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Numero 108 Aprile 2012 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DR PD - Contiene I.R. - Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione Salvami Regina “Fino all’effusione...”

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Numero 108 Aprile 2012

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Salvami Regina

“Fino all’effusione...”

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“Santissimo Cristo delle Misericordie” - Parrocchia di San Nicola di Bari e Santa

Maria, a Branca - Siviglia (Spagna)

hi s i t rovava presso i l Calvar io avrà visto

due a ltar i , dove s i consu-mavano due grandi sacr i -f ic i : uno era i l corpo di Gesù, l ’a ltro i l cuore di Maria .

(San Giovanni Crisostomo)

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Scrivono i lettori � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 4

“Fino all’effusione del sangue” (Editoriale) � � � � � � � � � � � � � � � � � 5

La voce del Papa – “Fino all’effusione del sangue”

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Commento al Vangelo – La notte della sconfitta del male

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Invidia e ammirazione

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La Pasqua antica, prefigurazione di quella vera

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Araldi nel mondo

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Intervista con il Prof� Pablo Santiago Zambruno, OPL’Archeologia come sintesi

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Lo sguardo dell’Uomo Dio

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I Santi di ogni giorno

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Storia per bambini��� – Che Gesù stia dormendo?

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È accaduto nella Chiesa e nel mondo

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La parola dei Pastori – “Chiedete e vi sarà dato”

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Santa Maria Eufrasia Pelle-tier – Istmo che conduce alla misericordia divina

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SalvamiRegina

Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella

della Nuova Evangelizzazione

SommariO

Anno XIV, numero 108, Aprile 2012

Direttore responsabile: Zuccato Alberto

Consiglio di redazione: Guy Gabriel de Ridder, Suor Juliane

Vasconcelos A. Campos, EP, Luis Alberto Blanco Cortés, Madre

Mariana Morazzani Arráiz, EP, Severiano Antonio de Oliveira

Amministrazione: Via San Marco, 2A

30034 Mira (VE) CCP 13805353

Aut. Trib. Padova 1646 del 4/5/99 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L.

353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DR PD

Contiene I.R. www.araldi.org

www.salvamiregina.it

Con la collaborazione dell’Associazione

Privata Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio

ArAldi del VAngelo

Viale Vaticano, 84 Sc. A, int. 5 00165 Roma

Tel. sede operativa a Mira (VE): 041 560 08 91

Montaggio: Equipe di arti grafiche

degli Araldi del Vangelo

Stampa e rilegatura: CISCRA S.p.A.

VIA SAN MICHELE 36 45020 VILLANOVA DEL

GHEBBO - RO

Gli articoli di questa rivista potranno essere riprodotti, basta che si indichi la fonte e si invii copia alla Redazione. Il contenuto degli articoli firmati è di responsabilità dei rispettivi autori.

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4      Salvami Regina · Aprile 2012

Scrivono i lettori

Articoli preziosi e ben documentAti

Desidero congratularmi con voi per l’eccellente lavoro che avete re-alizzato in tutto questo periodo, fino a giungere al centesimo numero del-la rivista Heraldos del Evangelio [edi-zione ecuadoriana], che costituisce uno strumento prezioso per tutta la famiglia, con i suoi differenti artico-li mensili, precisi e ben documenta-ti, che permettono di approfondire le conoscenze e la Fede.

Mons. Fausto G. T. T., OFMArcivescovo di Quito – Ecuador

ViVo messAggio di Fede

Mi piace molto questa Rivista perché trasmette un vivo messaggio di Fede, dove tutti i Paesi sono rap-presentati. In essa vi sono interes-santi informazioni, foto e immagini molto ben selezionate. I miei com-plimenti e l’augurio di grandi suc-cessi nell’apostolato.

Jaar I.Port-au-Prince – Haiti

un Ammonimento per ciAscuno di noi

È un onore ricevere tutti i mesi la bellissima rivista Araldi del Vangelo che, come sempre, attraverso la bel-lezza ci eleva a Colui che è Perfetto, facendoci ammirare maggiormente la Santità di Dio.

Voglio complimentarmi con Mons. João per i suoi Commenti al Vangelo, tutti eccellenti, ma uno in modo parti-colare : quello della XXVIII Domeni-ca del Tempo Ordinario, dello scorso numero 118. Affascinante e allo stesso tempo un ammonimento per ognuno, poiché molte volte rifiutiamo il ban-chetto al quale Dio ci invita. Molto in-

teressante anche l’articolo su San Lui-gi Grignion de Montfort.

Lavoro con i chierichetti della mia parrocchia e a loro è piaciuta molto la storia di Santa Maria Goretti. Real-mente è un onore far parte di quest’o-pera benedetta da Dio, confermata dal Successore di Pietro, Papa Benedetto XVI e animata dal sorriso della Madre di Gesù, la sempre Vergine Maria.

Marcello G. F. Riachão do Dantas – Brasile

FAmigliA dei lettori degli ArAldi

Ho letto la rivista Araldi del Vangelo del mese di gennaio 2012 e mi è piaciu-ta molto. Desidero entrare nella “fa-miglia dei lettori di Araldi del Vangelo”, poiché ho visto che la rivista coinvol-ge la nostra vita materiale e spirituale. Che Dio dia forza e i mezzi necessari ai dirigenti di questa Associazione per continuare questo bel lavoro di evan-gelizzazione, che così bene realizzano.

João F. L.Ananás – Brasile

compendio del bello e mezzo di eVAngelizzAzione

Questa Rivista, in tutti gli aspetti, è un compendio del bello e, soprattutto, è un eccellente mezzo di evangelizza-zione. Le storie e i piccoli fatti mi aiu-tano nell’apostolato, poiché collaboro nella catechesi di perseveranza e con-sacrazione, dove posso alimentare gli alunni e me stesso con la spiritualità di Mons. João Scognamiglio Clá Dias. Per i suoi argomenti e la qualità ma-nifestata, tutta la Rivista è magnifica!

Sidney A. B.Salvador – Brasile

Ambienti che FAVoriscono lA Virtù

Desidero complimentarmi con l’e-quipe di redazione di questa rivista per gli argomenti pubblicati nel nu-mero di gennaio 2012. Come musi-cista, ex-militare e, attualmente, pro-

fessore di banda strumentale e da guerra (pifferi, tamburi e cornette), desidero mettere in evidenza quel-lo che ho letto a pagina 5: “Ambienti che favoriscono la virtù”, soprattutto per quanto riguarda la musica.

Mi sento ancora più orgoglioso di essere cattolico e musicista, giacché per mezzo della rivista Araldi del Van-gelo ho approfondito i fondamenti dei canti gregoriani. San Gregorio Ma-gno: poesia e comprensione di come la musica può muovere le anime. San Bernardo: il dovere del canto, piacere all’udito per giungere al cuore.

Flubio O. L. M.Santiago – Cile

mi hA riempito di sperAnzA e sono ritornAto AllA chiesA

L’articolo che più richiama la mia attenzione ed il primo che leggo è: Storie per bambini... o adulti pieni di fe-de? Sono molte le storie, ma una mi ha colpito particolarmente, quando più ne avevo bisogno. Mi ha riempi-to di speranza e ho fatto ritorno alla Chiesa, alla confessione e comunione.

Questa Rivista fa parte anche del mio servizio, dove alle persone che la leggono piace molto. Persino la cuo-ca, quando è nell’ora di pausa, leg-ge la Rivista intera, malgrado non sia cattolica, ne resta incantata.

Adriana J.Bragança Paulista – Brasile

buon consiglio, pAce e benessere

Ricevo puntualmente la rivista Araldi del Vangelo, motivo di gran-de soddisfazione per me. Quando arriva, la leggo con molto entusia-smo, poiché essa è portatrice di buo-ni consigli, pace e serenità, oltre che capace di avvicinarci di più al San-tissimo Sacramento e a seguire i Dieci Comandamenti.

Antonio P.Siracusa

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Numero 108

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Salvami Regina“Fino all’effusione...”

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Aprile 2012 · Salvami Regina      5

Editoriale

Interno della Basilica di San Pietro durante il Concistoro Ordi-nario Pubblico del 18/2/2012

(Foto: L’Osservatore Romano)

“Fino all’eFFusione del sangue”

lios ego vidi ventos; alias prospexi animo procellas” – Ho già visto altri venti, ho già affrontato altre tempeste” (Cicero, Familiares, 12, 25, 5), potrebbe ben a proposito proclamare la sacra nave di Pietro di fronte

ai problemi che affliggono il mondo oggi.Infatti, senza intimidirsi di fronte alla furia delle ondate, mai indifferente o ne-

gligente, ma sempre altera davanti a loro, la Santa Chiesa prosegue il suo glorioso percorso verso l’insediamento del Regno di Cristo. Così, con inesauribile vitalità, svolge la sua Liturgia durante l’anno, più rivolta al Cielo che alla Terra, nella cer-tezza che Dio tutto vede, dispone e governa. Manifesta, con questo, la sua origine divina, situandosi molto al di sopra delle limitate contingenze umane.

In questo contesto si inserisce la grandiosa cerimonia di creazione di 22 nuovi Cardinali, realizzata da Papa Benedetto XVI il 18 febbraio scorso. In uno scena-rio di ineguagliabile splendore, si è ripetuto un rito plurisecolare che conferma la perennità della Sposa di Cristo. Come il Sole che si rinnova ad ogni aurora, così la Chiesa Cattolica si presenta sempre giovane, santa e senza macchia.

In quest’occasione, il Santo Padre ha ricordato ai nuovi porporati che a loro “è affidato il servizio dell’amore: amore a Dio, amore alla sua Chiesa, amore ai fra-telli con dedizione assoluta e incondizionata – se fosse necessario – fino allo spar-gimento del sangue, come dice la formula per l’imposizione del berretto cardinali-zio e come indica il color rosso delle vesti che portano”.

“Noblesse oblige!” Ma, nella prospettiva divina, anche questo possibile olocausto cruento rimane in secondo piano, poiché tutto passa in questa vita, solo Dio è eterno.

In questo senso, nella Basilica Vaticana, nella persona di Benedetto XVI, si è udita la voce di Pietro, che risuona nei secoli, istituendo i suoi principali ausilia-ri per il governo di questa istituzione divina, così complessa e al tempo stesso così semplice. Infatti, dietro ai maestosi cerimoniali che segnano la vita della Chiesa si trovano un’eccellente organizzazione, tenace lavoro e arguta diplomazia. La bel-lezza degli abiti e dei riti cura l’aspetto umano.

Una delle caratteristiche della Sposa di Cristo è che, molto al di sopra degli in-dividui, si intravvede in essa qualcosa di atemporale, ineffabile e onnipresente nei minimi dettagli e atti: è l’azione dello Spirito Santo, così discreta e così effettiva, che muove il mondo e le anime.

Così, la solenne cerimonia di creazione di nuovi Porporati, per esempio, si ri-peterà di tanto in tanto, finché ci sarà un mondo, con altre persone, ma con la stessa fede, lo stesso obiettivo, lo stesso Spirito, “per omnia sæcula sæculorum”, fino a che i Cieli si arrotoleranno come una pergamena e tutti saranno convoca-ti, da Adamo fino all’ultimo uomo, a presentarsi nella Valle di Giosafat per la più grandiosa cerimonia della Storia: il Giudizio Finale!

La Santa Chiesa avrà allora compiuto per intero la sua missione sulla Terra, popolando di santi il Cielo!

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“Fino all’effusione del sangue”

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La voce deL PaPa

Chi edifica la Chiesa è Cristo stesso, Pietro è un elemento particolare della

costruzione

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Nel delicato compito dei Cardinali, servirà loro da esempio e aiuto la testimonianza di fede prestata dal Principe degli Apostoli, con la sua vita e morte,

poiché, per amore di Cristo, si è donato interamente fino al sacrificio estremo.

u es Petrus, et super hanc petram ædificabo Eccle-siam meam”. Con queste parole il canto d’ingresso

ci ha introdotto nel solenne e suggesti-vo rito del Concistoro ordinario pub-blico per la creazione dei nuovi Car-dinali, l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del titolo.

Sono le parole efficaci con le qua-li Gesù ha costituito Pietro quale saldo fondamento della Chiesa. Di tale fondamento la fede rappresenta il fattore qualificativo: infatti Simo-ne diventa Pietro – roccia – in quan-to ha professato la sua fede in Ge-sù Messia e Figlio di Dio. Nell’an-nuncio di Cristo la Chiesa viene le-gata a Pietro e Pietro viene posto

nella Chiesa come roccia; ma colui che edifica la Chiesa è Cristo stesso, Pietro deve es-sere un elemento particola-re della costruzione. Deve es-serlo mediante la fedeltà al-la sua confessione fatta pres-so Cesarea di Filippo, in for-za dell’affermazione: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vi-vente”.

Uniti alla Chiesa da vincoli nuovi e più forti

Le parole rivolte da Ge-sù a Pietro mettono bene in risalto il carattere ecclesia-le dell’odierno evento. I nuo-vi Cardinali, infatti, trami-te l’assegnazione del titolo di una chiesa di questa Città o di una Diocesi suburbica-

ria, vengono inseriti a tutti gli effet-ti nella Chiesa di Roma guidata dal Successore di Pietro, per coopera-re strettamente con lui nel governo della Chiesa universale.

Questi cari Confratelli, che fra poco entreranno a far parte del Col-legio Cardinalizio, si uniranno con nuovi e più forti legami non solo al Romano Pontefice ma anche all’in-tera comunità dei fedeli sparsa in tutto il mondo. Nello svolgimen-to del loro particolare servizio a so-stegno del ministero petrino, i neo-porporati saranno infatti chiamati a considerare e valutare le vicende, i problemi e i criteri pastorali che toc-cano la missione di tutta la Chiesa. In questo delicato compito sarà lo-ro di esempio e di aiuto la testimo-nianza di fede resa con la vita e con la morte dal Principe degli Apostoli, il quale, per amore di Cristo, ha do-nato tutto se stesso fino all’estremo sacrificio.

Dono totale di se stessi, fino all’effusione del sangue

È con questo significato che è da intendere anche l’imposizione della berretta rossa. Ai nuovi Cardinali è affidato il servizio dell’amore: amo-

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“Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai!”

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Ai nuovi Cardinali è affidato il servizio dell’amore: amore per Dio, amore per la sua Chiesa, amore per i fratelli con dedizione assoluta e incondizionata

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re per Dio, amore per la sua Chie-sa, amore per i fratelli con una dedi-zione assoluta e incondizionata, fino all’effusione del sangue, se necessa-rio, come recita la formula di impo-sizione della berretta e come indica il colore rosso degli abiti indossati.

A loro, inoltre, è chiesto di servi-re la Chiesa con amore e vigore, con la limpidezza e la sapienza dei ma-estri, con l’energia e la fortezza dei pastori, con la fedeltà e il coraggio dei martiri. Si tratta di essere emi-nenti servitori della Chiesa che tro-va in Pietro il visibile fondamento dell’unità. [...]

Cari Fratelli che state per esse-re annoverati nel Collegio Cardina-lizio! Il dono totale di sé offerto da Cristo sulla croce sia per voi princi-pio, stimolo e forza per una fede che opera nella carità. La vostra mis-sione nella Chiesa e nel mondo sia sempre e solo “in Cristo”, rispon-da alla sua logica e non a quella del mondo, sia illuminata dalla fede e animata dalla carità che provengo-no a noi dalla Croce gloriosa del Si-gnore.

Sull’anello che tra poco vi conse-gnerò, sono raffigurati i santi Pietro e Paolo, con al centro una stella che evoca la Madonna. Portando que-sto anello, voi siete richiamati quo-tidianamente a ricordare la testimo-nianza che i due Apostoli hanno da-to a Cristo fino alla morte per mar-tirio qui a Roma, fecondando così la

Chiesa con il loro sangue. Mentre il richiamo alla Vergine Maria, sa-rà sempre per voi un invito a seguire colei che fu salda nella fede e umile serva del Signore.

(Passi del discorso durante il Concistoro Ordinario Pubblico,

18/2/2012)

Quel Dio che scacciò i progenitori dall’Eden, ha mandato il proprio Figlio nella nostra terra devastata dal peccato, non lo ha risparmiato, affinché noi, figli prodighi, possiamo

ritornare, pentiti e redenti dalla sua misericordia, nella nostra vera patria.

on questo giorno di penitenza e di digiuno – il Mercoledì del-

le Ceneri – iniziamo un nuovo cam-mino verso la Pasqua di Risurrezio-ne: il cammino della Quaresima. Vor-rei soffermarmi brevemente a riflet-

tere sul segno liturgico della cenere, un segno materiale, un elemento del-la natura, che diventa nella Liturgia un simbolo sacro, molto importante in questa giornata che dà inizio all’itine-rario quaresimale.

Segnale legato alla preghiera e alla santificazione del popolo cristiano

Anticamente, nella cultura ebrai-ca, l’uso di cospargersi il capo di ce-nere come segno di penitenza era comune, abbinato spesso al vestirsi

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A causa del peccato, la polvere della terra diventa segno di un inesorabile destino

di morte

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di sacco o di stracci. Per noi cristia-ni, invece, vi è quest’unico momen-to, che ha peraltro una notevole rile-vanza rituale e spirituale.

Anzitutto, la cenere è uno di quei segni materiali che portano il cosmo all’interno della Liturgia. I principa-li sono evidentemente quelli dei Sa-cramenti: l’acqua, l’olio, il pane e il vino, che diventano vera e propria materia sacramentale, strumento at-traverso cui si comunica la grazia di Cristo che giunge fino a noi.

Nel caso della cenere si tratta in-vece di un segno non sacramenta-le, ma pur sempre legato alla pre-ghiera e alla santificazione del Po-polo cristiano: è prevista infatti, pri-ma dell’imposizione individuale sul capo, una specifica benedizione del-le ceneri – che faremo tra poco –, con due possibili formule. Nella pri-ma esse sono definite “austero sim-bolo”; nella seconda si invoca diret-tamente su di esse la benedizione e

si fa riferimento al testo del Libro della Genesi, che può anche accompa-gnare il gesto dell’impo-sizione: “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai” (cfr. Gen 3,19).

A causa del peccato di Adamo è maledetta la Terra

Fermiamoci un mo-mento su questo passo della Genesi. Esso con-clude il giudizio pronun-ciato da Dio dopo il pec-cato originale: Dio ma-ledice il serpente, che ha fatto cadere nel pec-cato l’uomo e la don-na; poi punisce la donna annunciandole i dolori del parto e una relazio-ne sbilanciata con il ma-rito; infine punisce l’uo-mo, gli annuncia la fati-ca nel lavorare e maledi-

ce il suolo. “Maledetto il suolo per causa tua!” (Gen 3,17), a causa del tuo peccato.

Dunque, l’uomo e la donna non sono maledetti direttamente come lo è invece il serpente, ma, a causa del peccato di Adamo, è maledetto il suolo, da cui egli era stato tratto.

Rileggiamo il magnifico raccon-to della creazione dell’uomo dal-la terra: “Allora il Signore Dio pla-smò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vi-ta e l’uomo divenne un essere viven-te. Poi il Signore Dio piantò un giar-dino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato” (Gen 2,7-8); così nel Libro della Genesi.

Ecco dunque che il segno del-la cenere ci riporta al grande affre-sco della creazione, in cui si dice che l’essere umano è una singolare uni-tà di materia e di soffio divino, at-traverso l’immagine della polvere del suolo plasmata da Dio e animata

dal suo respiro insufflato nelle narici della nuova creatura.

Possiamo osservare come nel rac-conto della Genesi il simbolo della polvere subisca una trasformazione negativa a causa del peccato. Men-tre prima della caduta il suolo è una potenzialità totalmente buona, irri-gata da una polla d’acqua (Gen 2,6) e capace, per l’opera di Dio, di ger-minare “ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare” (Gen 2,9), dopo la caduta e la conseguen-te maledizione divina esso produrrà «spine e cardi» e solo in cambio di “dolore” e “sudore del volto” conce-derà all’uomo i suoi frutti (cfr. Gen 3, 17-18).

La polvere della terra non ri-chiama più solo il gesto creatore di Dio, tutto aperto alla vita, ma diven-ta segno di un inesorabile destino di morte: “Polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Gen 3,19).

La maledizione della terra ha una funzione curativa per l’uomo

È evidente nel testo biblico che la terra partecipa della sorte dell’uo-mo. Dice in proposito san Giovanni Crisostomo in una sua omelia: “Vedi come dopo la sua disobbedienza tut-to viene imposto su di lui [l’uomo] in un modo contrario al suo preceden-te stile di vita” (Omelie sulla Gene-si 17, 9: PG 53, 146). Questa maledi-zione del suolo ha una funzione me-dicinale per l’uomo, che dalle “resi-stenze” della terra dovrebbe essere aiutato a mantenersi nei suoi limiti e riconoscere la propria natura (cfr. ibid.).

