Rapporto OASI 2002 aziende stesse (Airoldi, Brunetti e Coda, 1994). Nelle aziende sanitarie...

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a cura di Eugenio Anessi Pessina Elena Cantù Rapporto OASI 2002 L’aziendalizzazione della sanità in Italia prefazione di Elio Borgonovi e Francesco Longo CERGAS Egea

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a cura di Eugenio Anessi Pessina

Elena Cantù

Rapporto OASI 2002

L’aziendalizzazione della sanità in Italia

prefazione di Elio Borgonovi

e Francesco Longo

CERGAS Egea

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2. La struttura del SSN italiano

di Elena Cantù

2.1. Premessa

Il presente capitolo fornisce una visione d’insieme del Servizio Sanitario Nazio-nale (SSN) italiano, della sua organizzazione e delle sue attività, con un’atten-zione particolare ai cambiamenti che ne hanno caratterizzato l’evoluzione negliultimi anni.

Il modello di analisi utilizzato è quello economico aziendale (presentato nelcapitolo 1) e gli elementi che vengono approfonditi sono i seguenti:

• numerosità e tipologia di aziende operanti nel SSN e nei singoli ServiziSanitari Regionali (SSR) ed evoluzione degli assetti istituzionali delleaziende stesse (§ 2.2);

• scelte di assetto tecnico (configurazione fisico-tecnica delle aziende) e didimensionamento dell’organismo personale (in termini quali-quantitativi)(§ 2.3);

• dati di output in termini di tipologie, volumi e qualità delle prestazionierogate (§ 2.4). I livelli di attività sono correlati alle risorse finanziarie chel’azienda riceve, sia in modo diretto (nel caso delle tariffe per prestazio-ne), sia in modo indiretto (per le attività finanziate attraverso la quotacapitaria o i finanziamenti per funzione). L’analisi delle risorse finanziariericevute e utilizzate per l’acquisizione dei fattori produttivi è presentatanel capitolo 3, mentre gli specifici meccanismi che correlano le risorsericevute all’attività svolta sono presentati nel capitolo 5;

• bisogni sanitari e domanda espressa dagli utenti, che rappresentano, insie-me ai prestatori di lavoro, i soggetti nell’interesse dei quali l’azienda ope-ra (§ 2.5). L’analisi di queste variabili dovrebbe rappresentare la base perla definizione delle scelte strategiche e organizzative di aziende e Regionie per valutare quanto i servizi prodotti siano «soddisfacenti» per la collet-tività in relazione alle risorse utilizzate (valutazione dell’economicità).Nel medesimo paragrafo vengono in particolare presentati alcuni indicato-ri di efficacia gestionale rilevati dai singoli SSR.

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2.2. Le aziende dei SSR e l’evoluzione dei relativi assetti istituzionali

Secondo la dottrina economico-aziendale, l’assetto istituzionale delle aziendepuò essere visto come l’insieme delle forme e delle regole che definiscono lemodalità di rappresentanza e contemperamento degli interessi che convergonosulle aziende stesse (Airoldi, Brunetti e Coda, 1994). Nelle aziende sanitariepubbliche i portatori di interessi istituzionali sono la collettività di riferimento e iprestatori di lavoro. La collettività di riferimento partecipa al governo dell’azien-da attraverso la rappresentanza politica. In particolare, a seguito del processo diregionalizzazione del SSN che ha caratterizzato la riforma della sanità, è possibi-le identificare prevalentemente le Regioni come rappresentanti della popolazio-ne. Ed è la Regione che in qualità di capogruppo del sistema regionale deve:

1. ridisegnare l’apparato amministrativo regionale e gli strumenti di governodel SSR;

2. stabilire la struttura del gruppo in termini di combinazioni economichecon autonomia giuridica ed economica (le aziende del gruppo);

3. definire il sistema delle deleghe per il governo economico delle aziende(nomina degli organi di direzione di massimo livello, costituzione di orga-ni collegiali rappresentativi dei differenti interessi, ecc.);

4. delineare le politiche complessive del sistema;5. progettare le norme generali per il funzionamento e l’organizzazione delle

aziende del gruppo.

Al fine di evitare confusioni terminologiche, è importante sottolineare come iltermine «capogruppo» possa essere inteso secondo un’accezione ristretta ed unapiù ampia. Nel primo caso il riferimento è esclusivamente al ruolo di governo delSSR esercitato dalla Regione in qualità di proprietaria della rete pubblica, attra-verso gli strumenti diretti di indirizzo e controllo dell’attività delle aziende tipicidella «proprietà». Secondo un’accezione più ampia (accolta in questo capitolo) iltermine «capogruppo» si riferisce alla Regione in quanto soggetto che governa ilsistema sanitario, indipendentemente dalle modalità di esercizio di tale preroga-tiva. Le modalità possono essere infatti diverse: alcune Regioni utilizzano ampia-mente gli strumenti di indirizzo e controllo tipici della «proprietà», mentre altretendono a stabilire regole che definiscono le convenienze dei diversi soggetti e liorientano verso gli obiettivi della Regione, pur valorizzandone l’autonomia. Nelsecondo caso la Regione si configura principalmente come soggetto regolatore econtrollore «terzo» del sistema, che limita il proprio coinvolgimento diretto nel-la funzione di gestione dei servizi. Il nuovo PSR lombardo (analizzato in detta-glio nel capitolo 4) rappresenta un esempio di questo secondo approccio. Si chia-risce quindi che, nel prosieguo del capitolo, quando si utilizzerà il termine«capogruppo» ci si riferirà all’accezione più ampia e si analizzeranno le scelteregionali rispetto alle competenze sopra elencate, indipendentemente dallemodalità con cui le Regioni governano il SSR.

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Rispetto a tali competenze, in appendice vengono sinteticamente presentatele principali normative regionali che regolano i diversi aspetti, aggiornate sullabase di una scheda di raccolta dati inviata a tutte le Regioni italiane. Nel presen-te paragrafo:

• si approfondiscono le scelte regionali in tema di definizione della strutturadel gruppo, cioè di individuazione delle combinazioni economiche conautonomia giuridica ed economica (le aziende del gruppo);

• vengono presentate alcune innovazioni emergenti in termini di sistemadelle deleghe per il governo economico delle aziende (cioè di definizionedegli assetti istituzionali delle stesse).

Si rimanda invece:

• al capitolo 7 per un’analisi del ridisegno dell’apparato regionale, con par-ticolare riferimento all’istituzione di Agenzie sanitarie regionali e al lororapporto con gli Assessorati;

• al capitolo 5 per l’analisi degli strumenti di governo del SSR (sistemi difinanziamento e di indirizzo delle aziende);

• al capitolo 9 per un approfondimento delle modalità di esercizio delle pre-rogative di governo delle aziende da parte della Regione attraverso lagestione del rapporto fiduciario che lega i Direttori Generali agli organiregionali;

• al capitolo 4 per un approfondimento sulle politiche complessive del siste-ma definite all’interno dei PSR di alcune Regioni;

• ai capitoli 5, 7 e 8 del Rapporto OASI 2001 per una disamina dettagliatadelle scelte e indicazioni regionali in tema rispettivamente di accredita-mento, assetti organizzativi delle aziende e gestione economico-finanzia-ria e patrimoniale delle stesse.

La Regione deve stabilire la struttura del gruppo sanitario pubblico, individuan-do le aziende di cui si compone. Deve effettuare quindi scelte in termini di (i)ridefinizione dell’articolazione territoriale delle ASL e (ii) costituzione in azien-de autonome (Aziende Ospedaliere - AO) degli ospedali di rilievo nazionale, dialta specializzazione e, più in generale, di quelli individuati dalla Regione stessa.La Tabella 2.1 presenta l’evoluzione del numero di aziende sanitarie territoriali(ASL) ed ospedaliere nelle diverse Regioni dal 1992 ad oggi. La tabella eviden-zia sia la forte riduzione nel numero delle ASL, che la forte differenziazione del-le scelte regionali in termini di numero di Aziende Ospedaliere costituite.

Rispetto all’anno scorso (capitolo 2 del Rapporto OASI 2001) l’unica diffe-renza riguarda la costituzione di due nuove Aziende Ospedaliere in RegioneLombardia. La L.R. 31/97 di riordino del SSR lombardo prevedeva un modelloistituzionale che affidava alle ASL il compito prevalente di programmare e finan-

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ziare le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, controllandone qualità e quantità,e alle Aziende Ospedaliere il compito di erogare le prestazioni specialistiche(modello di separazione acquirente-fornitore). La legge escludeva da tale riasset-to le ASL di Pavia, Sondrio e Lodi (che continuavano a gestire direttamente ipresidi ospedalieri ubicati sul loro territorio), nonché tre presidi ospedalieri dedi-cati alla riabilitazione (che rimanevano a gestione diretta delle ASL della Provin-cia di Como, di Mantova e di Milano 2) e i due presidi ospedalieri di Esine edEdolo (BS) inizialmente gestiti dalla ASL di Brescia e successivamente dallaneo-costituita ASL della Valcamonica. Con D.C.R. 401/2002 (ai sensi della spe-rimentazione gestionale del modello lombardo approvata dalla Conferenza Stato-Regioni con atto n. 1275 del 26/7/01) la Regione ha iniziato il completamentodel riassetto del SSR attraverso la costituzione dell’Azienda Ospedaliera dellaProvincia di Lodi e di quella della provincia di Pavia. Ha inoltre scorporato dal-le rispettive ASL i presidi dedicati alla riabilitazione sopra citati, per assegnarlialle Aziende Ospedaliere del territorio in cui sono ubicati. Attualmente quindisolo le ASL di Sondrio e della Valcamonica continuano a gestire direttamentealcuni presidi ospedalieri. Per i presidi di Sondrio la prospettiva è l’accorpamen-to nell’AO «Morelli» di Sondalo, una volta affrontata l’attuale difficile situazio-ne economico-finanziaria, mentre nessuna possibile modifica è indicata nellaDelibera per la Valcamonica.

L’unificazione di tre delle quattro ASL della provincia di Bologna (ad ecce-zione della ASL di Imola), citata nel capitolo 2 del Rapporto OASI 2001, è inve-ce ancora in corso di definizione. In seguito alle perplessità espresse dal Comunedi Bologna è stato istituito un tavolo tecnico tra i Direttori Generali delle ASL,dell’AO S. Orsola e dell’Istituto Ortopedico Rizzoli per redigere un «piano indu-striale» della ASL unica, che potrebbe condurre anche alla valutazione di formedi coordinamento alternative come, ad esempio, la creazione di un consorzio o diun’agenzia.

Un completo riassetto del SSR è attualmente in discussione anche nelle Mar-che. La Giunta Regionale ha infatti approvato una proposta di legge che prevedela creazione di una ASL unica, dall’accorpamento delle 13 attualmente esistenti.

La tabella in appendice riporta l’elenco delle leggi di riordino1. In questocontesto preme sottolineare che circa la metà delle Regioni ha modificato lalegge di riordino dopo il decreto legislativo 229/99. Si ricorda che il D.lgs.229/99 stabiliva criteri specifici per la costituzione di Aziende Ospedaliere edisponeva che le Regioni potessero proporre la costituzione o la conferma inAziende Ospedaliere dei soli presidi ospedalieri in possesso di tutti i requisitirichiesti. Il successivo accordo dell’8/8/01 (recepito con la L. 405/01) ha modi-ficato tale disposizione. L’art. 3, comma 1 della L. 405/01 prevede infatti che

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1. Per raccogliere i testi aggiornati delle singole leggi regionali si può consultare il sito delparlamento: http://camera.mac.ancitel.it/

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Tabella 2.1. Evoluzione nel numero di aziende sanitarie territoriali ed ospedaliere

Regione N. ASL N. Aziende Ospedaliere

ante 502/92 31/12/95 01/05/02* 31/12/95 01/05/02*

Piemonte 63 22 22 7 7

Val d’Aosta 1 1 1 –

Lombardia 84 44 15 16 29

Bolzano 4 4 4 –

Trento 11 1 1 –

Veneto 36 22 21 2 2

Friuli V.G. 12 6 6 3 3

Liguria 20 5 5 3 3

Emilia-Romagna 41 13 13 5 5

Toscana 40 12 12 4 4

Umbria 12 5 4 2 2

Marche 24 13 13 3 4

Lazio 51 12 12 3 3

Abruzzo 15 6 6 –

Molise 7 4 4 –

Campania 61 13 13 7 8

Puglia 55 12 12 4 6

Basilicata 7 5 5 1 1**

Calabria 31 11 11 4 4

Sicilia 62 9 9 16 17

Sardegna 22 8 8 1 1

Totale 659 228 197 81 99

Nota: (**) Secondo i dati ministeriali in Basilicata sono presenti due Aziende Ospedaliere. La Regione neconsidera invece una sola perché il CROB Ospedale Oncologico Regionale Rionero (PZ) è in corso di rico-noscimento come sede distaccata di IRCCS di diritto pubblico.

Fonte: Ministero della Sanità (1996) * aggiornamenti OASI.

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la materia di cui all’art. 4 del D.lgs. 502/92 non costituisca principio fonda-mentale, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le Regioni sono tornatead avere quindi ampia autonomia rispetto alla costituzione di nuove AziendeOspedaliere.

Le differenti scelte di assetto del SSR hanno determinato caratteristichediverse in termini di dimensioni medie delle ASL e di numero di ospedali da essedirettamente gestiti. Allo stesso modo le Aziende Ospedaliere si differenziano siain termini di numero di stabilimenti gestiti che di dimensione media degli stessi.

Rispetto alle dimensioni delle ASL italiane, il 59% ha una popolazione com-presa tra 100mila e 300mila abitanti (Figura 2.1). Sei sono le ASL con una popo-lazione superiore al milione di abitanti: Palermo, Catania, Napoli 1, Città diMilano, Provincia di Milano 3 - Monza, Provincia di Brescia.

La dimensione media è attualmente di circa 294.000 abitanti, con forti differen-ziazioni a livello regionale, con un massimo rappresentato dalle ASL lombarde(più di 600.000 abitanti) ed un minimo da quelle molisane (circa 82.000 abitanti)(Tabella 2.2). Per ciò che riguarda le scelte di scorporo degli ospedali da costitui-re in Aziende Ospedaliere, la medesima tabella evidenzia la dimensione mediadelle AO (in termini di posti letto), il numero medio di strutture di ricovero anco-ra a gestione diretta delle ASL2 rispetto a quelle gestite dalle Aziende Ospedalieree la loro dimensione media in termini di posti letto. I dati evidenziano:

• la dimensione media delle AO dell’Italia del Nord (oltre a Toscana eLazio) maggiore rispetto a quelle del Sud (insieme a Marche e Umbria);

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Figura 2.1. Distribuzione delle ASL per classi di dimensione della popolazione residente inmigliaia (anno 1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

2. Il confronto relativo al numero medio di presidi a gestione diretta delle ASL può risultareperò fuorviante poiché, in base alla definizione ministeriale, un presidio può essere costituito da ununico stabilimento ospedaliero o può includere più stabilimenti localizzati in sedi diverse ma fun-zionalmente accorpati.

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Regione Popolazione Posti letto N. medio Posti letto N. medio Posti lettomedia ASL medi (1) presidi a medi (1) stabilimenti medi (1) per

per AO gest. diretta per presidio per AO (3) stabilimentoASL (2) ASL AO

Piemonte 194.988 812 2,2 258 1,9 437

Val d’Aosta 120.589 1,0 512 – –

Lombardia 608.114 1.074 0,3 171 3,8 282

Bolzano 115.159 – 1,8 326 – –

Trento 473.714 – 11,0 162 – –

Veneto 216.261 1.944 2,9 257 1,5 1.296

Friuli V.G. 198.103 1.008 1,8 162 2,3 504

Liguria 324.203 977 3,8 198 1,0 977

Emilia-R. 308.359 1.078 2,9 265 1,0 1.078

Toscana 294.699 1.119 2,8 283 1,0 746

Umbria 210.121 781 2,3 205 1,5 521

Marche 113.015 378 2,4 154 1,3 378

Lazio 441.859 1.087 4,6 153 2,3 466

Abruzzo 213.547 – 3,8 238 – –

Molise 81.794 – 1,5 265 – –

Campania 444.788 572 3,9 154 1,1 509

Puglia 340.535 923 4,6 174 1,8 503

Basilicata 120.961 426 2,4 148 2,0 426

Calabria 185.753 559 3,0 127 2,3 248

Sicilia 564.078 471 5,3 120 1,5 308

Sardegna 206.006 528 4,9 185 1,0 528

Italia 293.624 841 3,0 195 2,2 391

Tabella 2.2. Dimensione delle ASL e AO, numero e dimensione delle strutture ospedalieregestite da ASL e AO (2002)

(1) Dati 1999.(2) Si utilizza la definizione ministeriale, che include in un unico presidio gli stabilimenti funzionalmente

accorpati (ex art. 4 c. 9 D.lgs. 502/92). Nel calcolo sono inoltre inclusi gli Istituti Psichiatrici residuali.(3) Per stabilimenti di AO si intendono tutte le sedi fisiche ubicate ad indirizzi differenti.

Fonte: dati OASI e elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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• il più elevato numero medio di presidi a gestione diretta delle ASL del Sud(ad eccezione del Molise) e la loro dimensione più contenuta;

• la peculiarità della scelta lombarda, evidenziata sia dal numero medio distrutture di ricovero per azienda (0,3 presidi a gestione diretta per ASL e 3,8stabilimenti per AO, rispetto ad una media nazionale rispettivamente di 3 e2,2), sia in termini di dimensione media delle strutture stesse (il numero diposti letto per stabilimento di AO è il più basso a livello nazionale; questosignifica che quando i singoli ospedali avevano dimensioni troppo ridotteper essere costituiti in Aziende Ospedaliere venivano accorpati ad altri);

• le forti differenze tra le due province autonome che, pur presentando unapopolazione di ampiezza simile (circa 465.000 abitanti), hanno assettidifformi: Trento ha costituito un’unica ASL che gestisce direttamente 11presidi di dimensioni limitate, Bolzano ha costituito quattro ASL chegestiscono ciascuna 1-2 presidi di dimensioni medie maggiori;

• l’elevato numero medio di posti letto degli stabilimenti gestiti dalle AOvenete ed emiliane in seguito alla scelta regionale di costituire in AO sologli ospedali di maggiori dimensioni, soprattutto quelli in cui l’attivitàospedaliera è svolta congiuntamente con l’Università.

