito dei diversi termini della disuguaglianza diBell consideriamo allora le seguenti tre proprietà:A+: avere lo spin up lungo l’asse z ;B+: avere lo spin up lungo la bisettrice del primo quadrante, chechiamiamo b;C+: avere lo spin up lungo l’asse x.Osservando che θ = π/2 tra z e x, θ = π/4 tra z e b, e θ = π/4tra x e b, possiamo calcolare:

P (A+C+) =1

2sen2(π/4) =

1

4= 0.25 (2.22)

e

P (A+B+) + P (B+C+) =1

2sen2(π/8) +

1

2sen2(π/8) =

=2−√

2

4' 0.146. (2.23)

Vediamo dunque che la disuguaglianza di Bell è violata:

P (A+C+) 6≤ P (A+B+) + P (B+C+). (2.24)

Da questo calcolo possiamo anche convalidare ciò che è statodetto nella precedente sessione, cioè che la probabilità che le dueparticelle abbiano spin opposti è pari a cos2(θ/2) perché:

P (S1 = ±~/2, S2n = ∓~/2) =1

2

(∣∣n

⟨↓ | ↓

⟩∣∣2 +∣∣n

⟨↑ | ↑

⟩∣∣2) =

= cos2(θ/2) (2.25)

Rivediamo i risultati del caso 2 dell’esperimento di Mermin inquesti termini. Nei test in cui abbiamo impostato diversamentegli interruttori (12, 13, 21, 23, 31, 32), cioè in cui misuriamocomponenti di spin diverse, entrambi i rivelatori lampeggiano:

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(a) per un quarto delle volte dello stesso colore: RR o GG, conla stessa frequenza, cioè una particella era trovata con lo spin upe una con lo spin down.

P (1G, 2G) = P (1G, 3G) = P (2G, 1G) = P (2G, 3G) =

= P (3G, 1G) = P (3G, 2G) = P (1R, 2R) = P (1R, 3R) =

= P (2R, 1R) = P (2R, 3R) = P (3R, 1R) = P (3R, 2R) = 1/8;(2.26)

che, considerando θ = 23π, corrisponde a:

P (S1 = ~/2, S2n = −~/2) = P (S1 = −~/2, S2n = ~/2)

=1

2cos2(π/3) =

1

8; (2.27)

(b) per i tre quarti delle volte di diversi colori: RG o GR con lastessa frequenza, cioè entrambe le particelle erano state trovatecon lo spin up o spin down.

P (1G, 2R) = P (1G, 3R) = P (2G, 1R) = P (2G, 3R) =

= P (3G, 1R) = P (3G, 2R) = P (1R, 2G) = P (1R, 3G) =

= P (2R, 1G) = P (2R, 3G) = P (3R, 1G) = P (3R, 2G) = 3/8;(2.28)

che, con θ = 23π, corrisponde a:

P (S1 = ~/2, S2n = ~/2) = P (S1 = −~/2, S2n = −~/2)

=1

2sen2(π/3) =

3

8. (2.29)

Prima di concludere la sessione riassumiamo il punto saliente:Bell ha dimostrato che nessuna teoria realista e locale può ripro-durre tutte le probabilità che la meccanica quantistica assegna aiprocessi fisici. Inoltre i risultati sperimentali non solo escludonol’intera classe delle teorie locali e realiste ma anche confermano leprevisioni della meccanica quantistica. La non-località e il non-realismo non dipendono dalla specifica teoria adottata o dallasua interpretazione, bensì dalla natura stessa dei microsistemi.