Così, con una bella sintesi, si esprime un altro antico commento, che dice: “Adamo fu creato puro da Dio per il suo servizio. Tutte le cre-ature gli furono concesse per servir-lo. Egli era destinato ad essere il si-gnore e re di tutte le creature. Ma quando il male giunse a lui e conver-sò con lui, egli lo ricevette per mez-zo di un ascolto esterno. Poi penetrò

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Tutti i diritti sui documenti pontifici sono riservati alla Libreria Editrice Vaticana. La versione integrale di questi documenti può essere trovata in www.vatican.va

L’intenzione di Dio, che è sempre benefica, è più profonda della maledizione

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nel suo cuore e si impadronì del suo intero essere. Quando così fu cattu-rato, la creazione, che lo aveva assi-stito e servito, fu catturata con lui” (Pseudo-Macario, Omelie 11, 5: PG 34, 547).

Insieme al giusto castigo, una via di salvezza

Dicevamo poco fa, citando san Giovanni Crisostomo, che la male-dizione del suolo ha una funzione “medicinale”. Ciò significa che l’in-tenzione di Dio, che è sempre bene-fica, è più profonda della maledizio-ne.

Questa, infatti, è dovuta non a Dio ma al peccato, però Dio non può non infliggerla, perché rispet-ta la libertà dell’uomo e le sue con-seguenze, anche negative. Dun-que, all’interno della punizione, e anche all’interno della maledi-zione del suolo, permane una in-tenzione buona che vie-ne da Dio. Quando Egli di-ce all’uomo: “Polvere tu sei e in polvere ritornerai!”, in-sieme con la giusta punizio-ne intende anche annuncia-re una via di salvezza, che passerà proprio attraverso la terra, attraverso quella “pol-vere”, quella “carne” che sa-rà assunta dal Verbo.

È in questa prospettiva sal-vifica che la parola della Ge-nesi viene ripresa dalla Litur-gia del Mercoledì delle Cene-ri: come invito alla penitenza, all’umiltà, ad avere presente la propria condizione mortale, ma non per finire nella dispe-razione, bensì per accogliere, proprio in questa nostra mor-talità, l’impensabile vicinan-za di Dio, che, oltre la morte, apre il passaggio alla risurre-

zione, al paradiso finalmente ritro-vato.

In questo senso ci orienta un te-sto di Origene, che dice: “Ciò che inizialmente era carne, dalla ter-ra, un uomo di polvere (cfr. I Cor 15,47), e fu dissolto attraverso la morte e di nuovo reso polvere e ce-nere – infatti è scritto: sei polvere, e nella polvere ritornerai – viene fat-to risorgere di nuovo dalla terra. In seguito, secondo i meriti dell’anima che abita il corpo, la persona avan-za verso la gloria di un corpo spiri-tuale” (Sui Princìpi 3, 6, 5: Sch, 268, 248).

Il nuovo Adamo diventò “spirito vivificante”

I “meriti dell’anima”, di cui parla Origene, sono necessari; ma fonda-mentali sono i meriti di Cristo, l’effi-cacia del suo Mistero pasquale. San Paolo ce ne ha offerto una formu-

lazione sintetica nella Seconda Let-tera ai Corinzi, oggi seconda Lettu-ra: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in no-stro favore, perché in lui noi potes-simo diventare giustizia di Dio” (II Cor 5, 21).

La possibilità per noi del perdo-no divino dipende essenzialmente dal fatto che Dio stesso, nella perso-na del suo Figlio, ha voluto condivi-dere la nostra condizione, ma non la corruzione del peccato. E il Padre lo ha risuscitato con la potenza del suo Santo Spirito e Gesù, il nuovo Ada-mo, è diventato, come dice san Pa-olo, “spirito datore di vita” (I Cor 15,45), la primizia della nuova cre-azione.

Lo stesso Spirito che ha risusci-tato Gesù dai morti può trasforma-re i nostri cuori da cuori di pietra in cuori di carne (cfr. Ez 36,26). Lo ab-biamo invocato poco fa con il Salmo

Miserere: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, / rinnova in me uno spirito saldo. / Non scac-ciarmi dalla tua presenza / e non privarmi del tuo santo spi-rito” (Sal 50,12-13).

Quel Dio che scacciò i pro-genitori dall’Eden, ha manda-to il proprio Figlio nella no-stra terra devastata dal pecca-to, non lo ha risparmiato, af-finché noi, figli prodighi, pos-siamo ritornare, pentiti e re-denti dalla sua misericordia, nella nostra vera patria. Co-sì sia, per ciascuno di noi, per tutti i credenti, per ogni uo-mo che umilmente si rico-nosce bisognoso di salvezza. Amen.

(Omelia nella Messa del Mercoledì delle Ceneri,

22/2/2012)

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10      Salvami Regina · Aprile 2012

1 “Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aro-matici per andare a imbalsamare Gesù. 2 Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. 3 Esse dicevano tra loro: ‘Chi ci rotolerà via il mas-so dall’ingresso del sepolcro?’. 4 Ma, guar-dando, videro che il masso era già stato ro-tolato via, benché fosse molto grande. 5 En-

trando nel sepolcro, videro un giovane, sedu-to sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. 6 Ma egli disse loro: “Non ab-biate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luo-go dove l’avevano deposto. 7 Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi prece-de in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha det-to’” (Mc 16, 1-7).

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“Resurrezione di Cristo”, del Beato Angelico - Museo di San Marco, Firenze

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La notte della sconfitta del male

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Tutto sembrava perduto per il Maestro che era venuto a portare una dottrina nuova dotata di potenza

commento aL vangeLo – vegLia PasquaLe

I – Contrasto tra sConfItta e vIttorIa

Conclusa la Quaresima, periodo dedicato al-la considerazione delle nostre miserie e alla ri-chiesta di perdono, e concluse le cerimonie del-la Passione del Signore, comincia col Sabato Santo il trionfale crescendo di gioia proprio del-la Veglia Pasquale.

La cerimonia di questa notte è la più bella di tutto il ciclo liturgico. Essa comincia all’ester-no della chiesa, senza nessuna illuminazione, a simbolizzare le tenebre del peccato che domi-navano il mondo prima della Redenzione, come pure quelle che invasero la Terra dopo la Morte del Signore Gesù, il momento più tragico della Storia dell’umanità.

A mano a mano che il rito si svolge, l’oscurità iniziale viene rotta dal fuoco sacro, simbolo del-la Resurrezione. Questa soppianta e fa dimenti-care tutto quello che è rimasto indietro, al pun-to che ci è necessario uno sforzo per ricordare le penitenze fatte durante la Quaresima o l’am-biente tragico proprio del Venerdì Santo.

La Veglia Pasquale commemora il mo-mento misterioso e augusto nel quale Cristo ha vinto la morte, le cui circostanze esatte ci saranno svelate solo il giorno in cui l’umani-tà, riunita nella Valle di Giosafat, conoscerà nei particolari – minuto dopo minuto, secon-do dopo secondo – quanto è successo nel cor-so dei secoli a ogni singola creatura umana o angelica.

A Dio tutto è presente

La marcata contrapposizione tra tragedia e trionfo, che caratterizza la Liturgia del Sabato Santo, trova il suo senso più profondo in un al-tro contrasto, in questo caso, infinito: la diffe-renza tra l’intendere divino e quello umano.

Dio abbraccia, in un semplice sguardo del-la sua divina Intelligenza, l’insieme degli avve-nimenti della Storia e dell’Eternità, poiché per Lui tutto è presente.1 L’uomo, invece, è dotato di un intelletto discorsivo, incapace di vedere in un sol colpo il passato, il presente e il futuro, co-me succede al Creatore.

Secondo la concezione umana, un terribile insuccesso si era abbattuto su Gesù di Nazareth. Nella prospettiva divina, tuttavia, è stato sempre presente il grandioso trionfo commemorato nella Veglia Pasquale.

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

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Preso da invidia, il demonio riuscì a indurre l’uomo a peccare; in apparenza, Dio era stato sconfitto

Essendo stati creati nel tempo, analizziamo gli eventi come essi si presentano e, influenza-ti dalle impressioni ricevute al momento, facil-mente sbagliamo nella loro valutazione. Così, possiamo valutare come un insuccesso un de-terminato avvenimento che Dio considera come un trionfo, poiché vede simultaneamente la vit-toria che da questo verrà.

Consideriamo in questa prospettiva la Pas-sione, Morte e Resurrezione del Signore.

Insuccesso apparente del Divino Maestro

I principi dei sacerdoti e gli anziani del po-polo hanno portato Gesù al tribunale di Pilato, il quale cercava di evitare di pronunciare la sen-tenza di morte, non vedendo in Lui alcun crimi-ne. La moltitudine, però, esigeva la sua condan-na, al punto da preferire che il magistrato ro-mano liberasse l’infame Barabba. Il Divino Re-dentore è stato allora rivestito del manto di irri-sione, flagellato, coronato di spine e sottomes-so alle peggiori umiliazioni. Ha ricevuto sputi e schiaffi sul volto ed essendo ormai quasi privo di forze, ha dovuto caricare sulle spalle la Croce su cui avrebbe dovuto esser immolato.

Ad un certo punto del percorso, i solda-ti hanno obbligato Simone di Cirene ad aiutar-Lo a trasportare il pesante Legno fino in cima al Calvario, dove Lo hanno crocifisso. Inchioda-to sulla Croce, ha subito gli insulti dei passanti, che dicevano: “Tu che distruggi il tempio e lo ri-co-struisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!” (Mt 27, 40).

Tutto sembrava perduto per il Maestro che era venuto a portare una dottrina nuova dotata di potenza. Aveva dato prova di essere il Mes-sia, e il suo popolo Lo aveva respinto, urlando: “CrocifiggiLo, CrocifiggiLo!” (Gv 19, 6). Era il Figlio di Dio e stava per essere giustiziato co-me un malfattore, tra due ladroni. I sommi sa-cerdoti, insieme con gli scribi e gli anziani, Lo schernivano, dicendo: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio” (Mt 27, 42-43).

Da un’ottica meramente umana, come non concludere che il Divino Maestro aveva com-pletamente fallito?

Questi fatti, però, non riflettevano la realtà in ciò che essa ha di più essenziale.

Ingratitudine dei nostri progenitori

Avendo come presupposto che l’infinita In-telligenza di Dio tutto contempla come in pre-sente, seguiamo il magnifico panorama del-la Storia Sacra che ci è presentato dalle letture della Veglia Pasquale.

Nella prima (Gn 1, 1-2, 2), si narra la creazione dell’uomo, che Dio ha voluto assumere come figlio, dandogli come eredità un destino eterno: il Cielo. Per questo, ha formato il suo corpo dalla polvere della terra e lo ha animato con un soffio di vita che “traspare attraverso la sua carne immacolata, irra-dia dai suoi piedi al suo capo reale e ci porta ad am-mirare, nella sua virginale bellezza, il duplice sboc-

ciare della grazia e di una natura perfetta”.2

Lo ha posto in seguito nel paradiso di delizie che aveva preparato per lui, e ha cominciato a trattarlo con una “santa fa-miliarità, la quale non è ancora unione beata del Cielo, ma la prepara, attraendo l’anima alle cose del cielo”.3

Il demonio, però, preso da invidia, è ri-uscito a indurre l’uomo a peccare. E l’in-gratitudine dei nostri progenitori ha aper-to all’umanità un’era di schiavitù.

In apparenza, Dio era stato sconfitto. Ma, mentre immaginiamo Satana che festeggia con risate convulse il suo apparente trionfo, possiamo chiederci: “Sarà stato realmente vinto Colui che ha fatto tutte le cose e avreb-be potuto creare infiniti universi, con infini-ti Adami ed Eve, Colui che ha il potere di far tornare tutto in qualsiasi momento al nulla?”

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“Cristo Morto”, di Giotto - Cappella degli Scrovegni, Padova

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La morte di Cristo ha distrutto l’impero di Satana

Le letture seguenti di questa notte percorrono la storia del popolo eletto durante questo perio-do. Ricordano l’alleanza fatta da Dio con Abra-mo (Gn 22, 1-18); narrano la liberazione dalla schiavitù in Egitto (Es 14, 15-15,1); annunciano la venuta del Santo di Israele (Is 54, 5-14 e Is 55, 1-11); recriminano il popolo ebreo per aver ab-bandonato la fonte della saggezza (Br 3, 9-15.32 - 4,4) e promettono a Israele “un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 36, 16-17a.18-28).

Vanno così preparando i nostri cuori a com-prendere meglio l’accaduto nella pienezza dei tempi, quando le divine mani inchiodate nel Le-gno hanno stracciato il decreto di condanna lan-ciato dal Padre e hanno aperto le porte del Pa-radiso eterno.

La morte del Redentore ha distrutto l’impe-ro di Satana. In virtù di questa, “Dio ha annul-lato il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce” (Col 2, 14). Il supremo Sacrificio di Cristo ci ha por-tato la vita soprannaturale e quella eterna. Col Battesimo, coloro che camminavano all’ombra della morte sono stati puliti dal peccato e rice-vono il pegno della resurrezione, alla fine dei tempi.

“O Dio, che stupenda carità vediamo risplen-dere nel tuo gesto; non hai esitato a dare lo stes-so Figlio, per riscattare la colpa dei servi” – canta la Chiesa, nel Preconio Pasquale. Eravamo servi infedeli e Dio, per riscattarci, ha sacrificato il suo stesso Figlio. Benedetto il peccato di Adamo che ci ha valso un così grande Redentore!

Se non fosse la morte e Resurrezione di Cri-sto, noi saremmo eterni prigionieri del deside-rio di vedere Dio faccia a faccia, senza mai ri-uscirci.

Passare l’eternità con questo desiderio di contemplare Dio, senza mai poterlo realizza-re, è il maggior tormento per l’anima umana! In questo consiste precisamente la pena di dan-no nell’inferno, sofferenza più terribile di quella causata dal fuoco.

Da segno di ignominia a simbolo di gloria

Nella Veglia della Domenica di Pasqua, il trionfo di Gesù sul peccato riempie di gioia la Chiesa e i cuori di tutti i fedeli. Le campane rin-toccano, l’altare si illumina, e l’organo risuona

mentre l’assemblea canta giubilante: “Gloria in excelsis Deo”.

“O notte in cui Gesù ha rotto l’inferno, risor-gendo dalla morte vincitore”, proclama il Preco-nio Pasquale. Quando il demonio sembrava aver sconfitto Nostro Signore, Egli lo ha vinto definiti-vamente, come Maestro e come Dio. La croce, un tempo segno di ignominia, si è trasformata in sim-bolo di gloria e ha cominciato ad ornare le coro-ne dei re e a coronare i campanili delle cattedrali.

Cosa è accaduto a quelli che credevano di aver vinto il Nazareno? Alcuni, toccati dalla grazia, hanno chiesto il Battesimo (cfr. At 2, 37-41); su al-tri si è abbattuta la terribile tragedia della distru-zione di Gerusalemme, da Lui predetta e i prin-cipi dei sacerdoti, scribi e farisei sono passati alla Storia marcati da un sigillo di obbrobrio e ripulsa.

Il trionfo del Signore Gesù si manifesterà in una maniera tutta speciale nei suoi discepoli. Da fuggitivi, si raggruppano intorno alla Vergi-ne Santissima e cominciano a percorrere le na-zioni, predicando con coraggio il Vangelo. Alza-no ovunque lo stendardo della Croce, sfidando il paganesimo e conquistando il mondo a Cristo.

Christus vincit! Christus regnat! Christus im-perat! Ecco il risultato del grande contrasto che commemoriamo nella notte della Veglia Pasqua-le. La Morte e Resurrezione di Gesù riempiono

“Cristo consola i giusti”, del Beato Angelico - Museo di San Marco, Firenze

Le divine mani inchiodate sul Legno stracciarono il decreto di condanna lanciato dal Padre

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Il trionfo di Nostro Signore si manifesta in maniera tutta speciale nei suoi discepoli

di gaudio le anime dei fedeli, rendendo palese quanto completa è stata la vittoria del Bene.

II – La mattIna deLLa domenICa dI resurrezIone

Nessuno dei quattro Evangelisti descrive il momento esatto della Resurrezione.

San Marco, al quale è dedicato il presen-te anno liturgico, ci riferisce solo che, dopo la morte di Gesù, Giuseppe di Arimatea ha avvol-to il suo sacro Corpo in un panno di lino e lo ha depositato nel sepolcro (cfr. Mc 15,46). Ed en-tra subito dopo nella narrazione dell’episodio evangelico che oggi commentiamo.

Pietoso zelo delle sante donne1 “Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome compraro-no oli aromatici per andare a imbalsa-mare Gesù. 2 Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepol-cro al levar del sole”.

Devotamente preoccupate ad imbalsamare il Corpo del Redentore, visto che non avevano avuto tempo sufficiente di farlo il venerdì pri-ma del tramonto, le tre sante si sono dirette al tumulo il primo giorno della settimana. “Molto presto”, chiarisce l’Evangelista, come a voler ac-centuare l’ardente zelo che le muoveva.

Come tante volte succede nel Vangelo, c’è in questa espressione così breve, di appena due parole, una bella lezione per noi: i nostri dove-ri verso Dio, li dobbiamo compiere senza indu-gio né rinvii inutili.

3 “Esse dicevano tra loro: ‘Chi ci roto-lerà via il masso dall’ingresso del sepol-cro?’. 4a Era una pietra molto grande”.

I sepolcri di quel tempo, molto differenti da quelli di oggi, erano scavati nella roccia e chiu-si con una grande pietra circolare incassata tra due guide sempre di pietra, una sotto e l’altra sopra. Chi voleva entrare, doveva far scorrere questa pietra che era sigillata con altri materiali.

Ora, c’era per quelle donne un ostacolo mag-giore del peso di quella pietra: erano le guardie del Tempio appostate lì, su ordine dei capi del-la sinagoga. Esse non sono menzionate da San Marco, ma da San Matteo.

Preoccupazione dei sommi sacerdoti e insicurezza dei discepoli

Narra il primo Evangelista: “Il giorno se-guente si riunirono presso Pilato i sommi sacer-doti e i farisei, dicendo: “Signore, ci siamo ricor-dati che quell’impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, per-ché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima” (Mt 27, 62-64).

Pilato, sempre con il suo atteggiamento spu-rio di uomo incapace di prendere decisioni a fa-vore del bene, non ha voluto mandare soldati ro-mani a presidiare il tumulo, ma ha permesso che i sommi sacerdoti vi appostassero i loro. “Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia” (Mt 27, 66).

Nel frattempo, i discepoli di Gesù sembrava-no incuranti della previsione fatta mesi prima dal Divino Maestro: “Il Figlio dell’uomo sarà conse-gnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo con-danneranno a morte e lo consegneranno ai pa-gani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà” (Mt 20, 19).

Che abbiano dimenticato l’annuncio della Passione, tre volte ripetuto, come narrano i Si-nottici?4 Non sembra probabile. Però, come af-ferma San Giovanni, essi “non avevano infatti

“Sante donne al Sepolcro” Abbazia Benedettina di Subiaco

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ancora compreso la Scrittura, che egli cioè do-veva risuscitare dai morti” (Gv 20, 9).

Nello stesso senso, commentando la Resurre-zione di Cristo nella sua opera Gesù di Nazareth, Benedetto XVI ricorda quanto accaduto a Pietro, Giacomo e Giovanni nella discesa dal monte del-la Trasfigurazione. Essi “riflettevano preoccupa-ti sulla parola di Gesù, secondo la quale il Figlio dell’Uomo doveva ‘resuscitare dai morti’. E si chie-devano che cosa volesse dire ‘resuscitare dai morti’ (cfr. Mc 9, 9-10). Questo in effetti, in cosa consiste? I discepoli non lo sapevano; soltanto l’incontro con la realtà avrebbe permesso loro di apprenderlo”.5

“Egli è resuscitato; non è qui”4b “Ma guardando, videro che il mas-so era già stato rotolato via, benché fos-se molto grande. 5 Entrando nel sepol-cro, videro un giovane, seduto sulla de-stra, vestito d’una veste bianca, ed ebbe-ro paura. 6 Ma egli disse loro: “Non ab-biate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto”.

Se le sante donne, giunte al sepolcro, avessero trovato soltanto il tumulo vuoto, avrebbero potu-to pensare che il corpo del Divino Maestro fosse stato trafugato. Ma, c’era lì un giovane vestito di bianco, il quale disse loro: “Non abbiate paura!”. In quel tempo si credeva che chi avesse visto un angelo sarebbe morto immediatamente dopo. Per questo, egli comincia col tranquillizzarle, e solo dopo annuncia loro l’accaduto: “Voi cercate Ge-sù Nazareno, il crocifisso? È risorto. Non è qui”.

Dove si trovava in quel momento la guardia po-sta dai farisei e principi dei sacerdoti per vigilare il sepolcro? San Matteo ci spiega quanto accaduto: “Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite” (Mt 28, 2-4). E dopo fuggirono, per ri-ferire ai superiori quello che era successo.

