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| a cura della redazione 10 Le 5 domande di questo mese hanno un destinatario molto speciale, che magari qualche vostro fratello più grande ha già conosciuto al “C’è di più”, la festa dei giovanissimi... Si tratta di don Luigi Ciotti: non solo un sacerdote, ma anche un onesto citta- dino al servizio della gente, sempre pronto a portare un segno di spe- ranza, di amore e di pace a tutti co- loro che ne hanno bisogno. Ecco l’oc- casione per conoscerlo meglio! Ciao d on L uigi, p arlaci u n p o’ di t e, d i q uando e ri r agazzo, d i come è n ata l a t ua v ocazione, del p erché t i s ei s empre i mpe- gnato a f avore d egli u ltimi... La vocazione è qualcosa che nasce dentro di te, ma che scopri solo se impari a guardarti intorno: a con- frontarti con gli altri e a capire cosa succede nella realtà in cui vivi. Io abi- tavo a Torino, dove mi ero trasferito da piccolo con la mia famiglia, origi- naria delle montagne del Cadore, in Veneto. Quella grande città aveva dato a mio padre, come a molte altre persone arrivate da lontano, un la- voro e la possibilità di farci vivere di- gnitosamente. Ma a una certa età ho cominciato ad accorgermi che non tutti avevano avuto le stesse oppor- tunità: forse perché più fragili e soli, o soltanto più sfortunati, alcuni re- stavano “esclusi” dal benessere e dalla felicità. Vedevo intorno a me 1 Don Luigi Ciotti

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Page 1: Ragazzi04-2012 Layout 1 19/03/12 10:52 Pagina 10 Don Luigi ... · ranza, di amore e di pace a tutti co-loro che ne hanno bisogno. Ecco l’oc- ... “grido” contro la mafia, definita

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Le 5 domande di questo mese hannoun destinatario molto speciale, chemagari qualche vostro fratello piùgrande ha già conosciuto al “C’è dipiù”, la festa dei giovanissimi... Sitratta di don Luigi Ciotti: non solo unsacerdote, ma anche un onesto citta-dino al servizio della gente, semprepronto a portare un segno di spe-ranza, di amore e di pace a tutti co-loro che ne hanno bisogno. Ecco l’oc-casione per conoscerlo meglio!

Ciao don Luigi, parlaci un po’di te, di quando eri ragazzo, dicome è nata la tua vocazione,

del perché ti sei sempre impe-gnato a favore degli ultimi...

La vocazione è qualcosa che nascedentro di te, ma che scopri solo seimpari a guardarti intorno: a con-frontarti con gli altri e a capire cosasuccede nella realtà in cui vivi. Io abi-tavo a Torino, dove mi ero trasferitoda piccolo con la mia famiglia, origi-naria delle montagne del Cadore, inVeneto. Quella grande città avevadato a mio padre, come a molte altrepersone arrivate da lontano, un la-voro e la possibilità di farci vivere di-gnitosamente. Ma a una certa età hocominciato ad accorgermi che nontutti avevano avuto le stesse oppor-tunità: forse perché più fragili e soli,o soltanto più sfortunati, alcuni re-stavano “esclusi” dal benessere edalla felicità. Vedevo intorno a me