Relativamente all’assistenza ospedaliera, all’interno di ogni SSR, oltre ai presidiospedalieri a gestione diretta delle ASL e alle Aziende Ospedaliere, operanoalcune strutture equiparate agli ospedali pubblici (IRCCS di diritto pubblico eprivato, Policlinici Universitari, Ospedali classificati o assimilati, Istituti qualifi-cati presidio della ASL, Enti di ricerca) e le case di cura private accreditate e nonaccreditate. La distribuzione geografica delle strutture di ricovero è riportata inTabella 2.3.

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Italia

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Presidi a gestione diretta ASL (1) 49 1 5 7 11 61 11 19 38 34 9 31 55 23 6 51 55 12 33 48 39 598

Istituti psichiatrici residuali 2 2 1 2 1 8

Aziende Osped. 7 29 2 3 3 5 4 2 4 3 8 6 1 4 17 1 99

Stabilimenti di Az. Osp. (2) 13 109 3 7 3 5 4 3 5 7 9 11 2 9 26 1 217

Tot. strutture di ricoveropubbliche (3) 56 1 34 7 11 63 14 24 43 38 11 37 59 23 6 59 63 13 37 66 40 705

IRCCS dir. priv. (4) 2 14 1 1 1 4 1 2 2 1 29

Tabella 2.3. Numero di strutture di ricovero per tipologia (2002)

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Anche per le strutture di ricovero si evidenzia un assetto tendenzialmente stabilerispetto al 2001, ad eccezione della riduzione di circa 30 presidi a gestione diret-ta (di cui 14 in Lombardia, per il riassetto definito dalla Del. C.R. 401/02, cfr.supra, e 9 in Sicilia), il corrispettivo incremento degli stabilimenti di Aziendeospedaliere in Lombardia e l’aumento nel numero delle case di cura (7 accredi-tate e 4 non accreditate).

Nonostante la relativa stabilità della struttura dei gruppi sanitari regionalidegli ultimi due anni, in termini di numero e tipologia di aziende, si rileva attual-mente un’enfasi particolare, sia a livello regionale che nazionale, sul disegno dinuovi assetti istituzionali per le aziende stesse. Come presentato nel capitolo 4,in particolare, Lombardia e Toscana hanno previsto all’interno dei loro recenti

Italia

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G.

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Bol

zano

Lom

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ia

Valle

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osta

Pie

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teIRCCS dir. pubbl. (4) 5 2 2 1 1 3 3 1 2 1 1 1 23

Policlinici Univers. 1 6 2 3 2 14

Ospedali classificati (5) 5 5 2 7 2 8 2 3 2 1 1 38

Presidi privati qual. pres. ASL (6) 4 1 4 3 12

Enti di ricerca 1 1

Tot. struttureequiparate (7) 11 24 1 2 11 4 5 1 3 3 24 2 1 8 6 1 1 5 4 117

Case di Cura private accreditate 38 57 4 5 16 5 3 41 27 5 13 76 13 2 73 25 1 37 49 13 503

Case di Cura private non accreditate 6 11 4 4 9 5 5 1 44 5 8 10 112

Totale CC private 44 68 8 5 20 5 12 46 32 6 13 120 13 2 78 33 1 37 59 13 615

(1) Si utilizza la definizione ministeriale, che include in un unico presidio gli stabilimenti funzionalmenteaccorpati (ex art. 4 c. 9 D.lgs. 502/92).

(2) Per stabilimenti ospedalieri si intendono tutte le sedi fisiche ubicate ad indirizzi differenti.(3) Sommatoria di presidi a gestione diretta ASL, Istituti psichiatrici residuali e Aziende Ospedaliere.(4) Si conteggiano sia le sedi centrali che le sedi distaccate, perché spesso queste ultime sono localizza-

te in Regioni diverse dalla sede centrale.(5) Ex art. 1 ultimo comma L. 132/68 e art. 41 L. 833/78.(6) Ex art. 43 comma 2 della L. 833/78 e D.P.C.M. 20/10/88.(7) Sommatoria di IRCCS di diritto pubblico e privato, Policlinici, Ospedali Classificati, Presidi qualificati e

Enti di Ricerca.(8) L’Ospedale Oncologico Regionale Rionero (PZ) viene conteggiato come sede distaccata di IRCCS di

diritto pubblico, benché ancora in corso di riconoscimento.

Fonte: aggiornamento OASI sulla base delle schede inviate alle Regioni, * dati 2001.

Tabella 2.3. Numero di strutture di ricovero per tipologia (2002) (segue)

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PSR significativi riassetti istituzionali, «attraverso la costituzione di soggettidiversi, responsabili di compiti e funzioni distinti, il cui equilibrio dialetticodovrebbe garantire il governo del sistema».

Il riferimento per la Lombardia è alle possibili modifiche della forma giuridi-ca delle Aziende Ospedaliere, con la creazione di Fondazioni di partecipazione(o altra tipologia di organizzazione non profit) a cui possono partecipare sia entipubblici (ad es. Enti Locali) che soggetti privati3. Si tratta di una forma simile aimodelli di «private finance initiative» e «public private partnership» sviluppati inaltri Paesi (come l’Inghilterra) e che dovrebbe garantire, come indicato dal PSRlombardo, (i) maggiore flessibilità nella gestione e rapidità nell’esecuzione attra-verso la trasformazione delle AO in soggetti di diritto privato (non sottopostiquindi ai vincoli pubblicistici, ad es. in tema di gestione delle risorse umane); (ii)nuove risorse finanziarie per investimenti in infrastrutture e tecnologie; (iii) mag-giore orientamento del management all’equilibrio economico finanziario attra-verso la partecipazione dei soggetti privati al nuovo soggetto economico. A giu-gno è stata avviata la prima sperimentazione, con la trasformazione dell’Ospeda-le Maggiore-Policlinico di Milano (IRCCS di diritto pubblico) e dell’AziendaOspedaliera «Istituti Clinici di Perfezionamento» nella Fondazione FrancescoSforza, guidata da un Consiglio di Amministrazione composto da tre membri: ilcommissario straordinario dell’Ospedale Maggiore, il direttore generale dell’ICPe un rappresentante della Regione e del Ministero della Salute. In alternativa allatrasformazione giuridica delle AO, il PSR lombardo prevede la costituzione diorganismi consortili o altre forme di aggregazione tra le AO pubbliche chegarantiscano una più forte capacità negoziale, la messa in comune di servizi disupporto, la non duplicazione delle strutture di offerta. Questa seconda ipotesi ètra l’altro coerente con l’esperienza di coordinamento già attuata in Lombardiaattraverso la «Direzione Generale per la Sperimentazione gestionale della città diMilano» (cfr. capitolo 2 del Rapporto OASI 2001).

Anche la Toscana ha proposto nel nuovo PSR possibili modifiche agli assettiistituzionali delle aziende, in termini di (i) costituzione delle Società della Salu-te, incaricate di gestire i servizi socio-sanitari del SSR e i servizi socio-assisten-ziali dei comuni; (ii) sviluppo di sistemi di programmazione e di coordinamentodegli ospedali a livello di area vasta; (iii) centralizzazione di alcune funzioniamministrative rilevanti (es. acquisti, amministrazione del personale, funzionecontabile) a livello di area vasta. Una descrizione di questi nuovi assetti e dellepossibili implicazioni per le aziende è presentata nel capitolo 4, a cui si rimanda.

A livello nazionale, lo schema di Piano Sanitario Nazionale (attualmente incorso di discussione presso la Conferenza Stato-Regioni) e la legge Finanziaria

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3. La trasformazione della forma giuridica delle AO lombarde è stata inserita nel progetto disperimentazione gestionale del modello sanitario ex L.R. 31/97, approvato dalla Conferenza StatoRegioni in data 26/07/01.

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per il 2002 hanno ipotizzato la sperimentazione di una trasformazione degliIRCCS di diritto pubblico in fondazioni, con un consiglio di amministrazione amaggioranza pubblica, ma con la possibilità di ammettere privati mecenati(come ad esempio le fondazioni bancarie) che possano apportare capitali, purmantenendo la natura pubblica degli enti.

È necessario infine evidenziare l’evoluzione degli assetti istituzionali a livel-lo locale, determinata dallo sviluppo di forme di collaborazione pubblico-priva-to, nate sotto l’impulso sia di spinte legislative che di iniziative aziendali per laricerca di innovazione. Tali collaborazioni stanno assumendo una pluralità di for-me giuridiche, caratteristiche organizzative e finalità strategiche. Per un’analisidettagliata di un ampio campione di tali esperienze si rimanda al capitolo 10.

2.3. Le risorse strutturali delle aziende sanitarie

Il presente paragrafo propone alcuni dati relativi all’assetto tecnico4 (in terminidi numero di strutture d’offerta e loro dimensionamento) e all’organismo perso-nale (in termini quali-quantitativi), evidenziando sia il trend degli ultimi anni, siail confronto tra le diverse Regioni. In particolare l’analisi distingue i dati che siriferiscono all’assistenza ospedaliera rispetto a quelli che riguardano l’assistenzaterritoriale.

2.3.1 Capacità di offerta delle strutture ospedaliere

A partire dalla Legge Finanziaria 1991 e dal D.lgs. 502/1992 è stato avviato unprocesso di ristrutturazione della rete ospedaliera che prevede (i) trasformazionidi destinazione o (ii) accorpamenti oppure (iii) disattivazione delle strutture chenon rispettano i seguenti parametri:

• utilizzazione media annua dei posti letto non inferiore al 75%;• dotazione superiore ai 120 posti letto.

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4. Indagare l’assetto tecnico di un’azienda significa analizzare le caratteristiche dei fabbricati,degli impianti, delle macchine, delle attrezzature e delle materie prime, inclusi gli aspetti della lorolocalizzazione, delle modalità di funzionamento e di impiego e delle strutture di collegamento. «Lescelte di assetto tecnico non riguardano solo le coordinazioni di trasformazione tecnica delle azien-de; (…) ma sono caratteristica rilevante di tutte le coordinazioni parziali (di acquisti, di ricerca, dimarketing, di rilevazione, di organizzazione ecc.) di tutte le aziende» (Airoldi, Brunetti e Coda,1994: 148). Tali scelte si riferiscono quindi anche, ad esempio, alla disposizione fisica degli uffici,alle reti di comunicazione, all’architettura del sistema informatico. Poiché il nostro riferimento nonè una singola azienda ma un sistema di aziende, nel prosieguo si presentano alcuni sintetici indica-tori che permettono un’analisi della capacità di offerta.

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Come mostrato in Figura 2.2, la ristrutturazione della rete ospedaliera hadeterminato una consistente riduzione del numero di strutture di ricovero pubbli-che ed equiparate (da 1068 nel 1995 a 813 nel 1999), soprattutto, come già enfa-tizzato, per la riduzione del numero dei presidi a gestione diretta e degli IstitutiPsichiatrici Residuali. Tale riduzione non corrisponde però interamente al nume-ro di strutture dismesse o convertite in strutture extraospedaliere (residenziali enon) poiché riflette anche sia l’accorpamento funzionale di più stabilimenti in ununico presidio5, sia la trasformazione o l’aggregazione dei presidi a gestionediretta in Aziende Ospedaliere (soprattutto in Lombardia)6. Il numero delle strut-ture private accreditate che operano all’interno del SSN è rimasto invece sostan-zialmente invariato.

In termini dimensionali, le Aziende Ospedaliere e i policlinici universitari, per laloro natura, hanno una maggiore dimensione (mediamente circa 840 posti letto),gli ospedali a gestione diretta non raggiungono, in media, i 200 posti letto, gliIRCCS e gli ospedali classificati dispongono mediamente di quasi 250 posti let-to. Nelle case di cura vengono mediamente accreditati un centinaio di posti letto.

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Figura 2.2. Numero di strutture di ricovero pubbliche (e equiparate) e private accreditate(1995-1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

5. Si riportano i dati relativi ai presidi perché a livello ministeriale non è disponibile il nume-ro complessivo di stabilimenti ospedalieri. L’analisi degli stabilimenti (che rappresentano un con-cetto fisico-tecnico) sarebbe più coerente con l’approccio del presente paragrafo che indaga ladistribuzione logistica delle strutture di offerta, mentre i presidi hanno una connotazione organiz-zativa.

6. Quest’ultimo aspetto va tenuto in debito conto tutte le volte che si presentano trend di datiche confrontano ASL e AO (es. posti letto, personale…).

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La Tabella 2.4 mostra come la dimensione media sia comunque lievemente dimi-nuita in tutte le tipologie di azienda ad eccezione dei policlinici universitari.

Rispetto alla distribuzione dei posti letto tra le differenti tipologie di strutture, inFigura 2.3 si evidenzia come nel 1999 il 51% dei posti letto pubblici si trovasseall’interno dei presidi a gestione diretta delle ASL, mentre il resto fosse all’inter-no delle Aziende Ospedaliere (35%), di IRCCS (5%), di policlinici (4%) e dialtre strutture equiparate (5%). Rispetto al 1997 tali percentuali sono rimastesostanzialmente invariate per le strutture equiparate, mentre si è ridotta di più del7% la percentuale di posti letto nei presidi a gestione diretta ASL a favore delleAziende Ospedaliere.

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AO Ospedali Policlinici IRCCS Ospedali Case di cura a gestione universitari classificati accreditate*

diretta o assimilati

1997 834 199 856 243 234 98

1998 878 189 818 244 236 98

1999 800 186 868 240 224 94

* Numero medio dei posti letto accreditati.

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Tabella 2.4. Dimensione media (n. posti letto previsti ad inizio anno) per tipologia di strutturadi ricovero (1997-1999)

Figura 2.3. Distribuzione posti letto pubblici per tipologia di struttura (1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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La Finanziaria 1996 prevedeva uno standard di 5,5 posti letto per 1.000 abi-tanti (in regime ordinario e day hospital), di cui l’1 per mille riservato alla riabi-litazione e alla lungodegenza. In quell’anno, tutte le Regioni presentavano unrapporto più elevato rispetto a quello obiettivo per gli acuti e inferiore per i nonacuti. In seguito all’accordo dell’8/8/01 lo standard di riferimento è stato ulte-riormente ridotto a 5 posti letto (mantenendo costante il parametro obiettivo perriabilitazione e lungodegenza)7.

In effetti nel periodo 1995-1999 si è rilevato un trend di forte riduzione deiposti letto. In particolare quelli in regime ordinario sono passati da circa 357.000nel 1995 a 284.000 nel 1999; il decremento è stato costante nelle strutture pubbli-che ed equiparate, mentre i posti letto accreditati sono inizialmente aumentati(fino al 1997) per poi decrescere (Figura 2.4). È invece cresciuto il numero diposti letto in day hospital sia nelle strutture pubbliche che nelle private accredita-te, passato da poco più di 15.000 nel 1995 a più di 23.500 nel 1999 (Figura 2.5).

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Figura 2.4. Numero di posti letto previsti per degenza ordinaria pubblici e privati accreditati(1995-1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

7. La relazione tecnica di accompagnamento al D.L. 347/01 ha quantificato in circa 420miliardi di lire l’effetto di risparmio riconducibile alla riduzione dei posti letto per acuti dal 4,5 al4 per 1.000 abitanti da realizzare nel 2002, il che suggerisce l’importanza di strategie volte alrispetto del parametro di legge.

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Nel 1999 la dotazione di posti letto per acuti a livello nazionale era pari a 4,86ogni mille abitanti, quella per non acuti a 0,49. Lo standard obiettivo complessi-vo di 5,5 posti letto risultava quindi rispettato, ma non la ripartizione tra acuti enon acuti. La distribuzione territoriale dei posti letto era abbastanza differenziata(Figura 2.6), con la metà delle Regioni con una dotazione complessiva superioreallo standard e l’altra metà al di sotto. Allo stesso modo, solo due Regioni (Lazioe Provincia di Trento) avevano una dotazione di posti letto per non acuti superio-re allo standard dell’1 per mille, mentre ben 15 non raggiungevano lo 0,5 permille.

La dotazione complessiva dei posti letto nelle Regioni, con distinzione pertipologia di struttura e regime di ricovero (oltre all’indicazione dei posti letto apagamento nelle strutture pubbliche) è presentata in Tabella 2.5. La tabella evi-denzia inoltre la variazione dei posti letto totali dal 1997 al 1999 per Regione.

Si segnalano in particolare: (i) l’incremento nel numero di posti letto perDH, che nel 1999 rappresentavano circa il 9% dei posti letto pubblici e il 2%di quelli accreditati; (ii) la rilevanza dei posti letto pubblici a pagamento nelledue province autonome e nel Friuli, dove rappresentano più del 3,5% dei postiletto pubblici rispetto ad un media nazionale di 1,2%; (iii) la forte differenzia-zione nella riduzione dei posti letto per Regione. Relativamente a quest’ultimopunto, come era immaginabile, tale riduzione è stata più accentuata nelle

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Figura 2.5. Numero di posti letto previsti in day hospital pubblici e privati accreditati (1995-1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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Regioni che nel 1997 avevano un rapporto posti letto per mille abitanti supe-riore alla media nazionale (come Abruzzo, Trento, Marche e Liguria). La dimi-nuzione è stata però consistente anche in Regioni come la Campania, la Siciliae la Toscana, in cui tale rapporto era addirittura inferiore alla media nazionale,mentre è stata contenuta in Regioni come Emilia e Veneto, che presentavanovalori elevati.

Come risulta dall’analisi dell’attività di ricovero presentata nel paragrafosuccessivo, in genere le strutture ospedaliere pubbliche risultano più orientateall’attività per acuti; più dell’80% dei loro posti letto è, infatti, destinato a questotipo di attività, mentre nelle strutture private accreditate i posti letto per riabilita-zione e lungodegenza rappresentano quasi il 60% del totale.