Affermazione della primazia di Pietro 7bc “Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

C’è in questo versetto un particolare mol-to importante: l’angelo manda ad annunciare l’accaduto “ai suoi discepoli e a Pietro”. Facen-do questa menzione esplicita al Principe degli Apostoli, l’angelo mostra quanto fosse già rico-nosciuto in questi primordi della Chiesa il suo primato.

Ora, Simone, figlio di Giovanni, aveva preva-ricato. Tre volte aveva negato il Maestro, in ca-sa del sommo sacerdote. Non avrebbe, con que-sto, perso la primazia sui Dodici? Invece, nella mente di Dio era presente la fedeltà che il Pri-mo Papa Gli avrebbe manifestato, e in funzio-ne di questa era trattato dall’angelo. “La men-zione a San Pietro in questo passo”, commen-ta Fillion, “era destinata a mostrare all’Aposto-lo che Gesù aveva perdonato interamente la sua recente mancanza”.6

“Cristo risorto”, del Maestro della Misericordia - Pinacoteca dei Musei Vaticani

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Dove si trovava in quel momento la guardia posta dai farisei e principi dei sacerdoti per vigilare sul sepolcro?

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Nella notte del Sabato Santo, solamente la Madonna, su tutta la Terra, ebbe una Fede completa e senz’ombra di dubbio nella Resurrezione

III – MarIa e la resurrezIone

Nei loro resoconti sulla Resurrezione gli Evan-gelisti nulla dicono a proposito di Maria Santissi-ma, ma non è possibile immaginare la Madre del Redentore assente da questi avvenimenti.

Mentre il corpo di Gesù riposava nel sepolcro, gli Apostoli certamente sentivano, per un miste-rioso istinto, che la storia dell’Uomo Dio non po-teva esser conclusa con quella morte, ma non ar-rivavano a immaginare l’annunciata Resurrezio-ne. Come supporre, infatti, che Gesù avrebbe ac-cettato la sfida lanciata dal cattivo ladrone: “Se sei Cristo, salva Te stesso” (Lc 23, 39)? Perché se il fatto che un vivo resuscitasse un morto – come Egli aveva fatto con Lazzaro – già risultava del tutto inusuale, quanto più lo sarebbe stato uno che uscisse dagli abissi della morte con le proprie forze, dicendo al suo corpo: “Alzati!”

La Santissima Vergine, però, non aveva a questo riguardo il minimo dubbio. Nella notte del Sabato Santo, afferma Plinio Corrêa de Oli-veira, “solamente la Madonna, su tutta la faccia della Terra, ha avuto una Fede completa e senza l’ombra del dubbio nella Resurrezione. [...] Ad ogni minuto che passava, senza dubbio la spa-da della nostalgia e del dolore penetrava sem-pre più nel suo Cuore Immacolato. Ma, d’altra parte, aveva la certezza della grande gioia della vittoria che si approssimava. Questa concezione La inondava di consolazione e gaudio”.

Il dott. Plinio aggiunge che la Madonna “ha rappresentato in quest’occasione la Fede della Santa Chiesa e, per così dire, ha sostenuto il mon-do, dando continuità alle promesse evangeliche, poiché, se non ci fosse Fede sulla faccia della Ter-ra, la Provvidenza avrebbe concluso la Storia. Ma-ria è stata l’Arca della Speranza dei secoli futu-

ri. Ella ha avuto in Sé, come in una semente, tut-ta la grandezza che la Chiesa avrebbe sviluppato nel corso dei secoli, tutte le promesse dell’Antico Testamento e tutte le realizzazioni del Nuovo; tut-to ciò è stato vissuto dentro l’anima della Madon-na”.7

Per avere una visione più completa di questo grandioso panorama, bisogna ricordare che, se-condo l’opinione di illustri mariologi, Cristo Sa-cramentato non ha mai smesso di essere presen-te in Maria Santissima dall’Ultima Cena fino al-la sua Assunzione al Cielo. Ogni volta che Lei si comunicava, si rinnovavano nel suo cuore le Sa-cre Specie, rendendoLa un tabernacolo perma-nente dell’Eucaristia.8

Ora, essendo Cristo realmente presente nel-la Sacra Ostia, la Madonna deve aver sentito in qualche modo, nel suo intimo, l’Anima e il Cor-po di Gesù separarSi al momento della sua mor-te, mentre la Divinità continuava a restare uni-ta a entrambi. Infatti, come spiega il Dottor An-gelico, “tutto quello che appartiene a Cristo se-condo il suo essere, può esser attribuito a Lui in quanto esiste nella propria specie e nel Sacra-mento, sapendo, vivendo, morendo, soffrendo, essendo animato e inanimato, ecc.”.9

Questo fenomeno pungente e misterioso su-pera la nostra capacità di comprensione. Nel Cenacolo, Maria Santissima ha ricevuto “lo stesso vero Corpo di Cristo, che allora era visto dai discepoli sotto la propria figura ed era preso nella specie del Sacramento”. Egli, afferma San Tommaso, “non era impassibile nella forma in cui era visto sotto la sua figura, al contrario era preparato per la Passione. Per questo, non era neppure impassibile il Corpo che si consegnava sotto la specie del Sacramento”.10

1 “La conoscenza che Dio ha del presente, del passato e del futuro non ha niente in co-mune con la nostra. Per Lui, prevedere, vedere e rivede-re è un atto solo. Egli non passa, come noi, da una co-sa all’altra, mutando di pen-siero, ma contempla tutte le cose con uno sguardo immu-tabile. La Sua presenza sta-bile ed eterna tutto com-prende: quello che è, quel-lo che sarà, quello che è sta-

to” (SANT’AGOSTINO. De Civitate Dei. l.XI, c.21. ML 41, 334).

2 MONSABRÉ, OP, Jacques-Marie-Louis. Exposition du Dogme Catholique. Prépara-tion de Encarnation. 10.ed. Paris: P. Lethielleux, 1905, pag.98.

3 Idem, pag.105.4 Cfr. Mt; 16, 21; 17, 22; 20, 19;

Mc 8, 31; 9, 31; 10, 34; Lc 9, 22; 9, 44; 18, 33.

5 BENEDETTO XVI. Jesus de Nazaré – Da entrada em Je-rusalém até a Ressurreição. São Paulo: Planeta, 2011, pag.218.

6 FILLION, Louis-Claude. La Sainte Bible commentée. Pa-ris: Letouzey et Ané, 1912, tomo.VII, pag.282.

7 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Uma devoção da cri-standade... In: Dr. Plinio.

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Quale non sarà stato il gaudio di Maria nel sentire misticamente in Sè l’Anima di Gesù unirSi di nuovo al Corpo?

Statua Pellegrina del Cuore Immacolato di Maria appartenente agli Araldi del Vangelo

La Madonna aveva comunicato il Corpo di Cristo sofferente, e avendoLo custodito duran-te tutta la Passione, le sofferenze del suo Divi-no Figlio si riproducevano simultaneamente in un certo modo nel suo intimo. Nello stesso mo-mento in cui Egli resuscitava nel Santo Sepol-cro, resuscitava anche nella Sacra Ostia presen-te in Maria.

Quale non sarà stato il suo gaudio nel senti-re misticamente in Sé l’Anima di Gesù unirSi di nuovo al Corpo, e Lui che Si presentava ora più glorioso di quanto lo fosse prima della morte? Ben architettato sarebbe se in quell’esatto mo-mento Nostro Signore Le fosse apparso fisica-mente per consolarLa, poiché Lei era stata la Corredentrice e aveva condiviso tutte le soffe-renze della Passione.

* * *Nella nostra epoca, nella quale l’empietà

sembra prendersi cura del mondo, dobbiamo rinnovare la nostra Fede nella promessa fatta da Cristo, che mai le forze dell’inferno pre-varranno contro la sua Chiesa (cfr. Mt 16, 18) e mantenere ben vivo nell’animo l’aspirazio-ne ad essere santi, perfetti e integri dal punto di vista morale e dottrinale. Infatti, per il Lu-men Christi, così ben simbolizzato dal Cero Pasquale, cacciare in fondo all’inferno i de-moni che oggi tentano l’umanità, basta che ci sia un gruppo di fedeli, interamente uniti a Gesù e Maria che chiedano questo con vera tenacia.

“Coraggio! Io ho vinto il mondo” (Gv 16, 33). Facciamo il fermo proposito di tendere alla san-tità, affinché il trionfo definitivo di Cristo, otte-nuto con la sua Morte e Resurrezione, risplenda gloriosamente nei nostri giorni.

São Paulo. Ano XIII. N.145 (Abr., 2010); pag.34.

8 Don Faber, per esempio, dà per certa la permanenza del-le Specie Eucaristiche in Maria durante tutto il tem-po della Passione, e ammet-te “senza alcuna difficoltà” che questo privilegio pos-sa essersi prolungato fino al-la fine della sua vita terrena. (FABER, Frederick William. O Santíssimo Sacramen-to. Petrópolis: Vozes, 1939,

pagg.468-469). Don Roschi-ni, dal canto suo, ricorda che diversi scrittori ascetici sono di quest’opinione, nella qua-le nulla vede di improbabile (cfr. ROSCHINI, OSM, Ga-briel. Instruções Marianas. São Paulo: Paulinas, 1960, pag.154). Secondo la no-stra opinione, non c’è dub-bio su questa questione, vi-sto il principio mariologico di eminenza, così formulato da Don Royo Marín: “Qualun-que grazia o dono sopranna-

turale concesso da Dio a un santo o creatura umana, Egli l’ha concesso anche alla Ver-gine Maria nella stessa for-ma, in grado più eminente o in modo equivalente” (RO-YO MARÍN, OP, Antonio. La Virgen María. Madrid: BAC, 1968, pag.48).

9 SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Somma Teologica, III, q.81, a.4.

10 Idem, III, q.81, a.3.

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La Pasqua antica, prefigurazione di quella vera

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Con il loro antico rito, i giudei ricordavano il passaggio dalla schiavitù alla libertà. Per i cristiani, celebrare la Pasqua significa commemorare l’offerta del Signore per liberarci dal peccato e darci la vita eterna.

n epoche remote, tra i pasto-ri nomadi del Vicino Orien-te, si praticava un rito sacrifi-cale in relazione ad una cre-

denza comune ai popoli asiatici: la “resurrezione” di Baal in occasione della primavera.

In questo periodo dell’anno, prima di partire alla ricerca di pascoli per il bestiame, essi immolavano un tenero agnello con l’obiettivo di garantire la fecondità di tutto il gregge e, di conse-guenza, la prosperità del popolo. Il rito consisteva anche nel versare il sangue della vittima ai fianchi della tenda, per allontanarne gli spiriti malvagi.1

La Pasqua giudaica: memoriale di una predilezione

Troviamo nel capitolo 12 dell’Eso-do una serie di istruzioni date da Dio a Mosè, nelle quali si notano tratti in comune con i costumi sopra menzio-nati, ma con sostanza e significato to-talmente differenti. Non si tratta di un atto superstizioso destinato a pla-care la collera di uno spirito vendica-tivo, quanto di un rito che simbolizza

la predilezione del Dio vero per il suo popolo e l’inizio di una nuova alleanza.

Celebrata per la prima volta in prossimità della partenza dall’Egitto, la Pasqua giudaica si svolge in prima-vera, il 14º giorno del mese di Abib, più tardi chiamato Nissan, che corri-sponde al nostro attuale marzo-apri-le. Essa deve esser celebrata in fa-miglia, sacrificando, al tramonto, un agnello o un capretto maschio di un anno, senza difetti, che sia stato sepa-rato quattro giorni prima dalla madre. La sua carne, arrostita sul fuoco, sa-rà mangiata con pane azzimo ed erbe amare. Con il sangue della vittima si ungeranno i due battenti e l’architrave della porta d’accesso delle case.

Per la prima volta nella Sacra Scrittura, nel racconto dell’Esodo, appare il termine פֶּסַח (pesah): “È la Pasqua del Signore” (Es 12, 11). Seb-bene sia molto discussa l’etimologia di questa parola, la maggior parte de-gli esegeti la relaziona con la radice ebraica psh, che significa “saltare”.2 Deve, pertanto, esser interpretata in un senso salvifico: il Signore “saltò”

le case abitate dagli israeliti, liberan-doli dallo sterminio dei primogeniti.

Interpretazione allegorica nel giudaismo ellenistico

Il vocabolo ebreo pesah fu traslit-terato dai Settanta in greco, utiliz-zando il termine πάσχα (pasca), da cui derivano la parola latina pascha e i suoi equivalenti in altri idiomi: Pascua, Pasqua, Pâques, ecc.

Nei primi anni della nostra Era, il filosofo giudeo Filone di Alessandria, nei suoi commenti all’Esodo, prefe-riva usare i termini διάβασις (diaba-sis): “passaggio” e διαβατήρια (dia-bateria): “attraversata”, al posto di πάσχα, per tradurre il concetto ebrai-co di pesah. Allo stesso tempo, tutta-via, per una somiglianza meramen-te fonetica, relazionava questa paro-la con il termine greco πάσχειν (pa-schein), il cui significato è “soffrire”.

Così, tra gli alessandrini di origi-ne giudaica, secondo un’interpreta-zione allegorica, la Pasqua cominciò ad esser considerata come il passag-gio dallo stato di sofferenza a quel-

“Agnello di Dio” – Parrocchia di San Pancrazio, Odenthal (Germania)

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Alejandro Javier de Saint Amant

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lo di perfezione; si abbandonano le passioni e si acquista la sapienza. L’esegesi di Filone mostra qual è la sua intenzione dando un’interpre-tazione allegorica della Pasqua: per comportarsi saggiamente, è necessa-rio celebrarla in un senso spirituale, con un’atteggiamento morale e mi-stico, lasciando da parte il male e ac-quisendo uno stile di vita migliore.3

Anche se questo modo di inter-pretare risulta spurio sull’identifica-zione della vera Pasqua con la Pas-sione e Morte di Gesù, questa di-mensione spirituale sollevata dal giudaismo ellenistico finisce per es-sere inserita in qualche modo nel concetto cristiano.

L’antica pasqua, prefigura quella vera

Vi sono nei Vangeli, e non poteva che essere così, vari riferimenti alla celebrazione della Pasqua, soprat-tutto nei racconti della Passione di Cristo (Mt 26; Mc 14; Lc 22; Gv 13).

È interessante notare, però, che San Giovanni non fa menzione esplicita della Cena Pasquale, pro-babilmente per sottolineare il fatto che è la morte del Signore l’auten-tica Pasqua e Cristo il vero Agnello.4 Forse con identica intenzione, egli registra una testimonianza del Pre-cursore che non risulta nei sinottici: “Ecco l’Agnello di Dio” (Gv 1, 29).

In questo stesso senso il Cristia-nesimo dei primi tempi interpreterà la morte di Gesù. La Nuova Allean-za nel sangue dell’Agnello di Dio, la cui efficacia raggiunge la sua pienez-za con la venuta dello Spirito San-to a Pentecoste, si configura come la realizzazione perfetta di quello che gli antichi Padri denominavano “fi-gura della Pasqua del Signore”.

Questo si riflette, con notevole bellezza, nella nota omelia di Me-litone di Sardi, come si vede in uno dei suoi passi più significativi: “Pre-state bene attenzione, carissimi: il mistero della Pasqua è nuovo e an-

tico, eterno e temporale, corruttibi-le e incorruttibile, mortale e immor-tale. Antico secondo la legge, nuovo secondo il Verbo; temporaneo nella figura, eterno nella grazia; corrutti-bile per l’immolazione dell’agnello, incorruttibile per la vita del Signo-re; mortale per la sua sepoltura nel-la terra, immortale per la sua risur-rezione dai morti. La legge è anti-ca, ma il Verbo è nuovo; temporale è la figura, eterna la grazia; corrutti-bile l’agnello, incorruttibile il Signo-re, che fu immolato come un agnel-lo, ma risorse come Dio”.5

Apertura ad un mondo nuovo e trascendente

Meditando su queste parole pro-nunciate nella seconda metà del II secolo, i cristiani odierni si sentono trasportati in quell’epoca, ma senza smettere di guardare al futuro. Per-ché, in quel tempo come oggi, la Pa-squa di Gesù apre davanti a noi un mondo nuovo e trascendente.

“Che cos’è l’avvento di Cristo? La liberazione dalla schiavitù e il rifiu-to dell’antica soggezione, l’inizio del-la libertà e l’onore dell’adozione, la fonte della remissione dei peccati e la vita veramente immortale per tutti”.6

Con l’antico rito, i giudei ricorda-vano l’uscita dall’Egitto verso la Ter-ra Promessa, il passaggio dalla schia-vitù alla libertà. Secondo l’interpreta-

zione allegorica nel giudaismo elle-nistico, la Pasqua simbolizzava un’e-menda di vita. Per i cristiani, celebra-re la Pasqua significa commemorare l’offerta del Signore di liberarci dalla soggezione del peccato e darci l’op-portunità della vita eterna. Infatti in Cristo la Pasqua smette di essere un mero rito e apre il nostro orizzonte alla vita, che ora diventa piena nella donazione del Signore.

1 Cfr. GARCÍA LÓPEZ, Félix. El Penta-teuco. In: Introducción al estudio de la Biblia. Estella: Verbo Divino, 2003, vol.III, pag.165; FABRIS, Rinaldo, apud Nuevo Diccionario de Teología Bíblica. Madrid: Paulinas, 1990, pag.1411.

2 Cfr. ALONSO SCHÖKEL, Luis. Diccio-nario Bíblico hebreo-español. Madrid: Trotta, 1994, pag.617; FABRIS, op. cit., ibidem; VAUX, Roland de. Institucio-nes del Antiguo Testamento. Barcelona: Herder, 1976, pag.615.

3 Cfr. RAMÍREZ ZULUAGA, Alberto. “…Él es la pascua de nuestra salvación”. Medellín: Universidad Pontificia Boli-variana, 2005, pagg.99-100.

4 Cfr. JOSEP-ORIOL, Tuñí. Escritos joáni-cos y cartas católicas. In: Introducción al estudio de la Biblia. Estella: Verbo Divino, 1995, vol.VIII, pag.74.

5 MELITONE DI SARDI, apud RAMÍREZ ZULUAGA, op. cit., pag.106.

6 PSEUDO-IPPOLITO. Sanctam Pascha, apud RAMÍREZ ZULUAGA, op. cit., pag.163.

“Pasqua dei giudei” – Cattedrale di Strasburgo, Alsazia (Francia)

“Antica è la Legge, ma nuovo il Verbo; temporale è la figura, ma eterna la grazia”

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Invidia e ammirazione

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Così come l’invidia genera odio, l’ammirazione è fonte di amore. Chi pratica questa virtù gioisce per il bene dei suoi fratelli e prepara lo spirito a lodare e servire Dio.

he hai fatto? La voce del sangue di tuo fratel-lo grida a me dal suo-lo” (Gn 4, 8-10). Que-

ste parole di Dio a Caino echeggia-no ancor oggi, ricordando agli uomi-ni il primo fratricidio della Storia, la cui causa è stata soltanto una: l’in-vidia. Caino non sopportò di vede-re suo fratello Abele corrispondere generosamente all’amore che Dio gli manifestava.

Fin dall’aurora dell’uma-nità questo vizio, qualificato dall’Antico Testamento come “la carie delle ossa” (Pr 14, 30), continua a provocare di-sgrazie tra gli uomini. Mossi da questa, i fratelli di Giusep-pe lo vendettero come schia-vo (cfr. Gn 37, 11-28) e Saul scagliò due volte la sua lancia su Davide con l’intento di “in-chiodarlo alla parete” (I Sam 18, 7-11). Giunta la pienezza dei tempi, sarà anche questo il motivo per il quale i farisei consegnarono Gesù al tribu-nale di Pilato: “Sapeva bene che glielo avevano consegna-to per invidia” (Mt 27, 18).

Non è, dunque, da stupirsi, che Sant’Agostino la consideri come “il peccato diabolico per eccellen-za”,1 o che San Basilio si chieda se può esserci una malattia dell’ani-ma più terribile dell’invidia. Infat-ti, per questo Padre della Chiesa Caino è stato il primo discepolo di Lucifero, e da lui ha imparato ad esser omicida.2 “La morte è entra-

ta nel mondo per invidia del diavo-lo” (Sap 2, 24).

Fra’ Luigi di Granada, dal can-to suo, la considera “uno dei pecca-ti più potenti e dannosi, e che più ha disseminato il suo dominio nel mon-do, specialmente nelle corti e palaz-zi, nelle case di signori e di principi; non risparmia università né capitoli, né conventi di religiosi”.3

Ora, se così grande è que-sto male, esisterà un qualche rimedio contro di esso? O, meglio ancora, un mezzo ef-ficace di prevenirlo? È quel-lo che tenteremo di scoprire nell’articolo. Per questo, co-minciamo a conoscere meglio questo difetto che è, allo stes-so tempo, una passione e un peccato capitale.