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2.5 Verifiche sperimentali

All’articolo di Bell sono seguiti numerosi esperimenti volti a con-fermare la violazione delle sue disuguaglianze e contraddire il rea-lismo locale. Gli esperimenti effettuati a partire dagli anni ’80,sebbene non si riuscisse a soddisfare pienamente le condizioni teo-riche previste, indicano con quasi certezza che le disuguaglianzedi Bell sono violate. Tali mancanti condizioni teoriche previstesono dovute all’aggiunta di alcune assunzioni, considerate comeescamotages, che prendono il nome di loopholes (letteralmente:scappatoie). Possiamo raggruppare questi loopholes in due clas-si: locality loophole e detection loophole.Per evitare il locality loophole è necessario che tra i rilevatori del-le particelle entangled non ci sia comunicazione, altrimenti unopotrebbe rispondere anche agli input dell’altro, alterando la vali-dità dei risultati. A tal fine occorre quindi una congrua distanzatra i due rivelatori, e tra ognuno di essi e la sorgente, per assicu-rarsi che neanche un segnale veloce come la luce possa connetterlinell’intervallo tra le due misurazioni.Per impedire il detection loophole va garantita l’efficienza dei pro-cessi di misurazione. Si vuole l’imparzialità del campionamento,trascurando, ad esempio, i test in cui i rivelatori non produconoalcun risultato; ma questo può comportare una selezione da partedei rivelatori sulle informazioni in uscita. Potrebbe quindi acca-dere che la disuguaglianza di Bell risulti violata nel sottoinsiemedei risultati selezionati dai rivelatori, ma non violata nell’insiemetotale dei risultati.Ci sono stati vari tentativi di liberare gli esperimenti dai loopho-les. Nell’affrontare locality loophole è stata introdotta una coppiadi fotoni appropriatamente separati, e successivamente un gene-ratore veloce di numeri random. Tuttavia questi accorgimentinon preservano anche dai detection loopholes perché è risultatainevitabile la perdita qualche fotone durante il processo di sepa-razione dell’entanglement. Il detection loophole è stato evitatoin vari esperimenti ma in questi non è stato possibile controllareanche il locality loophole. In altre parole, non si riusciva a conte-nere contemporaneamente entrambi i loopholes.Un primo approccio di realizzazione di un esperimento libero dailoopholes fu proposto dallo stesso Bell. Nel 2015 B.Hensen et al[8] a partire dal modello di Bell svilupparono un esperimento libe-ro da qualsiasi loophole seguendo uno schema "event-ready", cheattiva la generazione di una coppia di elettroni entangled (conaccuratezza stimata di 0.92 ± 0.03). Un’efficiente lettura deidati in uscita ha evitato l’assunzione dell’imparzialità del cam-pionamento (detection loophole), mentre la più veloce selezionerandom dell’orientamento dello spin da misurare e della letturadei dati in uscita, e il fatto che abbiano separato di 1.3 chilometri

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gli apparati rivelatori (locality loophole) assicurano l’assenza diqualsiasi loophole. L’assenza di ipotesi aggiunte nello svolgimen-to di tale esperimento restituisce una probabilità di circa 0.039che un qualsiasi modello realista e locale possa produrre dati cheviolino la disuguaglianza di Bell tanto quanto o più di quella cheosserviamo.L’esperimento è stato realizzato nella forma proposta da Clauser,Horne, Shimony e Holt (vedi Fig.2.5).

Figura 2.5: Schema del dispositivo ideato da Clauser, Horne, Shimony eHolt per un esperimento sulle disuguaglianze di Bell.

Il dispositivo è costituito da due scatole (A e B) distanti 1.3 km.Ognuna raccoglie un input binario (0 o 1) e successivamente ri-lascia un output binario (+1 o -1). In ogni processo un inputrandom è generato per ogni scatola. L’esperimento riguarda lacorrelazione tra i valori in uscita (α per la scatola A e β per lascatola B) e i valori in entrata (a per la scatola A e b per lascatola B). In ogni test viene preparata una coppia di elettronientangled nello stato di singoletto (2.12), poi la coppia viene se-parata e ogni elettrone viene mandato a una scatola.La scatola A misura la componente dello spin dell’elettrone lungola direzione z se l’input è a=0 o x se a=1. La scatola B misu-ra la componente dello spin lungo l’asse (−z + x)/

√2 se b=0 e

(−z − x)/√

2 se b=1.La forma della disuguaglianza di Bell che considereremo è laseguente:

S = |⟨αβ

⟩(0,0)

+⟨αβ

⟩(0,1)

+⟨αβ

⟩(1,0)−

⟨αβ

⟩(1,1)| ≤ 2 (2.30)

in cui per⟨αβ

⟩(a,b)

intendiamo i valori di aspettazione del pro-dotto tra α e β, dati gli input a e b.La meccanica quantistica prevede S = 2

√2 per cui la disugua-

glianza (2.30) risulta violata.L’idea chiave alla base dell’esperimento consiste nel registrare unsegnale aggiuntivo per indicare se lo stato entangled richiesto è