Il D.M. 12/12/01, che definisce il «Sistema di garanzie per il monitoraggiodell’assistenza sanitaria», dettaglia ulteriormente il parametro obiettivo di 4,5posti letto per acuti prevedendo 4,05 posti letto in regime ordinario e 0,45 postiletto in day hospital. Nelle ultime due colonne della Tabella 2.5 vengono quindipresentati tali indicatori per le singole Regioni, seppur con riferimento al 1999.Per ciò che riguarda il regime ordinario, tutte le Regioni ad eccezione di Campa-nia, Sicilia e Trento hanno valori superiori al parametro obiettivo, con un massi-mo rappresentato dal Friuli Venezia Giulia (5,11). Per il day hospital la media

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Figura 2.6. Posti letto per acuti e non acuti/000 abitanti (1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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nazionale è pari a 0,41, con nove Regioni in cui l’offerta è uguale o superiore aquanto stabilito dal Decreto ministeriale. Anche in questo caso si riscontra un’e-levata variabilità a livello regionale: i valori più bassi si hanno per Bolzano(0,04) e Molise (0,07) e quelli più elevati per Trento (0,66), Umbria ed Emilia-Romagna (0,58), Veneto (0,55). Si tenga però presente che il day hospital rap-presenta solo una delle forme alternative al regime ordinario e quindi alcuneRegioni potrebbero, ad esempio, aver scelto di potenziare la dimensione dei pre-sidi sanitari territoriali (extraospedalieri) invece che la dotazione di posti letto inday hospital.

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Posti letto pubblici Posti letto accreditati Totale Variazione P.l. per acuti P.l. per acuti97/99 in reg. ord./ acuti in DH/

Deg. Ord. DH A pagam. Deg. Ord. DH 1.000 ab 1.000 ab

Piemonte 18.017 2.026 293 3.680 0 24.016 –3% 4,28 0,47

Val d’Aosta 512 45 0 0 0 557 0% 4,26 0,37

Lombardia 38.853 3.411 496 8.362 283 51.405 –10% 4,73 0,41

Bolzano 2.224 17 86 184 0 2.511 –10% 5,00 0,04

Trento 2.155 313 135 163 0 2.766 –23% 4,00 0,66

Veneto 22.113 2.424 589 1.475 33 26.634 –4% 4,85 0,55

Friuli V.G. 5.623 509 220 635 22 7.009 –10% 5,11 0,45

Liguria 8.038 831 11 128 0 9.008 –19% 4,85 0,51

Emilia-R. 15.473 2.219 133 4.787 95 22.707 –7% 4,41 0,58

Toscana 13.982 1.329 310 2.175 107 17.903 –12% 4,39 0,41

Umbria 3.407 474 2 219 6 4.108 –9% 4,23 0,58

Marche 6.592 475 30 1.000 0 8.097 –19% 5,01 0,33

Lazio 20.678 2.120 153 10.969 251 34.171 –16% 4,59 0,45

Abruzzo 5.373 500 112 1.434 49 7.468 –24% 5,02 0,43

Molise 1.661 22 27 48 0 1.758 –4% 5,08 0,07

Campania 15.307 1.192 45 6.439 177 23.160 –22% 3,48 0,24

Puglia 17.803 1.165 193 1.999 51 21.211 –18% 4,78 0,3

Basilicata 2.460 179 17 60 0 2.716 –10% 4,08 0,29

Calabria 6.353 671 12 3.379 79 10.494 –10% 4,30 0,36

Sicilia 16.393 1.823 49 3.495 0 21.760 –15% 3,77 0,36

Sardegna 6.756 740 76 1.519 38 9.129 –11% 4,93 0,47

Italia 229.773 22.485 2.989 52.150 1.191 308.588 –13% 4,45 0,41

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Tabella 2.5. Posti letto previsti ad inizio anno nelle Regioni per tipo di struttura e regime diricovero (1999)

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La Figura 2.7 approfondisce invece le differenze regionali in termini di rile-vanza del privato accreditato. In tutte le Regioni l’offerta è prevalentemente pub-blica (82,7% dei posti letto a livello nazionale), ma il privato accreditato costitui-sce una quota significativa dell’offerta in Regioni quali la Calabria (33%), ilLazio (32,8%) e la Campania (28,6%). La rilevanza dei posti letto privati accre-ditati è aumentata in quasi tutte le Regioni dal 1997 al 1999, con gli incrementipiù significativi proprio in Calabria e Campania (4-5%). La percentuale si è inve-ce fortemente ridotta nella provincia di Trento (–9%).

Per quanto riguarda i servizi per l’emergenza, infine, si evidenzia come nel 1999l’86,7% degli ospedali pubblici disponesse di un pronto soccorso, rispetto al9,6% delle strutture private accreditate. Allo stesso modo il 41,7% rispetto al5,6% aveva un centro di rianimazione. Inoltre, in quasi la metà delle struttureospedaliere pubbliche sono presenti un centro trasfusionale (43%) e un centro didialisi (49%), mentre nelle strutture private accreditate tali percentuali sono mol-to più contenute (rispettivamente 0,6% e 6,6%).

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Figura 2.7. Percentuale di posti letto privati accreditati sul totale dei posti letto (1999)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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2.3.2 Capacità di offerta delle strutture territoriali

I processi di riforma del SSN, e in particolare la responsabilizzazione delleaziende sui risultati ottenuti, hanno reso necessaria un’evoluzione degli assettiorganizzativi delle aziende stesse. In particolare, al fine di ridurre la frammenta-zione organizzativa, si stanno sviluppando livelli organizzativi «intermedi» tra letradizionali unità operative e la Direzione Generale (cfr. capitolo 8 del RapportoOASI 2000). A livello di assistenza territoriale ciò si è tradotto principalmentenel rafforzamento dei distretti. Il distretto organizza i servizi di assistenza prima-ria, ambulatoriale e domiciliare; provvede al sostegno alle famiglie, agli anziani,ai disabili fisici e psichici ed ad altri soggetti (tossicodipendenti, malati diAIDS…); gestisce le attività sanitarie e socio-sanitarie delegate dai Comuni,coordinandosi con l’assistenza ospedaliera. La Tabella 2.6 presenta il numero didistretti attivati fino al 1999, con indicazione della loro dimensione media.

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Tabella 2.6. Distretti attivati all’interno delle ASL (1999)

Regioni Distretti attivati N. medio distretti Popolazione media per ASL per distretto

Piemonte 68 3,1 63.060

Val d’Aosta – – –

Lombardia 106 7,6 85.178

Bolzano 16 4,0 28.730

Trento 11 11,0 42.717

Veneto 83 4,0 54.067

Friuli V.G. 19 3,2 62.311

Liguria 9 1,8 181.393

Emilia-R. 48 3,7 82.495

Toscana 151 12,6 23.368

Umbria 42 10,5 19.826

Marche 36 2,8 40.429

Lazio 48 4,0 109.480

Abruzzo* 29 5,8 44.046

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Per l’erogazione delle prestazioni territoriali, i distretti si avvalgono di una plura-lità di strutture, classificabili come segue:

• strutture in cui si erogano prestazioni specialistiche come l’attività clinica,di laboratorio e di diagnostica strumentale;

• strutture territoriali come i centri di dialisi ad assistenza limitata, gli stabi-limenti idrotermali, i centri di salute mentale, i consultori materno infanti-li e i centri distrettuali;

• strutture semiresidenziali come ad esempio i centri diurni psichiatrici;• strutture residenziali quali le residenze sanitarie assistenziali (RSA) e le

case protette.

La Tabella 2.7 presenta la distribuzione delle strutture sopra elencate nelle diver-se Regioni italiane. È importante innanzi tutto evidenziare il forte peso del priva-to accreditato in quasi tutte le tipologie di strutture (ad eccezione della categoria«Altre strutture territoriali») a livello nazionale. Tale rilevanza è però moltovariabile a livello regionale. Per gli ambulatori e laboratori, la presenza di strut-ture private accreditate è rilevante (e talvolta addirittura preponderante) nelleRegioni meridionali (ad eccezione della Basilicata) e nel Lazio. Per ciò cheriguarda le strutture residenziali e semiresidenziali sono invece le Regioni del

40

Tabella 2.6. Distretti attivati all’interno delle ASL (1999) (segue)

(*) I dati sono calcolati rispetto alle strutture rilevate e non a quelle esistenti. Dalla rilevazione è esclusa unasola ASL per ciascuna delle tre Regioni.

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Regioni Distretti attivati N. medio distretti Popolazione media per ASL per distretto

Molise 9 2,3 36.553

Campania* 75 6,3 77.234

Puglia 71 5,9 57.555

Basilicata 21 4,2 28.945

Calabria 26 2,4 79.412

Sicilia 58 6,4 87.901

Sardegna* 16 2,3 103.404

Italia 942 4,9 61.160

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Nord (in particolare Lombardia, Piemonte e Veneto) a presentare la più elevatapercentuale di strutture private accreditate (a cui si aggiunge la Puglia, dove lestrutture residenziali pubbliche rappresentano meno del 30% delle strutture com-plessive operanti sul territorio). Situazione opposta si registra per quanto riguar-da le altre strutture territoriali, nelle quali prevale la gestione diretta delle ASL,con una presenza del privato accreditato che si attesta intorno al 5%. L’unicaeccezione è rappresentata dal Veneto, dove tale percentuale sale al 20%.

41

Ambulatori di cui Altre di cui Strutture di cui Strutture di cui e laboratori privati strutture privati semiresidenz. privati residenziali privati

accr. territoriali (*) accr. accr. accr.

Piemonte 881 20% 617 2% 168 45% 478 60%

Valle d’Aosta 23 22% 23 4% 0 0% 0 0%

Lombardia 1322 41% 953 2% 447 42% 740 69%

Bolzano 225 18% 63 2% 1 0% 20 70%

Trento 109 17% 39 0% 4 0% 57 88%

Veneto 742 44% 566 20% 263 45% 309 55%

Friuli V.G. 200 28% 80 5% 59 20% 142 49%

Liguria 502 30% 190 0% 27 7% 98 64%

Emilia-Rom. 529 38% 297 5% 383 41% 467 50%

Toscana 976 35% 520 7% 216 15% 546 52%

Umbria 138 16% 141 1% 27 22% 55 33%

Marche 376 26% 58 7% 30 13% 57 12%

Lazio 1412 55% 308 2% 54 0% 117 35%

Abruzzo 251 45% 104 0% 3 0% 7 14%

Molise 90 48% 7 0% 6 0% 8 38%

Campania 1913 73% 220 5% 40 18% 70 29%

Puglia 890 47% 238 0% 35 14% 48 71%

Basilicata 175 21% 33 0% 1 0% 17 41%

Calabria 587 48% 82 5% 8 38% 42 36%

Sicilia 1890 72% 356 3% 14 21% 59 36%

Sardegna 479 46% 146 2% 17 12% 29 21%

Italia 1999 13710 48% 5041 5% 1803 34% 3366 55%

Italia 1997 9335 54% 4009 5% 842 17% 1820 40%

(*) Sono inclusi: centri dialisi ad assistenza limitata, stabilimenti idrotermali, centri di salute mentale, con-sultori materno-infantili, centri distrettuali e in generale strutture che svolgono attività di tipo territoriale.

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Tabella 2.7. Presenza di strutture territoriali pubbliche e private accreditate nelle Regioni (1999)

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Un secondo elemento rilevante riguarda il forte incremento nel numero dellestrutture territoriali nel periodo 1997-1999, soprattutto di quelle semiresidenziali(+114%) e residenziali (+84%), dove l’incremento è stato più accentuato per lestrutture private accreditate rispetto a quelle pubbliche. Nel caso dei laboratori eambulatori (il cui numero è aumentato nello stesso periodo del 47%), invece,l’incremento maggiore è da attribuire alle strutture pubbliche (che nel 1997 rap-presentavano il 46% delle strutture e nel 1999 quasi il 52%). Per ciò che riguar-da le altre strutture territoriali, infine, l’incremento è stato più contenuto (+26%)e la limitata rilevanza del privato accreditato (5%) è rimasta costante.

Il consistente aumento delle strutture territoriali residenziali e semiresiden-ziali è legato da un lato alla ricerca di una maggiore appropriatezza degli ambitidi cura (minore ricorso alla ospedalizzazione), dall’altro alla diffusione dellepatologie cronico-degenerative, alla crescente incidenza della popolazione anzia-na ed alle aspettative di più alti standard qualitativi di vita anche da parte dellepersone disabili o non autosufficienti, con conseguente sviluppo di una domandadi servizi sanitari più ampi e articolati rispetto alla ospedalizzazione. Per una sin-tetica presentazione delle indagini più recenti sull’offerta di strutture alternativeall’ospedale per la riabilitazione, la salute mentale, l’assistenza agli anziani e aimalati terminali si rimanda al capitolo 2 del Rapporto OASI 2001. A questo èpossibile aggiungere la recente pubblicazione a cura di Trabucchi, Brizioli ePesaresi (2002) sulle «Residenze sanitarie per anziani», in cui si presentano datisia sull’offerta globale, sia sui modelli assistenziali che ciascuna Regione ha ela-borato prevedendo la creazione di strutture alternative differenziate in funzionedel grado di autosufficienza degli anziani e delle patologie di cui sono affetti.

È necessario inoltre considerare che, a partire dal 1997, il Ministero ha intro-dotto nuovi modelli di rilevazione, a periodicità annuale, dell’attività semiresi-denziale e residenziale svolta nell’ambito dell’assistenza psichiatrica e psichica enegli Istituti e Centri di riabilitazione ex art. 26 L. 833/788. Nel 2000 sono staticensiti, per l’assistenza psichiatrica, 7.663 posti nelle strutture semiresidenziali e11.428 nelle strutture residenziali. Sono inoltre state rilevate 755 strutture riabili-tative con 16.140 posti per l’attività di tipo residenziale e 9.689 per l’attività ditipo semiresidenziale.

2.3.3. Organismo personale

Un altro elemento che compone la struttura delle aziende sanitarie è rappresenta-to dall’organismo personale.

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8. Istituti e Centri per il recupero e la riabilitazione funzionale che svolgono la propria attivitàfornendo prestazioni diagnostiche e terapeutico-riabilitative in forma residenziale, semiresidenzia-le, ambulatoriale, extramurale e domiciliare.

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La Figura 2.8 evidenzia il trend dal 1997 al 2000 sia del personale dipenden-te SSN9, sia del personale complessivamente operante nelle ASL e nelle AO(includendo quindi sia il personale SSN che quello dipendente dall’Università).Con riferimento al personale SSN, si rileva una riduzione del numero complessi-vo dal 1997 al 1999 (determinata prevalentemente dal blocco delle assunzioni),seguita da una ripresa nel 2000 (in seguito al rinnovo degli accordi contrattuali)che si è tra l’altro riflessa in un aumento consistente della spesa complessiva peril personale (si veda in proposito il capitolo 3). Per ciò che riguarda il personaledi ASL e AO, si evidenzia ancora una volta la riduzione del personale delleaziende territoriali a vantaggio di quelle ospedaliere, determinata prevalentemen-te dal riordino del SSR lombardo nel 1998, che ha comportato il passaggio delpersonale operante nelle strutture di ricovero a gestione diretta delle ASL alledipendenze delle neo-costituite AO.

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9. Il personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal personale delleAziende Sanitarie Locali (compreso quello degli Istituti di cura a gestione diretta e degli Istitutipsichiatrici residuali) e delle Aziende ospedaliere, ad esclusione del personale dipendente dall’Uni-versità operante in tali strutture. È anche escluso il personale operante nelle strutture equiparatealle pubbliche (IRCCS, policlinici, ospedali classificati e qualificati presidi ASL).

Figura 2.8. Trend unità di personale dipendente SSN, ASL e AO (1997-2000)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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Con riferimento esclusivo al personale dipendente del SSN, di seguito si presen-tano alcuni dati essenziali sulla relativa entità e composizione nelle diverseRegioni. È innanzi tutto importante segnalare che il SSN fornisce un’importantecontributo all’occupazione nazionale (a cui bisognerebbe aggiungere l’indottogenerato): i dipendenti del SSN rappresentano infatti l’1,1% della popolazionenazionale (Tabella 2.8). Tale contributo si differenzia nelle diverse Regioni con idue estremi rappresentati dalla Valle d’Aosta e da Bolzano da un lato (1,5%) e daLazio, Campania, Puglia e Sicilia dall’altro (0,9%). Tali differenze risentono: (i)della diversa rilevanza delle strutture private accreditate all’interno dei SSR (inparticolare in Campania e Lazio); (ii) della presenza di strutture equiparate allepubbliche, il cui personale, come già evidenziato, non è conteggiato all’internodel personale dipendente SSN (e ciò spiega in parte le limitate percentuali diLazio e Lombardia, che occupano rispettivamente il 27,7% ed il 23,6% del per-sonale delle strutture equiparate); (iii) del saldo di mobilità ospedaliera, che con-tribuisce a spiegare la maggiore presenza di dipendenti SSN nelle Regioni delCentro-Nord, che hanno registrato negli ultimi anni «saldi migratori» costante-mente positivi (cfr. infra).

La Tabella 2.8 presenta inoltre la composizione per ruolo del personale nellediverse Regioni. Anche in questo caso si rilevano disuguaglianze territorialisignificative. In particolare, nell’ambito del ruolo sanitario, la maggior parte del-le Regioni meridionali (ed il Lazio) si caratterizza per una più ridotta disponibi-lità di infermieri, come evidenziato anche dal numero di infermieri per abitante(mediante pari a 3,5 per mille abitanti nel Sud rispetto alla media nazionale di4,3) e dal numero di infermieri per medico e odontoiatra (Figura 2.9). Rispetto aquest’ultimo rapporto, i valori più bassi sono rilevati nelle regioni meridionali(oltre a Lazio e Umbria), quelli più elevati in quelle settentrionali e in Toscana.In particolare, Bolzano presenta il valore più elevato (4,0), seguito da FriuliVenezia Giulia (3,6) e Veneto (3,4).