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Don Luigi Ciotti

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grandi magistrati, Falcone e Borsel-lino, con la moglie del primo Fran-cesca e i poliziotti incaricati di pro-teggerli: Vito Schifani, Rocco Dicillo,Antonio Montinaro, Agostino Cata-lano, Emanuela Loi, Vincenzo LiMuli, Walter Eddie Cosina e ClaudioTraina (è importante citarli tutti, per-ché il primo diritto di ogni persona èquello di essere chiamata per nome).Era stato anche pensando al sacrifi-cio di persone come loro che l’annosuccessivo Papa Giovanni Paolo II,da Agrigento, aveva lanciato un“grido” contro la mafia, definita “ci-viltà di morte”, incompatibile colVangelo. Il suo appello ai mafiosi af-finché si convertissero non avevaperò fermato la violenza, che anziaveva cominciato a rivolgersi anchecontro coraggiosi uomini di Chiesa,come don Pino Puglisi e don PeppeDiana. Mentre alcune bombe piaz-zate a Roma, Milano e Firenze man-davano il segnale che nessuno, in Ita-lia, poteva sentirsi al sicuro dallacriminalità organizzata.Di fronte a tutto questo, molti italianiavevano sentito il bisogno di mobili-tarsi, di fare la propria parte accantoai magistrati e alle forze di polizia perdifendere la legalità e rafforzare lademocrazia. Ma mancava un coordi-namento, una comunicazione capacedi trasformare le singole iniziativesparse sui territori in un impegno col-lettivo, e dotato di continuità. Come prima cosa, abbiamo pensatoservisse l’informazione: la gente do-veva avere gli strumenti per capirecosa stava succedendo, per reagire nelmodo più efficace. È nata così “Nar-

tante povertà, ingiustizie, e la grandedisuguaglianza fra chi aveva tutto echi nulla, o quasi, dalla vita. E sen-tivo che erano situazioni inaccettabili:situazioni che potevano cambiaresolo se tutti, me compreso, si fosserorifiutati di accettarle. A 17 anni, tornando da scuola, ho no-tato un uomo anziano sempre sedutoalla stessa panchina, che gli faceva dacasa. È dall’incontro con lui - un me-dico che aveva rinunciato alla suaesistenza tranquilla perché sconvoltodall’aver involontariamente provo-cato la morte di una paziente - che ènata la scelta di fondare, insieme adalcuni amici, il Gruppo Abele: perdare una mano alle persone in diffi-coltà e far capire agli altri, ai “fortu-nati”, quanto fosse importante pertutti costruire una società più giustae più responsabile. Poi ho sentito che,per vivere pienamente il mio deside-rio di “saldare la terra col cielo”,l’amore per gli “ultimi” e l’amiciziacon Dio, avrei dovuto farmi sacer-dote. È accaduto qualche anno dopo,e il ricordo più bello della mia ordi-nazione è quando padre Pellegrino -Arcivescovo di Torino e mio grandemaestro - mi ha affidato come par-rocchia “la strada”.

Quando e perché hai fondatol’Associazione “Libera”? “Libera” è nata nel 1995. Negli

anni precedenti, un susseguirsi di at-tentati e stragi mafiose aveva pro-fondamente colpito l’opinione pub-blica. Nel 1992, a pochi mesi didistanza, erano stati ammazzati due

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legalità e soprusi, devono tornare adessere “bene comune”, produrre be-nessere e opportunità per tutti. Gra-zie a quella legge, oggi alcuni degliedifici confiscati alle mafie diventanoscuole, caserme, centri sportivi, asili,case per anziani. E delle cooperativedi giovani coltivano le terre un tempoappartenute ai boss, dove con un la-voro pulito, generoso e responsabile,producono cibi doppiamente “buoni”:con il “gusto” di ciò che è “giusto”.Sono questo tipo di iniziative che ser-vono a “cambiare le persone”: perchédimostrano anche alle più indiffe-renti, o spaventate, che insieme è pos-sibile sconfiggere la violenza dell’in-ganno e delle armi, e vivere tutti piùsicuri.Un’altra cosa importante è l’educa-zione: per questo, come “Libera”, se-guiamo molti progetti nelle scuole.E cerchiamo di dimostrare ai bambinie ai giovani che la legalità non solo è“giusta”, ma “conviene”, perché di-fende i diritti di tutti dalla “legge delpiù forte”. Quando incontro tanti ra-gazzi in giro per l’Italia che, grazie aquei progetti, sono diventati cittadinipiù consapevoli, pronti a giocare nonda spettatori, ma da protagonisti, la“partita” della democrazia, posso direche sì, l’obiettivo è raggiunto. Vieneraggiunto ogni giorno, ogni volta chequalcuno prende coscienza che l’in-giustizia, l’illegalità e le mafie sonoanche un suo problema, e insiemeagli altri è chiamato a impegnarsi peraffrontarlo. Poi certo non bisogna mai illudersi diavere fatto “abbastanza”: molto di piùsi può e si deve ancora costruire.

comafie”, una rivista che racconta ilmondo del malaffare e lo sforzo dellagente onesta per contrastarlo. Poi, in-sieme ad alcuni amici, abbiamo datovita a “Libera”, una rete di gruppi eassociazioni che unisce oggi più di1.600 realtà in tutta Italia. Per non la-sciare solo nessuno di coloro che sibattono contro l’illegalità e le mafie,e dare più forza, incisività e coraggioall’impegno di ognuno.