Concetti concordanti lungo i secoli

Etimologicamente, la pa-rola “invidia” proviene dal verbo latino invidere, che si-gnifica gettare sopra l’altro uno sguardo malizioso. Di qui l’origine del famoso gioco di parole di Sant’Agostino: “Vi-

Diac. Ignazio de Araújo Almeida, EP

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“Davide presenta la testa di Golia a Saul” - Cattedrale di Chester, (Inghilterra)

Le vittorie di Davide risvegliarono l’invidia di Re Saul

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“L’invidia è uno dei peccati più potenti e dannosi, e che più ha disseminato il suo dominio nel mondo”

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deo, sed non invideo – Vedo, ma non invidio”.4

Concordano notevolmente, nei secoli, le caratteristiche at-tribuitele dai più diversi auto-ri. Aristotele la definisce nel-la sua Retorica come un dolo-re causato dalla buona fortu-na che godono alcuni dei no-stri simili, non con l’intenzione di ottenerla per noi, ma per il semplice fatto che essi la pos-seggono.5

San Tommaso d’Aquino, citando San Giovanni Dama-sceno, caratterizza l’invidia come “una tristezza per i be-ni dell’altro”.6 E spiega che essa “è sempre cattiva” per-ché fa sentire dispiacere ver-so quello che dovrebbe cau-sare gioia, cioè, il bene del prossimo.7

Con piccole varianti, mani-festano identica opinione trat-tatisti recenti come il domeni-cano Royo Marín, che la de-finisce come “la tristezza ri-spetto al bene altrui in quan-to diminuisce la nostra glo-ria ed eccellenza”, aggiungen-do che da lei derivano “l’odio, la maldicenza, la diffamazio-ne, la soddisfazione per le disgrazie del prossimo e la tristezza per la sua prosperità”.8

Precocità di questa passione nell’anima umana

La passione dell’invidia è in tal modo radicata nella natura uma-na decaduta col peccato che, prima ancora che sia capace di formulare le sue prime concezioni sul mondo o di poter balbettare qualche paro-la, già si possono manifestare in un bambino alcune delle sue caratte-ristiche. Così, Sant’Agostino scrive nel libro delle Confessioni: “Ho vi-sto e osservato un bambino invidio-so. Ancora non parlava e già guar-dava livido e con volto amareggia-

to verso un altro bambino, suo fra-tello di latte”.9

Anche Mons. João Scognamiglio Clá Dias mette in risalto la precoci-tà di questo difetto “Quanti di noi non si gettano negli abissi dell’am-bizione, dell’invidia e della cupidi-

gia già nei primi anni dell’in-fanzia?” – si chiede.10 E ag-giunge: “Ci sono passioni che si mantengono letargiche fi-no all’adolescenza, così non è per l’invidia; essa si manifesta fin dall’infanzia e accompa-gna l’uomo fino all’ora della sua morte. Non sarà difficile ai genitori osservare i segnali di questo vizio, nei loro picco-li. Fratelli o sorelle, tra loro, non raramente avranno pro-blemi perché si immaginano eclissati dalle qualità o privi-legi dei loro parenti più stret-ti. Quante volte è necessario separare fratelli, o sorelle, nel tentativo di correggere que-ste rivalità che possono giun-gere a estremi inimmaginabi-li, proprio come si è verifica-to tra i primi figli di Eva, Cai-no e Abele?”11

Quattro gradi di gravità crescente

Prendendo in considera-zione l’oggetto sul quale essa si applica, il peccato capitale dell’invidia è stato classificato dai moralisti in quattro gradi, in ordine crescente di gravità.

Il primo e più ordinario consiste nell’invidiare i beni temporali del prossimo, come, per esempio, ric-chezza, onore, dignità o bellezza fi-sica. Il secondo si riferisce ai beni in-tellettuali, tali come cultura, scien-za, abilità, doni artistici e intelligen-za. Nel terzo grado, molto più grave, l’invidioso ha di mira le virtù e i beni spirituali del prossimo, rattristando-si vedendo che gli altri li possiedono e sono, per questo, onorati e lodati come santi.

Essa può giungere, infine, fino all’invidia della grazia fraterna, uno dei peccati contro lo Spirito San-to.12 Su questo grado supremo, ci insegna il Dottor Angelico: “Esi-ste, però, un’invidia da esser anno-

“L’Invidia”, di Giotto - Cappella degli Scrovegni, Padova

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“Caino uccide Abele” - Cattedrale di San Gatian, Tours (Francia); “Giuseppe gettato nel pozzo dai suoi fratelli” - Cattedrale di Colonia (Germania); “Gesù in casa di un fariseo” - Parrocchia di San Patrizio, Roxbury (USA)

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“Chi si lascia tra-volgere dall’invidia perde il vero riposo dell’anima e finisce col vivere costante-mente nell’ansia”

verata tra i più gravi peccati, cioè, l’invidia della grazia dei nostri fra-telli. In questo caso, uno si affligge per il progresso della grazia divina, e non soltanto per il bene del pros-simo. È un peccato contro lo Spiri-to Santo, perché con questa invidia l’uomo in qualche modo invidia lo Spirito Santo che Si glorifica nelle sue opere”.13

Si rivolge contro i più vicini

Si può affermare che l’invidia è uno dei peccati che più rende l’uo-mo simile ai demoni, “che sentono un grande dolore per le opere buo-ne che facciamo e i beni che ottenia-mo”.14 Essa eccita sentimenti di odio e tende a seminare divisioni anche

in seno alle famiglie, poiché essa si volge principalmente contro coloro che ci sono più vicini.

In questo senso, afferma Aristo-tele: “Sentiranno invidia quelli che sono o sembrano essere i nostri pari, intendendo per pari coloro che so-no simili a noi per stirpe, parentela, età, disposizione, reputazione e be-ni. [...] Invidiamo le persone che ci sono giunte nel tempo, luogo, età e reputazione, da cui il proverbio: ‘Il familiare sa anche invidiare’”.15

La ragione di questo ce la inse-gna San Tommaso: “L’invidia è del bene altrui in quanto diminuisce il nostro. Pertanto, solamente si susci-ta riguardo a coloro che si vogliono eguagliare o superare. Questo non succede nei confronti di persone che

differiscono molto da noi in tempo, spazio e luogo, non invece per quel-le che ci sono vicine”.16

L’invidia è anche fonte di turba-mento per la stessa anima di chi la pratica. “Non c’è pace né tranquilli-tà”, afferma Tanquerey, “finché non si riesce a eclissare, dominare i pro-pri rivali; e, siccome è molto raro che si riesca ad ottenere ciò, si vive in perpetua angoscia”.17

Chi si lascia travolgere dall’invi-dia, spiega Mons. João Scognami-glio Clá Dias, “perde il vero riposo dell’anima e vive costantemente nel-la preoccupazione, nell’inquietudi-ne e nell’ansia. Sarà sempre tormen-tato dalla paura di rimanere ai mar-gini, di esser dimenticato, eguagliato o superato. La sua esistenza sarà un inferno anticipato e queste passioni saranno i suoi stessi carnefici”.18

Emulazione non è invidia

Sebbene siano frequentemen-te confusi, invidia, gelosia e cupidi-gia sono sentimenti distinti. In ter-mini semplici, potremmo riassume-re le differenze tra loro definendo la gelosia come la brama di mantenere quello che si ha; la cupidigia, il desi-derio di possedere quello che non si ha e l’invidia, la tristezza nel vede-re che l’altro possiede un determina-to bene.

Si sente anche parlare con una certa frequenza di un’“invidia sa-na” o positiva, che consiste nel desi-derare qualcosa che l’altro ha – per esempio, virtù – senza, pertanto, rat-tristarsi né augurargli male alcuno. Ora, questo sentimento non deve esser denominato invidia, ma emu-lazione, che è definita da Tanque-rey come “un sentimento lodevole che ci porta a imitare, eguagliare e, se possibile, superare le qualità degli altri, ma con mezzi leali”.19

Ma, ci insegna sempre Tanque-rey, affinché l’emulazione sia di fatto una virtù cristiana, essa de-ve esser onesta nel suo oggetto,

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Aprile 2012 · Salvami Regina      23

an Tommaso si chiede, nella Somma Teologi-ca, se l’invidia è peccato.1 Egli affronta il te-ma rendendo chiara la differenza tra l’invidia

e alcuni altri sentimenti simili che possono non co-stituire peccato, poiché in molti passi della Scrittu-ra, come anche negli scritti dei Santi, siamo invitati a imitare o “invidiare” il prossimo.

Per esempio, in una lettera a una delle sue disce-pole spirituali, San Girolamo raccomanda di dare a sua figlia “compagne di studio che ella possa invidia-re, i cui successi la stimolino”.2

L’invidia, come si è visto, è una certa tristezza causa-ta dai beni altrui, e può sopravvenire in quattro modi.

1º - Quando un uomo si intristisce vedendo che il suo nemico è stato promosso e quindi si trova nella condizio-ne di poter essere danneggiato, tale sentimento non è in-vidia, quanto un effetto della paura. Pertanto, può non esser peccato, spiega il Dottor Angelico, citando San Gregorio: “Accade molte volte che, senza che venga me-no la carità, la rovina del nemico ci rallegri, o la sua glo-ria ci rattristi, senza che vi sia peccato di invidia, quan-do pensiamo che la sua caduta permetterà che alcuni si sollevino, o quando temiamo che il suo successo sia per molti segno di un’ingiusta oppressione”.3

2º - Se ci intristiamo per il bene del prossimo, non per il fatto che questi lo possiede, ma perché di es-so siamo privati, non è propriamente invidia, è ze-lo. Consiste nel fatto di desiderare un bene che l’al-tro ha, senza, però, volere che l’altro smetta di pos-sederlo. Afferma San Tommaso: “Se questo zelo si riferisce a beni onesti, è allora degno di lode, come dice l’Apostolo: ‘Abbiate emulazione per i beni spi-rituali’ (I Cor 14, 1). Riferendosi a beni temporali, può o meno esser accompagnato da peccato”.4

3º - Può accadere che uno si intristisca alla vista del bene del prossimo, per il fatto di essere indegno chi lo possiede. Ma, tale tipo di tristezza non può ri-cadere sui beni onesti, poiché questi migliorano co-lui che li riceve. Questa tristezza si chiama nemesi o indignazione causata dalla ingiustizia, spiega San Tommaso, il quale ci ammonisce: “I beni temporali, che gli indegni ricevono, sono loro concessi da una giusta disposizione di Dio, per la sua emenda o per la sua condanna. Questi beni non hanno, per così di-re, alcun valore, in comparazione con i beni futuri che sono riservati ai buoni. Per questo tale tristezza è proibita dalla Scrittura, secondo il salmo: ‘Non adi-

rarti contro gli empi non invidiare i malfattori’ (Sal 37, 1). E in un altro salmo: ‘Per poco non inciampa-vano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei pas-si, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo la pro-sperità dei malvagi’ (Sal 73, 2-3)”.5

4º - Il quarto modo è quello che corrisponde pro-priamente all’invidia. Ossia, è la tristezza per il bene dell’altro per il fatto che questo ha più di noi. Questo è sempre peccato, poiché ci porta a intristirci per qualco-sa che deve causarci gioia: il bene del prossimo.

1 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica, II-II, q. 36, a.2.

2 SAN GIROLAMO. Epist. 107, al.7, n.4; ML 22, 871.3 SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., II-II q. 36, a.2.4 Idem, ibidem.5 Idem, ibidem.

L’invidia è peccato?

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“San Tommaso d’Aquino” – del Beato Angelico, dettaglio del trittico di San Pietro Martire, Museo di

San Marco, Firenze

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“L’amore è pazien-te, è caritatevole; non è invidioso, non è presuntuoso né si riempie di orgoglio”

“San Paolo Apostolo” - Portico della Cattedrale di Amiens (Francia)

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nobile nella sua intenzione e lea-le quanto ai mezzi d’azione. In al-tri termini, non potrà mai servirsi dell’intrigo o di qualsiasi altro pro-cesso illecito, quanto invece dello sforzo personale, del lavoro e prin-cipalmente del buon uso dei doni ricevuti da Dio.20

Esiste un rimedio efficace per un così grande male?

Ora, come fare per com-battere questa passione co-sì precoce e universale, e allo stesso tempo così de-leteria?

Come accade con tutti i difetti, il primo e più im-portante antidoto per l’in-vidia consiste nella prati-ca della virtù della carità. “L’amore”, insegna San Pa-olo, “è paziente; è caritate-vole; non è invidioso, non è presuntuoso né si riempie di orgoglio; non fa nulla di vergognoso, non è interes-sato, non si irrita, non tie-ne conto del male sofferto; non gioisce per l’ingiustizia, ma si rallegra della verità” (I Cor 13, 4-6).

Anche la virtù dell’emu-lazione, della quale abbia-mo parlato poco sopra, è un’arma efficace per com-batterla, poiché “conside-rare come modelli i miglio-ri tra i nostri fratelli per imi-tarli, o anche superarli, è, insomma, riconoscere la no-stra imperfezione e voler darle rime-dio, approfittando degli esempi di quelli che ci circondano”.21 Per agi-re così, dobbiamo persuaderci che le qualità e virtù del prossimo non smi-nuiscono le nostre, ma, al contrario, ci incentivano a progredire, anche noi, sulla via della perfezione.

Tuttavia, esiste anche un altro rimedio, intimamente legato al-la virtù della carità, che crediamo

essere uno dei principali antidoti contro l’invidia. Si chiama ammi-razione.

Dall’ammirazione sorge l’amore

Come l’invidia è la fonte di odio, l’ammirazione lo è dell’amore. Per questo, si potrebbe a ragione dire che il Primo dei Comandamenti in-

clude il dovere di “ammirare Dio so-pra ogni cosa”.

L’anima che pratica questa virtù acquista qualcosa che la rende, a sua volta, degna di ammirazione. Per-ché, spiega Plinio Corrêa de Olivei-ra, “essa trasferisce in noi quello che ammiriamo. Quando ammiriamo di-sinteressatamente qualcosa, quello

entra in noi, e a furia di con-templare tanta forza noi di-ventiamo più forti; a furia di contemplare tanta dolcezza, diventiamo più disinteressa-ti”.22

“Quanta felicità, pace e dolcezza hanno le ani-me che sono modeste, ri-conoscenti dei beni e del-le qualità altrui, restitu-trici a Dio dei doni da Lui concessi”, esclama Mons. João in uno dei suoi Com-menti al Vangelo.23 Pli-nio Corrêa de Oliveira ag-giunge che se manteniamo il nostro spirito in questo “stato di ammirazione”, in poco tempo vedremo nascere nella nostra ani-ma “un paradiso costan-te, una gioia fissa, stabile e continua”.24

Di conseguenza, dob-biamo chiedere alla Ma-donna, Madre Ammirabi-le, che allontani dalle no-stre anime ogni minima frangia di invidia, dando-ci, al contrario, la grazia di aver l’anima altamente

capace di ammirazione, che gioi-sce del bene dei suoi fratelli e loda Dio per la sua liberalità e bontà. Chi così procede “noterà, in poco tempo, come il cuore sarà tranquil-lo, la vita in pace, e la mente libe-ra per navigare verso orizzonti più elevati e belli. Più ancora: divente-rà egli stesso oggetto dell’affetto e della predilezione del nostro Padre Celeste”.25

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Aprile 2012 · Salvami Regina      25

“Madonna di Parigi” - Seminario degli Araldi del Vangelo, Caieiras (Brasile)

“Quanta felicità, pace e dolcezza hanno le anime che sono modeste, riconoscenti dei beni e delle qualità altrui, restitutrici a Dio dei doni da Lui concessi!”

1 CCE 2539.2 Cfr. SAN BASILIO MA-

GNO. Homilia 11 – De Invi-dia. c.3. MG 31, 375.

3 GRANADA, Luis de. Guia de Pecadores, l.II, c.7. In: Obras de Fray Luis de Gra-nada. La Publicidad: Ma-drid, 1848, tomo I, pag.132.

4 SANT’AGOSTINO. In Evan-gelium Ioannis Tractatus 44, 11. ML 35, 1718.

5 Cfr. ARISTOTELE. Retorica, l.2, c.10.

6 SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Somma Teologica, II-II, q.36, a.1, s.c.

7 Cfr. Idem, a.2.8 ROYO MARÍN, OP, Anto-

nio. Teología moral para se-glares. Madrid: BAC, 2007, pag.260.

9 SANT’AGOSTINO. Confes-sioni. l.1, c.7. ML 32, 665-666.

10 CLÁ DIAS, EP, João Sco-gnamiglio. Il Precursore e la Restituzione. In: Araldi del Vangelo. São Paulo. N.37 (Gen., 2005); pag.8.

11 Idem, pag.9.12 Cfr. PUENTE, Luis de la.

Meditaciones de la vía Purga-tiva. Barcelona: Pablo Rie-ra, 1856, tomo I, pag.176.

13 SAN TOMMASO D’AQUI-NO, op. cit., II-II, q.36, a.4, ad.2.

14 GRANADA, op. cit., pag.132.

15 ARISTOTELE, op. cit., l.2, c.10.

16 SAN TOMMASO D’AQUI-NO, op. cit., II-II, q. 36, a.1, ad. 2.

17 TANQUEREY, A. Compên-dio de Teologia Ascética e Mística. 4.ed. Porto: Apos-tolado da Imprensa, 1948, pag.483.

18 CLÁ DIAS, op. cit., pag.11.

19 TANQUEREY, op. cit., pag.482.

20 Cfr. Idem, pag.484.21 Idem, ibidem.22 CORRÊA DE OLIVEIRA,

Plinio. Conferenza. São Pau-lo, 14 jun. 1968.

23 CLÁ DIAS, EP, João Sco-gnamiglio. Il verme rodi-tore dell’invidia. In: Araldi del Vangelo. São Paulo. N.9. (Set., 2002); pag.11.

24 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. San Pao-lo, 19 giugno 1971.

25 CLÁ DIAS. Il verme roditore dell’invidia, op. cit., ibidem.

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Quaresima: tempo di preghiera e missione

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Ritiro Spirituale – 160 Cooperatori hanno aderito ad un ritiro spirituale a San Pietro (SP). Oltre a partecipare alle conferenze e alle Celebrazioni Eucaristiche, hanno recitato il Rosario insieme e hanno pregato la Via Crucis con una

fiaccolata. Inoltre si sono alternati nell’Adorazione al Santissimo Sacramento, esposto 24 ore al giorno.

a Quaresima, afferma Papa Benedetto XVI, “è un tempo propizio per rinnovare, con l’aiuto della Parola di Dio e dei Sacramenti, il nostro

cammino personale e comunitario di fede” (Messaggio per la Quaresima del 2012).

Per prepararsi meglio a questo periodo liturgico, 160 Cooperatori degli Araldi del Vangelo hanno approfittato della festa di Carnevale per dei ritiri spirituali, come quel-lo realizzato nelle dipendenze del Seminario Sant’Anto-nio dell’Alto della Serra, a San Pietro, Stato di San Pao-lo. Il tema è stato quello del Sacramento della Penitenza

e i Nuovissimi. Araldi sacerdoti sono stati constantemen-te disponibili ad amministrare confessioni.

Nello stesso fine settimana, i Cooperatori di Cuiabá hanno collaborato all’evento “Venite e Vedete”, orga-nizzato dall’Arcidiocesi, culminato con un atto di Ado-razione al Santissimo Sacramento al quale hanno par-tecipato oltre 120 mila persone.

E così, rafforzati dalla preghiera e i Sacramenti, i Cooperatori degli Araldi hanno ripreso con ardore, durante la Quaresima, le loro attività abituali, come le Missioni Mariane, le visite agli anziani e malati, ecc.

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Cuiabá – Cooperatori degli Araldi sono stati invitati ad occuparsi della veglia al Santissimo Sacramento durante il 26º incontro “Venite e Vedete”, che ha riunito quest’anno circa 120 mila partecipanti. Al Centro, il Diac. Max Adriano

Ribeiro, EP, regge il Vangelo vicino all’Arcivescovo Metropolitano, Mons. Milton Antonio dos Santos, SDB.

Missione Mariana – Dopo aver ricevuto la benedizione del parroco, Fra Adeodato Schembri, 80 Cooperatori degli Araldi hanno visitato più di 600 abitazioni della Parrocchia di Santa Rita da Cascia, nel quartiere paulista Parco

Nuovo Mondo, la prima domenica di marzo. La giornata è culminata con l’affollata Messa solenne.

