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Introduzione All’incremento della popolazione anziana cor- risponde un aumento della percentuale di frat- ture scomposte dell’estremo prossimale dell’o- mero [1]. Il trattamento di queste fratture è an- cora controverso e la prima scelta dovrebbe es- sere quella dell’osteosintesi dei frammenti [2,3]. Sappiamo però che nei soggetti anziani la cat- tiva qualità dell’osso e la possibilità di necrosi ce- falica portano spesso a cattivi risultati clinici [4]. Altri Autori sono ormai d’accordo che le fratture scomposte a 3 o 4 frammenti e le frat- ture-lussazioni dell’epifisi prossimale dell’o- mero possano avere una soluzione protesica [5]. Sappiamo però che i risultati delle protesi ana- tomiche sono spesso imprevedibili e nessuno è riuscito a ottenere i risultati di Neer, che in una pubblicazione del 1970 riportava oltre il 90% di risultati soddisfacenti [6]. L’imprevedibilità dei risultati proviene da va- ri fattori come la “compliance” del paziente e il disegno protesico, ma in particolare questa chirurgia, per la scarsa incidenza di queste frat- ture, nasconde molte difficoltà che spesso si traducono in errori di tecnica chirurgica, di cui i più comuni e importanti sono: il cattivo posizionamento delle tuberosità (in partico- lare trochite posizionato troppo basso o trop- po alto o posteriore) e il cattivo posiziona- mento della protesi (errori di altezza o di ver- sione) [7]. Inoltre, anche in impianti ben ese- guiti, possiamo trovare la migrazione secon- daria delle tuberosità per mancata consolida- zione e quindi pseudoartrosi delle stesse o il loro riassorbimento, che aumenta nettamente in pazienti over 75 e porta a risultati poco sod- disfacenti nel tempo [8,9]. Alla luce di questi risultati, quando ci trovia- mo di fronte a una frattura pluriframmenta- ria scomposta dell’epifisi prossimale dell’ome- ro con o senza lussazione, in un paziente an- ziano con tuberosità pluriframmentarie e/o con cuffia dei rotatori inesistente, usiamo la protesi inversa. La protesi inversa è il risultato di un’idea ge- niale di Paul Grammont, ortopedico francese, il cui uso primario è stato il trattamento della “cuff tear arthropathy” [10-13]. La protesi in- versa in effetti è composta da una componen- te glenoidea emisferica convessa, mentre la componente omerale è concava, invertendo ap- 55 LO SCALPELLO (2009) 23:55-59 DOI 10.1007/s11639-009-0022-1 Razionale della protesi inversa nelle fratture pluriframmentarie dell’omero prossimale V. De Cupis, C. Chillemi, M. Palmacci, M. Rionero Istituto Chirurgico Ortopedico Traumatologico, Latina ABSTRACT – RATIONALE OF REVERSE PROSTHESIS IN FRACTURE TREATMENT As the population ages, the number of displaced fractures of the proximal humerus in still- active patients is increasing. In three- or four-part displaced fractures emiarthroplasty is the first indication, but results aren’t always satisfactory and predictable. The inverted prosthesis of Grammont works only with an intact deltoid muscle, but, in selected complex proximal humerus fractures, this prosthesis is considered to be a superior treatment option for elderly patients. Aggiornamenti

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Introduzione

All’incremento della popolazione anziana cor-risponde un aumento della percentuale di frat-ture scomposte dell’estremo prossimale dell’o-mero [1]. Il trattamento di queste fratture è an-cora controverso e la prima scelta dovrebbe es-sere quella dell’osteosintesi dei frammenti [2,3].Sappiamo però che nei soggetti anziani la cat-tiva qualità dell’osso e la possibilità di necrosi ce-falica portano spesso a cattivi risultati clinici[4]. Altri Autori sono ormai d’accordo che lefratture scomposte a 3 o 4 frammenti e le frat-ture-lussazioni dell’epifisi prossimale dell’o-mero possano avere una soluzione protesica [5].Sappiamo però che i risultati delle protesi ana-tomiche sono spesso imprevedibili e nessuno èriuscito a ottenere i risultati di Neer, che in unapubblicazione del 1970 riportava oltre il 90% dirisultati soddisfacenti [6].L’imprevedibilità dei risultati proviene da va-ri fattori come la “compliance” del paziente eil disegno protesico, ma in particolare questachirurgia, per la scarsa incidenza di queste frat-ture, nasconde molte difficoltà che spesso sitraducono in errori di tecnica chirurgica, di