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Regioni Totale Ruolo Ruolo Ruolo Ruolo %Personale sanitario professionale tecnico amministrativo personale

SSN (*) SSN su popolazione

Piemonte 53.614 65,5% 0,2% 20,8% 13,5% 1,3%

Val d’Aosta 1.810 60,7% 0,2% 24,8% 14,3% 1,5%

Lombardia 97.411 65,1% 0,2% 23,6% 11,0% 1,1%

Bolzano 7.049 60,8% 0,3% 25,3% 13,5% 1,5%

Trento 6.691 64,0% 0,1% 24,5% 11,5% 1,4%

Veneto 54.243 70,4% 0,2% 19,0% 10,3% 1,2%

Tabella 2.8. Entità e composizione del personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale(2000)

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Il personale operante all’interno delle strutture di ricovero pubbliche ed equipa-rate10 è pari a 549mila unità. La distribuzione delle strutture per classi dimensio-nali del personale è presentata nella Figura 2.10. Si conferma la maggioredimensione media delle Aziende Ospedaliere (45% delle quali hanno più di2.000 dipendenti) rispetto ai presidi a gestione diretta (90% dei quali hannomeno di 1000 dipendenti) e alle strutture equiparate (solo il 15% delle quali hapiù di 1000 dipendenti). Non è stato possibile reperire dati aggiornati al 2000 peril personale operante nelle case di cura accreditate, ma i dati 1998 mostravanoche tutte le case di cura accreditate (ad eccezione di una) avevano meno di 1.000dipendenti (cfr. capitolo 2 del Rapporto OASI 2001).

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Regioni Totale Ruolo Ruolo Ruolo Ruolo %Personale sanitario professionale tecnico amministrativo personale

SSN (*) SSN su popolazione

Friuli V.G. 16.451 69,3% 0,2% 22,5% 7,9% 1,4%

Liguria 20.625 67,2% 0,2% 23,2% 9,5% 1,3%

Emilia-Romagna 51.234 69,8% 0,3% 19,1% 10,7% 1,3%

Toscana 47.501 69,5% 0,3% 20,6% 9,7% 1,3%

Umbria 9.959 71,7% 0,3% 17,2% 10,8% 1,2%

Marche 16.923 68,9% 0,2% 21,1% 9,7% 1,2%

Lazio 47.135 66,6% 0,3% 21,9% 11,2% 0,9%

Abruzzo 15.104 67,0% 0,2% 23,1% 9,7% 1,2%

Molise 3.759 68,4% 0,1% 22,7% 8,8% 1,1%

Campania 51.832 65,5% 0,2% 23,5% 10,6% 0,9%

Puglia 37.610 64,9% 0,2% 23,8% 10,9% 0,9%

Basilicata 5.846 65,8% 0,2% 24,3% 9,5% 1,0%

Calabria 22.359 60,6% 0,2% 24,7% 14,2% 1,1%

Sicilia 47.206 64,4% 0,2% 23,6% 11,5% 0,9%

Sardegna 20.720 66,4% 0,2% 24,5% 8,8% 1,3%

Italia 635.082 66,7% 0,2% 22,1% 10,9% 1,1%

Tabella 2.8. Entità e composizione del personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale(2000) (segue)

(*) Sono incluse anche le qualifiche atipiche.

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

10. Nel personale operante all’interno delle strutture di ricovero sono inclusi: i dipendentiSSN (ad eccezione di quelli che operano nelle strutture extraospedaliere); i dipendenti dell’Univer-sità che operano nei presidi ASL e nelle AO; il personale operante nelle strutture equiparate.

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Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Figura 2.9. Rapporto personale infermieristico per medico e odontoiatra nelle Regioni italiane(2000)

(*) Per le strutture pubbliche si considera tutto il personale operante nella struttura (sia quello dipendentedel SSN che quello Universitario), per le strutture equiparate alle pubbliche sia il personale dipendente chequello dipendente da altri enti o con rapporto professionale continuativo.

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Figura 2.10. Distribuzione delle strutture di ricovero pubbliche ed equiparate per classi di per-sonale* (2000)

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Il personale delle Aziende Ospedaliere rappresenta il 40% del personale ospeda-liero totale, quello degli ospedali a gestione diretta il 46% e quello delle struttu-re equiparate il restante 14%. Tale distribuzione è però molto eterogenea tra leRegioni in seguito alle scelte di assetto del SSR effettuate dalle stesse.

Relativamente al personale sanitario, infine, un aspetto tanto interessantequanto dibattuto riguarda l’esercizio della libera professione intramuraria. Altema viene dedicato quest’anno un apposito capitolo (capitolo 13).

La teoria aziendale riconosce che il concetto di «organismo personale» possaessere interpretato in modo più o meno ampio (Airoldi, Brunetti e Coda, 1994:455). Nel SSN questa precisazione appare particolarmente rilevante per i Medicidi Medicina Generale (MMG) e i Pediatri di Libera Scelta (PLS) che, sebbenenon siano dipendenti del SSN, rappresentano una risorsa strategica per le azien-de, soprattutto per il ruolo di governo e indirizzo della domanda che possonoesercitare. Di seguito vengono presentati alcuni dati relativi a tale categoria diprofessionisti, mentre si rimanda al capitolo 8 per un’analisi delle scelte regiona-li in termini di governo della Medicina Generale.

La Tabella 2.9 riporta il numero totale di MMG e PLS per Regione mentre laFigura 2.11 e la Figura 2.12 evidenziano il numero medio di residenti adulti persingolo MMG, il numero medio di bambini per singolo PLS e il numero mediodi scelte. In generale, nel periodo 1997-99 si rileva una riduzione nel numero diMMG in tutte le Regioni ad eccezione di Valle d’Aosta, Bolzano, Emilia, Cam-pania, Molise e Puglia ed un incremento generalizzato dei PLS (ad eccezione diTrento e Liguria). A livello nazionale la riduzione dei MMG è comunque conte-nuta (–0,5%) mentre l’aumento dei PLS è accentuato (+6,2%), a conferma dellaforte carenza di pediatri in convenzione con il SSN in tutte le Regioni (infra).

La popolazione assistibile è abbastanza omogenea nelle diverse Regioni, adeccezione della provincia di Bolzano che presenta 1.782 residenti per MMG,rispetto ad una media italiana di 1.05511.

La situazione si presenta differenziata, invece, rispetto al rapporto tra lapopolazione assistibile ed il numero di PLS. In tutte le Regioni il numero dibambini assistibili per pediatra eccede il massimale stabilito nel contratto di con-venzione (800 bambini)12. In alcune Regioni (Liguria, Emilia-Romagna edAbruzzo), tuttavia, lo scostamento è abbastanza limitato. Le Regioni meridiona-li, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, sono invece quelle che evidenzia-no il maggiore scostamento del carico potenziale di bambini per pediatra rispet-to al valore nazionale, in particolare in Campania (+34%) e in Basilicata(+22%), oltre alla Provincia di Bolzano.

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11. Si consideri però che nella Provincia di Bolzano il contratto di convenzione dei medici dibase stabiliva quale massimale 2.500 assistiti per MMG e solo recentemente è stato ridotto a 2.000,rispetto al contratto vigente in tutte le altre Regioni che fissa il massimale a 1.500 pazienti adulti.

12. Nella Provincia di Bolzano il massimale previsto per i PLS è di 1.000 assistiti.

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Tabella 2.9. Numero di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta, 1999

Numero Variazione Numero Variazione MMG 97/99 PLS 97/99

Piemonte 3.567 –1,4% 417 1,0%

Val d’Aosta 103 4,0% 13 0,0%

Lombardia 7.447 –0,1% 927 8,4%

Bolzano 217 2,8% 37 12,1%

Trento 356 –16,4% 67 –6,9%

Veneto 3.526 –0,7% 501 1,6%

Friuli V.G. 1.038 –0,3% 99 6,5%

Liguria 1.454 –0,5% 178 –1,7%

Emilia-R. 3.290 0,1% 456 0,4%

Toscana 3.093 –0,5% 392 1,8%

Umbria 698 –1,6% 101 4,1%

Marche 1.204 –0,2% 170 2,4%

Lazio 4.734 –2,6% 730 2,4%

Abruzzo 1.032 –0,7% 194 28,5%

Molise 282 2,2% 37 5,7%

Campania 4.479 0,4% 713 21,7%

Puglia 3.273 3,8% 600 7,9%

Basilicata 513 –2,1% 70 1,4%

Calabria 1.703 –1,8% 293 5,8%

Sicilia 3.933 –0,2% 857 5,7%

Sardegna 1.319 –1,3% 224 6,2%

Italia 47.261 –0,5% 7.076 6,2%

Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

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Oltre al carico potenziale dei medici convenzionati, la Figura 2.11 e la Figura2.12 evidenziano il carico assistenziale effettivo, dato dal numero di scelte permedico (cioè dal numero di iscritti al SSN che hanno scelto presso la ASL dicompetenza il proprio MMG o PLS). In tutte le Regioni tale indicatore è supe-riore alla popolazione assistibile per MMG, mentre è inferiore per i PLS13. Daciò si deduce che per molti bambini è stata scelta l’assistenza erogata dal medicodi medicina generale anziché pediatrica14.

Un’ultima considerazione riguarda il servizio di guardia medica, che garantiscela continuità assistenziale nelle fasce notturne, festive e prefestive. Spetta alleRegioni l’individuazione e la scelta dei possibili ambiti di intervento della guar-dia medica, nonché l’organizzazione del servizio per rispondere alle diverse esi-genze determinate dalle caratteristiche geomorfologiche e demografiche del ter-ritorio. Nel 1999 sono stati rilevati in Italia circa 3.000 punti di guardia medica,

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Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Figura 2.11. Popolazione assistibile per MMG e numero scelte per MMG, 1999

13. Complessivamente il numero totale delle scelte è prossimo al numero totale dei residenti.14. Data la carenza di PLS viene infatti concessa ai genitori la facoltà di scegliere per i bam-

bini di età superiore ai 6 anni l’assistenza di un MMG.

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in linea con i valori degli anni precedenti, con 15.023 medici titolari. La situa-zione è molto diversificata a livello territoriale in termini sia di densità dei puntidi guardia medica, sia del numero di medici titolari ogni 10.000 abitanti, anchein funzione della diversa presenza di servizi di pronto soccorso.

2.4. L’attività del SSN

La rilevazione dei livelli di attività del SSN è risultata sempre piuttosto difficile acausa della lentezza e dell’incompletezza delle informazioni inviate al Ministeroed alle Regioni, anche perché mancava un collegamento tra i livelli di attività svol-ta ed i finanziamenti ottenuti dalle aziende. Il deficit informativo riguarda in modoparticolare l’assistenza specialistica e l’assistenza territoriale di base.

Con D.M. 12/12/01 il Ministero della Salute ha stabilito, come previsto dal-l’art. 9 del D.lgs. 56/00, un sistema di indicatori e parametri di riferimento per ilmonitoraggio dell’assistenza sanitaria erogata dalle Regioni, in particolare dopol’abolizione del vincolo di destinazione sulle risorse finanziarie per la sanità (cfr.capitolo 5). I dati dovrebbero essere comunicati dalle aziende alle Regioni, e daqueste al Ministero della Salute, con cadenza annuale, entro il 30 giugno dell’an-no successivo a quello di riferimento ed essere oggetto di una pubblicazione spe-cifica da parte del Ministero stesso. Gli indicatori previsti si riferiscono a:

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Fonte: elaborazioni OASI su dati Ministero della Salute.

Figura 2.12. Popolazione assistibile per PLS e numero scelte per PLS, 1999

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• assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro (es. percen-tuale di vaccinati, percentuale di ASL dotate di Dipartimento di Preven-zione, costo pro-capite del servizio di igiene e sanità pubblica, del serviziodi igiene degli alimenti e della nutrizione…);

• assistenza distrettuale (es. disponibilità di MMG e PLS, costo pro-capiteper la medicina generale, giornate di assistenza ai tossicodipendenti nellecomunità terapeutiche ogni 1000 abitanti di età compresa tra 14 e 44 anni,costo pro-capite per l’assistenza territoriale, semiresidenziale e residenzia-le rivolta al recupero della tossicodipendenza e alcoldipendenza, presta-zioni di assistenza specialistica sulla popolazione residente pesata…);

• assistenza ospedaliera (es. tasso standardizzato di ospedalizzazione per degen-za ordinaria e per DH, costo pro-capite dell’assistenza ospedaliera, pesomedio del ricovero degli anziani e dei bambini, tasso di utilizzo posti letto…);

• indicatori di risultato (es. quoziente di mortalità infantile, tasso di morta-lità materna, tasso di incidenza epatite B e TBC polmonare, speranza divita libera da disabilità alla nascita e a 65 anni, liste di attesa per speciali-stica e diagnostica).

Come evidenziato dagli esempi riportati, si tratta in alcuni casi di indicatori giàrilevati dal sistema informativo sanitario (SIS), in altri casi di indicatori cherichiedono l’attivazione di specifiche procedure di rilevazione. Per ciò cheriguarda in particolare l’analisi dei costi pro-capite di specifici servizi, sarebbenecessario lo sviluppo di validi sistemi di contabilità analitica all’interno di tuttele strutture sanitarie. In prospettiva si dovrebbe quindi disporre di un insieme piùampio di indicatori sulle attività del SSN, soprattutto una volta che il tavolo dilavoro previsto dal DPCM sui LEA definirà le schede di rilevazione dei livelli diassistenza erogati, che dovrebbero includere sia gli indicatori sopra descritti cheeventuali ulteriori indicatori.

Nel frattempo, il presente paragrafo si focalizza esclusivamente sui dati rela-tivi all’attività di ricovero rilevati dal Ministero attraverso le SDO (Schede diDimissione Ospedaliera), mentre si rimanda al paragrafo successivo per alcunidati sui tempi di attesa e sull’equità di accesso per le prestazioni specialisticheextraospedaliere.

In termini generali (Tabella 2.10), le rilevazioni ministeriali sull’attività diricovero in Italia nel periodo 1995-2000 (escludendo quindi il 1994 per la limita-ta completezza della rilevazione) evidenziano: (i) un aumento nel numero dei casitrattati (ad eccezione del 2000, in cui i ricoveri si sono ridotti circa dello 0,5%);(ii) un iniziale incremento delle giornate di degenza, che si sono però ridotte apartire dal 1999 del 2-4% all’anno. È difficile stabilire se l’iniziale aumento siastato determinato prevalentemente dalla maggiore completezza e correttezza del-le rilevazioni o dal nuovo sistema di finanziamento a tariffa per prestazione, chepoteva incentivare le aziende ad aumentare i volumi di prestazioni. Sicuramentela diffusione a partire dal 1999-2000 di tetti o target di spesa e di volume fissatidalle Regioni (cfr. capitolo 5) ha comunque limitato tale incentivo.

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Interessante appare il trend crescente dei ricoveri in day hospital (DH) rispetto airicoveri ordinari. Dei circa 12 milioni di ricoveri per acuti erogati nel 2000 il78% si riferiva a ricoveri in regime ordinario ed il 22% a ricoveri in DH. Nel1998 le medesime percentuali erano pari rispettivamente all’81% e al 19%. Ilnumero dei casi trattati in DH rispetto a quelli trattati in ricovero ordinario variaperò in modo considerevole tra le Regioni (Figura 2.13), con Liguria, Umbria edEmilia dove i ricoveri in day hospital rappresentano rispettivamente il 30, 29 e

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Tabella 2.10. Dati generali sull’attività di ricovero a livello nazionale (1994-2000)15

Note:(1) Totale dei ricoveri ospedalieri, sia in regime ordinario che in DH, per acuti e per riabilitazione e lungo-

denza.(2) Solo ricoveri per acuti.(3) Ricoveri per acuti - regime ordinario.(4) Peso relativo ex D.M. 1994 ed ex D.M. 1997.(5) La riduzione nel numero di istituti rilevati a partire dal 1998 è prevalentemente attribuibile alla riduzione

degli istituti esistenti (in seguito al loro accorpamento). Il numero di strutture rilevate era infatti pari a1510 nel 1998, 1478 nel 1999 e a 1389 nel 2000.

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000

Dati di attività

Numero di dimissioni (1) 5.965.813 8.821.328 10.657.481 11.707.101 12.577.826 12.727.449 12.671.564

Giornate di ricovero (1) 50.750.103 69.212.904 78.304.531 84.616.098 88.009.005 85.811.850 82.484.479

Rapporto tra giornate in DH e in RO (%) (2) 2,9 5,1 5,7 7,7 9,3 10,2 11,8

Degenza media (3) 8,9 8,1 7,6 7,2 7,1 7,0 6,9

Peso medio (4) 0,79 0,81 0,83 1,04 1,05 1,09 1,11

Completezza rilevazione

N. Regioni e province autonome 14 20 20 21 21 21 21

N. istituti (5) 914 1.214 1.357 1.441 1.386 1.388 1.322

% schede errate – 33 20 18 16 5 5

15. Nell’interpretazione della tabella, si consideri che la Regione Sicilia ha trasmesso i datirelativi alle SDO solo a partire dal 1997, determinando un incremento di circa 320.000 ricoveri nel1997, di ulteriori 470.000 ricoveri nel 1998 e di altri 240.000 nel 1999, raggiungendo una presso-ché totale copertura della rilevazione); dal 1998 sono inoltre state incluse nella rilevazione le SDOrelative ai neonati sani, che hanno incrementato il numero dei ricoveri di 170.000 unità nel 1998,di altri 100.000 circa nel 1999 e di ulteriori 49.000 ricoveri circa nel 2000.

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28% dei ricoveri per acuti, rispetto a Molise e Bolzano in cui tale percentuale èpari rispettivamente al 4 e al 7%. I dati in valore assoluto del numero dei ricove-ri e delle giornate di degenza per Regione, per regime di ricovero e per tipologiadi attività sono presentati in Tabella 2.11.

La distribuzione dei casi trattati nelle diverse tipologie di strutture è riportatain Figura 2.14. Nel 2000 l’88% dei casi di ricovero per acuti è stato trattato instrutture pubbliche mentre il restante 12% in strutture private (accreditate e non).Per i ricoveri per riabilitazione e per lungodegenza la percentuale relativa allestrutture private è molto più elevata e superiore al 40%. La differenziazionerispetto a tali indicatori è però molto accentuata tra le Regioni. Campania, Cala-bria, Lazio e Lombardia presentano la più elevata percentuale di ricoveri peracuti all’interno di strutture private accreditate e non (rispettivamente 22, 21, 18e 17%), mentre a Bolzano, in Sardegna, Abruzzo e ancora in Calabria si rilevanole percentuali più elevate dei ricoveri per non acuti (uguali o superiori al 75%).