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Recife: preparazione alla Quaresima

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Salvador – I malati dell’Ospedale Ana Nery hanno ricevuto la Statua del Cuore Immacolato di Maria (a sinistra) insieme all’aiuto spirituale di Don José Manuel Victorino de Andrade, EP. Nella Parrocchia del Buon Gesù dei

Miracoli; lo stesso sacerdote araldo ha battezzato tre bambini ed ha amministrato dieci prime comunioni (a destra).

ono state affidate al Diac. Célio Casale, EP, le me-ditazioni del ritiro spirituale realizzato dai semina-

risti dell’Arcidiocesi di Olinda e Recife, dedicate al te-ma “Obbedienza” (foto 2) come pure la presidenza dei momenti di Adorazione Eucaristica (foto 1) e di altri at-ti liturgici. I Cooperatori degli Araldi hanno partecipa-

to, dal 18 al 21 febbraio, ad un altro ritiro spirituale sot-to la direzione dei padri Ricardo José Basso, EP, e Isol-dino Quintão e Silva, EP (foto 3). Giorni prima, gli Aral-di hanno ricevuto nella loro casa di Recife Mons. Mario Marquez, OFMCap, Vescovo di Joaçaba, per una solen-ne Celebrazione Eucaristica (foto 4).

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DCongresso di aspiranti della Regionale Sud

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al 18 al 22 febbraio, più di 100 giovani aspiranti del-le case degli Araldi di Joinville, Curitiba, Maringá e

Ponta Grossa si sono riuniti in quest’ultima per il IV In-contro Regionale Sud. Oltre a partecipare a conferenze e gruppi di studio sul tema “Preghiera” (foto 2), essi han-no imparato a cantare l’Ufficio Divino (foto 1) ed avu-

to l’ opportunità di frequentare i Sacramenti, in partico-lar modo quello dell’Eucaristia (foto 3) e della Riconci-liazione. Gli Araldi Don Carlos Werner Benjumea, EP, e Don Michael Carlson, EP, li hanno seguiti anche durante i pasti e i momenti di ricreazione, per dare loro più da vi-cino un’orientamento spirituale.

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Mozambico – Altri otto africani hanno ricevuto la tunica bianca con la croce di Santiago rossa che caratterizza i Cooperatori degli Araldi del Vangelo, e hanno fatto la loro solenne consacrazione alla Madonna. La cerimonia è

stata realizzata a Maputo, nella Chiesa della Sacra Famiglia di Machava, nello scorso mese di gennaio.

Portogallo – Dopo essere state preparate spiritualmente per più di tre mesi da Don Jorge Filipe Teixeira Lopes, EP, il 12 febbraio scorso 31 persone hanno fatto la loro consacrazione alla Santissima Vergine secondo il metodo di

San Luigi Maria Grignion de Montfort, nella Chiesa del Santissimo Sacramento, a Oporto.

Perù – Nel mese di febbraio, gli Araldi hanno ricevuto nella loro casa di Lima diversi prelati, tra i quali il nuovo Presidente della Conferenza Episcopale, Mons. Salvador Piñeiro García (a sinistra), dopo si sono recati per una

visita di benvenuto dal nuovo Nunzio Apostolico in Perù, Mons. James Patrick Green (a destra).

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U“Visita di calore” ai nuovi cardinali

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Card. João Braz de Aviz

Card. Timothy Michael Dolan

Card. Willem Jacobus Eijk

Card. Fernando Filoni

Card. Manuel Monteiro de Castro

Card. Antonio Maria Vegliò

na commissione formata da Araldi del Vangelo di: Italia, Spagna, Portogallo, Olanda, Canada, Stati Uni-

ti e Brasile ha avuto l’opportunità di felicitarsi, il 18 febbra-io scorso, con i nuovi cardinali recentemente nominati da

Papa Benedetto XVI durante la cosiddetta “visita di calo-re”. Le foto evidenziano il clima di gioia che regnava nei di-versi ambienti del Palazzo Apostolico e dell’Aula Paolo VI, dove i 22 nuovi cardinali ricevevano il saluto dei fedeli.

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L’Archeologia come sintesi

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intervista con iL don PabLo santiago Zambruno, oP

Le sue inclinazioni intellettuali propendono, nel contempo, verso il tomismo, l’architettura sacra e le ricerche archeologiche. Come armonizzare campi di interesse apparentemente così diversi?

La sua tesi di dottorato all’“Angelicum” ha elaborato il tema “La bellezza che salva: l’estetica in Tommaso d’Aquino”. Perché analizzare da un punto di vista tomista un tema così attuale?

La bellezza nel mondo è la manife-stazione della Bellezza Divina. C’è una sola fonte di Bellezza, che è Dio, che ri-flette nelle sue opere la Sua stessa bel-lezza. L’uomo – fatto a sua immagine e somiglianza –, quando crea, compie un atto analogo a quello del Creatore. In tal senso, del tesoro dell’intelletto uma-no, l’artista è chiamato a ricreare at-

traverso la bellezza l’opera cominciata dall’Artista Divino.

Il suo interesse per l’architettura è stato risvegliato dallo studio della bellezza in San Tommaso o è stato il contrario?

È un interesse congiunto, visto che l’architettura è una manifestazio-ne artistica stupenda per conoscere il potere dell’anima umana quando questa aspira a trasmettere la bellez-za. Si consideri, per esempio, Gaudì.

Mi sono interessato all’architet-tura quando ho cominciato ad ap-profondire il senso artistico e teo-

logico del Tempio. Non è facile fa-re una casa a Dio... Combinare non solo la funzionalità liturgica, ma an-che il concetto religioso con il canone estetico, non è affatto facile, ma mol-to affascinante. È in questo senso che l’architettura religiosa rappresenta la parte più elevata dell’anima umana.

Da dove le viene l’interesse per l’archeologia?

L’archeologia è una grande sintesi delle mie inclinazioni intellettuali: è la Storia “fatta pietre”, è la bellezza ar-tistica dei monumenti, basiliche e al-tre cose che ho potuto scavare, è la vi-

Don Paolo Santiago Zambruno durante una lezione del corso di Archeologia Cristiana tenuto nell’auditorio dell’Istituto Teologico San Tommaso d’Aquino, a Caieiras, San Paolo

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Don Marcos Faes de Araújo, EP

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S“Dio... chi è Dio?”

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ta quotidiana dei cristiani che in mol-ti casi hanno testimoniato la loro fede con l’effusione del proprio sangue.

Quello che mi è piaciuto di più è stato ricostruire una civiltà come quella bizantina ad Hatita. Grazie al privilegio di lavorare in questo sito archeologico, ho potuto compren-dere che il Cristianesimo è stato, è e sarà una vera civiltà.

Attualmente, lei sta svolgendo un lavoro sull’iconografia cristiana del periodo pre-costantiniano a Roma. Quali sono le implicazioni di questo studio per i tempi attuali?

Abbiamo molte somiglianze so-cioculturali col citato momento sto-rico.

In quell’epoca, l’iconografia ave-va un valore testimoniale; i cristiani manifestavano la fede anche in que-sto modo. Trasmettevano quello in cui credevano; in questo caso, attra-verso l’iconografia, mettendo davanti agli occhi la fede vissuta in modo da

ato a Buenos Aires nel 1965, padre Pablo San-

tiago Zambruno, OP, ha con-seguito il dottorato in Teolo-gia nella Pontificia Universi-tà San Tommaso d’Aquino in Urbe (Angelicum), di cui è at-tualmente Vice-Decano. È di-plomato in Architettura e Ar-te per la Liturgia presso il Pontificio Istituto Liturgico, e dottorando in Archeologia Cristiana nel Pontificio Istitu-to di Archeologia Cristiana. Ha partecipato a scavi arche-ologici in Corsica, Sicilia, Ro-ma, Sanremo, Gerusalemme e Giordania.

Nell’ottobre dell’anno scor-so, ha tenuto un corso di Arche-ologia Cristiana all’Istituto Teo-logico San Tommaso d’Aquino, degli Araldi del Vangelo.

poter così imparare a riconoscere ciò che è l’essenza del mistero cristiano. Questa maniera di trasmettere la fe-de – ossia, l’iconografia –, può indu-bitabilmente servire da modello per la nuova evangelizzazione.

La persecuzione, dichiarata o ve-lata, che oggi subisce la Chiesa ci in-vita a seguire l’esempio dei nostri Padri nella Fede, fissando l’atten-zione su quello che è sempre stato e sarà l’essenziale della vita cristia-na, aiutandoci, inoltre, a non cade-re nello scoraggiamento o nella con-fusione.

u iniziativa dei professori e alunni dell’Istituto Teologi-co San Tommaso d’Aquino (ITTA) e dell’Istituto Filoso-

fico Aristotelico Tomista (IFAT), l’Istituto Lumen Sapientiæ ha dato inizio alla collezione “Conosca la sua Fede”, al fine di offrire materiale di ausilio didattico per predicatori e cate-chisti, ma anche per laici che desiderino approfondire la pro-pria Fede.

Il primo volume, intitolato “Dio... chi è Dio?”, con 127 pagi-ne riccamente illustrate, risponde a domande come: chi è Dio? Quanti dèi esistono? Cos’è la Divina Provvidenza? Egli è giu-sto o misericordioso? Dio è felice?

L’opera è il risultato dello sforzo congiunto di alunni e pro-fessori di questi istituti, e vanta una prefazione di Mons. Bene-dito Beni dos Santos, Vescovo di Lorena e uno dei più eminen-ti teologi su cui conta oggi il Brasile.

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Istmo che conduce alla misericordia divina

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santa maria eufrasia PeLLetier

Al calore dei raggi dell’amore divino, la giovane bella ed elegante si trasformò nella “donna forte” sulla quale si abbatterono le ondate delle avversità, dell’aridità, della persecuzione e dell’angoscia, senza che ne risultasse turbata.

ome la prua di una nave che solca i mari, così emer-ge l’isola di Noirmoutier dalle acque dell’Atlantico,

non lontano dalla foce della Loira.Separata dal continente da uno

stretto braccio di mare, nel 1770 si scoprì che era possibile arrivarci a piedi, durante la bassa marea, per-correndo un tragitto di un miglio sul fondo emerso dell’oceano. Tuttavia, il lungo e incerto cammino era tran-sitabile soltanto per brevi periodi, e solo i più coraggiosi si avventurava-no a fare la traversata.

Non era però il coraggio una qua-lità rara negli abitanti di questa re-gione della Francia, che sempre si distinsero per un carattere intrepido e combattivo, unito a una fede since-ra, robusta e incrollabile.

Nel 1793, quando il Terrore infie-rì in Francia, questo popolo si man-tenne fedele alle sue credenze. La religione divenne, alla vigilia della Rivoluzione, il suo bene più prezio-so. “Che il mondo cambi intorno a loro, che la società sia sconvolta, la monarchia abbattuta: i contadini [...] non si turberanno più di tanto. Ma che si metta mano sulle loro chiese, sui loro calvari, sui loro preti, allora

si erano trasferiti a Noirmoutier nel 1793, a causa dei sospetti sollevati dalla loro dedizione ai sacerdoti mi-nacciati di quella città. D’altra parte, tutti i religiosi che esercitavano il lo-ro ministero nell’isola, e con i quali la bambina era in assiduo contatto, erano autentici confessori della fede e avevano affrontato innumerevoli tribolazioni, per amore della Chiesa.

Costoro acquisivano agli occhi di Rosa Virginia una luce speciale, come solo la sofferenza può dare, imprimen-do in forma indelebile nel suo cuo-re infantile il valore e la dignità del sa-crificio e dell’eroismo. Queste impres-sioni esercitarono una grande influen-za nello sviluppo della sua personalità, soprattutto nella completa accettazio-ne con la quale più tardi corrispose al-la chiamata della Provvidenza.

“Dovrò piegarmi, ma sarò religiosa!”

Infatti, la voce di Dio si fece senti-re molto presto in fondo alla sua ani-ma pura e generosa. Nel 1807, poco dopo la Prima Comunione, Rosa udì con nitidezza, nel suo intimo, la chia-mata alle vie della perfezione. Sape-va, però, che per raggiungere que-sto obiettivo avrebbe dovuto vince-

li si vedrà sollevarsi, pronti a tutto: alla morte, al martirio”.1

A gennaio dell’anno seguente, i patrioti si impossessarono di Noir-moutier per la seconda volta e mas-sacrarono tutta la guarnigione, co-me pure gran parte della popolazio-ne civile. Tutti i sacerdoti furono fu-cilati e molte chiese vennero rase al suolo. Nei mesi successivi, domina-ti dal Terrore, l’isola arrivò a contare più di 1.200 vittime.

Un giglio nato durante la tempesta

Fu in questa atmosfera di perse-cuzione che venne al mondo la figlia di Anne Mourain e Julien Pelletier, a Noirmoutier, il 31 luglio 1796, co-me un giglio d’innocenza sbocciato in mezzo alla tempesta.

Nello stesso giorno della sua nasci-ta, i genitori la battezzarono in segre-to, dandole il nome di Rosa Virginia. Soltanto nell’anno successivo, dopo l’arrivo del primo sacerdote sull’isola, ella poté ricevere la benedizione di un ministro sacro, confermando la validi-tà del Sacramento che aveva ricevuto in forma tanto semplice.

L’infanzia della piccola Rosa fu profondamente segnata dagli eventi. I suoi genitori, originari di Soullans,

Suor Clara Isabel Morazzani Arráiz, EP

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re dure battaglie, tra le quali la più ardua di tutte sarebbe stata ingaggiata contro un avversario terribile: il suo temperamento.

Aveva un carattere molto vi-vace, che la conduceva, a vol-te, a certi eccessi, quali l’imper-tinenza delle risposte e il desi-derio di seguire la propria vo-lontà. Nel contempo, la sua co-scienza la portava subito a pen-tirsi della mancanza commessa e a ripararla con penitenze.

Un compagno muto – ma nel contempo altrettanto elo-quente! – influiva anch’esso sullo spirito sensibile della pic-cola, causandole una salutare impressione: il mare... Passeg-giando lungo la costa, si estasia-va contemplando quell’immen-so tappeto d’acqua, le cui onde in successione si scagliavano fu-riosamente contro le rocce. La vita, che si apriva davanti a lei, le sembrava un oceano increspato, pieno di rischi e di incertezze, con-tro i quali avrebbe prevalso solo chi avesse saputo combattere.

La lotta senza tregua contro i propri difetti proveniva da questa concezione agguerrita dell’esistenza e dalla decisione irrevocabile di re-alizzare l’ideale che si era già prefis-sata, come lei stessa confessò a una suora, a cui era stata affidata la sua educazione: “So bene che dovrò pie-garmi, ma sarò religiosa”.2

Dio mette alla prova chi ama

Dio mette molto presto alla pro-va quelli che ama. Non mancò nell’infanzia e adolescenza di Rosa Virginia tale segno di predilezione: nel 1805 perse la sua sorella preferi-ta, Vittoria Emilia, e l’anno seguen-te suo padre.

La morte di Julien Pelletier fe-ce ricadere sulla vedova il peso del-la formazione dei figli. Per far fron-te alle difficoltà, decise di tornare a Soullans e affidare gli studi di Rosa

Virginia a un’amica d’infanzia, Ma-dre Pulchérie Chobelet, fondatrice dell’Associazione Cristiana, desti-nata all’educazione della gioventù a Tours. La bambina, allora di die-ci anni, dovette abbandonare la sua amata isola di Noirmoutier e sepa-rarsi dalla famiglia.

L’ambiente dell’educandato era ben lungi dall’offrirle le consolazio-ni dell’intimità della famiglia, poiché Madre Pulchérie trattava le alunne con eccessiva severità. Tuttavia, Dio Si serviva di questa situazione per forgiare l’anima di Rosa, preparan-dola alla sua grande missione. Prima di diventare fondatrice e superiora, era necessario che lei si esercitasse nell’obbedienza e accettasse le umi-liazioni come mezzo efficace di pie-gare la propria volontà; obbedire con vera sottomissione, per poi comanda-re con autorità autentica.

Il sogno si trasforma in un invito

Nonostante ciò, il maggior frut-to del soggiorno a Tours fu l’esplici-

tazione della sua vocazione. Si trovava, vicino al luogo dove vi-veva, un edificio dai muri auste-ri che incuriosiva lo spirito della giovane, provocandole un’ine-splicabile attrazione. Era il Ri-fugio della Madonna della Ca-rità, appartenente alla congre-gazione fondata da San Giovan-ni Eudes per accogliere ragazze cadute nella prostituzione o in situazione di rischio, desiderose di riparare agli errori passati e di intraprendere una nuova vita.

Il carisma dell’istituzione ve-niva incontro alle aspirazioni del cuore dell’adolescente, che arde-va dal desiderio di conquistare anime a Gesù. Il suo sogno di vi-ta religiosa si era trasformato ora in un invito chiaro a consegnarsi a Dio all’interno di quest’opera di San Giovanni Eudes.

Il 20 ottobre 1814, Rosa Vir-ginia Pelletier entrò come po-

stulante nel Rifugio di Tours. Fin dai primi mesi, la giovinetta di 18 anni sorprese la comunità, dimostrando di possedere una maturità ben supe-riore a quella che ci si poteva aspet-tare alla sua giovane età. Ricevet-te, allora, l’incombenza di insegnare il catechismo alle Penitenti, cioè, al-le giovani lì raccolte per emendarsi. Svolse con successo l’incarico, dan-do libero corso all’entusiasmo della sua anima apostolica.

Giunto il giorno dell’ammissio-ne al noviziato, quando la postulan-te avrebbe indossato l’abito bianco della Congregazione, era anche co-stume assumere un nuovo nome. La scelta di Rosa Virginia ricadde su Santa Teresa di Gesù, che molto am-mirava. Tuttavia, la superiora era di opinione differente e, nell’intento di darle una lezione di umiltà, obiettò: “Tu vuoi il nome di una così grande santa? Pretendi di eguagliarti a lei, tu povera e piccola aspirante alla perfezione religiosa?”. E sentenziò: “Va’ a cercare, nella Vita dei Santi,

Santa Maria Eufrasia Pelletier

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il nome più umile e occulto”.3 Rosa obbedì senza fiatare ed elesse come patrona Sant’Eufrasia, una religiosa dalla vita molto spenta.

In ogni occasione, Suor Maria Eufrasia era di una flessibilità ecce-zionale nei riguardi delle superiore. Nei momenti di svago, però, rivela-va la sua giovialità, prodigandosi in gentilezze verso le suore anziane e irradiando intorno a sé la gioia stra-ripante della sua anima. “Non posso ricordarmi di lei senza che si rinno-vi in me la dolce reminiscenza del-le virtù eroiche, che le ho visto pra-ticare come novizia, dando alle Ma-dri veterane la speranza di esser la gloria e l’onore della nostra Congre-gazione”,4 scrisse una delle sue com-pagne.

Superiora del Rifugio di Tours

Dopo la sua professione religio-sa, nel 1817, Suor Eufrasia ricevet-te il delicato incarico di Maestra del-le Penitenti. Dotata di un equilibrato carisma di direzione, non temeva di unirsi alle sue subalterne nelle con-versazioni e passeggiate, ingegnan-dosi per distrarle. Quando, tuttavia, si trattava della Legge di Dio, si mo-strava così severa e inflessibile che esse preferivano qualsiasi penitenza a un solo sguardo di rimprovero del-la maestra. “Lei aveva un che di im-ponente e allo stesso tempo di attra-ente, che conquistava tutti i cuori”,5 commenta uno dei suoi confessori.

In questo modo, amata e rispet-tata, acquistò un grande ascendente entro la comunità, al punto che, nel 1825, riunito il Capitolo per la scelta di una nuova Superiora, venne elet-ta all’unanimità, prima di compiere 29 anni!

L’elevazione a tale carica entra-va in collisione con la sua umiltà e i propositi di obbedienza che aveva, ma la sua modestia non le impediva di esercitare l’autorità con fermezza, come confermò con la sua decisione di istituire le Maddalene.

Durante gli anni di esperienza tra le Penitenti, ella aveva con ram-marico constatato che molte di que-ste giovani, sinceramente converti-te, desideravano completare il loro cambiamento di vita abbracciando lo stato religioso. Senza dubbio, non trovavano nessun Istituto che le ac-cettasse. Per questo, la Santa vedeva l’urgenza di erigere una Congrega-zione, suffraganea del Rifugio, de-stinata ad accogliere tali vocazioni.

Molti furono gli ostacoli presen-tati dal Consiglio della Comunità quando Madre Maria Eufrasia lo re-se partecipe del progetto di fonda-zione. Nonostante ciò, convinta di star seguendo un’ispirazione dello Spirito Santo, dichiarò: “Voi mi ave-te nominata Superiora: sono inde-gna, sono confusa; ma insomma, vi-sto che sono la Superiora, fondere-mo le Maddalene”.6

In breve, la nuova opera prese vi-ta e il numero di vocazioni superò le aspettative della Fondatrice.

Il Buon Pastore di Angers

L’audace impresa restava, però, molto al di sotto dell’insaziabile sete di anime di Madre Maria Eufrasia, le cui realizzazioni non sembravano mai essere all’altezza dei suoi aneliti di apostolato. Si potrebbe dire che la Terra era troppo stretta rispetto alla misura del suo zelo, poiché la sua ar-dente anima partecipava, in un certo senso, all’infinito amore di Gesù per i peccatori.