cui i più comuni e importanti sono: il cattivoposizionamento delle tuberosità (in partico-lare trochite posizionato troppo basso o trop-po alto o posteriore) e il cattivo posiziona-mento della protesi (errori di altezza o di ver-sione) [7]. Inoltre, anche in impianti ben ese-guiti, possiamo trovare la migrazione secon-daria delle tuberosità per mancata consolida-zione e quindi pseudoartrosi delle stesse o illoro riassorbimento, che aumenta nettamentein pazienti over 75 e porta a risultati poco sod-disfacenti nel tempo [8,9].Alla luce di questi risultati, quando ci trovia-mo di fronte a una frattura pluriframmenta-ria scomposta dell’epifisi prossimale dell’ome-ro con o senza lussazione, in un paziente an-ziano con tuberosità pluriframmentarie e/ocon cuffia dei rotatori inesistente, usiamo laprotesi inversa.La protesi inversa è il risultato di un’idea ge-niale di Paul Grammont, ortopedico francese,il cui uso primario è stato il trattamento della“cuff tear arthropathy” [10-13]. La protesi in-versa in effetti è composta da una componen-te glenoidea emisferica convessa, mentre lacomponente omerale è concava, invertendo ap-

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LO SCALPELLO (2009) 23:55-59DOI 10.1007/s11639-009-0022-1

Razionale della protesi inversa

nelle fratture pluriframmentarie

dell’omero prossimale

V. De Cupis, C. Chillemi, M. Palmacci, M. RioneroIstituto Chirurgico Ortopedico Traumatologico, Latina

ABSTRACT – RATIONALE OF REVERSE PROSTHESIS IN FRACTURE TREATMENT

As the population ages, the number of displaced fractures of the proximal humerus in still-

active patients is increasing. In three- or four-part displaced fractures emiarthroplasty

is the first indication, but results aren’t always satisfactory and predictable.

The inverted prosthesis of Grammont works only with an intact deltoid muscle, but,

in selected complex proximal humerus fractures, this prosthesis is considered to be a superior

treatment option for elderly patients.

Aggiornamenti

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punto la forma della normale spalla e della pro-tesi anatomica. Tale inversione delle compo-nenti si traduce biomeccanicamente in un ab-bassamento e una medializzazione del centro dirotazione che porta all’allungamento delle fibremuscolari del deltoide, con conseguente au-mento del braccio di leva del deltoide stesso dicirca il 30% che aumenta la forza in abduzio-ne del braccio anche in assenza di cuffia dei ro-tatori, permettendo quindi l’elevazione ante-riore dell’arto superiore [14,15].

Tecnica chirurgica

Il paziente viene posizionato in “beach-chair”.L’accesso chirurgico da noi usato è quello del-toideo-pettorale, anche se può essere preso inconsiderazione, e molti Autori lo praticano,quello trans-deltoideo.Individuando e seguendo il capo lungo del bi-cipite si arriva all’intervallo dei rotatori e quin-di in articolazione. Una volta arrivati in arti-colazione si isola la frattura e si rimuove la te-sta omerale (Fig. 1). Successivamente si isola-no e si valutano le tuberosità dal punto di vistadella consistenza ossea e dei tendini della cuf-fia inseriti (Fig. 2).In caso di fratture pluriframmentarie delle tu-berosità e in caso di mancanza di validi tendi-ni della cuffia dei rotatori, si opta per l’impiantodi una protesi inversa. Allora si prepara il canalemidollare omerale con le apposite frese (Fig. 3)e si inserisce la componente omerale di prova,che può essere posizionata da 0° a 20° di re-troversione (Fig. 4).