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stato condiviso tra A e B con successo. Condizionando la validitàdel test a questo segnale vengono esclusi gli eventi di cui non te-ner conto. I risultati osservati sono consistenti con la descrizionequantistica e questo conferma che il dispositivo ha risposto co-me ci si aspettava. Nell’esperimento si è trovato una probabilitàdi tentativi di successo di generazione dell’entanglement di circa6.4 x 10−9, che è leggermente maggiore di un evento considera-bile ogni ora. Ci sono volute 220 ore in 18 giorni per eseguire245 test dell’esperimento. E stato trovato S=2.42 e il valore diquesta violazione è stato quantificato due scenari differenti. Inuno scenario, simile ai lavori precedentemente svolti, sono statianalizzati i risultati sotto l’assunzione che i test fossero indipen-denti l’uno dall’altro, che il generatore di input fosse totalmenterandom, con predicibilità nulla, e che i risultati seguissero la di-stribuzione Gaussiana. Quest’analisi restituisce una deviazionestandard di S di 0.2 e la falsa ipotesi che un modello locale e rea-lista descriva il loro esperimento è rifiutata con una probabilitàdi 0.019. Questo scenario però non assicura la totale indipenden-za tra un test e l’altro: le scatole in principio potrebbero averaccesso all’intera storia, inclusi i risultati dei precedenti test eaver conseguentemente regolato i loro output.L’altro scenario non assicura la totale impredicibilità della ge-nerazione random dei dati in entrata ed è privo di assunzioniriguardo la distribuzione di probabilità dei risultati. In questocaso la falsa ipotesi che un modello realista e locale governi i lo-ro esperimenti è rifiutata con una probabilità di 0.039. Questestime di probabilità spiegano cosa all’inizio del capitolo abbiamochiamato "quasi certezza che le disuguaglianze di Bell sono vio-late".Riassumendo nessun esperimento sulle disuguaglianze di Bell puòescludere tutte le teorie locali e realiste concepibili perché è im-possibile verificare quando e dove gli input random e i risultativengano alla luce. La stessa collaborazione di fisici dell’esperi-mento [8] ha proposto dei possibili miglioramenti per l’esperimen-to: l’aumento della distanza tra A e B, l’uso di altri generatori dinumeri random che possano liberare tutto dall’intervento del li-bero arbitrio, anche per esempio quello umano, o lo spostamentodel generatore (per testare le teorie in cui gli input sono prede-terminati).Nel 2016 è stato eseguito un esperimento chiamato The Big BellTest [?] che va nella direzione della ricerca di un generatore total-mente random. Ha visto la collaborazione tra il Quantum Infor-mation Lab della Sapienza e 100000 volontari che hanno fornitoun’impressionante mole di dati indispensabili all’esecuzione del-l’esperimento. Il Big Bell Test mirava a soddisfare il requisitodi totale casualità delle scelte relative alle quantità da misurare.

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Sono stati effettuati 13 esperimenti in 12 laboratori distribuitinei 5 continenti. Il test trattava varie situazioni di correlazio-ne quantistica (elettroni, fotoni, singoli atomi, gruppi atomici,dispositivi superconduttori...) con input generati dalle scelte im-prevedibili dei partecipanti a un videogioco on-line. Nell’arco di12 ore il 30 novembre 2016 hanno partecipato al gioco 100000persone compiendo 97347490 scelte che sono state indirizzate ailaboratori via internet e sono state impiegate sia per scegliere leosservabili da misurare sia gli specifici parametri di misura daimpiegare.

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Conclusioni

Come abbiamo avuto modo di trattare in questa tesi, tra le dif-ficoltà concettuali che presenta l’interpretazione della meccanicaquantistica, la negazione del realismo locale ha un ruolo rilevan-te. Vale la pena di spendere ancora qualche parola in proposito.Il lavoro di Bell assicura che nessuna teoria locale e realista possadescrivere gli eventi su scala atomica. Ciò ha stimolato anche ilsorgere di nuove teorie: alcune hanno mantenuto solo l’ipotesi direalismo ed altre hanno mantenuto solo l’ipotesi di località.Concentriamoci inizialmente sulla non-località e chiediamoci: co-sa ci rende difficile la sua accettazione? Nei capitoli precedentiabbiamo considerato l’ipotesi di località come l’impossibilità dicomunicazione istantanea tra due oggetti seppur correlati. Cisono delle teorie alternative, cosiddette superluminali, in cui siprende in considerazione la possibilità di segnali più veloci dellaluce, ma questo pone un conflitto ancora più grande con l’altrogrande pilastro della fisica contemporanea, ovvero con la teoriadella relatività. Senza andare a scomodare la teoria della relativi-tà possiamo comunque comprendere la difficoltà concettuale dellanon-località: la misura dello spin di una particella entangled haeffetto sulla sua partner anche a grandi distanze, c’è un’esclusivi-tà (motivo per cui Abner Shimony suggerì di usare l’espressione"passione a distanza" al posto di "azione a distanza") e tale ef-fetto è maggiormente inquietante (spooky, come disse Einstein)se si considera che non varia con la distanza ed è istantaneo.L’altro insieme di teorie alternative nega la località ma mantieneil realismo, le cosiddette teorie delle variabili nascoste. In essesi considera incompleta la meccanica quantistica si tenta di com-pletarla attraverso l’assegnazione di ipotetici parametri (ignoti,nascosti), la cui aggiunta rende determinato il valore di qualsiasiosservabile del sistema. Tale valore ovviamente deve coinciderecon uno di quelli consentiti dal formalismo quantistico per la rela-tiva osservabile. Inoltre le probabilità quantistiche acquistano uncarattere epistemico, ovvero dipendono da una nostra ignoranzacirca questi parametri. Uno dei tentativi di maggior successo inquesta direzione è la teoria dell’onda pilota del 1952 di DavidBohm [2]. Nel suo modello le variabili nascoste sono le posizionidi tutte le particelle che costituiscono il sistema fisico in esame