Dio, comunque, alimentando in lei tali desideri nel cuore, non avreb-be smesso di propiziare i mezzi af-finché questi si realizzassero. Nel 1829, le suore di Tours furono invita-te ad aprire un Rifugio nella città di Angers, installandosi nell’antico edi-ficio del Buon Pastore. Presa da viva gioia, Madre Eufrasia subito accettò e si trasferì sul posto, per organizza-re il monastero nascente.

I primi mesi furono duri, per la mancanza di mezzi materiali, ma su-

perati questi intoppi, iniziò per il Ri-fugio del Buon Pastore l’“era dei mi-racoli”7. Piovvero donazioni, le vo-cazioni si moltiplicarono e venne eretta una bella cappella.

Stabilita ad Angers la nuova co-munità, la santa Madre coltivava il sogno di ampliare l’ordine oltre le frontiere della Francia e dell’Euro-pa. Tuttavia, il fatto che ogni mona-stero della congregazione possedes-se un’autonomia amministrativa ge-nerava una mancanza di unità, pro-vocando molte difficoltà all’espan-sione dell’opera.

C’era un’impellente necessità di dare alle novizie una formazione uniforme, sotto un’unica autorità, in modo da mantenere la coesione tra le diverse fondazioni nel mondo in-tero. Era necessario riunire tutte le case sotto un unico generalato.

L’opportunità si presentò nel 1833, in occasione dell’apertura di un monastero a Le Mans. Con l’ap-provazione del Vescovo di Angers e l’accordo unanime del Capitolo, venne deciso che la nuova fondazio-ne sarebbe rimasta dipendente dalla Casa-Madre di Angers, alla cui Su-periora la nuova comunità avrebbe obbedito.

La stessa Costituzione fu appli-cata, negli anni seguenti, ad altre fondazioni, e il generalato divenne un dato di fatto nell’ordine, in atte-sa dell’approvazione di Roma. Que-sta arrivò il giorno 3 aprile 1835, con un Breve Apostolico, nel quale Pa-pa Gregorio XVI dichiarava la Su-periora di Angers, Madre Genera-le di tutti i monasteri della Congre-gazione della Madonna della Carità del Buon Pastore.

Figlia della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana

Nei due anni di attesa dell’appro-vazione pontificia, molte sofferenze si abbatterono su Madre Eufrasia, a seguito dell’acerrima opposizio-ne del Rifugio di Tours, da parte dei

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padri eudisti e di nu-merosi Vescovi, nel-le cui diocesi le case della congregazione erano installate.

I fatti, tuttavia, non avrebbero tar-dato a dar ragione alla fondatrice: l’O-pera del Buon Pasto-re si sviluppò prodi-giosamente, diffon-dendosi nei cinque continenti, in un mo-do tale che, quando morì, lei lasciò 110 monasteri, dove vi-vevano in armonia suore professe, novi-zie, Maddalene, Penitenti e altrettan-te categorie di giovani, per un totale di quasi 20 mila figlie spirituali.

Il 24 aprile 1868, dopo una lun-ga malattia, sopportata con mirabi-le pazienza, Madre Eufrasia conse-gnò l’anima a Dio. In quel volto sof-ferente e immobile, nei cui tratti po-co restava della giovanile bellezza, si rifletteva, però, lo spirito di una ve-ra sposa del Signore Gesù, figlia fe-dele della Chiesa, nella quale non ci fu inganno. Il suo ultimo olocausto era stato l’epilogo vittorioso e felice di una nobile esistenza, vissuta sol-tanto per la gloria dell’Altissimo.

Unione tra i peccatori e la divina misericordia

Piace molte volte al Creatore umiliare i sapienti del mondo (cfr. I Cor 1, 27-28), scegliendo creature

XI durante la riunio-ne generale della Sa-cra Congregazione dei Riti, del 31 gen-naio 1933, in cui fu approvata la sua be-atificazione:

“Nulla le man-ca di ciò che si chia-ma grandezza uma-na e che si moltipli-ca indefinitamen-te, quando questa grandezza si consa-cra non a cose uma-ne o a iniziative ca-duche, ma a cose so-prannaturali, celesti, divine. Nulla le man-

ca: né lo splendore del grande e va-sto pensiero, né gli esempi di volon-tà operosa e creativa; c’è in lei un vero talento organizzatore, una for-za, una perseveranza di volontà con-scia e vittoriosa di tutti gli ostacoli e difficoltà”.8

Con un paragone alla sua isola natale di Noirmoutier, Santa Maria Eufrasia seppe essere l’istmo tra la moltitudine di anime isolate dal pec-cato, o flagellate dal mare delle ten-tazioni, e il continente sicuro e ac-cogliente della misericordia divina. Anche contro di lei si abbatterono le ondate dell’avversità, dell’aridità, della persecuzione e dell’angoscia, senza che, peraltro, riuscissero mai ad abbatterla; anzi, conservò sempre un equilibrio mirabile, una nobile e immutabile serenità, certa di poter contare sulla benevolenza di Dio.

1 BILLAUD, Auguste. La guer-re de Vendée. Fontenay-le-Comte: Lussaud, 1972, pag.11.

2 GEORGES, CJM, Emile. Sainte Marie-Euphrasie Pel-letier. Paris: P. Lethielleux, 1942, pag.11.

3 Idem, pag.31.

4 MADRE MARIA DI SAN STANISLAO KOSTKA BE-DOUET. Lettre a Soeur Ma-rie des Anges Vallois, apud PEDREIRA DE CASTRO, CM, Jerônimo. Santa Maria Eufrásia Pelletier. Petrópolis: Vozes, 1941, pag.47.

5 PORTAIS, Ch. La vénéra-ble Mère Marie de Sain-

te Euphrasie Pelletier, apud GEORGES, op. cit., pag.41.

6 ACTES DU PROCES DE CANONISATION: Positio, super virt., apud GEOR-GES, op. cit., pag.50.

7 MADRE MARIA DI SANT’EUFRASIA PELLE-TIER. Entretiens et Instruc-tions de la Réverende Mère

Marie de Sainte Euphra-sie Pelletier, Fondatrice du Généralat de la Congrégation du Bon Pasteur d’Angers, precédés d’une notice sur sa vie, apud GEORGES, op. cit., pag.71.

8 PIO XI. Decreto di tutto, de 31/01/1933, apud PEDREI-RA, op. cit., pag.355.

deboli dal punto di vista umano per la realizzazione di grandi opere. Ciò nonostante, in altre occasioni, Egli Si gloria nel chiamare al suo servi-zio persone di grandi doti naturali, le cui qualità sublima, versando in abbondanza la sua grazia su di loro.

Rosa Virginia Pelletier appartie-ne a questa seconda categoria di ani-me. Vivace e intrepida, dal porta-mento elegante e bella fisionomia, si riflettevano in lei un’anima chiara e una capacità di ragionamento logi-co e perspicace; ella rappresentava, nei suoi primi anni di vita, il prototi-po della giovane francese. Al calore dei raggi dell’amore divino, la bam-bina dal forte temperamento si tra-sformò nella “donna forte” (Sir 26, 2), di spirito maturo e tempra fer-rea, come tanto bene esprimono le seguenti parole, pronunciate da Pio

Fotografie di Santa Maria Eufrasia scattate prima di diventare religiosa e negli ultimi anni di vita

Al calore dei raggi dell’amore divino, la bambina dal forte temperamento si trasformò nella “donna forte”

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“Chiedete e vi sarà dato”

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La ParoLa dei Pastori

I testi liturgici parlano di preghiera. Il passo del Vangelo ci ricorda le parole di Gesù a coloro che lo seguivano: “Chiedete e vi sarà dato”. La nostra riflessione di oggi avrà come tema l’efficacia della preghiera.

Cardinale Manuel Monteiro de CastroPenitenziario-maggiore della Santa Chiesa

ari fratelli e sorelle, ci sia-mo riuniti in questa Chie-sa di San Benedetto in Pi-scinula per commemora-

re l’undicesimo anniversario del ri-conoscimento pontificio degli Aral-di del Vangelo.

Esplosione nella crescita, la cui fonte è il Cuore Immacolato di Maria

Non possiamo non ricordare con gioia i risultati ottenuti in questi undici anni. Si sono molti-plicate le vocazioni nell’As-sociazione Privata di Fedeli di Diritto Pontificio, nel cui seno sono sbocciate anche due Società di Vita Apo-stolica: una clericale (Virgo Flos Carmeli), l’altra fem-minile (Regina Virginum). Al lavoro missionario, pro-prio dei laici, si è unito così quello dei sempre più nume-rosi sacerdoti e suore, dedi-ti interamente al servizio del prossimo.

Tra le numerose attività, si rilevano le Missioni Ma-riane, l’Apostolato dell’Ico-na, Maria Regina dei Cuori,

il Fondo Misericordia, il progetto Futuro e Vita, destinato ad attrar-re le nuove generazioni in seno al-la Chiesa. Meritano di essere men-zionate le fondazioni di tre istitu-zioni di scuola superiore a San Pa-olo, in Brasile: l’Istituto Teologi-co San Tommaso d’Aquino, l’Istitu-to Filosofico Aristotelico-Tomista e l’Istituto Filosofico-Teologico Santa Scolastica.

È da tener presente che nel mes-saggio rivolto agli Araldi, il Servo di

Dio Papa Giovanni Paolo II li ha in-citati a essere: “Messaggeri del Van-gelo con l’intercessione del Cuore Immacolato di Maria”. E il Fonda-tore Mons. João Scognamiglio Clá Dias sull’approvazione della sua opera disse: “Non c’è, umanamen-te parlando, chi riesca ad abbraccia-re tutta quest’opera che, dopo la sua approvazione pontificia, è stata as-sistita da una vera esplosione nella crescita. Io stesso, come fondatore e presidente di questa istituzione, pos-

so assicurare che dalla mia testa e dal mio cuo-re non uscì tanta bellez-za, perché mi sento inca-pace di abbracciare tutto con le mie corte braccia e le mie piccole mani! Da dove sarà mai sorta tut-ta questa meraviglia? Da un cuore sacro: il Cuo-re di Gesù accompagna-to dall’Immacolato Cuo-re di Maria”.

Dio ha ascoltato la preghiera della regina Ester

Vediamo ora l’effica-cia della preghiera della

“Non possiamo non ricordare con gioia i risultati ottenuti in questi undici anni”

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Aprile 2012 · Salvami Regina      39

regina Ester. La prima lettura pre-senta la regina Ester che chiede a Dio di non dimenticare l’amore ver-so Israele, il suo popolo, che si tro-vava in seria difficoltà, ed ha conse-guito la grazia implorata.

Infatti, re Assuero, aveva ascolta-to Aman sull’inconveniente di ave-re ebrei nel suo territorio. La deci-sione era presa, ma Mardocheo, zio della regina Ester, le fece presen-te la situazione del suo popolo. La regina si prostrò a terra con le sue ancelle in preghiera: “Tu sei bene-detto, Dio di Abramo, Dio di Isac-co e Dio di Giacobbe. Vieni in aiu-to a me […] perché un gran perico-lo mi sovrasta […] liberaci dalla ma-no dei nostri nemici, volgi il nostro lutto in gioia e le nostre sofferenze in salvezza”. Dio ascoltò la preghie-ra della regina Ester e del suo popo-lo, salvandolo dal grave pericolo in cui si trovavano.

Ha ascoltato anche la preghie-ra del salmista che ringrazia Dio per i beni ricevuti: “Ti rendo gra-zie Signore, con tutto il cuore; hai ascoltato le parole della mia boc-ca […] Ti rendo grazie per il tuo amore e per la tua fedeltà” Il sal-mista invita i re della terra a rico-

noscere la grandezza di Dio e a lo-darLo.

Nel Vangelo, Gesù ci invita a pregare

Oggi, nel canto del Vangelo, lo-dando Gesù Cristo, abbiamo chiesto di creare in noi un cuore puro e dar-ci la gioia della salvezza, terminan-do: “Lode a te, o Cristo, Re di eter-na gloria!”

Gesù ci invita a pregare. Nel bra-no del Vangelo, abbiamo ascoltato le parole di Gesù ai suoi discepoli: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede, riceve, chi cerca, trova e a chi bussa sarà aper-to”. Chiedere e dare fa buona par-te della nostra vita. Se non chiedes-simo mai nulla, cadremmo nell’iso-lamento. Siamo chiamati a compar-tire i doni che abbiamo ricevuto. Il nostro rapporto con il Signore è so-prattutto di petizione. Mostriamo la nostra insufficienza e, da umi-li, rivolgiamoci al Padre, che ma-nifesta sempre il suo amore pater-no. Disse Gesù: “Chi tra voi al fi-glio che gli chiede un pane darà una pietra? […] Quanto più il Padre vo-stra che è nei cieli darà cose buone

a quelli che gliele domandano” (Mt 7, 9-11).

Dobbiamo identificare la nostra volontà con la volontà di Dio

Cosa chiediamo al Signore? Ciò che vogliamo. Dobbiamo, però, te-ner presente che la prima condi-zione di ogni supplica efficace è quella di identificare la nostra vo-lontà con la volontà di Dio, che, talvolta, permette cose e avveni-menti non desiderati e per noi in-comprensibili, ma che finiranno per essere grandemente proficui. Ogni volta che compiamo quest’at-to d’identificazione della nostra volontà con quella di Dio abbiamo fatto un passo molto importante nella virtù dell’umiltà (Cfr. CAR-VAJAL, F. Fernández. “Parlare con Dio”, vol.I, pag.387).

Termino con le parole del San-to Padre Benedetto XVI: “‘Nul-la è impossibile a Dio” (Lc 1,37), si sentì dire la Vergine dall’Ange-lo che le annunciava la sua mater-nità. […] Perciò domandiamo al-la Madre di Dio che ci ottenga il dono di una fede matura; una fe-de che vorremo assomigliasse, per quanto possibile, alla sua, una fede limpida, genuina, umile e al tem-po stesso coraggiosa, intrisa di spe-ranza e di entusiasmo per il Regno di Dio […] tutta protesa a coope-rare in piena e gioiosa obbedien-za alla divina volontà, nella assolu-ta certezza che Dio non vuole al-tro che amore e vita, sempre e per tutti. Ottienici, o Maria, una fede autentica e pura. Che tu sia sem-pre ringraziata e benedetta, santa Madre di Dio. Amen!” (omelia del 31/12/2006).

(Omelia nella Chiesa di San Benedetto “in Piscinula”,

Roma, 1/3/2012)

“Dobbiamo tener presente che la prima condizione di ogni supplica efficace è quella di identificare la nostra volontà con la volontà di Dio”

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Campagna della Fraternità 2012

Mons. Leonardo Steiner, Segre-tario Generale della CNBB, ha pre-sieduto, il 22 febbraio scorso, l’aper-tura della 49ª Campagna della Fra-ternità, che quest’anno ha il motto di: Che la salute si diffonda sulla ter-ra. Tra gli invitati presenti nella sede della CNBB a Brasilia era presente il Ministro della Salute, Alexandre Rocha Santos Padilha.

In un messaggio inviato al Cardi-nale Raymundo Damasceno Assis, Papa Benedetto XVI ha dichiarato di associarsi “di buon grado” a que-sta iniziativa, lanciata “con l’obiet-tivo di suscitare, a partire da una ri-flessione sulla realtà della salute in Brasile, un maggior spirito fraterno e comunitario nell’attenzione verso gli infermi e portare la società a ga-rantire a più persone il diritto all’ac-cesso ai mezzi necessari per una vi-ta salutare”.

Il Santo Padre ricorda anche che il motto della campagna, ispi-rato al libro del Siracide (Sir 38, 8), “è un monito a ricordare che la salute va molto al di là di un sem-plice benessere corporale”. E af-ferma subito dopo: “Nell’episo-dio della guarigione di un parali-tico (cfr. Mt 9, 2-8), Gesù, prima di far sì che questi tornasse a cam-minare, gli perdona i peccati, inse-gnando che la guarigione perfetta è il perdono dei peccati, e la salute per eccellenza è quella dell’anima, poiché ‘qual vantaggio infatti avrà

Il Cardinale Stanislaw Ryłko visita Rio de Janeiro

Il Cardinale Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, è giunto il 27 febbraio a Rio de Janeiro per conoscere lo stato dei preparativi per la XXVII Giornata Mondiale della Gioven-tù, che vi sarà realizzata in luglio 2013.

Alla fine della sua permanenza di cinque giorni, il cardinale polac-co e Mons. Orani João Tempesta, Arcivescovo di Rio de Janeiro, han-no convocato una conferenza stam-pa per illustrare il risultato di questa visita che aveva, tra gli altri obiet-tivi, l’analisi dei possibili luoghi per le cerimonie in cui sarà presente Pa-pa Benedetto XVI.

Durante la conferenza stampa, Mons. Orani ha affermato che “tut-ti i luoghi sono candidati e tutti so-no possibili”, ma non conviene “cre-are false aspettative intorno a nes-suno di loro” prima della decisio-ne che sarà presa dagli incarica-ti dell’organizzazione: il Pontificio Consiglio per i Laici, il Comitato Organizzatore Locale e l’Assessora-to del Papa.

Il Cardinale Ryłko, da parte sua, ha ricordato che investire nei giova-ni è quanto di meglio si possa fare per il futuro del Brasile, della Chie-sa e del mondo e si è mostrato im-pressionato per la comunione tra le autorità civili e i rappresentanti

della Chiesa nei preparativi dell’e-vento.

Benedetto XVI aiuta a restaurare la Basilica di Sant’Agostino, in Algeria

Il restauro della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba (Alge-ria), situata su una collina che do-mina le rovine di Ippona, è sta-to iniziato l’anno scorso con l’a-iuto di autorità pubbliche algeri-ne e francesi, come anche di diver-se istituzioni, ordini religiosi e al-tri benefattori, tra i quali Papa Be-nedetto XVI.

L’informazione è stata confer-mata dal Vescovo di Costantina-Ippona, Mons. Paolo Desfarges in una dichiarazione alla Radio Vati-cana. “Il Papa ha inviato una do-nazione personale per il restauro. Tutti sappiamo quanto egli apprez-zi Sant’Agostino!” – ha affermato il prelato.

I Vescovi giapponesi dichiarano Nishizaka Santuario Nazionale

In occasione del 150º anniversa-rio della canonizzazione dei 26 mar-tiri del Giappone, la conferenza epi-scopale di questo Paesi ha elevato alla categoria di Santuario Nazio-nale la chiesa situata sulla collina di Nishizaka, a Nagasaki, in prossimità del luogo dove nell’anno 1597 furo-no crocifissi San Paolo Miki e i suoi 25 compagni.

Ha deciso anche di formare una rete di collegamento tra Kyoto, Osa-ka, Hiroshima, Fukuoka e Nagasaki, le cinque diocesi situate lungo il per-

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l’uomo se guadagnerà il mondo in-tero, e poi perderà la propria ani-ma?’ (Mt 16, 26)”.

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Archivio Segreto del Vaticano espone 100 documenti originali

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corso fatto dai martiri, in modo da rendere questa strada una rotta di pellegrinaggio.

San Paolo Miki e i suoi com-pagni furono beatificati nel 1627 e canonizzati nel 1862. Sei di loro erano religiosi francescani, tre ge-suiti e diciassette laici, tra i quali c’erano tre chierichetti di circa tre-dici anni.

L’archivio del Carmelo di Lisieux disponibile in internet

I devoti di Santa Teresina del Bambino Gesù possono consultare in internet tutta la documentazio-ne disponibile negli archivi del Car-melo di Lisieux sulla giovane Dotto-re della Chiesa, scomparsa a 24 an-ni, nel 1897.

La pagina www.archives-carmel-lisieux.fr, è frutto di oltre un secolo di paziente lavoro delle monache di questo convento, in collaborazione con ricercatori di diversi Paesi. In es-sa sono riprodotte immagini fac-simi-le degli scritti della Santa, oltre a più di 1200 lettere a lei inviate da mem-bri della sua famiglia, disegni, pittu-re, fotografie, racconti e altri docu-menti rilevanti per lo studio della sua vita e della sua ricca personalità.

Disponibile anche in tedesco, spagnolo, italiano e portoghese, il si-to è diviso in quattro sezioni desti-nate agli scritti della santa, alla sto-ria delle famiglie Martin e Guerin, al Carmelo di Lisieux e agli avveni-menti posteriori alla morte di suor Teresa.

Approvata la Litania dei Pastorelli di Fatima

Il 20 febbraio, 92º anniversario della scomparsa della Beata Gia-cinta Marto, è stata pregata ufficial-mente per la prima volta la “Litania dei Beati Francisco e Giacinta”, re-centemente approvata dal Vesco-vo di Leiria-Fatima, Mons. Antonio Marto.