Di seguito si riportano dati e commenti rispetto ad alcuni indicatori tradizio-nali di analisi dell’attività ospedaliera: degenza media, tasso di utilizzo dei postiletto, indice di turn-over e indice di rotazione dei pazienti per letto.

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Figura 2.13. Distribuzione dei casi per acuti trattati in regime ordinario (RO) e in day hospital(DH) per Regione (2000)

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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Il primo indicatore permette di esprimere una valutazione sull’efficienza operati-va16. Negli ultimi anni la degenza media per acuti a livello nazionale si è ridotta,

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Tabella 2.11. Composizione dell’attività ospedaliera per Regione, per regime di ricovero e tipodi attività (2000)

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Sezioni regionali di controllo integrati con dati Ministero dellaSalute.

Regione Ricoveri Ricoveri Ricoveri GG di degenza GG di degenza GG di per acuti per riabilitazione per per acuti per riabilitazione degenza

lungo- per lungo-degenza degenza

RO DH RO DH RO DH RO DH

Piemonte 578.220 199.322 23.900 2.615 10.741 4.755.220 513.796 719.587 25.619 442.627

Val d’Aosta 16.317 5.579 0 0 0 147.920 16.426 0 0 0

Lombardia 1.535.763 456.081 74.183 13.635 3.495 10.705.909 932.596 1.544.555 104.132 89.038

Bolzano 93.314 7.315 1.717 0 272 663.244 16.011 47.605 0 7.932

Trento 71.087 18.967 6.160 1.255 3.686 585.362 87.533 114.797 16.080 104.423

Veneto 686.149 221.616 18.942 3.804 14.064 5.595.328 228.063 412.918 49.086 339.919

Friuli V.G. 175.103 50.760 2.907 109 318 1.511.538 175.102 90.562 1.234 20.144

Liguria 279.172 119.705 2.362 281 0 2.248.044 360.888 83.308 878 0

Emilia-Romagna 633.455 245.626 14.566 3.824 24.605 4.398.631 1.022.784 399.448 58.592 773.805

Toscana 533.405 161.041 7.047 1.084 2.314 3.901.947 508.652 192.861 14.433 104.979

Umbria 145.761 59.323 1.328 1.869 0 921.494 166.101 23.529 25.741 0

Marche 252.935 60.640 1.723 371 1.904 1.920.595 152.319 73.185 2.107 60.336

Lazio 877.947 224.185 24.122 11.829 0 6.754.371 860.743 1.023.841 132.918 0

Abruzzo 278.494 52.181 9.787 515 764 1.734.729 170.411 204.904 7.493 15.518

Molise 63.957 2.475 795 0 0 477.698 8.067 0 0 0

Campania 921.949 213.690 11.560 2.902 3.635 5.313.267 471.110 352.962 39.830 n.d.

Puglia 810.420 161.259 6.482 3.172 2.134 4.748.950 99.455 151.057 7.638 37.415

Basilicata 94.757 21.909 426 62 170 661.952 52.154 11.112 1.729 4.531

Calabria 328.235 68.906 3.535 61 0 2.040.044 205.113 83.540 1.156 0

Sicilia 723.581 238.183 3.702 1.614 1.684 4.230.408 694.652 120.379 7.346 n.d.

Sardegna 260.254 98.635 134 47 0 1.777.369 166.025 8.244 1.455 0

Italia 9.360.275 2.687.398 215.378 49.049 69.786 65.094.020 6.908.001 5.658.394 497.467 2.000.667

16. Per valutare l’efficienza operativa sarebbe in realtà necessario utilizzare almeno la degen-za media standardizzata per case mix (cioè riportando tutte le Regioni ad un’unica distribuzionedei ricoveri per DRG, quella media italiana), poiché tale indicatore esprime il tempo medio di trat-tamento ospedaliero una volta eliminato l’effetto della diversa casistica trattata. Si consideri inoltre

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passando dall’8,1 del 1995 al 6,9 nel 2000. Mediamente le strutture private han-no una degenza media inferiore alle pubbliche per i ricoveri per acuti (6,3 rispet-to a 7 giorni nel 2000), mentre presentano degenze più lunghe per le altre tipolo-gie di ricovero (riabilitazione e lungodegenza). Anche in questo caso si rilevanoperò considerevoli differenze tra le Regioni (Tabella 2.12), soprattutto con riferi-mento ai ricoveri per riabilitazione e lungodegenza, che in alcune Regioni pre-sentano valori di degenza superiori al doppio della media nazionale (in Sardegnae Sicilia per la riabilitazione nelle strutture pubbliche; in Lazio, Sardegna e Cala-bria per la lungodegenza negli istituti privati accreditati).

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Figura 2.14. Distribuzione dei dimessi per tipo di istituto e di attività (2000)

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

che una degenza media bassa non è necessariamente un indicatore positivo, perché potrebbe essereottenuta attraverso dimissioni precoci o omissioni di terapie (e riducendo quindi l’efficacia del trat-tamento).

Tabella 2.12. Degenza media per Regione, per tipo di attività e per struttura (2000)

Regione Ricoveri per acuti Ricoveri per riabilitazione Ricoveri per lungodegenza

Istituti Istituti Istituti Istituti Istituti Istitutipubblici privati pubblici privati pubblici privati

Piemonte 8,1 9,7 27,7 33,4 42,3 40,6

Val d’Aosta 9,1 – – – – –

Lombardia 7,4 5,4 20,8 20,7 28,7 23,3

Bolzano 6,5 13,7 20,4 30,0 – 30,9

Trento 7,1 6,8 18,2 19,3 23,2 29,2

Veneto 8,1 9,0 21,0 23,6 23,6 19,8

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Gli altri indicatori di efficienza (presentati in Tabella 2.13) sono riferiti esclusi-vamente alle strutture di ricovero pubbliche ed evidenziano che:

• per ciò che riguarda il tasso di utilizzo dei posti letto17 (che, secondoquanto stabilito dalla L. 662/96, non dovrebbe essere inferiore al 75%) leRegioni con le migliori performance, soprattutto se raffrontate al datonazionale (77,3%), sono la Valle d’Aosta (90,8%), la Liguria (83,2%), ilLazio (81,8%) e l’Abruzzo (81,3%), mentre sono al di sotto del parametroobiettivo Sardegna (64,9%), Friuli (67,4%), Basilicata (68,8%), Puglia(72,9%) e Sicilia (74,5%);

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Tabella 2.12. Degenza media per Regione, per tipo di attività e per struttura (2000)

Regione Ricoveri per acuti Ricoveri per riabilitazione Ricoveri per lungodegenza

Istituti Istituti Istituti Istituti Istituti Istitutipubblici privati pubblici privati pubblici privati

Friuli V.G. 7,7 6,0 29,3 26,8 26,4 17,8

Liguria 7,9 7,6 31,8 16,2 – –

Emilia-Romagna 6,9 7,7 33,8 22,6 33,6 26,6

Toscana 7,5 7,3 24,1 28,4 – 43,0

Umbria 6,3 5,3 24,9 8,8 – –

Marche 7,1 6,9 26,9 50,8 26,3 35,7

Lazio 7,8 7,4 47,3 40,5 29,0 83,1

Abruzzo 6,8 5,7 13,9 22,8 17,0 47,7

Molise 6,9 5,9 35,0 – – –

Campania 5,9 5,3 21,6 35,1 17,2 52,5

Puglia 5,9 5,7 21,3 24,7 17,0 57,9

Basilicata 6,3 5,6 26,1 – 26,9 –

Calabria 6,1 6,6 24,9 23,5 15,8 100,3

Sicilia 5,8 6,2 55,1 16,1 17,2 –

Sardegna 7,0 6,0 61,5 – – 81,8

Italia 7,0 6,3 24,8 27,3 28,5 39,8

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

17. Il tasso di utilizzo dei posti letto è calcolato come rapporto tra le giornate di degenza effet-tivamente erogate e le giornate di degenza teoriche, a loro volta determinate considerando il nume-ro medio di posti letto disponibili moltiplicato per 365 giorni.

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• l’indice di turnover18 è pari a livello nazionale a 2,08 giorni. I valori regio-nali più bassi sono rilevati in Valle d’Aosta (0,9) e Campania (1,5), quellipiù alti in Sardegna (3,8) e Friuli (3,9);

• l’indice di rotazione dei posti letto19 risulta mediamente più alto al Sudrispetto al Nord. Poiché tale indice è tanto più basso quanto maggiore è ladegenza media e quanto più è elevato l’intervallo di turn-over, tale diffe-renza è probabilmente giustificata dalla maggiore complessità dei casitrattati nelle strutture ospedaliere del Nord, che richiedono degenze piùlunghe (infra).

57

18. L’indice di turnover esprime i giorni che intercorrono tra la dimissione di un paziente e lasuccessiva occupazione del posto letto da parte di un altro paziente ed è calcolato ponendo alnumeratore la differenza tra le giornate di degenza teoriche e quelle effettivamente erogate e rap-portandola al numero dei ricoveri effettuati.

19. L’indice di rotazione dei posti letto esprime il numero di pazienti che occupano uno stessoletto nel corso di un anno ed è calcolato dal rapporto tra il numero dei ricoveri ed il numero deiposti letto.

Regione Tasso di utilizzo Indice di turnover Indice di rotazione PLposti letto (%)

Piemonte 79,76 2,09 35,37

Val d’Aosta 90,77 0,92 36,80

Lombardia 77,24 2,23 37,24

Bolzano 75,38 2,19 41,10

Trento 80,29 1,78 40,38

Veneto 79,36 2,12 35,51

Friuli V.G. 67,42 3,87 30,76

Liguria 83,17 1,63 37,71

Emilia-R. 76,76 2,08 40,81

Toscana 78,30 2,09 37,96

Umbria 76,79 1,95 43,54

Tabella 2.13. Indicatori di efficienza ospedaliera per acuti delle strutture pubbliche - regimeordinario (1999)

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Un altro indicatore tradizionale di analisi dell’attività ospedaliera è rappresentatodal tasso di ospedalizzazione, che esprime la frequenza con la quale la popola-zione residente si ricovera in strutture ospedaliere pubbliche o private accredita-te, sia dentro che fuori Regione. Tale indicatore (eventualmente standardizzatoconsiderando la composizione della popolazione per classi di età) permette divalutare i miglioramenti di efficienza conseguibili attraverso l’appropriatezzadell’ambito di cura20. Negli ultimi anni è stato, infatti, dato grande impulso allosviluppo di forme alternative al ricovero in regime ordinario, in particolare il dayhospital e l’erogazione di prestazioni di riabilitazione e lungodegenza in struttu-re territoriali extraospedaliere (come ad esempio le RSA, cfr. supra). L’art. 1 del-la L. 662/96 fissa come valore ottimale 160 ricoveri annui per acuti in degenza

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Regione Tasso di utilizzo Indice di turnover Indice di rotazione PLposti letto (%)

Marche 78,71 1,96 39,71

Lazio 81,81 1,73 38,30

Abruzzo 81,36 1,58 43,03

Molise 79,36 1,88 40,17

Campania 79,81 1,53 48,30

Puglia 72,87 2,21 44,90

Basilicata 68,82 2,83 40,28

Calabria 75,97 1,90 46,17

Sicilia 74,52 2,04 45,63

Sardegna 64,85 3,80 33,77

Italia 77,33 2,08 39,73

Tabella 2.13. Indicatori di efficienza ospedaliera per acuti delle strutture pubbliche - regimeordinario (1999) (segue)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Corte dei Conti (2002).

20. Una maggiore appropriatezza degli ambiti di cura, oltre che strumento per recuperare effi-cienza operativa, può tradursi in un beneficio anche per il paziente, aumentando la coerenza e larispondenza dell’offerta ai bisogni del malato, incrementando quindi anche l’efficacia della presta-zione.

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ordinaria e day hospital ogni 1.000 abitanti21. Il dato effettivo nazionale 2000 èpari a 158,9 ricoveri ordinari per acuti ogni 1.000 abitanti, che sommati ai rico-veri in day hospital diventano 204,8, quindi ampiamente al di sopra dello stan-dard ottimale (Tabella 2.14). Tutte le Regioni si collocano al di sopra dello stan-dard, con Piemonte, Friuli e Toscana che presentano i tassi di ospedalizzazionepiù bassi e Abruzzo, Liguria e Puglia quelli più alti.

È necessario evidenziare, però, che il tasso di ospedalizzazione per acuti inregime ordinario ha subito un notevole decremento, passando da 164 ricoveri permille nel 1999 a 159 nel 2000. Rispetto a tale indicatore sono Piemonte, Toscanae Veneto ad offrire i risultati migliori.

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Regione Tasso di ospedal. Tasso di ospedal. Tasso di ospedal. per acuti (RO) per acuti (DH) per acuti (totale)

Piemonte 135,7 47,3 183,0

Friuli V.G. 145,1 38,9 184,0

Toscana 143,2 43,5 186,7

Veneto 144,2 49,1 193,4

Lazio 154,4 41,9 196,3

Sicilia 150,2 48,2 198,4

Bolzano 185,4 16,2 201,6

Trento 159,2 44,2 203,4

Val d’Aosta 151,4 53,4 204,8

Molise 191,9 13,6 205,5

Emilia-Romagna 147,5 58,4 205,9

Campania 167,9 38,4 206,3

Marche 168,0 43,3 211,3

Calabria 175,0 37,5 212,5

Tabella 2.14. Tasso di ospedalizzazione per acuti per regime di ricovero (2000)

21. Si tratta di un tasso di ospedalizzazione grezzo, che non considera quindi la standardizza-zione per classi di età.

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Gli indicatori tradizionali, tuttavia, non sono in grado di cogliere componentiimportanti come la diversità di case-mix trattato, di caratteristiche cliniche edanagrafiche dei pazienti, di strategie assistenziali adottate, di dotazione tecnolo-gica degli ospedali. È quindi necessario affiancarne degli altri.

Il Ministero ha individuato in proposito due classi di indicatori:

• indicatori di complessità, che analizzano l’indice di case-mix trattato, ilpeso medio e la percentuale dei casi complicati;

• indicatori di efficacia e appropriatezza, che verificano che le prestazionisiano erogate a quei pazienti che realmente ne possono beneficiare, allivello di assistenza più adatto e con la tempestività necessaria a garantirneeffettivamente l’utilità.

La Tabella 2.15 mostra gli indici di complessità per Regione. In particolare:

• l’indice di case mix (ICM) è superiore ad 1 (ed indica quindi un peso del-la casistica trattata maggiore della media italiana) in tutte le Regioni set-tentrionali (tranne Valle d’Aosta e Bolzano) e centrali (tranne il Lazio),con punte massime in Friuli Venezia Giulia (1,14), Toscana e Emilia-Romagna (1,1), mentre tutte le Regioni meridionali presentano un indiceinferiore all’unità;

• un andamento analogo è mostrato dal peso medio;

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Regione Tasso di ospedal. Tasso di ospedal. Tasso di ospedal. per acuti (RO) per acuti (DH) per acuti (totale)

Lombardia 167,9 48,7 216,6

Basilicata 179,1 39,5 218,6

Umbria 159,9 59,3 219,2

Sardegna 160,0 60,5 220,4

Puglia 196,5 34,6 231,1

Liguria 166,9 70,1 237,1

Abruzzo 204,0 42,0 246,0

Italia 158,9 45,9 204,8

Tabella 2.14. Tasso di ospedalizzazione per acuti per regime di ricovero (2000) (segue)

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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• il rapporto tra casi complicati e totale dei casi afferenti a «famiglie» diDRG omologhi ha un valore medio nazionale pari a 24,3%, con valorisuperiori alla media in tutte le Regioni del Nord (tranne Bolzano) nonchéin Toscana, Molise e Marche. Le altre Regioni del Centro e tutto il Sud-Isole mostrano percentuali di complessità inferiori alla media con un mini-mo registrato in Campania (18,8%).

Si consideri che la complessità dei casi trattati incide fortemente sia su alcuni indi-catori di efficienza (es. degenza media e turnover dei posti letto) sia sui costi. Lamaggiore complessità dei casi trattati nelle Regioni settentrionali può quindi alme-no in parte giustificare la maggiore spesa sanitaria pro-capite (cfr. capitolo 3).

61

Regione Indice di Case Mix Peso medio (1) % casi complicati

Piemonte 1,07 1,19 25,0

Val d’Aosta 0,99 1,10 26,7

Lombardia 1,09 1,22 27,0

Bolzano 0,95 1,05 22,2

Trento 1,02 1,13 31,3

Veneto 1,08 1,20 25,4

Friuli V.G. 1,14 1,27 31,1

Liguria 1,05 1,17 26,8

Emilia-Romagna 1,10 1,22 27,9

Toscana 1,10 1,22 26,1

Umbria 1,01 1,12 23,0

Marche 1,03 1,14 26,9

Lazio 0,99 1,10 23,1

Abruzzo 0,94 1,04 22,7

Molise 0,92 1,02 27,5

Tabella 2.15. Indicatori di complessità dei ricoveri per acuti in regime ordinario per Regione(2000)

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Gli indicatori di appropriatezza si riferiscono invece alle caratteristiche del rico-vero e alle caratteristiche mediche e tecniche delle terapie e interventi eseguitinel corso del ricovero stesso. Per questi indicatori gli organi centrali non hannoancora stabilito dei parametri standard di riferimento o dei valori soglia, pertantoil confronto tra i valori rilevati nelle diverse Regioni avviene facendo riferimentoalla media nazionale. Si segnala peraltro che alcune Regioni hanno autonoma-mente iniziato a fissare alcuni parametri di appropriatezza delle prestazioni e acollegarli ai meccanismi di finanziamento delle aziende, prevedendo penalizza-zioni finanziarie per i comportamenti non desiderati (si vedano in proposito ilcapitolo 5 di questo rapporto ed il capitolo 4 del Rapporto OASI 2001).