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e l’ipotesi di base è che una particella si trovi realmente in unadeterminata (ma ignota) posizione tra quelle compatibili con lafunzione d’onda. Viene inoltre definito un potenziale VQ, dettopotenziale quantistico, che descrive le forze quantomeccaniche eche (insieme alle forze classiche a cui la particella è soggetta) nedetermina univocamente il moto, una volta fissati posizione e im-pulso iniziali. La particella che si trova inizialmente in una bendefinita posizione percorre quindi una traiettoria univocamentedeterminata dall’equazione di Newton, che governa il moto deicorpi nell’ambito della meccanica classica, in cui compare ancheil potenziale quantistico. Nella prospettiva della teoria dell’ondapilota, il potenziale quantomeccanico rappresenta la sola diffe-renza tra il mondo quantistico e il mondo classico. Il modelloè realistico e deterministico e la descrizione che fornisce di unprocesso fisico risulta estremamente simile a quella classica, no-nostante comporti esiti in accordo con le accurate e ben verificatepredizioni della meccanica quantistica. Tuttavia non sono statirealizzati esperimenti che convalidano o smentiscono tale teoria.

In questa tesi abbiamo discusso del realismo locale, la cui as-sunzione portò Einstein, Podolsky e Rosen a dimostrare l’incom-pletezza della meccanica quantistica, argomento che spinse Bella formulare le disuguaglianze che portano il suo nome e a di-mostrarne la violazione su scala atomica, affermando quindi chenessuna teoria realistica e locale può descrivere gli eventi su ta-le scala, e quindi tutti gli eventi. Tuttavia resta ancora apertala questione dell’interpretazione della meccanica quantistica, nonconcernente specificatamente il fenomeno dell’entanglement. Inparticolare: come interpretare il collasso della funzione d’onda?Perché accade che un sistema che si trova in uno stato indetermi-nato, una volta che un osservatore ne misura una proprietà, pre-cipita nell’autostato corrispondente all’autovalore risultato dellamisura? Risulta naturale descrivere l’apparato di misura stessocome un sistema quantistico e caratterizzare la sua interazionecon il sistema misurato. Ciò introduce un’ulteriore questione: ladescrizione quantistica dei sistemi macroscopici. Siamo abituatia considerare che il limite classico della meccanica quantisticasi svolga trattando ~ −→ 0 e un’indeterminazione ∆x ∼ ~∆pper un oggetto macroscopico non crea problemi. Il problema èla sovrapposizione di stati macroscopicamente ben distinti. Co-me accettare che un oggetto macroscopico come una sedia possatrovarsi in una ipotetica sovrapposizione di stati di posizione "inquesta stanza" e "nella stanza accanto"? Ciò non è mai statoosservato. Lo stesso gatto di Schrödinger è per metà morto e permetà vivo? Oppure è in una sorta di sovrapposizione tra vita emorte? Ovviamente i due esempi sono estremi al fine di esaltare

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le difficoltà concettuali che comporta la trattazione del significatodell’operazione di misura e delle sue conseguenze. La chiusura diqueste questioni aperte diventa ancor più necessaria consideran-do che la meccanica quantistica è la teoria fisica meglio verificatae confermata dagli esperimenti finora condotti.

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Bibliografia

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[2] Gian Carlo Ghislieri Un’occhiata alle carte di Dio, cap.8,pag.147, Il Saggiatore (1997)

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[4] Bernard d’Espagnat The quantum Theory and Reality,Scientific American, inc, 158 (1979)

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[6] Nathaniel David MerminQuantum mysteries revisited, Ame-rican Journal of Physics 58, 731 (1990)

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[10] The BIG Bell Test Collaboration Il Big Bell Test smentisceil realismo locale, Le Scienze, Nature 557, 212 (2018)

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