La preghiera riunisce 56 invoca-zioni estratte da diversi testi liturgi-ci, dall’omelia pronunciata da Papa Giovanni Paolo II nella cerimonia di beatificazione, dalla Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Porto-ghese su questa beatificazione e dal-le Memorie di Suor Lucia.

Conclude con questa preghiera: “Dio di infinita bontà, che ami l’in-

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otto il titolo di Rivelarsi con orgoglio e senza esitazione, il Cardinale Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario

della Santa Chiesa, ha annunciato in un articolo de L’Os-servatore Romano (1/3/2012), l’apertura dell’esposizione Lux in Arcana – L’Archivio Segreto del Vaticano si rivela, or-ganizzata dalla stessa istituzione per commemorare il quar-to centenario della sua fondazione ad opera di papa Pao-lo V.

Inaugurata il 29 febbraio nelle sale dei Musei Capito-lini, nel centro di Roma, la mostra Lux in arcana (Luce sui segreti) rimarrà aperta fino al 9 settembre, mettendo a disposizione di studiosi e ricercatori del mondo intero 100 documenti storici originali, dall’ VIII al XX secolo, che finora non erano mai usciti dallo Stato del Vaticano.

Tra questi, si trova uno dei documenti del processo contro i Templari, la lettera scritta da 83 membri del par-lamento inglese a Clemente VII con la richiesta di an-nullamento del matrimonio del re Enrico VIII, la bolla di scomunica di Lutero, lettere di Michelangelo riguar-do la costruzione della Basilica di San Pietro o gli atti del processo di Galileo, come pure documenti più recen-

ti, quali la lettera di Santa Bernadette Soubirous a Papa Pio IX o il verbale di polizia sul bombardamento del Va-ticano nel novembre 1943.

L’Archivio Segreto del Vaticano conserva più di 600 collezioni documentali, riunite nel corso di 12 secoli, in 85 chilometri lineari di scaffali disposte nei sotterranei dei Musei Vaticani.

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Affidata a un Vescovo Camilliano nuova diocesi in Burkina Faso

Con decreto dell’11 febbraio, il Santo Padre ha creato la diocesi di Tenkodogo, nel Burkina Faso, e ha nominato il suo primo Vescovo, Don Prospero Kontiebo, MI, Vice-Pro-vinciale dei missionari camilliani in questo Paesi.

Nato nel 1960, Mons. Prospero Kontiebo ha emesso nel 1988 i vo-ti perpetui nell’Ordine dei Chieri-ci Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani) ed è stato ordinato sa-cerdote nel 1990. È il primo missio-nario camilliano ad esser nominato Vescovo.

“A nome di tutti i confratelli dell’Ordine, esprimo la mia grati-tudine al Santo Padre per aver ele-vato un religioso camilliano alla dignità episcopale. Tutti quelli che hanno avuto la gioia di conoscer-lo, oggi si sentono partecipi e or-gogliosi, dando gloria al Signore che continuerà a vigilare sulla Vi-ce-Provincia di Burkina Faso, del-

la quale il nostro confratello è sta-to una guida sicura e necessaria” – ha scritto il Superiore Generale dell’Ordine, Don Renato Salvato-re.

Il Seminario di Lima riceve 17 giovani universitari

Il Seminario San Turibio de Mo-grovejo, dell’Arcidiocesi di Lima, in Perù, ha ricevuto, nel mese di feb-braio, 17 nuovi seminaristi, per la maggior parte giovani universitari, alcuni già professionisti in diritto, ingegneria, educazione.

Tutti loro hanno partecipato nel 2011 ai Circoli Vocazionali organiz-zati dall’Arcidiocesi, durante i quali hanno assistito a conferenze forma-tive e hanno partecipato ad attività missionarie. “È da tenere in partico-lare considerazione”, sottolinea l’a-genzia Gaudium Press, “la loro par-tecipazione all’adorazione nottur-na settimanale, dalle ore 19 di giove-dì fino alle ore 6 del giorno succes-sivo”.

Oltre alle attività realizzate nel seminario i giovani frequenteranno corsi di studi superiori nella Facol-tà di Teologia Pontificia e Civile di Lima.

La diocesi di Malaga crea un’esposizione permanente sul Santo Sudario

E’ stata inaugurata il 20 febbra-io nella cattedrale di Malaga, in Spa-gna, l’Esposizione Il Santo Sudario, che rimarrà aperta al pubblico fi-no alla metà del mese di giugno. In seguito essa percorrerà altre città dell’Europa e dell’America e, infine, troverà sede permanente in questa città spagnola.

La mostra occupa 12 sale, in un’area totale di 600 metri qua-drati, dietro il coro della cattedra-le. In esse “vengono messi a dispo-sizione dati rigorosamente scienti-fici e pezzi unici che aiutano a com-prendere di più e meglio la realtà

di un lenzuolo che ha attirato l’at-tenzione di credenti e non creden-ti per secoli.

Tra i molti altri pezzi e oggetti, i visitatori potranno vedere una lan-cia romana del I secolo, una copia fac-simile del Santo Sudario, esegui-ta da un laboratorio di Torino, iden-tica al pezzo originale in ogni suo dettaglio e una statua di Cristo rea-lizzata dallo scultore e cattedratico dell’università di Siviglia, Juán Ma-nuel Miñarro, che mira a fare una ri-produzione scientifica dello stato fi-sico del Signore Gesù dopo la sua morte.

Maggiori informazioni si possono ottenere nel sito http://www.sabana-santaexpo.com.

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nocenza ed esalti gli umili, concedi, con l’intercessione dell’Immacola-ta Madre di tuo Figlio, che, ad imi-tazione dei Beati Francesco e Gia-cinta, ti serviamo nella semplici-tà di cuore per poter entrare nel re-gno dei Cieli. Per Nostro Signor Ge-sù Cristo, tuo Figlio, che è Dio con te nell’unità dello Spirito Santo. Amen”.

Mons. Airton José dos Santos, nuovo Arcivescovo di Campinas

Mons. Airton José dos Santos, fi-nora Vescovo della diocesi pauli-sta di Mogi das Cruzes, è stato no-minato il 15 febbraio Arcivescovo di Campinas (Brasile), dove si insedie-rà il 15 aprile, in una cerimonia nel-la Cattedrale metropolitana. Succe-de a Mons. Bruno Gamberini, dece-duto ad agosto dell’anno scorso.

“Cari fratelli, lavoreremo affin-ché il Signore Gesù Cristo sia cono-sciuto, amato, rispettato. Uniamo i nostri sforzi e aiutiamoci reciproca-mente affinché il Vangelo giunga a tutti: vogliamo vivere come disce-poli-missionari” – ha affermato il

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nuovo Arcivescovo, nel suo primo messaggio diretto al clero, alle au-torità e a tutti i fedeli dell’Arcidio-cesi.

Mons. Airton, 56 anni, è stato or-dinato sacerdote nel 1985. Si è spe-cializzato in Diritto Canonico, pres-so la Pontificia Università Gregoria-na, di Roma. Nel 2001 è stato nomi-nato Vescovo ausiliare di Sant’An-drea e, nel 2004, Vescovo diocesano di Mogi das Cruzes.

Aumenta il numero di contribuenti che appoggiano la Chiesa in Spagna

Quasi 7,5 milioni delle dichia-razioni dei redditi presentate l’an-no scorso in Spagna hanno opta-to per la Chiesa Cattolica come be-neficiaria della percentuale destina-ta a spese sociali. Il numero supe-ra di quasi 200 mila le dichiarazioni dell’anno 2010 e, considerando che circa il 23,8% di questi documenti sono fatti in forma congiunta, si cal-cola che la cifra corrisponda a più di 9,2 milioni di contribuenti.

Questi dati confermano la ten-denza degli ultimi cinque anni, du-rante i quali si è verificato un au-mento di quasi un milione di dichia-razioni a favore della Chiesa. Inve-ce il montante effettivo delle quo-te destinate alla Chiesa ha subito quest’anno una significativa diminu-zione, dovuta alla crisi economica: si sono raccolti 1.162.820 euro in me-no rispetto al 2010.

In un comunicato del 15 febbra-io, la Conferenza Episcopale Spa-gnola giudica che “i risultati di que-sto esercizio sono positivi e permet-teranno di sostenere le attività basi-lari della Chiesa ai livelli di efficacia e austerità simili a quelli che finora sono diventati abituali”.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica in lingua pachistana

In occasione dell’Anno della Fe-de, la Chiesa in Pakistan si prepara

lati e contiene i resti di 22 righe. In una delle facce, descrive un esor-cismo realizzato da Gesù che non trova un parallelo esatto nei quat-tro Vangeli canonici; nell’altra, re-gistra alcune parole di Gesù ai suoi discepoli, che sono “una chiama-ta ad essere seguaci in modo ra-dicale, con un’allusione a Gerusa-lemme e al Regno”, ha spiegato il Prof. Chapa.

Il ricercatore confida che il docu-mento scritto intorno all’anno 200, possa offrire “nuove luci per cono-scere meglio il Cristianesimo dei primi secoli, quello che leggevano e pensavano i primi cristiani dell’Egit-to, come pure sulla formazione dei Vangeli”.

Comunione e Liberazione chiede la beatificazione del suo fondatore

Il presidente di Comunione e Li-berazione, Don Julian Carrón, ha presentato il 22 febbraio all’Arci-vescovo di Milano, Cardinale An-gelo Scola, la richiesta di apertura del processo di beatificazione del fondatore di questo movimento, Mons. Luigi Giovanni Giussani. La sollecitazione è stata fatta per mez-zo di Chiara Minelli, docente di Di-ritto Canonico presso l’Universi-tà di Brescia, che ha accettato l’in-combenza di esser postulatrice del-la causa.

In questo stesso giorno, il Car-dinale Scola ha celebrato la Mes-sa commemorativa del 7º anniver-sario della morte di Mons. Giussani e del 30º anniversario dell’approva-zione pontificia del Movimento Co-munione e Liberazione. Circa die-cimila fedeli che riempivano la cat-tedrale ambrosiana hanno ricevu-to con manifestazioni di giubilo la notizia della presentazione della ri-chiesta, trasmessa da Don Julian Carrón.

In conformità con le norme ca-noniche in vigore, il luogo di aper-tura della causa è l’Arcidiocesi di

a pubblicare tra breve una edizione del Catechismo della Chiesa Cattoli-ca in urdu, la lingua nazionale.

Le due prime parti dell’opera (La professione della Fede e La celebra-zione del Mistero Cristiano) devono essere stampate nel prossimo autun-no. Per le altre due (La vita in Cri-sto e La preghiera Cristiana) bisogne-rà aspettare ancora un anno. Si trat-ta di un lavoro lungo e difficile che è stato iniziato da quasi otto anni, come ha spiegato all’agenzia Fides, Don Robert McCulloch, missiona-rio della Società di San Colombano, da 34 anni in Pakistan.

Il testo, spiega, “presenterà in maniera chiara, nella lingua urdu, la dottrina della Chiesa Cattolica, e questo darà evidenti benefici ai fe-deli cristiani, ma anche ai non cri-stiani, che potranno entrare nella nostra fede in maniera molto ricca e profonda”.

Scoperto un vangelo apocrifo scritto nell’anno 200

Il frammento di un probabile vangelo apocrifo, finora sconosciu-to, è stato scoperto in Inghilterra da Don Juan Chapa, decano della Fa-coltà di Teologia dell’Università di Navarra, in Spagna.

Appartenente alla collezione di papiri di Ossirinco (Egitto), con-servati nell’Università di Oxford, il documento misura appena sette centimetri di larghezza per sette di lunghezza. È scritto su entrambi i

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Milano, perché in essa Don Giussa-ni è nato, vissuto e ha esercitato il suo ministero come sacerdote dio-cesano.

Processo di beatificazione di Madre Teresa Margherita

Il Vescovo di Campanha (Bra-sile), Mons. Diamantino Prata de Carvalho, ha aperto ufficialmen-te il 4 marzo il processo diocesa-no di beatificazione di Madre Tere-sa Margherita del Cuore di Maria, morta nel 2005 nel Carmelo di Três Pontas.

Nata nel 1915 nella città mine-raria di Borda da Mata, la giovane Maria Luisa Resende Marques en-trò a 22 anni nel monastero di Mo-gi das Cruzes ed emise nel 1942 i voti solenni. Quando, nel 1955, la superiora le propose la fonda-zione di un Carmelo nella Dioce-si di Campagna, ella rispose: “Fa-rò quello che l’obbedienza coman-derà”.

Per motivi vari, la fondazione si effettuò soltanto sette anni dopo, nel 1962, nella città di Três Pontas. Lì visse Madre Teresa per 43 anni, mettendosi in evidenza per la sua carità. Esaudiva con tanta bontà al-le richieste delle persone che an-davano in cerca di lei per chiede-re consigli, orientamento spirituale e aiuto, che queste cominciarono a chiamarla affettuosamente “Nostra Madre”.

Aiuto ai Paesi africani devastati dalla siccità

Il problema della siccità nella regione subsahariana del Sahel e le sue tragiche conseguenze sull’a-gricoltura hanno reso di vitale im-portanza gli aiuti concessi dalla Fondazione Giovanni Paolo II al Sahel, appartenente al Pontificio Consiglio “Cor Unum”, che ha ap-pena realizzato a Roma la 30ª riu-nione del suo Consiglio di Ammi-nistrazione.

In un intervento alla Radio Va-ticana, Mons. Giampietro Dal To-so, segretario di questo Pontificio Consiglio, ha comunicato che sol-tanto quest’anno, essa ha già desti-nato più di due milioni di dollari a 200 progetti destinati alla lotta con-tro la desertificazione nei nove paesi della regione subsahariana nei qua-li opera.

La scarsità di alimenti, ha spie-gato Mons. Dal Toso, raggiunge-rà il suo culmine nei prossimi me-si e “tanto la comunità internazio-nale come alcuni organismi cattoli-ci stanno cercando di prevenire una crisi”.

fanno parte 530 sacerdoti e fra-ti religiosi che esercitano le loro attività evangelizzatrici in undici Paesi dei cinque continenti. I lo-ro principali obiettivi sono: l’edu-cazione dei giovani, il servizio pa-storale nelle parrocchie, la diffu-sione della devozione a San Giu-seppe.

Presentato l’Annuario Pontificio 2012

Il Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone e il Sostituto per le Questioni Generali, Arcivescovo Angelo Becciu, lo scorso 10 marzo, hanno presentato a Papa Benedet-to XVI il numero 2012 dell’Annua-rio Pontificio e dell’Annuario Stati-stico della Chiesa – come divulgato dal Servizio Stampa del Vaticano.

Tra gli altri dati, il nuovo Annua-rio informa che nell’anno 2011 il Pa-pa ha eretto otto sedi episcopali, un ordinariato personale, un ordinaria-to militare e ha elevato otto diocesi alla categoria di sede metropolitana.

Le statistiche, tutte relative all’anno 2010, mostrano le dina-miche della Chiesa Cattolica nel-le sue 2.966 circoscrizioni ecclesia-li. Alla fine del 2010, c’erano in tutto il mondo 1.196 milioni di fedeli, 15 milioni in più che nel 2009.

Nello stesso periodo, il numero di Vescovi è salito da 5.065 a 5.104, quello dei sacerdoti è cresciuto da 410.593 (275.542 di clero secolare e 135.051 di clero religioso) a 412.236 (277.009 secolari e 135.227 religio-si). È aumentato anche il numero dei religiosi non sacerdoti: da 54.229 nel 2009 a 54.665 nel 2010 e quel-lo dei diaconi permanenti: 38.155 nel 2009 a 39.564 nel 2010. Invece il numero di religiose professe ha avuto un calo da 729.371 nel 2009 a 721.935 nel 2010.

Quanto alle percentuali di catto-lici sull’insieme della popolazione, esse sono diminuite nell’America meridionale (dal 28,54 al 28,34%) e

Gli Oblati di San Giuseppe rieleggono il loro Superiore Generale

Il XVI Capitolo Generale della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe, riunito dal 1º al 18 feb-braio nella Casa Madre ad Asti, ha rieletto per altri sei anni alla carica di Superiore Generale Don Miche-le Piscopo e ha eletto il nuovo Con-siglio Generale.

Riunito sotto il tema Il coraggio della povertà evangelica per evangeliz-zare i poveri, il Capitolo ha dedicato una sessione speciale all’ascolto dei rappresentanti dei Laici Giuseppi-ni Marelliani provenienti dalla Bo-livia, Filippine, Messico, Stati Uni-ti e Italia.

La Congregazione degli Obla-ti di San Giuseppe fu fondata nel 1878 da San Giuseppe Marello, sacerdote diocesano elevato a Ve-scovo di Acqui nel 1888. Oggi ne

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Incontro Internazionale delle Opere Eucaristiche della Chiesa

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in Europa (24,05 a 23,83%), ma so-no aumentate in Africa (dal 15,15 al 15,55%) e nel Sudest Asiatico (dal 10,47 al 10,87%).

Collaborazione tra Chiesa e Stato, in Vietnam

Nei giorni 27 e 28 febbraio, è sta-to realizzato ad Hanoi il terzo incon-tro del gruppo di lavoro Vietnam-Santa Sede, sotto la presidenza con-giunta del Vice-Ministro degli Affari Esteri, Bui Thanh Son e del Sottose-gretario per le relazioni con gli Stati, Mons. Ettore Balestrero.

Alla fine dell’incontro è stato divulgato un comunicato nel qua-le si segnala che durante i lavo-ri, svoltisi “in un clima di cordiali-tà, franchezza e mutuo rispetto”, è stato analizzato il progresso delle relazioni tra le due parti, rispetto all’incontro precedente, del giugno 2010, discutendo anche questioni riguardanti la Chiesa Cattolica nel Vietnam.

La delegazione vietnamita ha in-coraggiato la Chiesa a partecipa-re attivamente ed effettivamente al corso attuale dello sviluppo nazio-

nale. Da parte sua, la delegazione della Santa Sede ha manifestato il suo apprezzamento per l’attenzione prestata dalle autorità civili alle atti-vità della Chiesa Cattolica.

Entrambe le parti hanno ricor-dato gli insegnamenti di Papa Be-nedetto XVI sull’ “essere un buon cattolico e un buon cittadino, sot-tolineando la necessità di una con-tinua collaborazione tra la Chie-sa Cattolica e le autorità civili per mettere in pratica questi insegna-menti in tutte le attività” – si legge nel comunicato.

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orgal 16 al 19 febbraio a Murcia in Spagna, si è

svolto un Incontro Internazionale di Respon-sabili e Direttori Spirituali delle Opere Eucaristiche della Chiesa, preparatorio del 50º Congresso Euca-ristico Internazionale, che avrà luogo a Dublino, dal 10 al 17 giugno.

L’Incontro è stato organizzato dall’Università Cattolica di Murcia (UCAM) e dalla Federazione Mondiale delle Opere Eucaristiche della Chiesa e ha visto la partecipazione dell’Arcivescovo Piero Ma-rini, Presidente del Comitato Pontificio per i Con-gressi Eucaristici Internazionali, che con le sue paro-le d’esordio ha invitato tutti ad accrescere “la Comu-nione con Cristo e tra noi stessi”.

La Messa inaugurale è stata presieduta da Mons. José Manuel Lorca Planes, Vescovo di Cartagena, che ha anche manifestato la “necessità di mantene-re una piena unione con Cristo e con sua Santità Pa-pa Benedetto XVI”. Dal canto suo, Mons. Manuel Ureña Pastor, Arcivescovo di Saragozza, ha afferma-to nella sua conferenza che “l’Eucaristia è il cuore del Cristianesimo, il cuore della Chiesa, il cuore del mondo, semplicemente perché in essa si fa presente e si rinnova il Mistero Pasquale di Cristo”.

Hanno partecipato all’Incontro sacerdoti e laici provenienti dagli Stati Uniti, Messico, America Cen-

trale, Guinea Equatoriale, Italia e diverse regioni del-la Spagna. Tra i relatori si segnalano anche Mons. Ju-lián López Martin, Vescovo di Leon, Mons. Juán Mi-guel Ferrer Grenesche, Sottosegretario della Congre-gazione per il culto Divino e la Disciplina dei Sacra-menti, Don Rafael Ibarguren Schindler, EP, Assisten-te Ecclesiastico della Federazione delle Opere Euca-ristiche della Chiesa e Don Ramón Marti, SCH, pa-dre Direttore Spirituale del Consiglio Arcidiocesano dell’Adorazione notturna di Los Angeles, California.

Eucaristia presidida da don Piero Marini e concelebrada da don Manuel Ureña Pastor e

Pe. Rafael Ibarguren Schindler, EP

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Che Gesù stia dormendo?

MSuor Lucília Maria Ribeiro Matos, EP

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“Gesù è in chiesa, nel tabernacolo, in attesa della visita di ognuno di voi”

storia Per bambini... o aduLti Pieni di fede?