Anche rispetto agli indicatori di appropriatezza esistono forti differenziazio-ni tra le Regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali. La Tabella 2.16 pre-senta alcuni indicatori per gli anni 1998 e 2000. A livello nazionale si evidenziacome tutti gli indicatori siano migliorati, ad eccezione della percentuale di particesarei (che risultava tra l’altro già ampiamente superiore al parametro di riferi-mento del 15-20% individuato nel D.M. 12/12/01) e della percentuale di ricoveridi un giorno per acuti in regime ordinario. Relativamente alle singole Regioni:

• la percentuale di dimissioni di pazienti con Drg medico da parte di repartichirurgici (che rappresenta una «proxy» dell’inappropriato ricorso al rico-vero in ambiente specialistico) si è ridotta nel periodo 1998-2000 in tuttele Regioni ad eccezione di Trento e Valle d’Aosta; in particolare l’indica-

62

Regione Indice di Case Mix Peso medio (1) % casi complicati

Campania 0,88 0,98 18,8

Puglia 0,89 0,97 22,3

Basilicata 0,89 0,99 21,1

Calabria 0,87 0,97 23,1

Sicilia 0,89 0,98 22,2

Sardegna 0,88 0,98 20,7

Italia 1,00 1,11 24,3

Tabella 2.15. Indicatori di complessità dei ricoveri per acuti in regime ordinario per Regione(2000) (segue)

(1) Valori determinati utilizzando i pesi ex D.M. 30.06.1997.

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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tore si è ridotto di più di sei punti percentuali in Campania e in Basilicata.I valori più bassi nel 2000 si sono registrati in Friuli (32%) ed in Emilia(34%), quelli più elevati in Basilicata (58%) e Calabria (53%);

• per ciò che riguarda la percentuale dei parti cesarei, tutte le Regioni delSud e Isole registrano valori superiori alla media nazionale, ad eccezionedella Sardegna. Solo Bolzano presenta un valore compreso nell’intervallodi riferimento sopra citato;

• il tasso di ospedalizzazione per diabete22 presenta i valori più bassi in Val-le d’Aosta, Friuli e Toscana, che tra l’altro registrano percentuali basseanche con riferimento all’asma (l’altro patologia rispetto a cui il Ministerocalcola il tasso di ospedalizzazione come indicatore di appropriatezza).Puglia e Sicilia presentano invece i tassi di ospedalizzazione più elevati(rispettivamente 232 e 197 per 100.000 abitanti);

• gli ultimi due indicatori (ricoveri di 1 giorno e ricoveri oltre il valoresoglia) non sono inclusi tra gli indicatori di appropriatezza definiti dalMinistero, ma vengono qui considerati in quanto i primi potrebbero, inmolti casi, essere effettuati in day hospital o con forme alternative di assi-stenza sanitaria (ad esempio in regime ambulatoriale); ricoveri prolungatiin reparti per acuti, allo stesso modo, potrebbero essere indicatori di ineffi-cienza23. In generale le Regioni del Sud e Isole si posizionano al di sotto lamedia per ciò che riguarda i ricoveri di un giorno e quelli oltre il valoresoglia, ad eccezione della Campania per il primo tipo di ricoveri e dellaSardegna per il secondo. La variabilità è invece considerevole per le Regio-ni del Centro-Nord. Per ciò che riguarda i ricoveri oltre soglia, il valore piùelevato si registra in Valle d’Aosta, probabilmente perché l’unico ospedaledi questa Regione non è dotato del reparto di lungodegenza e pertanto alcu-ni ricoveri di tale tipologia potrebbero avvenire nei reparti per acuti.

2.5. Le caratteristiche dei bisogni e della domanda espressa dagliutenti

Il processo di aziendalizzazione della sanità italiana richiede alle aziende (e alleRegioni in qualità di capogruppo dei SSR) di conseguire l’economicità, cioè la«capacità mantenuta nel lungo periodo di soddisfare i bisogni considerati di

63

22. Il tasso di ospedalizzazione per diabete viene preso in considerazione in quanto si riferiscead una condizione morbosa tra le più diffuse e tra quelle per le quali l’ospedalizzazione è ritenuta,in termini di probabilità, più esposta a possibili situazioni di inappropriatezza.

23. Non si vuole ovviamente sostenere che tutti i casi ricompresi in queste categorie sianonecessariamente relativi a ricoveri impropri. Per una corretta valutazione dell’effettiva possibilitàdi trattamento alternativo sarebbe infatti necessario un approfondimento sulle patologie e le proce-dure terapeutiche.

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pubblico interesse dalla comunità facendo affidamento su un flusso di ricchezzafisiologico ossia considerato economicamente sopportabile e socialmente accet-tabile dalla comunità stessa» (Borgonovi, 2000, p. 103). Per questo motivoRegioni ed aziende debbono sviluppare capacità strategiche e organizzative per:(i) analizzare le caratteristiche del bisogno di salute della propria popolazione diriferimento, della domanda sanitaria e del comportamento degli utenti, indivi-

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Tabella 2.16. Indicatori di appropriatezza delle prestazioni di ricovero per acuti per Regione(1998 e 2000)

Regione % Dimessi da % Parti cesarei Ricoveri % ricoveri % ricoveri oltrereparti chirurgici sul Totale per diabete di 1 giorno valore sogliacon DRG medico dei parti per 100.000 ab.* per acuti per acuti

in regime ordinario in regime ordinario

1998 2000 1998 2000 1998 2000 1998 2000 1998 2000

Piemonte 38,55 35,58 26,86 27,18 124,43 113,05 9,1 8,7 2,5 2,3

Val d’Aosta 50,70 51,87 21,50 23,59 68,56 60,66 14,0 13,2 2,9 3,5

Lombardia 38,35 34,10 23,33 23,75 125,79 134,28 11,3 15,5 1,5 1,3

Bolzano 44,31 41,88 17,29 18,70 139,06 122,37 16,3 16,9 2,3 1,9

Trento 42,07 43,54 22,45 25,67 138,36 147,14 11,1 12,0 1,4 1,4

Veneto 41,86 38,23 24,49 25,43 133,20 128,49 8,3 8,8 2,0 1,9

Friuli V.G. 36,10 31,86 19,04 20,42 117,59 90,11 11,0 15,1 1,9 1,7

Liguria 40,45 39,47 28,48 29,85 151,54 134,57 12,9 13,1 2,1 2,0

Emilia-Romagna 34,49 34,03 29,27 28,46 128,12 109,77 15,7 15,3 1,3 1,3

Toscana 41,53 39,66 22,54 24,42 106,94 90,77 10,5 10,4 1,7 1,7

Umbria 47,25 43,54 25,45 26,56 156,54 148,90 18,1 20,4 1,4 1,3

Marche 40,24 37,70 33,23 33,32 127,78 118,07 8,2 9,7 1,4 1,2

Lazio 43,40 40,30 35,46 32,93 159,36 153,65 13,8 12,5 2,4 2,1

Abruzzo 51,12 46,36 33,49 36,44 150,31 144,88 9,9 9,2 1,9 1,6

Molise 48,92 45,20 33,45 35,76 165,81 182,02 8,9 10,7 2,3 1,6

Campania 53,35 47,22 48,03 53,37 153,55 132,28 19,9 19,4 1,7 1,4

Puglia 52,90 49,68 35,07 40,61 227,48 231,61 12,7 12,5 1,5 1,2

Basilicata 64,36 57,85 41,76 40,84 430,75 178,49 16,0 11,9 1,9 1,5

Calabria 56,42 52,59 34,24 37,63 188,12 176,59 13,0 11,6 1,5 1,3

Sicilia 54,41 51,77 36,56 42,48 175,00 197,34 14,5 12,1 1,4 1,0

Sardegna 50,11 48,02 25,98 27,22 143,85 148,74 12,5 12,7 2,2 1,9

Italia 44,91 41,72 31,38 33,20 150,63 143,56 12,8 13,2 1,8 1,6

* Diagnosi principale corrispondente al codice ICD9CM 250.xx.

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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duando eventuali cambiamenti in atto o probabili in futuro; (ii) verificare la pro-pria capacità di risposta al bisogno (livello di efficacia) e (iii) sviluppare capa-cità di organizzazione, innovazione e gestione efficiente ed efficace di servizi.

L’analisi delle caratteristiche dei bisogni e della domanda richiede la consi-derazione di una pluralità di variabili (demografiche, epidemiologiche, sociali edeconomiche), la cui incidenza varia tra le Regioni e all’interno delle stesse.Un’analisi approfondita che permetta l’individuazione di tutte le variabili cheincidono sul bisogno e la domanda di salute e delle possibili fonti di dati e infor-mazioni esula dagli obiettivi del presente capitolo. Qui si segnalano solo tre pub-blicazioni che analizzano in modo sistematico alcune di queste variabili:

• la «Relazione sullo stato sanitario del Paese» che periodicamente vienepubblicata dal Ministero della Salute (l’ultima pubblicazione disponibile èquella relativa al 200024) e i cui contenuti sono stati sinteticamente presen-tati nel capitolo 2 del Rapporto OASI 2001;

• le indagine periodiche dell’ISTAT «Condizioni di salute e ricorso ai ser-vizi sanitari», che si inseriscono nel nuovo sistema delle Indagini Multi-scopo sulle famiglie avviato nel 1993 e vengono ripetute con cadenzaquinquennale. L’ultima indagine è stata svolta nel 1999-2000 e si è foca-lizzata sull’analisi delle condizioni di salute della popolazione (percezio-ne dello stato di salute, presenza di malattie croniche e disabilità), deglistili di vita (abitudine al fumo, attività fisica, ecc.), della prevenzione, delricorso ai servizi sanitari ed ai farmaci o a terapie non convenzionali, delpercorso della maternità dalla gravidanza all’allattamento25. Si segnalatra l’altro che, per soddisfare i bisogni informativi a livello territoriale econsentire stime regionali e sub-regionali utili alla programmazione sani-taria locale, nel 1999-2000 è stata notevolmente ampliata la numerositàcampionaria grazie al contributo del FSN, su mandato della ConferenzaStato-Regioni;

• l’analisi delle tendenze demografiche e dei loro possibili impatti sulla spe-sa sanitaria, pubblicate all’interno dei quaderni monografici della Ragio-neria Generale dello Stato.

Di seguito vengono presentate alcuni dati sintetici che possono evidenziare lecaratteristiche del bisogno e della domanda di salute nei diversi contesti regiona-li. Successivamente, il paragrafo si focalizza sulla presentazione di alcune anali-si relative all’attuale capacità di risposta dei SSR rispetto ai bisogni.

65

24. La relazione è scaricabile dal sito del Ministero (http://www.Ministerosalute.it) nellasezione «Leggi e Documenti».

25. I risultati dell’indagine sono presentati in quattro volumi: «Condizioni di salute dellapopolazione», «Fattori di rischio e tutela della salute», «Gravidanza, parto e allattamento» e «Curae ricorso ai servizi sanitari».

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Le dinamiche demografiche rappresentano uno dei fattori più rilevanti per ladeterminazione delle propensioni al consumo sanitario (Hanau, Souteyrand eRastelli, 1987). Tale correlazione è evidenziata ad esempio in Figura 2.15, dovesi mostra l’andamento del tasso di ospedalizzazione per fasce di età. La Tabella2.17 presenta l’incidenza della popolazione anziana e l’indice di vecchiaia deiresidenti nelle diverse Regioni. I dati rilevano strutture demografiche molto dif-ferenziate tra le Regioni italiane. Di conseguenza varieranno le previsioni sullepropensioni al consumo sanitario (e sulla spesa).

Oltre ai fattori demografici e a quelli economici e sociali (qui trascurati),un’altra variabile rilevante nell’analisi dei bisogni è rappresentata dallo stato disalute della popolazione. La Tabella 2.18 riporta alcuni dati relativi allo stato disalute percepito e alla presenza di malattie croniche e disabilità della popolazio-ne per Regione.

Complessivamente, la popolazione di 14 anni e più ha espresso un giudiziopositivo sulle proprie condizioni di salute. Soltanto una quota dell’8% dichiara

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Figura 2.15. Tassi di ospedalizzazione per fasce di età e tipo di attività x 1.000 ab. (2000)

(*) Sono esclusi i neonati sani.

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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Tabella 2.17. Incidenza della popolazione anziana e indici di vecchiaia nelle Regioni (1999)

Popolazione di 65 anni Indice di vecchiaia (1)e più (%)

Piemonte 19,8 160,3

Valle d’Aosta 18,2 143,3

Lombardia 17,0 128,9

Bolzano 14,8 84,2

Trento 17,2 113,9

Veneto 17,2 129,6

Friuli V.G. 20,7 181,6

Liguria 24,3 232,2

Emilia-Romagna 21,7 187,5

Toscana 21,6 187,1

Umbria 21,9 180,8

Marche 21,0 161,8

Lazio 16,8 118,9

Abruzzo 19,6 136,1

Molise 20,5 137,9

Campania 13,5 69,0

Puglia 14,9 86,4

Basilicata 17,6 107,9

Calabria 16,2 93,0

Sicilia 15,9 88,1

Sardegna 15,0 101,0

Italia 17,7 121,3

(1) Calcolato come rapporto tra la popolazione anziana (oltre 65 anni) e quella infantile (fino a 14 anni).

Fonte: elaborazioni OASI su dati ISTAT, 2001a.

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negativo o molto negativo il proprio stato di salute. A livello territoriale le diffe-renze sono significative: quote più elevate di persone che riferiscono cattive o pes-sime condizioni di salute si riscontrano nelle Isole e nell’Italia centrale (rispettiva-

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Tabella 2.18. Stato di salute percepito, presenza di malattie croniche e disabilità per Regione(1999-2000)

Indicatori non standardizzati per classi di età Indicatori standardizzati per classi di età

Stato di salute dichiarato Presenza malattie Persone Stato di salute dichiarato Presenza malattie Personeda persone di 14 anni croniche dichiarate disabili da persone di 14 anni croniche dichiarate disabili

e più (per 100 persone) (per 100 persone) di 6 anni e più (per 100 persone) (per 100 persone) di 6 anni e più e più

Male o Discreta- Bene o Nessuna Almeno (per 1.000 Male o Discreta- Bene o Nessuna Almeno (per 1.000 molto mente molto malattia una persone) molto mente molto malattia una persone)male bene cronica malattia male bene cronica malattia

cronica cronicagrave (*) grave (*)

Piemonte 6,9 38,7 54,4 47,8 12,5 48,1 6,5 37,2 56,3 50,1 11,4 44,5

Valle d’Aosta 6,6 34,7 58,8 52,0 10,6 39,4 6,4 34,0 59,6 53,2 10,2 38,6

Lombardia 5,8 35,2 59,0 50,3 12,2 40,2 5,9 35,1 59,0 50,9 12,2 41,8

Bolzano 3,4 21,0 75,7 57,7 9,7 31,7 3,5 21,9 74,5 55,7 10,7 35,5

Trento 4,4 35,0 60,6 51,0 11,3 38,2 4,4 35,2 60,4 50,6 11,5 38,0

Veneto 6,3 37,4 56,3 47,2 12,5 39,8 6,4 37,4 56,2 47,6 12,6 40,6

Friuli V.G. 7,0 38,4 54,6 48,7 12,2 42,3 6,3 36,7 56,9 51,7 10,7 35,5

Liguria 8,4 38,2 53,4 45,9 13,2 47,3 7,1 35,0 57,9 51,2 10,5 35,5

Emilia-R. 8,3 38,9 52,9 42,4 14,5 50,8 7,3 37,1 55,6 45,8 12,6 42,1

Toscana 9,5 40,0 50,4 45,5 14,3 55,0 8,4 38,1 53,5 48,9 12,5 46,0

Umbria 9,5 40,1 50,4 46,7 15,6 51,0 8,1 38,1 53,7 50,0 13,4 40,9

Marche 10,4 38,4 51,2 50,7 13,9 56,0 9,4 37,1 53,5 52,9 12,4 47,9

Lazio 8,2 33,4 58,4 52,6 12,0 41,6 8,5 33,4 58,1 52,6 12,2 43,8

Abruzzo 9,9 36,0 54,1 51,0 13,5 54,1 9,4 35,6 55,0 51,7 12,8 49,6

Molise 9,1 37,2 53,6 50,4 14,5 55,1 8,4 36,9 54,7 50,9 13,7 48,9

Campania 6,9 30,6 62,5 63,8 10,6 45,8 8,1 33,4 58,4 59,0 13,1 56,3

Puglia 7,9 29,9 62,2 61,2 11,3 53,9 8,6 31,9 59,5 58,1 12,8 61,5

Basilicata 9,4 36,6 53,9 54,3 12,8 54,8 9,6 37,9 52,4 52,5 13,5 56,4

Calabria 12,1 39,9 48,1 54,5 13,2 62,8 12,9 41,6 45,5 51,7 14,6 68,1

Sicilia 10,2 32,9 56,9 61,3 11,4 62,8 10,9 34,4 54,7 58,5 12,7 68,9

Sardegna 10,9 35,0 54,1 50,9 12,3 52,0 12,1 36,4 51,6 48,9 13,6 59,5

Italia 8,0 35,4 56,7 52,5 12,4 48,5 8,0 35,4 56,7 52,5 12,4 48,5

(*) Malattie croniche gravi: diabete; infarto del miocardio; angina pectoris; altre malattie del cuore; trombo-si, embolia, emorragia cerebrale; bronchite, enfisema, insufficienza respiratoria; cirrosi epatica; tumoremaligno (inclusi linfoma/leucemia); Parkinsonismo, Alzheimer, epilessia, perdita della memoria.

Fonte: elaborazioni OASI su dati ISTAT 2001a.

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mente 10,4% e 9,0%), a fronte di percentuali molto più basse nel Nord Italia(6,4% Nord-Ovest e 6,9% Nord-Est). Analizzando i risultati secondo l’età, lasituazione più favorevole del Nord Italia viene confermata soprattutto per la popo-lazione anziana. In particolare, si rileva una cattiva percezione dello stato di salutedegli anziani di 75 anni e più nelle Isole (42,5%) e nel Meridione (36,7 %) rispet-to a Nord-Ovest, Nord-Est e Centro (rispettivamente 23,6%, 24,9% e 33,4%).

Il 12,4% della popolazione dichiara di soffrire di almeno una malattia croni-ca «grave». Anche sotto questo profilo la popolazione anziana del meridione pre-senta condizioni più critiche rispetto alle altre aree del territorio nazionale; inparticolare si osserva una maggiore presenza di persone con malattie cronichegravi nella fascia di età 65-74 anni (39,1% contro una media italiana, nella stes-sa età, del 34,4%). La popolazione con basso titolo di studio, in tutte le età, ècolpita in misura più rilevante da patologie cronico-degenerative gravi.