L’obiettivo che ti eri prefis-sato è stato raggiunto? È cam-biato qualcosa nelle persone?

Quali gesti concreti sono nati?La prima scommessa di “Libera” èstata proprio la concretezza. Ab-biamo voluto dimostrare ai mafiosiche gli italiani erano in grado di farequalcosa di molto concreto per op-porsi alle loro prepotenze. Per que-sto, attraverso una grande raccolta difirme, abbiamo incoraggiato l’appro-vazione della legge 109 del 1996, chedice che i beni sottratti alla crimina-lità organizzata devono essere resti-tuiti ai cittadini attraverso un “usosociale”. Che significa? Che le ric-chezze di pochi criminali, frutto di il-

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Qual è lo scopo della“Giornata della Memoria edell’Impegno in ricordo delle

vittime delle mafie” che ogni anno èorganizzata da “Libera”? E perchéogni anno è in un posto diverso, an-che al nord, dove si può pensare chela mafia non ci sia?Gli scopi sono due, strettamente in-trecciati. Il primo è ricordare le per-sone innocenti uccise dalle mafie: iloro nomi, le loro storie, il bisogno diverità e giustizia delle loro famiglie,che quel giorno vogliamo stringere inun ideale, grande abbraccio di solida-rietà e gratitudine. Il secondo è ri-chiamare tutti i cittadini a un mag-giore impegno contro l’illegalità, laviolenza e le ingiustizie. La “memo-ria” infatti non è autentica se si fermaalle “parole di circostanza”, alle cele-brazioni di un giorno. È invece unsentimento che deve vivere nella quo-tidianità, guidarci nelle nostre scelte,stimolarci a una maggiore responsa-bilità. Questo vogliono testimoniare lemigliaia di persone che ogni anno sidanno appuntamento in una data vi-cina al 21 marzo, primo giorno di pri-mavera: che per cambiare le cose chenon vanno, per far sbocciare una sta-gione nuova della sicurezza e dei di-

ritti, serve il contributo di tutti. Ilfatto di scegliere ogni volta una cittàdiversa è per coinvolgere il più pos-sibile tutta l’Italia. Non è più vero damolto tempo che le mafie siano soloin certe regioni. Oggi i loro affarisporchi e i loro metodi brutali “inqui-nano” l’economia e la vita pubblica danord a sud, con conseguenza dram-matiche sulla vita di tanta gente cheviene minacciata, sfruttata, derubata.Sono un problema di tutti, e tuttidobbiamo ribellarci.

Cosa possiamo fare noi ra-gazzi nella nostra vita ditutti i giorni per “combat-

tere” l’illegalità?Studiare. So che non è la rispostache molti di voi avrebbero volutosentire, eppure è davvero così. In-tanto perché studiare è il principaledovere dei ragazzi della vostra età, efare il proprio dovere è il primopasso per difendere i diritti, nostri edegli altri. Poi perché solo la cono-scenza, la cultura, ci permette di ra-gionare con la nostra testa, di non la-sciarci “abbindolare” dalle falsepromesse di chi vuole convincerciche le scorrettezze e gli imbrogli ren-dono la vita più facile. “Legalità” nonvuol dire solo rispetto delle leggi, ma“responsabilità”, attenzione agli altri,capacità di comportarsi corretta-mente anche quando non c’è nessunalegge a imporcelo: è rispettare l’am-biente, evitare gli sprechi, non co-piare i compiti dai compagni, nonraccontare frottole ai genitori, nonapprofittarsi di chi è più debole ma,anzi, essergli amico.

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