Vedendo lì vicino lo sgabello che il sacrestano usava per accendere le candele dei grandi candelieri dell’altare, il bambino non ebbe dubbi. Lo trascinò vicino al tabernacolo e salì, battendo gentilmente alla porticina del tabernacolo, chiamando Gesù...

olte volte accade che non siano devoti tutti i membri di una stes-sa famiglia. Tale fatto

ha una grande ripercussione nei bam-bini, che soffrono nel vedere il papà o la mamma, uno zio o i nonni distanti dalla Chiesa e dal culto che essi, nel-la purezza del loro cuore, già nutrono fin da piccoli.

Era quello che succedeva a Ro-bertino. Sua madre, la signora Zul-mira, era una buona signora, molto pia e lavoratrice. In casa dava sempre il buon esempio, ai figli e allo sposo, il signor Alfredo. Questi, però, era molto ostinato: compiva i suoi ob-blighi di capofamiglia, lasciando, pe-rò, la Religione sotto la responsabili-tà della moglie, e non voleva neppure saperne di parlare di Messa, preghie-ra o qualsiasi tipo di devozione.

La signora Zulmira soffriva per questo e anche i bambini. Tutte le se-re, dopo cena, si riuniva con Rober-tino e Manuele, il figlio maggiore, a pregare con loro il rosario ai pie-di della Madonna del Buon Consi-glio. Le chiedevano di consigliare Al-fredo a riprendere il buon cammi-no e non perdevano mai le speran-ze. La madre raccontava molte storie

sull’intercessione di Maria e Gesù, infondendo loro, anche, un grande ardore per il San-tissimo Sacra-mento, a cui fa-cevano visita tut-te le domeniche, a Messa.

Tuttavia, il si-gnor Alfredo era sempre più chiu-so in se stesso e voleva soltanto lavorare, man-giare, dormire e divertirsi con gli amici, senza preoccuparsi di niente che aves-se a che vedere con la religione. Era già troppo distante dalla sua famiglia. Varie vol-te i bambini trovarono la loro madre con le lacrime agli occhi...

Era arrivata l’epoca del catechi-smo per Manuele. Con i suoi sette anni compiuti, frequentava la par-rocchia, il sabato mattina, per pre-pararsi alla Prima Comunione. Ro-

bertino, di soli cinque anni, non po-teva ancora accompagnare il fratel-lo, poiché non sapeva nemmeno leg-gere, ma andava con la mamma a portare e a prendere il fratello nella sacrestia della chiesa parrocchiale. Manuele tornava raccontando mol-te storie di bambini pii e di santi, di

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“Sveglia, Gesù, ho bisogno di parlarTi!!!”

angeli, di Gesù e Maria, tutte storie che affascinavano il fratello.

Uno di quei sabati, il piccolo arri-vò molto presto a prendere Manue-le e la lezione non era ancora finita. Ottenne quindi l’autorizzazione del professore di sedersi in fondo all’au-la ad ascoltare.

Il maestro stava parlando delle meraviglie fatte da Gesù, nella Sacra Eucaristia:

– Gesù è in chiesa, nel tabernaco-lo, ad aspettare la visita di ognuno di voi. È molto contento quando un bambino va a farGli un po’ di com-pagnia. Siate certi: tutto quello che Gli chiederete, nella Sacra Eucare-stia, Lui lo realizzerà davvero!

Robertino rimase molto impressio-nato da questa affermazione e smise di ascoltare le parole dell’insegnante... Prima della fine della lezione, scappò dalla sacrestia ed entrò in chiesa, da so-lo. C’era un’atmosfera di grande pace. Rimase qualche istante ad ammirare le luci delle vetrate che coloravano le co-lonne e il pavimento del tempio, così come il grande altare di marmo.

Dirigendosi verso il presbiterio, il bambino salì lentamente i gradi-ni e si avvicinò al grande taberna-colo d’oro, che sembrava brillare in modo ancora più particolare quella mattina. Giunto ben vicino, tentò di bussare alla porta, ma era così pic-colo che non riusciva a raggiungerla. Il suo cuore palpitava veloce ed egli era molto emozionato, di essere così vicino a Gesù.

Vide lì vicino lo sgabello che il sa-crestano utilizzava per accendere le candele dei grandi candelieri dell’al-tare e non ebbe alcun dubbio. Lo trascinò vicino al tabernacolo e salì. Bussando gentilmente alla porta del tabernacolo, balbettò:

– Gesù... Gesù...Non ottenendo nessuna risposta,

alzò la voce:– Gesù! Gesù!Silenzio... Non sentì nessuno ri-

spondere. Disse, allora, tra sé:

– Che Gesù stia dor-mendo e non mi sente?

Avvicinando la sua te-stina a quella porta bene-detta – che ora risplende-va ancora di più, incisa da un raggio di sole che illu-minava l’altare e il bambi-no – mise le mani a conca intorno alla bocca e gridò:

– SvegliaTi, Gesù, ho bisogno di parlarTi!!!

Oh, meraviglia! Dall’in-terno del tabernacolo, una voce grave si fece sentire, echeggiando nel tempio vuoto:

– Si, figlio mio! Sono qui per aiutarti. Di cosa hai bisogno?

– Ah, Gesù! Volevo chiederTi di convertire mio padre. È molto buo-no, ma non ne vuole sape-re di pregare e mia madre soffre molto...

– Non preoccupar-ti, Robertino. La tua visi-ta mi ha riempito di gioia, tanto che convertirò tuo padre. Va in pace!

– Molte grazie, Gesù!Sceso di lì, tornò presso la mam-

ma, che stava entrando in chiesa con Manuele per salutare Nostro Signo-re, poiché era finito il catechismo, e le disse:

– Mamma, oggi papà verrà a pre-gare con noi. Me lo ha detto Gesù!

La madre accennò un sorriso, non capendo le parole del figlio, e tornarono a casa.

Quella sera, dopo cena, quan-do stavano per cominciare a prega-re, Alfredo si avvicinò, bruscamen-te, con un rosario tra le mani, un po’ nervoso, e chiese:

– Posso pregare anch’io?Robertino prese suo padre per

mano e lo abbracciò, dicendo:– Certo, papà! Ti stavamo aspet-

tando...

Dopo la preghiera, il padre, con le lacrime agli occhi, chiese perdo-no alla famiglia per essere stato co-sì ostinato e si pentì di essere lon-tano da Dio. Disse di sentire che la Madonna, in quell’invocazione del Buon Consiglio, gli aveva fatto ca-pire quanto Gesù fosse buono e co-me noi non siamo nulla senza di lui. Nel suo cuore, Egli gli diceva che lo aspettava, nella sua immensa miseri-cordia, da molto tempo!

Il giorno dopo, il signor Alfredo fu il primo ad essere pronto per an-dare a Messa, poiché prima voleva confessarsi, per “pulire l’anima”, co-me aveva detto, e non smise più di far visita a Gesù nel Santissimo Sa-cramento, sicuro che Egli fosse lì, sempre, in attesa della nostra com-pagnia e pronto ad esaudirci.

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I SantI dI ognI gIorno ____________________________ aprIle1. Domenica delle Palme e della

Passione del Signore.Beato Giovanni Bretton, marti-re (†1598). Padre di famiglia giu-stiziato a York, in Inghilterra, du-rante il regno di Elisabetta I, do-po esser stato varie volte ammo-nito per la sua perseveranza nella fedeltà alla Chiesa Cattolica.

2. San Francesco di Paola, eremita (†1507).San Francesco Coll e Guitarto (†1875). Sacerdote domenicano e grande predicatore popolare, fondò a Vic, in Spagna, la Con-gregazione delle Domenicane dell’Annunziata.

3. Beato Pietro Edoardo Dánkowski, sacerdote e martire (†1942). Sa-cerdote polacco incarcerato e uc-ciso a causa della sua Fede nel campo di concentramento di Au-schwitz, in Polonia.

4. Sant’Isidoro, Vescovo e Dottore della Chiesa (†636).San Gaetano Catanoso, (†1963). Parroco della diocesi di Reggio Calabria, fondatore della Con-

gregazione delle Suore Veroni-che del Volto Santo.

5. Giovedì Santo. Cena del SignoreSan Vincenzo Ferrer, sacerdote (†1419).Santa Giuliana di Mont Cornil-lon, vergine (†1258). Religiosa agostiniana, priora del conven-to di Mont Cornillon, a Liegi, in Belgio. Fu favorita da esperienze mistiche che molto contribuirono all’istituzione, ad opera di Urbano IV, della festa del Corpus Domini.

6. Venerdì Santo. Passione del Si-gnoreSant’Ireneo di Sirmio, Vesco-vo e martire (†sec. IV). Fu im-prigionato, torturato e decapita-to a Sirmio della Pannonia, attua-le Sremska Mitrovika (Serbia), al tempo dell’imperatore Massimia-no.

7. Sabato Santo.San Giovanni Battista de La Sal-le, sacerdote (†1719).San Pietro Nguyên Văn Luu, sa-cerdote e martire (†1861). Con-dannato a morte in Vietnam, al tempo dell’imperatore Tu Ðúc, salì al patibolo pieno di gioia.

8. Domenica di Pasqua della Resur-rezione del Signoe.Beato Augusto Czartoryski, sa-cerdote (†1893). Giovane princi-pe polacco ammesso da San Gio-vanni Bosco nella Congregazione Salesiana, nonostante la sua pre-caria salute. A 34 anni morì di tu-bercolosi ad Alassio (Savona).

9. Beato Tommaso da Tolentino, sa-cerdote e martire (†1321). Mis-sionario francescano martirizzato a Thane (India), mentre si reca-va a predicare il Vangelo in Cina.

10. San Michele dei Santi, sacerdo-te (†1625). Religioso spagnolo

dell’Ordine dei Trinitari. Morì a 33 anni a Valladolid, dopo essersi dedicato interamente alle opere di carità e alla predicazione del-la Parola di Dio.

11. Santo Stanislao, Vescovo e mar-tire (†1079).Beata Sancia del Portogallo, ver-gine (†1229). Figlia del re Sancio I, rinunciò ai beni terreni e si con-sacrò a Dio nel monastero cister-cense di Celas, da lei fondato vici-no a Coimbra.

12. Santa Teresa di Gesù delle Ande, vergine (†1920). Giovane novizia carmelitana che consacrò la vita a Dio per il mondo peccatore e mo-rì a diciannove anni nel monaste-ro di Los Andes (Cile).

13. San Martino I, Papa e martire (†656).Beati Francesco Dickenson e Mo-nes Gerard, sacerdorti e marti-ri (†1590). Ordinati sacerdoti a Reims, (Franca), ritornarono al loro paese per esercitare clande-stinamente il ministero. Furono per questo motivo catturati, tor-turati e impiccati a Rochester, (Inghilterra ) durante il regno di Elisabetta I.

14. Beata Isabella Calduch Rovira, vergine e martire (†1936). Reli-giosa cappuccina catturata, mal-trattata e fucilata durante la per-secuzione religiosa in Spagna.

15. II Domenica di Pasqua. Divina Misericordia.San Damiano di Veuster, sacer-dote (†1889). Religioso belga, della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Per sedici anni, fu sacerdote, medico e pa-dre dei lebbrosi nell’isola di Mo-lokai, nelle Hawaii. Morì vittima di questa malattia.

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Beato Augusto Czartoryski

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I SantI dI ognI gIorno ____________________________ aprIle16. San Benedetto Giuseppe Labre,

pellegrino (†1783). Desideroso di condurre una vita di penitenza in-traprese faticosi pellegrinaggi a santuari celebri, poveramente ve-stito e vivendo di elemosina. Mo-rì a Roma, a 35 anni.

17. San Roberto di Molesmes, aba-te (†1111). Restauratore della di-sciplina monastica, fondò l’abba-zia di Cister, ( Franca), ritornan-do poi al monastero di Molesmes, come abate.

18. Beata Maria dell’Incarnazione Avrillot, religiosa (†1618). Madre di famiglia esemplare, introdus-se in Francia la Riforma Carme-litana, fondando cinque monaste-ri. Dopo la morte del marito, ab-bracciò la vita religiosa.

19. Beato Giacomo Duckett, marti-re (†1602). Incarcerato per aver venduto libri cattolici, fu impic-cato dopo nove anni di prigione, durante il regno di Elisabetta I d’Inghilterra.

20. Sant’Aniceto, Papa (†circa nel 166). Ricevette come ospite San Policarpo di Smirne per discutere insieme sulla data della Pasqua.

21. Sant’Anselmo, Vescovo e Dotto-re della Chiesa (†1109).Beato Bartolomei Cervrei, sacer-dote e martire (†1466). Religioso domenicano assassinato da ere-tici valdesi mentre era in viaggio per Cervere.

22. III Domenica di Pasqua.San Leonida, martire (†204). Pa-dre di Origene d’Alessandria, uc-ciso di spada in questa città egizia durante la persecuzione di Setti-mio Severo, mentre suo figlio era ancora bambino.

23. San Giorgio, martire (†sec. IV).

Sant’Adalberto di Praga, Vesco-vo e martire (†997).Beata Maria Gabriella Saghed-du, vergine (†1939). Morì a 25 anni nel monastero cistercense di Grottaferrata, dopo essersi offer-ta come vittima per l’unità dei cri-stiani.

24. San Fedele Sigmarigaen, sacer-dote e martire (†1622).San Deodato, diacono e aba-te (†sec. VI). Dopo aver condot-to una vita da anacoreta, formò con un gruppo di discepoli attrat-ti dal suo esempio una comunità a Blois, (Franca). Rifiutò l’ordi-nazione sacerdotale, giudicando-si indegno di essa.

25. San Marco, Evangelista.Santa Franca di Piacenza, bades-sa (†1218). Superiora del mona-stero cistercense di Montelana, trascorreva notti intere in pre-ghiera.

26. Beato Stanislao Kubista, sacer-dote e martire (†1942). Della Congregazione del Verbo Divi-no, spirò dopo atroci torture nel campo di concentramento di Sa-chsenhausen, in Germania.

27. Beata Caterina di Montenegro, vergine (†1565). Battezzata da bambina nella chiesa ortodos-sa, si fece terziaria domenicana e visse 50 anni in una stretta cel-la presso la chiesa di San Paolo, a Kotor, in Montenegro.

28. San Pietro Chanel, sacerdote e martire (†1841).San Luigi Maria Grignion de Montfort, sacerdote (†1716).Beato Lucchese, laico (†1260). Ricco mercante di Poggibonsi, contemporaneo di San France-sco d’Assisi, distribuì i suoi beni

ai poveri e divenne terziario fran-cescano.

29. IV Domenica di Pasqua.Santa Caterina da Siena, vergine e Dottore della Chiesa (†1380).Sant’Ugo di Cluny, abate (†1109). Governò per 61 anni il monaste-ro di Cluny, in Francia. Fu consi-gliere di nove Papi e di numerosi sovrani dell’Europa Occidentale.

30. San Pio V, Papa (†1572).San Pomponio, Vescovo (†sec. VI). Lottò contro l’eresia ariana nella diocesi di Napoli e costruì in questa città una chiesa dedicata al Nome di Maria, Madre di Dio.

“Santa Giuliana di Mont Cornillon” - Chiesa del Santissimo Sacramento,

Québec (Canada)

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Lo sguardo dell’Uomo Dio

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Gli occhi del Santo Cristo dei Miracoli non evocano tanto il Gesù che ha spaventato i mercanti del Tempio, quanto Colui che chiedeva a Pietro, Giovanni e Giacomo di seguirlo, perché sentiva una tristezza mortale.

apa Pio XII affermava che tutto si riflette negli occhi: non solo il mondo

visibile, ma anche le passioni dell’anima. “Anche un osservatore superficiale”, diceva il Pontefice, “riscopre in loro i più svariati sentimenti: collera, paura, odio, affetto, gioia, fiducia o serenità”.1

Infatti, quando due persone che si conoscono si incontrano per strada e si salutano, basta che si fissino per sapere come stanno, e se uno di loro percepisce appena che l’amico sta attraversando delle difficoltà, cercherà in seguito di aiutarlo. Infatti, in certe circostanze, uno sguardo rivela più di mille eloquenti parole.

Ora, se tanta profondità esiste nello sguardo delle semplici creature, che cosa dire dell’Uomo Dio?

Dagli occhi nostro Salvatore, dice San Girolamo, “irradiava come un fuoco celeste e nel suo volto brillava la maestà della divinità”.2 Essi erano, di sicuro, ricchissimi di

espressione, luce e persino colorito; trasmettendo all’interlocutore un inesauribile torrente di imponderabili, la cui fonte solo poteva esser divina.

Lo sguardo di Gesù, scrive Plinio Corrêa de Oliveira, era “molto sereno, quasi vellutato... In fondo, però, rivelava saggezza, rettitudine, fermezza e forza che ci riempiono nel contempo di incanto e fiducia”.3

Ora, trascorsi più di duemila anni da quando Cristo ha illuminato la Terra con la sua presenza, si è definitivamente chiusa per noi la possibilità di contemplare quegli occhi che fissavano pieni d’amore i suoi contemporanei, invitandoli a penetrare negli abissi del suo Sacratissimo Cuore?

* * *

Ogni popolo tende a considerare la figura umana di Nostro Signore secondo la propria vocazione. Così, lo spirito sereno, semplice e accogliente del popolo portoghese porta a notare in Gesù, specialmente, la sua paterna sollecitudine e il suo affetto.

Nel Paese da cui il Brasile ha ereditato la Fede, rare sono le immagini del Redentore che manifestano la collera divina o quella forma di dolore lancinante, tanto abituale nei crocifissi e Nazareni della vicina Spagna. Le pitture e sculture portoghesi, anche se rappresentano una scena della Passione, riflettono sempre la dolcezza e la pazienza con cui Gesù ha accettato i più grandi tormenti per salvarci. Questo è proprio il tratto che più impressiona nella statua del Signore Santo Cristo dei Miracoli venerata nell’isola di San Michele, dell’arcipelago delle Azzorre.

Scolpita tre secoli fa, essa rappresenta il momento in cui Nostro Signore, con il volto segnato dai maltrattamenti dei soldati

Raphaela Nogueira Thomaz

Se esiste tanta pro-fondità nello sguardo delle creature, cosa dire dell’Uomo-Dio?

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Raphaela Thomaz

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Facciata del convento della Madonna della Speranza, nell’isola di San Michele, nell’arcipelago delle Azzorre (Portogallo), dove si venera il Santo Cristo dei Miracoli. Da più di tre secoli, Egli esce annualmente in processione per le strade di Ponta Delgada.

romani, veniva presentato da Pilato ad una plebaglia che gridava: “CrocifiggiLo! CrocifiggiLo!” (Gv 19, 6).

Coloro che si avvicinano a questa statua, si commuovono in modo particolare per il suo sguardo, perché l’espressione di questo Ecce Homo riflette una bontà e un desiderio di perdonare indicibili, e invita anche i più incalliti peccatori a beneficiare dell’ineffabile fonte della misericordia divina.

Gli occhi del Santo Cristo dei Miracoli non evocano tanto il Gesù onnipotente che ha moltiplicato i pani e i pesci o ha spaventato i mercanti del tempio, quanto Colui che, all’inizio della sua agonia,

chiedeva la compagnia di Pietro, Giovanni e Giacomo, perché sentiva una tristezza mortale (cfr. Mt 26, 38). Attraverso questa immagine, Nostro Signore mostra alle anime ciò che manca loro per essere pure, e nello stesso tempo le supplica a smettere di ferire il suo Sacro Sembiante con peccati e mancanze.

Di fronte a tanta bontà, l’anima lusitana, come quella di tutti i figli della Santa Chiesa, è invitata a rimanere unita al Cuore Divino, a qualsiasi costo, ricordando che, sebbene a volte possa sembrare distante, Gesù ha sofferto per noi al punto da ritenerSi abbandonato dal Padre in cima alla Croce, pur di ottenerci la salvezza.

Lo sguardo di Gesù era molto sereno, quasi vellutato, ma rivelava sapienza, rettitudine, fermez-za e atteggiamento che ci riempiono di incanto e fiducia

1 PIO XII. Allocuzione, 12/06/1954.

2 SAN GIROLAMO. In Matth., L.III, c.21, vers.15, B166: ML 26, 152.

3 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. O sa-crossanto olhar de Jesus. In: Dr. Pli-nio. São Paulo. Anno VII. N.70 (Gen., 2004); pag.19.

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ice il Siracide (7, 27): “Non dimenti-

care i dolori di tua madre”. Cri-stiano, figlio della Croce, queste parole sono destinate a te: per deviare la tua immaginazione dalle perniciose delizie del mon-do, quando questo ti attrae con le sue voluttà, ricordati delle la-crime di Maria e non dimentica-re mai i gemiti di questa Madre tanto caritatevole.

(Jacques-Bénigne Bossuet)

“Maria Santissima della Candelaria” – Parrocchia della Candelaria, Siviglia

(Spagna)