Anche per ciò che riguarda la presenza di disabili, infine, emerge la consuetadicotomia Nord-Sud: le aree geografiche con la più alta quota di disabilità sonol’Italia Insulare (6% dei residenti) e l’Italia Meridionale (5,2%), mentre al Nord,nonostante i tassi di invecchiamento della popolazione più elevati, la percentualesi riduce (4,3% nell’Italia Nord-occidentale e 4,4% nell’Italia Nord-orientale).

La presenza di condizioni di cronicità (che spesso richiedono cure costanti econtrolli più assidui) e la maggiore diffusione di patologie tra le persone disabilideterminano anche un maggiore ricorso ai servizi socio-sanitari. L’ISTAT harilevato che il 33,2% delle persone affette da malattie croniche gravi ha effettua-to almeno una visita medico-generica nelle quattro settimane precedenti l’inter-vista (contro il 10,2% di coloro che non riferiscono nessuna patologia di caratte-re cronico). Nello stesso intervallo di tempo il 26,2% dei cronici gravi è ricorso avisite specialistiche ed il 27,1% ha effettuato accertamenti diagnostici (a frontedi quote rispettivamente del 9,4% e del 6,6% nella popolazione non affetta damalattie croniche). Allo stesso modo, il 51,8% dei disabili ha effettuato almenouna visita nelle ultime quattro settimane precedenti l’intervista, contro il 25,8%della popolazione senza disabilità. Il numero medio di visite, nello stesso perio-do di riferimento, è pari a 2,2 per i disabili e a 1,7 nell’intera popolazione.

Le variabili sopra evidenziate sono solo alcuni esempi dei fattori che deter-minano un diverso ricorso ai servizi sanitari, nonché esigenze differenziate intermini di tipologie di servizi e prestazioni richieste a Regioni e aziende. Si enfa-tizza quindi nuovamente la necessità per queste ultime di sviluppare tecniche emodalità operative per l’analisi dei bisogni che sappiano integrare dati demogra-fici, epidemiologici, sociali ed economici e permettano l’individuazione deimigliori servizi da offrire alla popolazione.

Un primo passaggio rilevante per aziende e Regioni è valutare l’attuale capa-cità di risposta ai bisogni, individuando adeguati indicatori dei livelli di efficaciaraggiunti (rapporto output/outcome). Nel Box 2.1 sono riportati i principali indi-catori gestionali di efficacia delle aziende sanitarie, come elencati nel capitolo 2del Rapporto OASI 2001.

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Di seguito vengono presentati alcuni dati relativi a:

• flussi di mobilità;• tempi di attesa;• grado di soddisfazione dei cittadini;• livello di equità del sistema in termini di accessibilità alle prestazioni.

L’analisi dei flussi di mobilità ospedaliera è stata ampiamente trattata in lettera-tura ed ha portato allo sviluppo di diverse tecniche (si veda in proposito Fabbri eFiorentini, 1996). Tali analisi possono essere utilizzate per valutare la qualità dei

70

Box 2.1. Indicatori di efficacia gestionale per le aziende sanitarie (Rapporto OASI 2001, p. 69)

Alcuni possibili indicatori gestionali di efficacia delle aziende sanitarie (oltre a quelli piùdiretti di efficacia sanitaria, la cui valutazione è di competenza del personale medico odi studi epidemiologici e si basa sull’esistenza di dati scientifici validi attestanti la capa-cità di una prestazione sanitaria di migliorare in modo misurabile quantità o qualità del-la vita dei pazienti) possono essere (Borgonovi e Zangrandi, 1996):• dimensione dei flussi di mobilità in uscita ed entrata di pazienti (ASL) e provenienza

dei pazienti (AO) che sono indicatori di soddisfazione/insoddisfazione dei pazientistessi;

• tempi di attesa per tipologie di servizi e di prestazioni. Elevati tempi di attesa posso-no essere legati ad una domanda particolarmente elevata di servizi (determinata dal-l’assenza di «filtri» della domanda o da una carenza dell’attività di prevenzione o dal-la creazione di domanda impropria), o a un elevato tasso di attrazione di pazienti (inquesto caso tempi di attesa particolarmente elevati sono sintomo di efficacia);

• grado di soddisfazione del cittadino-paziente così come rilevabile attraverso periodi-che rilevazioni;

• tasso di ricovero o numero di prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rispettoalla popolazione (solo per ASL), che può essere indicatore di maggiore efficacia o dieccesso di prestazioni;

• livello delle prestazioni di prevenzione. Tanto è maggiore il numero di prestazioni tan-to maggiore può essere considerata l’efficacia, a meno che non sia rilevabile un usodistorto delle strutture; per le attività non standardizzabili e misurabili, infatti, le risor-se impiegate possono essere un indicatore di efficacia;

• frequenza di «eventi» che segnalano disfunzioni (es. denunce di disfunzioni e caren-ze assistenziali o mancata risposta alla richiesta di prestazioni, azioni legali e reclami)che può però essere correlato alla presenza o assenza di movimenti di difesa del cit-tadino-paziente.

Molti degli indicatori sopra elencati presentano un limite: spesso la loro interpretazionenon può essere univoca.

Il SSN, inoltre, pone tra i principi alla base della sua istituzione la promozione, il mante-nimento ed il recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distin-zione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianzadei cittadini nei confronti del servizio (art. 1 L. 833/78). Il raggiungimento di un adegua-to livello di equità è quindi una delle finalità istituzionali del SSN e delle aziende che vioperano. La misurazione del grado di equità raggiunto dal sistema rappresenta un ulte-riore indicatore di efficacia dell’attività.

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servizi sanitari offerti dalle diverse strutture o Regioni, considerando le scelte dimobilità dei pazienti come una proxy della reputazione delle stesse.

Nel prosieguo si presentano alcune analisi sui flussi di mobilità interregiona-le. Nella Figura 2.16 è presentato il tasso di ospedalizzazione complessivo perRegione (per mille abitanti), evidenziando la quota di ricoveri effettuati nellaRegione rispetto a quelli effettuati fuori. I dati si riferiscono esclusivamente airicoveri per acuti (sia in regime ordinario che in day hospital), rispetto ai quali ladimensione della mobilità è più rilevante.

La mobilità in uscita risulta più elevata innanzi tutto nelle Regioni di piccoledimensioni (es. Basilicata, Molise, Valle d’Aosta) ed è probabilmente generatasoprattutto dalla prossimità geografica delle Regioni confinanti o dalla necessitàdi trovare fuori Regione le specialità che le strutture regionali non offrono.

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Figura 2.16. Ripartizione dei tassi di ospedalizzazione per 1.000 abitanti entro e fuori Regione- solo ricoveri per acuti (2000)

Fonte: elaborazioni OASI su dati Corte dei Conti (2002).

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La Figura 2.17 sintetizza le informazioni di mobilità per il 2000, utilizzandocome coordinate per il posizionamento di ciascuna Regione due variabili:

• tasso di fuga: ricoveri dei residenti in strutture fuori Regione sul totale deiricoveri dei residenti della Regione;

• tasso di attrazione: ricoveri di pazienti provenienti da altre Regioni sultotale dei ricoveri effettuati dalle strutture della Regione.

In questo modo è possibile evidenziare quattro quadranti (separati dalle medienazionali) e classificare le Regioni come indicato nel Box 2.2.

72

• Regioni «ATTRATTIVE» (quadrante II) con elevata mobilità in entrata e più limitatamobilità in uscita (dove tendenzialmente si collocano le Regioni i cui servizi sanitarisono percepiti di elevata qualità).

• Regioni «IN DEFICIT» (quadrante IV) con una pesante mobilità in uscita e ridottamobilità in entrata (dove tendenzialmente si collocano le Regioni i cui livelli di offertasono inferiori rispetto alla domanda o sono percepiti di bassa qualità).

• Regioni «SPECIALIZZATE» (quadrante I) con forte mobilità in uscita e in entrata(dove, come già evidenziato, si collocano prevalentemente le Regioni di piccoledimensioni, in cui la mobilità è generata dalla prossimità geografica delle Regioniconfinanti o dalla necessità di trovare fuori Regioni le specialità che le strutture regio-nali non offrono, ma che nello stesso tempo riescono ad attrarre pazienti dalleRegioni confinanti per alcune specialità).

• Regioni «AUTOSUFFICIENTI» (quadrante III) con bassa mobilità in entrata ed in uscita.

Box 2.2. Classificazione delle Regioni in funzione del posizionamento all’interno della matrice(Rapporto OASI 2001, p. 74)

Figura 2.17. Posizionamento delle Regioni in base all’indice di attrazione e di fuga (2000)

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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Rispetto all’anno precedente non si rilevano variazioni significative del posizio-namento delle singole Regioni. Anche a livello complessivo la mobilità fuoriRegione è rimasta sostanzialmente invariata (dal 7,8% al 7,5% dei ricoveri com-plessivi per acuti in regime ordinario). È però aumentata l’accuratezza delle rile-vazioni. Se nel 1999 per più dell’8% dei casi di mobilità non era possibile defi-nire la Regione di provenienza del paziente, a causa della incompletezza dellacompilazione delle corrispondenti SDO, nel 2000 tale indicatore si è ridottoall’1,6%. È da segnalare inoltre l’aumento di un punto percentuale dei pazientiprovenienti dall’estero sulla mobilità complessiva.

In Figura 2.18 i dati di mobilità sono stati elaborati calcolando altre duevariabili:

• assorbimento della mobilità: rapporto tra la mobilità attiva di una Regione(numero di pazienti provenienti da fuori Regione) e la mobilità totale alivello nazionale;

• generazione della mobilità: rapporto tra la mobilità passiva di una Regione(numero di pazienti ricoverati fuori Regione) e la mobilità totale a livellonazionale26.

Rispetto agli indicatori utilizzati nella Figura 2.17, questi non scontano le dimen-sioni relative delle diverse Regioni. Sono quindi meno adatti a rappresentare lamaggiore o minore capacità di attrazione e di contenimento della fuga delle sin-

73

26. La sommatoria delle percentuali delle singole Regioni non è pari al 100% poiché l’8,6%dei pazienti classificati come «ricoverati fuori Regione» proviene dall’estero.

Figura 2.18. Assorbimento e generazione della mobilità nelle Regioni (2000)

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

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gole Regioni. Nello stesso tempo, però, danno una rappresentazione più imme-diata del volume di mobilità generato e assorbito da ogni Regione. Le regioniche si collocano sopra la bisettrice hanno saldo positivo, le altre negativo. In par-ticolare:

• la Lombardia è la Regione che attrae quasi il 20% della mobilità comples-siva fuori Regione, seguita da Emilia e Lazio che assorbono circa l’11%ciascuna, quindi dalla Toscana e dal Veneto (circa 8%); tutte le Regionidel sud (ad eccezione della Puglia) attraggono meno del 4%; complessiva-mente Sud e Isole attraggono solo il 20% della mobilità complessiva. Que-sti valori sono in parte determinati dalla disponibilità di specifiche specia-lità, ad esempio dalla localizzazione dei centri di maggiore complessità inambito sanitario27, il 23,6% dei quali si trova in Lombardia, il 9,7% nelLazio e l’8,7% in Emilia. Trovano spiegazione inoltre in una molteplicitàdi fattori (come ad esempio i flussi turistici, i flussi di emigrazione eimmigrazione, i fattori culturali, l’accessibilità/comodità delle Regioniconfinanti), tra cui comunque la reputazione delle strutture di alcuneRegioni ha sicuramente un peso rilevante;

• se si considera la provenienza dei pazienti ricoverati fuori Regione rispet-to alla mobilità complessiva, è la Campania a presentare la percentuale piùelevata (10,9%), seguita da Sicilia (8,2%), Lombardia (7,9%), Lazio(7,4%), Calabria (6,8%) e Piemonte (6,7%). Si consideri che la popolazio-ne residente in Campania rappresenta il 10% della popolazione italiana.Le percentuali per le altre Regioni citate sono: 8,8% (Sicilia), 15,7%(Lombardia), 9,1% (Lazio), 3,6% (Calabria), 7,4% (Piemonte).

L’attuale spinta verso una forte responsabilizzazione finanziaria delle Regionisulla spesa sanitaria dei propri residenti (cfr. capitolo 5) può rendere il controllodella mobilità fuori Regione un aspetto critico. Una forte mobilità passiva deter-mina infatti una possibile dipendenza da strutture sanitarie non controllate (anzi,incentivate ad attrarre mobilità da fuori Regione, dato che il sempre più diffusoutilizzo di tetti e target di volumi o spesa nelle Regioni non rende sempre conve-niente l’incremento delle attività verso i residenti della Regione), che potrebberendere difficile il raggiungimento di un equilibrio economico. I dati28 non evi-denziano però una correlazione chiara tra saldo della mobilità e ammontare deidisavanzi (Figura 2.19). La sostanziale indipendenza tra performance finanziariae mobilità sanitaria conduce semmai a ritenere che non necessariamente tutte le

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27. Il Ministero identifica come centri a maggiore complessità in ambito sanitario: IRCCS,Centri Grandi Ustionati, Centri Trapianto Midollo Osseo, Centri Trapianto Organi, Unità Cerebro-lesioni gravi, Centri spina bifida, Unità spinali (Ministero della Salute, 2000).

28. Per un’analisi dettagliata delle performance finanziarie delle Regioni negli ultimi anni siveda il capitolo 3.

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Regioni debbano dotarsi di quei presidi specialistici che trovano una ragion d’es-sere solo su numeri e bacini d’utenza più ampi.

Quanto alle liste di attesa, attualmente forte attenzione è dedicata a questoaspetto, come dimostrano i numerosi richiami e provvedimenti normativi cheriguardano la riduzione e gestione delle stesse29. Tuttavia, la situazione sul terri-

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Figura 2.19. Saldo mobilità (2000) e incidenza dei disavanzi sul finanziamento (2001) per regione

Fonte: elaborazioni OASI su dati SDO, Ministero della Salute.

29. I principali provvedimenti sulle liste di attesa sono di seguito elencati.– Art. 34 e 34bis della L. 662/96 (Finanziaria ’97) che prevedevano progetti regionali (finanziati

con quote vincolate del FSN) per il perseguimento di obiettivi di carattere prioritario e di rilie-vo nazionale tra cui la «riduzione delle liste di attesa».

– Art. 3, c. 10 del D.lgs. 124/98 che ha disposto che le Giunte regionali deliberino provvedimen-ti in ordine alla gestione delle liste d’attesa e all’individuazione dei tempi massimi entro i qualiil cittadino debba ricevere le prestazioni.

– Finanziaria 1999 (L. 488/98) che ha ribadito la responsabilità dei direttori generali delle azien-de sanitarie nel predisporre iniziative volte alla riduzione delle liste d’attesa.

– Istituzione nel 2000 presso la Direzione generale della Programmazione sanitaria del Ministerodella Salute di una Commissione di studio sulla gestione delle liste di attesa e sui tempi con cuisi ottengono le prestazioni nel settore pubblico.

– DPCM 16/04/02 «Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche eterapeutiche e sui tempi massimi di attesa» che integra il DPCM sui LEA (in quanto approva unallegato che diventa l’Allegato 5 al Decreto sui LEA) e che si basa sull’Accordo sancito dallaConferenza Stato-Regioni il 14/02/02. Il medesimo accordo prevede la possibilità di far fronte

Sal

do

mo

bili

Incidenza disavanzi su finanziamento

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torio nazionale risulta estremamente disomogenea e caratterizzata da aree dieccellenza accanto ad altre di forte criticità, come evidenziato dal documento sti-lato dalla Commissione di studio sulle liste d’attesa del Ministero della Salute. Isettori a maggiore criticità sembrano essere quelli della diagnostica e della medi-cina specialistica. Una recente indagine ISTAT (ISTAT, 2002) evidenzia come itempi di attesa per ottenere tali prestazioni varino in funzione della tipologia distruttura (pubblica o privata) e della tipologia di assistenza erogata.

In particolare, per ciò che riguarda gli accertamenti diagnostici:

• le strutture accreditate presentano la percentuale più alta di accertamentiprogrammati o per cui non si è atteso nemmeno un giorno (55,4%), segui-te da quelle private a pagamento (49,1%). Il 3% degli accertamenti eroga-ti da strutture pubbliche ha richiesto tempi di attesa superiori a 60 giorni,rispetto ad una percentuale dello 0,7% delle strutture accreditate e 1,9% diquelle private (Tabella 2.19);

• il tempo di attesa mediano è pari a sette giorni nelle strutture pubblicherispetto a quattro giorni in quelle private accreditate e a pagamento;

• si rilevano differenziazioni significative in funzione della tipologia di pre-stazioni: nelle strutture pubbliche il 50% degli utenti attende al massimo 4giorni per le analisi più semplici (3 in quelle private a pagamento) e fino a30 giorni per quelle più complesse (15 in quelle private a pagamento);

• a livello territoriale, i tempi di attesa sono inferiori nelle Regioni meridio-nali (cinque giorni di attesa massima nel 50% dei casi, contro i sette dellealtre Regioni). Se si considera anche la tipologia di struttura si rilevaun’attesa mediana nelle strutture private accreditate del Sud e Isole di tregiorni rispetto ai quattro, cinque e sette giorni rilevati nelle Regioni delCentro, del Nord-Ovest e del Nord-Est.

Con riferimento alle visite specialistiche:

• la maggior parte delle strutture pubbliche e di quelle accreditate eroga pre-stazioni in modo programmato o senza nessuna attesa (rispettivamente78,1% e 73,4% dei casi). Solo l’1,5% delle visite erogate da strutture pub-bliche ha richiesto tempi di attesa superiori a 60 giorni, rispetto ad unapercentuale dello 0,7% delle strutture private e dello 0,8% di quelle accre-ditate (Tabella 2.19);

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agli esuberi di domanda facendo ricorso a medici esterni al SSN mediante contratti a termine oampliando l’orario di lavoro per il personale medico ed infermieristico interno dietro corre-sponsione di compensi aggiuntivi oppure attraverso «accreditamenti provvisori» di strutture pri-vate.

– Le linee guida per la stesura del PSN 2002-2004 proposte dal Ministero della Salute prevedonoun decalogo dei principali obiettivi da perseguire nel triennio e pongono al primo posto la ridu-zione delle liste di attesa.