�Fig. 1 - Isolamento della frattura �Fig. 3 - Preparazione del canale omerale

�Fig.2 - Isolamento e valutazione delle tuberosità e dei ten-dini della cuffia

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Si prepara successivamente la superficie gle-noidea con l’apposita fresa per rimuovere lacartilagine (Fig. 5) e quindi si avvita la meta-glena con 4 viti e un “pin” centrale (Fig. 6). Siavvita la glenosfera alla metaglena (Fig. 7) e siintroduce lo stelo definitivo, che può essere ce-mentato o “press-fit”. Si applica alla compo-nente omerale il polietilene di prova e si valu-ta la stabilità della riduzione dell’impianto. Incaso di necessità possono essere aggiunti spa-ziatori e si può aumentare la lunghezza dell’o-

mero anche con polietileni a spessore crescen-te. Una volta deciso lo spessore del polietilenesi riduce la neo-articolazione (Fig. 8).Il paziente esce dalla sala operatoria con undrenaggio e un tutore a 15° di abduzione e ro-tazione neutra. La fisioterapia inizia il 2° gior-no post-operatorio, dopo la rimozione del dre-naggio, con esercizi passivi che diventano atti-

�Fig. 4 - Impianto dello stelo di prova �Fig. 6 - Avvitamento della metaglena

�Fig. 5 - Preparazione della glena

�Fig. 7 - Avvitamento della glenosfera

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vi assistiti dopo la 3° settimana (Figg. 9,10).

Discussione

I lavori in letteratura sui risultati della protesiinversa nelle fratture pluriframmentarie del-l’omero, sono ancora insufficienti. Abbiamotrovato interessante il lavoro di Cazeneuve eCristofari [16] che hanno analizzato 16 pa-zienti. A un follow-up medio di 8 anni il Con-stant-Score [17] era in media di 60 punti dal

lato operato contro gli 83 del lato sano. Il “not-ching” inferiore è stato visto in 11 pazienti, an-che se non grave, ed essi riportano 1 infezio-ne, 1 lussazione e 2 algodistrofie.Bufquin e coll. [18] hanno esaminato 43 pa-zienti trattati con protesi inversa su frattura ehanno potuto constatare, nel post-operatorio,una flessione attiva media di 97° e una rota-zione esterna di 30°. Le complicanze consiste-vano in 1 infezione, 3 algodistrofie, 5 compli-cazioni neurologiche e 10 “scapular notching”(lisi del pilastro scapolare da conflitto con laprotesi).Gallinet e coll. [19] hanno confrontato un grup-po di 16 pazienti trattati con protesi inversa e17 con protesi anatomica verificando un mi-gliore risultato, almeno in tempi brevi, nell’u-so della protesi inversa per quanto riguardal’abduzione, l’elevazione anteriore attiva e ildolore, nonché la restituzione al paziente diuna più rapida autonomia.D’altro canto punti negativi della protesi inver-sa sono stati individuati nella scarsa ripresa del-le rotazioni (che sembra possa essere alleviatadalla re-inserzione delle tuberosità o dalla tra-sposizione muscolare [20]) e nel fenomeno del-lo “scapular notching”, che può essere diminui-to nel numero e gravità posizionando la gleno-sfera più in basso e con angolo di 15°, come pro-posto da Nyffeler e coll. [21].

�Fig. 8 - Impianto definitivo

�Fig. 10 - Impianto di protesi inversa

�Fig. 9 - Rx di frattura pluriframmentaria dell’epifisi pros-simale dell’omero

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Conclusioni

Nelle fratture pluriframmentarie dell’epifisiprossimale dell’omero la protesi anatomicapuò dare risultati soddisfacenti, ma variabili, esempre a costo di una prolungata immobiliz-zazione.La protesi inversa ha risultati buoni e rapidisull’abduzione, elevazione anteriore e dolore,

ma con scarsa rotazione e con la preoccupa-zione dello “scapular notching”.Alla luce dei lavori pubblicati e dai risultati del-la nostra casistica, oggi, per la protesi inversasono: la “cuff tear arthropathy”, alcune vizioseconsolidazioni dell’epifisi prossimale dell’o-mero, i tumori della spalla e anche le fratturescomposte a 3 o 4 frammenti in paziente an-ziano (oltre i 75 anni).

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