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• il tempo di attesa mediano è pari a dieci giorni nelle strutture pubblicherispetto a sei giorni in quelle private accreditate e a pagamento;

• si rilevano differenziazioni significative in funzione della specialità richie-sta. Nelle strutture pubbliche il tempo di attesa mediano è di 2 giorni peruna visita pediatrica, di 20 giorni per una visita urologica. Nel settore pri-vato a pagamento l’attesa mediana non supera mai i sette giorni;

• anche in questo caso, i tempi di attesa sono inferiori nelle Regioni meri-dionali (sette giorni di attesa massima nel 50% dei casi rispetto ai 15 delNord-Est e agli 8 del Nord-Ovest). Le strutture pubbliche dell’Italia Cen-trale presentano il medesimo valore di quelle del Sud, mentre per quelleprivate accreditate il tempo di attesa mediano è maggiore di un giorno(cinque giorni contro i quattro delle strutture accrediate del Sud e Isole).

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Struttura Struttura Struttura privata Totalepubblica privata a pagamento

accreditata intero

Accertamenti diagnostici

Nessuna attesa o programmati (*) 43,3 55,4 49,1 46,9

Minore di 60 giorni (**) 53,7 43,9 49,0 50,7

Maggiore di 60 giorni (**) 3,0 0,7 1,9 2,4

Visite specialistiche

Nessuna attesa o programmati (*) 78,1 73,4 47,0 67,6

Minore di 60 giorni (**) 20,4 25,8 52,3 31,3

Maggiore di 60 giorni (**) 1,5 0,8 0,7 1,2

(*) Accertamenti diagnostici o visite specialistiche per cui non si è atteso nemmeno un giorno o facentiparte di un percorso di analisi stabilito a priori.

(**) La soglia di 60 giorni è stata fissata in considerazione delle indicazioni provenienti dalle delibere regio-nali che, nella maggior parte dei casi, la individuano come l’attesa massima tollerabile dal cittadino perottenere l’assistenza richiesta.

Fonte: ISTAT 2002.

Tabella 2.19. Accertamenti diagnostici e visite specialistiche per tipo di struttura sanitaria etempo di attesa in valori percentuali (2000)

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Per ciò che riguarda il grado di soddisfazione degli utenti, in Tabella 2.20 si pre-senta il grado di soddisfazione degli utenti per Regione rispetto alla qualità del-l’assistenza medica, infermieristica e dei servizi igienici per i ricoveri avvenutinei tre mesi precedenti la rilevazione nel 1998 e 1999. A livello nazionale, i datiraccolti mostrano un’incidenza dei «molto soddisfatti» sul totale degli intervista-ti tra il 30,2% (per i servizi igienici) ed il 38,5% (per l’assistenza medica). Illivello di soddisfazione nel 1999 risulta più elevato di quello rilevato l’anno pre-cedente per tutti i servizi ospedalieri considerati, forse anche grazie alla sistema-tica attività di rilevazione del grado di soddisfazione degli utenti e di raccolta deireclami che molte aziende hanno attivato, soprattutto attraverso gli Uffici Rela-zioni con il Pubblico (URP).

In generale sembra rilevabile un livello di gradimento elevato soprattutto conriferimento alle strutture localizzate nell’Italia settentrionale. Per ciò che riguar-da l’assistenza medica e infermieristica, i valori di gradimento più bassi si regi-strano in Molise (meno del 20% in entrambi gli anni), quelli più alti nelle dueprovince autonome.

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Assistenza medica Assistenza infermieristica Servizi igienici

1998 1999 1998 1999 1998 1999

Piemonte 44,6 48,5 42,2 40,6 29,4 27,1

Valle d’Aosta 51,8 35,5 49,3 33,9 48,5 39,8

Lombardia 49,2 48,5 49,2 48,6 39,1 43,1

Bolzano 63,5 61,5 63,2 59,5 59,8 51,9

Trento 50,8 51,8 48,9 56,1 46,8 54,7

Veneto 47,5 44,6 47,3 49,7 32,6 42,8

Friuli V.G. 43,6 50,6 41,4 52,1 41,0 44,8

Liguria 49,1 43,3 49,2 44,7 26,8 31,4

Emilia-Romagna 46,3 41,8 47,5 37,3 38,2 32,1

Toscana 34,5 50,1 29,3 40,2 19,4 30,9

Umbria 21,1 32,6 23,9 30,7 17,7 23,3

Marche 21,6 43,3 21,5 42,8 12,1 39,1

Lazio 32,8 27,5 27,1 28,3 21,1 23,2

Tabella 2.20. Percentuale di utenti molto soddisfatti dei servizi ospedalieri, per tipologia diassistenza e per Regione (1998 e 1999)

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Infine, una recente indagine Eurisko (Tabella 2.21) ha evidenziato come la soddi-sfazione per le informazioni ricevute dai servizi non sia sempre elevata, in partico-lare per quanto riguarda quelle ottenute agli sportelli, al pronto soccorso e presso iservizi diagnostici dell’ospedale (< 50%). Anche in questo caso risulta evidente ilminore grado di soddisfazione che caratterizza le strutture del Sud e delle Isole.

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Assistenza medica Assistenza infermieristica Servizi igienici

1998 1999 1998 1999 1998 1999

Abruzzo 20,4 37,2 22,4 37,5 11,9 24,8

Molise 18,3 17,7 16,8 18,9 12,2 8,3

Campania 19,7 34,3 16,0 31,4 14,4 26,2

Puglia 17,4 26,2 15,1 23,9 11,9 21,9

Basilicata 21,7 35,7 21,9 34,7 13,7 25,4

Calabria 30,0 25,7 25,7 21,8 21,2 14,9

Sicilia 24,0 24,0 25,6 22,2 19,9 14,6

Sardegna 24,0 34,1 30,4 37,9 18,5 25,3

Italia 35,6 38,5 34,4 37,0 25,9 30,2

Tabella 2.20. Percentuale di utenti molto soddisfatti dei servizi ospedalieri, per tipologia diassistenza e per Regione (1998 e 1999) (segue)

Fonte: ISTAT 2001b.

Tabella 2.21. Percentuali di utenti che valutano come buone o molto buone le informazioniottenute dai servizi sanitari, per servizio di riferimento e area geografica (2000)

Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Italia

Ambulatori specialistici ASL 58,1 61,2 58,6 43,7 54,8

Laboratori di analisi ASL 55,0 64,2 48,5 47,7 53,0

Pronto soccorso 48,2 57,2 34,3 21,9 48,1

Servizi diagnosi in ospedale 53,8 48,5 55,9 39,6 49,1

Ricovero per cura in ospedale 67,4 62,5 53,1 40,7 53,1

Uffici/sportelli ASL 60,4 69,0 36,2 20,9 35,8

Medici di medicina generale 74,6 77,1 76,2 65,9 72,3

Fonte: elaborazione FBM-Censis su dati Eurisko.

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Rispetto all’equità, infine, essa può essere intesa con accezioni molto diverse.Nel capitolo 2 del Rapporto OASI 2001 si presentavano alcuni dati relativi all’e-quità intesa come parità nelle condizioni di salute della popolazione, indipenden-temente dal livello di reddito e istruzione. Di seguito si sintetizza invece uno stu-dio effettuato dall’ISTAT nel 2000 che analizza l’equità in termini di accessibi-lità ai servizi sanitari pubblici, considerando il profilo socio-demografico dell’u-tente. Lo studio si basa sull’applicazione di un modello di tipo logistico ai datidell’Indagine ISTAT sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari. L’e-quità del sistema è stata valutata considerando la probabilità di attendere oltre 60giorni per ottenere accertamenti diagnostici e visite specialistiche nelle strutturedel SSN (pubbliche e accreditate) in funzione delle seguenti caratteristiche del-l’utente: età, sesso, titolo di studio, condizioni economiche dichiarate, stato disalute percepito, possesso di un’assicurazione privata, tipo di struttura utilizzatae motivazioni addotte per l’utilizzo di tale struttura (scelta o necessità). Com-plessivamente l’analisi evidenzia:

• una minore probabilità di attesa oltre i 60 giorni per gli uomini rispettoalle donne, per le persone di età inferiore ai 65 anni e con un livello diistruzione alto (dottorato o laurea);

• la non significatività del livello di reddito rispetto al rischio di tempi diattesa lunghi per gli accertamenti diagnostici; per le visite specialistiche lepersone che dichiarano di essere in buone condizioni economiche presenta-no invece un rischio relativo più basso, probabilmente per la maggiore pos-sibilità di rivolgersi al privato a pagamento nel caso in cui le strutture pub-bliche e private accreditate non offrano un accesso veloce alle prestazioni;

• il maggiore rischio di attese oltre i 60 giorni in caso di utilizzo di strutturepubbliche rispetto a quelle private accreditate. Questo elemento permette,ad esempio, di spiegare la migliore accessibilità osservata nelle Regionimeridionali in cui è rilevante il numero di strutture private accreditatesoprattutto per gli accertamenti diagnostici (cfr. supra);

• il minore rischio di lunghe attese per le persone che dichiarano di essere incattive condizioni di salute rispetto a quelle in buone condizioni. Questoaspetto permette di ipotizzare che il SSN sia in grado di regolare i tempi diaccesso in funzione delle priorità stabilite dallo stato di salute dei pazienti.

Complessivamente, dall’analisi emerge quindi un servizio pubblico con un livel-lo di accessibilità non completamente soddisfacente, soprattutto per quantoriguarda le strutture pubbliche, e non sempre equo rispetto ad alcune categoriesociali. Il processo di regionalizzazione che caratterizza l’attuale fase del SSNpotrebbe ulteriormente accentuare le già esistenti differenze interregionali.Risulta quindi critico per ogni Regione investire sull’incremento dei livelli diequità e per il livello centrale riuscire a garantire uno dei principi alla base del-l’istituzione del SSN (la promozione, il mantenimento ed il recupero della salutefisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni indivi-

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duali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini neiconfronti del servizio - art. 1 L. 833/78), pur nel rispetto della crescente autono-mia regionale.

2.6. Bibliografia

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Il Mulino.

2.7. Appendice

Principali norme regionali (aggiornata a giugno 2002).

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Regione Legge di Ultimo PSR Linee guida Legge di Legge di Recepimento riordino del approvato regionali per organizzazione contabilità delle LEA

SSR l’atto aziendale delle aziende aziende sanitariesanitarie

PPiieemmoonnttee

VVaallllee dd’’AAoossttaa

LLoommbbaarrddiiaa

PPAA BBoollzzaannoo

PPAA TTrreennttoo

VVeenneettoo

FFrriiuullii VVeenneezziiaa GGiiuulliiaa

LLiigguurriiaa

P.S.R. 97-99(L.R. 61/97)

P.S.R. 02-04(L.R. 18/01)

P.S.R. 02-04(Del.C.R. 462/02)

P.S.P. 00-02(Del.G.P. 3028/99)

P.S.P. 83-85. ConDel.G.P. sonoapprovati gliobiettivi annualidell'aziendaprovinciale cheriprendono gliobiettivi del P.S.Pin via diapprovazione.

P.S.R. 96-98(L.R. 5/96).Con Del.C.R. 2000sono statiapprovati i nuoviprogetti obiettivo,che superanoquelli richiamatidal P.S.S.R. 96-98,e contenuti nelpiano precedente.(nuovo P.S.S.R.ancora in fasepreliminare)

P.S.R. 00-02(Del.G.R. 734/01).La Del.G.R.3854/99 (PSR 00-02) è stataannullata dal T.A.R.per vizio di forma.La giunta hariapprovato ilmedesimodocumento(PSR 00-02) conDel.G.R. 734/2002

P.S.R. 99-01(Del.C.R. 8/00)

L.R. 39/94

L.R. 5/2000

L.R. 31/97 comemodificata da L.R.15/98, 15/99,2/00, 1/00, 18/00,3/01, 6/01, 26/01,28/01, 17/01 eDel.C.R. 401/02

L.P. 7/01

L.P. 10/93modificata da L.P. 10/95

L.R. 56/94modificata con L.R. 3/96

L.R. 41/93, L.R.12/94, L.R. 13/95

L.R. 42/94modificata eintegrata da L.R30/98 e da L.R.25/00

Del.G.R. 80-1700/00

L.R. 5/00

Non definite

Non definite

Non definite

Del.G.R. 1528/01

Non definite

Del.G.R.1528/00

L.R. 10/95; L.R.64/95; P.S.R. 61/97

L.R. 5/00

L.R. 31/97modificata daL.R. 15/98 eDel.G.R. 34726/98e da art. 4 L.R.3/01, L.R. 6/01,L.R. 26/01, L.R.28/01, L.R. 17/01

L.P. 7/01; L.P.22/93 e Del.G.P.3028/99

L.P. 10/93modificata da L.P.10/95

L.R. 56/94modificata con L.R.3/96; Del.G.R.5271/98; Del.G.R.1742/99, Del.G.R.740/99; Del.G.R.1180/00

L.R. 12/94;Del.G.R. 5016/96

L.R. 42/94modificata da L.R.2/97, da L.R. 30/98e da L.R. 25/00(indicata cometotalmentesostitutiva della42/94); Del.G.R.8/00 (P.S.R.)

L.R. 8/95modificata daL.R. 69/96

L.R. 19/96modificata daL.R. 5/00

L.R. 31/97modificate daL.R. 15/99 e26/01

L.P. 14/01

L.P. 10/93modificata da L.P.10/95 e 3/98

L.R. 55/94modificata con L.R.14/98 e 46/99

L.R. 49/96

L.R. 10/95modificata da L.R.53/95, L.R. 26/96 eL.R. 25/00

Del.G.R. n. 57 -5740/01

In preparazione

Del.G.R. 8077/02;Del.G.R. 8866/02

No

No

Del.G.R. 492/2002

In preparazione

Delibera in via diapprovazione

Page 64: Rapporto OASI 2002 aziende stesse (Airoldi, Brunetti e Coda, 1994). Nelle aziende sanitarie pubbliche i portatori di interessi istituzionali sono la collettività di riferimento e

83

Regione Legge di Ultimo PSR Linee guida Legge di Legge di Recepimento riordino del approvato regionali per organizzazione contabilità delle LEA

SSR l’atto aziendale delle aziende aziende sanitariesanitarie

EEmmiilliiaa--RRoommaaggnnaa

TToossccaannaa

UUmmbbrriiaa

MMaarrcchhee

LLaazziioo

AAbbrruuzzzzoo

MMoolliissee

CCaammppaanniiaa

PPuugglliiaa

BBaassiilliiccaattaa

CCaallaabbrriiaa

SSiicciilliiaa

SSaarrddeeggnnaa

L.R. 19/94modificata dallaL.R. 11/2000 eL.R. 44/95modificata dallaL.R. 3/99 e dallaL.R. 18/99,istitutiva dell'ARPA

L.R. 22/2000

L.R. 3/98 e L.R.29/2000

L.R. 22/94modificata dallaL.R. 31/95, L.R.9/96 e L.R. 26/96

L.R. 18/94modificata daL.R. 14/95, L.R.8/96, L.R. 40/97 eL.R. 37/98

L.R. 37/99(P.S.R. 99-01)

L.R. 11/97

L.R. 32/94modificata daL.R. 13/97 e L.R.12/98

L.R. 36/94modifica inattuazione delD.lgs. 229/99 e delD.lgs. 517/99

L.R. 50/94 eL.R. 39/01

L.R. 26/94 e L.R.2/96 modificata daL.R. 11/96

L.R. 30/93

L.R. 5/95modificata conL.R. 10/97,L.R. 30/98

P.S.R. 99-01(Del.C.R. 1235/99)

P.S.R. 02-04(Del.C.R. 60/02)

P.S.R. 99-01(Del.C.R. 647/99integrata daDel.C.R. 765/00,766/00 e 767/00)

P.S.R. 98-00(L.R. 34/98)

Del.G.R. 2035/01

P.S.R. 99-01(L.R. 37/99)

P.S.R. 97-99(Del.C.R. 505/96)

P.S.R. 00-02in discussioneal ConsiglioRegionale(approvato conDel.G.R. 3078/00)

P.S.R. 02-04 e 02-07 (Del.G.R. 2087/01)

P.S.R. 97-99(Del.C.R. 478/96)

P.S.R. 95-97(L.R. 9/95)

P.S.R. 00-02 (DecretoPresidenziale11/05/00)

L.R. 10/85 - P.S.R.83-85 - Piano dirazionalizzazionerete ospedalieraapprovato dal C.R.il 22/07/1998

Del.G.R. 1882/00

Non definite

Non definite

Non definite

Del.G.R. 2034/01

Del.G.R. 176/01

Del.G.R. 153/01

Del.G.R. di aprile2001

Non definite

Del.G.R. 2489/00

Del.G.R. 122/01

D.A. 34120/01

Non definite(Del.G.R. 22-42/01all'appr. C.R.)

L.R. 19/94modificata daL.R. 11/00

L.R. 22/00

L.R. 3/98 eL.R. 29/00

L.R. 26/96

L.R. 55/93modificata da L.R.18/94, L.R. 19/94;L.R. 5/95 eDel.G.R. 3140/95

L.R. 37/99 (P.S.R.99-01) integratada L.R. 93/00

L.R. 2/97

L.R. 32/94modificata daL.R. 13/97 eL.R. 12/98

L.R. 36/94integrata da D.G.R.229/96 (creazionedi dipartimenti edistretti)

L.R. 39/01

L.R. 2/96modificata daL.R. 11/96

L.R. 30/93

L.R. 5/95modificata conL.R. 10/97

Del.G.R. 295/02

In preparazione

Del.G.R. 292/02

In preparazione

Del.G.R. 301/02

In preparazione

Atto in corso diperfezionamento

Sì (circolare)

Sì (circolare)

In preparazione

No

Del.G.R. 14/9/02

L.R. 50/94modificata daL.R. 11/00

L.R. 22/00

L.R. 51/95

L.R. 47/96

L.R. 45/96

L.R. 146/96

L.R. 11/97 e 12/97

L.R. 32/94

L.R. 38/94modificata daL.R. 19/95

L.R. 34/95modificata daL.R. 6/96

L.R. 43/96

D.A. 24469/98 eL.R. 8/00 e 26/00

L.R. 10/97